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FREGE
Gottlob Frege (1848-1925) fu un logico interessato alla questione dei fondamenti della matematica.
Egli anticipò anche temi e problemi che sarebbero stati centrali negli sviluppi successivi della
filosofia del linguaggio.
2) Dimensione del senso: il modo in cui ci viene dato l’oggetto noi abbiamo vari modi di
descrivere un certo oggetto o un certo individuo, e ne scegliamo uno o un altro.
Tavola sinottica
Predicato
I predicati attribuiscono una particolarità ad un determinato oggetto.
3) Essere una capitale europea
La denotazione di 3) è un concetto (essere una capitale europea). Frege non parla del senso del
predicato, ma gli interpreti di Frege l’hanno inteso in modo analogo al senso del termine singolare.
Enunciato
Si possono attribuire una denotazione e un senso anche agli enunciati.
Tuttavia, possono esserci persone che non sanno che l’autore di Capitani coraggiosi e il vincitore del
premio Nobel per la letteratura nel 1907 siano la stessa persona. Dunque una persona potrebbe
benissimo conoscere il valore di verità di 4) e ignorare quello di 5) o viceversa. In poche parole, 4) e
5) esprimono diversi pensieri.
A=A
A=B
Qual è la differenza tra i seguenti enunciati?
6) La stella della sera è uguale alla stella della sera. principio aristotelico di identità: ogni
cosa è uguale a sé stessa
7) La stella del mattino è uguale alla stella della sera. estensione della nostra conoscenza.
La differenza è una differenza conoscitiva. Mentre l’enunciato 6) non ci dice alcunché, l’enunciato
7) ci dice una cosa importante: i due oggetti (stella del mattino e stella della sera) sono lo stesso ed
identico oggetto. Gli enunciati 6 e 7 però esprimono sensi diversi: sono due modi diversi di riferirsi
allo stesso oggetto.
Principio di composizionalità
Il significato di un enunciato è dato dalla somma dei significati dei vari componenti.
8) La neve è bianca.
Teoria verofunzionale
L’idea secondo la quale la verità di un enunciato corrisponde al valore di verità dei suoi enunciati
componenti.
1.2. 4 PROBLEMATICHE
2) Presupposizione: gli enunciati che contengono descrizioni definite presuppongono gli enunciati
che asseriscono l’esistenza dell’oggetto di cui si parla. Le presupposizioni si mantengono anche se
gli enunciati che contengono le descrizioni definite siano Veri o Falsi.
15) Il gatto di Francesca è nero
16) Il gatto di Francesca non è nero
Gli enunciati 15) e 16) presuppongono entrambi che esista il gatto di Francesca.
3) Contesti obliqui: sono gli enunciati contenenti X crede che… X spera che… Tali enunciati sono
chiamati asserzioni di atteggiamento proposizionale: atteggiamento psicologico che qualunque
persona può avere nei confronti di uno stato di cose possibili. Queste espressioni di atteggiamento
proposizionale riguardano gli enunciati di contenuto (ciò che viene dopo crede che, spera che),
non è importante il valore di verità ma importa ciò che si crede, il pensiero. L’espressione
intenzionale intende tutti quei riferimenti che con il nostro pensiero facciamo ad oggetti o eventi o
stati di cose.
20) X crede che la stella del mattino sia un corpo illuminato dal sole Credenza Vera.
Supponiamo che X non sappia che la stella della sera sia un corpo illuminato dal sole. Se l’individuo
ha questa credenza relativamente solo alla stella del mattino, ma non alla stella della sera è differente,
e non può credere ad entrambi gli enunciati. assume degli atteggiamenti proposizionali differenti.
- forma grammaticale: la grammatica di superficie dei nostri enunciati, quella con cui normalmente
ci esprimiamo.
- forma logica: la grammatica profonda di ciò che stiamo dicendo: equivale a trovare una parafrasi
per capire cosa è implicato, se davvero un valore di enunciato è privo di denotazione.
1) Proposizioni elementari: sono immagini di stati di cose: Wittgenstein intende fornire la chiave
per capire come il linguaggio possa descrivere il mondo.
- stato di cose: per Wittgenstein, gli stati di cose possono sussistere, (diventano un fatto) e dunque
essere Veri, oppure non sussistere (restano stati di cose possibili), dunque essere Falsi.
Affinché un fatto X raffiguri uno stato di cose Y, devono essere soddisfatte 2 condizioni:
1) corrispondenza biunivoca tra gli oggetti di X e gli oggetti di Y (ad ogni oggetto di X corrisponde
uno ed uno solo oggetto di Y, e viceversa).
