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STORIA DELLA MUSICA PER FILM

Storia
La musica è sempre esistita negli spettacoli cinematografici sin dai primordi
(le figure come Lumiere, Edison e Méliès hanno assunto con disinvoltura la
musica), quando il cinema viene considerato “muto” (dato che manca il parlato)
e con l’evoluzione del cinema anche il repertorio musicale si è allargato. Il
pianista persistono nelle sale di 3° e 4° ordine, mentre nelle sale di secondo
livello abbiamo anche dei piccoli complessi, nelle sale di lusso possiamo trovare
delle piccole orchestre. Agli inizi però la musica non è coerente con il visivo,
solo più tardi saranno creati modelli sonori adatti al tipo di film. Trionfano
quindi all’inizio gli “stereotipi” musicali, e vengono creati manuali e repertori da
seguire (da Rapée in America, e Becce in Europa).
Nel 1908 per la prima volta in Russia si affida a un musicista la creazione delle
musiche per un film (“Stenka Razin” di Drankov; Ippolitov e Ivanov). E’ la
nascita del leitmotiv Nel 1914 avremo le prime manifestazioni anche in Italia
(“Cabiria” di Pastrone; Pizzetti).
Nel 1915 in USA, Griffith con “Nascita di una nazione” (prima grande
produzione hollywoodiana) crea insieme al musicista Breil le musiche per il film.
Sulla stessa linea anche “Intolerance” e “Broken blossoms”, o “Iron horse” (di
Ford; Rapée).
Per un trentennio ancora però le musiche saranno 800esche o cmq commistioni
stilistiche. Intanto le figure del cinema cambiano: il regista, il responsabile
musicale e il produttore. Max Steiner negli anni ’30 con le produzioni RKO
(“King Kong”, “The Lost petrol”) crea la presenza di temi riconoscibili e che
rassicurano lo spettatore ma anche una musica che non solo accompagna
(anticipa, interpreta, sottolinea, commenta la storia).
Si cominceranno a distinguere tra compositori europei: Krongold, Tiomkin,
Deutsch, Friedhofer, Waxman, Rozsa, e compositori americani Stothart,
Young, Skinner, Duning, Raksin.
In Europa intanto tra il ’15 e il ’35 si distinguono due diverse tendenze: filone
spettacolare; filone sperimentale (avanguardie artistiche). Da registrare in
Francia la comparsa di compositori che riescono a trovare la giusta misura tra
solennità e levità come Honegger (“Napoléon” di Gance) e Milhaud
(“L’inhumaine” di Herbier), mentre Auric sarà più ironico e disincantato (“A
nous la liberté” di Clair). La causa della ricerca di un nuovo modo di fare musica
sono soprattutto le manifestazioni artistiche (le avanguardie) che rompono con
il passato, ma non scompaiono anche espressioni neoclassiche. Citiamo due film
d’avanguardia come “Entracte” (di Clair; Satie) o “Ballet mécanique” (di Léger;
Antheil) che rifiutano il cinema narrativo e di conseguenza la musica
stereotipata.
Anche in Germania avviene la stessa cosa, con compositori come Huppertz
(“Metropolis” di Lang), Zeller (“Vampyr” di Dreyer) ed altri che compongono
personalmente e interamente le musiche.
Due film meritano una citazione a parte: “La corazzata Potemkin” di Ejzenstein
(che nella versione originale aveva le musiche di Krjukov, ma nella distribuzione
in Germania vennero sostituite da quelle di Meisel) è una solenne unioni tra le
arti; “La nuova babilonia” di Kozincev, Trauberg; Sostakovic utilizza soluzioni
moderne e per questo incomprese (divisione tra livello esterno e interno,
rifiuto delle melodie centrali…). Ma a quest ultimo film dovranno molto quelli a
venire, in cui la musica verrà composta non solo prima, ma anche durante e
dopo il film (come in “Aleksandr Neveskij” di Ejzenstein e Prokofiev).
In USA nasce una delle figure più importanti degli anni ’40 e oltre come
Hermann (che firma le musiche di “Quarto potere” e dei film di Hitchcock).
L’evoluzione della musica anche al di fuori del cinema (la nascita del rock ad
es.) si riflette indirettamente anche nella musica per film.
Il linguaggio si fa cosmopolita, con compositori come North (“Un tram
chiamato desiderio” di Kazan), Barry (“Ballando coi lupi”), Goldsmith (“Il
pianeta delle scimmie”).
In Francia nasce lo specialismo di cui fanno parte Jaubert, Delerue, Legrand…
In Italia anche per via del fascismo non c’è il coinvolgimento dei compositori, e
per un decennio c’è invasione di musicisti esterni, sicuramente è una ragione
per la quale l’Italia si mosra in ritardo e con una tradizione poco convincente.
Anche nel neorealismo l’adeguamento musicale è sicuramente inadatto e
deludente. Chi si distingue sono soprattutto Morricone che ha il merito di aver
determinato originali e specifiche modalità di approccio ai bisogni del cinema
con un linguaggio musicale dotato di peculiarità timbriche e melodiche anche
recuperando suoni più arcaici; e sicuramente Rota.

