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RAGIONAMENTO E ANALISI FILOSOFICA

Quadro generale (sintetico)

(Breve) storia della logica


Aristotele (IV sec. a.C.) come primo ‘logico’.
Postula alcuni principi auto-evidenti del pensiero e della realtà:
 Legge di identità (per qualunque a, a=a)
 Non contraddizione (è impossibile che a e che non-a allo stesso tempo - ogni
enunciato del tipo ‘a e non-a’ è falso)
 Terzo escluso (o a o non-a)
 Bivalenza (ogni enunciato è o vero o falso)

Aristotele esamina ragionamenti in cui ogni premessa ha un termine in comune con la


conclusione, e un altro termine in comune con l’altra premessa: i sillogismi.
 Nei sillogismi categorici vengono fatte affermazioni universali o particolari, e affermative
o negative
 Esempio classico: Tutti gli uomini sono mortali, Socrate è un uomo; quindi
Socrate è mortale

Basi per quello che diventerà noto come ‘quadrato aristotelico’ (legame coi diagrammi di Venn
insiemistici, introdotti nel XIX secolo).

Nel III sec. a.C. la scuola Stoica sviluppa una logica di tipo proposizionale
Confronta:
 Se tutti gli A sono B e tutti i B sono C, allora tutti gli A sono C (termini)
 Se A allora B, A, quindi B (proposizioni/enunciati dichiarativi)

Elaborazioni ulteriori in epoca medievale, poi esame dell’induzione e sistematizzazione della


deduzione in epoca moderna.

La deduzione
Attenzione alla definizione tradizionale «la deduzione va dall’universale al particolare,
l’induzione va dal particolare all’universale»! Troppo vaga…
Piuttosto, data una inferenza (cioè una sequenza di enunciati in cui uno o più fungono da
premesse e l’ultimo da conclusione che si ritiene derivi dalle premesse), essa è deduttivamente
valida quando, se le premesse sono vere, allora necessariamente anche la conclusione è vera.
L’inferenza deduttiva non è ampliativa: ‘niente di nuovo’ alla fine del ragionamento.
Se il ragionamento è valido, la verità è trasmessa dalle premesse alla conclusione, in un certo
senso è già contenuta nelle premesse.
 Esempio: 2+2=4, x=2, y=2, quindi, x+y=4

Gli argomenti validi possono solo avere conclusioni vere se le premesse sono vere.
Invece, se le premesse sono false, la conclusione può essere sia vera sia falsa.
Tutto quello che possiamo esprimere nella comunicazione quotidiana e nel pensiero informale
si può tradurre in un linguaggio preciso, con simboli specifici:
 Congiunzione ‘e’: 
 Disgiunzione ‘o’: 
 Implicazione ‘se… allora’: → (oppure )
 Negazione ‘non’:  (oppure )
 Doppia implicazione ‘…se e solo se…’: 
 Quantificatore universale ‘ogni’: 
 Quantificatore esistenziale ‘esiste un’: 

Questo fornisce un linguaggio condiviso ed elimina le ambiguità.

Per ogni enunciato ben formato, espresso o meno tramite simboli, si definiscono valori di
verità possibili.
Tavole di verità: permettono di ricostruire il valore di verità degli enunciati complessi a partire
da quelli degli elementi semplici (enunciati atomici).
Tautologie e contraddizioni: enunciati sempre veri o sempre falsi, per qualsiasi distribuzione di
valori di verità per i componenti semplici.

N.B.: Dato che si può sempre trasformare un’inferenza della forma P1, P2, P3…, Pn, allora
C (dove ogni P è una premessa e C la conclusione) in un enunciato unico della forma
(P1P2P3…Pn)→C, un’inferenza deduttiva sarà valida se il corrispondente enunciato
condizionale di questa seconda forma è una tautologia.

