vol. 1 - 1995
editore
CIMS
Centro per le Iniziative Musicali in Sicilia
direttore
Elsa Guggino
coordinamento redazionale
Sergio Bonanzinga
redazione
Emanuele Buttitta, Rosario Perricone
fotoriproduzioni
Videoclic di Giancarlo La Bruna
progetto grafico
Antonello Blandi & C.
stampa
Arti Grafiche Zuccarello
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Sommario
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Editoriale
di Elsa Guggino
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Etnografia musicale in Sicilia
(1870-1941)
di Sergio Bonanzinga
7 123
Premessa Bibliografia
9 133
I demologi Indici
21 133
I musicisti Illustrazioni
37 134
Un bilancio Esempi musicali
43 136
Immagini Nomi
89 138
Suoni Località
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La scelta di aprire la sezione “Bibliote- quadro dei temi e dei problemi maturati nel
ca” con un saggio di Sergio Bonanzinga corso di anni “pioneristici” e tuttavia deci-
dedicato alle ricerche di etnografia musi- sivi per lo sviluppo dell’osservazione etno-
cale, svolte in Sicilia dall’avvio della gran- grafica. La presentazione sistematica di im-
de stagione demologica (1870) fino al cre- magini e trascrizioni musicali (in alcuni ca-
puscolo del fascismo (1941), va intesa per si di difficile reperimento) offre tra l’altro
il suo valore di “prologo” alle questioni un panorama embematico della musica tra-
della moderna indagine etnomusicologica. dizionale siciliana in un periodo ancora for-
Attraverso un puntuale vaglio delle moda- temente caratterizzato dalla permanenza
lità con cui studiosi di diversa formazione delle sue coordinate fondamentali.
hanno rappresentato e interpretato i fatti et-
nico-musicali, l’autore delinea un ampio Elsa Guggino
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Etnografia Premessa
musicale La Sicilia, isola e continente insieme, appa-
re irriducibile a immagini univoche di muta-
mento o permanenza della sua identità. Il caso
in Sicilia siciliano è un esempio di storia culturale cumu-
lativa. Le culture che si sono avvicendate nel-
(1870-1941) l’Isola non hanno mai completamente cancella-
to le precedenti «ma vi si sono venute a sovrap-
porre, depositandosi in livelli per certi aspetti
di Sergio Bonanzinga impermeabili, per altri attraversati da processi
osmotici» (Buttitta 1995: 3). In una realtà così
marcata nel senso del continuum storico-cultu-
rale, la trasmissione dei saperi si è posta entro
“itinerari” caratterizzati dalla interazione di tra-
dizioni diverse (egemone-subalterno, rurale-ur-
bano) e dalla intersezione di differenti tecniche
di comunicazione (oralità-scrittura), piuttosto
che dalla loro opposizione. Questa molteplicità
si riflette anche nel modo in cui è andata for-
malizzandosi la tradizione musicale. I fenome-
ni etnico-musicali ancora oggi osserva bili in
Sicilia sono infatti il prodotto di continue inter-
ferenze tra modelli arcaici e moderni compre-
senti nei diversi ambienti socio-culturali.
In sede analitica è possibile individuare gli
esiti di questi processi, stante il fatto che fonti
di varia natura ne consentono la parziale rico-
struzione. In particolare, le pratiche etnografi-
che che nell’ultimo trentennio dell’Ottocento
tendono a configurarsi entro l’orizzonte positi-
vista, senza tuttavia rinunciare a suggestioni ro-
mantiche, consentono di delineare nella sua in-
tegrità un sistema sonoro c orrelato ad ampi
spazi del vissuto comunitario, sia dei centri ur-
bani che delle a ree rurali. Nel contesto post-
unitario, che vede l’Isola mantenere ancora im-
mutata la sua struttura socio-economica, stu-
diosi di diversa formazione (demologi, letterati,
musicisti), sotto la spinta di una ideologia re-
gionalista che si sostanzia del mito di una Sici-
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lia-nazione per l’antichità e qualità della sua un meditato progetto di etnografia musicale; ri-
storia, rivolgono infatti il loro interesse alla do- sulta no tuttavia unifica bili entro un quadro
cumentazione della vita tradizionale. Un’atten- interpretativo che renda conto della varietà di
zione che in certa misura proseguirà con l’av- mezzi e metodi con cui si è inteso rappresenta-
vento del fascismo, le cui istanze ideologiche re le forme della musica popolare in un arco
tende ranno a ince ntiva re il “ rec upe ro” e la tem por a le co nsiste nte (1 870 -19 41) . Uno
“preservazione” di arcaiche quanto autonome “sguardo da vicino” che ha avuto il merito di
“identità italiche”. tradurre in parole, note musicali e immagini un
Le te stimonianze riguardanti i fenomeni articolato complesso di performances solo in
musicali – qui proposte in un’ampia scelta an- tempi recenti parzialmente documentate attra-
tologica – non sono certamente riconducibili a verso adeguate strumentazioni.
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A parte la notevole documentazione prodotta infra), dove è effettivamente segnata Acireale co-
da Meyerbeer (trentasette fra canti, danze e can- me località di provenienza. L’attenzione al dato
zoni a ballo) e poche altre trascrizioni musicali musicale va comunque apprezzata, tanto più se si
eseguite da Swinburne (una pastorale siciliana), considera che Vigo resterà l’unico demologo a
da Bartholdy (una canzuna alla siracusana) e da pre senta re la sc hem atizz az io ne gra fica –
Scoppa (specialmente alcune ‘arie’ – messinese, quand’anche assai rudimentale – di una danza. Si
palermitana, furnarisca – e un richiamo di calde- tratta più precisamente di una canzone a ballo de-
rai), negli altri casi si tratta in larga prevalenza di nominata ruggiera, che viene indicata come ti-
elaborazioni pianistiche di canzonette cittadine a pica di Galati Mamertino 2:
carattere semiculto o popolaresco (sovente su te-
sti dialettali dell’abate Meli) 1. A questa tipologia Alcuna volta alla musica, al canto accoppiano
aderiscono i cinque canti con accompagnamento la danza, e di questo genere è la Ruggiera, che
di pianoforte pubblicati da Vigo nella Raccolta usasi in Galati, paese locato sulle creste de’ Net-
amplissima (carte tra le pp. 159-160, incluse solo tunii [Nebrodi] in quel di Messina […]. Essa non
nella prima edizione dell’opera, 1872): 1. C’è è canzone particolare, […] ma intonazione con
nna figghia di massaru, 2. Nici non pozzu espri - cui si cantano ad ora ad ora delle arie o meglio
merti, 3. Si ppi disgrazia iu perdu a Rosa, 4. Giu - strambotti a piacere, da quattro persone di vario
stizia giustizia, 5. Avi sett’anni ca su maritata. sesso, che unisconsi a cantare e a ballare con
Questi, secondo quanto afferma l’erudito acese, grande accompagnamento di gesti. […] La Rug -
furono procurati da Francesco Flavetti, maestro giera può definirsi ballo-canto-pantomima: quan-
di cappella del Senato di Acireale, ma dettategli do vogliono usarne nelle pubbliche o private festi-
da «Sebastiano Pennisi da Aci, cieco appena na- vità, si collocano nel modo seguente:
to, […] conoscitore non volgare della musicale
scienza» (1870-74: 60). Va tuttavia segnalato –
non senza paventare sospetti per la reale origine
delle melodie, considerato che Vigo venne accu-
sato di indebite appropriazioni dai suoi colleghi
palermitani (cfr. Bonomo 1989: 41-63) – che i
canti nn. 1, 3 e 4, corrispondono, a eccezione del- Dopo aver preso posto le due coppie rimpet-
l’accompagnamento pianistico, ai nn. 21, 22 e 9 to l’una dell’altra, incomincia la musica; cessata
delle notazioni musicali pubblicate da Pitrè (cfr. appena la sinfonia, intrecciasi il ballo mimico, e
1
La collezione di Meyerbeer , realiz zata nell’estate se colo sono state pubblica te in edizione critica da P aolo
de l 1816, restò ine dita e sconosc iuta fino a quando il Em ilio Car apezza (1977). Rigua rdo alle testimonianze
manoscr itto che la conteneva non ve nne individua to de i viaggiatori sull’etnografia m usic ale siciliana, si ve-
(1959) e dato alle stampe in edizione critica da Fr itz B o- da no Tiby 1957 (pp. 3-4) e Bonanzinga 1989. Per una
se (1970, ora disponibile in edizione italiana a cura di S. analisi de lla poe sia dia le ttale di Giovanni M eli, cf r.
Bo na nz ing a, c fr . B ose 1 993 ). La s i r a c u s a n a d i Cocchiara 1951b.
Bartholdy è stata ristampata da B ose in appendice alla 2
Per una rassegna delle testimonianze siciliane relati-
collez ione Meye rbeer (1993: 136-138). La collez ione ve a questa f orma coreutica, cfr. Bonanzinga 1993 (pp.
Scoppa, insieme alla siracusana di Bartholdy, a un’ar ia 58-60); per una considerazione della testimonianza di Vi-
“messinese” racc olta da de Sayve e a due “ canzoni sic i- go nel più ampio c ontesto della tr adizione sc ritta della
liane ” contenute in un manoscritto della fine del XVIII formula melodica denominata ruggiero, cfr. Staiti 1989a.
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i demologi
tutti cambiano luogo per la prima volta; il che ri- nostro popolo. La scrittura non dà che un’idea
petesi altre tre volte. Dopo la prima danza, la molto sbiadita d’una melodia la quale muta colo-
musica cambia accompagnamento, e la donna n. rito in ogni bocca, secondo i mezzi di chi canta e
1 canta una canzone conveniente alla festa, e per il sentimento da cui questi è posseduto [Avolio
lo più di amore; alla seconda danza canta l’uomo 1875: 110].
n. 2; alla terza la donna n. 3, e alla quarta il di lei
compagno. Le musiche usitate sono di due ma- Valore marcatamente programmatico riveste
niere, cioè una atta al ballo, una al canto; costu- l’affermazione di Pitrè, come attesta l’Appendi-
mano suonare violini, chitarre, colaschioni, e an- ce al secondo volume dei Canti che comprende
t icamente i sal terii , che accordano i ns ieme trentadue Melodie popolari siciliane così sud-
[1870-74: 69]. divise: 1-10. Canzoni (strambotti); 11-12. Fiori
(stornelli); 13. Canto carnascialesco; 14. Nin -
La sostanziale innova zione apportata da na-nanna; 15. Canto fanciullesco; 16. Preghie -
quei demologi, come Pitrè e Avolio, c he si ra; 17-24. Arie; 25-31. Leggende e Storie; 32.
mostrarono più attenti ai fenomeni musicali è Canzone araba. Quest’ultima venne pubblicata
costituita dalla rinuncia a presentare i canti in allo scopo di «mostrare le analogie che esistono
forma di elaborazione pianistica. Non è casua- tra la c antile na orientale e la c antile na della
le che questi due studiosi siano anche stati i canzuna siciliana» (1870-71 1:: II, p. VIII), ma
primi a porsi il problema del metodo di raccol- la scarsa plausibilità di questa melodia “arabeg-
ta dei canti (Pitrè) e a evidenzare la difficoltà giante” spinse Pitrè a sostituirla nella successi-
della trascrizione su pentagramma delle melo- va edizione dell’opera con un Canto di Natale
die (Avolio): palermitano (1891 2: II, n. 17 dell’Appendice),
rinunciando così all’iniziale proposito compa-
Il canto o meglio la parola non isposata alla rativo. Stando ai ringraziamenti resi dal demo-
melodia non è l’espressione intiera della poesia logo, gli autori delle trascrizioni musicali risul-
veramente popolare. La melodia ha un grandissi- tano essere i “signori” Carlo Graffeo e Antoni-
mo ufficio nel canzoniere del popolo: senza la no Scontrino – «l’uno per la musica dei canti
quale il canto è un puro ed ozioso esercizio; ecco siciliani, l’altro per quella di Tunisi» (1870-71 1:
perché si incontrano gravi difficoltà nel racco- I, p. X) – e il «giovane maestro» Giovanni
gliere e copiare de’ canti colla sola ripetizione Maggio per avere fornito undici tra le melodie
orale di chi li sa, e perché volendoli avere nella provenienti da Palermo (1870-71 1: II, p. VIII).
loro interezza bisogna fare che il cantatore asso- Per una disamina dei limiti “tecnici” della rac-
cii la musica alla poesia [Pitrè 1870-711 : I, 45]. colta, valga ricordare le osservazioni di Diego
Carpitella basate sull’edizione del 1891:
Il motivo musicale della canzona di Noto è
affatto speciale; perciò si dice cantare alla noti - In queste trascrizioni musicali ciò che colpi-
ciana. Esso è in un tempo larghissimo, il più lar- sce è la non frequente corrispondenza tra testo
go. È una cantilena che par lamento, piena d’una sillabico e note musicali: le melodie 2, 3, 4, ad
dolcezza flebile e affettuosa. Ci son note ch’ è es., solleverebbero non poche difficoltà a chi vo-
difficile fermare s ulla carta; note che nessun lesse intonarle con le durate nelle quali sono tra-
maestro saprebbe mettere insieme, per cavarne scritte. In queste melodie, come in altre (ad es. 1
un effetto che si assomigli a quello che ne trae il e 18), manca del tutto un qualsiasi segno diacri-
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tico per le p a u s e, le not e t e n u t e (sempl ici e sistemazione analitica, resta questa la più cospi-
composte), un segno che possa precisare un de- cua antologia di materiali musicali nell’ambito
terminato respiro, un certo fraseggio secondo il degli studi demologici non solo siciliani 3. Seb-
tipico stile vocale contadino. Note tenute, pause, bene l’avveduta opzione metodologica formula-
et c. sommariament e risol te […] con qual che ta da Pitrè in ordine alla raccolta dei canti popo-
punto o al massimo corona puntata. Soluzione lari sia poi rimasta inattuata, altri meriti nel
sbrigativa che si riscontra anche nella trascrizio- campo della ricerca etnografic o-musicale gli
ne dei melismi, che nello stile vocale contadino vanno tuttavia riconosciuti. Da quasi tutti i vo-
siciliano (e di una parte dell’area mediterranea), lumi della “Biblioteca” e da numerosi saggi è
in particolare nelle canzuni, hanno un grande ri- infatti possibile ricavare un articolato e prezioso
lievo: melodie 1, 2 soprattutto 3 [ES. MUS. 1] e le complesso di notizie sulle forme della musica
cadenze terminali delle 4 e 26 (La principessa di tradizionale, spesso accompagnate da disegni,
Carini) [ES. MUS . 5]. Melismi che sono elementi da fotografie e – più raramente – da trascrizioni
strutturali, non secondari, soprattutto ai fini del- su pentagramma. Queste riguardano in partico-
l’intonazione, della gamma, dei microintervalli lare tre brani per violino usati per connotare al-
(in tal senso assente anche qualsiasi segno sulla cune scene del teatro dei “pupi” (chiamata a
intensità, dinamica e altezza dei suoni). battaglia, battaglia, marcia) e un ritmo per la
Quanto alla struttura e suddivisione ritmica, pesca del tonno (cialoma), rispettivamente pub-
alcune trascrizioni […] sono accettabili, soprat- blicate in appendice al primo volume di Usi e
tutto quando si tratta di un repertorio non conta- costumi (1889) e nel capitolo dedicato alla mat -
dino, di stilizzazione popolaresca con influenza tanza di La famiglia, la casa, la vita (1913:
artigianale-paesana: melodie 15, 17 [ES. MUS. 3], 382). In ne ssuno dei due casi viene indica to
20; quasi canzonettistiche 23, 24, 25, o addirittu- l’autore delle trascrizioni: precise e attendibili
ra di estrazione melodrammatica 12 (vale a dire que lle re lative all’opera de i pupi, molto ap-
proprio quei tipi di canti che hanno dato origine prossimativa quella della cialoma (ES . MUS . 6).
al più vieto folklorismo). L’attenzione di Pitrè per la musica popolare
Ma vi sono canti, tra i quali la ninna-nanna è inoltre testimoniata da lla presenza di stru-
14 [ES . MUS. 2] e la preghiera 16, dalla struttura menti musicali e oggetti sonori nelle sale del
ritmica chiaramente libera, non riducibile alle Museo Etnografico Siciliano. Il Museo venne
regolari battute della musica culta, e logogenica, fondato nel 1909 dal demologo su un primo nu-
frequente quest’ultima in ninne-nanne e preghie - cleo di reperti da lui stesso raccolti per la Mo-
re salmodianti sempre dell’area mediterranea. str a E tnog raf ic a c he si svolse nell’amb ito
Senza considerare la continua riduzione a scale dell’Esposizione Nazionale di Palermo (1891-
tonali di melodie modali, anch’esse così diffuse 92). Come risulta dal Catalogo (1892), nella
nell’area mediterranea [1968: 112-114]. Mostra figuravano gli strumenti musicali sici-
liani più comuni: una zampogna (ciaramedda),
Nonostante l’evidente sommarietà di queste sette flauti di canna (friscaletti), cinque scac-
trascrizioni e l’assenza di qualsiasi tentativo di ciapensieri (marioli, ngannalarruni ecc.), due
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i demologi
coppie di nacchere (scattagnetti) e alcuni tam- minano le melodie bipartite che dividono in di-
burelli (tammuredda). Acc anto a questi non stici il testo letterario (cfr. Tiby 1957: 34-38). In
mancavano interessanti strumenti-gioca ttolo, questo caso invece la cadenza terminale – come
come una piccola zampogna di canna con l’otre di regola sul primo grado del modo – si trova
ricavato da un ventriglio di pollo, alcuni tam- nella frase C, corrispondente al quarto verso del
burini (tammurina) e una cicala, ninnolo per testo poetico. Il modo è ipofrigio (secondo le an-
produrre un suono «imitante il gracidare delle tiche armonie greche) con cromatismi, come ap-
rane» (Pitrè 1892: 87). Si rileva inoltre la pre- pare soprattutto evidente nella frase C. L’indica-
senza di alcuni oggetti sonori spesso impiegati zione di fa maggiore tonale in chiave è fuorvian-
in contesti festivi con valore “musicale”: due te poiché implicherebbe la finalis sul quinto gra-
trombe di conchiglia (brogni) e quattro campa- do (cadenza sospesa) estranea ai princìpi formali
nacci per animali (campani). Insieme a questi, del canto popolare siciliano. Una tendenza alla
altri strumenti vennero certamente raccolti da tonalità si manifesta tuttavia nella seconda semi-
Pitrè fino al 1916 (crepitacoli e rombi, fischietti frase di B, dove il tetracordo inferiore del modo
di terracotta e due flauti di Pan), ma non fu mai figura trasposto una quarta sotto ma con la triade
predisposta nel Museo una sezione esplicita- di la maggiore in posizione cadenzale 5. Ben
mente dedicata agli strumenti musicali (la mag- identificati nella trascrizione risultano alcuni ele-
giore concentrazione era ed è riscontrabile nel- menti caratterizzanti il repertorio delle canzuni:
la sala dei giochi infantili). Ciò malgrado, e no- incipit ascendente di tre gradi congiunti, cadenze
nostante il depauperamento delle collezioni se- sempre discendenti, metro giambico (anche se
guito alla scomparsa di Giuseppe Cocc hiara incasellato in improbabili barre di misura) e lun-
(direttore del Museo dal 1935 a l 1965), gli ghe pause tra le frasi. Nel complesso il risultato
esemplari ancora oggi osservabili costituiscono è accettabile – anche considerando lo sforzo di
l’unico repertorio etno-organologico di valore porre in evidenza le varianti melodiche (soprat-
storico esistente in Sic ilia (cfr. Guizzi–Leydi tutto fioriture e terzine) – e offre testimonianza
1983: passim) 4. di un modulo musicale che non verrà più docu-
Il Canto de’ contadini di Noto pubblicato da mentato successivamente (neanche da Corrado
Avolio (1875: 105), non si sa se autografo oppu- Ferrara, che pure a Noto effettuò un notevole la-
re fornitogli da un locale maestro di musica, pre- voro di raccolta tra il 1896 e il 1907, cfr. infra).
senta diversi motivi di interesse (ES. MUS. 7). An- Puntua li osservaz ioni sulle occ asioni e i
zitutto la struttura melodica fondata su tre frasi contesti d’uso della musica sono presenti nelle
distinte che si ripetono con lievi variazioni per rice rche c he , specialme nte dopo il 1880, si
formare l’ottava: A/B/A'/C/A''/B'/A'''/C'. Tale sono estese all’intero complesso della cultura
struttura è atipica in quanto nelle canzuni predo- popolare siciliana. Sono soprattutto frequenti le
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Su questa colle zione è in atto un progetto di sche- c on quanto è ancora possibile doc ume ntare nei tradiz io-
datur a curato da chi sc rive. Abbiamo inoltr e rea lizza to nali contesti d’uso.
il vide o Il paesaggio sonoro in Sic ilia. Dal museo al 5
Simili forme di transizione modale/tonale sono state a
t e r r e n o (3/4 U -M A T I C , 55' c .a ), dove si illustr ano gli esempio considerate da Tiby (1957: 23-33) e Collaer (1980:
str um enti musicali conservati presso il Museo Etnogr a- 50-84); cfr. anche quanto si osserva più avanti riguardo al
fico S ic iliano “Giuseppe Pitrè” attraverso il confronto “lamento” del Venerdì Santo pubblicato da Stanganelli.
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Non si tiene conto delle trascrizioni m usicali pub- siva me nte c om pila tivo e spesso molto im prec iso, ha
blic ate in altr i te sti ma che sono riproduzioni di me lodie avuto il pregio di promuovere l’a ttenzione per la musica
già edite da Pitrè, Avolio, Salomone Mar ino e Frontini; siciliana (popola re e culta) a nche al di fuori dei conf ini
ricordia mo a esempio: Girola mo Ragusa M oleti (1887a, regionali.
1887b, 1892, 1893); Leopoldo Mastrigli (1891); Maria 7
Diverse fasole sono state trascritte da Favara, in for-
Pitrè (1893); Giuse ppe P ater nò C astello ( 1905) . Tra ma sia di canzone a ballo sia di danza strumentale (cfr. Fa-
questi spicca il volumetto dato alle stampe a B ologna vara 1957: II, nn. 815, 1049, 1050) e una l’aveva annotata
dal musicografo Leopoldo M astrigli che, se pure esclu- anche Meyerbeer (cfr. Bose 1993: 124-125).