Il verificazionismo neopositivistico
Secondo il principio di verificazione, “il significato di una proposizione, è il metodo della sua
verificazione”. La verificazione era concepita in senso empirico: il valore di verità poteva essere
stabilito in base all’esperienza. In poche parole per Wittgenstein comprendere un enunciato vuol dire
sapere cosa accade se è vero.
Però se consideriamo
31) La Luna ha un diametro di più di 3.000 km.”
Come può essere verificato questo enunciato? In base al principio di verificazione diremmo che
questo enunciato è privo di significato. Però non siamo costretti a dirlo se ragioniamo in termini di
condizioni di verità: una persona, anche se non può accertare in pratica se l’enunciato è Vero o Falso,
sa come devono stare le cose affinché sia Vero.
In poche parole, si possono conoscere le condizioni di verità di un enunciato anche senza possedere
il metodo della sua verificazione. Il principio di verificazione cominciò ben presto a mostrare i suoi
difetti, soprattutto nel rendere il significato delle proposizioni scientifiche.
L’enunciato 32 è Vero a priori, dunque analitico. L’estensione è una caratteristica del corpo.
Per Wittgenstein come abbiamo visto, il valore di verità era stabilito esclusivamente dall’esperienza.
Se si vuol capire come funzionano gli enunciati, si deve fare attenzione a come si impiegano.
Wittgenstein utilizza 3 formule:
35) Quando sto in automobile e il semaforo che incontro all’incrocio è rosso, bisogna fermarsi
3.3. Passaggio dalla filosofia del linguaggio alla filosofia dell’azione (Action Theory)
La Teoria dell’Azione è stata discussa inizialmente da Wittgenstein nelle Ricerche Filosofiche e nei
Quaderni Blu e Marroni e da Ryle in The concept of mind. Le origini dell’action theory vanno
ricercate innanzitutto nella filosofia della mente. Per Wittgenstein gli stati mentali quali desiderio,
intenzione non esistono (anti-mentalismo in Wittgenstein). Gli stati mentali (desiderio, intenzione)
sono termini linguistici che usiamo per descrivere il comportamento umano. Inoltre per Wittgenstein
le ragioni e i motivi delle nostre azioni non sono atti o entità che causano le nostre azioni.
Un individuo può seguire o violare una regola solo in quanto membro di una comunità.
36) Alzare la mano
L’enunciato 36) acquisisce un significato particolare in base al contesto. Potrebbe voler dire salutare
qualcuno, oppure chiedere la parola. L’analisi linguistica permette di svelare i meccanismi che sono
nelle nostre azioni. Per Wittgenstein la teoria dell’azione si spiega attraverso il contesto. Si parla
appunto di Contestualismo. Un limite del contestualismo consiste nella comprensione del
contesto socio-culturale in cui l’azione è situata e dove tale azione ha un determinato significato.
Inoltre trascura la dimensione soggettiva dietro ad un’azione, come si arriva dietro ad una scelta, non
valuta quelle che possono essere le preferenze e le credenze delle persone.
39) non posso chiedere ad una persona perché ha starnutito, o perché è scivolata. Oppure se lo
chiedo il senso è causale così come la risposta sarà causale è una spiegazione causale
(a causa di).
La Anscombe ha dato rilievo dunque al sillogismo pratico di Aristotele. Per la Anscombe c’è un
ragionamento pratico l’agente calcola o valuta i mezzi (modi di agire) per raggiungere un fine
espresso dalla premessa maggiore, che consiste nella formulazione di un desiderio, un’intenzione o
uno scopo. Per Aristotele invece la premessa maggiore consisteva in un’asserzione di tipo universale.
Dunque per Anscombe l’azione avviene quando c’è un’intenzione o desiderio (credenza). Come
agenti noi calcoliamo cosa fare per raggiungere i nostri scopi. Chi spiega l’azione, deve formulare lo
stesso calcolo.
La razionalità strumentale è così il modello di ragionamento pratico che la Anscombe pone al centro
della sua analisi del concetto di intenzione.
1) sta segando una tavola (intenzionale: il suo scopo è segare una tavola).
2) sta segando una tavola di quercia. (forse è intenzionale).
5) sta facendo un rumore stridente (non intenzionale: il suo scopo è di segare una tavola, non quello
di fare rumore).
