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Ferruccio Busoni :

Le trascrizioni pianistiche da J. S. Bach

Introduzione : la vita, la formazione ed il contesto storico


Dante Michelangelo Benvenuto Ferruccio Busoni (Empoli, 1 aprile 1866 Berlino, 27
luglio 1924) stato un compositore e pianista italiano, naturalizzato tedesco.
Nacque da madre triestina, pianista di professione, e da padre empolese, clarinettista. Figlio
unico, fu spesso al seguito dei genitori nei loro viaggi. Introdotto allo studio della musica sin
da bambino, Busoni debutt come pianista a sette anni, e pochi anni dopo era diventato
compositore ed improvvisatore a Vienna.
Dopo aver frequentato composizione a Graz per 15 mesi ed essersi diplomato nel 1882, fu
a Lipsia nel 1886, ad Helsinki nel 1888 dove tenne la classe di pianoforte ed ebbe Sibelius fra
i suoi allievi. Seguirono attivit didattiche a Mosca e Boston. Nel 1894, si stabil
definitivamente a Berlino.
All'inizio della prima guerra mondiale era direttore del Conservatorio Giovanni Battista
Martini di Bologna, citt dove ebbe come allievo, tra gli altri,Guido Agosti; ma per la
disorganizzazione totale che riscontrava, per l'arretratezza culturale del clima, scelse di
trasferirsi a Zurigo, scelta fatta anche per non inimicarsi il mercato tedesco dopo la guerra. Fu
questo un periodo proficuo.
Al termine del conflitto Busoni fu a lungo incerto sul suo rientro a Berlino, anche per la
situazione politica che andava delineandosi. A spingerlo al rientro furono l'offerta di una
classe di composizione e l'esigenza di rientrare nella sua casa.

Rientr nel settembre del 1920 e riprese a comporre (a questo periodo appartengono la
toccata, il valzer danzato, le scene della duchessa di Parma per il Doktor Faust) ed intraprese
delle tourne all'estero: Londra e Roma. Fino alla morte, risiedette a Berlino, dove una
targa commemorativa lo ricorda come Musiker, Denker, Lehrer (musicista, pensatore,
insegnante). Mor per una malattia renale nel 1924. La sua tomba si trova nel cimitero di
Friedenau a Berlino.

Busoni come teorizzatore : Il nuovo classicismo


Busoni non fu solo compositore, ma anche teorizzatore musicale, teorizz sui terzi di tono, fu
un

precursore

della musica

elettronica,

scrisse

nel

1909 un saggio su

una

nuova estetica musicale.


Il nuovo classicismo una frontiera pi innovativa rispetto alle scuole nazionali in voga
all'inizio del XX secolo, ed esprime la ricerca del nuovo senza il rinnegamento del passato,
con l'obiettivo di non rinunciare alla tonalit senza averne esplorato prima tutte le possibilit.

Busoni come pianista


Lo studio continuo e metodico del pianoforte port Busoni ad essere uno dei pi grandi
pianisti della sua epoca e di tutti i tempi. Nel suo pianismo furono essenziali due elementi: lo
studio approfondito di Bach e la tecnica trascendentale lisztiana. Nel campo della tecnica
pianistica fu senz'altro un innovatore e, pur manifestando insofferenza nei confronti dei
"metodi", che con il loro angusto e intollerante precettismo tendevano ad ignorare le diversit
individuali ed a mortificare la personalit degli allievi, ebbe parole di elogio nei confronti del
"metodo naturale" proposto dal pianista Rudolf M. Breithaupt, uno dei pi significativi teorici
della tecnica del peso, mostrando di condividerne i principi fondamentali.

