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John Cage, Earle Brown, Henry Cowell,

George Crumb, Morton Feldman,

ovvero:

LA RIVOLUZIONE AMERICANA
Una parte della musicologia afferma che, senza il contributo dei

compositori statunitensi, Cage in primis, il pensiero aleatorio non si

sarebbe sviluppato. La ragione sarebbe la seguente: la musica europea,

troppo condizionata da modelli, stili e tecniche consolidate da secoli di

tradizione, aveva bisogno di contenuti nuovi che potevano arrivare solo

da Oltreoceano, dove il peso della tradizione non è così determinante e

si è quindi più aperti a sperimentazioni e innovazioni. Si può fare un

confronto con le avanguardie figurative, che si sviluppano proprio negli

Stati Uniti e si diffondono successivamente in Europa.


John Cage: «Music of Changes»

J. Cage: Music of Changes


«Music of Changes» (1951) è una composizione per pianoforte solo che
sfrutta il principio dell’indeterminazione – non intenzione, ed è uno dei primi
esempi in cui tutti i parametri compositivi sono lasciati al caso oppure alla
decisione dell’esecutore.
In quest’opera, Cage, che aveva letto l’»I Ching» (in cinese, Libro dei
Mutamenti, testo di arte divinatoria), lanciando tre monete, secondo l’uso
orientale, ed analizzando i risultati ottenuti, può sistemare in una griglia di 64
caselle tutti gli elementi della composizione e sviluppare i risultati ottenuti su
pentagramma con notazione semitradizionale, integrata e modificata
soprattutto per timbri e tempo:
Earle Brown: «4 Systems», per pianoforte (1954)
«4 Systems» è una composizione in cui i segni grafici sono
interpretabili in più modi. Scrive l’autore in fondo alla pagina:

«Può essere suonata in qualunque ordine, anche verso l’alto, a


qualsiasi velocità. Le linee continue per mano destra e sinistra
definiscono i limiti estremi della tastiera. Lo spessore può indicare le
dinamiche o i clusters».

In ciascuno dei quattro «sistemi» è quindi compresa l’intera


estensione del pianoforte: sarà compito del pianista decidere: l’ordine di
successione dei sistemi, che cosa deve fare ciascuna mano, la durata
dei singoli eventi sonori, a quali altezze crearli e, come già detto, con
quale intensità e spessore.

Anche in questo caso, la scelta grafica di Brown rispecchia la


«non prescrittività» e l’informalità dell’idea compositiva, in quanto è
l’esecutore a dare forma e a sviluppare quel che è, praticamente, solo
abbozzato.
Henry Cowell: The Banshee (1925)
«The Banshee» esplora nuovi suoni per il
pianoforte, in particolare quelli ottenuti agendo direttamente
sulle corde. Scivolarvi con le dita e pizzicarle sono i due
movimenti da compiere, con varianti timbriche di volta in
volta contrassegnate con lettere dell’alfabeto.

Come si può vedere, questo non è un brano


decisamente «aleatorio», ma ne precorre alcuni tratti, ad
esempio nella flessibilità dell’andamento e nella parte ad
libitum verso la fine.

Per composizioni del genere, è essenziale che


l’autore predisponga una legenda completa di «istruzioni
per l’uso». Così ha fatto Cowell: la legenda precede il
brano stesso e apre la strada a tutte le successive
impostazioni editoriali.
George Crumb: Black Angels (1970)
«Black Angels» è una composizione scritta per esprimere
disapprovazione verso il conflitto in Vietnam in cui gli Stati Uniti
erano impegnati. L’organico strumentale è un quartetto d’archi
amplificato che deve suonare anche altri strumenti musicali,
convenzionali e non, oltre alla stessa voce.

Se la struttura generale è ben determinata, anche grazie


all’interesse di Crumb per la numerologia, le modalità di produzione
del suono creano naturalmente situazioni di indeterminatezza, non
ripetibili allo stesso modo ad ogni esecuzione. Ciò è ben
evidenziato anche nella notazione, per tutti gli strumenti utilizzati.

Per approfondimenti sulla partitura, ecco un esempio in video:

https://youtu.be/etHtCVeU4-I
Morton Feldman: «The King of Denmark» (1964),
per strumenti a percussione
Cosa ci viene indicato nella breve legenda

In «The King of Denmark», non ci sono suoni di altezza definita, bensì tre registri, uno per ogni fila di
caselle, corrispondenti ad alto, medio e basso. Semplici linee marcate indicano i clusters.

Inoltre, non c’è tempo musicale con relative accentazioni metriche, bensì sono presenti caselle
corrispondenti a pulsazioni metronomiche che Feldman suggerisce da 66 a 92.

Quanti suoni eseguire per ciascuna pulsazione? Con quale raggruppamento ritmico? Feldman
risponde solo alla prima domanda, inserendo il numero corrispondente.

In particolare, l’indicazione n. 7 dà totale facoltà agli esecutori di scegliere un suono da ripetere in ogni
registro e in qualunque durata temporale.

Poiché il brano va suonato molto piano, senza sfumature dinamiche, Feldman non inserisce alcun
segno espressivo.

Anche in questo caso, non ci sono indicazioni in merito alla durata del brano: tutto dipende dalle
intenzioni degli esecutori
.

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