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Garzantina musicale

Mozart (Salisburgo 1756 - Vienna 1791) compositore austriaco

Il “bambino prodigio”. I primi viaggi a monaco, parigi e londra.

Il padre Leopold era maestro di cappella presso il principe arcivescovo di Salisburgo


quando Wolfgang nacque, il 27 gennaio. Prima ancora di imparare a leggere e a
scrivere, il piccolo M. rivelò prodigiose doti musicali, tanto che a quattro anni già
suonava il clavicordo e a cinque componeva minuetti che il padre trascriveva. Anche
la sorella Marianna, detta Nannerl, di cinque anni maggiore, suonava il clavicembalo
con grande abilità; cosicché Leopold, perseguendo tenacemente l'educazione
musicale dei figli, pensò di metterne subito a frutto le qualità precoci. Nel gennaio
1762 Leopold si recò con la famiglia alla corte dell'elettore di Monaco di Baviera,
dove i due piccoli musicisti tennero concerto, suscitando stupore e ammirazione.
L'avvenimento ebbe immediata eco e, nel settembre dello stesso anno, l'imperatrice
Maria Teresa invitò i due fanciulli-prodigio a esibirsi in presenza della famiglia
imperiale. La piccola Maria Antonietta (futura regina di Francia), che aveva allora
sette anni, giocò familiarmente coi due bimbi, mostrando una particolare tenerezza
per Wolfgang. Nel 1763 i Mozart iniziarono un giro concertistico attraverso Monaco,
Augusta, Ulma, Mannheim (dove Wolfgang rimase impressionato dalla celebre
orchestra di Stamitz), Francoforte, Colonia, proseguendo quindi per Aquisgrana e
Bruxelles fino a Parigi. Intanto Wolfgang aveva rapidamente appreso anche il violino
e l'organo, e come clavicembalista si faceva ammirare, oltre che per le sue
composizioni, nell'esecuzione di sonate in «stile galante» di D. Paradisi e di J.Ch.
Bach. Il soggiorno parigino durò sei mesi, durante i quali il barone Melchior Grimm
prese sotto la sua protezione i due bimbi e li fece conoscere a Diderot, d'Alembert,
Helvétius, al pittore Van Loo (che fece loro un ritratto) e ai musicisti J. Schobert,
E.R. Duni e P. Gaviniès, e li introdusse anche in casa di Mme Pompadour e a corte.
Nell'aprile 1764 fu la volta di Londra, dove J.Ch. Bach, maestro di cappella a corte,
accolse il piccolo M. come un collega e suonò con lui. Wolfgang conobbe anche C.F.
Abel; ricopiando le sue sinfonie apprese la tecnica del clarinetto, strumento allora
ancora poco usato in orchestra; per contro il celebre sopranista G. Manzuoli gli rivelò
la tecnica del belcanto. Decisiva fu l'influenza di J.Ch. Bach, nello stile del quale M.
scrisse a Londra le Sinfonie K. 16 e K. 19, oltre a parecchie sonate per clavicembalo
e per altri strumenti. A Londra, dove Giorgio iii e la regina Carlotta non si stancavano
di ascoltare le sue improvvisazioni al cembalo, il ragazzo ebbe anche i primi contatti
col melodramma italiano, assistendo a rappresentazioni di Piccinni, Galuppi,
Ferrandini, Giardini e altri. Nel 1766 i Mozart si recarono in Olanda, quindi
attraverso Lilla ritornarono a Parigi, poi si recarono in Svizzera, a Monaco e infine a
Salisburgo.

Nel 1767 l'arcivescovo ordinò a M. l'oratorio L'obbligo del primo comandamento,


che fu eseguito in maggio con successo; nello stesso anno il giovane musicista scrisse
pure una cantata, un offertorio, un prologo e una tragedia. Inizia da questo periodo (a
undici anni) l'intensa e feconda attività compositiva di M. che non avrà tregua sino
alla morte, arrivando ad assommare (secondo il catalogo cronologico compilato nel
1862 da Ludwig Köchel) ben 626 numeri d'opus.