Teorie
Negli anni ’10 si pone la prima questione che riguarda la presenza della musica
nel cinema e delle sue funzioni: vengono fuori quattro principali
argomentazioni. La prima è la necessità di coprire il rumore del proiettore; la
seconda è sottolineare il movimento che altrimenti risulta spettrale e
insostenibile (secondo Gorky e Musil); la terza è compensare l’assenza di
percezioni sensoriali (secondo Bloch); la quarta è il rafforzamento del
contesto emotivo (secondo Munstenberg).
La seconda questione è più ampia e riguarda l’intero cinema: Balasz, Arnehim,
Krauer vedono nella musica un qualcosa capace di conferire profondità di
immagine come una terza dimensione dopo la bidimensionalità dell’immagine.
La terza questione è la visione italiana: Canudo vede il binomio cinema-musica
come luogo ideale dell’arte totale; Luciani ipotizza il ribaltamento del rapporto
con un film che commenti la musica. Sempre Luciani è il primo che distingue tra
funzione ritmica (accompagnamento) e espressiva (commento).
Gli scritti teorici di Ejzenstein, Pudovkin e Alexandrov introducono anche il
concetto di montaggio sonoro.
Il primo manuale d’orchestra è datato 1935; Il primo compendio tecnico,
storico estetico è del 1936 (dove si segna il distacco dal leitmotiv)
Anche Adorno e Eiser scrivono a riguardo ma sicuramente condizionati
dall’eccessiva critica nei confronti del cinema hollywoodiano, in Italia
purtroppo verrà preso come manuale chiave.
La musicologia intanto scopre anche l’esistenza della musica per film grazie a
Lissa che nel 1964 mette sullo stesso piano immagini visive e componenti
sonore.
S. Miceli intravede la distinzione tra livelli interno (diegetico), esterno
(extradiegetico) e mediato (metadiegetico). Pauli distingue infine tra funzione
persuasiva, sintattica e interpretativa. Cmq come sempre i contributi più
pesanti arrivano dagli USA.

Tecnica
Negli USA il compositore si limita a presentare gli sketches che poi sono
passati a un dipartimento in cui avviene tutto il resto:
il Music supervisor è l’anello di congiunzione tra regista, compositore e
produzione
il Music consultant gestisce la musica preesistente
gli Orchestrators realizzano le partiture
i Copysts trascrivono le parti orchestrali
il Music Librarian organizza le partiture per le registrazioni
il Film studio music executive si occupa degli aspetti tecnici
il Music editor si occupa del montaggio
In Europa il tutto è più artigianale esistendo il compositore (che praticamente
fa tutto, “musiche composte e dirette da…”) oppure un gruppo di collaboratori
(che cmq non compaiono ufficialmente).
In Italia esiste:
il Direttore di produzione che se il regista non è importante decide il
compositore
L’editore musicale che decide l’esecuzione e la registrazione (anche qui se il
regista non sa)
Il copista è il collaboratore del compositore
L’ingegnere del suono è l’esecutore materiale della registrazione
Il tecnico del montaggio è colui che stabilisce la “posizione” delle musiche
ovvero il missaggio finale. Le fasi sono queste:
a)collocazione e definizione delle presenze musicali (il compositore riceve un
video con la pellicola già montata o in fase di montaggio, in cui il regista ha
fatto mettere musiche preesistenti, condizionando così il compositore stesso)
b) composizione delle partiture, registrazione e pre-missaggio (si decidono i
punti di ingresso e uscita delle musiche, il compositore realizza le partiture,
anche con i MIDI che però fanno perdere di espressività. L’informatica ha
aiutato molto, a volte sostituisce interamente il compositore, la
sincronizzazione avviene in seguito. In caso in cui l’attore debba danzare o
suonare uno strumento la musica deve essere composta prima).
c) montaggio della colonna sonora e missaggio finale (il compositore non entra
più in questa fase, ma molto spesso questa operazione compromette tutto
l’elaborato del compositore, con tagli o riadattamenti che spesso decide il
regista).

