La modulazione, in termini elementari, vuoi per accordo comune o attraverso altri meccanismi che
vedremo, ci permette di entrare in un nuovo tono con la possibilità di stazionarvi o di lasciarlo
anche immediatamente ma perché sia considerabile tale, una modulazione deve inglobare almeno
una conferma del tono nuovo.
Di solito nei bassi di scuola la prassi potrebbe essere: accordo perno (accordo comune o
caratteristico), seguito da un piccolo sviluppo che attraverso una cadenza forte (o “debole”)
conferma la tonalità raggiunta.
Lo sviluppo/conferma potrebbe essere omesso, essendo comunque toccata, anche se
rapidamente, la nuova tonalità. Vedremo più avanti come, per esempio attraverso una cadenza
evitata, sarà sufficiente un solo accordo (una D di solito) per sottintendere una tonalità che potrà poi
essere lasciata, anche immediatamente, a favore di un’altra.
Come spesso accadrà di sentire ripetuto in queste pagine (una semplice trattazione parziale dei più
comuni casi modulativi che saranno integrati attraverso l’esperienza diretta) raccomando una lucida
e attentissima analisi del basso da armonizzare per operare scelte realmente musicali tra le molte
possibilità che saranno via via proposte.
Secondo il criterio che W. Piston adotta nel suo “Armonia” (EDT Torino) in relazione alla forza di
una modulazione, quando il tono è raggiunto ma non confermato siamo alle prese con una
modulazione transitoria, o di passaggio, o secondaria (da cui deriva il termine di tonica secondaria,
dominante secondaria e tonalità secondaria...) mentre quando la tonalità, benché passeggera, è
confermata siamo alle prese con una tonicizzazione; per conferma si intende che il tono, una volta
che è stato toccato attraverso una cadenza, viene ribadito attraverso una seconda zona cadenzale; va
da sè che in base al tipo di armonia, di rivolto, e in base al punto formale del brano in cui saranno
inserite le cadenze, esse potranno essere considerabili “forti” (come ad es. V-I o V-VI) o “deboli”
(come tendenzialmente risulta una cadenza imperfetta V-I). La scelta e la comprensione delle varie
cadenze permetterà di afferrare maggiormente le varie porzioni del brano e la loro importanza
gerarchica soprattutto in relazione al concetto di prolungamento.
Come già accennato sopra una nuova tonalità può essere semplicemente sottintesa attraverso la
presenza di un solo accordo (di solito una dominante) che a sua volta avrà la possibilità di devierà
verso una nuova ulteriore tonalità. E’ questo il caso di una sequenza di cadenze evitate (una D che
viene collegata ad una nuova D) che tratteremo più avanti.
Ricordo ancora una volta che scolasticamente parlando un tono nuovo deve portare una qualche
propria conferma sotto forma di una delle varie cadenze studiate. Nel caso ciò non avvenisse si
dovranno operare le scelte armoniche più naturali e razionali.
1
Solitamente le modulazioni più elementari nel modo maggiore verteranno sui significativi gradi
vicini: IV grado, VI (tp), V grado e anche il III grado, spesso interpretabile come dp; mentre nel
minore potranno puntare verso il IV grado, il V, la Tp ecc. ricordando che tali riferimenti sono in
realtà puramente indicativi benché fortemente riscontrabili negli esercizi (per quanto riguarda le
funzioni armoniche cfr. le tabelle presenti in conclusione).
La scelta della modulazione, e la quantità, dovrebbe inoltre avvenire in funzione della varietà e
dell’equilibrio tra le tonalità stesse, evitando le ripetizioni ravvicinate tra i toni. In un esercizio di
scuola, parlando in modo puramente indicativo, la struttura generale dell’intero basso potrebbe
essere : presentazione del tono di partenza con la sua conferma, all’interno della quale può essere
riscontrabile una modulazione transitoria al V grado attraverso il IV alterato, seguito da varie
modulazioni a volte anche numerose che fungono da “sviluppo”, ed infine il rientro nel tono di
partenza con la dovuta cadenza finale (o più cadenze) che sarà certamente più significativa di quella
iniziale, in quanto la conclusione del brano deve essere pienamente convincente. A volte il finale
comprende una piccola coda, spesso su pedale di tonica.
Le modulazioni perlopiù avvengono tra toni vicini, cioè vicini in relazione alla tonalità di partenza;
in altri casi si può intendere il tono vicino come relativo al precedente, con la possibilità che esso
risulti lontano rispetto quello originale (es. Do> Sol> si< dove si< risulta tono vicino di Sol> e
lontano rispetto al Do di partenza; mentre Do> Sol> mi< la< sono chiari esempi di toni vicini
rispetto la tonalità di impianto Do>). Ricordo che le tonalità vicine, rispetto una tonalità data di
partenza, prevederanno un’alterazione in più o in meno rispetto ad essa.
Nel caso di Do> un diesis in più ci porta verso Sol> o mi< ed un’alterazione in meno ci immette
nella sfera dei bemolli, Fa> o re< ; a queste tonalità va aggiunta la zona della tp, in questo caso la< ,
portando dunque a sei le tonalità vicine raggiungibili.