Di documenti sonori delle sue esecuzioni ne restano ben pochi. Diverse matrici di incisioni
per grammofono sono andate perdute durante la guerra. Sembra che Busoni abbia inciso
quattro dischi a 78 giri e da alcune sue lettere sappiamo che egli non era affatto contento della
qualit ottenuta.
Restano invece diversi rulli di pianola. Da questi rulli, riprodotti recentemente su pianoforti di
ottima fattura e moderni, sono stati tratti dei CD stereo che danno qualcosa di quella che
doveva essere l'esecuzione busoniana di un pezzo. Quello che reso in forma abbastanza
fedele, una volta che si sia ben tarata la macchina riproduttrice, secondo le istruzioni di
un metronomo, sono la velocit d'esecuzione e gli accordi. Il tocco invece perso quasi del
tutto, e completamente perso l'uso dei pedali nelle loro sfumature, e non tanto il pedale del
piano, quanto quello di risonanza e quello tonale. Busoni fu infatti l'artefice dell'introduzione
nei pianoforti del terzo pedale (pedale tonale) convincendo la casa Steinway & Sons alla sua
introduzione.
Le sue esecuzioni continueranno sino a pochi anni prima della morte: sono del 1922 i
suoi concerti a Roma all'Augusteo e la sua produzione pianistica continuer sino al 1924
(anno della morte) quando dette alle stampe Prlude et tude en arpge.

Busoni come compositore


La produzione musicale di Busoni si svolse contemporaneamente alla sua attivit di
concertista ed agli impegni contratti nei vari conservatori in cui era chiamato, ed tutt'altro
che ridotta per quanto, naturalmente, non vasta come quella di altri musicisti a lui
contemporanei. Quando all'et di diciassette anni giunse a Vienna con l'intenzione di iniziare a
dare forma concreta al suo futuro artistico Busoni aveva al suo attivo una quarantina di

composizioni di vario genere che comprendevano opere per pianoforte, per orchestra, per
pianoforte ed orchestra, cantate, ed un requiem.
Fra queste composizioni un cenno particolare meritano i 24 preludi op. 37 che risentono sia
dei preludi chopiniani che del clavicembalo ben temperato, la cantata Il sabato del villaggio su
testo di Leopardi, un Requiem ed altre composizioni, fra cui una suite sinfonica.
Bisognoso di affermarsi sia come pianista sia come insegnante, soprattutto per guadagnarsi da
vivere, intensific ancora lo studio del pianoforte. Stabil la propria dimora dapprima a Lipsia,
quindi ad Helsinki, quindi a Mosca. Di questo periodo il Konzertstck con il quale vinse a
Mosca il premio Rubinstein. Il concerto reca ancora l'influsso di Brahms, un compositore di
cui Busoni sent notevolmente l'autorit ed il peso nella prima sua fase formativa.

Busoni e Bach
Bach fu per Busoni maestro di arte e di vita. Fu Bach che rivel a Busoni una verit
fondamentale: nell'identit dello spirito, che oltrepassa i confini di passato, presente e futuro,
la musica, qualsiasi musica, non attingibile nella sua sostanza se non attraverso una
ricreazione fatta di immedesimazione e distacco. Ogni creazione musicale perci
ricreazione, essa stessa trascrizione: come la notazione gi trascrizione di un'idea
astratta, cos anche l'esecuzione di un lavoro una trascrizione, e anche questa non potr
mai far s che l'originale non esista - per quanto libera ne sia l'esecuzione. Perch l'opera d'arte
musicale sussiste intera e immutabile prima di risuonare e dopo che ha finito di risuonare.
insieme dentro e fuori del tempo.
Le sue trascrizioni per pianoforte delle composizioni per clavicembalo ed organo di Bach si
distinguono da quelle fatte dai suoi predecessori, perch Busoni il primo che interpreta la

trascrizione

come

una traduzione e

non

come

un

pedissequo

riportare

la composizione originaria su un diverso strumento, ma uno sfruttamento a tutto campo delle