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i demologi
tubbiana (1907). Particolare importanza riveste E ora, cu’ mi li ricogli li chierchi pu’?
infine il saggio dedicato alla tradizione delle E ora, cu’ mi li pasci sti figlioli pu’?
prefiche (1886), che viene indagata attraverso ……………………………………
un’ampia comparazione tra documenti storici e Ahimè! cu’ cci la porta la nova a la Chiana?
resoconti etnografici. Tra le pratiche di lamenta- Ahime! cu’ mi li avvisa li parenti?
zione funebre direttamente attestate in Sicilia dai E cu’ ti chianci, maritu miu, pu’?
demologi, valga ricordare quanto lo stesso Salo- E cu’ ti chianci e t’accumpagna pu’?
mone Marino osserva nel 1856 a Borgetto, in E cu’ ti veni supra la fossa pu’?
circostanza della morte di un mulattiere di Piana Ahimè! comu finisti, maritu miu! Ahimè!
degli Albanesi impiegato presso la sua famiglia:
E di questo passo la infelice continuò tutta la
Non appena egli ebbe mandato l’ultimo spiro notte. Ad ogni verso, strappavasi una ciocca de’
(che fu dopo l’ave), ecco la sua moglie che, bacia- capelli e deponevala sulle mani e sul petto del
tolo in bocca, esce di casa, e ad una ad una fassi caro estinto; tantoché la mattina seguente fu vi-
ad invitare le vicine, acciocché tutte l’aiutassero a sta con radi e corti peli al capo, quando, il dì in-
piangere lo sposo. Nel frattanto, venuto il catalet- nanzi, lunghe trecce l’adornanvano. Alla fine di
to, ella stessa rivestì degli abiti nuovi il già ripuli- ogni verso ripeteva quasi sempre quel pu’, che,
to cadavere; stese una candida coltre sul cataletto, se non è abbreviato da puru (ancora), io non so
e su questo ella prima si adagiò, e poi, levatasi, cosa significhi [1886: 42-43].
adattovvi convenevolmente il marito. Quindi, co-
pertasi di lungo manto, disciolse le chiome, e in Da questa descrizione emerge chiaramente
piedi dapprima e poi seduta pres so alla bara, l’articolaz ione strutturale della lamentazione
piegò il capo sull’esamine corpo e mise a gridare, funebre, caratterizzta dall’alternannza tra fasi
a percuotersi, a strapparsi i capelli. Scorso alcun parossistiche e fasi formalizzate (cfr. De Marti-
tempo di questo primo impeto, cominciò un pian- no 19752 ). Con uguale efficacia viene reso l’ap-
to più misurato, più monotono, più umano, e diè il parato gestuale-espressivo e il formulario tema-
principio ad una cantilena lamentevole, interrotta tico del lamento. Manca invece la trascrizione
ed accompagnata sovente da un ohimè desolatissi- musicale della “nenia”, un genere di canto (rè -
mo. La nenia era in lingua siciliana; solo due o tre pitu, chiantu, trìulu) che verrà in seguito anno-
stanze ripetè la donna in greco-albanese, nelle tato su pentagramma da Ferrara (1908: 49-51) e
quali (come poi ci fu dichiarato) diceva al morto, da Favara (1957: II, 325-329; ESS. MUS. 34-35).
che per parte sua salutasse il padre e gli altri con- Nulla sappiamo riguardo all’autore delle tre
giunti del mondo di là; che facesse buon viaggio; trascrizioni incluse nel breve articolo dedicato al
che non dimenticasse di venire alcuna volta a vi- folklore di Caltagirone (1895). Si tratta di una
sitare i suoi di qui, che così derelitti lasciava. ninna-nanna e di due canzuni di ambiente conta-
Quel che ho ritenuto della cantilena siciliana sono dino, laconicamente presentate come «lente, mo-
i seguenti versi, che fedelmente trascrivo: notone, meste cantilene, quasi sempre in modo
minore» (ESS. MUS . 8-10). In realtà i tre brani, ac-
Ahimè, comu sbalancau la me’ casa! comunati da un sol minore tonale in chiave, pre-
Comu cadiu e nun surgi cchiù sta culonna! sentano evidente impianto modale (ipodorico).
E ora, cu’ mi lu porta lu pani pu’? Così come le indicazioni di metro (4/4 per la
E ora, cu’ mi li simina li favi pu’? ninna-nanna e per la seconda canzuna, 3/4 per la
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terza canzuna) tendono a regolarizzare la struttu- mente la sera delle domeniche, e più frequen-
ra metrica libera che invece caratterizza l’ese- temente durante la Settimana Santa.
cuzione di questo genere di canti. Tali insuffi- Nel Giovedì Santo, poi, non si smette di ripe-
cienze semiografiche risulta no d’altronde co- terla continuamente, da mane a sera, sino a che
muni anche alle altre trascrizioni riscontrabili non ha fine la processione dei Misteri.
nella letteratura demologica, e si manifestano Bastano poche persone per l’esecuzione di
in modo più sensibile proprio quando il reper- questa cantilena così semplice nella fattura.
torio documentato non è quello tipico dell’am- Uno dei cantatori, che ha la pretesa di farla da
biente artigiano cittadino (come già osservava prima vuci, intona il canto, ed entusiasmandosi
Carpitella in ordine alle melodie pubblicate da del le modulazioni della sua voce, va in vi-
Pitrè). Va comunque in questa circostanza ri- sibilio. Il suo caratteristico atteggiamento tien
marcata la scelta di tre canti di autentica matri- desta l’attenzione degli astanti, ha quasi sempre
ce contadina per illustrare la tradizione musica- alta la testa, che dimena a destra o a sinistra, a
le del territorio calatino. seconda le cadenze della cantilena; gli occhi e’
Un posto di rilievo tra i demologi merita tien sempre semichiusi, o completamente chiusi
Michele Alesso, insegnante e studioso di storia durante il canto, e qualche volta li rivolge al
patria che descrive in diversi volumi il com- cielo o agli astanti, mentre appoggia la mano
plesso delle tradizioni popolari di Caltanisset- alla guancia destra o alla sinistra, per dar mag-
ta, sua città natale (1903, 1915, 1916, 1917). gior forza al la voce. Quando ha terminato di
Costanti sono in questi scritti i riferimenti agli cant are le p a r t i, piega lentam ente il capo e
eventi musicali, tra cui spicca la bella descri- prende un atteggiamento pensieroso, forse per
zione degli usi relativi ai tamburi con impiego richiamare alla memoria le strofe susseguenti.
di formule onomatopeiche per rappresentarne i Egli viene coadiuvato da un altro individuo,
diversi ritmi (1915: 36-39). Nell’opera dedica- detto contravuci, il quale canta sempre in terza,
ta ai riti del Giovedì Santo (1903) vi è poi un con rimarcata dissonanza, che spicca fra il pro-
intero capitolo rela tivo a l canto della ladata, lungato accordo corale.
che contiene anche una trascrizione musicale Tre, quattro, o più altri cantatori, infine, co-
eseguita dal maestro Giuseppe Alù (all’epoca stituiscono la massa corale (cor u d’accumpa -
direttore della banda municipale di Caltanis- gnamentu), i quali cantano sempre in accordo
setta). La testimonianza riveste particolare va- corale di pochis sime note tenute e cadenzali
lore in quanto si tratta della più completa atte- [1903: 211-212].
stazione storica di canto polivocale “ad accor-
do” ra pportato al contesto della Settimana Alesso trascrive – «dalla viva voce di un tal
Santa in Sicilia: Michele Polizzi, volgarmente c onosciuto c ol
soprannome di Micheli Pipa» – l’intero testo
Questa melodia, s enza ritmo, comincia da della ladata (o lamintanza), c orredandolo di
noi a cantarsi, sin da’ primi giorni della Quaresi- note illustrative e riscontri con una variante di
ma, da certi gruppi di contadini o di zolfatai, i Resutta no pubblic ata da Pitrè (1870-71: I I,
quali si mettono a crocchio ne’ quadrivi, nei cro- 362-377). Riporta inoltre le strofe eseguite da
cicchi, nelle bettole, dietro le porte delle chiese, altre comitive di ladanti accorrenti dai paesi li-
o sotto qualche cappelletta. Si ripete, altresì, du- mitrofi (Canicattì, Serradifalco, Marianòpoli,
rante tutto il tempo della Quaresima, s pecial- Vallelunga, Pietraperzìa) e, infine, la trascrizio-
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i demologi
ne musicale del canto (ES . MUS . 11). L’attenzio- Se si considera che questi peculiari tratti strut-
ne investe quindi ogni livello della messa in turali non emergono affatto dalle altre notazioni
forma della ladata. Oltre alla meticolosa edi- musicali delle ladate di Caltanissetta, sia anti-
zione del testo (quarantasei ottave endecasil- che (cfr. Favara 1957: II, 391-395) sia recenti
la be ) e alle osservazioni relative al contesto (cfr. Macchiarella 1995: 45-47), possiamo forse
(luoghi, tempi e protagonisti dell’evento mu- supporre che la tra scrizione del mae stro Alù
sicale), sorprende soprattutto l’accurata descri- a bbia riguardato una parti (strofa melodica)
zione delle modalità esecutive. Non solo viene eseguita da una comitiva di ladanti di Resutta-
indica ta l’a rticola zione del canto secondo le no, giunti per il Giovedì Santo a Caltanissetta
denominazioni dialettali (prima vuci, contravu - su committenza di un “ceto” o per raccogliere
ci, coru d’accumpagnamentu), ma vi è anche elemosine, secondo le usanze riferite da Alesso
specifica considerazione per gli aspetti pros- (1903: 213).
semici (disposizione del gruppo dei cantori) e Sempre al repertorio della Settimana Santa
cinesici (mimica facciale e gestualità del soli- appartengono le trascrizioni musicali di quattro
sta ). La nota zione music ale a ppare norma- canti riportate in appendice a un articolo di Ful-
lizzata in un ritmo di 4/4 (nonostante Alesso in- vio Stanganelli (1929: 221). L’autore – la cui at-
dichi «senza ritmo»), sommaria nella resa dei tività di folklorista è circoscritta ad alcuni con-
melismi e con la parte corale trascritta un’otta- tributi riguardanti feste, credenze e proverbi di
va sotto a quella che doveva essere l’altezza Còmiso – si occupa in questa circostanza delle
reale (a eccezione del bicordo di ottava segnato “trenodie” eseguite in chiesa dalle donne davan-
nella nona misura). Va in compenso apprezzato ti ai sepulcri (sepolcri) per la veglia del Giovedì
il tentativo di restituire il fraseggio attraverso Santo: quattro canti narrativi e due “rosari della
corone puntate, note tenute e indicazioni come Passione”. L’assenza di specifici riferimenti alle
lungo sulla cadenza terminale e pausa a piace - trascrizioni musicali induce a ritenere che esse
re tra il primo verso e il secondo (in confor- non siano state realizzate da Stanganelli, il quale
mità alla prassi comune per questo genere di si limita a segnalare un aspetto dell’esecuzione:
canti). La struttura musicale risulta chiaramente «il coro, dove non ha dei versi a lui assegnati, ri-
riconducibile a quella del canto polivocale “ad pete il secondo distico della quartina cantata dal-
accordo”: voce solista che svolge la melodia e la capo coro» (1929: 213, nota). Egli precisa
parte corale che realizza accordi in coincidenza inoltre che il ‘mistero’ del primo rosario e i pri-
della cadenze intermedie e finali. In questa cir- mi tre canti (Maria passava ri na strata nova,
costanza la parte corale è ridotta a una succes- Orologio della Passione, Lu vènniri matinu a
sione di bicordi di ottave, interpretabile come gghiornu ciaru) venivano tutti intonati sul me-
sequenza di “accordi” sul primo e sul quinto desimo motivo musicale (trascrizione 2), mentre
grado della scala ( DO/SOL). Una analoga solu- diversi erano i motivi del Dialogo tra Gesù e
zione ar monica è stata difatti individuata e Maria (trascr. 1), della ‘posta’ del primo rosario
analizzata da Ignazio Macchiarella (1995: 49- (trascr. 3) e del secondo rosario (trascr. 4). Ri-
50) in una ladata registrata da Elsa Guggino a guardo alla qualità delle trascrizioni, vale quanto
Resuttano nel 1972 ( ES. MUS. 12). L’analogia già espresso in ordine alla normalizzazione della
tra i due canti è inoltre rafforzata dall’atipico struttura ritmica e alla resa dei melismi. Due
incipit che in entrambi i casi presenta l’arpeg- melodie, la prima e la terza, presentano impian-
gio dell’accordo di tonica in secondo rivolto. to modale (ipodorico), sebbene il trascrittore se-
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gni in chiave tonalità minori; la forma mono- Va infine ricordata la trascrizione del ritmo
stica della terza melodia ( ES. MUS. 15), con il del ballo del tataratà inclusa da Bianca Maria
quinto grado ribattuto come corda di recita, ade- Galanti nel suo studio relativo alla “danza della
risce bene alla tipologia dei rosari cantati (cfr. a spada” in Italia (1941). La trascrizione ( ES. MUS .
es. Tomasello 1992). La quarta melodia presenta 17) – di cui non è indicato l’autore – riguarda il
invece carattere chiaramente tonale (maggiore principale modulo ritmico prodotto da tamburo
con modulazione in minore nella frase conclusi- e “scimitarre” per accompagnare il ballo ceri-
va) e rispecchia l’andamento di certe canzonette moniale eseguito a Casteltermini durante la fe-
religiose di tradizione più recente. L’interesse di sta della santa Croce (cfr. Pasqualino–Vibaek
questa docume nta zione è acc resciuto dalla 1981). Il ritmo riportato è somigliante a quello
possibilità di confronta re la seconda melodia tuttora in uso (cfr. Bonanzinga 1995b: 23-25),
(quella adattabile a più testi) con la trascrizione ma il merito della Galanti è stato soprattutto
eseguita da Paul Collaer del “lamento” del Ve- quello di considerare una forma coreutica atte-
nerdì Santo (Maria passa ri na strata nova) re- stata in Sicilia nel più ampio quadro delle danze
gistrato a Còmiso nel 1955 (cfr. Collaer 1981: “armate” riscontrabili nel territorio italiano.
II, 70) 8. A parte l’irrigidimento del ritmo in bar- Tra i demologi che pur non includendo nota-
re di misura e l’assenza dei melismi in cadenza, zioni su p entagra mma ne i loro sc ritti c on-
la trascrizione pubblicata da Stanga nelli ( ES. tribuirono con testimonianze dirette alla cono-
MUS. 13) congruisce con quella di Collaer ( ES. scenza della musica popolare in Sicilia, vanno
MUS. 14) per il tipico impianto melodico, inter- almeno menzionati: Serafino Amabile Guastel-
pretato da quest’ultimo come esempio di transi- la , spec ia lmente pe r i la vori sul Carne vale
zione stilistica tra modalità (tetracordo inferiore (18761 , 1887 2) e sulle ninne-nanne (1887) della
frigio) e tonalità minore (con cadenza terminale Contea di Modica; Fortunato Mondello, per il
ascendente appoggiata sulla sensibile). volume sulle feste e gli spettacoli popolari di
Tre sono le notazioni musicali pubblicate da Trapani (1882); Sebastiano Salomone, per i ca-
Salvatore Lo Presti nel suo saggio sulla pesca pitoli di interesse etnografico nei lavori dedicati
nel golfo di Catania (1934-36): un canto impie- alle provincie di Siracusa, Catania e Messina
gato per tirare le reti annotato dal maestro Gio- (1884, 1886, 1888); Giuseppe Schirò, per le
vanni Pennacchio e due richiami di pesciven- consistenti antologie dei canti tradizionali dei
doli trascritti dal musicista catanese Ga etano paesi albanofoni (1890, 1923); Francesco Pulci,
Emanuele Calì (cfr. infra) 9. Importanza docu- per i contributi sugli usi popolari di Caltanisset-
mentaria riveste specialmente il ritmo di pesca- ta relativi al lavoro dei contadini (1895) e degli
tori – discretamente reso nella trascrizione (ES. zolfatai (1899) e ai riti della Settimana Santa
MUS. 16) – considerata l’assenza di ulteriori at- (1898); Cristoforo Grisanti, per i due volumi ri-
testazioni per l’area catanese. guardanti il folklore di Isnello (1899, 1909);
8
La registrazione è stata effettuata nel corso di una ri- richiami di pescivendoli, ma apprendiamo trattarsi di Calì
cerca promossa dal Centro nazionale studi di musica po - poiché que sti ve nnero ripubblicati da Pra tella nel 1941
polare (CNSMP), annesso all’Accademia nazionale di San- (cfr. infra). Segnaliamo che l’attività demologica di Lo
ta Cecilia e alla Discoregistroteca centrale della RAI (cfr. Presti si è protratta fino ai primi anni Sessanta e che diver-
Nataletti 1970). si suoi scritti sono corredati da melodie annotate da musi-
9
Lo Presti non indica il nome del trascrittore dei due cisti catanesi (cfr. in particolare Lo Presti 1959 e 1963).
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i demologi
Lamberto Loria, per la monografia etnografica Rubino, soprattutto per il volume sul folklore di
su Caltagirone (1907) e per la raccolta di alcuni San Fratello (1914a) e per una serie di articoli
strumenti musicali – uno scacciape nsieri, un sui canti dei contadini e dei pesca tori (1923,
tamburo-giocattolo, tre tamburelli decorati, un 1924), sui rituali festivi (1914b, 1919, 1921a) e
flauto di canna, una tromba di conchiglia – e di sui mestieri di strada (1921b, 1925, 1930); Vito
numerosi fischietti di terracotta oggi conservati Graziano, per la preziosa documentazione delle
presso il Museo Nazionale delle Arti e Tradizio- tradizioni di Ciminna (1935). A questi possiamo
ni Popolari di Roma (cfr. Simeoni–Tucci 1991 e aggiungere il nome di Giuseppe Cocchiara, che
Piangerelli 1995); Louise Hamilton Caico, per il ai canti popolari siciliani dedica diversi scritti
suo resoconto dei costumi popolari nel territorio giovanili (1923, 1925, 1927) e opera una fra le
di M onte dor o, co rr eda to d a n otev ole do- prime sintesi dei caratteri della poesia popolare
cumenta zione fotografic a (1910); Benedetto italiana con attenzione ai testi musicali (1929).
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1
L’antologia di Frontini fa parte di quella che sarà la
più celebre collana editoriale del genere: gli “echi” delle va-
rie regioni d’Italia pubblicati a Milano da Ricordi.
2
Si segnalano anche gli arrangiamenti di canti sicilia-
ni riscontrabili in alcuni “canzonieri” pubblicati in Dani-
marca (Berggreen 1866), negli Stati Uniti (Marzo 1904) e
in Germania (Möller s.d.), che riproducono materiali già
editi e/o canzoni d’autore.
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svariati testi di educazione musicale; canti sici- esame. Convinto com’è delle s ue possi bilità,
liani compaiono a esempio nei volumi di Euge- della sua cultura e del suo senso estetico, egli
nia Le vi (1894 , 1906 ), E lisa betta Oddone vuol collaborare per forza con l’anonimo im-
(1925), Michele Pachner (1925), Andrea Della provvisatore, offrirgli la sua protezione, ripulirlo
Corte e Giuseppe I. Rostagno (1924-26). e presentarlo al pubblico imbellettato e vestito
Salvo rare eccezioni, siamo in presenza di alla moda, dividendo con lui gli onori del pro-
materiali scarsamente rappresentativi, dove si scenio [1936: 120-123].
trovano mischiati canti popolareschi diffusi tra
i ceti medi cittadini, composizioni d’autore che Le considerazioni di Caravaglios pongono
riecheggiano motivi popolari oppure elabora- implicitamente in evidenza il condizionamento
zioni (per voce e pianoforte o per esecuzione subito da questi musicisti, che solo in qualche
corale) stilisticamente distanti dai moduli del caso seppero assumere i metodi e gli obiettivi
canto tradizionale. Riguardo a questo tipo di di una solida etnografia musicale. Per la Sicilia
edizioni valga ricordare il giudizio di Cesare spicca soprattutto l’esempio di Favara (che nel-
Caravaglios, uno fra i primi studiosi a delineare l’elaborazione dei ca nti popolari fu il solo a
un profilo storico degli interessi per il folklore tentare di mantenere gli originari caratteri stili-
musicale in Italia: stico-strutturali), ma un certo interesse presen-
tano alcune elaborazioni di Frontini (specie
Si tratta, com’è noto, di volumi nei quali so- quelle dei canti religiosi) e, in misura minore,
no riprodotte le melodie popolari delle maggiori di Pastura che arriva a proporre un confronto
regioni d’Italia, volumi che dovrebbero essere tra arrangiamento e trascrizione di un canto da
considerarti definitivi per lo studio del nostro lui stesso raccolto (1940: 92-102) 3 .
canto popolare, ma che, purtroppo, non hanno Frontini e Calì annotarono anche alcune
alcun valore per lo scienziato in quanto redatti a melodie pubblicate nei lavori di Lo Presti e di
fine strettamente artistico, come dimostrano i ri- Francesco Balilla Pratella (cfr. infra), mentre
vestimenti armonici appiccicati alla melodia, ri- Favara e Pastura scrissero, come si vedrà, sva-
vestimenti che il più delle volte sono ricercati e, riati saggi e articoli di contenuto propriamente
quindi, non aderenti, né rispondenti al carattere etnografico-musicale. Tra i musicisti siciliani
popolare dei componimenti, i tentativi di poli- che rac colsero e pubblicarono canti popolari,
fonia, i cambiamenti di tonalità, i ritocchi, tal- vanno inoltre ricordati Giuseppe Rametta Ga-
volta anche profondi alla melodia, ecc. […]. Il rofalo, Gaetano La Corte Cailler e Corrado
musicista raccoglitore, in genere, non ha l’altrui- Ferrara. Nel contesto degli studi di etnografia
smo di dare tutto il merito del canto che racco- musicale vanno inoltre considerati i lavori de-
glie all’anonimo improvvisatore, al quale do- dicati alle tra diz ioni musicali delle comunità
vrebbe rendere omaggio solo trascrivendo, il più albanofone da Ugo Gaisser (1905) e Francesco
fedelmente possibile, il canto che porta al suo Falsone (1936), sulla scia di quanto già aveva
3
Il complesso di questa produzione può d’altronde spettacoli classici al Teatro Greco di Siracusa del periodo
inquadrarsi nell’ottica di un antesignano revival folklori- 1920-1940 (Ettore Romagnoli). Per un’analisi dei rapporti
co-musicale che ebbe i suoi riflessi tanto nel melodramma tra “musicisti e popolo” nell’Italia romantica e moderna,
romantico (Vince nzo Bellini) e verista (Alf redo Casella, cfr. in particolare Carpitella 1992.