I primi da ricercare al basso sono gli intervalli diretti di quinta ascendente o quarta discendente che
solitamente coinvolgono gradi (per lo più I e V o viceversa) che si identificano con la cadenza
perfetta e di riflesso con la tonalità. Seguirà quindi la ricerca di altre forme cadenzali che
sottintendono la buona conoscenza dei rapporti intervallari che il basso dovrà presentare.
Come detto, il rapporto cadenzale più semplice, caratterizzato da un movimento al basso di 4a
ascendente o di 5a discendente, sarà quello che si viene a formare tra il V e il I grado, rapporto che
determina la cadenza perfetta:
ESEMPIO 1
2
Parlando in termini musicali universalmente riconosciuti sarà possibile, all’interno delle
modulazioni, indicare la nuova tonalità con gradi che si riferiscono a quelli del tono principale (è
qui il caso di la< o Sol> indicati rispettivamente come VI del I di Do> o V del V di Do>).
Nei due esempi riportati il primo altro non è che una conferma a Do> con l’ausilio della doppia
dominante di cui parleremo più avanti, mentre il secondo è una tonicizzazione del VI grado di Do>.
Tali intervalli, spesso definiti di “buon movimento”, si possono ritrovare tra i vari gradi di una scala
anche al di fuori del rapporto V I; è questo il caso di una progressione diatonica non modulante:
ESEMPIO 2 a o modulante 2 b
(l’esempio 2b inoltre si riaggancia a quanto indicato nell’esercizio n. 5 pag. 18 del Delachi).
Benché questi siano generalmente definiti rapporti di “buon movimento”, quello predominante
all’interno della gerarchia sarà essenzialmente quello che coinvolge il V ed il I grado, in quanto il
V, contenente la sensibile, subirà la maggior attrazione verso la tonica rendendo chiaro l’ambito
tonale.
Perché una modulazione sia tale, soprattutto nelle prime fasi del nostro percorso, sarà essenziale
ricercare una conferma, anche parziale, del nuovo tono; una prova della presenza reale della tonalità
raggiunta sarà primariamente l’accertamento di una cadenza che affermi il nuovo tono.
Tale cadenza nei casi più semplici sarà proprio V I; non vanno però certo esclusi dall’analisi
dell’andamento del basso i rapporti tipici V I6 o V VI o I IV ecc. il che sottintende una buona
conoscenza delle cadenze.
ESEMPIO 3
3
nell’esempio appena esposto vengono indicate le due possibili notazioni dei gradi: quella superiore
si riferisce alla tonalità autonoma di la< con i suoi propri gradi specifici; quella inferiore prende
invece come riferimento la tonalità portante di Do>.
–––––––––––––––––––––––––––––––
Altro indizio può essere il movimento lineare del basso (cioè un movimento generalmente per grado
congiunto che tocchi i gradi, sino alla tonica o sino alla dominante, a partire dalla quarta, quinta o
sesta e discendendo o dalla quarta/quinta ascendendo ecc.).
Il raggiungimento infatti di una nota attraverso un movimento per grado congiunto di quarta o di
quinta ci fa ricordare il connubio I V, o viceversa (l’analisi accurata del basso porrà certamente in
evidenza le zone cadenzali che sono inequivocabili segnali tonali):
ESEMPIO 4
_______________________________________________
Infine le note lunghe potranno dare qualche maggiore conferma all’interpretazione di un basso.
4
A causa della implicita gerarchia presente in una scala, le note di maggior lunghezza potranno
essere considerate, in fondamentale o in rivolto, come I V IV, o anche altro grado, (ma che possa
comunque essere interpretato come uno di essi) mediante la spartizione della medesima nota tra due
scale e, di riflesso, tra due gradi differenti, pur perdurando nel tempo la note in questione;
ciò offre un ottimo punto modulativo (cfr. più oltre la parte relativa alle note di ampia durata).
Note di lunga durata si trovano solitamente in uno snodo significativo (ad es. alla fine di una frase o
di una semifrase, cfr. i commenti posti a seguito delle mie realizzazioni) o nella fase terminale di un
brano: ad esempio nella conclusione degli esercizi spesso è possibile trovare due note lunghe di
tonica (definibili come piccolo “pedale”) che seguiranno le indicazioni relative al basso senza
numeri:
ESEMPIO 5
La modulazione più scorrevole ai toni vicini è quella che utilizza l'accordo comune (un accordo che
varia solo la sua funzione ed il suo grado ma che, nelle note che lo compongono, rimane invariato
sia nel tono di partenza che in quello d'arrivo: Do I di Do e IV di Sol ecc.); l'accordo comune
migliore è quello che risulta essere un grado significativo del tono nuovo, e spesso si privilegia
un’armonia che nella nuova tonalità assuma carattere di SD (re II, sdp, di Do> e IV, SD, di la< ; Do
I e V di Fa ecc. ciò naturalmente implica l'uso dei rivolti II6 IV6 che permettono spostamenti per
grado congiunto, cioè il sempre consigliato movimento più piccolo).