potenzialit del nuovo strumento.
Una delle sue pi famose trascrizioni la Ciaccona per violino di Bach. Non meno
interessanti ed importanti per la storia dell'interpretazione pianistica sono le sue revisioni delle
opere per tastiera di Johann Sebastian Bach.
Come pianista, Busoni fu riconosciuto unanimemente come Ein Bach-Spieler von Gottes
Gnaden ovvero un esecutore di Bach per grazia di Dio: le sue interpretazioni di Bach
fecero epoca, in anni in cui Bach non era ancora considerato un autore da concerto. Lo suon
sovente anche in programmi monografici, fino a che arriv a imporlo agli altri cos come lo
vedeva e lo voleva lui; solo da allora Bach scomparve a poco a poco dai suoi concerti. Ma mai
come in questo caso la radice di un atteggiamento interpretativo fra i pi moderni e fecondi
nella storia stessa dell'interpretazione va ricercata al di fuori della mera prassi esecutiva.
Due sono le grandi edizioni che raccolgono l'opera di Busoni sotto diverse forme improntata a
Bach. La Bach-Busoni gesammelte Ausgabe (Edizione Bach-Busoni), vera e propria summa
di un lavoro che si estende fino agli ultimi anni della vita di Busoni, consta di sette volumi,
due comprendenti la revisione del 'Clavicembalo ben temperato', gli altri cinque revisioni,
rielaborazioni, trascrizioni, studi e composizioni pianistiche originali di Busoni da Bach; la
cosiddetta Busoni-Ausgabe (Edizione Busoni), invece, raccoglie in 25 volumi unicamente
opere di Bach per la tastiera, rivedute e trascritte per il pianoforte moderno da Busoni. La
'Edizione Busoni' fu pubblicata all'inizio del 1916; nella breve prefazione, scritta a Zurigo il
20 ottobre 1915, alla monumentale opera, che tutta sua nello spirito anche se non nella
realizzazione, Busoni riassumeva in una sola frase il suo pensiero su Bach:
"Nella produzione musicale l'arte di Bach conserva ancora oggi una posizione centrale tra la
preistoria e l'epoca presente".

Aveva cominciato a occuparsi di Bach, come revisore, nel 1890, pubblicando l'edizione delle
'Invenzioni a due voci'; era poi vissuto per anni in intima immedesimazione con lo spirito di
Bach, al punto di sentirsi quasi una reincarnazione del Kantor; e ancora in questi anni era
sempre pi forte in lui la convinzione che a quella fonte la musica dovesse attingere le leggi
della verit, affinch il passato divenisse presente, il sogno utopico realt. Ferma rimaneva la
convinzione che Bach rappresentasse non soltanto un territorio ancora inesplorato, ma anche
il fondamento stesso della musica e il punto di partenza del moderno pianismo; e che anzi
solo i mezzi del pianoforte moderno si addicessero pienamente alla musica di lui e potessero
renderle giustizia: di qui la legittimit, anzi la necessit di una appropriazione attiva di Bach
quale Busoni sentiva a s congeniale. Tutto ci non sarebbe probabilmente bastato, o almeno
avrebbe condotto verso altri esiti, se Busoni non avesse prima mutuato da Bach e poi
ripensato individualmente, estendendoli anche agli altri autori, concetto e prassi della
trascrizione come libera forma di ricreazione musicale. Insorgendo contro l'opinione dei pi
che consideravano la trascrizione un genere inferiore, screditato e decaduto, Busoni scriveva
nel novembre 1910: "Per rialzare di colpo la natura della trascrizione nella considerazione del
lettore a dignit d'arte, basta fare il nome di J. S. Bach. Egli fu uno dei trascrittori pi fecondi
di lavori propri e altrui, e precisamente nella sua qualit di organista. Da lui imparai a
riconoscere una verit: che una musica buona, grande, universale, resta la stessa qualunque
sia il mezzo attraverso cui si faccia sentire. Ma allo stesso tempo imparai anche una seconda
verit: che mezzi diversi hanno un linguaggio diverso (loro peculiare) col quale comunicano
questa musica in modo sempre un po' differente [...] Ecco quanto ne penso in definitiva: Ogni
notazione gi trascrizione di un'idea astratta. Nel momento in cui la penna se ne
impadronisce il pensiero perde la sua forma originale. L'intenzione di fissare con la scrittura
l'idea impone gi la scelta di un ritmo e di una tonalit. Forma e mezzo sonoro che il
compositore deve scegliere determinano sempre pi la strada e i suoi confini. Per quanto

dell'indistruttibile carattere originario dell'idea qualcosa permanga, tuttavia a partire dal