il compositore
Tra il 1895 e il 1915 le proiezioni facevano parte di spettacoli più ampi, quindi
la musica se c’era non era affidata a un compositore ma si usava quella del
contesto. Con le sale e l’industria la musica viene adattata al film da qualcosa
che però era preesistente. I compositori quindi erano passivi perché non
componevano specificatamente per quel film.
L’ed. Sonzogno fondò una casa di produzione, la Musical-Film; la Ricordi
pubblicò riduzioni di musiche in pianoforte per film.
Nel primo ‘900 quindi assistiamo a collage di varie opere o di mélo drammatici.
Assistiamo più tardi a 3 fenomeni: le “compilazioni” (prodotto di selezione di
musiche preesistenti detti cuesheet, che cmq garantivano un
accompagnamento ad hoc), i “repertori” (ampie raccolte di musiche in parte
preesistenti e in parte originali ordinate secondo categorie), i “manuali”
(contribuiscono all’affermazione della drammaturgia filmico-musicale)
Il ritardo europeo è dovuto alla tradizione e alle avanguardie. In Francia e in
Italia nascono due case di produzione specifiche che affidano la realizzazione
di pellicole a specialisti.
Mascagni compone per il film di Oxilia “Rapsodia satanica” in cui svolge con
attenzione il proprio ruolo. Mascagni sraà l’unico a cui viene data la possibilità
di rigirare il filmico per adattarlo alla musica. La tradizione accademica
continua anche con Mancinelli (“Frate sole” di Corsi e Falena) e Gui (“Fantasia
bianca” di Masi e Pozzati).
In Italia c’è il timore di “prostituirsi” anche dopo il neorealismo, c’è quindi la
paura di innovarsi. In Francia invece si risponde positivamente con compositori
come Satie, Honneger, Milhaud, Auric, Ibert, Schmitt. Si assiste a una
coerenza tra poetica, linguaggio e tecniche.
In USA pur individuando uno specialista gli viene concessa poca libertà
creativa: è il produttore che ha voce in capitolo quanto il compositore. Solo
Steiner come abbiamo già detto inaugura una nuova prassi (con Hollander,
Berlin, Carmichael, Porter…) Con l’avvento del rock, nel secondo DP c’è il
definitivo distacco dall’80 e si guarda alle altre culture musicali.
In Francia, la prima ad avere gli specialisti in Europa, si crea un patrimonio
musicale tipico: Jaubert inventa uno stile “popolare” che viene abbandonato nel
IIDP da Delerue, Sarde, Legrand, Lai, Jarre (“Lawrence d’Arabia” di Lean).
Glass e Nyman si distaccano dallo specialismo e creano musiche indifferenti
alla narrazione filmica. Zimmer invece è più legato al mondo hollywoodiano (“La
sottile linea rossa” di Malick).
Come detto in Italia la produzione è deludente, non c’è grande tradizione si
slavano in pochi e solo parzialmente.
Solo dopo il ’50 nasce lo specialismo italiano con Lavagnino, Rustichelli, Germi,
Fusco, mentre Nascimbene e Piccioni tendono alla sprovincializzazione.
Ancora da sottolineare sono Rota (assimila bene elementi popolari) e
Morricone (che giunge a una progressiva fusione di tecniche diverse). Dopo gli
anni ’70 c’è un’autoriduzione dei messi espressivi e maggior distacco critico con
Piovani, Piersanti.

la danza
Il ballo nei film entra in tre modi:
- allusione coreutica: gesto che aspira a diventare atto coreutica (senza
volontà) alcuni esempi potrebbero essere: Totò e Chaplin. I film di Berrault e
Méliès (“Viaggio sulla luna”), ma anche “Odissea nello spazio” di Kubrick
- episodio circoscritto: atto dai contorni definiti, collocato in modo plausibile e
coerente; molto spesso questi atti sono riconducibili al tema erotico. Alcuni
film: “American graffiti” di Lucas, “Blues Brothers” di Landis. Il ballo in molti
film spesso ha assunto una funzione decisiva. E’ importante affermare che non
tutto ciò che noi pensiamo sia musical abbia qualcosa dei tre modi e al
contrario un semplice film può presentare qualcuno di questi punti. Il ballo è
unione tra classi, che porta a contatti occasionali o prolungati, leciti o meno,
capaci cmq di mettere a nudo il succo della narrazione
- soggetto predominante ma è importante distinguere in 2 sottocategorie:
a) danza come componente inscindibile del musical L’integrazione tra gli
eventi narrativi e la danza coincide spesso con l’affermazione di un ballerino
di una coppia, in questo caso merita citare Fred Astaire e Ginger Rogers
(“Flying down to rio”, “Shall we dance”, “Swing time”…) che si presentano come
raffinati e essenziali; oppure Kelly (“Un americano a Parigi”, “Ballando sotto la
pioggia”) che invece è più atletico e sfrontato.
Dopo questi grandi personaggi troviamo una metamorfosi dovuta alla
contaminazione di jazz e rock (“Rocky horror” di Sherman) o del balletto
classico (“West side story” di Wise e Robbins; o “Hello dolly” di Kelly) L’azione
coreografica assume quindi un significato intrinseco all’opera.
b) danza come tema centrale, purtroppo non ha tradizioni e continuità come la
categoria precedente ma possiamo citare “The red shoes” di Powell e
Pressburger; “Luci della ribalta” di Chaplin