A questo punto possiamo identificare alcune regole fondamentali per la valutazione degli
argomenti deduttivi. Sono le forme di inferenza deduttiva che sono sempre valide. Esempi:

 MODUS PONENS:
 A→B
 A
 B

 MODUS TOLLENS:
 A→B
 B
 A

SILLOGISMO IPOTETICO:
 A→B
 B→C
 A→C
 AB

Altre regole riguardano invece più in generale il modo di operare con le premesse.
Possiamo per esempio provare indirettamente qualcosa aggiungendo alle premesse
un’ulteriore premessa ipotetica. Una forma di ragionamento essenziale è poi la
REDUCTIO AD ABSURDUM:

 Se A (insieme ad altre premesse) implica contraddizione, allora A


 Più in generale, se un ragionamento che appare valido conduce a una
contraddizione, vuol dire che le premesse ‘non stanno bene insieme’ e occorre
scartarne almeno una per ripristinare la piena validità.

Date queste nozioni relative al buon ragionamento deduttivo, si può passare al concetto di
fallacia.

 Una fallacia (deduttiva) è un errore nel ragionamento deduttivo in cui la conclusione


potrebbe essere falsa anche se le premesse fossero vere.
 Più in generale, si definisce ‘fallacia’ un tipo di ragionamento che sembra corretto ma
non è tale.
 Per esempio, il ragionamento sembra seguire una delle forme argomentative appena
viste, ma in realtà non è così.

2 tipi di fallacie importanti:


 AFFERMAZIONE DEL CONSEGUENTE:
 Se piove prendo l’ombrello
 Prendo l’ombrello
 Quindi, piove

 NEGAZIONE DELL’ANTECEDENTE:
 Se piove prendo l’ombrello
 Non piove
 Quindi, non prendo l’ombrello

Ci sono altre fallacie, ugualmente legate ad una valutazione erronea della forma dell’inferenza.
Altre hanno invece a che fare col modo in cui si argomenta a favore della verità di una
particolare premessa. Sono le fallacie semantiche, anche dette ‘di rilevanza’ o ‘di contenuto’.
La differenza è importante! (Sintassi e semantica, forma e contenuto, validità e verità). Esempi
di fallacie semantiche sono gli errori che richiamano indebitamente fattori emotivi (ad
hominem, ad populum, ab auctoritate,…), si basano su ambiguità linguistiche (anfibolia,
equivocazione,…) o concettuali (scivolo, composizione, divisione,…).

Applicazione della deduzione:


 In generale, il ragionamento deduttivo valido permette di inferire le conseguenze di
certe premesse in modo non ambiguo.
 Scienze con oggetti di studio ‘astratti’ e basate su assiomi, come la matematica e la
geometria.
 Argomentazione filosofica.
 Ma anche discussioni, valutazioni e decisioni quotidiane! Esempio delle carte con
numeri e colori.

In generale, la deduzione permette di costruire buoni argomenti e di analizzare argomenti già


formulati. Nel secondo caso, si mette alla prova un’inferenza (presunta) deduttiva
analizzandone prima la forma e poi le premesse – essenzialmente si tratta di un tentativo di
confutazione.

Esempio filosofico: La prova ontologica dell’esistenza di Dio

1. Per definizione, Dio è un’entità tale che è impossibile immaginarne una più perfetta.
2. Un essere che esiste nella realtà è più perfetto di uno che non esiste nella realtà.
3. Quindi, se Dio esiste nella mente ma non nella realtà, allora possiamo immaginare qualcosa di
più perfetto di Dio (cioè un’entità che esiste anche nella realtà).
4. Ma non possiamo immaginare qualcosa di più perfetto di Dio.
5. Quindi se Dio esiste nella mente, allora esiste anche nella realtà.
6. Dio esiste nella mente (può essere immaginato).

Posto che il ragionamento sia valido, si può discutere la verità/falsità delle premesse:
C’è veramente un’entità che corrisponde al predicato D?
Possiamo immaginare un’entità massimamente perfetta?
Connessione fra immaginazione ed esistenza?
L’esistenza è una proprietà? Rende ‘più perfette’ le cose?
Il ragionamento non si applica ugualmente ad entità non divine?