momento della scelta questo carattere viene ridotto e costretto a un tipo gi classificato. L'idea
diventa una sonata, un concerto; e questo gi un adattamento dell'originale. Da questa prima
alla seconda trascrizione il passo relativamente breve e senza importanza. Pure, in generale,
si fa un gran caso solo della seconda. E nel far ci non si avverte che la trascrizione non
distrugge la versione originale, e che quindi non si perde questa per colpa di quella".
Se tutto in musica trascrizione (ossia riduzione di un pensiero pi grande per uno
strumento pratico), Busoni distingue nel suo lavoro diversi stadi, e chiama rielaborazioni
tutte quelle revisioni che adattano alla lingua del moderno pianoforte opere genericamente
destinate alla tastiera, e si esplicano nella realizzazione di problemi interpretativi (tempo,
dinamica, agogica, diteggiatura, fraseggio, attacco del suono e cos via) e in indicazioni sullo
stile e sulla forma, senza tralasciare di illustrare con esempi pratici i significati espressivi,
costruttivi o musicali di ogni pezzo, considerato per s e nella economia dell'opera intera. La
necessit di una versione il pi possibile completa e stilisticamente attendibile, anche se
personale, delle opere clavicembalistiche di Bach, si connette a quella di riplasmare quel
copioso materiale sulle esigenze di un'alta scuola pianistica dagli ampi orizzonti, e
decisamente proiettata nel futuro. Riserva invece il termine specifico di trascrizione ai lavori
che riproducono sul pianoforte opere organistiche (con la sola celeberrima eccezione della
'Ciaccona' per violino solo) di Bach, e che sono quindi vere e proprie traduzioni da altri
strumenti al pianoforte. Dal revisore, che ha lasciato la sua pi compiuta testimonianza nei
due volumi del 'Clavicembalo ben temperato' (quest'opera tanto importante dal punto di vista
pianistico e onnicomprensiva da quello musicale, ceppo originario da cui derivano le
molteplici ramificazioni della tecnica pianistica odierna), al trascrittore propriamente detto,
nulla muta nello spirito dell'indagine busoniana: essa semplicemente si radicalizza, e diviene
ancor pi conseguente nella ricerca di una realizzazione pianistica specifica, e nell'indagine

dei principi costitutivi della dottrina del comporre. Fu anzi l'individuazione di tali principi
attraverso Bach a mettere in moto, quasi per generazione spontanea, la linfa vitale
dell'esperienza

creativa

del

musicista

moderno.

Un esempio assai particolare di come la frequentazione di Bach potesse stimolare, quasi con
una funzione catalizzatrice, le pi ardite speculazioni del pensiero busoniano, dato da quella
futuristica 'Proposta di una notazione pianistica organica esemplificata sulla Fantasia
cromatica in re minore di J. S. Bach', posta in appendice al settimo volume della 'BachBusoni Ausgabe'. Suo scopo dichiarato proporre un nuovo sistema di notazione basato sulla
rappresentazione grafica della disposizione dei dodici intervalli di cui composta l'ottava
sulla tastiera del pianoforte. significativo che egli, come esemplificazione del sistema
proposto, faccia seguire la trascrizione della 'Fantasia cromatica' di Bach: quasi che la
bizzarra idea balenatagli in testa (e subito abbandonata) potesse ricevere pratica realizzazione,
e dunque validit anche teorica, nel nome e nel segno di Bach, come perfezionamento
moderno di un antico e raffinato organismo. Anche in questo caso, dunque, Bach il modello
su cui si esercita l'esplorazione di un problema particolare dell'evoluzione del linguaggio
musicale.
A trascrivere la musica organistica di Bach Busoni fu mosso per caso ascoltando nella
Thomaskirche, all'epoca del suo soggiorno a Lipsia, un organista che eseguiva il 'Preludio e
Fuga' in re maggiore BWV 532: fu quella la sua prima trascrizione, nel 1888, cui seguirono,
nell'arco di quasi vent'anni, quelle dei 'Preludi e Fughe' in mi bemolle maggiore BWV 552 e
in mi minore BWV 533, delle 'Toccate' in re minore BWV 565 e in do maggiore BWV 564, e
di nove 'Preludi Corali' fra i pi belli di Bach, queste ultime pubblicate separatamente in due
volumi nel 1907 e nel 1909 e poi rifuse, insieme con le altre trascrizioni, nel terzo volume
della 'Bach-Busoni Ausgabe'. Senza dubbio, nell'approfondimento dei problemi e delle
possibilit di trascrivere Bach dall'organo sul pianoforte, Busoni fu aiutato dagli esempi

