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Robert P.

Morgan, Twentieth-Century Music, New York – London, Norton, 1991,


trad. it. di lavoro

CAP XVII
CAGE E L’INDETERMINAZIONE

Tra i più significativi sviluppi della musica nel secondo dopoguerra c’è l’indeterminazione,
cioè l’intenzionale utilizzazione di alcuni gradi di casualità nella composizione e/o
nell’esecuzione. Compositori attivi nella prima metà del XX secolo, come Ives e Cowell,
avevano fatto un uso occasionale e limitato dell’ determinazione. Tuttavia solo a partire dagli
anni Cinquanta l’indeterminazione emerse come fenomeno importante. L’accettazione
dell’indeterminazione (declinata in molti modi), da parte di molti compositori dagli anni
Cinquanta in avanti, si deve in gran parte all’influsso dell’americano John Cage. Nato a Los
Angeles nel 1912, negli anni ‘30 Cage studiò per qualche tempo con Cowell e Schoenberg. La
sua originalità , al di là delle capacità musicali, fu subito evidente a Schoenberg, che lo definì
“non un compositore ma un inventore di genio”.
Successivamente Cage fu influenzato da Varese. In una conferenza del 1937 intitolata Il futuro
della musica: Credo, Cage espose due principi di origine varesiana che avrebbero
caratterizzato il suo sviluppo successivo. Il primo principio è quello della musica intesa come
“organizzazione del suono”, in cui “suono” è definito nel modo più ampio possibile, in modo da
includere sia tutti i tipi di rumore sia i “normali” suoni musicali. Il secondo principio, derivato
dal primo, afferma che “i metodi attuali di scrivere musica, principalmente quelli che fanno
ricorso all’armonia e al suo riferirsi ad una scansione privilegiata del campo sonoro,
risulteranno inadeguati per il compositore, che avrà a che fare con l’intero campo dei suoni”.
In una serie di lavori scritti dalla fine degli anni Trenta all’inizio degli anni Cinquanta, Cage
cercò di mettere in atto tali principi. La ricerca di nuovi materiali sonori fu centrale. Non
contento degli strumenti a disposizione, Cage scrisse una serie di 3 composizioni intitolate
Construction (1939, 1940, 1941) che usavano vari tipi di oggetti non convenzionali: In First
Construction (in metal) sono richiesti, tra gli altri, tamburi di freni d’automobile o gong
immersi nell’acqua prima o dopo essere stati percossi, oltre a un pianoforte suonato anche da
un assistente che agisce sulle corde. Una seconda serie di lavori, i 5 Imaginary Landscape
(1939, 1942, 1951, 1952) richiedono diversi dispositivi elettrici, dai 2 giradischi a velocità
variabile e dischi-campione con frequenze test (I. L. n.1) alle 12 radio e 24 esecutori (I. L. n.
4). In Living Room Music (1940), per quartetto vocale e percussione, le parti di quest’ultima
possono essere eseguite su qualsiasi oggetto domestico o architettonico (tavoli, pareti,
pavimenti, finestre) presente in un soggiorno. Tra questi primi esperimenti di ricerca di nuove
fonti sonore si collocano alcune composizioni per pianoforte preparato, un pianoforte i cui
suoni sono modificati con ‘inserimento di vari oggetti nella cordiera. Questi lavori iniziano con
Bacchanale (1940) e comprendono, oltre a brani singoli, anche tre raccolte: A Book of Music
(1944) e Three Dances 1945), per 2 pf, e Sonatas and Interludes (1948) per pf solo. Nel
periodo fine anni Trenta- inizio anni Cinquanta, C sviluppò ciò che chiamò “un nuovo metodo
per scrivere musica” adatto ad accogliere questi inusuali materiali. Trattando la forma
musicale come una sorta di “contenitore vuoto” egli costruì per ogni composizione una serie
di unità proporzionali di tempo misurate con precisi calcoli numerici. Una volta che questa
astratta struttura di durate – il “contenitore” – era stata determinata, egli poteva inserire
qualunque suono volesse, collocandolo in un più ampio schema temporale o ritmico. Tutte le
composizioni di C di questo periodo sono basate su tali strutture temporali rigorosamente
misurate, segmentando la musica in unità proporzionalmente relazionate. Tipico di Cage è
anche il carattere severamente limitato del “contenuto” musicale collocato in queste strutture
temporali (anche se bisogna ricordare che il pf. preparato produce timbri molto più vari di
quanto la notazione suggerisca. Ugualmente caratteristica di Cage è la presenza di silenzi, che
rispecchia la convinzione di quest’ultimo secondo cui non solo tutti i suoni sono ugualmente
utilizzabili ma che anche il silenzio è strutturalmente equivalente al suono. L’uso di tali
astratti contenitori di suono, capaci di accogliere qualsiasi contenuto musicale, spinse Cage a
creare forme “neutre” dentro cui qualsiasi possibile suono – come qualsiasi assenza di suono
(silenzio) potesse essere iscritto. L’idea, come più tardi egli spiegò , era quella di “rendere
chiara” la struttura mediante il contenuto collocato dentro di essa, di “definirla con i suoni o
con i silenzi”. Dal punto di vista musicale il risultato è una successione di statiche alternanze
di materiale, presentate obiettivamente e senza emozioni, senza alcun tentativo di creare