Naturalmente l’ipotetico accordo comune sarà avvalorato o meno dalla continuazione del basso che
dovrebbe confermare la nuova tonalità con una qualche cadenza.
Ricordo che solitamente la SD è seguita dal I 6/4 (ed esso dal V) o direttamente da una dominante.
5
Quando l’accordo comune non sia una forma di SD del tono nuovo, sarà comunque un’armonia che
andrà a concentrarsi verso una SD o una D ( VI––IV; VI––V; III––IV; III––V ecc. vedi tabella
delle concatenazioni tratta dal manuale d’armonia di Piston e riprodotta tra gli allegati in coda).
Ecco infine qualche esempio di modulazione attraverso accordo comune; la seconda linea di
numerazione si riferisce alla nuova tonalità e quando i due numeri romani sono sovrapposti ciò
indica l'accordo comune ai due toni:
ESEMPIO 6
ESEMPIO 7
6
in a la modulazione sfrutta un accordo estraneo a Do> ma caratteristico di re< (IV6);
in b sono proposte due modulazioni per accordo caratteristico, ambedue basate su significative note
caratteristiche (è un caso questo molto semplice da interpretare, data la vistosa presenza delle
sensibili); da notare il movimento retto che si viene a creare tra le terza e quarta armonia, legittimo
ed interessante perché in progressione e perché finalizzato ad una migliore condotta melodica;
in c si potrebbe intendere il re# come sensibile di mi< ma ad una più accurata analisi si nota il
ritorno alla tonica di la< permettendo così di interpretare il re# come quarto alterato (funzione di
DD) del tono base di la<; in d la modulazione per accordo caratteristico è mitigata dalla presenza
della dominante in rivolto così come a e dove l’accordo caratteristico è posto sulla lunga nota
sottostante; questi ultimi due esempi troveranno maggiore spiegazione nelle prossime pagine,
quando verranno affrontati i movimenti caratteristici di un basso modulante.
Proprio per la intravista complessità insita in una modulazione attraverso accordo caratteristico,
vedremo ora un certo numero di movimenti tipici del basso che potranno permettere una più
agevole interpretazione di un esercizio.
Modulazione per accordo caratteristico (accordo non comune a più toni) attraverso una nota che
viene cromatizzata: solitamente una nota innalzata cromaticamente di semitono tende ad essere
percepita come nuova sensibile (o come quarto alterato) e come tale può utilizzare i vari accordi
previsti sul VII grado. Come già detto corrisponde ad un segnale chiaro ed inequivocabile di VII I:
ESEMPIO 8
negli esempi appena proposti si noterà che il cromatismo avviene nella voce superiore (può anche
essere attuato in una parte interna ma naturalmente la maggiore udibilità della voce superiore
migliorerà la condotta melodica). Si noterà inoltre che il cromatismo ha coinvolto sempre accordi di
dominante in rivolto.
7
Tale innalzamento può avvenire anche al basso (modulazione cromatica al basso per accordo
caratteristico) e la nota innalzata, che assume come al solito carattere di sensibile, dovrà
naturalmente essere armonizzata come tale:
ESEMPIO 9
in b è interessante notare che la modulazione a la< può essere considerata come una cadenza
d’inganno (con prolungamento del V grado) che avviene passando attraverso il cromatismo del V;
esso, divenendo sensibile, dà maggiore importanza al VI. Naturalmente se questo VI subito dopo
venisse ulteriormente ribadito saremmo allora alle prese con una tonicizzazione di la< (mi
raccomando di cercare queste correlazioni negli esercizi; tale ricerca serve a potenziare le facoltà
analitiche dell’allievo e ad acquisire una visione di più ampio respiro dei rapporti tra le tonalità di
un brano).
Quando siamo alle prese con un cromatismo è possibile che la nota che verrà cromatizzata sia
raddoppiata (vedi 9 a e b) o sia comunque presente in un’altra voce; per evitare cattive condotte
(false relazioni) è necessario che la nota raddoppiata che non cromatizza si muova, rispetto a quella
cromatizzata, per moto contrario come è evidente dalle linee presenti negli esempi 1-2-7-8-9-10.
__________________________________________________________________________
Come abbiamo già visto l’unica variante di rilievo relativa alla presenza di una nuova sensibile, sta
nella possibilità di interpretarla come quarto grado alterato del tono di partenza (nota caratteristica
del V grado) e non come un semplice VII grado.
Per avere una conferma di questa interpretazione il basso deve riportarci subito nel tono di partenza.
Si tratta dunque di un prolungamento del tono base che utilizza la sensibile della sua Dominante per
dare valore ancor più significativo al tono stesso.
La Doppia Dominate (è prevista anche la Tripla Dominante, benché meno considerata) altro non è
che un accordo con le caratteristiche di una comune Dominante (triade Maggiore) ma con un
rapporto, rispetto la T di partenza, più distanziato in quanto V grado del V grado del I... (Re V di
Sol – Sol V di Do – Do tonica).
Si costruisce alterando la terza del II grado nel modo maggiore rispetto la scala d’impianto (10 a)
e alterando la terza e la quinta nel modo minore, essendo il II grado un accordo diminuito (10 b) .