lasciati in questo campo da Liszt e da Tausig; ma quanto la sua analisi e il suo studio, ancora
una volta sistematici e totalizzanti, superassero i modelli che lo avevano preceduto, lo prova
fra l'altro quel volumetto, intitolato 'Sulla trascrizione per pianoforte delle opere per organo di
Bach', che Busoni volle significativamente pubblicato in appendice al I volume del
'Clavicembalo ben temperato' come organica conclusione dei suoi studi bachiani. un trattato
completo sull'argomento, fitto di esempi e di indicazioni pratiche, e corredato, a mo' di
dimostrazione, dalla trascrizione integrale del 'Preludio e Fuga' in mi minore di Bach con
l'originale per organo a fronte; esso ci illumina efficacemente sui criteri seguiti da Busoni in
questo lavoro, fra i pi straordinari e compiuti della sua attivit di trascrittore.
Part da una duplice convinzione: la riproduzione sul pianoforte delle opere organistiche di
Bach era didatticamente necessaria per completare lo studio di Bach, non solo pianistico, ma
anche musicale, l'altezza del pensiero musicale di lui essendo rispecchiata al massimo grado
nelle opere per organo; inoltre, a prescindere dalla differente natura degli strumenti, la
scrittura e la tecnica bachiane erano alla radice le stesse, trattandosi in entrambi i casi di
strumenti a tastiera ben temperati: cos che l'opera di trascrizione dall'organo al pianoforte
era non soltanto legittima, ma offriva anche, salvi i debiti accorgimenti, impensati
arricchimenti al pianoforte moderno e alla stessa realizzazione organistica (il pianoforte,
infatti, dispone di prerogative maggiori rispetto all'organo, come la precisione ritmica, l'esatta
differenziazione degli attacchi del suono, la potenza e la chiarezza nei passaggi, la possibilit
di modulare il tocco, la trasparenza e la rapidit d'esecuzione; mentre l'organo pu suggerire
effetti sonori pi pieni grazie ai registri e alle loro combinazioni). Sono ovviamente
affermazioni assai discutibili, e discusse gi alloro apparire. Resta per il fatto che Busoni ha
lasciato in queste trascrizioni altissima testimonianza della sua comprensione dello stile di
Bach. Si obietter che l'ambito di Bach immensamente pi ampio di quello di Busoni, e che
Busoni non aggiunge nulla al modello. Se nulla aggiunse alla sostanza musicale, per vero

che egli cre una nuova tecnica pianistica e arricch la letteratura dello strumento di opere di
straordinaria

coerenza

poetica:

il

che

non

merito

da

poco.

A ci pervenne inventando una scrittura rigorosa e insieme libera, tesa a rendere sul
pianoforte la forza, la pienezza e le cangianti sfumature dei multicolori registri dell'organo, a
fornire le basi di uno stile interpretativo corretto e razionale, passibile di ulteriori
perfezionamenti. Libert e rigore furono i termini di paragone con cui Busoni affront i
problemi pi spinosi, da quello dei raddoppi (risolto vietando tassativamente l'arpeggio ed
elaborando invece una disposizione polifonica che ricreasse almeno l'idea dei ripieni e delle
misture), a quelli degli effetti di registrazione e dell'impiego del pedale destro, ritenuto
indispensabile, contro l'opinione dei puristi, ogniqualvolta si suoni Bach al pianoforte.
Aggiunte di vario tipo, omissioni e licenze (ossia libere elaborazioni), a patto che siano
inserite con naturalezza e per obiettive necessit, senza offendere il gusto e lo stile, sono
espressamente contemplate e trattate con dovizia di esempi teorici e pratici; ove una polifonia
troppo intricata o una concezione del pezzo per due manuali presentino all'esecuzione ostacoli
insuperabili, Busoni propone la via d'uscita della trascrizione per due pianoforti. Insomma,
ogni problema riceve qui la sua soluzione pi naturale, senza forzature n cedimenti:
trascrivere per pianoforte le opere organistiche di Bach signific per Busoni non solo
estendere gli orizzonti tecnici ed espressivi dello strumento, ma anche racchiudere in grande
unit

un'arte

diversa

per

dimensioni,

non

per

carattere

forma.