“connessioni” musicali tra differenti eventi. Le implicazioni dei nuovi metodi compositivi di
Cage furono di vasta portata. Per quanto gli specifici materiali per ogni composizione fossero
scrupolosamente scelti (e univocamente costruiti) e la struttura fosse precisamente calcolata,
la relazione tra materiali e struttura era essenzialmente arbitraria. Qualsiasi materiale poteva
essere collocato dentro qualsiasi struttura. Parlando di come egli aveva composto Sonatas and
interludes, Cage notò : “I materiali e la preparazione del pianoforte furono scelti come si
scelgono le conchiglie mentre si passeggia su una spiaggia”.
Per Cage ogni unità musicale esiste più o meno per sé stessa, essenzialmente indipendente da
qualsiasi tipo di relazioni con altre unità . Un suono musicale non deriva da quelli che lo
precedono né implica quelli che lo seguono. Esso semplicemente esiste. Inoltre, la mancanza
di propositi voluta di proposito condusse Cage ad adottare l’indeterminazione. Dal 1951 egli
giunse alla convinzione che il solo modo per avere una musica senza proposito fosse quello di
rimuovere il compositore dall’attività dei suoni, in modo che essi potessero essere
semplicemente se stessi piuttosto che veicoli di teorie umane o di sentimenti umani. In Music
of Changes (1951) un lungo lavoro pianistico, in cui tutti gli elementi della struttura musicale
(altezze, silenzi, durate, ampiezza, tempo e densità ) furono scelti con il lancio delle monete
dell’IChing, il libro cinese di oracoli (il misticismo orientale, in particolare il buddismo Zen,
ebbe allora un influsso importante sullo sviluppo di C). In Music for piano (1952-56), in cui le
altezze furono determinate tracciando le imperfezioni in un pezzo di carta, il ruolo del caso fu
ulteriormente esteso: durate e dinamiche forono lasciate completamente alla scelta degli
esecutori. Il brano più discusso di questo periodo resta comunque 4’33” (1952). La partitura
consiste di 3 numeri romani, ognuno seguito da una durata numericamente precisata, più la
parola tacet, con cui si indica che gli esecutori debbano restare in silenzio. 4’33” può essere
interpretato in almeno 2 modi. Innanzi tutto, data la convinzione di Cage secondo cui la
struttura musicale (in questo caso una cornice temporale divisa in 3 sezioni) “è espressa
dall’assenza di materiale come dalla sua presenza”, il brano costituisce semplicemente
l’estremo caso di completa assenza di materiale. Ma 4’33” incarna anche la convinzione di
Cage secondo cui “nella nuova musica ci sono solo suoni: quelli che sono scritti e quelli che
non lo sono”. Quindi, anche in totale assenza di suoni, c’è la musica prodotta dai rumori
dell’ambiente. Mentre 4’33” può esemplificare nel modo migliore la filosofia di Cage, lo portò
anche a un impasse difficile. O egli rinunciava alla composizione (considerando che tutti i
suoni possono essere considerati musica, e che quindi la composizione musicale non era più
necessaria) oppure escogitava metodi per preservare l’attività della composizione (e
dell’esecuzione) ridefiniti da questa concezione di radicale non-intenzionalità . Ovviamente
Cage scelse la seconda soluzione. Tra le 7 composizioni intitolate Variations, le prime 4 (1958-
63) forniscono agli esecutori fogli trasparenti di plastica su cui sono disegnati punti, linee e
cerchi, con istruzioni per sovrapporre i fogli e interpretare le risultanti configurazioni
grafiche come indicazioni esecutive.
Oltre che prolifico compositore, Cage è stato anche attivo come scrittore: alcuni dei suoi libri,
che presentano i suoi punti di vista musicali con umorismo e intelligenza, hanno avuto una
certa diffusione. Egli ha anche contribuito ad altre arti, in particolare alla danza. I primi pezzi
per pf preparato furono scritti per spettacoli di danza; a partire dai primi anni Quaranta Cage
iniziò una stretta collaborazione col danzatore moderno Merce Cunnigham. Cage è stato
inoltre attivo nello sviluppare forme innovative di teatro musicale.
Dai primi anni ‘50 C lavorò in stretto contatto con un gruppo di compositori più giovani, tra
cui M. Feldman, C. Wolf e E. Brown. Nonostante la preminenza di C, ci furono reciproche
influenze tra questi musicisti. Tutti condividevano l’idea che molto ci fosse da imparare nella
composizione musicale dagli artisti visuali, in particolare dai pittori del cosiddetto
espressionismo astratto , che si sviluppava allora a New York, che da altri compositori, del
passato o del presente. Questa nuova pittura, come sottolineò Feldman li spinse “a cercare un
mondo sonoro più diretto, più immediato, più fisico” di qualsiasi altro conosciuto nel passato.
Feldman approdò all’indeterminazione mentre cercava un modo di combinare i suoni in modo
“tanto libero e spontaneo come il modo in cui gli espressionisti astratti combinavano il
colore”. In una serie di 5 composizioni intitolate Projection (1951-51) egli adottò differenti tipi
di notazione grafica che consentivano agli esecutori di fare certe scelte compositive dentro
limiti prescritti.