Secondo la Anscombe, le azioni intenzionali sono caratterizzate dal fatto che io faccio ciò che accade
dal mio punto di vista. descrizione preferita di Searle: descrizione secondo lo scopo dell’agente.
3) Espressione intenzione per il futuro: c’è differenza tra intenzione per il futuro e predizione:
40) Mi ammalerò Predizione: io avendo informazioni, è una cosa che posso valutare come
probabile.
41) Andrò al teatro Intenzione per il futuro: è un qualcosa che accade perché io lo faccio.
Predizione e intenzione per il futuro sono differenziate dalla ragione per agire (che ha l’intenzione
per il futuro).
Verbi non intenzionali = scivolare (richiede una spiegazione causale) riguarda la definizione di
comportamento della Anscombe: movimento corporeo causato da fattori esterni.
Entrambi = offendere
5. QUINE
Quine è considerato uno dei più grandi filosofi del 1900.
Per Quine nell’analisi del significato dobbiamo stare attenti a non ipostatizzare (individuare come
reali cose che non sono reali) certe entità o nozioni (tipo quella di proposizione). L’idea che si parli
di significato come se fosse un’entità è un’idea malsana secondo Quine.
Tra gli scritti di Quine ricordiamo Two Dogmas of Empiricsm (1951) in cui Quine manifesta il proprio
scetticismo sui due dogmi dei neopositivisti
1) La distinzione tra verità analitiche e verità sintetiche: Quine dice che non esiste una nozione ben
definita di significato e dunque è scettico in merito alle verità analitiche in quanto dipendono dal
significato delle espressioni.
2) L’idea che ad ogni enunciato significante siano associati un insieme di esperienze possibili che
impongono di considerarlo vero verificazione in senso empirico
Noi sappiamo che Cicerone = Marco Tullio. Se cambio il nome, Tom potrebbe non sapere che
Marco Tullio è Cicerone. Dunque non possiamo dire 43).
- Formula de dicto = attribuire a Tom la credenza che ci sia qualcuno che ha denunciato Catilina.
Non ci impegna a credere che Marco Tullio denunciò Catilina, perché Tom può non sapere che
Cicerone sia Marco Tullio. Tale enunciato di credenza è caratterizzato da intensionalità semantica
oppure opacità referenziale, per cui non si può adottare il principio di sostitutività.
La relazione è quella tra un individuo (Tom) e un enunciato di contenuto (importa lo stato della
mente del soggetto piuttosto che lo stato delle cose). Per Quine importa la credenza di Tom. In tale
prospettiva assumiamo il punto di vista dell’agente in modo da attribuirgli le credenze e i desideri che
avremmo avuto al suo posto.
- Formula de re (referenziale) = fa riferimento allo stato di cose, alla realtà: Tom crede che esiste
almeno un individuo X e che quest’individuo denunciò Catilina.
Innanzitutto, qual è il significato di scapolo? Uomo non sposato. Sono dei sinonimi. C’è una
parafrasi lessicale. 44) e 45) sono considerati enunciati analitici (Vero o Falso a priori
dall’esperienza). Probabilmente un bambino di 5 anni non sa che scapolo voglia dire uomo non
sposato: dunque occorre avere una certa padronanza lessicale e linguistica.
Allora l’analiticità si definisce in termini di sinonimia. Ma chi ci dice quali espressioni sono sinonimi?
il vocabolario, o meglio, i lessicografi che notano una relazione tra le parole nell’uso generale.
Spesso forniscono sinonimi più familiari apoftegma (motto, aforisma, massima).
Sinonimia: identità di significato di più parole.
Conoscere il significato di una o più espressioni vuol dire dunque avere una certa padronanza
lessicale e linguistica. Ragione per la quale per Quine il significato alla fine è una parafrasi di
un’espressione linguistica oppure lo si può scoprire attraverso il contesto: il verbo prendere è
polisemico: prendere (col senso di afferrare) / prendere un brutto voto (col senso di ottenere) /
prendere il sole (col senso di esporsi) / prendere la febbre (contrarre una malattia) / prendere il treno
(utilizzare un mezzo di trasporto). prendere assume diversi significati in base al contesto.
Dobbiamo guardare all’uso delle parole attraverso un’analisi comportamentistica. “no entity
without identity” c’è l’abbandono del concetto di significato filosoficamente inteso. Per Quine il
significato non è un’entità.