Solitamente compare nel basso la nota del IV alterato della tonalità in esame che risolverà sulla D o
sulla T in 6/4 in questo caso seguita di solito dalla D:
8
ESEMPIO 10
in b notare l’inevitabile doppio cromatismo relativo alla costruzione di una DD sul II grado di un
tono minore come già accennato precedentemente.
Come percorso inverso invece la sensibile di una tonalità può venire abbassata cromaticamente,
assumendo così solitamente il ruolo di IV grado della nuova scala, armonizzato di prassi come V2
a patto che esso scenda di grado congiunto, di norma sulla terza della tonica del tono nuovo (I6).
Spesso il movimento cromatico discendente muove per semitono a partire da una nota che può
essere la T.
Ciò significa che essa scendendo toccherà la sua sensibile la quale non risolverà come dovrebbe, ma
continuerà la discesa per semitono cromatico seguendo, in altri casi specifici se suffragati dal
prosieguo del basso, altri andamenti come il cambio di modo ecc.
ESEMPIO 11
9
come si sarà notato negli esempi c e d il cromatismo discendente non porta ad un V2 ma, nel caso c
ad un cambio di modo: la D, accordo maggiore di Do>, diventa accordo minore di sol, che permette
l’ingresso in una tonalità (re<) che prevede il bemolle in chiave; poi il movimento del basso
attraverso la cadenza conferma la nostra interpretazione.
In d un atteggiamento analogo muta la D maggiore di la< in III grado (accordo minore) di Do> che
collegato alla D permette la conferma al tono con cui il passaggio chiude.
––––––––––––
Il passaggio contrappuntistico cromatico appena descritto che deriva a partire dalla T (do si sib),
nello sviluppo della prassi armonica, prevede per contrazione l’eliminazione della sensibile (si nel
nostro caso) a favore del passaggio diretto alla sensibile abbassata (do sib) che porta così
direttamente alla nuova tonica.
Dato che solitamente ciò avviene a partire da un I grado, esso muta così la sua funzione di T in
quella di dominante per permettere la tipica modulazione al IV grado. Tale procedimento porta
spesso alla cadenza evitata che sarà ripresa più avanti.
10
ESEMPIO 12
nell’es.b modulando al IV grado a partire da una tonica minore, sarà necessario come in questo caso
cromatizzare la terza che diventa così sensibile di re<;
nell’ es. c invece siamo alle prese con una cadenza evitata, dove la D2 di Fa> passa direttamente al
V grado di re< che prosegue muovendo per grado congiunto;
l’es. d verte sullo stesso principio con la sola variante (che sarà nuovamente ripresa più avanti)
relativa al salto di terza maggiore (la do#) nella cadenza a re< (come vedremo è questo un
movimento tipico della cadenza evitata).
Tale tipo di passaggio però può anche condurre senza mediazioni ad una nuova tonica o ad una
nuova dominante; soprattutto nel minore quando si modula dal I al III o dal I al VI grado, (ad es.
vedi sotto: un I grado di sol< passa al fa beq. ,7a di passaggio non armonizzata come D, risolvendo
correttamente in modo discendente come tutte le settime (fa beq-mib) dove però il mib è già la
tonica; oppure la sensibile abbassata (in questo caso fa beq.) è già direttamente D del III grado
Sib>.
Anche in questi casi la corretta scelta avverrà in relazione allo svolgimento del basso ed alla sua
chiara analisi (vedi anche la parte riguardante il tono discendente).
ESEMPIO 13
11
Il passaggio per contrazione si può trovare anche scritto come salto di settima minore (es do sib)
qualora sia necessario un cambio di registro per questioni relative alle estensioni ed alla distanza tra
le voci superiori e quella inferiore.
Ricordo infine che dopo il cromatismo discendente (sensibile che diventa settima al basso V2)
se la tonalità è maggiore il basso scenderà di semitono e se minore di un tono:
ESEMPIO 14
in a e b è presente il salto di settima minore; in b, una volta raggiunta la T6, viene proposta al basso
la nota caratteristica della sensibile per un’ulteriore cadenza;
c e d invece propongono l’uso della settima di passaggio proveniente dall’ottava (8 7).
Altro segnale modulativo importante è legato al tipo di intervallo ed alla sua direzione.
Il semitono diatonico ascendente, nel maggiore e nel minore, è quello che si avvicina di più al
movimento naturale tra i gradi VII (funzione di D) e I e come tale può essere interpretato purché
naturalmente la scelta sia suffragata da indizi sufficienti.