Giuseppe Mulè) qua nto ne lle colonne sonore di tanti
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i musicisti
realizzato Schirò limitatamente ai testi poetici revoli scritti dedicò attenzione anche a qualche
(cfr. supra) 4 . aspetto della musica popolare della sua città. A
Il musicista e letterato siracusano Giuseppe parte una preziosa testimonianza riguardante le
Rametta Garofalo è ricordato per un ampio sag- musiche eseguite dagli zampognari messinesi
gio sui “canti popolari siciliani” (1895), che non per la novena di Natale (1906) 5 e la trascrizione
si discosta dagli schemi di una certa demologia della canzonetta antiborbonica pubblicata da
romanticheggiante. Gli esempi musicali che egli Salomone Marino (cfr. supra), va particolar-
pubblica (1895: 290-299) sono due canzuni con- mente se gnalato l’a rticolo dedicato alla ma-
tadine rielaborate per voce e pianoforte (2. Spec - schera carnevalesca del Sciuri di pipi, equiva-
ciu ri l’uocci miei, cioè il canto già edito da Avo- lente a quella dei “Pulcinelli” palermitani (cfr.
lio; 3. Susiti bedda susiti matinu) e un ritmo di infra). L’autore riporta anche la trascrizione del
marinai per virare l’argano (1. Celesma o celeu - modulo musicale impiegato dai Sciuri di pipi
ma). Quest’ultimo – adeguata mente illustrato per improvvisare rime rivolte agli astanti o per
dall’autore – costituisce un’importante attesta- affrontarsi tra loro in estemporanee sfide poeti-
zione dei ritmi di lavoro praticati in ambiente che, ponendo in evidenza la trasformazione rit-
marinaro nella Sicilia orientale ( ES. MUS . 7): mica che occorre a seconda che gli “stornelli”
presentino incipit quinario (ES . MUS. 19a) o en-
I marinai trovano un potente ausiliario nel- decasilabo (ES . MUS. 19b):
l’antichissimo «celesma» o «celeuma», ancora in
uso, col quale si animano a remare, a tirare le reti, Il Sciuri di pipi […] aveva un vestito che ri-
a varare le barche, e resistono alle grandi fatiche. cordava il Seicento: indossava in forma di blouse
Quando tirano la catena o la fune col «vinciu» una semplice camicia bianca stretta ai fianchi da
[dall’inglese winch, argano] (binda), specialmente un largo nastro rosso, preparato generalmente dal-
nei lavori del cavafango, vi è uno di essi che ripe- la fidanzata, fermato da una grande nocca pen-
te la cantilena lamentevole, detta «celesma», fin- dente al fianco sinistro. Ad armacollo, recava un
ché dura il lavoro fatto a rigor di tempo, per avere largo fazzoletto a colori, ed alle braccia gli penzo-
una forza maggiore, uguale e continua. lavano molti nastri. Una mutanda da donna, con
Il colpo cadenzato della catena serve di ac- merletti, fungeva da calzoni; ai piedi, scarpine
compagnamento per completare il ritmo. L’ef- con fibbie; lunghe le calze, e coperto il capo da un
fetto della cantil ena monotona, ch’esprime lo largo berretto bianco alla spagnuola, tutto a pie-
sforzo di tante braccia muscolose, avvezze a sol- ghe e nastri varipinti; il viso era per metà nascosto
levar pesi immani, è potente [1895: 283]. da una maschera nera, come quella del Pulcinella.
Durante la baldoria del Carnevale, la ma-
Più difficilmente inquadrabile è il contribu- schera suddetta, col bravo liuto al collo, percor-
to del me ssine se Gae ta no L a Corte Ca iller, reva le vie più popolose della città, accompagna-
compositore di sca rsa fortuna ma apprezzato ta da un suonatore di violino, vestito però secon-
cultore di storia locale, che nei suoi innume- do i costumi del tempo, col berretto e poi con la
4
Tra il 1951 e il 1953 questi studi verranno ripresi cilia è in corso di elaborazione una dissertazione di Dotto-
con aggiornata metodologia da Ottavio Tiby, nell’ambito rato da parte di Girolamo Garofalo.
delle attività prom osse dal CNSMP (cfr . Natale tti 1970). 5
Per una più prec isa valutazione, cfr. B onanzinga
Sulle tradizioni musicali delle comunità albanofone di Si- 1993 (pp. 67-68).
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tuba tanto in voga sin quasi allo scorcio del se- Quindi il suonatore di violino si scopre il ca-
colo XIX. Fermo in mezzo alla calca, il brioso po e col berretto o la tuba in mano raccoglie tra
cantore annunziava che si sarebbe ispirato al fio- gli spettatori dai balconi, tra gli astanti e tra le
re del caustico peperone (sciuri di pipi) ed ini- vicine botteghe, la mancia [1926: passim].
ziava i suoi stornelli col tradizionale saluto car-
nevalesco alla donna: La Corte Cailler raccolse anche alcuni mo-
tivi popolari rimasti inediti 6 . Questi materiali
Sciuri di pipi. non ebbero tuttavia alcuna trattazione sistema-
Sugnu ntra l’acqua e moru di la siti, tica, sicché Messina continuò a restare “ are a
A vostra soru mi la salutati. scoperta” sotto il profilo della documentazione
etnomusicale.
[…] Nel caso di Corrado Ferrara siamo vicever-
La maschera quindi, adocchiando qualcuno sa di fronte a uno dei “pionieri” della ricerca et-
fra i presenti del quale conosceva qualche difetto nomusicologica, non soltanto siciliana (cfr. Uc-
o debolezza, con satira fine cominciava a snoc- cello 1966 e Carpitella 1972). Ferra ra studiò
ciolare stornelli estemporanei all’indirizzo di musica sotto la guida del padre – direttore della
quello, facendo sganasciare dalle risa tutti gli banda musicale di Noto – e assunse in seguito la
astanti. – Avveniva sovente poi l’incontro di due direzione del complesso bandistico di Canicatti-
Sciuri di pipi, ed allora si sfidavano ad un duel- ni Bagni, dove si era trasferito nel 1903. Il musi-
lo, a botte e risposte estemporanee […] cista fu attento osservatore delle tradizioni del
[…] suo paese e ne raccolse le “impressioni” in due
Uno dei due finalmente è stanco, si dà per volumetti: La musica dei vanniaturi o gridatori
vinto e cede il campo all’altro: di piazza notigiani (1896); L’ignota provenienza
dei canti popolari in Noto (1907). Le due pub-
A mmenzu ’u mari c’era un piscistoccu: blicazioni assommano settantasette trascrizioni
Non pozzu cantari cchiù, chi sugnu stancu, musicali relative a canti di carrettieri e contadi-
E canta me cumpari funcia i porcu. ni, ninne-nanne e ritmi infantili, lamenti funebri,
novene degli orbi, musiche strumentali, richiami
Ma, a questo punto, il primo verso non corri- di venditori e di artigiani itineranti. Questi lavori
sponde più al metro musicale, ed allora il cantante sono segnati da un minuzioso descrittivismo di
allunga la prima fase e trasforma le prime quattro ispirazione naturalista e, pur non offrendo l’am-
battute di tempo 6/8 in tre battute di tempo 9/8. piezza problematica e documentaria dell’opera
Così canta anche nel licenziarsi dal pubblico: di Favara, rappresentano un prezioso quanto ra-
ro tentativo di ricerca a carattere monografico.
Iò sugnu ciciraru e vinnu cìciri, In un clima culturale ormai permeato da orienta-
Tutti li cosi mei li fazzu fàcili; menti positivistici, Ferrara seppe contribuire al
Iò mi nni vaju e vi dicu: Benediciti! superamento dell’egemonia letteraria nello stu-
[…] dio del canto popolare, ponendo in rilievo l’im-
6
Si tratta di cinque canti (tre canzonette, una novena conservati presso l’Archivio Storico del Comune di Mes-
di Natale e un ‘contrasto’ sul tema del “frate confessore”) sina (per l’inventario del fondo musicale, cfr. Crea 1980).
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i musicisti
portanza della trascrizione musicale quale stru- errori, ma deve convenire con me però che ciò è
mento d’analisi. Significativo è a esempio il mo- prodotto da un tentativo che, spero, darà ottimi
do in cui il musicista riflette sulle difficoltà di frutti [1907: 20].
re nde re gra fic amente lo stile voca le del r i-
chiamo di un venditore ambulante: La sensibilità per le strutture della musica
di tradizione orale e l’attenzione al “paesaggio
Il pianoforte e tutti gli strumenti a fiato diffi- sonoro” dell’ambiente popolare (feste, cerimo-
cilmente possono darci la fedele esecuzione della nie, lavoro, riunioni c onviviali ec c.) com-
volubile vanniata del frascaiuolo [ES. MUS . 20]. pensano ampiamente l’evidente inclinazione
Quel frammento di scala, scritto com’è, è vera- romantica del giudizio e il punto di vista pater-
mente un frammento di scala; ma in bocca del nalistico di certe osservazioni:
frascaiuolo diventa una rapida successione di note
inseguentisi una dopo l’altra, con tale sfumatura Piuttosto fo notare che, per la vanniata delle
che non può essere rappresentata da una scala o ricotte, ci sono diversi canti. A me è piaciuto
eseguita da uno strumento. La voce ha dei segreti, questo qui soprascritto [ES . MUS . 22]. […] La
delle movenze che non può avere né il pianoforte frase da me trascritta, tanto per tornare a bom-
né uno strumento a fiato. […] Quanto al violino, ba, è piacevole sentirla s ulle purpuree labbra
il dito, strisciando sulla corda, passa per le più d’una gaia fanciulletta; giacché ci sono anche
piccole gradazione del suono, ciò che non può fa- dei pecorai che vannianu le ricotte. – Ma saltan
re uno strumento a fiato o un pianoforte, i quali fuori con una frase secca, screanzata, sgradita
possono bensì far sentire – nettamente – tutte le così… che io li schiaffeggerei se le loro van -
note di una scala semitonata, ma non hanno modo niate non fossero vinte dall’agile frasettina che,
di sfumare, direi quasi, gl’intervalli, le gradazioni una delle tante figlie del popolo, manda fuori
del suono, tra una nota e l’altra [1896: 23]. dal suo scrignetto con tale modulazione, tale un
gusto superlativo, da incantare [1896: 32].
Que ste lineari cosideraz ioni potre bbero
esemplificare l’alterità stilistica del canto popo- Beati i contadini! Nella loro ignoranza non
lare anche in un seminario universitario dei no- hanno mai l’anima commossa da passioni ino-
stri giorni. Il superamento degli abituali canoni culate da una lettura di romanzo o di poesia ero-
semiogra fici e me rge ancora più chiaramente tica sentimentale. Gli amori sono per loro il bi-
nelle valutazioni espresse in ordine alla trascri- sogno imperioso che allo stato molto primitivo,
zione del canto di carrettiere che apre il volume si manifesta in loro di avere una donna […]. I
del 1907: nostri contadini, adunque, fanno sentire alta-
mente il loro amore là, in campagna, al tempo
Non ho messo al principio del rigo musicale della festevole messe, della raccolta di mandor-
alcun tempo, né tantomeno ho imprigionato in le e di carrubbe, della poetica vendemmia, del-
misure il motivo, per meglio seguirlo nella sua l’allegra raccolta di ulive, ignari d’un mondo
libera evoluzione e nel suo ritmo naturale [ES. falso, ingannevole in cui le maschere non si de-
MUS . 21]. pongono nemmeno nel sogno [1907: 23].
La traduzione è scritta con un modo proprio Quelli che noi chiamiamo suonatori ambulan-
tutto mio. ti, altrove vengono chiamati uorivi (orbi). I nostri
Un Maestro di musica vi troverà subito molti suonatori ambulanti non sono del tutto ignari di
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musica, ma nella gerarchia dei suonatori o pro- sta nel 1914 e andata in scena alla Scala di Mi-
fessori di musica, essi occupano il posto più umi- lano nel 1918. La composizione di Urania sca-
le e quindi, per tradizionale abitudine, vengono turì dall’interesse di Favara per gli scritti di
chiamati uorivi, cioè ciechi in fatto di musica o, Friedrich Nietzsche (specialmente La nascita
più propriamente, orecchisti ignoranti. […]. I lo- della tragedia, 1876) e quindi, in campo musi-
ro strumenti sono un violino e un violoncello; co- cale, dall’opera wagneriana: orientamenti mol-
lui che suona quest’ultimo strumento la fa, inol- to distanti dal naturalismo e dal verismo allora
tre, da cantante [1907: 81-82; ES. MUS. 25]. dominanti nel teatro musicale italiano. Le sug-
gestioni nietzschiane spinsero Fava ra ad ap-
Adess o trascrivo il canto di un ragazzetto profondire lo studio dell’antichità classica e del
[…] che guadagana forse più degli altri venden- rinascimento, nonché a indirizzare le ricerche
do zolfanelli […]. Non è lui solo che vende zol- sulla musica popolare siciliana. Queste si svol-
fini e vannia in tal guisa [ES. MUS . 23]. Son tanti sero fra il 1896 e il 1923, ma ebbero carattere
questi scarafaggi che si han sempre tra’ piedi e di continuità soltanto dal 1898 al 1905 poiché
che vi importunano [1896: 44]. Favara non venne in alcun modo sostenuto dal-
le istituzioni nella sua iniziativa. Egli tuttavia
Corrado Ferrara morirà nel 1909 all’età di riuscì ugualmente a svolgere un imponente la-
quarantotto anni, senza avere il tempo di affina- voro di documentazione della musica tradizio-
re ulteriormente i suoi metodi e di ampliare il nale nella Sicilia nordoccidentale, come attesta-
suo “pionieristico” progetto di etnografia musi- no le oltre mille notazioni che compongono il
cale. Un progetto che con maggiore intensità e suo Corpus di musiche popolari sicilane (sotto-
sistematicità sarà invece perseguito da Alberto posto a revisione critica e dato alle stampe a
Fava ra, sic uramente la figura dominante di Palermo, per la cura di Ottavio Tiby, soltanto
questo settore di ricerca in Sicilia e in Italia nel 1957). Tale Corpus rappresenta il massimo
(congiuntamente al sardo Giulio Fara) 7. esito scientifico fra le raccolte di documenti et-
Favara nacque a Salemi ma visse soprattut- nico-musicali realizzate in Italia senza l’uso di
to a Palermo dove si recò per studiare musica al strumenti per il rilevamento sonoro.
Conservatorio. Si perfezionò in composizione Nel complesso dei suoi scritti Favara affronta
al Conservatorio di Milano e dal 1895 tornò co- gli aspetti fondamentali dello studio della musica
me docente al Conservatorio di Palermo, tenen- popolare. Le questioni teoriche, dove viene posta
do dal 1897 la cattedra di Composizione e svol- in rilievo la dimensione mitica dell’espressività
gendo mansioni di direttore incaricato dal 1911 popolare come esito di una primigenia “emozio-
al 1913. Parallelamente agli impegni didattici nalità” che ha sede nell’inconscio collettivo, ri-
eserc itò l’a ttività di compositore e quella di sentono del pensiero irrazionalista:
musicologo. Sua opera più significativa è Ura -
nia (melodramma in tre atti su libretto di Ugo Per comprendere intimamente il canto popo-
Fleres), composta tra il 1891 e il 1894, ma rivi- lare, noi dobbiamo anzitutto semplificare il no-
7
Per la vicenda biografica di Favara, cfr. Samonà Fava- 1954-56; Carpitella 1961, 1968 e 1972; per un’analisi com-
ra 1971; per gli aspetti connessi alle ricerche di musica popo- plessiva dell’attività di compositore e ricercatore, cfr. Cara-
lare in una prospettiva storico-critica, si vedano: Cocchiara pezza 1980; riguardo all’esperienza didattica, cfr. Ziino 1980.
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stro spirito, spogliandolo dalle complicate abitu- Mito ed arte popolare si equivalgono; il po-
dini del la musica m oderna. Liberiamo per un polo non ha altro linguaggio, e con esso fissa e
momento il fenomeno artistico da tutti i suoi vi- tramanda le sue intuizioni.
luppi, i paludamenti, i fregi e le gioie che lungo […]
il tempo gli si sono addossati per adornarlo; via L’arte del popolo non ha regole, né può aver-
le seduzioni del timbro, via la ricca e stupenda ne, perché sarebbe una limitazione; il processo di
complessità delle forme polifoniche, via ancora associazione delle cose sensibili che la formano, è
la florida abbondanza delle forme liriche greche, determinato dalle cose stesse, secondo il succe-
via in una parola tutto ciò che gli artisti, conti- dersi incosciente delle immagini destate nella fan-
nuando la natura, hanno creato in duemila anni tasia concitata dall’impulso esteriore; le possibi-
di storia; per ridiscendere al canto popolare, alla lità sono dunque infinite, come infinita è la natura
semplice e ingenua canzone di poche misure, [1898, ried. 1959: 14-15].
che non ha epoca, cantata forse dal mitico Dafne
sulle falde del monte ericino, o forse sgorgata ie- L’inconscio è l’essenza dell’arte, pure esso
ri dal labbro inconscio di una fanciulla: che non non è assoluto, nemmeno nell’arte popolare, che
appartiene a nessuno di noi, ma a tutti noi; dove è certamente la più inconscia di tutte. Noi trovia-
ognuno di noi mette forse qualche cosa di suo, mo, difatti, riuniti insieme nell’opera d’arte il
una lieve variante che non altera il tipo già for- linguaggio emozionale ed il razionale, fin dalle
mato; dove la nostra anima mira come in uno forme popolari più semplici.
specchio misterioso il tempo anteriore alla no- È il rapporto tra questi due linguaggi che sta-
stra individuale esistenza, le profondità dell’es- bilisce nettamente nell’opera d’arte dove finisce
sere, cui la nostra coscienza non giunge. Noi di- l’inconscio e inizia la coscienza.
scendiamo così ad un arte, che è l’espressione Il linguaggio emozionale è la parte inconscia
della vita collettiva della specie; la cui essenza dell’arte, l’elemento veramente popolare, che ri-
consiste in una rappresentazione plastica, ogget- sponde ai moti segreti della vita universale; esso
tiva e piena della natura, un’associazione di fi- è formato di gridi, di interezioni e di suoni imita-
gure sensibili e non di idee; è in sostanza la na- tivi; è in sostanza la musica. L’associazione de-
tura stessa che ascende, nella psiche popolare, a gli elementi del linguaggio emozionale ci dà ap-
gruppi di sensazioni, di imm agini e di rap- punto la rappresentazione sensibile, ci dà la me-
presentazioni estetiche. Il popolo, in quanto rap- lodia, che non è altro che la figurazione sonora
presenta un’unità vivente, è infatti intimamente di uno stato naturale. La mimica ne è la figura-
legato alla vita universale; le leggi universali; le zione visiva; sono le correnti dell’emozione le
leggi naturali agiscono in lui senza che egli ne quali non si scaricano solamente sui muscoli de-
abbia coscienza; esso intuisce il fenomeno nella gli organi vocali, ma nello stesso momento su
sua intera complessità per come si offre ai suoi tutto il sistema muscolare. Quindi insieme al
sensi, senza disfarne la parte vitale con le distin- canto un gruppo di movimenti involontari del
zioni e le lim itazioni create dall’intelli genza. corpo, strettamente analoghi ai movimenti del
Nell’anima del popolo vive dunque l’idea uni- canto; così canto e mimica, nati da una medesi-
versale; la sua intuizione ci dà quindi il carattere ma sorgente, concorrono ad una unica espressio-
essenziale delle cose, in quei tipi profondamente ne, di ciò che loro soltanto possono esprimere.
naturali ed umani che rappresentano l’unità as- Più vicino alla natura, il linguaggio emozionale
soluta della vita, ci dà in una parola il Mito. preesistette al linguaggio razionale; e la tradizio-
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ne greca, che la musica venne prima della paro- prendere le strutture profonde della musica (e
la, non significa altro [1898, ried. 1959: 16]. del linguaggio) è necessario risalire alle sue
manifestazioni primarie, va però osservato che
Oggi noi musicisti siamo tutti auleti, per edu- anche le semplici “grida di contatto” dei racco-
cazione e per abitudine, non guardiamo al di là glitori e dei cacciatori del Paleolitico erano già
della nota; peggio, i nostri poeti stan trincerati esito di una organizzazione tipicamente “uma-
dietro le regole di una versificazione assurda dal na” e quindi espressione di una cultura. Il modo
punto di vista lirico, senza volontà di uscirne; e in cui viene posto il nesso “emozionalità-razio-
peggio ancora, il mimo moderno, la cui azione nalità” nella costituzione del linguaggio espres-
sull’arte dovrebbe essere decisiva, è rimasto in- sivo porta al contrario Favara ad affermare il
vece isolato e al di fuori delle correnti di idee ri- paradosso che «L’arte del popolo non ha rego-
volte al rinascimento dell’arte. le, né può averne, perché sarebbe una limitazio-
Nell’arte popolare troviamo invece il fenome- ne». La posizione è d’altronde mantenuta anche
no artistico incolume, nella fusione dei tre ele- in riferimento al rapporto tra dialetto e lingua
menti che lo formano; come i canti delle reputa - letteraria, che si delinea appunto tra gli estremi
trici, le feste vendemmiali dell’Etna, la Pituta, la di “emozione” e “ragione”:
Ruggera, i giuochi fanciulleschi ecc., dove canto
e parole sono intimamente collegate ad una rap- Il dialetto è il principio del cammino intra-
presentazione mimica [1898, ried. 1959: 17-18]. preso dalla lingua verso l’astrazione; esso è in
immediato contatto con la natura, e quindi im-
In questi passi sono racchiuse le coordinate pregnato ancora delle cose. Il dialetto conserva
teoriche entro cui si dispiega il pensiero di Fa- nelle sue vocali la modulazione musicale primi-
vara riguardo ai caratteri costitutivi del canto tiva; nella parola una vocale proferita con una
popolare. Si tratta di coordinate riferibili, come intonazione più acuta dà l’accento melodico, il
ricordato, a certe correnti della filosofia euro- vero ad cantus, con un leggero e delicato rinfor-
pea che sprovincializzano in notevole misura il zo prodotto dall’alzamento della voce; altre vo-
punto di vista del musicista. Le forme della tra- cali si proferiscono con una rapida modulazione
dizione musicale siciliana vengono infatti in- di due suoni poco distanti, formando l’accento
quadrate in un contesto molto più vasto rispetto circonflesso, che è essenzialmente musicale; la
a quanto tentato da tutti gli altri autori e vengo- durata delle sillabe è realmente variabile.
no per la prima volta affrontate questioni stori- […]
co-genetiche di portata generale. Le concezioni La lingua del popolo e la lingua del dotto ri-
espresse a quest’ultimo proposito risentono tut- spondono perfettamente, nella loro conformazio-
tavia dei ben noti limiti dell’impostazione teo- ne, ai due stati del pensiero da cui uscirono. Per
rica soggiacente: l’idea, cioè, che l’organizza- questo, appunto, il dialetto, tanto efficace nella
zione delle forme espressive nelle società tradi- espressione dei sentimenti, è inadatto ad espri-
zionali (o “primitive”, “folkloriche” ecc.) sia mere le meditazioni trascendentali del filosofo e
“naturale” e non prodotto di articolati iter “cul- le ricerche sperimentali dello scienziato; mentre
turali” (già la questione era stata risolta in tal la lingua letteraria riesce con difficoltà a estrin-
senso dall’antropologo inglese Edward B. Ty- secare la bellezza delle cose, e per riuscirvi è ob-
lor nel classico Primitive Culture del 1871). Se bligata a ricorrere a tutti gli espedienti della ret-
per un verso è giusta l’opzione che per com- torica [1898, ried. 1959: 18-19].