5.3. Critica alla teoria delle proposizioni e problematica della sinonimia / traduzione radicale
Quine ha messo in evidenza 2 cose fondamentali:
2) Problematica della sinonimia / traduzione radicale: c’è difficoltà nell’esprimere quando due
espressioni sono sinonimi. Comunità estranee tra di loro potrebbero avere concezioni del mondo e
un’ontologia completamente diversa.
46) : supponiamo che un traduttore di una lingua sconosciuta, si trovi a dover tradurre un
enunciato come “tutti i conigli sono uomini reincarnati”.
47) Passa un coniglio il linguista con la sua lingua dice “sta passando un coniglio”
l’indigeno dovrebbe dire la stessa cosa.
a) gavagai potrebbe essere un’espressione olofrastica (una sola parola che sta per l’intero enunciato:
esempio: bambino che dice “Acqua” per dire “voglio bere dell’acqua”)
b) gavagai è una sola parola? Se invece ad esempio ga va vuol dire sta passando? Il linguista in
questo caso deve fare degli esperimenti con altri animali per capire se ga va voglia dire sta passando.
c) gavagai potrebbe voler dire stadi di coniglio. Dipende dalle credenze ontologiche dell’indigeno.
51) Il genitore indica una qualsiasi distesa d’acqua al bambino e dice: Acqua!
in questo modo il bambino ogni qual volta vedrà una distesa d’acqua, la assocerà alla parola acqua.
Prima fase: Si attiva il principio di empatia il bambino si mette nei panni del genitore, e ripete
quello che il genitore avrebbe detto nella stessa situazione (vedere l’acqua scendere dalla distesa).
Seconda fase: Processo di emulazione il genitore si mette nei panni del bambino per vedere se
quest’ultimo direbbe la stessa sua cosa al suo posto. Il padre di un bambino lo porta ad una distesa
d’acqua: il genitore in questo caso deve osservare le situazioni in cui il bambino dice acqua!
viene chiamato procedimento del percepire di percepire: come il bambino percepisce che il
genitore percepisce un oggetto o un evento quando dice un certo enunciato, così il genitore, per
controllare la corretta acquisizione e applicazione dell’enunciato da parte del piccolo, cerca di
percepire la sua percezione del medesimo oggetto o evento.
6. TIPI DI ATTEGGIAMENTO PROPOSIZIONALE
Gli atteggiamenti proposizionali sono gli stati mentali linguisticamente espressi da enunciati tipo
crede che, spera che ecc. I più citati ne sono 2: Credenza e Desiderio.
52) Vediamo una persona che sta per prendere l’autobus per andare alla stazione
Secondo Davidson il desire-belief model è associato alle teorie causali dell’azione (in opposizione
a ciò che pensava Wittgenstein): secondo Davidson una coppia desiderio-credenza (una ragione per
agire) è la causa dell’azione. Il saggio di riferimento sulla teoria causale dell’azione è Actions,
Reasons and Causes (1963). Davidson metteva in evidenza che possiamo spiegare (o meglio
razionalizzare) quel che un agente ha fatto solo se l’azione è descritta in un certo modo e non in un
altro. Per ragione per agire, Davidson intende una ragione per la quale un agente ha agito in un
determinato modo (ragione primaria che ha causato l’azione). La ragione primaria è una determinata
coppia pro-attitude (predisposizione a fare certe cose) e credenza.
- Accendo la luce
- Illumino la stanza
- Metto in allerta un ladruncolo conseguenza non intenzionale dell’azione
L’azione compiuta è 1 sola premere l’interruttore per accendere la luce (questa descrizione
incorpora il fatto che l’azione di premere l’interruttore è stata compiuta con l’intenzione di accendere
la luce). Le altre sono solo delle descrizioni dell’azione.
L’asserzione è Falsa, perché l’individuo non sa della presenza del ladruncolo nella casa.
Dunque per spiegare un’azione, la giusta descrizione sarebbe come l’azione l’avrebbe descritta
l’agente (ovvero la sua descrizione preferita). torniamo al concetto di empatia: devo assumere il
punto di vista dell’agente ed è ciò che conta nella spiegazione dell’azione. Ovvero, nel compiere
l’azione, l’agente dovrebbe avere avuto quei desideri e quelle credenze che avremmo avuto noi se
avessimo compiuto la stessa azione:
- io avrei premuto l’interruttore se avessi voluto accendere la luce.