Si armonizzerà per ora con V6 o V6/5 (le posizioni melodiche consigliate sono 6 –3 o settima al
soprano –3 vedi esempi):
ESEMPIO 15
12
Spesso tale rivolto può essere preceduto dalla sua fondamentale creando un unico accordo di D con
cambio di posizione; di solito utilizzando 6/5 è bene trovarsi al soprano in posizione di ottava per
scendere sulla settima (vedi secondo e quarto esempio):
ESEMPIO 16
ESEMPIO 17
13
Altra possibilità, più delicata da utilizzare, si verifica quando la T scende per semitono diatonico
direttamente su una nuova D: anche qui la scelta è subordinata ad una corretta analisi del basso e ad
una altrettanto corretta condotta delle parti per evitare errori tipici:
ESEMPI0 18
in casi del genere la T per raggiungere la D senza errori, dovrà portare il raddoppio della terza (a);
tali procedimenti sono spesso utilizzati in progressione (b); il grande effetto è dato dalla varietà dei
movimenti tra basso e soprano (notare il soprano che muove per grado congiunto mentre il basso
utilizza il chiaro salto di quinta inferiore): qui il punto di snodo è sul mi lungo della seconda misura,
dove nella seconda parte di esso il soprano, salendo di terza minore, raddoppia la terza dell’armonia
rimanendo così fedele al modello della progressione; procedimento che sarebbe obbligatoriamente
ripetuto nel prosieguo della progressione stessa.
esso può essere visto come un II che scende al I (V 4/3 – I) nel maggiore come nel minore; oppure
come un IV che scende al III (V2 – I6) ma su una tonica minore per via del tono discendente;
noterete come spesso il medesimo movimento del basso può essere interpretato in due tonalità
differenti, l’una rispetto l’altra tonica parallela (vedi a e b); c e d invece propongono modulazioni al
VI grado a partire da un tono maggiore ed al IV a partire da una tonalità minore:
ESEMPIO 19
14
Come abbiamo già visto nel passo riferito agli esempi 12 – 13 – 14 (che qui ripropongo come
ripasso) un tono discendente inoltre può essere considerato come settima al basso della medesima
armonia dove solitamente muove solo il basso e la settima si deve venire a trovare sul tempo debole
come nota di passaggio che risolverà subito dopo correttamente.
Oppure il tono può creare un cambiamento nelle funzioni armoniche (Do I che diventa V2 di Fa;
o sol< I che cromatizzando il sib in si beq. ed utilizzando il fa beq. al posto di fa# muta da I a V2 di
do<).
Questo tipo di tono discendente può essere incontrato anche come salto di 7a minore ascendente
(vedi Es 14) , cioè il suo rivolto intervallare, e solitamente la seconda nota apparirà alterata rispetto
l’armatura del tono di provenienza, permettendo un indizio in più nel riconoscimento della
modulazione.
Altro movimento che può darci qualche spunto sulla corretta interpretazione di un accordo, e di
riflesso sulla sua funzione, è il movimento al basso di terza ascendente o discendente (o sesta
minore discendente vedi 21): esso può indicare un medesimo accordo che dallo stato fondamentale
si muove verso il suo primo rivolto o viceversa. Anche in questo caso la percezione è di una
maggiore importanza dell’accordo in quanto esso viene ad essere prolungato.
Spesso può trattarsi di un accordo importante come una T, una D o una SD. Quando si tratta di una
D di solito, tra le varie possibilità, lo stato fondamentale muta in 6/5 o in 6 – 7 (a e):
ESEMPIO 20
Ancor più significativo se proveniente da un andamento del basso che trovi proprio quel passaggio
come punto culminante, avente funzione di conferma dell’armonia raggiunta:
ESEMPIO 21
15
Note lunghe
Solitamente una nota di ampia durata è più significativa di una di lunghezza inferiore grazie alla sua
persistenza nel tempo.
La percezione di una nota lunga, tende a farci interpretare quella nota come più importante nel
contesto e solitamente tale importanza investe i gradi significativi della scala come la tonica, la
dominante o la sottodominante; la corretta comprensione è affidata al prosieguo del basso, fermo
restando che nei momenti seguenti dovremmo avere una conferma (o meno) della ipotetica tonalità
intravista, transitoria o tonicizzata che sia.
Anche la scissione di una nota in due parti uguali con salto di ottava, ascendente o discendente,
corrisponde al concetto di nota lunga con la differenza che il salto di ottava solitamente, come
koppelung schenkeriana, serve ad un recupero di tessitura (vedi più avanti).
Le note lunghe più comuni possono occupare un’intera misura (in 2/2 o 3/2) , essere situate come
note legate a cavallo di battuta (in 2/2 o 3/2) ed infine, come già accennato, essere scisse in due
parti uguali con salto d’ottava.
Nei casi più comuni sin qui incontrati in cui la nota lunga abbia semplice valore confermativo del
tono, occupante una intera misura o a cavallo di due battute, essa veniva armonizzata come II6 - V2
(22 a d), o come IV - V2 (b e), o come punto utile per un cambio di posizione su medesima armonia
(f , dove CP sta per Cambio di Posizione), o nei pedali finali di T, come già precedentemente
esposto, I - IV6/4 – I (g ) o se in 3/2 I – IV6/4 – I (h) purché non sia l’ultima nota del basso che ha
bisogno di un tempo maggiore di riposo;
e ancora su una lunga nota del IV in 3/2 IV - II6 – V2 (i) o II6 – IV – V2 (l) ; ricordando ancora
una volta che in 3/2 l’armonizzazione potrà essere di semibreve-minima o di 3 minime, avendo cura
di avere sempre una pulsazione come levare per la battuta seguente (vedi i bassi d e).