M. si recava spesso a Vienna, continuamente chiamato e conteso dalla nobiltà; nel


1768 compose, su ordinazione dell'imperatore, La finta semplice, opera buffa in tre
atti, che non venne però rappresentata a Vienna, a causa delle invidie che il piccolo
genio già suscitava negli ambienti musicali, ma soltanto l'anno successivo a
Salisburgo. A Vienna fu invece rappresentata privatamente, in casa del dottor
Mesmer, l'operina tedesca Bastien und Bastienne. Nello stesso periodo scrisse pure
una Missa brevis (K. 49), che diresse personalmente. Nella capitale M. ebbe la
rivelazione dell'Alceste di Gluck, conobbe e studiò a fondo le opere dei maggiori
sinfonisti di stile viennese (Joseph e Michael Haydn, Dittersdorf, Vañhal, Wagenseil,
Gassmann) ed entrò in rapporti anche con Hasse.

I viaggi in italia e i dissapori con Salisburgo.


L'intenso lavoro di studio, di composizione e l'attività concertistica gli cagionavano
esaurimenti e frequenti malattie, ma Leopold decise ugualmente di intraprendere un
viaggio in Italia. Partiti nel dicembre 1769, passarono per Rovereto, Verona e
Mantova, dove M. diresse una sua sinfonia, lesse a prima vista un concerto e una
sonata, e improvvisò un'aria su un testo proposto dal pubblico. La fama del giovane
prodigio correva ormai per l'Italia; a Roma M. ascoltò nella cappella Sistina il
Miserere di Gregorio Allegri – la cui partitura era gelosamente custodita – e lo
riscrisse di sana pianta a memoria; il papa, ammirato, gli accordò il titolo di cavaliere
dello Speron d'oro. A Bologna, M. ebbe lezioni da padre Martini e fu sottoposto alla
prova prescritta dall'Accademia filarmonica, superata la quale venne nominato
membro effettivo. A Firenze incontrò P. Nardini; a Napoli ascoltò l' Armida
abbandonata di N. Jommelli. A Milano, infine, conobbe G.B. Sammartini e N.
Piccinni e compose su ordinazione, oltre a quattro sinfonie, l'opera Mitridate re di
Ponto, rappresentata il 26 dicembre 1770. In seguito al successo dell'opera, ebbe
l'incarico di scrivere un lavoro celebrativo per le nozze dell'arciduca Ferdinando con
Maria Beatrice di Modena. Ritornato a Salisburgo nel marzo 1771, si accinse alla
composizione dell'opera, una «serenata teatrale» in due atti, intitolata Ascanio in
Alba, su testo dell'abate Giuseppe Parini. Per il suo allestimento M. tornò a Milano,
dove l'opera fu rappresentata con grande sfarzo il 17 ottobre. Nel 1772 morì
l'arcivescovo di Salisburgo che aveva sino allora protetto M., e gli succedette
Hieronymus Colloredo, che gli era ostile. Nondimeno, ottenne l'autorizzazione a
compiere un terzo viaggio in Italia per la rappresentazione a Milano (dicembre 1772)
dell'opera Lucio Silla, composta di mala voglia e destinata all'insuccesso; in questa
occasione incontrò Giovanni Paisiello. Dal marzo 1773 all'estate del '77 M. non si
mosse da Salisburgo, tranne qualche breve soggiorno a Vienna, dove divenne
discepolo di Haydn e s'interessò vivamente al contrappunto, scrivendo alcuni dotti
quartetti terminanti con fughe a più soggetti. Nel 1775 (13 gennaio) fu rappresentata
a Monaco una sua nuova opera, La finta giardiniera, che suscitò entusiasmi; e nel
1776, a Salisburgo, Il re pastore. Ma l'atmosfera gretta della città natale e le continue
vessazioni cui lo sottoponeva l'arcivescovo Colloredo spinsero M. a dimettersi dalla
carica, mal retribuita, di Konzertmeister. Nell'agosto del 1777 lasciò Salisburgo,
accompagnato solo dalla madre, alla volta di Monaco; fu poi ad Augusta e infine a
Mannheim, dove riprese ad ascoltare e studiare i sinfonisti di quella scuola. Per
vivere impartiva lezioni e componeva su ordinazione. Incontrò Aloysia Weber (figlia
di Fridolin, zio di Carl Maria von Weber) e se ne innamorò. Ripartito alla volta di
Parigi in cerca di fortuna, trovò un ambiente mutato e meno favorevole, dominato
dalla polemica tra piccinnisti e gluckisti, alla quale rimase estraneo. Il 3 luglio 1778
morì la madre: affranto dal dolore, nonostante gli elogi raccolti dalla sua Sinfonia in
re maggiore detta «Parigina» (K. 297), ritornò a Salisburgo, dove gli si prospettava la
nomina a organista di corte e del duomo.

