Daniele Scanziani
Storia dell’oboe
Le prime testimonianze sull’utilizzo di strumenti a fiato che, per certi
aspetti, possiamo considerare come i lontani progenitori dell’oboe le
ritroviamo nelle raffigurazioni pittoriche, nei reperti archeologici e
nelle fonti letterarie di tutte le antiche civiltà. Questi strumenti erano
costituiti normalmente da una doppia canna, con fori su entrambe le
canne, e possedevano un’imboccatura con ancia incapsulata (che
non permetteva, cioè, il contatto diretto delle labbra dell’esecutore
sull’ancia). Pur presentando evidenti similitudini nella struttura
costruttiva, questo tipo di strumenti assumeva nelle varie culture
denominazioni diverse: nella Grecia antica prendeva il nome di
aulòs, mentre nella cultura etrusca era chiamato subulo e nell’antica
Roma assunse il nome di tibia.
L’oboe moderno
L’oboe moderno è costruito normalmente in legno d’ebano e si
compone essenzialmente di quattro parti: l’ancia, di cui parleremo
più diffusamente in seguito, il pezzo superiore, il pezzo inferiore e la
campana. L’oboe presenta una cameratura interna caratterizzata da
una forte conicità, passando in modo graduale da un diametro di
circa 3 mm all’imboccatura ai circa 37 mm della campana. La
conicità della cameratura è, insieme alla forma dell’imboccatura, la
componente della struttura costruttiva dello strumento che più
determina la qualità timbrica del suono e che differenzia in modo
decisivo il suono dell’oboe da quello del clarinetto, strumento
apparentemente simile ma dotato di cameratura cilindrica.
La famiglia dell’oboe
Il corno inglese
Il corno inglese è uno strumento di dimensioni maggiori rispetto a
quelle dell’oboe e produce suoni di una quinta più bassi. Nato
intorno alla metà del 1700, il corno inglese aveva in origine una
forma ricurva ad ampio raggio per permettere all’esecutore di agire
con le dita della mano destra sui fori situati all’estremità inferiore e
che, date le dimensioni dello strumento, sarebbero stati
irraggiungibili con una conformazione perfettamente diritta. . Questa
forma era però costosa e difficile da ottenere: per la foratura si
doveva tagliare il fusto a metà per il lungo, scavare la cameratura
nei due pezzi indi riunirli nuovamente. Si penso allora di
semplificarne la fabbricazione dividendo lo strumento in due pezzi
diritti, prossimale e distale, riuniti mediante un’angolatura,
analogamente al corno di bassetto. Solo verso la fine dell’800 lo
strumento assunse la forma attuale, molto simile a quella dell’oboe,
costituita da un tubo diritto nel quale il problema della
maneggevolezza è risolto adottando un prolungamento metallico
dell’imboccatura, di forma ricurva e chiamato "esse", sul quale si
innesta l’ancia. Lo strumento moderno presenta la caratteristica
forma sferica della campana, che contribuisce a renderne la sonorità
più piena e meno penetrante.
L’oboe d’amore
L’oboe d’amore, di dimensioni intermedie tra quelle dell’oboe e
quelle del corno inglese, ha un’estensione di un tono e mezzo più
bassa di quella dell’oboe e presenta, così come il corno inglese, la
campana di forma sferica.
Letteratura e caratteristiche
espressive
L’oboe in orchestra
Cenni storici
L’uso dell’oboe come parte integrante dell’orchestra risale alla fine
del ‘600, quando era utilizzato, al pari degli altri strumenti a fiato,
soprattutto per rinforzare la sonorità degli archi nei passaggi in
"forte". Solo nella prima metà del ‘700 all’oboe cominciarono ad
essere affidate parti autonome, ed in molti casi quasi solistiche, di
pari passo con il miglioramento delle tecniche costruttive ed
esecutive in atto a quell’epoca: J. S. Bach, più di tutti, comprese le
possibilità espressive dell’oboe, utilizzandolo come strumento
concertante in numerose composizioni.
Solo con i primi anni dell’800 il ruolo degli strumenti a fiato assunse
un maggior rilievo nelle scelte strumentali dei compositori, che ne
incrementarono sia il numero nell’organico orchestrale (fino a
raggiungere nelle sinfonie di G. Mahler organici con più di 40
strumentisti a fiato), sia la loro funzione espressiva, assegnando loro
parti di sempre maggiore complessità tecnica e di sempre più
marcato interesse musicale.
L’oboe solista
Il periodo Barocco
Il periodo storico che va dalla fine del ‘600 alla metà del secolo
successivo, è stato forse quello che ha visto l’oboe al massimo del
suo splendore. In questo periodo, infatti, l’oboe era probabilmente il
più utilizzato tra gli strumenti a fiato, contendendo al violino il ruolo di
strumento solista per eccellenza.
Il Novecento
All’inizio del ‘900, nell’ambito di quella tendenza antiromantica che
ha caratterizzato questo periodo della cultura musicale europea,
proprio gli strumenti a fiato, che in epoca romantica avevano
conosciuto una certa sottovalutazione, appaiono ora come gli
strumenti "nuovi" per eccellenza, il cui timbro strumentale si
presenta meno associato agli ideali estetici del Romanticismo
ottocentesco. Questi strumenti vengono così sempre più rivalutati
nelle proprie potenzialità solistiche, ed è in questo contesto che
anche musicisti di grande rilievo storico come C. Saint-Säens, P.
Hindemith, F. Poulenc, B. Britten, D. Milhaud e R. Strauss
dedicarono all’oboe importanti composizioni.
Tra i più importanti brani che fanno uso di queste tecniche possiamo
citare il Capriccio per oboe e archi di K. Penderecki e la Sequenza
VII per oboe solo di L. Berio.