Ricordo ancora una volta che in 2/2, a cavallo di battuta, si predilige 6 – V2; è questa la sequenza
tipica di una progressione che, il più possibile, sceglierà le posizioni melodiche 6 – 3 (m; notare qui
l’utilizzo della settima secondaria, terzo rivolto, sul VI):
ESEMPIO 22
16
Quando invece la nota lunga permetterà una modulazione quello che conterà ai fini di una corretta
interpretazione, è la direzione e l’intervallo di risoluzione.
Data la lunghezza della nota in questione la modulazione avverrà attraverso il collegamento tra due
funzioni diverse: una parte della nota infatti apparterrà al tono precedente e l’altra al tono nuovo.
I più comuni stilemi propongono che la nota divenga IV (come V2) se può scendere al III (come I6:
semitono nel maggiore, tono nel minore) o II (come V 4/3 o VII6 o un qualche accordo avente
funzione di D ) se scende al I: la distanza sarà di un tono nel maggiore come nel minore.
ESEMPIO 23
17
scegliendo sol< come tonica di partenza, (procedimento applicabile ad ogni tono, maggiore o
minore) noteremo che pur cambiando tonalità le note al basso sono le medesime, ciò permette una
modulazione ad un dato tono o alla sua tonica parallela:
come si noterà le risoluzioni di questi esempi di concatenazione avvengono perlopiù con l’accordo
d’arrivo preso discendendo (la casistica relativa alla cadenza evitata lascia aperte altre possibilità);
questo permette di ricordare ancora una volta che una nota lunga può trovarsi anche suddivisa in
due metà con salto di ottava per ragioni di recupero di registro (m n o p ).
I tipi di numeriche sopra espresse possono essere utilizzate anche se la nota salta d’ottava purché sia
un’ottava ascendente che ridiscenda di grado congiunto, soprattutto perché, come abbiamo visto in
questi casi, una nota di ampia durata si muove spesso scendendo; quanto consigliato è anche dovuto
ad una delle norme del contrappunto che suggerisce che un salto sia “recuperato”, subito dopo che è
avvenuto, con un movimento opposto a quello appena compiuto.
Questo vale maggiormente per i salti ampi.
Va da sé che se il salto di ottava fosse discendente esso poi dovrebbe proseguire scendendo
ulteriormente, movimento non troppo aggraziato benché riscontrabile in numerosissimi esempi
della letteratura musicale (q).
Cadenza evitata
Come è già stato accennato precedentemente, ogni qualvolta una dominante invece di risolvere
sulla tonica si collega ad un’altra dominante (ambedue in fondamentale o in rivolto o in
collegamento misto) la concatenazione viene definita cadenza evitata (qui segnalata attraverso la
sigla CE).
Molte sono le combinazioni armoniche che possono essere interpretate come tale e bisognerà
innanzitutto ricordare che saranno coinvolte note a risoluzione obbligata che si dovranno muovere
secondo norme precise.
18
Il passaggio più comune e semplice, scolasticamente parlando, è quello che si presenta con il
seguente movimento (24 a):
ESEMPIO 24
il fa, IV grado della scala, armonizzato come V2, settima al basso, deriva direttamente dal V grado
e come settima di passaggio risolve secondo i canoni per grado congiunto discendente.
In una risoluzione ordinaria si verrebbe a trovare sulla terza della T (I6), nella cadenza evitata
invece quella che era la terza della T (mi) viene ora ad essere armonizzata come fondamentale della
D della nuova tonalità, la<.
Il segnale per il riconoscimento di una cadenza evitata in questo caso sta proprio nel movimento
della settima al basso che risolve correttamente ma salta subito dopo di terza maggiore ascendente,
introducendo l’inconfondibile nota caratteristica, la sensibile (24 a).
19
Come detto sopra il V che scende al IV (settima al basso) non risolve su I6 ma sulla nuova D; ciò è
dovuto all’obbligo di evitare quella che viene chiamata “falsa relazione” e che si verifica quando
una nota cromatizza, ad esempio, in un’altra voce o quando la nota in questione risulta raddoppiata
(la scelta della posizione, del raddoppio ed il movimento delle parti risulterà fondamentale per una
corretta concatenazione).
Nella cadenza evitata del tipo sopra esposto, se armonizzassimo il mi come I6 seguito naturalmente
dalla D 6/5 di la< ecco che avremmo una discrepanza cromatica tra la nota sol beq. inserita nel I6
ed il sol#, nuova sensibile al basso, quando la prassi invece richiederebbe che il movimento
cromatico (qui reso più complicato dal cattivo raddoppio del sol) avvenisse sempre nella stessa
voce: 25 a e b
Per allontanare simili fastidi (che si possono evitare facendo compiere un moto contrario tra le due
note in questione è bene armonizzare la nota di risoluzione della settima al basso direttamente come
D in fondamentale del nuovo tono senza risolvere prima sulla T del tono di partenza (vedi c).