L’INDETERMINAZIONE NELLA MUSICA EUROPEA:


STOCKHAUSEN, BOULEZ

Anche se serialismo integrale e indeterminazione rappresentano apparentemente posizioni


opposte – una caratterizzata da un approccio razionale, rigorosamente calcolato alla
composizione e l’altra da un approccio essenzialmente intuitivo e non sistematico, - essi
furono strettamente legati fin dall’inizio. Durante un soggiorno a Parigi del 1949, Cage
incontrò Boulez e stabilì con lui un legame stretto che durò diversi anni (testimoniato da una
fitta corrispondenza, ora pubblicata). Cage era attratto dal carattere costruttivista della
musica di Boulez, che gli sembrava assicurare una certa “impersonalità ” e mancanza di intenti
espressivi. Similmente, Boulez era attratto dalle rigorose strutture proporzionali che trovava
nelle composizioni di Cage di quel periodo. Entrambi concepivano la composizione musicale
come un “oggetto” completamente autonomo, indipendente dai desideri e dai sentimenti del
compositore, e credevano che il miglior modo per produrre un tale oggetto passasse
attraverso una rigorosa pianificazione pre-compositiva. Boulez fu il solo, tra i giovani
compositori europei, ad apprezzare Cage a quel tempo. Stockhausen, in un uno dei suoi primi
articoli, mostrava di apprezzare Cage per la sua tendenza a inventare materiali costruiti
timbricamente per ogni composizione, una tendenza che considerava in sintonia col
serialismo integrale. Cage tornò in Europa nel 1954 per una serie di concerti col pianista D.
Tudor, allora sua stretto collaboratore. In quel periodo Cagestava attraversando la prima e più
critica fase del suo sviluppo dell’indeterminazione e molti compositori europei reagirono con
ostilità ai suoi recenti lavori. Tuttavia alcuni dei più giovani compositori seriali riconobbero
affinità con ciò che essi stavano facendo. Stockhausen, Boulez e i loro colleghi serialisti si
stavano rendendo conto che, più gli eventi musicali erano predeterminati, più tendevano a
suonare casuali. Poiché la natura del serialismo europeo era di trattare tutti gli elementi
musicali come uguali, il risultato spesso sembrava simile a un assemblaggio di eventi
disparati con nessun percepibile effetto e nessuna connessione di uno con l’altro. Qualsiasi
singolo evento tendeva a suonare “arbitrariamente”; e pertanto sembra che potesse essere
rimpiazzato da qualsiasi altro.
Il tour europeo di Cage spinse Stockhausen e Boulez ad approcciare il serialismo in modo più
libero e intuitivo in due lavori già iniziati: il Marteau sans mâitre di Boulez e i Klavierstücke V-
XI di Stockhausen. Non più concepiti in termini di elementi musicali individuali o “punti”, tali
lavori diedero spazio alla differenziazione tra più ampie unità formali per mezzo di
graduazioni tra “ ordine” e “disordine” (termini introdotti in questo contesto da un influente
articolo di Stockhausen) lungo un arco di possibilità che si estende da una maggiore
trasparenza strutturale con elementi ricorrenti, all'opacità testuale, con trasformazioni
costanti e strutture più libere. Partendo da ciò , era solo necessario un piccolo passo per
l’incorporazione di elementi esplicitamente “aleatori” (un termine, riferito al lancio di un
dado, che molti compositori europei preferirono rispetto a “caso” o “indeterminazione”)
Stockhausen e Boulez e molti dei loro colleghi europei ebbero poco interesse ad usare
l’indeterminazione come parte del processo compositivo, né essi lo adottarono nell’ottica di
cageana di lasciare i suoni essere se stessi. La loro idea fu piuttosto quella di creare forme