Film operistico
Il filmopera riflette la tendenza a rifarsi a tratti della letteratura e del
teatro. Il modello originale è il melodramma inglese o il mélo francese: drammi
edificanti, tinte forti, intreccio complesso.
Le opere più trasposte sono: “Carmen” (35 volte), “Faust” (27), “Cenerentola”
(20), “Don Giovanni” (18), “Violetta valere” (20).
I caratteri specifici dell’opera lirica è ovvio che si hanno solo dopo la comparsa
del sonoro.
Anche in questo caso dobbiamo fare tre distinzioni:
1- Film ispirati più o meno liberamente a soggetti appartenenti al teatro
musicale, in cui il canto è marginale e non affidato a i protagonisti.
2- Opere parallele, in cui i protagonisti sono cantanti lirici che interpretano
personaggi d’opera, c’è quindi una sovrapposizione dei due livelli narrativi.
3- Filmopera ovvero trasposizioni filmiche più o meno fedeli in cui ci sono
attori doppiati da cantanti o cantanti veri. A sua volta questo terzo tipo si
suddivide in altre tre categorie:
a) libera interpretazione: Tra il ’46 e il ’56 in Italia ne fioriscono molte,
anche se la fedeltà è più volte compromessa dai tagli per arrivare a un
cinema più spiccato e leggero. Il tutto però risulta poco convincente e
soprattutto il rapporto tra voce e corpo, rovinato dal playback. Un
esempio negativo a riguardo può essere “La favorita” di Barlacchi.
Esempi invece degni di nota sono: “Il flauto magico” di Bergman e
“Carmen” di Rosi che è uno tra più verosimiglianti e intensi.
b) ripresa di un allestimento teatrale. In questo caso i due problemi
principali sono la staticità e la frontalità
c) opera musicale contemporanea in forma cinematografica, di cui però
abbiamo pochi esempi “The robber’s simphony” di Feher o “The medium”
di Menotti …

Musicisti e cinema
L’interesse del cinema per la vita e l’opera di celebri compositori si è
concretizzato nella maggior parte dei casi con film di scarsa importanza,
questo perché il cinema è un’arte della visione ed è difficile dover “parlare” o
“vedere” la musica. Ribadiamo quindi un fondamentale principio ovvero che la
scrittura per il teatro (appartenente cmq al campo letterario) è ben diversa
dalla sceneggiatura del cinema (che principalmente è di natura visiva e
difficilmente può dimostrare l’atto del comporre). Alcuni registi quindi nella
smania di voler mostrare a tutti i costi ottengono risultati opposti a quelli
desiderati. Inoltre un altro difetto del cinema è il fatto che abbia una matrice
popolare.
Esistono quindi 2 tipi di cinema:
- al quadrato: si serve dei generi e li trascende, la sensibilità e la
consapevolezza culturale del mondo esterno vengono superate e inglobate
nell’assoluto filmico (come in Chaplin, Welles o Kubrick)
- strumento narrativo: forme e linguaggio deboli quando si cerca il realismo, le
relazioni con il mondo si fanno critiche e improbabili e il film non regge e
diventa spesso banale
Il primo film su un compositore è del 1913 è di Frolich e Waver ed è su
“Wagner”, è il primo film inoltre che presenta una partitura originale perché
era impossibile utilizzare le musiche di Wagner stesso. E’ sicuramente più
convincente (nonostante le critiche) di film più recenti come “Richard &
Cosima” di Patzak.
Di solito si prediligono figure eroiche o negative, con un destino avverso o
scomparse prematuramente. Il cinema si è occupato di Strass (7), Schubert
(7), Mozart (6), Beethoven (5), Chopin (4), Verdi (2), Handel, Rossini, Puccini,
Mascagni, Bellini, Donizetti, Pergolesi, Strabella.
Un esperimento al quanto sconvolgente è quello di Russell in Inghilterra che
inserisce improbabili parentesi rock, e scomodando perfino Duchamp (“The
music lovers” o “Mahler”).
Due opere da ricordare saranno poi “Chronik der Anna Magdalena Bach” di
Straub – Huillet (film che è una specie di documentario filologico ben fatto) e
“Amadeus” di Forman (che nonostante sia una pellicola ben fatta alla fine
sprofonda nell’errore comune di falsità concettuale, rappresentando Salieri in
un ignorante della musica, per far risaltare la figura di Mozart).

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