Ovviamente se le parti muovono senza errori e si è in possesso della necessaria esperienza ciò può
essere egualmente possibile (b passabile ma ottimo d); in d semplicemente non viene raddoppiata la
nota che cromatizza e il cromatismo avviene nella stessa voce (ricordare che non si deve mai
raddoppiare la settima o la sensibile).
Come abbiamo appena notato nella cadenza evitata uno dei movimenti riconoscitivi più certi resta il
movimento ascendente di terza maggiore (25 c); a questo proposito ricordo nuovamente che due
note adiacenti, che si muovono per terza maggiore o minore in direzione ascendente o discendente,
possono essere considerate facenti parte della stessa armonia, ed armonizzate di conseguenza
mantenendo un unico accordo (vedi 21 b c d e 22 a).
Se il movimento di terza maggiore ascendente coinvolge l’armonia di D, la prassi indica come
consigliabile l’utilizzo della settima quando la fondamentale passa al I rivolto: V V6/5 (21 a),
dove le posizioni melodiche consigliate sono: 5 7 3 oppure 8 7 3 che permettono una migliore
cantabilità (vedi 25 e f).
20
Un altro passaggio, utilizzando la cadenza evitata, può invece essere basato sul movimento
congiunto: la D o la T del tono di partenza passa per la sua settima che risolve come fondamentale
della nuova D, la quale prosegue per grado congiunto diventando IV grado (V2) del tono nuovo:
Come noterete (i) le note del basso sol fa mi re do possono essere inquadrate nella scala di Do o, a
metà, grazie alla cadenza evitata (h), deviare verso la tonica parallela, la qual cosa rende più
interessante il discorso musicale.
(Ricordo ancora una volta che, attraverso un’attenta analisi, le scelte modulative dovrebbero trovare
conferma e motivazioni nell’andamento del basso).
La cadenza evitata può anche presentarsi senza il collegamento della settima di passaggio al basso
se lo spazio musicale non lo consente (vedi l); noterete in questo caso che il salto di quarta mi la
ripropone il modello intervallare V I utile per il riconoscimento di una cadenza.
Infine, tornando all’armonizzazione di una nota lunga, è possibile concatenare 2 dominanti tra loro
mantenendo fermo il basso, questo naturalmente purché il basso poi confermi questa visione
armonica e le note a movimento obbligato risolvano nel modo corretto; come si sarà osservato si
tratta di un movimento II I grado (vedi anche gli esempi f g 24):
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ricordo che ora, alla luce della conoscenza della cadenza evitata, il cromatismo discendente al
basso, dove la sensibile del tono viene abbassata e diventa nuovo IV grado (V2), è da considerarsi
come cadenza evitata poiché è evidente che si tratta di una D che risolve su altra D (vedi o).
Ciò può anche accadere in progressione dove assistiamo ad una prolungata tensione che crea
aspettativa (vedi ES 24 d e dove le progressioni portano a toni lontani).
Nella composizione vera e propria, questo tipo di prolungamento solitamente serve ad innalzare il
grado di tensione e poi di appagamento quando una tonica reale è raggiunta, dato l’alto grado di
drammaticità ed instabilità che una serie consecutiva di D crea all’ascolto (vedi ES 24 d e dove le
progressioni portano a toni lontani).
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TAVOLE
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I principi che seguono sono basati sullo studio delle abitudini dei compositori durante il periodo
tonale. Essi non devono quindi essere considerati come un insieme di regole da osservare
rigorosamente:
Il I è seguito dal IV o dal V, a volte dal VI, meno sovente dal II o dl III.
Il II è seguito dal V, a volte dal IV o dal VI, meno sovente dal I o dal III.
Il III è seguito dal VI, a volte dal IV, meno sovente dal I, dal II o dal V.
Il IV è seguito dal V, a volte dal I o dal II, meno sovente dal III o dal VI.
Il V è seguito dal I, a volte dal IV o dal VI, meno sovente dal II o dal III.
Il VI è seguito dal II o dal V, a volte dal III o dal IV, meno sovente dal I.
Il VII è seguito dal I o dal III, a volte dal VI, meno sovente dal II, dal IV o dal V.
La tavola precedente vale anche per il modo minore, con queste differenze:
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A queste usuali tabelle aggiungo un prospetto riguardante invece le funzioni armoniche che
risulteranno determinanti nella corretta interpretazione di un basso senza numeri; ricordo che
quando la tonica parallela si riferisce ad un accordo maggiore si scriverà Tp, se minore tp; lo stesso
varrà per la dominante: Dp o dp, o per la sottodominante SDp o sdp.
modo maggiore
il I ha funzione di tonica
il II è sdp (sottodominante parallela)
il III può essere interpretabile dp (dominante parallela) o tc (contraccordo di tonica)
il IV ha funzione di SD
il V di D
il VI può essere interpretabile tp (tonica parallela) o sdc (contraccordo di sottodominante)
il VII essendo una triade diminuita è accordo autonomo con funzione di D
modo minore
I T
II essendo una triade diminuita è accordo autonomo con funzione di SD
III (scala naturale) Tp
IV SD
V D
VI SDp o Tc
VII essendo una triade diminuita è accordo autonomo con funzione di D
–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––
PROSPETTO DELACHI PER L’IMPIEGO DELLE ARMONIE NEI BASSI SENZA NUMERI
1° Accordo perfetto.