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Favara rovesc ia qui l’antic a polemica di l’originaria unità di parola, musica e gesto (co-
Platone contro la “poesia”, mediatrice di un sa- me già nella tragedia greca), dall’altro le struttu-
pere inevitabilmente vincolato alla trasmissio- re metrico-ritmiche della poesia popolare dell’I-
ne orale – c ioè agli autore voli modelli della sola rivelano «identità piena» con le forme liri-
Tradizione – e quindi non in grado di elaborare che dell’antica Grecia. Entrambe le questioni
un pensiero critico realmente innovativo (cfr. vanno naturalmente comprese alla luce di un
Havelock 1973). Oltre duemila anni di “civiltà più ampio “grecismo” di ispirazione soprattutto
della scrittura” hanno stemperato le liberatorie nietzschiana. Un debito che verrà peraltro aper-
esigenze platoniane e consentono di recuperare tamente dichiarato – sebbene in riferimento a
i valori del medium orale, sicché nella poesia una questione specifica – nel saggio Canti e leg -
dialettale troviamo conservata l’emozionalità gende della Conca d’Oro (testo letto presso la
primigenia in oppo sizione agli “ar tificiosi Società degli Autori Drammatici a Roma nel
espedienti” cui sono costre tti gli artisti dotti. 1904 e pubblicato postumo nel 1923):
Ed è a questo punto del ragionamento che Fa-
vara rive la l’altro nucle o fondante della sua Il popolano di Palermo canta sulla furnarisca
interpretazione: [il ‘modo’ dei fornai; ES. MUS . 29] tutte le sue
canzoni d’amore e di sdegno, del più vario con-
Dal dialetto al canto il ritorno è breve, non tenuto poetico; ma la cantilena, che insieme al
vi è interruzione, sono due stadi vicini dell’e- dialetto proviene da condizioni etniche, organi-
voluzione. che e psichiche che stanno al fondo del suo esse-
La forma lirica ha la sua base sulla diversa re, rimane sempre invariabile.
durata del suono e sull’accento melodico, che Ognuno può constatare da sé, non solo a Pa-
esteso ad un gruppo di suoni e di parole più o lermo e per la furnarisca, ma dovunque il popo-
meno abbondanti, forma il membro di frase, il lo canti, il doppio fenomeno: la immanenza della
periodo, la strofe. In questi elementi è riposta la cantilena locale e le varie oggettivazioni poeti-
infinità varietà degli atteggiamenti ritmici che la che che se ne irradiano. Questo fenomeno, che
melodia, non la parola nuda, può prendere; e il io ho potuto osservare costantemente nelle mie
dialetto, questa sostanza morbida, sonora, ben lunghe ricerche del canto popolare in Sicilia,
lontana dall’irrigidimento, si piega con grazia al- l’osservò Federico Nietzsche nel canto popolare
le leggi proprie della melodia, che è nella lirica di Germania, e lo spiegò, come non si potrebbe
l’elemento predominante e dirigente. meglio, nel paragrafo 6 della sua originalissima
Gli ellenisti moderni (Westphal, Schmidt, opera giovanile L’origine della tragedia: «La
Zambaldi, Gewaert, ecc.) hanno ricostruito il mi- canzone popolare ci apparisce, anzitutto, come
rabile edifizio delle forme liriche greche; ora è lo specchio musicale del mondo, come la melo-
interessante notare la identità piena tra queste dia primordiale, che si cerca un’immagine di so-
forme e la nostra lirica popolare siciliana; salvo gno parallela e la esprime nel poema. La melo-
che per lo sviluppo, il quale, naturalmente, è più dia è, dunque, la materia prima ed universale,
ricco nella lirica d’arte, anzi che in quella del che a causa di ciò può anche subire delle oggetti-
popolo [1898, ried. 1959: 18-19]. vazioni diverse in testi differenti. Essa è anche,
per il sentimento ingenuo del popolo, l’elemento
Da un lato quindi nella tradizione siciliana preponderante essenziale e necessario. Dalla sua
si rinvengono forme espressive che reintegrano propria sostanza la melodia genera il poema, e
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mo del canto popolare, vivente nell’intima com- tra utilità pratica e valori estetici. Le strutture
penetrazione della musica e della parola. ritmiche così individuate sono di volta in volta
La notazione deve riprodurre e mettere in lu- poste in relazione con i metri poetici della Gre-
ce la naturale divisione del canto in membri di cia classica e di conseguenza interpretate come
frase e in periodi ritmici; solo così staremo nella permanenza di vere “necessità” fisio-motorie
verità [1898, ried. 1959: 21-22]. che investirebbero nel contempo il piano del fa -
re e quello del rappresentare (cfr. Bonanzinga
Se per un verso l’enfasi sul ritmo melodico 1992: 32-34). L’analogia che lo studioso rileva
consente a Favara di recuperare il raffronto con tra il ritmo per addomesticare i giovenchi ( ES.
la metrica greca, l’esito pratico è tuttavia quello MUS. 49) e una ninna-nanna di Salemi ( ES . MUS.
di problematizzare il rapporto “verso cantato/ver- 33) costituisce un significa tivo esempio di
so recitato” e il relativo metodo di trasposizione caratterizzazione stilistica dell’espressività in
semiografica secondo una prospettiva che è tut- rapporto all’ambiente socioculturale:
tora sostanzialmente condivisibile. Così come
la tensione teorica verso l’attestazione di una Verso la fine d’autunno si aggiogano all’aratro
modalità (melodica e metrica) grecizzante della i giovenchi selvatici: dopo la rapida ribellione at-
musica siciliana – oggi non più accettabile, al- traverso la terra nuda, l’animale vien preso al lac-
meno nei termini “storici” ipotizzati da Favara ci o, il boaro e i suoi aiut anti gli im pongono
– induce il music ista a ra ccogliere una gran successivamente con gesti tradizionali il giogo (la
quantità di materiale, ponendo attenzione anche percia), il mansile e infine il vomere, nella liturgia
verso fenomeni peculiari dell’universo sonoro immutabile degli antichi padri siculi. L’animale dà
tradizionale che rimasero affatto ignorati da tut- di fianco, abbassa il capo, indietreggia con lunghi
ti gli altri studiosi. Ampia esemplificazione di muggiti, rimpiangendo la libertà perduta. Allora
questi troviamo nell’ultimo testo che egli de- comincia l’anninniata, una salmodia grandiosa e
dicò al folklore musicale: Il ritmo nella vita e solenne, sotto il cui influsso la lotta rude si trasfor-
nell’arte popolare in Sicilia (conferenza letta al ma in un rito religioso. […] La cantilena continua,
Circolo di Cultura di Palermo nel 1905 e pub- continua tutto il giorno e tutta la settimana, il gio-
blicata postuma nel 1923). venco l’ascolta; essa forma uno schema giambico
Soprattutto in questo saggio è possibile co- di impulsi in avanti […] Nel fascino armonioso, il
gliere il frutto più originale dell’elaborazione di giovenco si va acquietando, i suoi movimenti di-
Favara. Sempre entro il paradigma concettuale sordinati vengono a poco a poco raccolti e diretti
sopra esposto, egli riprende qui la tesi relativa allo scopo: «a picca a picca l’armalu si addizza» [a
all’origine “fisiologica” della musica. Esamina poco a poco l’animale si corregge] […] Il boaro
quindi svariate forme di espressività ritmica le- diceva: «i giovenchi sono come i bambini, si deb-
gate a pratiche ergologiche (voce per addome- bono acquietare col canto». Allora io riconobbi l’i-
sticare i giovenchi, richiami per le mandrie, rit- dentità dell’anninniata di li jenchi con la ninna-
mi dei fabbri, ritmo per cadenzare il trasporto a nanna che le donne di Salemi cantano ai loro pic-
spalla del tonno) e a c omportamenti soc iali cini, melodia che avevo già trovata e trascritta nel-
(ninne-na nne, c a n z u n i, balli ca nta ti, danz e la mia raccolta [1923b, ried. 1959: 86-88].
strume ntali, ritmi processionali e segnaletici
dei tamburi) nel quadro di suggestive corri- Quanto attestato negli scritti di Favara rap-
spondenze tra sfera tecnica e spazio simbolico, presenta la fonte storica di maggiore rilievo
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per la ricerca etnomusicologica in Sicilia. Certi edito nel 1939. L’autore fornisce numerose no-
settori, come i ritmi di lavoro dei fabbri, sono tizie sulla vita musicale di contadini e pastori
stati del tutto ignorati ne lle successive docu- che a Libertinia confluivano da diversi centri
mentazioni. In altri casi (ritmi della pesca, gri- delle provincie di Catania (Bronte) e di Messi-
da di venditori, suoni di campane, richiami pa- na (Castel di Lucio, San Marco d’Alunzio, Mi-
storali), alcune forme presenti nel Corpus non stretta), e trascrive diciannove tra canzuni, can-
sono sta te più risc ontrate ne lle succe ssive ti di lavoro, ninne-nanne, canti religiosi e musi-
indagini. Di grande importanza sono poi le nu- che strumentali. Se pure si deve apprezzare la
merose osservazioni etnografiche, spesso con- documentazione complessivamente prodotta da
dotte da Favara con criteri innovativi di inchie- Pastura, va tuttavia osservato che in essa non
sta sul terreno: raccolta diretta delle testimo- traspa re alcuna delle tensioni che avevano a
nia nze su comportamenti e pratic he musicali esempio animato l’opera di Ferrara e di Favara.
(spe cia lmente riguardo ad aspetti e stetic i e Egli si limita infatti ad applicare senza esitazio-
simbolici), attestaz ione del lessico tradizio- ni il suo strumentario teorico-musicale ai feno-
nale, notizie sugli informatori e sulle occasioni meni della tradizione orale, interpretandoli se-
dei rilevamenti. Al di là delle stesse ragioni di condo i canoni di un insistito impressionismo
Favara, che tanto lavorò ma che non ebbe l’op- bozzettistico. Tra le attestazioni di maggiore in-
portunità di procedere all’edizione sistematica teresse, riportiamo quelle relative al canto – po-
dei materiali raccolti, il Corpus resta una testi- livocale “ad accordo” – dei mietitori di Castel
monia nza stra ord in ar ia de ll’ ar tic olaz ione di Lucio (campanilisticamente qualificato come
grammaticale e sintattica della langue etnico- «diretta derivazione» di quello dei contadini et-
musicale in Sicilia. nei; ES . MUS. 55), alla “cantilena del trebbiato-
Ultimo esponente di una etnografia musica- re” (ES . MUS. 56), alla maniera di accordare la
le ormai attardata – fondata sull’ascolto diretto ciaramedda (zampogna a paru) e alla “pastora-
e la trascrizione manuale dei documenti sonori le” eseguita con il medesimo strumento per la
– è il musicista catanese Francesco Pastura, di- novena di Natale (ES. MUS. 57):
namico promotore di attività musico-ricreative
collegate all’Opera Nazionale Dopolavoro (cfr. Man mano che ci si avvicina il coro s’ode
infra) ma ugualmente interessato alle ricerche più distintamente, e se ne afferrano le parole.
di ‘etnofonia’ (sarà tra l’altro direttore tecnico Ora li scorgo tutti, i mietitori.
dell’O.N.D. per i “cori popolareschi di Sicilia”, Curvi, abbracciano un gran fascio di spighe
docente presso il Liceo Musicale di Catania e bionde e cariche di grano, lo tagliano con la fal-
direttore del Museo Belliniano). Un primo arti- ce lucente e cantano a capo chino.
colo (1937) contiene cinque esempi di “gridi e La melodia è intonata da una voce robusta.
cantilene” raccolti a Catania e dintorni: due ri-
chiami per la vendita di ceci abbrustoliti, un ri- Bedda, ccu sti capiddi ’ncannulati
chiamo per incitare gli animali durante la batti- Sempri avanti l’ucchiuzzi li tiniti
tura del grano e due varianti di un canto di car- Vi miritati d’avirili ’ngrastati
rettiere. Più proficuo sarà l’esito del “viaggio ’Mmenzu petri domanti e calamiti.
musicale” condotto nel borgo rurale di Liberti-
nia (territorio di Ramacca), nel feudo di Man- La cantilena ha un andamento fluido ed è di
drerosse, che verrà racconta to in un volume grande respiro. Rassomiglia moltissimo al famo-
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so canto delle campagne etnee: «Mamma, non finisce con un grido tronco che uno schiocco di
mi mannari all’acqua sula», anzi si può affer- frusta sottolinea.
mare che ess a ne è una diretta derivazione. I È una cantilena araba? È la derivazione di un
contadini etnei la intonano dando maggiore con- canto greco? Forse. Ma ciò che maggiormente
sistenza alla linearità perfetta del canto, mentre mi impressiona è la sua tragica risonanza nella
quelli di Castel di Lucio l’adornano di melismi solitudine sconfinata di questa pianura bruciante
sinuosi come un fantasioso arabesco. di sole [1939: 115-116].
Il coro s ’i nserisce in ogni finale di frase
rinforzandone la cadenza con accordi perfetti.
Nino non s’è tolto nemmeno il rubbuni di
Altre parole seguono, completando l’ottava.
pelle di capra; non appena ha incatenato i buoi
alla mangiatoia e li ha provvisti di paglia, svelto,
E senza scali ’n celu ci annacchiati
svelto se n’è salito per la scaletta sul solaio, ha
Parlati ccu’ li Santi e po’ scinniti
tirato fuori la cornamusa e giù: Pii… Pirirule -
Ccà siti accumpagnata di li Fati
ru… là! Quel diavolone di suono sguaiato che
P’ affina ’o finimento ’a tirnitati.
esce dalla canna più grossa non sa proprio come
accordarlo. E non bastano i tappetti di carta, bi-
Nessuna variante melodica. Es sa prosegue
sogna ricorrere alla cera vergine, per forza.
lenta, monotona, interminabile come l’immenso
Si fa così: si tura tutto il buco con la cera, poi,
mare biondo che è ancora da mietere.
con gli aghi di osso, quelli che pendono dalle can-
Il canto ha una breve sosta (il solista s’è at-
ne, si torna a fare il buco ma un poco più stretto.
taccato ad una faschietta…) poi riprende come
Che almeno possa uscirne un suono che vada
prima [1939: 73-74].
d’accordo con gli altri. E prova e riprova, Nino.
Ma se non è quello è un altro il buco che fa uscire
È un pomeriggi o intero che, as sieme con
il suono stonato, maledetto Giuda!
’Ntoni, passiamo in rassegna le aie disseminate
Ma Nino non si stanca di soffiare, però; no-
in tutti i punti dell’imenso feudo. In questa aia si
nostante le gote pienotte gli si siano accese di
fa a meno della trebbiatrice: qui vige il sistema
un rosso vivace, egli soffia dentro le canne con
primitivo dei muli. Gli animali bendati si inse-
gagliardia. Chiude gli occhi e segue così la mu-
guono, l’uno dietro l’altro, trottando in ampio
sica che suona, ma quella stonatura, ecco, non
cerchio; sotto le loro zampe ferrate i biondi co-
la può sopportare: gli fa fare una smorfia, gli fa
voni di grano si disfanno, si macerano.
venire la voglia di sbatterla a terra, la cornamu-
L’uomo che in mezzo al cerchio, con una
sa [1939: 57].
frusta in mano, canta a voce spiegata:
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Non si può conc lude re que sta rassegna pubblicazione di un volume del filologo Luigi
se nza a cc ennare ad a lc une implicaz ioni ri- Sorrento, destinato agli studenti delle scuole
guardo a i temi del folklore musicale che su- medie secondarie e apparso nella collana da lui
scitò l’avvento del fascismo. Il “recupero” del- stesso ideata Canti, novelle, tradizioni delle re -
le tradizioni popolari, nei ben noti termini na- gioni d’Italia (s.d., ma 1925) 9; l’edizione, di-
zionalistici, era difatti uno degli obiettivi del rettamente promossa da ll’O.N.D., di due al-
Regime, da cogliere attraverso una meditata bum di canti arrangiati per voce e pianoforte
retorica della vita rurale, dell’artigianato popo- (cfr. Giacchino 1939 e Pastura 1940) 10 ; l’alle-
lare, dell’uso del dialetto ecc. In questo quadro stimento a Catania della Mostra interprovin -
è utile ricordare che tra gli scopi dell’Opera ciale di arti e tradizioni popolari siciliane (per
Nazionale Dopolavoro vi erano «a) [organiz- il ca ta logo, cfr. Naselli 1936) 11. Resta rono
zazione di] mostre regionali di costumi e di ar- quindi affatto inattuate le finalità che più dove-
te popolare; b) riproduzione per mezzo della vano segnare l’aggiornamento della ricerca (ri-
cinematografia di costumi e di scene della vita prese sonore e cinematografiche) e, parados-
popolare; c) raccolta di canti e leggende per salmente, il più rilevante contributo maturato
mezzo di dischi grammofonici; d) concorsi per nel corso del ventennio risulta essere il capito-
saggi critici su folklore e leggende; e) organiz- lo che Franc esco Balilla Pratella dedica alla
zazione delle feste tradizionali più significati- Sicilia nel suo Primo documentario per la sto -
ve» (Naselli 1932: 31). Senza volere qui a f- ria dell’etnofonia in Italia (1941). Questa vo-
frontare la complessa questione dei rapporti tra lum in osa sillo ge – se m pr e s oste nu ta
fascismo, tradizioni popolari e letteratura folk- dall’O.N.D. attraverso il suo Comitato Nazio-
lorica 8, è però utile segnalare brevemente le nale Italiano per le Arti Popolari – si può infat-
iniziative di maggore rilievo per la conoscenza ti ritenere l’ultima indagine sulla musica po-
della musica popolare siciliana. Esse sono: la polare condotta senza l’impiego di strumenti
8
Scr ive Car pitella: «Quasi tutta l’attività editoria le “Cori della Conca d’Oro” diretti da Giacchino) e a Siracusa
relativa allo studio del folklore musicale italiano fu realiz- (i “Cori di Val d’Anapo”).
zata sotto gli auspici dell’O(pera) N(azionale) D(opolavo- 11
Come riferisce Carmelina Naselli la sezione “Musi-
ro) […]. Anche tutti i Congressi di Arti e Tradizioni Popo- che popolari’ della Mostra, aggregata a quella delle “Arti so-
la ri fur ono, fino al 1942, organizza ti e prom ossi dal- ciali”, comprendeva «ogni specie di strumento, a corda, a
l’OND. In altri termini l’OND volle riassumere in sé due fiato, a percussione. Graziosi alcuni zufoli dipinti e altri bru-
aspetti: quello di uno studio del folklore; e quello di un ciati a fuoco, di Catania; caratteristici i tamburelli pure del
impiego di esso divulgativo-ricreativo, con una inevitabile catanese e le gigantesche “brogne” [trombe di conchiglia]
situazione di compromesso. L’eredità dell’OND fu presa, etnee; belli soprattutto gli ornamenti di osso delle ciaramelle
nel dopoguerra, dall’ENAL, che però, essendo mutata la [zampogne], incisi generalmente a piccoli disegni a sistema
situazione politico-culturale, non esercito più la stessa in- di linee dritte, ma talvolta anche figurati» (1936: 241). Inol-
fluenza […]» (1961, ried. 1973: 44n.). Più in generale, in tre, nell’ambito della Mostra vennero organizzate diverse
ordine ai rapporti tra studi folklorici e fascismo, cfr. a es. manifestazioni e spettacoli: il “gioco dello stendardo”, il tea-
Cavazza 1987 (con ampia bibliografia). tro dei “pupi”, una esibizione dei Canterini Etnei, una serie
9
Sorrento si limita a riprodurre, senza alcun commen- di gare musicali (per i gridi dei venditori, per le serenate, fra
to, dodici trascrizioni musicali scelte tra quelle già edite da suonatori di novene, fra orchestrine popolari) e una rassegna
Pitrè, Avolio e Salomone Marino. di balli siciliani, «fra i quali ammirato il famoso “ballu cur-
10
Questi album erano esplicitamente rivolti ai primi ruttu” di tradizione particolarmente catanese» (Naselli 1936:
gruppi folkloristici che proprio allora iniziavano a costituirsi 249-250). Per la partecipazione di gruppi sicilani di cantori e
a Catania (i “Canterini Etnei” diretti da Calì), a Palermo (i danzatori a raduni folkloristici nazionali, cfr. AA.VV. 1935.
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i musicisti
per il rile va mento sonoro, ed è significativo 30. canzonetta religiosa, 31. canto di Natale
che essa venga spesso ricordata quale esempli- (racc. dal sac. Zaccaria Musumeci nel 1933 ad
ficazione del ritardo teorico e tecnico che ha Acireale). Si tratta di una documentazione ca-
contrassegnato in Italia questo settore di studi. r atterizz ata dalle consuete nor malizz azioni
Pratella, comunque, ha avuto il merito di semiografiche ma che ha il pregio di prestare
pubblicare in quella sede alcuni interessa nti attenzione anche a un repertorio di derivazione
materiali inediti direttamente forniti da corri- chiesastica (nn. 4, 6-9, 11, 23, 30-31), talvolta
spondenti siciliani: 1. canzuna, 2. ninna-nanna, su testi liturgici in latino (nn. 10 e 12), solita-
3. canto di Passione, 4. canto di Natale (racc. mente trascurato dagli studiosi. A parte i già
dal m° Ange lo Zagara nel 1933 a Naro); 5. menzionati Frontini e Calì, emergono quattro
canzuna polivocale (racc. dal m° Paolo Lanza nuovi raccoglitori di canti popolari. Sono sa-
nel 1880 a Sciacca); 6-9. Salve Regina (quattro cerdoti e musicisti in qualche misura coinvolti
versioni), 10. litania lauretana (ES . MUS. 58), 11. nella pratica di quelli che furono i due grandi
ca nz one tta religiosa, 12. litania carme litana repertori di mediazione fra tradizione orale e
(racc. dal sac. Alfonso Palermo, organista, nel trasmissione scritta della musica: quello liturgi-
1935 a Caltanissetta); 13. canzuna, 14. aria sa- co-paraliturgico e quello bandistico 12. La conti-
tirica, 15. ninna-nanna, 16. canto infantile (ES . guità di questi “musici specializzati” con i ceti
MUS. 59), 17-18. richiami di venditori di sale popolari (soprattutto artigiani ma molto spesso
( ES. MUS. 60) e pomodori (racc. dal m° France- anche contadini), insieme alla vocazione di per
sco P. Frontini nel 1933 a Catania); 19-22. ri- sé me diatric e dei repe rtori implica ti, la sc ia
chiami di venditori di lupini, fichi, sciroppo quindi supporre che sia possibile reperire ulte-
d’amarena e pesci (ES . MUS. 61), 23. rosario del riori testimonianze di interesse e tnomusicale
SS. Sacramento (racc. dal m° Gaetano E. Calì (relative al periodo 1870-1940) mediante una
nel 1933 a Catania); 24. canto narrativo ( ES. ricognizione sistematica presso le biblioteche
MUS . 62), 25. canzone satirica, 26-29. richiami locali e gli a rchivi municipali, parrocc hia li e
di venditori di datteri, carciofi, gelsi e ciliege, dei complessi bandistici 13.
12 Per un’analisi del repertorio liturgico e paraliturgi- (in parte su testi diale ttali) che si eseguiva ogni giovedì
co nella tra dizione orale, cfr. Mele–S assu 1992 e Ma c- per la “Veglia” eucaristica con grande pa rtecipazione dei
chiarella 1995. Sui complessi ba ndistici in Sicilia, cfr. fedeli (La Sagra Ve glia, ms. conservato presso la Biblio-
Pennino 1990. teca della Collegiata S. Giorgio, Chiesa Madre, Càccamo;
13 Un esempio è costituito da alcune trascrizioni mu- per una descizione cfr. Sunseri Rubino 1965: 20-21); b)
sicali e ffettuate da Benedetto Albanese, maestro del cor- della “trascrizione ritmica” di un Popule meus a tre voci
po bandistico di Càccamo all’inizio del secolo. Si tratta in depositato in una teca nella sacrestia della Chiesa Madre
particolare: a) de lle musiche per la Sacra Veglia, un com- (per una considerazione del documento, cfr. Macchiarella
ponimento fondato sull’alternarsi di prosa, poesia e canto 1995: 127-128).
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1
Usiamo qui “meccanico” nel senso estensivo di “non
manuale” (perciò sta anche per elettrico-elettronico); ugual-
mente i termini ‘fotografia’ e ‘cinema’ si riferiscono rispet-
tivamente a tutte le tecniche di ripresa dell’immagine fissa
oppure in movimento.