E infine: le minuziose indicazioni agogiche e dinamiche, le didascalie che suggeriscono


l'esatta e appropriata scelta esecutiva, le relazioni timbriche e le sonorit orchestrali
espressamente richieste, valgono non soltanto a interpretare ci che in Bach lasciato al gusto
dell'esecutore ( noto che nel testo originale manca qualsivoglia indicazione sulla scelta dei
tempi e delle intensit), ma anche a stabilire un itinerario di coerente equilibrio musicale,
tanto ricco di sfumature e di contrasti quanto nella globalit unitario e logico rispetto alle

masse

delle

forze

in

gioco.

Tutti questi studi e lavori da e su Bach recarono a Busoni quel fertile arricchimento che
avrebbe contribuito, nelle opere del periodo, centrale, a consolidare la sua posizione nella
musica del tempo. Con l'acquisizione di una grande esperienza umana e artistica, Busoni pot
comporre, sul fondamento dell'affinit elettiva con Bach, una serie di piccoli e grandi
capolavori per il pianoforte ispirati all'insegnamento di Bach, ma del tutto originali e moderni
per linguaggio e forma: opere che, sotto il titolo di 'Kompositionen' e 'Nachdichtungen' (ossia
composizioni e libere ricreazioni) sono il completamento delle revisioni e delle
trascrizioni e con esse coesistono in bella armonia nei quarto volume della 'Bach-Busoni
Ausgabe'.
Questa presenza storica di Busoni si coglie intera l dove egli - con onest intellettuale e
ferma coscienza delle proprie responsabilit - a proposito della 'Fantasia contrappuntistica',
l'opera che rappresenta il vertice del rapporto creativo con Bach, afferma:
"Ho creduto di lavorare nello spirito di Bach, mettendo al servizio del suo piano le estreme
possibilit dell'arte odierna - quale organica continuazione dell'arte sua, come le estreme
possibilit dell'arte del suo tempo erano divenute mezzo di espressione per lui stesso [...]
E ci nella persuasione che, se ogni ritorno passivo ai tempi passati fatale per la creazione e
rimane infruttuoso, l'apprezzamento dell'antica e tuttora superiore grandezza un culto
nell'esercizio

del

quale

nessuno

dovrebbe

temere

di

rimetterci".

Tali ostentazioni non gli appartenevano. Superando d'un sol balzo quella tentazione
neoclassica che pur avrebbe costituito una delle linee di maggior incidenza nella musica del
Novecento, Busoni giunse a preconizzare una giovane classicit come continuit assoluta
con la storia, armonizzazione di elementi spirituali e stilistici, e insieme superamento delle
convenzioni formali e linguistiche, annullamento di ogni limitazione strumentale, proprio
come aveva fatto Bach nel suo tempo. Per questo, pur sentendosi a volte smarrito davanti a

quei monumenti irraggiungibili, troppo forte era stata la necessit di comprenderli, di


verificarne ogni singola parte per giungere, annullandosi in essi, a ricomporre una perfezione
che sembrava intangibile: il passo successivo, che non tard a compiersi, fu quello dell'artista
libero e solo che dette forma ai suoi interrogativi irrisolti creando il nuovo, perch solo chi
guarda innanzi, ha lo sguardo lieto.

Bibliografia

Piero Rattalino: "Ferruccio Busoni"

Chiara Bertoglio: " Instructive Editions and Piano Performance Practice: A Case
Study";

Heinrich F. Fleck: "Breve saggio: Ferruccio Busoni Umanista";

Sergio Sablich: "Busoni".

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