La confutazione, in maggior dettaglio:


 Come abbiamo visto, un argomento può essere confutato mostrando che la conclusione
è necessariamente falsa (contraddittoria).
 Oppure, che potrebbe darsi il caso che le premesse siano vere e la conclusione sia falsa.
 Per farlo, si può procedere ragionando per analogia con altri argomenti che risultano più
chiaramente inaccettabili (Gaunilone contro S. Anselmo: come Anselmo inferisce
l’esistenza di Dio dall’idea di perfezione, non si può nello stesso modo inferire
l’esistenza di un’isola massimamente perfetta?).
 Quanto alle premesse, si può cercare di mostrare la loro falsità:
 Trovando dei controesempi (nel caso di proposizioni quantificate
universalmente).
 Mostrando che si basano su definizioni troppo larghe, troppo strette oppure
oscure o cariche di presupposizioni non ovvie.
 Mostrando la falsità di enunciati equivalenti o implicati da esse.
 Mostrando la verità di enunciati con cui sono in contraddizione.
 Oppure su base empirica… cioè induttiva!

L’induzione
La validità deduttiva implica che premesse vere conducono necessariamente a conclusioni
vere. Nel caso del ragionamento induttivo, le cose non stanno così.

 Anche se si ragiona ‘correttamente’, premesse vere non garantiscono la verità della


conclusione

Forme dell’induzione:
 Caso 1, caso 2, … caso n → Caso n+1
 Caso 1, caso 2, … caso n → Tutti i casi simili

In entrambi i casi la conclusione potrebbe essere falsa. Eppure, non riteniamo di compiere errori
di ragionamento. Di fatto, spesso ci affidiamo a questa forma di ragionamento e non
potremmo fare altrimenti. Questo suggerisce che si tratta di una forma di ragionamento
specifica diversa dalla deduzione.
 L’induzione è utile proprio perché è ampliativa e, di conseguenza, fallibile.
 C’è più informazione nella conclusione che nelle premesse.

Problema della giustificazione


(N.B.: il problema c’è anche per la deduzione. Lewis Carroll sulla auto-fondazione della
deduzione).
David Hume (1711-1776 - ‘Trattato sulla Natura Umana’ (1739-40) sull’impossibilità di
affermare che ci siano nessi necessari – fra (presunta) causa e (presunto) effetto o fra casi
osservati e casi futuri. Giustificazione psicologica (abitudine determinata dalla ripetizione) e
non logica.
Nelson Goodman (1906-1998) e il nuovo problema dell’induzione. La giustificazione del
ragionamento induttivo non è problematica, si fonda sulla pratica. Ma quali ipotesi dobbiamo
ritenere supportate dall’evidenza osservativa (‘blerde’ contro ‘verde’)? Resoconto pragmatico
basato sulla pratica linguistica.

Distinzione fra:
 Generalizzazioni induttive in senso stretto
 Generalizzazioni induttive statistiche

Le seconde arrivano a conclusioni probabilistiche a partire da premesse statistiche su campioni


indicativi. Schema generale dell’induzione:
 Su un campione casuale di m individui P, n% di essi sono Q, quindi circa l’n% dei P sono Q
 Differenza sostanziale: nel caso probabilistico/statistico non tutti i casi osservati sono
uguali
 Stessa connessione con l’idea di legge di natura e di spiegazione!

Varie teorie della probabilità (frequenze, propensioni, credenze soggettive, rapporti


numerici…), ma trattamento formale comune.