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A tale proposito non poco rilievo assume il ai codici, agli incunaboli, agli autografi e alla
fatto che nel corso dell’Esposizione Nazionale musica a stampa, abbiano i loro bravi cilindri fo-
organizzata a Palermo nel 1891 era stata allesti- nografici, conservatori perpetui dei canti d’ogni
ta una sala dove si sperimentava pubblicamente età e d’ogni popolo.
un fonografo, e questo a pochi metri dal padi-
glione che ospitava la Mostra Etnografica Sici- L’a uspic io formulato in questo scritto del
liana portata a compimento da Giuseppe Pitrè. 1906 re stò, come si sa, per lungo te mpo ir-
L’ante prima fonografica palermitana non su- realizzato. Per avere le prime documentazioni
scitò tuttavia particolari entusiasmi fra quanti si sonore della musica siciliana bisognerà infatti
occupavano delle tradizioni popolari dell’Isola attendere oltre quarant’anni (cfr. infra). Il man-
(cfr. Bona nzinga 1991a). Un conside revole e cato impiego del fonografo soprattutto negli an-
motivato apprezzamento emergerà vic eversa ni tra il 1895 e il 1910 – ovvero nel periodo in
quindici anni più tardi, come dimostra una bre- cui più assidua e qualitativa fu l’attenzione per
ve nota – dal titolo Musica popolare fonografa - il folklore musicale grazie all’impegno di Fava-
t a – apparsa senz a firma sul XXIII volume ra e Ferra ra m entre a ncora vigor osa era la
dell’«Ar chivio pe r le tra dizioni popola ri» promozione delle ricerche demologiche operata
(1906-1907, p. 130), la rivista codiretta da Pitrè da Pitrè e Salomone Marino – pone indiretta-
e Salomone Marino: mente la questione dei rapporti che intercorsero
fra questi e altri autori che a vario livello si
Ai giorni nostri, in cui si è finalmente com- interessavano al mondo popolare dell’Isola. Le
preso quanto importi la conoscenza della musica labili tracce che emergono dalla corrispondenza
popolare, sia dal lato della storia della musica sia e dagli scritti editi sembrano delineare un qua-
dal lato dell’arte, e in cui si tentò di riannodare a dro molto frammentario, dove spesso incom-
quelle tradizioni la produzione artistica per deri- prensioni e distinzioni si scorgono sullo sfondo
vare da quelle purissime fonti l’impronta e il ca- di formali attestazioni di stima.
rattere nazionale, l’uso del fonografo gioverebbe Favara, dopo avere lodato i «folkloristi più
mirabilmente allo scopo. Perciò tutti coloro che egregi [che] hanno avvertito l’importanza del
s’interessano degli studi musicali dovrebbero da- canto nella composizione popolare» e ricordato
re opera a che potesse compiersi il voto emanato che Pitrè ave va notato «il fatto caratteristico
dal congresso di Parigi, voto che suona esatta- che per ottenere dal popolo le pa role di una
mente così: «Qu’il se fonde une Société interna- composizione nella loro interezza, bisogna che
tionale pour que les chants populaires soient re- egli le associ alla melodia» (1898, ried. 1959:
cueillis phonographiquement et centralisés de 18), accomuna in un giudizio categorico il de-
façon à être l’objet d’etudes sérieuses et des re- mologo palermitano con Frontini e Mastrigli:
serches comparatives de la part des musiciens». «Non mi sembra però che questi primi racco-
Da queste ultime parole oguno comprenderà glitori abbia no avuto a guida que gli spec iali
come i fonogrammi incisi dovrebbero esser posti criteri direttivi, necessari in simili lavori» (ivi,
a disposizione degli studiosi, ciò che potrebbe p. 21). E riconosce come “collega” il solo Fer-
avvenire quando si collocassero nelle pubbliche rara: «Continui egli a darci i canti delle campa-
biblioteche. gne notigiane , be lli come quelli che io vado
Onde è lecito sperare che, in un avvenire più raccogliendo, quando posso, per le campagne
o meno lontano, le biblioteche musicali, accanto della mia Salemi, con sempre crescente stupore
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un bilancio
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entro certi limiti e con le debite riserve può pas- Cieusi niuri, cieusi! Il cocomeraio palermitano:
sare per un folklorista, non va per il gran pubbli- Lami di fuocu mi jettanu, talèe!… A prova vi li
co, e fa aggrottare le ciglia a qualche studioso tagghiu! ed il notigiano: A prova muluni!
comune di musica. Il F. non si occupa punto dei Nella raccoltina del F. sono delle gridate oc-
folkloristi; anzi non sogna neppure che ce ne sia- casionali, e ve n’è moderne e recentissime, le
no ed abbian guardato benevolmente i venditori, quali non possono vantare neppur uno dei quarti
sia come poeti della roba che gridano, sia come di nobiltà… tradizionale [Pitrè 1907].
cant ori della merce che invitano a comprare.
Questo non gioverà certo al suo scritto, perché Ferrara, nella Prefazione al suo secondo la-
se una classe di studiosi v’è che deve accoglierlo voro (1907), non menziona l’aspra critica di Pi-
con simpatia, questa non potrà essere se non la trè, ma modestamente ringrazia il «forte e genia-
nostra, che prima di lui ha rilevato la importanza le folklorista» per avergli inviato due suoi scritti.
etnica delle gridate dei venditori della Sardegna Così come ringrazia «l’illustre filologo» Corra-
e del Monferrato (Ferraro), di Napoli (Imbriani, do Avolio, di cui era stato allievo quando nel
De Boucard, Marulli e Livigni, Mango), di Ro- 1892 conseguì da esterno il diploma magistrale a
ma (Palomba), di Firenze (Polverini, Imbriani, Noto (cfr. Uccello 1966: 80). Riporta invece per
Salani), di Milano (Fontana), e di altre province intero una lettera che gli era stata inviata da Sa-
d’Italia, per non uscire dal nostro paese. I musi- lomone Marino, il quale però non si era mai di-
cisti, in generale, si cureranno poco dell’opusco- rettamente occupato delle grida dei venditori:
lo del sig. F. e si maraviglieranno delle lodi di
certe note, pochine davvero, che potrebbero la- Le sono tenutissimo del dono cortese del suo
sciarsi perdere là dove l’A. le ha sentite. Per ca- opuscolo veramente importante pei folkoristi e
rità, non esageriamo le piccole cose, se vogliamo pei cultori della musica — Così fossero trascritti
ad esse acquistar credito! Letterariamente e mu- e debitamente e abilmente illustrate, com’Ella fa,
sicalmente molte delle parole e delle melodie di le gridate dei Venditori stabili o ambulanti, di tut -
queste gridate non rispondono al concetto alta- ta la Sicilia, — Tutte, tutte dovrebbero raccoglier-
ment e poet ico che di ess e s ’è form ato i l F. si le musiche tradizionali del popolo, quelle delle
Quando se n’è udita una, se ne sono udite dieci; storie, delle ninne nanne ecc. Fin qui s’è fatto po-
le parole rappresentano, senza la rettorica popo- co da noi. L’opera di V. S. è pertanto laudabilissi -
lare che piace tanto, l’oggetto; mancano le iper- ma ed io non posso che applaudirla di cuore
bole, le metafore, le antonomasie; e la melodia si Palermo, 16 Dicembre 1896.
adatta a pochi tipi, ai quali – come noi rilevam-
mo in questo medesimo Archivio ed il F. os- Quantomeno singolare appare la scarsezza
serva, pur ignorando quanto da noi e, dopo che di notizie riguardo ai rapporti tra Pitrè e Favara.
da noi, dal Machado y Alvarez, era stato detto I due probabilmente si incontrarono «nella Bi-
– non è estranea la influenza delle stagioni. blioteca filosofica del prof. G. Ama to, che a
Non sappiamo dar fine a questo cenno senza quei tempi veniva considerata un luogo d’in-
insistere sulla soverchia modestia delle gridate contro dell’intellighentia palermitana» (Carpi-
in Noto. Non una che si levi alla forma poetica tella 1968: 119). A parte quanto scrive Favara
ed al linguaggio figuato. Mentre a Palermo le nell’articolo del 1898, non vi sono tuttavia ri-
more si gridano: E l’haju sana-malati e su’ ni - scontri dei loro eventuali rapporti. È addirittura
vuri: Oh li cit ruliedda!, in Noto seccamente: sospetto che Pitrè non intervenga né sul saggio
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un bilancio
dedicato a lle Melodie tradizionali de l Val di tenziata negli anni in cui, fra tante difficoltà, si
Mazara, che pure Favara aveva presentato ri- trovò a operare. Ciononostante, un posto di ri-
scuotendo generale consenso in una se de di lievo gli verrà assegnato da quanti già iniziava-
prestigio come era il “III Congresso Internazio- no a produrre le prime sintesi storiche degli
nale di Scienze Storiche” (1903), né sull’album studi folklorico-musicali: Giulio Fara (1920:
di canti siciliani elaborati per voce e pianoforte 164-173), Alfredo Bonaccorsi (1936), Cesare
pubblicato da Ricordi nel 1907. Questi lavori Carava glios (1936: 73-74). Così come vanno
suscitarono peraltro grande interesse in Italia e menzionati i saggi critici dovuti al musicologo
in Francia, come dimostrano le recensioni di Andrea Della Corte (1921) e soprattutto al gre-
Ugo Ojetti ( 1908) e di Camille Be lla ig ue cista Ettore Romagnoli (1920 e 1921).
(1909). Dal silenzio di Pitrè possiamo quindi La ripresa della vita intelletuale nell’Italia
dedurre che egli, pur essendo al corrente del- del dopoguerra ebbe significativi riflessi anche
l’attività di Favara, non ne apprezzò il valore. nel se ttore delle ricerche etnico-muscali. La
Le ragioni della mancata collaborazione, svolta verso un aggiornamento dei metodi di
tra due studiosi che avrebbero potuto proficua- studio e delle tecniche di rilevamento coinci-
mente integrare le loro rispettive competenze, derà in particolare con la fondazione del Centro
vanno con ogni probabilità ricercate sia nello Nazionale Studi di Musica Popolare (Roma).
scarto generazionale (ventidue anni) sia in una Proprio con il sostegno di questa istituzione Ot-
inconciliabile discrasia di metodi e di finalità. tavio Tiby, che di Favara aveva sposato la figlia
L’approccio di Favara alla ricerca etnico-musi- primogenita Maria, si pose l’obiettivo di inte-
cale era troppo competente e moderno per pote- grare mediante registrazioni magnetofoniche i
re conciliarsi con idee inevitabilmente superate documenti del Corpus, di cui stava nel contem-
riguardo alla struttura del canto popolare e alla po approntando l’edizione critic a (pubblicata
stessa delimitazione della materia. Si pensi alle nel 1957). Dal 1951 al 1953 egli svolse ricer-
osservazioni di Pitrè sulle ricerche di Ferrara e che nelle provincie di Palermo e Trapani, con
si immagini come avrebbe potuto valutare l’at- puntate nel Messinese (Reitano), nell’Agrigen-
tenzione prestata da Favara ai ritmi di lavoro tino (Siculiana) e a Caltanissetta (CNSMP , racc.
dei fabbri. Il modo in cui Pitrè si esprimeva in 17, 19 e 20). Nel 1954 saranno Diego Carpitel-
merito a certi aspetti “tecnici” della musica po- la e Alan Lomax ad ampliare la documentazio-
polare (a es. il metodo di trascrizione o gli im- ne sonora della musica popolare siciliana (CN-
pianti tonali) doveva inoltre apparire a Favara SMP , racc. 24). Sulla scorta di queste prime ri-
sostanzialmente dilettantesco e, considerata la cognizioni, nel 1955 si organizzò una vera ri-
riconosciuta autorevolezza della fonte, motivo cerca di équipe, cui parteciparono studiosi ita-
di rinuncia a ogni possibile dialogo. Non va in- liani (Giuseppe D’Anna, Giorgio Nataletti, Ot-
fine sottovalutata neppure una generica difesa tavio Tiby) e stranie ri (Maguy Andral, Paul
della propria sfera di interessi da “illegittime” Collaer, Claude Marcel-Dubois, Marius Sch-
intromissioni. D’altra parte va ricordato che il neider). Lo scopo era dichiaratamente quello di
più consistente contributo di Favara, cioè il colmare le lacune del Corpus, svolgendo i rile-
Corpus di music he popolari siciliane, e due vamenti soprattutto nella parte orientale dell’I-
suoi importanti saggi saranno pubblicati postu- sola (C NSMP, racc. 29), e di verificarne l’atten-
mi (questi nel 1922 e il Corpus nel 1957), sic- dibilità documentaria. A causa della prematura
ché l’incidenza del suo apporto fu molto depo- scomparsa di Tiby, che progettò e diresse la ri-
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cerca insieme a Nataletti, venne affidato a Col- visuale). L’Istituto di Scienze Antropologiche e
laer il compito di elaborare i materiali raccolti. Geografiche (I SAG) della Facoltà di Lettere e Fi-
Questo avvicendamento non poteva che ostaco- losofia dell’Università di Palermo già a partire
lare il progetto e difatti, a ecc ezione di una dagli anni Sessanta (per iniziativa della cattedra
«nota preliminare» pubblicata nel 1960, i risul- di Storia delle tradizioni popolari) aveva indiriz-
tati della ricerca saranno dati alle stampe sol- zato l’attività di ricerca verso la tradizione mu-
ta nto nel 1980, rea liz za ndo infine il ta nto sicale siciliana e, in anni più recenti (1986-87),
auspicato raccordo tra la moderna indagine et- ha avviato il progetto “Echos”. Corso teorico-
nomusicologica e gli studi di etnografia musi- pratico per la formazione di operatori e ricer -
cale (cfr. Collaer 1960 e 1980). catori nel settore etnomusicologic o . Indagini
Negli ultimi quarant’anni, la documentazio- relative ai fenomeni musicali sono state inoltre
ne della musica tradizionale in Sicilia si è molto effettuate nell’ambito dell’attività del Centro In-
accresciuta e sono parallelamente mutati i meto- ternazionale di Etnostoria (Palermo). Special-
di di analisi e rilevamento 2. Dopo la costituzio- mente riguardo alla documentazione degli spet-
ne nel 1948 del CNSMP (dal 1989 ribattezzato tacoli dell’opera dei pupi, va infine ricordata
Archivi di Etnomusicologia), ulteriore impulso l’a ttività de ll’ Asso ciazion e pe r la Con -
alla raccolta sul campo venne dalla creazione servazione delle Tradizioni Popolari, il cui ar-
nel 1962 dell’Archivio Etnico Linguistico-musi - chivio sonoro e audiovisuale è ubicato presso il
cale (AELM ) della Discoteca di Stato e dalla co- Museo Internazionale delle Marionette “Anto-
stituzione, nel 1970, del Folkstudio di Palermo. nio Pasqualino” di Palermo. È significativo che
La fondazione nel 1982 del Centro per le Inizia - gli studiosi attivi nel corso di questa più recente
tive Musicali in Sicilia (C IMS), al cui interno fase dell’indagine etnomusicologica, pur nella
opera dal 1985 un Archivio Etnomusicale, ha diversità di approcci e obiettivi, abbiano conti-
consentito la prosecuzione e l’ampliamento del- nuato a trovare nelle testimonianze folklorico-
l’opera avviata dal Folkstudio (l’Archivio com- musicali costanti supporti documentari e molte-
prende una sezione dia-fotografica e una audio- plici indicazioni di ricerca3.
2
Per un’ampia panoramica si vedano: Nataletti 1970; smissione orale e tradizione scritta della musica (Carapez-
Documentazioni e studi RAI 1977 (pp. 401-497); Biagiola za 1977, 1978, 1983; Macchiarella 1992, 1995a; Bonan-
1986 (pp. 399-422); Garofalo–Guggino–Macchiarella 1986; zinga 1993a). Per un’ampia ricognizione documentaria (bi-
Finocchiaro 1991 e 1993; Garofalo 1995b; Guggino 1995. bliogr afica, disc ogra fica e filmogr afica) delle ricerc he
3
Tra i principali settori di studio ricordiamo: le tradi- svolte in Sicilia nel periodo 1945-1994 intorno ai temi del-
zioni dei cantastorie e dei contastorie (Buttitta 1960, 1965, la musica popolare, cfr. Bonanzinga 1995a (per una consi-
1963-66, 1972; Pagliaro 1958, 1973; Rigoli 1965, 19843 ; derazione e stesa all’area italiana, cfr. Gia nnattasio 1992:
Pasqualino 1977, 1992; Guggino 1980, 1981, 1988); le for- 67-86). Si segnala che la repertorializzazione delle fonti si-
me sonore connesse ai contesti ergologici e rituali (Uccello ciliane relative al lessico etnico-musicale e alle forme co-
1964, 1979; Guggino 1974, 1986; 1991 2; Buttitta 1978, reutiche è attualmente in corso di realizzazione da parte di
1985; Garofalo 1987, 1988, 1989, 1990b, 1995a; Pennino chi scrive nell’ambito delle attività del Centro di Studi filo-
1985, 1990a; Macchiare lla 1995b; B onanzinga 1991b, logici e linguistici siciliani (per una prima indicazione cfr.
1993b, 1995c); l’organologia (Naselli 1951; Guizzi–Leydi Bonanzinga 1995d) e dell’Istituto di S toria della musica
1983; Staiti 1986, 1989b, 1990; C or sa ro 1992; S arica della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Paler-
1994; Finocchiaro 1995); il repertorio e l’organizzazione mo (progetto di ricerca post-dottorato: Forme e valori del -
dei complessi bandistici (Pennino 1990b); i rapporti fra tra- la tradizione etnocoreutica in Sicilia).
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I DIOFONI
A ) A PERCUSSIONE RECIPROCA
– Crotali a tavolette (t r ò c c u l a, c i à c c u l a,
scattiola, ribattina). Consistono in tre tavolette
rettangolari (alt. 10-15 cm.) con due fori all’e-
stremità, una delle quali, destinata a costituire il
corpo centrale, prolungata in modo da formare
un manico; i tre pezzi vengono quindi collegati
per mezzo di una cordicella non troppo tesa at-
traverso i fori (IM. 28, nn. 6-7), così da consen-
tire la produzione del suono mediante scuoti-
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44
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immagini
MUS . 42) e la mascherata della tubbiana ( IM. scrizione fornita da Pitrè insieme ai disegni dello
33; ES. MUS. 44). Il rullo del tamburo precede- strumento inerte ( IM. 24b) e in azione (IM. 24a):
va e seguiva la declamazione degli avvisi pub-
blici o dei richiami per la vendita delle più va- Sopra un bocciuolo di canna ben grossa (a),
rie mercanzie da parte dei banditori professio- lungo un tre centimetri e aperto a’ due lati, si tende
nali ( IM. 44; ES. MUS. 47) e, sempre per attirare e lega un pezzettino di pergamena bagnata (b), sul
l’attenzione, veniva utilizzato anche da certi cui centro per due forellini si fa entrare ed uscire un
prestatori d’ope ra itineranti come l’indovina pelo di coda di cavallo (c), ed i capi messi insieme e
( IM. 42), in questi casi gli strumenti impiegati raddoppiati, con un nodicino scorsoio si legano per
potevano tuttavia essere a cassa corta, analoghi un capo solo alla estremità di un pezzettino di canna
al tamburo militare. Un singolare uso del tam- o di legno, dove si son fatte delle intaccature (d).
buro per ritmare il trasporto a spalla del tonno Nodo scorsoio e collo, diciamo così, dell’estremità
è stato rilevato da Favara (1923b, ora in 1959: del bastoncino si bagnano con saliva, e si prende
95-96; ES. MUS. 52). Molto diffusi erano infine con un moto di rotazione della mano a girare l’altra
i tamburi-giocattolo ( IM. 27) (cfr. Bonanzinga estremità della canna (e), così che il bocciuolo rac-
1993b: passim; Sarica 1994: 135-147). comandato al pelo, e questo al legnetto o manico,
gira senza che il pelo s’avvolga al suo manico, ma
B) TAMBURO A CORNICE MONOPELLE scorra. Il rumore che l’attrito del pelo bagnato col
– Tamburello con piattelli metallici (tam - legnetto comunica alla membrana tesa, produce un
mureddu, cìmmulu). Di diametro variabile tra i suono inarticolato caratteristico, che imita lo stride-
20 e i 50 cm., spesso decorato con scene di re del noto insetto di questo nome […]. Si usa tutto
danza dipinte e/o nastri multicolori ( IMM. 17 e l’anno, particolarmente nelle fiere (1883: 419-420).
29). Tradizionalmente impiega to dalle donne
(soprattutto nella Sicilia orientale) per accom- – Mirliton (tuturutù, friscalettu a furgarera).
pagnare canzoni e balli (IM. 1; ES . MUS. 40), ma È costituito da un tubo di canna (circa 15 cm.)
l’uso era comune da parte degli uomini anche una estremità del quale rimane libera mentre sul-
nell’ambito di circostanze c erimoniali come l’altra viene applicata una sottile membrana
nove ne o maschera te carnevalesc he ( IM. 34) (perlopiù di carta velina). La membrana viene
(cfr. Guizzi–Staiti 1989; Sarica 1994: 149-165). fatta vibrare mediante soffi e/o vocalizzazioni
eseguite attraverso un foro quadrangolare rica-
C) TAMBURI A FRIZIONE vato a poca distanza dall’estremità occlusa (IM.