Accordo di quarta e sesta
se preceduto e seguito dall’
accordo perfetto sul medesimo
grado.
2° Accordo di sesta o quello di quarta e sesta Secondo rivolto: sul 2° grado che scende
se procede per moto congiunto. sulla tonica.
Accordo perfetto se procede per moto sul 2° grado che sale al 3°
disgiunto. con accordo di sesta.
3° Accordo di sesta.
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Esempi tratti da bassi modulanti senza numeri di P. Delachi
pag. 7 n. 19
Dopo aver confermato il tono di partenza attraverso movimenti e cadenze tipiche (imperfetta,
d’inganno, plagale ecc.), a metà del brano la cadenza perfetta V I di mi< (osservare il buon
movimento melodico dato dagli scambi nelle posizioni) innesca una piccola progressione che è
basata sul movimento ascendente di terza maggiore che in questo caso sottolinea l’appoggio sulla
sensibile (re# fa#) confermando così l’interpretazione V I.
Come detto nelle pagine precedenti abbiamo qui un esempio di modulazione alla Tp senza
transizione anche perché mi< risulta essere il VI grado di Sol>, dunque un accordo comune.
Il movimento del basso (non ultima la presenza rivelatrice del re bequadro) conferma la possibilità
di una modulazione attraverso V VII, peraltro già suggerita alla misura 5. Il rientro nel tono
d’impianto avviene tramite un accordo comune significativo (VII6 di Sol>, funzione di D = II6 di
mi<, funzione di SD). Una volta raggiunta la SD, II6, sarà semplice cadenzare nel tono di partenza.
Risulterà fondamentale, una volta analizzato correttamente il basso, applicare alle voci i movimenti
migliori per la necessaria varietà, compostezza e compiutezza di un brano musicale.
pag.17 n.2
25
Noteremo al basso un movimento lineare di ottava tra il levare e la fine di battuta 2 all’interno del
quale i vari gradi, ed i rivolti applicati, stabiliscono a sufficienza il tono. Le misure 3 4 5 sono un
buon esempio di modulazione alla tp attraverso gli stilemi intervallari accennati.
Innanzitutto il II I di batt.3 trova conferma nella presenza di un salto di quarta verso la sd la quale
prosegue il suo moto verso la D (il movimento del V sarà trattato a parte negli appunti sulla D).
Ma eliminando la nota di volta e quella di passaggio si osserverà la presenza di un V prolungato per
tutta la battuta. La settima di passaggio al basso (do) porta ad un luogo comune armonico, 3 2 1
contro 1 2 3, passaggio simile alla seconda misura dove, come si noterà, fu scelto un movimento
melodico differente per amore di varietà.
Il salto di settima minore tra le battute 5 e 6 indica una modulazione transitoria a do<, II grado, sdp
di Sib>. Il II grado com’è noto tende a muovere verso il I6/4 e quindi alla D qui per cadenzare e
terminare l’esercizio.
pag.18 n.6
Osserveremo ora il movimento cadenzale atto a confermare il tono di do< che tocca i gradi
significativi della scala del tono di partenza: I, IV, V, III I, VII I, armonizzati nel modo più
corretto, musicale ed efficace. Una volta compreso questo attraverso l’analisi, sarà nostro dovere
allora dedicarci ad una buona distribuzione di valori, posizioni ed armonie.
Il punto di svolta interessante si verifica alla misura 4 dove è rintracciabile una cadenza imperfetta
basata su una nota lunga che permette come sappiamo una duplice interpretazione.
Scelto il collegamento V2 I6 (dato che il basso si muove scendendo di grado congiunto) noteremo
che la modulazione a Sib> non ci porta ancora alla tonica, la qual cosa implicherà un ulteriore
passaggio.
Dopo un’attenta analisi individueremo nel re prolungato di batt. 6 la possibilità di rientrare nel tono
scindendolo in due unità, la seconda delle quali può essere giustamente interpretata II I.
Inevitabilmente dovrà quindi seguire una cadenza conclusiva.
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pag.18 n.3
La stringa interna spiega chiaramente l’interpretazione che viene data al movimento del basso;
esso indica chiaramente almeno 3 punti significativi: le due sensibili al basso prese attraverso
cromatismo ascendente ( do do# e fa fa# ) e la nota prolungata a cavallo di battuta che, seguendo
quanto detto nelle pagine precedenti, può venire armonizzata nella sua seconda parte V2 I6 purché
essa scenda di grado congiunto.
La tonalità transitoria di re< (tp di Fa>) ci avvicina alla tonalità d’impianto che trova l’accordo
adatto sul IV di re<, accordo comune di sd utilissimo per la cadenza conclusiva.
Il punto esatto da indicare come accordo comune è spesso sul cambio di posizione, come qui a
batt.7. Il prolungamento infatti della stessa armonia (IV di re<) viene scissa in due funzioni
differenti, la seconda delle quali è quella utile per agganciarci alla cadenza conclusiva.
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