complesse, multidimensionali in cui l’intera struttura fosse in parte variabile. Inoltre, l’idea
che le unità formali della composizione potessero essere ricombinate senza distruggere il loro
senso non era del tutto estranea al serialismo, che è in fondo esso stesso un metodo in cui tutti
i materiali musicali sono ugualmente soggetti a permutazione.
In Klavierstük XI,(1957), il suo primo lavoro aleatorio, Stockhausen collocò 19 segmenti
musicali separati in una singola pagina e diede istruzione all’esecutore di spostarsi da un
segmento all’altro secondo il momentaneo estro; alla fine di ogni segmento ci sono indicazioni
per l’esecuzione del segmento successivo, in modo che ripetute esecuzioni dello stesso
segmento difficilmente possono suonare identiche. Quando ogni singolo segmento è suonato 3
volte, l’esecuzione (o meglio una delle molte versioni possibili di una forma mobile) – è finita.
Zyklus (1959), per un solo percussionista che suona diversi strumenti, segue un approccio
diverso. La partitura rilegata a spirale è costruita in modo da poter essere letta sia in avanti
che a ritroso e l’esecutore può iniziare in qualsiasi punto a qualsiasi pagina. Tuttavia, una
volta che il punto di partenza e la direzione sono stabiliti, la sequenza successiva degli eventi è
fissa e l’esecuzione procede normalmente fino a che si raggiunge il punto di partenza, e a quel
punto l’esecuzione è finita.
Una pagina della partitura (vedi esempio) illustra la complessa interazione di elementi
precisati e indeterminati. I riquadri di uguale dimensione collocati al centro rappresentano
unità di tempo fissate che rimangono costanti dall’inizio alla fine della composizione: Su
questa particolare pagina è notata la parte di 4 tom-tom (indicati, come gli altri strumenti, da
particolari segni grafici). La collocazione di delle teste rotonde delle note dentro i riquadri
indica il punto di attacco; le loro dimensioni indicano l’ampiezza. Linee tratteggiate
coordinano eventi eseguiti su altri strumenti col costante schema di tempo inquadrato dai
riquadri al centro. Gli eventi agli estremi della pagina possono essere inglobati nella musica
più precisamente misurata in qualsiasi punto e in qualsiasi ordine dentro il tempo compreso
dalla lunghezza del riquadro. Queste procedure possono essere seguite sia nella lettura in
avanti che a ritroso. Quando ci sono chiavi, esse possono essere usate in qualsiasi direzione di
lettura.
Questo approccio attentamente calcolato e strutturato all0indeterminazione distingue un
brano come Zyklus da quelli di Cage e dei suoi seguaci americani.
Il primo approccio di Boulez all’indeterminazione, la sua Terza Sonata per pf (1957), è in un
certo senso simile. Il movimento centrale di questo lavoro, intitolato Constellation, usa la
normale scrittura musicale ma è concepito in modo da rendere possibili continuazioni
alternative alla fine ognuno dei vari segmenti musicali. Tuttavia, a differenza del Kavierstük XI
di Stockhausen, la partitura è una “costellazione” di unità separate che possono essere
combinate dall’esecutore in differente configurazioni, seguendo sentieri alternativi prescritti.
Inoltre ogni evento deve apparire una sola volta durante una esecuzione. Così i possibili
percorsi, anche se multipli, sono molto più limitati in numero. Inoltre, a prescindere dal
sentiero preso, la direzione complessiva e l’esito sono completamente determinati: Boulez ha
descritto il suo labirinto musicale come “la mappa di una città sconosciuta”. Tuttavia solo due
dei 5 progettati movimenti della Terza Sonata sono stati completati, Boulez ha lasciato