– ” Cac cam ella napoleta na” (p u t i - p u t i) . 28, n. 4); talvolta al foro può essere applicato un
Strumento costituito da un «recipiente a forma cannello insufflatore (IM. 28, n. 2). Comunemen-
di grossa pentola, coperto d’un pezzo di pelle te costruito e usato dai bambini, non di rado vie-
bagnata, a traverso la quale passa ed entra ed ne anche adoperato dagli adulti (soprattutto per
esce un bastoncino, che fa un rumore cupo e ottenere effetti comici o parodistici).
sgradevole» (Pitrè 1913: 288). In Sicilia l’uso
dello strumento era circoscritto al periodo di CORDOFONI
Carnevale e particolarmente alla masc hera ta
dei Pulcinelli descritta da Pitrè (IM. 34). A ) LIUTI A PIZZICO
– ”Cicala” (cirrialoru). È un giocattolo sono- – Colascione (calaciuni). Come la cacca -
ro al cui proposito valga riferire la puntuale de- mella anche questo strumento era tipicamente
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21-49). L imitatame nte a una testimonia nza ( IMM. 22 e 29). Per facilitare l’emissione si po-
raccolta da Favara a Partanna, il flauto di can- teva applicare al foro un bocchino (usualmente
na è segnalato come strumento di richiamo per di piombo), come si può osservare in esemplari
gli a nim ali ( E S . M U S . 3 4; cf r. Bona nz in ga conservati al Museo Pitrè e presso il Museo Na-
1993b: 96-97). Le IMM. 18 e 29 non consento- zionale delle Arti e Tradizioni Popolari di Roma
no d i r ic ava re u lteriori inform azioni sugli (cfr. Tucci 1991: 323-324). La brogna veniva
e se mpla ri ripr odotti. Un suona tor e è raff i- impiegata nell’ambito di varie attività quali la
gurato a lla sinistra de l tamburino nella ma- pesca (codici di segnalazione), la caccia (fra-
scherata della tubbiana ( IM. 32). stuoni dei battitori), la pastorizia (richiami per
gli animali, suoni per scacciare i lupi), l’agricol-
C) FLAUTO DIRITTO POLICALAMO A CANNE CHIUSE tura (richiami durante la vendemmia, la raccolta
– Flauto di Pan (sampugna). L’unica testi- delle olive, la produzione dell’olio e della fari-
monianza relativa alla presenza di questo stru- na) e la raccolta del ghiaccio (richiami dai ne-
mento in Sicilia è fornita da Pitrè, che pubblica vai). L’uso rituale dello strumento è attestato in
anche la fotografia di un esemplare proveniente riferimento alla celebrazione dell’abbondanza in
da Castroreale, prov. di Messina (IM. 28, n. 1). conclusione delle attività contadine e alieutiche,
La struttura dello strumento è particolare: «Le alle pratiche di charivari, alla produzione di fra-
sette canne sono strette in una canna più gran- stuoni con valore augurale e scongiuratorio spe-
de, trasversale, che si prolunga ai due lati, for- c ialmente in occasione del Capodanno e del
mando quasi due manici. Una simile forma non Ca rnevale; si usava inoltre ne gli spe ttacoli
ci risulta testimoniata per nessun altro strumen- dell’opera dei pupi per rappresentare il suono
to italiano (e anche fuori dal nostro paese non del corno di Orlando a Roncisvalle e i ruggiti
conosciamo esempi)» (Guizzi–Leydi 1983: 32). del drago (cfr. Bonanzinga 1993b: 53-54 e pas -
L’altro strumento descritto da Pitrè proviene sim; Sarica 1994: 13-19).
dall’Agrigentino (Aragona) e differisce dal pri-
mo solo per il numero di canne, che sono otto E ) CANNA AD ANCIA SEMPLICE
invece di sette (1913: 426). Entrambi facevano – Clarinetto giocattolo (sampugna). Scrive
parte della collezione del Museo Pitrè, e ancora Pitrè: «Un modello antichissimo di sampogna si
vengono segnalati da Cocchiara nel 1957, che ha in un bocciuolo di canna infilato sino a mez-
però riferisce di «due zampogne a sette cannel- zo, dalla parte inferiore, in un altro più grande
line» (1957: I, 54). Nessuna verifica è comun- con tre fori (IM. 28, n. 3). Quel bocciuolo, molto
que possibile poiché questi importanti reperti comune nel Girgentano (Agrigentino), una cin-
sono andati dispersi. quantina d’anni fa anche nel Palermitano, e for-
se non indipendente dalla tradizione classica, si
D ) TROMBA NATURALE suona come la sampogna piccola di canna, così
– Tromba di conchiglia (brogna, trumma). piena di poesia che i fanciullini soffregandola
Si ricava da una grossa conchiglia (più spesso il tra le palme credono di renderla sonora e gradita
triton nodiferum che abbonda nei nostri mari) recitando la nota formuletta: Sona, sona, sampu -
cui, dopo la ripulitura dell’interno effettuata tra- gnedda / Ca dumani ti fazzu bedda» (1913:
mite bollitura, viene segato l’apice. Il foro così 428). Febo Guizzi ipotizza che il clarinetto illu-
ottenuto consente di soffiare all’interno, produ- strato da Pitrè, presentando solo tre fori digitali,
ce ndo il tipico suono mugghia nte e inte nso possa però essere «parte smembrata di uno stru-
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mento bicalamo» (1985: 118). L’esemplare de- ballo e al canto, musiche natalizie ( ES. MUS. 57),
scritto e riprodotto fotograficamente dal demo- assoli virtuosistici, adattamenti di marce e can-
logo non è presente nella collezione del Museo zoni di successo (cfr. Guizzi–Leydi 1983: 55-
Pitrè, dove è invece conservato un clarinetto di 86; Staiti 1986, 1989; Corsa ro 1992; Saric a
canna dotato di cinque fori digitali (inv. 3702) 1994: 61-105).
(riguardo all’attuale vitalità del clarinetto mono- Lo strume nto de ll’ I M . 12 è sicura mente
calamo e bicalamo nella provincia di Messina, «una zampogna a paro, pittosto piccola e, per
cfr. Sarica 1994: 51-59). quanto si può giudicare dalla pessima stampa
(anche nell’edizione originale), di fattura piut-
F) CANNA AD ANCIA DOPPIA tosto raffinata, simile in questo agli strumenti
– Piffero (pifara, bbìfira, bbifaredda). Lo attuali dei costruttori dell’area messinese. An-
strumento raffigurato nell’ IM. 43, indicato come che la notevole divaricazione del bordone me-
“zampogna”, è chiaramente il tipico “oboe po- dio è simile alla divaricazione che si rileva og-
polare” diffuso nell’Italia centro-meridionale gi, nei modelli piccoli e medi del Messinese»
(cfr. Tucci 1991: 279-285). In Sicilia la presen- (Guizzi–Leydi 1983: 85). La medesima imma-
za dello strumento è specialmente documentata gine è riprodotta su due cartoline risalenti alla
per il pa ssa to nell’area de i Nebrodi (prov. di fine del secolo scorso, una delle quali reca la
Messina). Gli esemplari direttamente osservati didascalia «Sampugnaru». Suonatore di corna -
sono caratterizzati da campana particolarmente m u s a ( c f r. Pugliatti–Ricc obono 1990: 205,
ampia (cfr. Sarica 1994: 123-133), che non si ri- 209). L’ I M. 13 mostra uno z am pogna ro di
scontra nello strumento che appare nell’ IM. 43. Monte doro: «Lo strumento è di dimensioni
medio-piccole e sembra avere solo due bordo-
G) AEROFONI POLICALAMI AD ANCIA INCAPSULATA ni. Il suonatore, seduto, tiene l’otre fra le gi-
– Zampogna “a paro” (ciaramedda). Diffu- nocchia. La posa richiama quella dei suonatori
sa nella parte centro-orientale dell’Isola e nella di area agrigentina e dell’unico suonatore della
provincia di Agrigento. È formata da due canne provinc ia di Ca lta nissetta da me conosciuto
melodiche di uguale misura e da tre bordoni di […]» (Staiti 1986: 211). Nell’ IM. 16 è raffigu-
lunghezza differente. Sulla canna melodica de- rata la zampogna esposta alla Mostra Etnogra-
stra (ritta) si esegue il c anto e sulla sinistra fica Siciliana (Palermo 1891-92): «Lo stru-
(manca) l’accompagnamento. La ritta ha quat- mento, proveniente da Enna, è munito del bor-
tro fori digitali a nteriori e uno posteriore ; la don e picc olo . I l dise gno […] c ostituisc e
manca ha quattro fori digitali anteriori. I bordo- un’importante testimonianza della presenza nel
ni, non sempre tutti presenti e/o attivi su ogni XIX sec. del tipo a tre bordoni in una zona in
strumento, sono così ripartiti: maggiore (basciu, cui attualmente l’uso della zampogna sembra
basso), medio (quatta, quarta), minore (fischiet - abbandona to» (Staiti 1986: 210). Per quanto
tu, fischietto). Ance semplici (zammari) ven- possibile osserva re, una delle due zampogne
gono oggi montate su tutte le canne, mentre un esposte alla Mostra Interprovinciale di Arti Po-
tempo si adoperava l’ancia doppia (pipita) per polari Siciliane (Catania 1936) è del tipo pic-
le canne melodiche (tale uso comunque persiste colo a due bordoni ( IM. 29); dell’altra sono vi-
ancora sporadicamente). L’otre (utri, utru) è co- sibili solo tre canne e parte dell’otre (all’estre-
stituito da una pelle di capra rovesciata. Il reper- ma sinistra della foto), con misure rapportabili
torio comprende brani di accompagnamento al ai modelli più grandi di zampogna “a paro”.
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– Zampogna “a chiave” (ciaramedda). Oggi scorsi diffondevano per tutta la Sicilia; si ese-
è presente solo nel territorio di Monreale, ma gue inoltre una tarantella che i suonatori tal-
più ampia doveva essere in passato l’area di dif- volta intercalano agli altri brani strumentali, ma
fusione. È simile alle zampogne dell’area cam- che non ha mai avuto la funzione di accompa-
pano-lucana, da cui si distingue soprattutto per gnare il ballo. La presenza in repertorio di nu-
l’assenza della “fontanella”. Altro elemento di merosi brani non connessi ai temi della Natività
peculiarità è dovuto al fatto che fra tutti i tipi di (soprattutto storie di santi), lascia supporre che
zampogna presenti sul territorio italiano quella in passato fossero assai più diversificate le oc-
monrealese è l’unica a suonare in minore. Lo casioni d’uso dello strumento (ES . MUS . 39; cfr.
strumento, di dimensioni particolarmente note- Guizzi–Leydi 1983: 86-98; Staiti 1986, 1989).
voli (circa doppie rispetto a quelle della zampo- Gli strumenti raffigurati corrispondono al ti-
gna “a paro”), è formato da quattro canne – due po della zampogna “a chiave” siciliana, come
melodiche e due di bordone – di misura dise- dimostrano le dimensioni, la forma delle canne
guale. La canna melodica destra (c a n t a) ha e l’assenza di fontanella a protezione delle chia-
quattro fori digitali anteriori e uno posteriore; vi (ben visibile nelle IMM. 11 e 15). Il disegno
la canna melodica sinistra (trummuni) ha tre fo- dell’IM. 15 è ricavato da una cartolina che reca
ri anteriori più una chiave aperta che agisce sul la didascalia Tipi siciliani - Suonatore di Corna -
quarto foro. Que st’ultima canna, che misura musa (ristampata in Pugliatti 1982: 197). L’IM.
quasi un metro e mezzo, è anche più lunga dei 14 è invece un bozzetto attento a restituire il
due bordoni: il maggiore (quàitta, intorno a 70 contesto della novena di Natale più che i detta-
cm.) e il minore (fasettu, intorno a 30 cm.). An- gli dello strumento imbracciato dal suonatore
ce doppie (pipiti) vengono di norma montate su (comunque più piccolo della media).
tutte le canne. L’otre è realizzato in pelle di ca-
pra (analogamente a quello della zampogna a A questi vanno aggiunti gli strumenti musi-
paru). Gli attuali e unici suonatori, tutti mon- cali dell’organico bandistico (IMM . 40-41) che
realesi, sono anche in grado di costruire e ac- possono essere impiegati anche autonomamen-
cordare gli strumenti. La “chiave” è la sola par- te, come in particolare accade per le “orchestri-
te della zampogna che non vie ne fabbricata ne” di fiati e percussioni che eseguono le nove-
artigianalmente, ma realizzata adattando nor- ne di Natale, per le trombe che riecheggiano
mali chiavi per strumenti a fiato da orchestra mestamente nelle processioni della Settimana
(particolarmente utilizzata è quella del clarinet- Santa ( ES. MUS. 24), per i rullanti che talvolta
to basso). Anticamente lo strumento era dotato sostituisc ono i tradiz ionali tammurina e per
di una doppia chiave (secondo le testimonianze piatti e grancasse spesso impiegati negli organi-
dei suonatori più anziani e in base ai segni la- ci dei suonatori girovaghi (come a es. nell’IM.
sciati su alcuni strumenti dalla chiave rimossa), 43 dove compaiono insieme all’organetto).
sicché esso con ogni probabilità poteva anche Si segnalano infine cinque richiami per uc-
suonare in maggiore. L’uso di questa zampo- celli (chiami), provenienti dalla provincia di Pa-
gna è oggi limitato alla novena di Natale, dove lermo, riprodotti nell’ IM. 23: a) richiamo di gad -
lo strum ento svolge soprattutto la par te di duzzu (corriere), ricavato da un femore di tac-
accompagnamento al canto. Il repertorio com- chino cavo; b) richiamo di linguedda (fanella),
prende in prevalenza canti sacri, molti dei quali realizzato con un pezzo di latta ripiegata su se
analoghi a quelli che i ca ntastorie dei se coli stessa; c) richiamo di lònara (allodola), costitui-
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to da un tondino di rame forato al centro; d) ri- maniera la persona tutta. Nel fervor della mi-
chiamo di pìspisa (batticoda), ricavato da un schia, dà un passo avanti, un passo indietro, le-
nocciolo d’albicocca forata e vuotata; e) richia- vando in alto quanto può i pugni chiusi, e slun-
mo di petturussu (pettirosso), costituito da un gando e piegando convulsamente le braccia. I sui
quarto di guscio di noce che risuona «passando occhi si spalancano e schizzano fuoco, le nari si
a ventaglio le dita, dal mignolo all’indice, sullo dilatano e la voce si fa concitata e rauca; i piedi
stecchino infilzato longitudinalmente al filo le- pestano incessantemente il suolo, che pel vuoto
gato trasversalmente» (Pitrè 1892: 50). di sotto rintrona; alternansi i momenti di va e vie-
ni, e fra «mozze parole e tronchi accenti» muore
chi ha da morire, fugge chi deve fuggire, cioè i
Le IMM . 2-5 rimandano alla tradizione dei pagani, gl’infedeli, i turchi, i mori come il narra-
contastorie, narratori professionali che decla- tore indistintamente li chiama, e teste e braccia e
mavano storie a soggetto “cavalleresco”: scudi ed elmi rotolano attorno ad un mucchio di
cadaveri, dove pur giace pietosamente qualche
Trapani, Catania, Siracusa, (fino al 1908, valoroso cavalier cristiano. […]
Messina) hanno i loro contastorie; Palermo da Così il cunto, principiato con il segno della
cinque a sei, fissi qua e là nei rioni interni ed santa croce, al quale tutti si sono divotamente
es terni. Novell ano del le gesta dei Paladini di scoperti e segnati, rappresenta ad un tempo il te-
Francia, di quel che essi fecero, di quel che dis- soro della tradizione cavalleresca e l’arte tutta
sero secondo i Reali di Francia ed i principali propria del contastorie. Quest’uomo, che ha so-
poemi cavallereschi divenuti patrimonio del po- lennemente declamato, magistralmente senten-
polo e fonti di nuove e non mai scritte leggende. ziato, adesso, nei brevi riposi, senza muoversi
Le narrazioni si legano tra loro come se prove- dal suo posto, attacca familiare convers azione
nissero da una sola ed unica fonte, e come se, coi vicini, dà chiarimenti, scioglie dubbi, armo-
per esempio, le Prime impr ese di Orlando del nizza fatti apparentemente contraddittori, avvia
Dolce, il Mambriano del Bello, l’Orlando inna - discussioni tra gli intendenti e dirime quistioni
morato del Berni, l’Orlando furioso dell’Ario- nelle quali tutti son competenti, ma tutti si rimet-
sto, il Morgante del Pulci , fossero una storia tono al la sua bravura ed alla sua autorità in-
ininterrotta […] contrastata [Pitrè 1913: 327-328].
Per un anno e mezzo, e per più ancora il con-
tastorie, che è quasi sempre analfabeta, narra sen- Quanto scrive Pitrè si riferisce alle tipiche
za leggere le imprese dei suoi amati guerrieri, li modalità di una esibizione palermitana, con at-
prende al primo loro nascere o prodursi nel cam- tenzione per l’incidenza della trasmissione ora-
po della rinalderia e li accompagna fino alla loro le in ordine ai meccanismi di riplasmazione di
morte o scomparsa. Armato d’un bastone a forma autorevoli fonti letterarie: il contastorie «narra
di spada, che vuol essere quella di Rinaldo, pre- senza leggere», agendo su di un rudimentale
senta un dopo l’altro i suoi personaggi e li fa par- palcoscenico di legno posto contro una parete
lare come ragion comanda; ne ripete per punti e che funge da sfondo (IM. 3). Diverse si presen-
virgole i discorsi e i dialoghi; ne declama le ar- tano però le consuetudini rileva te a Catania,
ringhe; schiera in ordine di battaglia gli eserciti dove il conta storie viene fotografato mentre
cristiani ed i turchi e li conduce agli scontri agi- legge stando seduto in mezzo al circolo degli
tando energicamente le mani e piegando in ogni ascoltatori (IMM. 4-5):
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Non v’è più l’arte per l’arte e qualche sprazzo edicola eseguendo soprattutto canti sacri (cfr.
di genio che spesso non mancava. Ora, col libro Buttitta 1960). La vicenda degli orbi è ufficial-
in mano, non si fa che un’oretta di placida lettu- mente documentata a partire dal 1661, anno in
ra, proprio come ai collegiali in refettorio; ed in- cui – secondo le fonti più accreditate – si riuni-
vece delle meravigliose istorie della Tavola Ro- r ono a Pa le rmo ne lla c ong re ga zion e del-
tonda, sbuca come un ladro dalla tasca del canta- l’Immacolata Concezione, sotto la protezione
storie il romanzetto francese, mal tradotto e peg- dei padri gesuiti (tale congregazione, seguendo
gio fatto, che cerca anche lì di soppiantare l’one- le sorti della Compagnia del Gesù, venne sciol-
sta lettura italiana, stuzzicando con qualche frase ta nel 1767 per essere ricostituita nel 1806). Il
oscena gli appetiti di questi discendenti degli an- complesso delle testimonianze relative all’atti-
tichi ascoltatori, che mai si sarebbero sognato, lo- vità degli orbi fra Settecento e Ottocento offre
ro vivi, un tal cambiamento in quella primitiva un quadro de ttagliato sia de l loro repertorio
letteratura [Paternò Castello 1907: 33]. (costituito in prevalenza da canti religiosi ma
anche da storie, canzuni, canzonette e musiche
Il ricorso alla lettura e il deprecato amplia- da ballo) sia delle occasioni in cui essi si esibi-
mento tematico è avvertito da Paternò Castello vano dietro compenso (celebrazioni a carattere
come esito di un progressivo sfaldamento del- religioso, feste nuziali e conviviali, serenate,
l’autentica tradizione. È comunque significativo spetta coli dell’opera dei pupi) (c fr. Guggino
che questa divergenza tra narrazioni affidate al- 1980, 1981, 1988; Bonanzinga 1993a). L’orga-
la memoria oppure alla scrittura sia persistita fi- nico degli orbi era essenzialmente formato dal-
no all’ultima generazione, rispettiva mente, di la coppia: un suonatore di violino e uno di ci -
contastorie palermitani e catanesi (cfr. Perret tarruni ( IM. 10). A questi potevano aggiungersi
1954-56; Burgaretta 1989; Di Palma 1991; Ley- altri suonatori (di mandolino, flauto di canna,
di 1991: 142-143; Pasqualino 1992). triangolo etc.) e il gruppo manteneva, nel gergo
I contastorie, in genere, non utilizzavano il dei cantastorie, la denominazione di coppia, a
cartellone con dipinte le scene della storia da ribadire la funz ione preminente de i due che
narrare. La qualità dell’ IM. 2 non consente di eseguivano prima e seconda voce (cfr. Guggino
individuare quale sia la vicenda raffigurata, ma 1980: 36-40). La figura del ca ntastorie cieco
la fotografia è preziosa in quanto attesta la pre- era talmente consueta che, come ricorda Pitrè, i
senza di un contastorie itinerante – distinguibi- suonatori ambulanti venivano chiamati orbi an-
le alla destra del cartello in posizione rialzata che a prescindere da una reale condizione di
(presumibilmente su tavolato) – in un paese cecità: «Dire orbu, e dire sunaturi o ninnarid -
della Sicilia interna (Montedoro). daru, è lo stesso» (1889: I, 345).
Gli orbi avrebbero anche contribuito – se-
Una diver sa form a di ra pprese nta zione condo quanto afferma il marchese di Villabian-
spettacolare era quella offerta dai cantastorie e ca nella seconda metà del Settecento – alla cir-
dagli orbi, ancora operanti in Sicilia fino a po- colazione di canzoni di vario argomento (cro-
chi anni addietro: figure che solo in parte coin- naca nera, politica, satira, ecc.) stampate su fo-
cidono stante il fatto che dopo il secondo con- gli o libretti. Per certo essi furono particolar-
flitto mondiale mentre i primi cantavano nelle me nte a ttivi ne lla ca pillare diffusione della
piazze storie ispirate a fatti di cronaca nera, i poesia popolare religiosa ( ESS. MUS. 25 e 32).
secondi andavano di casa in casa e di edicola in Questa era, com’è noto, sostanzialmente con-
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trollata dalla Chiesa che, attraverso la scrittu- stici e dei moduli espressivi prevalenti nelle di-
ra, fissava temi e motivi destinati alla più am- verse parti dell’Isola. Oltre alle ordinanze uffi-
pia rice zione popola re (c fr. Guggino 1980, ciali, molto spesso venivano trasmesse notizie
1988). Gli autori che mate rialmente pose ro di pubblica utilità (frequente era per esempio
mano alla stesura dei testi furono sia di estra- l’uso di ricorrere al servizio del banditore per ri-
zio ne laica come Pietro Fullone (Palermo, trovare animali smarriti). Altrettanto comune
XVII secolo) o Antonio La Fata (Catania, pri- era, specialmente in ambiente urbano, valersi
ma metà del XVIII secolo), sia di provenienza del banditore sia per reclamizzare l’apertura di
ecclesiastica c ome il canonico Antonio Dili- nuove botteghe sia per sostenere vere e proprie
berto (Monreale, XVIII secolo) o il sacerdote campagne propagandistiche, offrendo la merce
Giovanni Carollo (Carini, seconda metà del migliore al prezzo più conveniente nonché di-
XIX secolo). Quest’ultimo, che diresse a Pa- sprezzando le altrui mercanzie (a Palermo tale
lermo una “scuola per ciechi” , specialmente pratica si è mantenuta anche in anni recenti e
agli allievi propensi a intraprendere il mestiere sporadicamente ancora persiste; cfr. Bonanzinga
di cantastorie intese destinare alcune antologie 1993b: 83-85, 1995b: 7-10).
di canti sacri in dialetto ( IMM. 8-9). Tra i com- I richiami vocali, comuni ancora in tutta la
ponim enti di p iù d uraturo su cce sso van no Sicilia per la vendita di certi generi alimentari
inoltre ricordati la storia di Santa Ginue ffa (soprattutto pesce, frutta e orta ggi), erano un
Girmanisa di La Fata ( IM. 6; ES. MUS. 31), la tempo impiegati per reclamizzare qualsiasi of-
cui prima stampa risale al 1735, e la novena di ferta di prodotti o servizi ( ESS. MUS. 20-23, 48,
Natale Viaggiu dulurusu di Maria Santissima e 60-61). Le abbanniati o abbanniatini (secondo
lu patriarca S. Giuseppi in Betlemmi ( IM. 7; le voci in uso nel Palermitano) si fondano su
ES. MUS. 32), composta intorno alla metà del un complesso formulario di espressioni – con
Settecento da Diliberto e ancora oggi eseguita ampio ricorso a figure retoriche quali compa-
nelle più svariate combinazioni strumentali e razione, perifrasi, metafora, iperbole – intese
canore (cfr. Garofalo 1990b). allo scopo di menzionare e descrivere la merce
Nel repertorio sacro erano anche specializ- in vendita (cfr. Pennino 1990: 422-426). Di
zati i suonatori di zampogna “a chiave” di Pa- frequente esse veicolano anche contenuti cari-
lermo e Monreale (cfr. supra), i quali solita- chi di ironia e allusività, specialmente a sfondo
mente si esibivano assieme a un cantore che, erotico, che accomuna emittenti e destinatari in
oltre a declamare il testo, usava ritmare con il un orizzonte di reciproca complicità (cfr. Bo-
cerchietto le parti strumentali (IM. 11). nanzinga 1995b: 15-17). In ordine alla forma
sonora si rileva un fa scio di modalità che va
La figura del banditore municipale (bbannia - dal grido ritmico al vocalismo modulato. I testi
turi, abbanniaturi, vanniaturi) era ancora molto non presentano una rigida struttura metrica e
comune in Sicilia fino agli anni Cinquanta. Gli solo di rado sono rapportabili a specifici shemi
avvisi, che venivano declamati ad alta voce, era- strofic i (cfr. Tiby 1957: 96-97; Bonanzinga
no perlopiù preceduti dal suono del tamburo con 1993b: 100-103).
cui si eseguivano semplici ritmi per attirare l’at- Nelle IMM. 45-49 sono raffigurati nell’ordi-
tenzione ( IM. 44; ES. MUS. 47). Le inflessioni vo- ne il fioraio, il venditore di sale (ES . MUS. 60),
cali e l’articolazione formale dei messaggi era- l’acquaiolo ( ES. MUS. 48), il pescivendolo ( ES.
no molto varie e risentivano dei registri lingui- MUS . 61) e il venditore di agli:
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I fiorai ambulanti inastano enormi fasci di lo di mare! Figliata d’ora, d’ora!… – intendi: i
mazzi di zagara, di viole, di rose, di garofani, di pesciolini. – Oh ch’è bella, ch’è viva!) [Rubino
gaggia, di gelsomino, secondo le stagioni, e li 1925: 157].
portano trionfalmente in giro gridandoli allegra-
mente e con musicali cadenze [Pitrè 1913: 19]. Mobilissimo venditore è «l’agghiaru» (ven-
ditore di agli), perché porta tutta la sua merce in
Oh sentitelo il venditore di sale, quest’avan- mano, a fasci, o al collo, in trecce o reste, che gli
zo di zi ngaro, come appare dalla fotografia, danno certo poca noia col loro peso. Il suo grido
quest’infelicissimo tra gl’infelici venditori di Pa- è un bell’esempio di salace sottinteso: Ci vonnu
lermo: – Sa…a…le! – È il suo grido monotono, l’agghi p’i vicini! A menza lira la trizza, l’agghi!
sempre vecchio e sempre nuovo, che vi richiama (Ci vogliono gli agli per i vicini. A mezza lira la
alla mente tante altre grida di venditori poveri treccia, gli agli!).