Gli anni viennesi

Il successo strepitoso conseguito a Monaco con la nuova opera Idomeneo re di Creta,


rappresentata il 29 gennaio 1781, lo indusse però a rompere definitivamente con
Salisburgo per tentare la fortuna nell'ambiente internazionale di Vienna, dove si
stabilì nonostante l'opposizione del padre e della sorella e dove, respinto da Aloysia
Weber, sposò nel 1782 la sorella Constanze. Nello stesso anno ricevette
dall'imperatore Giuseppe ii l'incarico di scrivere un'opera. M. scelse un Singspiel
tedesco su testo di Gottlob Stephanie, Belmonte und Constanze oder Die Entführung
aus dem Serail (Belmonte e Costanza ovvero Il ratto dal serraglio), primo capolavoro
del teatro mozartiano e primo passo verso lo sviluppo di un teatro musicale tedesco.
Dopo la rappresentazione di quest'opera (16 luglio 1782), per quattro anni M. sembrò
allontanarsi dal teatro. Affiliatosi alla massoneria viennese, scrisse molta musica
strumentale, sinfonica e da camera, concerti per pianoforte, quartetti, trii. A Vienna si
legò di fraterna amicizia con Lorenzo Da Ponte ed Emanuel Schikaneder, che
diverranno suoi librettisti. Dopo aver composto un'operina intitolata Der Schauspiel
Direktor (L'impresario), allestita a corte a Schönbrunn, scrisse uno dei suoi massimi
capolavori, Le nozze di Figaro, su un libretto di Da Ponte ricavato, per espresso
desiderio di M., dalla celebre commedia di Beaumarchais. Sin dalla prima
rappresentazione (1o maggio 1786), il successo fu delirante, suscitando invidie da
parte degli operisti tradizionalisti (tra cui Antonio Salieri), che invano brigarono per
sabotare M. L'opera venne replicata nel gennaio dell'anno seguente a Praga, dove il
Teatro italiano gli propose di scrivere un'opera nuova. Questa sarà il Don Giovanni,
ancora su libretto di Lorenzo Da Ponte, andato in scena il 29 ottobre 1787 e destinato
a costituire tema inesauribile di riflessioni letterarie e filosofiche, dai romantici a
Kirkegaard, a Nietzsche, ai giorni nostri. Dopo il trionfo del Don Giovanni a Praga,
M. ritornò a Vienna, dove fu chiamato a occupare il posto di Kammermusicus
dell'imperatore, vacante per la morte di Gluck. Ma la situazione economica del
musicista era precaria; il modesto stipendio, le lezioni private, le composizioni di
ogni genere che gli venivano commissionate non bastavano a sostenere il gravoso
bilancio familiare. M. si isolava sempre più, non trovando più neppure nella moglie
un conforto alla propria solitudine. Un altro grave turbamento gli procurò la morte
del padre, il 28 maggio 1787. Nel 1789 si recò a Berlino al seguito del principe
Lichnowsky. L'imperatore Federico Guglielmo ii, dopo averlo sentito suonare a
Potsdam, gli offrì la carica di primo Kappelmeister, con uno stipendio annuo di
tremila talleri, ma M. rifiutò, preferendo rimanere fedele all'imperatore d'Austria, suo
protettore, per il quale scrisse una nuova opera, Così fan tutte, ossia La scuola degli
amanti, ancora su libretto di Da Ponte, rappresentata a Vienna il 26 gennaio 1790 con
esito piuttosto freddo. Morto Giuseppe ii, il suo successore, Leopoldo ii non mostrò
alcun interesse per la musica; per celebrare la sua incoronazione M. scrisse tuttavia,
su un libretto di Metastasio, La clemenza di Tito, rappresentata a Praga il 6 settembre
1791. Già in precarie condizioni di salute, M. tornò a Vienna, convinto che gli
restasse ormai poco tempo da vivere. Ad accrescere il senso della morte imminente
un misterioso committente, come narra la tradizione, gli ordinò una messa da
Requiem. Accettò inoltre di comporre un'altra opera tedesca, Die Zauberflöte (Il
flauto magico), su testo di Schikaneder. Rappresentata nel piccolo Theater auf der
Wieden il 30 settembre 1791, fu l'ultimo capolavoro teatrale di M. Il Requiem,
ripreso febbrilmente, rimase incompiuto per l'improvvisa morte di M., avvenuta il 5
dicembre 1791, e fu poi terminato dall'allievo Franz Süssmayr. M. fu inumato
frettolosamente nel cimitero di S. Marco a Vienna, e i suoi resti finirono nella fossa
comune. Le cause della sua morte rimasero misteriose; nacque la leggenda (raccolta
in periodo romantico da poeti e letterati, tra cui Puskin) che fosse stato avvelenato da
Salieri. L'attività creativa di M. spaziò dalla musica da camera al concerto per
strumento solista, dalla musica sacra alla sinfonia e all'opera. Una prima edizione
completa delle sue opere fu pubblicata a Lipsia dal 1877 al 1905. Una nuova edizione
critica è stata completata presso l'editore Bärenreiter, Kassel, 1955-93.