deliberatamente non ultimati molti lavori, consentendo che fossero eseguiti solo come “work
in progress”. Di conseguenza, parte della sua attività creativa è stata dedicata a rivedere e
ampliare frammenti abbozzati precedentemente. Ciò non si deve soltanto ai sempre più
numerosi impegni di Boulez come direttore d’orchestra di fama internazionale ma ha forse a
che fare con i dubbi relativi all’opportunità di proporre opere “finite” nel contesto culturale
attuale. Come Ives, Boulez sembra preferire pensare alla sua musica in uno stato di costante
flusso e continua evoluzione (cosa che potrebbe essere vista come un altro aspetto dell’
“indeterminazione”). Come lui stesso ha notato: “fino a quando le idee non hanno esaurito
ogni possibilità di proliferazione, esse continuano a stare nella mia testa”.
In altri due lavori dello stesso periodo Boulez ha fatto uso dell’indeterminazine: Structures II
per due pf (1956-61) e Pli selon pli per soprano e orchestra (1957-62). Qui ancora una volta
una limitata possibilità di scelta è consentita all’interno di un più ampio progetto dettagliato.
In Structures II un intero “movimento” separato può inserito, a scelta dell’esecutore; tuttavia
questo movimento, se usato, costituisce solo una temporanea interruzione – qualcosa di
simile ad una cadenza – dentro un discorso musicale più ampio e precisamente controllato.
L’interesse di Boulez per l’indeterminazione è significativamente declinato dopo la metà degli
anni ’60. Stockhausen invece ha fatto un uso crescente dell’indeterminazione durante tutti gli
anni ‘60. In un certo numero di lavori concepiti per un piccolo ensemble fondato da lui, tra cui
Plus/Minus (1963), Prozession (1967), Kurzwellen (1968), Stockhausen ha richiesto
l’improvvisazione – seguendo istruzioni attentamente elaborate – su vari tipi di musica
preesistente: la sua propria musica, musica di Beethoven, trasmissioni radiofoniche a onde
corte. Il caso estremo si trova in Aus den sieben Tagen (1968), che procede interamente con
materiali “preformati” e chiede agli esecutori di improvvisare liberamente su testi
esclusivamente verbali forniti dal compositore. Stockhausen ha definito “musica intuitiva”
questo genere di libera improvvisazione: Per usare le sue parole: “musica che viene il più
possibile esclusivamente dall’intuizione, che nel caso di un gruppo di musicisti che suonano
intuitivamente, a causa del reciproco feedback è qualitativamente di più della somma di idee
individuali”.
La musica intuitiva di Stockhausen può essere inquadrata come un prodotto dell’inebriante
atmosfera sperimentale dominante egli anni ’60, quando si metteva l’accento sulla libera
espressione individuale: Limitazioni sistematiche, incluse specifiche istruzioni date dal
compositore all’esecutore (come quelle affidate alla notazione musicale), venivano viste come
“repressive”. L’idea diffusa di rivitalizzare lo spirito estemporaneo nella musica da concerto
occidentale fece sorgere numerosi gruppi di improvvisazione: per esempio in Italia quello di
Nuova Consonanza a Roma (di cu fecero parte tra gli altri, E. Macchi, F. Evangelisti, E.
Morricone).
Nonostante l’evoluzione di Stockhausen negli anni ’60, molti compositori europei furono cauti
con l’indeterminazione, servendosene per ottenere un certo tipo di effetti musicali calcolati.
Lo stesso Stockhausen ritornò a più tradizionali metodi compositivi con Mantra (1970) un
ampio lavoro per 2 pf interamente precisato e notato in modo convenzionale.

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