[…] [Rubino 1925: 157]. E sta a significare che siccome l’aglio si fa
sentire col suo odore penetrante e persistente,
Ed ecco l’acquaiolo, che gira colla sua broc- così occorre l’aglio per far sentire la nostra pre-
ca piena d’acqua, col suo pittoresco deschetto o senza ai vicini… qunado ne sia il caso! [Biagini
tavulidda, sormontata oltre che dai bicchieri di 1938: 860].
vet ro e dall’immancabil e bottigl iet ta d’anice
(zammù), dai soliti piattelli di rame per servire Ai richiami vocali, spesso amplificati dal
l’acqua in bicchieri, colino pel succo di limone rullo del tamburo o dal suono di qualche altro
strizzato e qualche volta anche da fanaletti per la strumento (tromba, campanella, ecc.), ricorre-
sera. Va girando, dico, per le strade e le piazze, vano anche prestatori d’opera come gli indovi-
offrendovi con uno o due soldi quel che volete: ni girovaghi (addivinavinturi) (IM. 42):
acqua semplice, acqua collo zammù (anice), ac-
qua limonata. Nelle grandi feste, osserva il Pitrè, Un tamburo, una trombetta richiama in que-
vi offre delle boccette di acqua colorata, e con sto caso l’attenzione del pubblico, e dopo ciò un
intonazione propria e particolare grida ai fan- grido, una voce che dà spiegazione del tutto, che
ciulli: Nu guranu ’na buttigghiella! / Tàstala e serve ad invogliare la gente a farsi predire la
vidi ch’è bella (Un grano – 2 cent. – una botti- buona o la cattiva sorte. Pagamento: un soldo, e
glietta! / Assaggiala e vedi com’è bella!) [Rubi- per questo voi avrete il vostro responso, e sapre-
no 1925: 157]. te a un di presso se sarete un uomo felice od in-
felice. Così in teoria. Ma in pratica voi vedrete
Molto diverso è invece il grido del pesciven- che non è così; i responsi sono quasi tutti uguali;
dolo, se non altro per il suo ritmo allegro e sal- a tutti vengono predette felicità e ricchezze a
tellante e per il gran numero di aggettivi e di tra- mezzo di appositi biglietti a stampa tirati dalla
slati dei quali viene arricchito: – Ccà è ’a frittu - massa da qualche topo od uccello ammaestrato,
ra ’i Rumagnuolu, ccà! ’A frittura vera viva! a tutti promesse grosse vincite al lotto ed un’otti-
Zuccaru, zuccaru è…! Zuccareddu di mari! Fig - ma moglie, anche quando non se ne sente il bi-
ghiata d’ora, d’ora!… Oh ch’è bella, ch’è viva! sogno, o siete… sposati! [Rubino 1925: 157].
(Qui è la frittura di Romagnolo, qui! – intendi: il
pesce che può dare una buona frittura. – La frit- Biglietti a stampa per predire la sorte erano
tura vera viva! Zucchero, zucchero è! Zuccherel- anche merce comune per un’altra categoria di
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girovaghi, i venditori di “pianeti”, che giungen- d’Italia: il bandieral nel Trentino; la “giostra
do nei paesi usavano annunciarsi per mezzo di de lle bandiere ” ne l Palio di Siena; la “danz a
una vivace performance sonora: dell’insegna” negli Abruzzi, nelle Marche e
nelle Puglie; il “gioco degli stendardi” in Basi-
[…] immaginate la sorpresa […], quando si licata e in Calabria (cfr. Bragaglia 1950: 195-
vede sbucare da una curva molto rapida della stra- 201). Lo stendardo è formato da un’asta di le-
da provinciale un gruppo così strano come quello gno di misura variabile (tra cinque e dieci me-
illustrato dalla fotografia [IM. 43]; un gruppo di- tri) con all’apice un globo sormontato da una
remmo quasi musicale, in cui si vede tra l’altro un croce ( IMM . 30-31); l’asta è attraversata nella
uomo sonare contemporaneamente tre istrumenti, pa rte superiore da una stanga (lunga al mas-
fisarmonica [organetto], gran cassa e piatti, ser- simo due metri) da cui pende un drappo fine-
vendosi delle mani, del gomito e del piede destro, mente de corato (invec e della sta nga c on il
un secondo che fa squittire una zampogna [piffe- drappo si trovano a volte lunghi nastri multico-
ro] ed un terzo che regge una gabbia con dentro un lori pendenti direttamente dal globo). Gli sten-
uccello. Son questi venditori di «pianeti», una spe- dardi, che perlopiù rappresentano le insegne
cie d’indovini che percorrono chilometri e chilo- delle confra ternite laicali, vengono reca ti in
metri di strada a piedi, in quell’arnese in cui li ve- processione nelle celebrazioni festive e acroba-
dete, per sbarcare il lunario [Rubino 1930: 362]. tica mente ma neggiati (maniati). L’asta viene
tenuta sul palmo di una mano, sul solo pollice,
sul mento, sulla fronte ( IM. 31), sul petto stan-
Alcuni momenti caratterizzanti i principali do in piedi o in ginocchio, sul gomito. Gli
contesti festivi sono illustrati attraverso disegni stendardieri più abili riescono pe rfino a bal-
e fotografie. lare, reggendo l’asta sul gomito o sul petto, al
I suoni dei tamburi ( IMM. 38-39) e dei com- ritmo di marcia o di tarantella. È oggi ancora
plessi bandistici ( IMM. 40-41) non sono connessi possibile osse rvare il gioc o dello stendardo
a celebrazioni specifiche, ma connotano im- eseguito in circostanze rituali. A Petralia So-
mancabilmente il tempo della festa: annunciano prana gareggia no, a esempio, ste ndardieri e
le vigilie, animano i cortei processionali, ac- tamburinai rispettivamente per le congregazio-
compagnano lo svolgimento di danze e panto- ni del Santissimo Salvatore e della Madonna di
mime. Durante la Settimana Santa i tamburi so- Loreto (in diverse occasioni festive, ma spe-
no listati a lutto e “scordati” in modo da confe- cia lmente il 6 a gosto per la proc essione del
rire gravità al suono (ESS. MUS. 24 e 46), mentre Salvatore). A Dèlia, la Domenica di Pasqua
le bande eseguono esclusivamente marce fune- vengono esibiti gli stendardi di Gesù Risorto
bri (cfr. Bonanzinga 1993b: passim). (di colore rosso) e della Madonna (azz urro),
Al suono del tamburo, e sporadicamente “giocati” a turno da molti giovani del paese. A
della zampogna (cfr. Favara 1957: II, n. 957), Belmonte Me zzagno è la supe rstite confra -
si esegue il ballu, o iocu, du stinnardu (ballo, o ternita del Santissimo Crocifisso a conservare
gioco, dello stendardo) che costituiva, e in par- la tradizione dello stendardo, che viene recato
te tuttora costituisce, una delle maggiori attrat- in processione e “fatto ballare” due volte l’an-
tive delle feste popolari in numerosi centri del- no, per la festa del Crocifisso (21 settembre) e
la Sicilia ( ES. MUS. 42). Si tratta di una variante per la Domenica di Pasqua (cfr. Bonanzinga
delle “ ba ndie rate” diffuse in diverse regioni 1993b: 106-107).
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Le modalità della novena di Natale eseguita ca, alta tre metri circa. Dalla estremità superiore
a Palermo dai suonatori di zampogna “a chia- di essa pendono, per la medesima lunghezza, ven-
ve” (IM. 14) vengono così riferite da Pitrè: tiquattro nastri (curdeddi) di tre o più metri di co-
lori diversi. Dove la maschera della pertica si fer-
Il ciaramiddaru, che va raccogliendo i suoi ma – e le fermate son fissate prima in certi dati
clienti qualche giorno prima della novena sonan- posti, per lo più larghi e capaci – i musicanti suo-
do qua e là qualche pezzo per le vie e pei chias- nano un motivo particolare, che per la circostanza
suoli, suona, per lo più sull’imbrunire, innanzi a è detto di la curdedda. A un dato segno, la pertica
qualche immagine della Sacra Famiglia parata a si ferma, è messa ritta, ed i nastri, lasciati liberi,
fronde d’aranci forti (aranci di manciari) cari- svolazzano. Le maschere come per incanto, con
che di frutta. Stanno accese innanzi ad essa nove prontezza e celerità indicibili, ne prendono una
candele di cera, numero dei giorni della novena, ciascuna, quella s’intende che è stata loro asse-
multiplo del tre, che è numero perfetto; e le sue gnata, la quale ha per distintivo il colore. E nel far
sonate non sorpassano il quattro, della durata di questo, si scostano di tanto dall’asse quanto i na-
dieci minuti ciascuna. Ve n’è una che s’intitola: stri permettono, e reggendo questi con la mano,
Sant’Antuninu; una, S. Giuseppi, una terza, Lita - cominciano torno torno una grande chaîne. Il
nie, e ci si sente la melodia popolare della ora- muoversi, l’intrecciarsi delle coppie è rapido, ver-
zione di Sant’Antonino, il protettore delle ragaz- tiginoso; e frattanto si vede dall’alto in basso della
ze da marito; di quella di S. Giuseppe, il padre pertica, intrecciarsi in forma di tessuto i venti-
della Provvidenza, e delle Litanie lauretane [ps. quattro nastri a quadrati regolari e variopinti.
De Moreno 1893: 5]. Quando poi il tessuto ha consumato i nastri,
le coppie rifanno il ballo in senso inverso; e così
Danze e maschere di Carnevale sono raffi- l’intreccio si scompone per essere ricomposto
gurate nelle IMM . 32-37. subi to in alt ro s it o coi me des im i ele menti
Un’attestazione singolare è quella del “ballo [1913: 294-296].
della corde lla” in ve rsione carnevale sca ( IM .
32). Non si tratta infatti di un ballo specifica- Balli in cui i danzatori si muovono circolar-
mente connesso al Carnevale, anche se la detta- mente intrecciando nastri multicolori pendenti
gliata testimonianza di Pitrè lascia supporre che da un palo sono diffusi in tutta Europa (dalla
la sua riedizione in questa forma venisse all’e- Spagna alla Russia, dalla Scandinavia all’Italia),
poca ampiamente praticata: e il medesimo motivo si ritrova tanto in India
quanto nello Yucatán e in Venezuela (nell’ambi-
Questo ballo pantomima è in us o special- to di tradizioni pre-ispaniche). A prescindere
mente nelle due Petralie e, perché poco cono- dalla dislocazione geografica, costante resta il
sciuto, meritevole di particolare menzione. senso di questa danza intesa a propiziare i cicli
S’immaginino ventiquattro maschere, quale vitali della terra e dell’uomo. Il palo centrale,
di turco, quale di demonio, quale di cane, di sempre ornato da fronde e/o primizie, è infatti
pulcinella, di soldato, di dottore, di contadino, di una stilizzazione dell’albero, potente simbolo
gran dama, di barone ecc. della continua rigenerazione della natura e del
Divise a due per dodici coppie, partono da un cosmo nei rituali arcaici. Si noti che in Africa
dato punto, precedute da alcuni sonatori anch’essi del nord e in varie zone d’Europa uomini e don-
mascherati e da altra maschera che reca una perti- ne danzano a coppie intrecciando corde penzo-
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lanti direttamente dai rami di un vero albero (cfr. La Tubbiana raccoglieva in Palermo una lie-
Sachs 1966: 84-86). In Sicilia questa forma co- ta bri gata di popol ani cam uffat i chi da
reutica (ballu da curdedda) si è diffusa e traman- pecoraio, chi da spagnuolo, chi da vecchia, chi
data esclusiva me nte nell’are a de lla Ma donie da pastore, chi da re, chi da regina, chi da matto
(provincia di Palermo). Secondo quanto riferito e chi perfino da brigante che sparava a crusca o
da alcuni anziani contadini, il ballo era stretta- a polvere d’amido col fucile. Le varie nazioni
mente connesso alle cer imonie nuziali e ai che misero piede in Sicilia vi erano più o meno
festeggiamenti per un abbondante raccolto (sim- largamente rappresentate. L’inglese era sempre
bolo propiziatorio era tra l’altro un ciuffo di spi- ubbriaco, con la maschera brizzolata di sangue;
ghe di grano intrecciate, a scocca, fissato in ci- lo spagnuolo, azzimato. La parodia diventava
ma al palo). Poteva eseguirsi nelle aie o nelle ca- spiritosa a proposito di certe professioni. […];
se, in grandi stanzoni appositamente predisposti l’uomo di legge, l’uomo di chiesa, l’architetto
con un foro al centro del pavimento per collocar- aveano tutti la loro maschera; ed i costumi loro
vi il palo (in alcune borgate rurali tali modalità erano caricature [Pitrè 1913: 280-283].
sono perdurate fino ai primi anni Cinquanta). Il
ballo ancora oggi eseguito a Petralia Sottana è Sa lomone Marino fa derivare il termine
invece l’esito di una operazione attuata negli an- tubbiana da un verso contenuto nel poema dia-
ni Trenta da uno studioso locale, Francesco Tro- lettale seicentesco La Cuccagna conquistata di
pea, che in base agli usi tradizionali ne ha riorga- Giuseppe De Montagna (Palermo 1640). In es-
nizzato i tratti in senso spettacolare. L’edizione so si menziona un ballo cantato a voci alterne
ufficiale è quella che si svolge ogni anno, la pri- da due schiere di sonatori e sonatrici: «Il can-
ma domenica dopo ferragosto, nel campo sporti- to, le cui note svolgevansi insieme ai passi ca-
vo del paese dopo il “corteo della sposa” (rievo- denzati che i cantori facevano gira ndo per la
cazione storica degli antichi cortei nuziali). sala, chiamavasi bernagualà […]; ma, dal suo
Ra ppre se ntazioni tipiche de l Carneva le, ritornello, chiamavasi ancora: Tubba catubba e
caratterizzate da pratiche coreutiche e canore, nània nà, e questo pare sia stato il nome, dicia-
erano la tubbiana ( IM . 33) e la mascherata dei mo così, volgare e comune» (1907: 539). Né la
“Pulcinelli” ( IM . 34). descrizione di Pitrè né l’erudita etimologia
proposta da Salomone Marino contribuiscono
Compos ta di più dozzine di maschere, la tuttavia a precisare quale fosse l’esatta fisiono-
Tubbiana non era soltanto uno dei «suoni che mia di questa danza carnevalesca, descritta co-
ordinariamente si fan sentire dei strumenti er li me un corteo di maschere che sfilano compien-
balli che tengono il Mastro di Campo, i Lazzari, do separa tamente le loro azioni per poi im-
le Mamme Lucie ecc.» come disse il Villabianca, provvisare balli negli spiazzi più adeguati. Al-
ma anche tutta una mascherata, dove pazzeschi la struttura coreutica fa invece specifico riferi-
personaggi disordinatamente ballavano, saltava- mento Favara, nel quadro di un’importante te-
no, sgambettavano facendo un vero pandemonio. stimonianza raccolta a Palermo:
L’orchestra era ambulante, e la componeva un
enorme tamburo, al quale si accompagnava un T u b b i a n a: si mettianu li megghiu robbi,
piffero e un paio o due di castagnette, come si fa vrazza chini di fittucci, fazzuletti di sita antichi.
per la novena di Natale [ES. MUS. 44]. «Pari ’na tubbiana» – si dice di una donna ve-
[…] stita di un abito a colori sgargianti. Erano i mi-
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“Re”, arroccato insieme alla “corte” in un “ca- Subito dopo ho udito il battere attutito dei
stello”, e conquistare la “Regina” ( IM. 36). Tra tamburi e sono andata all’estremità della piazza
ca v alie r i e d a me a bbig lia ti in co stu mi per vedere venir giù la processione. […].
me dievaleggia nti, maghi e ere miti, briga nti Venivano avanti per primi circa cinquanta ra-
che formano un servizio d’ordine chiamato gazzi, che di tanto in tanto, ad un dato segnale,
fofòrio, spicca la rossa maschera del protago- agitavano tutti insieme dei sonagli di legno, quei
nista, caratterizzata da folte sopracciglia, gros- particolari giocattoli della Settimana Santa dei
si baffi e labbro inferiore sporgente. Egli bran- paesi romano-cattolici del Sud.
disce una spada mimando una lotta al suono Dietro a loro camminava un uomo con una
del tamburo. A ostacolarne l’avanzata è il pi - lunga tromba, da cui, ad intervalli di un minuto,
curaru (figura demoniaca) che svolge un’azio- quando i sonagli tacevano, emetteva una nota
ne di disturbo muovendosi r itmica mente al acuta, una soltanto; poi venivano i tamburi dal
suono dei campanac ci che gli pendono alla suono smorzato – avvolti in un crespo nero co-
cintola. Questa rappresentazione, in una forma me per un funerale – che battevano un colpo di
più sintentica mente centra ta sull’azione del tanto in tanto.
“Mastro di campo” all’assalto del “castello”, […]
era molto comune anche nei quartieri popolari L’urna era portata a spalla da circa quaranta
di Palermo fino all’inizio del secolo (cfr. Pitrè uomini mentre altri reggevano un baldacchino
1913: 276-278; Rubino 1914b; Gattuso 1938), di seta rossa e gialla. A fianco dell’urna altri
e Favara riporta i diversi ritmi di tamburo che portavano una statua di legno della Madonna
ne accompagnavano lo svolgimento (ES. MUS. […]. Dietro seguiva una folla di donne, con la
45). L’antagonista era in questo caso un “tur- testa e la faccia nascoste dalle nere mantelline,
co” (turchiceddu, schiavottino), anch’egli ar- salmodianti un canto funebre. Mi sentii prende-
mato di spada. re da una grande tristezza alla vista della pro-
Un momento cruc iale dei riti della Setti- cessione che attraversava lentamente la piazza
mana Santa è raffigurato nella fotografia c he sotto un cielo di piombo, mentre di tanto in tan-
documenta la processione dell’ascesa al Cal- to il tamburo dal suono smorzato e la tromba
vario nel paese di Montedoro ( IM. 40). È que- emettevano la loro nota funerea in mezzo a tutte
sta la fase in cui più intensa si manifesta l’e- quelle figure in nero che cantavano, e alcune
spressività popolare attraverso suoni e canti delle quali erano in ginocchio. Uscimmo dal
che rievocano la Passione di Cristo ( ESS . MUS. paese per vederla procedere su per la nuda e de-
11, 13, 15, 24, 46), come ancora acca de in solata collina che, con la sua croce, davvero so-
numer osi cen tri d ella Sic ilia (cf r. Buttitta miglia tanto al Golgota.
1978: 2 0-25; Bona nzinga 1 993b: p a s s i m; Attorno a noi, s otto, dietro, sulla col lina,
Macchiarella 1995b) analogamente a qua nto donne in nero stavano umilmente in ginocchio,
osse rva va con par te cipe e mozione Lo uise alcune quasi prostrate, avvolte nei loro mantelli,
Hamilton Caicc o: facendo ala alla processione che saliva lenta-
mente per il ripido sentiero del Calvario, verso la
All’una gli spari del mortaio hanno chiamato croce e le tre bandiere nere, sotto un cielo grigio,
la popolazione all’Oratorio per rilevare l’effige mentre i sonagli, i tamburi smorzati e la tromba
di legno di Nostro Signore e portarla al Calvario dal suono disperato cadenzavano il triste accom-
per essere crocifissa. pagnamento [1910, trad. it. 1983: 68-69].