8. VINCOLI DELL’ATTRIBUZIONE INTENZIONALE
Parlare dei vincoli dell’attribuzione intenzionale significa parlare delle condizioni che devono essere
soddisfatte affinché sia possibile fornire spiegazioni del comportamento umano quanto più vicine alla
verità. L’attribuzione intenzionale è la procedura con cui vengono individuati, o ipotizzati, i desideri,
le credenze, le speranze che sono a fondamento delle azioni.
In seguito alla pubblicazione di Actions, Reasons and Causes di Davidson, gli atteggiamenti con cui
vengono spiegate le azioni sono quelli di:
- desiderio: stato di cose che l’agente vorrebbe vedere realizzato (A desidera che si verifichi X)
- credenza: l’azione che l’agente reputa necessaria perché si verifichi lo stato di cose desiderato (A
crede che se farà Y si verificherà X).
Se guardo l’azione di un automobilista che stende il braccio verso sinistra, e voglio trovare una causa
non basta che io guardi il contesto (inizialmente posso pensare che lo faccia perché voleva svoltare
a sinistra) ma possono esserci anche altre cause come ad esempio perché c’era qualcuno che
conosceva sul marciapiede e voleva salutarlo.
Per Davidson dunque basterebbe individuare la ragione primaria che ha causato una certa azione e
ottenere la spiegazione vera. Ma come facciamo ad essere sicuri che una spiegazione sia corretta, cioè
che si tratti proprio di una razionalizzazione che cita la ragione primaria, e non di una semplice
giustificazione?
- Razionalità: Sempre Davidson in Actions, Reasons and Causes finisce per individuare i vincoli per
la corretta attribuzione intenzionale nel ragionamento pratico (mezzo-fine) piuttosto che nella
causalità. Secondo Davidson il sillogismo pratico aristotelico non funziona, non ha come conclusione
un’azione ma un limitato giudizio di desiderabilità (desiderabilità prima facie), perché non tutte
le azioni sono desiderabili totalmente, ma possono avere anche azioni e conseguenze negative.
Davidson applica il principio di carità, l’agente prima di arrivare al giudizio all-out attua un
ragionamento pratico dunque presuppongo che abbia il mio stesso schema concettuale. L’agente
e noi siamo razionali allo stesso modo in quanto facciamo delle valutazioni, riflessioni ecc.
3) è proprio vero che voglio prendere l’aereo? Supponiamo che io abbia paura di volare.
4) ci vado in treno. diventa una decisione definitiva, ovvero un’intenzione. Il giudizio è all-out,
definitivo, assoluto, al quale sono arrivato dopo un’attenta deliberazione.
La comprensione empatica, nota come simulation theory è stata affrontata da Gordon e Goldman.
Secondo questa teoria, l’attribuzione intenzionale si basa su un’attività di simulazione o finzione dei
desideri, delle credenze e dei processi decisionali di un agente di cui vogliamo predire o spiegare le
azioni.
La conclusione (ossia il comportamento) dell'ipotesi controfattuale alla base dell'interpretazione
verrebbe comunque soltanto immaginata (sarebbe off-line).
Per Goldman la correttezza di una predizione o spiegazione del comportamento dell’altro si basa sul
fatto che l’altra persona sia psicologicamente simile a noi. Tuttavia, ci sono agenti che articolano
differentemente un ragionamento pratico: alcuni prendono decisioni in base a valutazioni
pessimistiche, altri ottimistiche ecc. Possiamo inoltre aumentare o diminuire il livello di razionalità
dell’agente. Tuttavia, in ciò vi è un limite alla simulation theory: come può ad esempio un
principiante di scacchi predire i comportamenti di un maestro di scacchi?
potrei simulare le mie reazioni: desideri e credenze che seguirebbero a tali reazioni e il
ragionamento pratico sulla cui base predire quel che farei. Ad esempio, allarmandomi per i passi,
crederei che qualcuno si sia introdotto in casa e deciderei di conseguenza di chiamare la polizia.
Tuttavia, Gordon osserva che “la predizione di come agirei io nella situazione dell’altro non è,
ovviamente, una predizione di come agirebbe l’altro”. Secondo Gordon occorre tenere in
considerazione le variazioni pertinenti mettersi nei panni dell’altro non significa presupporre che
l’altro si comporterà esattamente come mi comporterei io. Ad ogni modo è ovvio che simulare la
situazione di un mio collega non è esattamente lo stesso che simulare la situazione e lo stato mentale
di un agente appartenente ad una cultura estranea. Nel primo caso le variazioni sono ridotte al minimo,
nel secondo caso le variazioni che l’interprete dovrà apportare alle proprie credenze e desideri
sarebbero rilevanti, e dovrebbe assumere quelli dell’agente.