La musica da camera.

Un particolare posto occupano nella produzione mozartiana i quintetti, i quartetti e i


trii per archi. Il primo quartetto è quello cosiddetto di Lodi (K. 73) perché composto
durante una breve sosta in questo paese (15 marzo 1770) sulla via per Milano. M.,
che non poteva conoscere ancora gli ultimi quartetti di Haydn, mostra già in questo
primo saggio di saper individuare le qualità e le possibilità solistiche dei quattro
strumenti ad archi (due violini, viola e violoncello); fra il 1770 e il '74 egli maturò in
modo sorprendente questo genere, che coltiverà sino alla piena maturità. I primi
quindici quartetti (K. 136-138, 155-160 e 168-173) si possono porre nel periodo della
feconda formazione, avvenuta sotto l'influenza di Haydn da un lato e quella
italianizzante dall'altro. Seguono i quartetti della maturità, tra i quali i dieci famosi
«grandi» pubblicati come op. x: di particolare rilievo i tre ultimi (K. 575, 589, 590),
dedicati al re di Prussia. In tutto, i quartetti di M. per archi sono 23; a essi si
affiancano 9 quintetti (di cui 1 con corno e 1 con clarinetto), oltre ad alcuni quartetti
con pianoforte e a numerosi trii per archi o per altri strumenti. Nella musica da
camera si possono collocare pure le numerose serenate, i divertimenti e le cassazioni,
anche se scritti per un pubblico più vasto e spesso destinati a esecuzioni all'aperto: in
tutto una cinquantina di composizioni; tra esse, la più famosa è certo la Piccola
Serenata notturna (Eine kleine Nachtmusik, K. 525). Di importanza fondamentale
sono le 28 sonate per violino e pianoforte e le 22 per pianoforte solo, cui si
aggiungono numerosi altri pezzi, tra i quali spiccano la Fantasia con fuga in do
maggiore (K. 394) e le Fantasie in do minore, in re minore e in do minore (K. 396,
397 e 445), scritte le prime tre nel 1782 e l'ultima nel 1785, che costituiscono un vero
messaggio per il nascente pianismo beethoveniano e romantico.

I concerti, le sinfonie, la musica sacra. M. compose sette Concerti per violino e