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Contadini e pescatori che operano secondo chiami rivolti agli animali. L’emissione vocale
le m odalità tra diz ionali sono ritra tti nelle può andare dal grido a forme tendenti al parla-
IMM . 50-58. to (ESS . MUS . 50 e 56). Oggi è ancora sporadi-
Le fotografie dei mietitori che procedono a c amente possibile assister e alla tr ebbia tura
schiera (IM. 50) e che acclamano san Calogero, tradizionale, specialmente eseguita da anziani
innalzando sopra il capo un mannello di spighe c onta dini che posseggono piccoli appez za-
( IM. 51), documentano il modo in cui si svolge- menti in zone isolate (cfr. Guggino 1974; Bo-
va la mietitura in molte zone della Sicilia ancora nanzinga 1995c).
fino ai primi anni Sessanta. Il lavoro era com- La misura del grano ( IM. 55) era pure fre-
piuto dall’opra d’ommini (opera d’ uomini), quentemente caratterizzata da espressioni ste-
composta da almeno otto mietitori più un liga - reotipe declamate con particolare inflessione.
turi (legatore) incaricato di raccogliere i man- Significative testimonianze relative alla misu -
nelli di spighe (ièrmiti) e riunirli in covoni (gre - ratina di lu frumentu sono fornite da Favara
gni). La squadra doveva trovarsi presso il cam- che ne documenta tre varianti (cfr. 1957: II, nn.
po da mietere (all’antu) poco prima dell’alba. 485-487). Le prime due presentano un carattere
Appena la luce lo permetteva si iniziava a lavo- chiaramente melodico, nella terza si alternano
rare, con i mietitori disposti a schiera e il ligatu - invece il parlato e il canto ( ES. MUS. 51; sulle
ri alle loro spalle. In questa fase, e tutte le volte “ conte” effettuate in contesti ergologici, cfr.
che si riprendeva il lavoro dopo le prestabilite Bonanzinga 1993b: 77-78).
pause ristoratrici, si intonava una tipica “lita- Scene della pesca del tonno (mattanza) so-
nia”, eseguita in forma responsoriale da ligaturi no documentate nelle IMM. 54-56. L’antica tec-
e opra d’ommini. I mietitori potevano quindi nica prevede tra l’altro il supporto ritmico del-
liberamente cantare le canzuni del re pertorio le voci dei pescatori (tonnaroti) nel momento
contadino (ES . MUS. 55). La conclusione del la- in cui si devono tirare le reti (ESS . MUS. 6 e 52;
vo ro e ra imma nc a bilm en te se gna ta d al- ma cfr. anche ESS . 16 e 18). Questo ritmo, de-
l’acclamazione corale rivolta a san Calogero: nominato cialoma (celeuma, celesma), presen-
Evviva san Calò! (cfr. Bonanzinga 1995c: 118- ta struttura responsoriale. Il pescatore che fun-
126; Garofalo 1995a). ge da solista propone la parte narrativa e tutti
La battitura dell’aia (pisata, pisatina, pise - gli altri rispondono aiamola (o amola, zozza
ra) si eseguiva mediante l’impiego di uno o nui, gnanzòu ecc.) mentre compiono lo sforzo
più animali (ordinariamente muli, ma un tem- di tirare. Di solito la cialoma è suddivisa in
po anche cavalli, buoi o asini). Questi veniva- due tempi: il primo, di andamento più ampio,
no guidati in moto circolare da un contadino ca ra tterizza la prima fase de llo sforzo; il se-
(pisaturi, cacciaturi) in modo che gli zoccoli condo, più serrato, si esegue quando la rete sta
potessero calpestare uniformemente i mannelli per affiorare. Il contenuto della parte narrativa
di spighe sparsi sull’aia ( IM. 52). L’azione era è in prevalenza composto da espressioni devo-
scandita da apposite formule fonico-ritmiche zionali. Di tutte le tonnare un tempo attive in
(spesso dette muttetti di lu pisatu) pronunciate Sicilia, ne restano in funzione solo alcune del
dal pisaturi allo scopo di indurre gli animali a Trapanese (in particolare quella di Favignana),
ma nte nere costante l’a ndatura . Si tra tta di dove è ancora possibile osservare la mattanza
espre ssioni devoz ionali (acc la mazioni, r in- tradizionale (cfr. Guggino 1986; Bonanzinga
graziamenti, invocazioni) e di esortazioni e ri- 1993b: 67-68, 78).
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prevalevano le incitazioni alla voga (tuttu paru mento binidittu! (con riferimento al patrono lo-
fotti i rimi, tuttu paru giuvinazzi, fotti Catuzzu: cale san Nicola) pronunciata dal falirotu o da
avanti così forte sui remi, avanti così ragazzi, uno dei rematori (riguardo alla specificità di
forte Agatino) e gli ordini per raggiungere e questo codic e di segnalaz ione nel più ampio
colpire la preda. Il tiro andato a segno era ac- quadro dei richiami dei pescatori, cfr. Bonan-
compagnato da ll’a ccla mazione di ringrazia- zinga 1993b: 89-91).
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2. Contastorie con cartellone dipinto – Montedoro (settembre 1902, coll. del Museo Pitrè)
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5. Contastorie, «un punto culminante della narrazione» – Catania (Paternò Castello 1905)
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6-9. Frontespizi di libretti contenenti storie sacre (coll. del Museo Pitrè)
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10. Coppia di orbi con violino e citarruni – Montedoro (Hamilton Caico 1910)
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(a)
(b)
16. Zampogna “a paro” (a), ciondoli per zampogna (b) – Enna (Pitrè 1892)
19. Scacciapensieri
Palermo (Pitrè 1892)
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21. Campanaccio per capra (appeso a collare dipinto) – Palermo (Pitrè 1892)
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7
6
9
10
29. Sala delle “Arti sociali” alla Mostra Interprovinciale di Arti Popolari Siciliane di Catania
(Naselli 1936); a sinistra dall’alto: flauti di canna, tamburelli decorati, zampogne “a paro”,
trombe di conchiglia e fischietti di terracotta
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32. “Ballo della cordella” (in versione carnevalesca) – Petralia Sottana (Pitrè 1913)
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36. Pantomima del “Mastro di campo” 37. Costume carnevalesco del “pecoraio”
(assalto al castello) – Mezzojuso (Pitrè 1913) (con campanaccio) – Palermo (Pitrè 1913)
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40. Complesso bandistico in coda alla processione del Venerdì Santo (ascesa al Calvario)
Montedoro (Hamilton Caico 1910)
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43. Venditori girovaghi di “pianeti” (con organetto, grancassa, piatti e piffero) – S. l. (Rubino 1930)
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2. Ninna-nanna – Palermo
(trascrizione di Giovanni Maggio, o C. Graffeo, in Pitrè 1870-711: II, App., n. 14)
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8. Ninna-nanna – Caltagirone
(Anonimo 1895: n. 1)
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18. Ritmo di marinai per virare l’argano (celesma o celeuma) – Provincia di Siracusa
(Rametta Garofalo 1895: 290)
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52. Ritmo dei pescatori di tonno per issare la rete (assummata) – Trapani
(Favara 1903; ried. 1959: 45-46; Corpus, n. 607)
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54. Ritmo di lavoro dei fabbri con martello e due mazze – Palermo
(Favara Corpus, n. 1073)
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AA.VV.
1867 Canzoni siciliane in chiave e voci diverse con
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Indici Illustrazioni
1. Contadina che canta con accompagnamento di
tamburello – Messina (fine XIX sec., coll. del
Museo Etnografico Siciliano “Giuseppe Pitrè”,
inv. 1984).
2. Contastorie con cartellone dipinto – Montedoro
(settembre 1902, coll. del Museo Pitrè, inv. 1956).
3. Contastorie, «una facezia durante una interruzio-
ne» – Palermo (Pitrè 1913).
4. Circolo d’ascoltatori di un contastorie – Catania
(Paternò Castello 1905).
5. Contastorie, «un punto culminante della narrazio-
ne» – Catania (Paternò Castello 1905).
6-9. Frontespizi di libretti contenenti storie sacre
(coll. del Museo Pitrè): Santa Ginueffa Girmani -
sa, Palermo 1890 (inv. 2937); Viaggiu dulurusu
di Mari a Sant is si ma e l u Pat ri arc a San
Giuseppi, Palermo 1893 (inv. 2851); Sacre can -
zoni siciliane. I principali misteri, titoli e feste di
Maria Vergine, Palermo 1883 (inv. 950); Li glo -
rii di lu Patriarca San Giuseppi con un’appendi -
ci in suffraggiu di l’Armi di lu Santu Purgatoriu,
Palermo 1891 (inv. 2997).
10. Coppia di orbi con violino e citarruni – Monte-
doro (Hamilton Caico 1910).
11. Suonatori di zampogna “a chiave” e cerchietto da-
vanti a un’edicola di Maria Assunta – Palermo
(inizio XX sec., coll. privata).
12. Suonatore di zampogna “a paro” – S. l. (Pitrè
1913).
13. Suonatore di zampogna “a paro” – Montedoro
(Hamilton Caico 1910).
14. Suonatore di zampogna “a chiave” che esegue la
novena di Natale – Palermo (De Moreno 1893).
15. Suonatore di zampogna “a chiave” – Palermo
(Ragusa Moleti 1887b).
16. Zampogna “a paro” (a), ciondoli per zampogna
(b) – Enna (Pitrè 1892).
17. Tamburello decorato – Palermo (Pitrè 1892).
18. Flauti di canna – Provincia di Siracusa (Pitrè
1892).
19. Scacciapensieri – Palermo (Pitrè 1892).
20. Due coppie di nacchere decorate – Palermo e
Mistretta (Pitrè 1892).
21. Campanaccio per capra (appeso a collare dipin-
to) – Palermo (Pitrè 1892).
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22. Tromba di conchiglia – Provincia di Palermo 46. Venditore di sale – Palermo (Rubino 1925).
(Pitrè 1892). 47. Acquaiolo – Palermo (Rubino 1925).
23. Richiami per uccelli – Provincia di Palermo (Pi- 48. Pescivendolo – Palermo (Rubino 1925).
trè 1892). 49. Venditore d’agli – Palermo (Biagini 1938).
24. “Cicala”: a) in azione; b) inerte – Palermo (Pitrè 50-51. Momenti della mietitura – Montedoro (Ha-
1883a e 1892). milton Caico 1910).
25. Raganella di canna e legno in azione – Palermo 52. Battitura dell’aia – Montedoro (Hamilton Caico
(Pitrè 1883a). 1910).
26. Crotalo a tavolette in azione – Palermo (Pitrè 53. Misura del grano – Montedoro (Hamilton Caico
1883a). 1910).
27. Tamburo giocattolo – Palermo (Pitrè 1892). 54-55. Momenti della mattanza dei tonni – Oliveri
28. Tavola di “giocattoli e balocchi” (Pitrè 1913): 1) (Rubino 1924).
flauto di Pan; 2 e 4) mirliton; 3) clarinetto di 56. Mattanza – Provincia di Trapani (Sorrento 1925).
canna giocattolo; 5) raganella di legno; 6-7) cro- 57. Tras porto a spalla del tonno – Palermo (Pitrè
tali a tavolette; 8) tabella; 9) raganella di canna e 1913).
legno; 10) cerbottana. 58. Pesca del pesce spada – Messina (Pitrè 1913).
29. Sala delle “Arti sociali” alla Mostra Interprovin-
ciale di Arti Popolari Siciliane di Catania (Na- In copertina: tamburello con ballerine dipinte
selli 1936); a sinistra dall’alto: flauti di canna, (coll. del Museo Pitrè, inv. 2906).
tamburelli decorati, zampogne “a paro”, trombe
di conchiglia e fischietti di terracotta. Immagine scontornata a pagina 43: suonatore di
30. “Gioco dello stendardo” eseguito alla Mostra zam pogna “a chiave” – Pal ermo (S orrento
sopra citata (Naselli 1936). 1925).
31. Raffigurazione plastica del “gioco dello stendar-
do” – Palermo (fine XIX sec., coll. del Museo
Pitrè, inv. 2151).
32. “Ballo della cordella” (in versione carnevalesca)
– Petralia Sottana (Pitrè 1913). Esempi musicali
33. Mascherata del la t u b b i a n a – Pal ermo (Pi trè
1913). 1. «Acula chi d’argentu porti l’ali», canto mono-
34. Mascherata dei “Pulcinel li”– Palermo (Pitrè strofico (canzuna) – Isnello (Pitrè 1870-711 ).
1913). 2. «Fìgghiu miu ti vògghiu beni», ninna-nanna –
35. Colascione – Palermo (Pitrè 1913). Palermo (Pitrè 1870-711 ).
36. Pantomima del “Mastro di campo” (assalto al 3. «A la notti di Natali», canto di Natale (ninnared -
castello) – Mezzojuso (Pitrè 1913). da ) – Palermo (Pitrè 18912 ).
37. Costume carnevalesco del “pecoraio” (con cam- 4. «Ovu ovu di canna», canto di Carnevale dei Pul -
panaccio) – Palermo (Pitrè 1913). cinelli – Palermo (Pitrè 1870-711).
38. “Tamburi delle feste” – Montedoro (Hamilton 5. «Chianci Palermu, chianci Siragusa», canto nar-
Caico 1910). rativo (Storia di la principissa di Carini) – Pa-
39. Il tamburo apre la processione del Corpus Domi- lermo (Pitrè 1870-711).
ni – San Fratello (Rubino 1914a). 6. Ritmo per la pesca del tonno (cialoma) – Provin-
40. Complesso bandistico in coda alla processione cia di Palermo (Pitrè 1913).
del Venerdì Santo (ascesa al Calvario) – Monte- 7. «Spècci u ri l’uocci mei triunfu d’oru», canto
doro (Hamilton Caico 1910). monos trofico (c a n z u n a di cont adini ) – Noto
41. Complesso bandistico – Montedoro (Hamilton (Avolio 1875).
Caico 1910). 8. «Dormi durmennu l’àncilu calau», ninna-nanna
42. Indovina girovaga (con tamburo) – S. l. (Rubino – Caltagirone (Anonimo 1895).
1925). 9. «Bedda pr’amari a tia persi lu sceccu», canto
43. Venditori girovaghi di “pianeti” (con organetto, monostrofico (canzuna di contadini) – Caltagiro-
grancassa, piatti e piffero) – S. l. (Rubino 1930). ne (Anonimo 1895).
44. Banditore municipale (con tamburo) – Bivona 10. «Amuri amuri ch’avisti ch’avisti», canto mono-
(Rubino 1925). strofico (canzuna di contadini) – Caltagirone
45. Fioraio – Palermo (Pitrè 1913). (Anonimo 1895).
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indici
11. «Giuda si nni pagau di la Iudìa», canto narrativo 30. «E nti stu curtìgghiu c’è un peri di rosa», canto
della Settimana Santa (ladata) – Caltanissetta monostrofico (canzuna di lavandaie) – Salemi
(Alesso 1903). (Favara 1898).
12. «Caifas a Ggèsu Cristu lo subbìa», canto narrati- 31. «Dòmini Patri e dùnami ’ntillettu», canto narra-
vo della Settimana Santa (ladata) – Resuttano tivo per santa Genoeffa (razioni) – Palermo (Fa-
(Macchiarella 1995). vara 1957).
13. «Lu vènniri matinu a gghiornu ciaru», canto nar- 32. «San Giuseppi un jornu stannu», canto narrativo
rativo della Settimana Santa (lamentu) – Còmiso per la novena di Natale (U viaggiu dulurusu, re-
(Stanganelli 1929). pertorio degli orbi) – Mezzojuso (Favara 1957).
14. «Maria passa ri na strata nova», canto narrativo 33. «Fìgghia mia dormi ed abbenta», ninna-nanna –
della Settimana Santa (lamentu) – Còmiso (Col- Salemi (Favara 1923b).
laer 1981). 34. «Ah, maritu me’!», lamento funebre (rèpitu) –
15. «Mentri Gèsu ’n cruci sta», ‘posta’ del rosario del- Palermo (Favara 1957).
la Settimana Santa – Còmiso (Stanganelli 1929). 35. «O maritu, maritu miu!», lamento funebre (rèpi -
16. «Vo, tiramula ca veni», ritmo di pescatori per issa- tu) – Montedoro (Favara 1957).
re le reti – Catania (Lo Presti 1934-36). 36. Melodie al flauto di canna per far riposare le man-
17. Ritmo di tamburo e “spade” per la danza del ta - drie (a) e per condurle al pascolo (b) – Partanna,
taratà – Casteltermini (Galanti 1941). contrada Frattasa (Favara 1923b).
18. Ritmo di marinai per virare l’argano (celesma o 37. Danza per flauto di canna (marsalisa, al modo di
celeuma) – Provincia di Siracusa (Rametta Ga- Marsala) – Partanna (Favara 1923b).
rofalo 1895). 38. Danza per flauto di canna (jolla) – Salemi (Fa-
19. «Sciuri di pipi» (a), «A mmenzu u mari c’era un vara 1957).
piscistoccu» (b), canti di Carnevale dei Sciuri di 39. Danza per zampogna “a chiave” (Lu viddanu) –
pipi – Messina (La Corte Cailler 1926). Palermo (Favara 1957).
20. Richiamo del venditore di frasche (vanniata) – 40. Ritmo di danza per tamburello (ballu) – Palermo
Noto (Ferrara 1896). (Favara 1957).
21. «A Nuotu mi fu datu ’n partuallu», canto mono- 41. Ritmo di scacciapensieri – Caltanissetta (Favara
strofico (canzuna di carrettieri) – Noto (Ferrara 1957).
1907). 42. Ritmo di tamburo per il “gioco dello stendardo”
22. Richiamo del venditore di ricotte (vanniata ) – (jocu di lu stinnardu) – Marsala (Favara 1957).
Noto (Ferrara 1896). 43. «Ciuri di canna e ciuri di canna», canto di Carne-
23. Richiamo del venditore di zolfanelli (vanniata) – vale dei “Pulcinelli” – Palermo (Favara 1957).
Noto (Ferrara 1896). 44. Ritmo di tamburo per la mascherata della tub -
24. Squillo della tromba e ritmo del tamburo per la biana – Borgetto (Favara 1957).
processione del Venerdì Santo – Noto (Ferrara 45. Ritmi di tamburo per la pantomima del “Mastro
1907). di campo” – Palermo (Favara 1957).
25. «Li gran meriti divini», canto narrativo per la 46. Ritmo di tamburo per la processione del Venerdì
novena dell’Immacolata (repertorio degli orbi) – Santo – Palermo (Favara 1957).
Noto (Ferrara 1907). 47. Ritmo di tamburo che precede e segue la decla-
26. «E si fussi pisci lu mari passassi», canto mono- mazione dei bandi pubblici (bannìu) – Mazara
strofico (a la vitalora, canzuna di contadini al del Vallo (Favara 1957).
modo di Vita) – Salemi, contrada San Ciro (Fa- 48. Richiamo dell’acquaiolo (abbanniatina) – Paler-
vara 1903). mo (Favara 1957).
27. «E cu ti lu diss i chi stu cori un t’ama», canto 49. «Addizza e sfàccia, fìgghiu di maàra», ritmo per
monostrofico (altra forma di canzuna a la vitalo - addomesticare i giovenchi (anninniata di li jen -
ra) – Salemi (Favara 1903). chi) – Salemi (Favara 1923b).
28. «A Casteddammari ci haiu na parrina», canto 50. «E calì calà», ritmo per la battitura dell’aia (pi -
monostrofico (a la casteddammarisa, canzuna di sata) – Gela (Favara 1957).
marinai al modo di Castellammare) – Palermo, 51. «Nomu di Diu, avemu unu», ritmo per la misura
rione Kalsa (Favara 1903). del frumento (misuratina) – Salemi (Favara 1957).
29. «Alòfaru di spassu e di praciri», canto monostro- 52. «Emuninni cu Maria», ritmo dei pescatori di tonno
fico (a la furnarisca, canzuna di carrettieri “al per issare la rete (assummata di lu corpu di la ton -
modo dei fornai”) – Palermo (Favara 1923a). nara) – Trapani (Favara 1903).
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indici
Galanti, Bianca Maria: 14, 18, 98. Naselli, Carmelina: 34, 34, 39, 42, 74-75.
Garofalo, Girolamo: 23, 42, 52, 59. Nataletti, Giorgio: 18, 23, 41-42, 42.
Gattuso, Ignazio: 58. Nicolao, Federico: 14.
Gerbino, Aldo: 134. Nietzsche, Friedrich: 26, 29.
Giacchino, Carmelo: 21, 34, 34. Oddone, Elisabetta: 22.
Giannattasio, Francesco: 42. Ojetti, Ugo: 41.
Graffeo, Carlo: 11, 91-93. Pachner, Michele: 22.
Graziano, Vito: 19. Pagliaro, Antonino: 42.
Grisanti, Cristoforo: 18. Palermo, Alfonso: 35, 119.
Guastella, Serafino Amabile: 9, 18. Parthey, Gustav: 9.
Guggino, Elsa: 17, 42, 51-52, 59. Pasqualino, Antonio: 18, 42, 42, 51, 57.
Guizzi, Febo: 13, 42, 45-49. Pastura, Francesco: 21-22, 32, 34, 117-119.
Hamilton Caico, Louise: 19, 46, 58, 67, 69, 78-79, Paternò Castello, Giuseppe: 14, 51, 65.
84-85. Pennacchio, Giovanni: 18, 98.
Havelock, Eric A.: 28. Pennino, Gaetano: 35, 42, 52.
Herder, Johann Gotfried: 9. Perret, Rosalia: 51.
Hornbostel, Erich: 43. Piangerelli, Paola: 19.
La Corte Cailler, Gaetano: 14, 22-24, 89, 99. Pitrè, Giuseppe: 9-13, 13, 14, 16, 34, 38-41, 44-48,
La Fata, Antonio: 52. 50-51, 53, 55-58, 64, 66, 69, 71-77, 82, 87, 91-93.
Lanza, Paolo: 35. Pitrè, Maria: 14.
Leydi, Roberto: 13, 37, 42, 46-49, 51. Platone: 29.
Levi, Eugenia: 22. Pratella, Francesco Balilla: 18, 22, 34, 119-121.
List, George: 12. Pugliatti, Vincenzo: 48-49.
Lizio Bruno, Letterio: 9. Pulci, Francesco: 18.
Lomax, Alan: 41. Ragusa Moleti, Girolamo: 14, 70.
Lombardo, Vincenzo Alonzo: 21. Rametta Garofalo, Giuseppe: 22-23, 98.
Lo Presti, Salvatore: 14, 18, 18, 22, 98. Riccobono, Franz: 48.
Loria, Lamberto: 19. Rigoli, Aurelio: 14, 42.
Macchiarella, Ignazio: 17, 35, 42, 58, 96. Romagnoli, Ettore: 22, 41.
Maggio, Giovanni: 11, 91-93. Rostagno, Giuseppe I.: 22.
Maragliano Mori, Rachele: 21. Rubino, Benedetto: 19, 53-54, 58, 78, 80-81, 83, 86.
Marcel-Dubois, Claude: 41. Sadero, Geni: 21.
Marzo, Edoardo: 21. Sachs, Curt: 43, 56.
Mastrigli, Leopoldo: 14, 38. Salomone, Sebastiano: 18.
Mele, Giampaolo: 35. Salomone Marino, Salvatore: 9, 14-15, 14, 23, 34,
Meli, Giovanni: 10, 10. 38, 40, 56.
Meyerbeer, Giacomo: 9-10, 14, 14. Samonà Favara, Teresa: 26.
Möller, Heinrich: 21. Sarica, Mario: 42, 45-48.
Mondello, Fortunato: 18. Sassu, Pietro: 35.
Mulè, Giuseppe: 22. Sayve, Auguste de: 10.
Müller, Wilhelm: 9. Schirò, Giuseppe: 18, 23.
Musumeci, Zaccaria: 35, 121. Schneider, Marius: 41.
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Il CIMS si propone di valorizzare le risorse musica li or ganism i istituzionali l’Archivio Etnomusicale Sic i-
sic iliane, ponendole come punto di rifer imento del liano (documentazioni sonore e audiovisuali e incisio-
bacino mediterraneo e collega ndole con i centri ni discografiche di musiche tradizionali) e il Centro di
della vita m usicale internaz ionale, rea lizza ndo Documentazione della Musica Contemporanea (ma-
per conto de lla Regione Sicilia na iniziative di noscritti, partiture, documenti bibliografici, sonori e
particolar e rilievo culturale. Promuove pubblica- incisioni discografiche). Pubblica la Guida Musicale
zioni, convegni, c orsi e seminari; raccoglie e ca- de lla Sicilia e i per iodici «M emus. M e d i t e r r a n e o
taloga materiale di interesse musicale; coordina Mu sica », «Ar chi vio. M usic he del XX sec olo»,
fe stival e manifestazioni conc ertistiche. Sono suoi «Suoni e Culture» e «Catalogo».
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