Ad ogni evento E si associa una probabilità0Pr(E)1


Se A e B sono reciprocamente esclusivi, Pr(AB)=Pr(A)+Pr(B)
Per quanto riguarda Pr(AB), se A e B sono eventi indipendenti, è uguale a Pr(A)xPr(B)
Se A e B sono dipendenti, occorre calcolare la probabilità ‘condizionale’ Pr(A|B)
 Da cui segue che Pr(AB)=Pr(A|B)xPr(B)

Punti importanti:
 Pr(AB) è sempre maggiore di o uguale a Pr(A) e a Pr(B)
 Pr(AB) è sempre minore di o uguale a Pr(A) e Pr(B)

Fallacie del ragionamento induttivo e probabilistico:


Come detto, in senso stretto tutti i ragionamenti non deduttivi sono fallaci, cioè non
deduttivamente validi. In senso lato, invece, non ci sono fallacie induttive se non in forma non
rigorosa.
Generalizzazione indebita
 I casi positivi osservati sono troppo pochi.
Campione non rappresentativo
 I casi osservati non sono indicativi dell’insieme.
Conclusione non obiettiva
 I casi positivi osservati non conducono alla conclusione.
Valutazione erronea delle probabilità
 Calcolo sbagliato.
 Dipendenza/indipendenza reciproca degli eventi non presa in considerazione
 ‘Bias cognitivi’– per esempio, sopravvalutazione di eventi con un particolare
significato per il soggetto.

Esempi: il casinò e la fallacia del giocatore, Linda, il test di Harvard, Monty Hall.
Altre forme di ragionamento non deduttivo
 Ragionamento per analogia
 La conclusione si basa su una somiglianza fra casi.
 A e B condividono le proprietà P, Q, R…
 AèT
 Quindi, B è T.

 Inferenza causale
 La conclusione si basa su una correlazione che è apparsa costante nel passato e appare
necessaria.
 A e B sono stati osservati regolarmente insieme.
 Quindi, c’è un nesso causale fra A e B.
 John Stuart Mill (1806-1873).
 Mill presenta 5 metodi atti a guidare lo sperimentatore alla ricerca delle cause, vale a
dire, 5 forme corrette del ragionamento causale.

1) Concordanza. La vera causa (se presente fra quelle considerate) è quella che, cambiando il più
possibile la situazione, è l’unica presente se e solo se è presente l’effetto considerato.
2) Differenza. ‘Se un caso in cui il fenomeno che stiamo indagando accade e un caso in cui non
accade hanno tutte le circostanze in comune eccettuata una e quest’una si presenta soltanto nel
primo caso, quella sola circostanza in cui i due casi differiscono è l’effetto, o la causa, o una
parte indispensabile della causa del fenomeno’ (Mill, 1843, III, VIII, p. 541).
3) Concordanza e differenza. ‘Se due o più casi in cui il fenomeno accade hanno soltanto una
circostanza in comune, mentre due o più casi in cui il fenomeno non accade non hanno nulla
in comune eccettuata l’assenza di quella circostanza, allora quell’unica circostanza, rispetto
alla quale i due insiemi di circostanze differiscono, è l’effetto, o la causa, o una parte
consistente della causa del fenomeno’ (Mill, 1843, III, VIII, p. 547). Mira a trovare condizioni
necessarie e sufficienti.
4) Residui.: ‘Si sottragga da un fenomeno quella parte che, da induzioni precedenti, si sa essere
l’effetto di certi antecedenti: il residuo del fenomeno sarà l’effetto degli antecedenti che restano’
(Ib., p. 549).
5) Variazioni concomitanti.

 Abduzione e inferenza alla migliore spiegazione


 Charles S. Peirce (1839-1914):
 Deduzione
 Regola → Caso → Risultato.
 Induzione
 Caso → Risultato → Regola.
 Abduzione
 Risultato → Regola → Caso.

Esempio:
 Il formaggio nella dispensa è scomparso.
 La notte scorsa ho sentito rumori raschianti provenienti dalla dispensa.
 Quindi, il formaggio è stato mangiato da un topo.