orchestra (1775-80), ma soprattutto importanti sono i 23 Concerti per pianoforte, il
genere strumentale a cui M. diede il maggiore impulso innovativo, in misura
addirittura superiore che alla sinfonia. M. elevò il concerto per pianoforte e orchestra
a una vera e propria forma autonoma di «dialogo» sinfonico, superando il genere
concertante e salottiero di moda a quel tempo. Tra i concerti per pianoforte e
orchestra sono celebri quelli in mi bemolle (K. 449), re minore (K. 446), in do (K.
467), in do minore (K. 491) e in si bemolle maggiore (K. 595), quest'ultimo scritto
nel 1791. Altri concerti per strumento solista e orchestra sono quelli per flauto, flauto
e arpa, fagotto, corno; in modo particolare va ricordato il bellissimo Concerto in la
maggiore (K. 622) per clarinetto e orchestra. Nel corso di venticinque anni M. toccò
tutti gli stili della sinfonia allora contemplati, da quella in tre movimenti, all'italiana
(Sammartini), a quella «viennese» in quattro, alla sinfonia concertante alla
«Mannheim», mediata attraverso il gusto francese. Il tratto più caratteristico del suo
idioma sinfonico è la drammatizzazione espressiva dei materiali tematici, che già
sembrano preludere alle tensioni della sinfonia beethoveniana. M. scrisse 52 sinfonie;
tra esse emergono quelle in sol minore (K. 183), in la (K. 201), in re (K. 202), in si
bemolle (K. 319), in re detta «Haffner» (K. 385), in do (K. 425) e soprattutto le
ultime quattro: in re, detta «Praga» (K. 504), in mi bemolle (K. 543), in sol minore
(K. 550), in do maggiore «Jupiter» (K. 551). La produzione sacra di M. conta alcuni
capolavori assoluti; alcuni di essi figurano tra le 19 messe: la Missa solemnis K. 337
(1780), la Messa in do minore K. 427 (1783) e il Requiem in re minore K. 626
(1791); inoltre, litanie, vespri, cantate e sonate da chiesa, per un totale di oltre 60
composizioni. Si aggiungono composizioni vocali profane di vario genere con
strumenti (arie concertanti, duetti ecc.), 40 Lieder per canto e pianoforte, canoni, e
circa 50 danze per orchestra. Degni di nota sono i tre pezzi per organo meccanico (K.
594, 608 e 616, scritti nel 1790-91) e i tre Adagio per Glassharmonika (K. 616 a e
617 a e b, 1791); nonché vari Lieder, cori, cantate e una musica funebre per orchestra
(K. 477) scritti per celebrazioni massoniche.

Il teatro.

Si è già accennato all'importanza delle opere teatrali nella cronologia mozartiana.


L'itinerario stilistico percorso dal teatro di M. si può suddividere in tre periodi.

A) Le opere della prima giovinezza, improntate al modello del melodramma


italianizzante e metastasiano. Esse sono: Die Schuldigkeit der ersten Gebotes
(L'obbligo del primo comandamento) e Apollo et Hyacinthus (entrambi in tedesco,
Salisburgo 1767), Bastien und Bastienne (Vienna 1768), La finta semplice (3 atti, da
Goldoni, la prima su un testo italiano, Salisburgo 1769); seguono quelle scritte per
Milano: Mitridate re di Ponto (3 atti da Racine, 1770), Ascanio in Alba (2 atti,
libretto di G. Parini, 1771), Lucio Silla (3 atti da Metastasio, 1772); infine Il sogno di
Scipione (serenata teatrale di P. Metastasio, Salisburgo 1772).

B) Le opere della prima maturità, a cominciare da La finta giardiniera (3 atti di R. de'


Calzabigi, Monaco 1775), con la quale, attraverso la mediazione di Gluck, M. elabora
una propria concezione del teatro musicale mirante alla caratterizzazione psicologica
dei personaggi in opposizione ai modelli ormai retorici dell'opera mitologica e a
soggetto storico. A questa prima importante affermazione segue Il re pastore (2 atti
da Metastasio, Salisburgo 1775), quindi il balletto Les petits riens (Parigi 1778) per la
coreografia di J.G. Noverre, il riformatore e del balletto col quale M. fu in relazioni
d'amicizia e le cui idee ebbero una notevole influenza sulla sua concezione del teatro.
Seguono, nel 1779, le musiche di scena per Thamos, re in Egitto di T.Ph. von Gleber
e l'opera tedesca Zaide (2 atti di J.A. Schachtner), rimasta incompiuta.