9. RAGIONAMENTO MEZZO-FINE E PIANIFICAZIONE (BRATMAN)
La relazione mezzo-fine appare intrisa nell’azione. L’idea che l’azione sia un mezzo che mira a
conseguire uno scopo o soddisfare un certo desiderio (uno stato mentale, intenzionale, motivazionale
e causale) che ha come oggetto uno scopo, è considerata spesso come una verità indiscutibile.
Tuttavia, il comportamento mezzo-fine degli umani è particolare.
A tal proposito, Aristotele mise in evidenza il modello a scopi intermedi (azioni intermedie): per
Aristotele si valuta come il fine desiderato può essere conseguito con tale mezzo e con quali mezzi
quest’ultimo sarà a sua volta ottenuto. (meccanismo regressivo). Dunque si individuano i passi
antecedenti o preliminari necessari (passi di pianificazione) al conseguimento del mezzo che
consentirebbe di ottenere il fine.
Esempio di Papineau del barbiere: Se si desidera S (scopo), nel corso della deliberazione può
accadere che si valuti che per ottenere S si dovrà fare C, ma per fare C occorre prima fare B e per fare
B occorre fare prima A.
Desidero andare a tagliarmi i capelli (S). Credo che andare dal barbiere sia il modo per farlo (C)
Deliberazione:
- se vado dal barbiere giù casa vorrà parlare di filosofia
- forse dovrei andare in centro, ma la metropolitana potrebbe essere affollata
- allora potrei andare a piedi in centro questa è la scelta. (giudizio all out o intenzione per
Davidson)
Ma per andare in centro, devo infilarmi le scarpe (A) e fare subito colazione (B)
9.1. Bratman
Tale esempio ci consente di focalizzare l’attenzione sul concetto di intenzione della Anscombe, quello
di espressione di intenzione per il futuro.
Bratman ha insistito molto sulla pianificazione come caratteristica dell’agire umano. Secondo
Bratman siamo agenti che pianificano. Bratman concepisce il suo modello planning theory (desire-
belief-intention model) in contrapposizione al desire-belief model di Davidson e al giudizio all-out.
Per Bratman non è sufficiente che la conclusione di un ragionamento pratico (giudizio all-out) sia
un’intenzione come desiderio definitivo e non un’intenzione diretta al futuro. Quest’ultima non è altro
che un input (struttura temporalmente estesa) che dà la possibilità di creare nuovi ragionamenti
pratici, che forniranno nuove ragioni per intenzioni secondarie (sotto-piani) e per ulteriori azioni
intermedie volte alla realizzazione dell’intenzione primaria (scopo finale).
Esempio di andare a Rodi:
Se un agente intende fare A e crede, in seguito a una deliberazione, che fare B sia una condizione
necessaria per fare A, allora intenderà anche fare B, e l’intenzione di fare B può condurre a ulteriori
credenze riguardo le condizioni preliminari per compiere B.
Ho intenzione di andare in vacanza a Rodi (A-intenzione primaria), ciò mi fornisce una ragione
per prendere l’aereo o prendere la nave come mezzo per raggiungere Rodi. Soppeserò i pro e i contro
delle due opzioni e, conclusa la deliberazione sulla base dei miei desideri e credenze, mi deciderò per
una delle due (B). Poniamo di voler raggiungere Rodi via mare (intenzione diretta al futuro, o input),
ciò comporta l’ulteriore intenzione di acquistare il biglietto in quanto condizione preliminare per
partire (intenzione secondaria). Per acquistare il biglietto potrò rivolgermi, a seguito di un’ulteriore
deliberazione, o alla biglietteria della compagnia navale oppure ad un’agenzia di viaggi, o ancora su
internet. Da qui seguiranno una sequenza di ragionamenti pratici che culmineranno nel compiere
l’azione che permetterà di conseguire lo scopo finale (A).
Intenzione diretta al futuro:
53) Andrò al cinema
54) Andrò al teatro
Bratman delinea 2 ragioni principali per cui fornire intenzioni orientate al futuro è importante:
1) Vantaggio sotto il punto di vista della facilità con cui possiamo coordinarci sia con gli altri e
sia con noi stessi (l’aspettativa degli altri su ciò che noi faremo è compresa, è facile
interpretarci).
2) ci consentono di estendere l’influenza delle nostre deliberazioni oltre il momento presente.