Questo ragionamento non è induttivo, né causale, né basato sull’analogia. Inoltre, non è valido
deduttivamente. Anzi, in senso stretto, nel caso dell’abduzione si accetta esplicitamente una
fallacia logica: la fallacia dell’affermazione del conseguente:
 Se A allora B.
 B.
 Quindi A.
 Il formaggio nella dispensa è scomparso e la notte scorsa ho sentito rumori
raschianti provenienti dalla dispensa (B).
 [Se ci fosse stato un topo, allora il formaggio sarebbe scomparso e avrei
sentito rumori raschianti provenienti dalla dispensa] (A→B).
 Quindi, c’è stato un topo (e il formaggio è stato mangiato da quel topo) (A).

Lo si fa con l’esplicito intento di trovare una spiegazione di un fatto rilevante. Questo rende
l’abduzione essenziale nella vita quotidiana e nella scienza (anche se rimane oggetto di
dibattito se l’abduzione fonda la generalizzazione induttiva o identifichiamo piuttosto le
spiegazioni da preferire sulla base di generalizzazioni induttive passate).

Fallacie degli altri ragionamenti non deduttivi


 Analogia impropria
 A e B condividono proprietà, ma c’è anche (almeno) una proprietà di B non
condivisa da A e che blocca il passaggio analogico da A a B.
 Post hoc ergo propter hoc
 B segue A ma la precedenza temporale non è accompagnata da relazione
causale.
 Scambio di una causa comune con una correlazione causale
 Si ritiene che A causi B, ma in realtà C causa sia A che B.
 Spiegazione circolare
 A è spiegato sulla base di B, ma B si basa su, o non aggiunge nulla a, A.
 Spiegazione non controllabile
 A è spiegato sulla base di B, ma non si può verificare se effettivamente B implica
A.

Le nozioni modali
Aristotele e la scuola megarico-stoica: le basi della riflessione sulla modalità, legame
modale/temporale. Il Medioevo: la modalità diviene indipendente dalla temporalità, si
distingue necessità semplice e condizionale (il che conduce all’importante distinzione fra
necessità del conseguente e necessità della conseguenza) (possibile fallacia modale 1), si riprende la
distinzione aristotelica fra composizione e divisione per introdurre la distinzione de sensu/de re
(che poi diviene de dicto/de re, ed è importante ancora oggi in quanto una verità su certi termini
può non corrispondere a una verità sulle cose a cui si riferiscono) (possibile fallacia modale 2).
Dopodiché si afferma il possibile logico (la modalità esprime allora ‘ciò che ripugna o non
ripugna ai concetti’). Da qui si arriva alla riflessione sui mondi possibili compiuta da Leibniz:
mondo come realizzazione della migliore combinazione di concetti completi compossibili,
analiticità di tutte le verità, contingenza ridefinita come non-contraddittorietà della negazione
di una caratteristica contenuta nel concetto. Ma soprattutto, possibile e necessario
corrispondono a fatti relativi a (insiemi di) mondi possibili.

Nel XX secolo si sviluppa proprio questa nozione (insieme a quella di ‘accessibilità’), insieme a
quella di implicazione stretta (‘crisippea’) e all’apparato formale della logica modale. Ne
emergono vari sistemi formali rigorosi, e anche una riflessione metafisica sui mondi possibili.
Kripke ritiene che siano stipulati, un po’ come quando si considerano sottoinsiemi della
popolazione reale per scopi statistici. Le identità delle cose sono ‘fisse attraverso i mondi’.
Lewis invece accetta il realismo modale, considerando ‘attuale’ un termine relativo a mondi e
non assoluto. La modalità è per Lewis un discorso su più mondi come il nostro. Le cose non
mantengono la loro identità attraverso mondi, ci sono solo controparti.
Realismo moderato/attualismo (Stalnaker, Plantinga), deflazionismo/finzionalismo,
agnosticismo, modalismo/primitivismo.
Possibilità di ignorare l’elemento metafisico, necessità di distinguere più piani (logico,
linguistico, ontologico) e più modalità (epistemica, doxastica, aletica, deontologica etc.).

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