C) Le opere della piena maturità e i grandi capolavori, nati negli ultimi dieci anni di
vita di M. Dopo Idomeneo, re di Creta (3 atti di G.B. Varesco, Monaco 1781) è la
volta di Belmonte und Costanze, oder Die Entführung aus dem Serail (Il ratto dal
serraglio, 3 atti di G. Stephanie, Vienna 1782); a esso avrebbe dovuto seguire (1783)
L'oca del Cairo (opera buffa di G.B. Varesco, rimasta incompiuta e ricostruita da V.
Mortari nel 1937), che sarebbe forse stato un altro capolavoro nel rinnovato «stile
italiano» di M. In questo periodo si colloca l'incontro con Lorenzo Da Ponte e la
prima collaborazione con lui per un'opera buffa rimasta anch'essa incompiuta, Lo
sposo deluso, ossia La rivalità di tre donne (1783). Dopo un'operina tedesca scritta
per la corte di Vienna, Der Schauspiel Direktor (L'impresario, 1 atto di G. Stephanie,
Schonbrünn 1786), che mette in satira il mondo operistico dell'epoca, appare Le
nozze di Figaro (2 atti di L. Da Ponte da Beaumarchais, Vienna 1786), seguito a
distanza di un anno da un altro grandissimo capolavoro, Il Don Giovanni (2 atti di L.
Da Ponte da Tirso de Molina, Praga 1787). Con Così fan tutte, ossia La scuola degli
amanti (2 atti di L. Da Ponte, Vienna 1790) M. raggiunge il più alto equilibrio nel
rapporto fra componenti strumentali e vocali, creando una «commedia musicale» di
geometrica armonia. Il vero testamento operistico di M. è Die Zauberflöte (Il flauto
magico, 2 atti di E. Schikaneder, Vienna 1791), sebbene un capolavoro, solo di
recente riscoperto, sia anche La clemenza di Tito (2 atti da Metastasio, Praga 1791).

ambivalenza dell'immagine mozartiana.

Morto a trentasei anni non ancora compiuti, M. è uno dei casi più miracolosi di tutta
la storia della musica. Utilizzando un linguaggio che era comune a molti compositori
dell'epoca, egli non operò rivoluzioni, ma seppe elevare i modelli a una classicità che
apparve a Goethe come il coronamento finale della razionalità e dell'equilibrio dello
spirito, paragonabile solo a quello che segna il periodo aureo dell'arte greca. Questa
immagine «apollinea» di M., volta a individuare nella sua musica l'ideale di una
grazia e bellezza raggiunte senza sforzo, non oppresse dal peso della materia neppure
nei momenti di più sofferta espressione, rimase prevalente per tutto l'800 romantico,
che della sua figura fece un mito contrapposto a quello di Beethoven e all'idea della
forma beethoveniana come rappresentazione di conflitti titanici e di faticose catarsi. E
tuttavia, sotto l'apparente levità mozartiana si avvertono inquietudini, improvvisi
addensamenti e misteriose zone d'ombra, non tali da capovolgerne l'immagine ma
sufficienti ad adombrare contenuti espressivi più complessi e stratificati di quanto
non appaia a prima vista. Non si tratta soltanto dei celebri capolavori «notturni»
mozartiani (dal Concerto per pianoforte K. 491 al Quartetto in re minore K. 421, dal
Don Giovanni alla Serenata per fiati K. 388, ma di una disposizione costante
all'ambivalenza e alla volubilità dei significati, per cui di ogni maschera si intravede
anche il volto nascosto, e ogni arguzia porta con sé i segni dell'angoscia e ogni
sicurezza quelli del dubbio. Esempi di quest'arte sublime dell'ambiguità e
dell'allusione sono, per citare a caso e in contesti fra loro diversi, il personaggio della
Regina della Notte nel Flauto magico, la Sinfonia in sol minore K. 550 e la «Piccola
musica notturna» (Eine kleine Nachtmusik K. 525). Come poi Beethoven, anche M.
concepisce la struttura della forma-sonata come una drammaturgia tra caratteri
espressivi contrapposti (al punto da applicarne il principio anche fuori dei contesti
formali consueti, ad es. nei cicli di variazioni o nelle arie). Ma, diversamente da Bee-
thoven, non tende a esasperare i contrasti, bensì a sfaccettarli, a rivelarne le intime
contraddizioni, sicché anche la risoluzione finale non suona mai del tutto liberatoria e
trionfale, ma conserva in sé qualcosa di sospeso e di enigmatico.

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