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Alcuni principi della logica

1. Principio di non contraddizione, o "dell'impossibilità di essere e non essere allo


stesso tempo"

E' impossibile che, per il medesimo rispetto, la stessa cosa sia e non sia: questa è
la formulazione più celebre del principio di non contraddizione data da Aristotele.
A prima vista questa affermazione non sembra eclatante e non sembra nemmeno
essere così fondamentale per le sorti del pensiero, tuttavia, approfondendone il
significato, si vede come tale principio è alla base della logica classica.

Un'altra formulazione del principio, sempre di Aristotele (nella Metafisica), è


questa: Il più fermo di tutti i principi è che è impossibile per lo stesso attributo
appartenere e non appartenere allo stesso soggetto dallo stesso punto di vista. In
questa formulazione si comincia a comprendere l'importanza per la logica di
questo principio: una volta assodato che a un certo soggetto compete un certo
attributo, il principio di non contraddizione (abbreviato spesso in 'pnc') permette
di escludere gli attributi che non gli competono, nel medesimo rispetto.

In altre parole, facendo un semplice esempio, o una penna è tutta rossa o e tutta
nera (è impossibile che sia tutta rossa o tutta nera contemporaneamente). Se la
penna è tutta rossa, allora questo esclude di fatto che la penna sia di un qualsiasi
altro colore, essendo tutta rossa. Ciò significa è impossibile che una cosa sia e non
sia, allo stesso tempo. Nel caso fosse possibile per un soggetto essere e non essere
una certa cosa allo stesso tempo ne deriverebbe un disastro per la logica, poiché di
un soggetto sarebbe possibile affermare che è e non è qualcosa allo stesso tempo
(sarebbe possibile affermare che "una ruota è sia tonda che quadrata").

Dunque ricapitoliamo: non può essere che una cosa sia e non sia una certa cosa
allo stesso tempo e nel medesimo rispetto. Questa affermazione perentoria porta
i pensatori ad affermare, ad esempio "se Socrate è un uomo, allora non è una
mucca" (pare che il destino di Socrate tra i divulgatori sia quello di servire da
esempio).

> punto 10 della scheda di Aristotele

2. Principio del terzo escluso, o del "se non è uno, è l'altro, ma non un terzo"

Il principio del terzo escluso (tertium non datur = terzo non dato) deriva in
qualche modo dal principio di non contraddizione e si pone, sempre per

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Aristotele, a fondamento della logica. Questo principio afferma che ogni


proposizione dotata di significato è vera o falsa. Dato quindi per vero che
"Socrate è un uomo", sarà falso l'opposto, ovvero che "Socrate non è un uomo".

3. Elenchos, o "dell'impossibile confutazione"

Il destino del principio di non contraddizione è quello di non poter essere


dimostrato (è per questo che per Aristotele è "il più fermo di tutti i principi"),
essendo un principio che fonda la sua forza sull'evidenza e che non necessita
quindi di altri principi che lo giustifichino. Tuttavia il pnc, se non può essere
dimostrato, non può essere comunque confutato. La confutazione del pnc porta il
confutatore a servirsi dello stesso pnc e in questo caso lo riafferma. L'argomento
che confuta chi si appresta a negare il pnc è chiamato da Aristotele elenchos
(confutazione).

Chi vuole negare il pnc è costretto a dire che "se il pnc non è valido, allora non
affermo il pnc". Ma in questa frase è evidente che il negatore afferma
implicitamente che non è possibile che il principio sia e non sia nel medesimo
rispetto. L'argomento utilizzato dal negatore del principio fa dunque uso dello
stesso principio che vuole negare. L'elenchos permette dunque di confutare i
negatori del principio nel momento stesso in cui si apprestano a negarlo.

Detto questo occorre dire che questo è, nello specifico, l'elenchos applicato al
principio di non contraddizione. La forma originaria dell'elenchos si fa risalire a
Socrate. L'elenchos viene definito da R. Robinson (in Plato' s earlier dialectic)
così: "l'elenchos nel senso più ampio significa esaminare una persona con
riguardo ad una affermazione che essa ha fatto, ponendole domande che
richiedono ulteriori affermazioni, nella speranza che essa voglia determinare il
significato e il valore di verità della sua prima affermazione. Il più delle volte il
valore di verità atteso è la falsità, e così l'elenchos nel senso più stretto è una
forma di confutazione".

Esistono due tipi di confutazione, quella diretta e quella indiretta. Nella


confutazione diretta l'interlocutore di Socrate sostiene un certo argomento,
Socrate dunque si fa concedere altri argomenti derivanti da quello principale e poi
procede a confutarlo sulla base di quanto sostenuto in uno degli argomenti
derivati. Nella confutazione indiretta Socrate si fa concedere gli argomenti
derivati e procede a confutarli. In questo modo viene confutato l'argomento
principale. [1]

4. Ex falso quodlibet, o del "tutto è permesso"

Nel caso fosse possibile permettere a una cosa di essere e non essere allo stesso
tempo e nel medesimo rispetto una certa qual cosa, nel caso dunque fosse
possibile travalicare il principio di non contraddizione, la logica diventerebbe

2 di 4 06/10/12 14:32
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inutile. Si prenda questo esempio: "Socrate è un uomo e Socrate non è un uomo".


Se fosse possibile prendere per buona questa affermazione, tutto sarebbe
permesso, ovvero sarebbe permesso affermare in piena "legalità logica" tutto e il
contrario di tutto.

Se è vero infatti che "Socrate è un uomo e Socrate non è un uomo", allora sarebbe
possibile affermare che "Socrate è una mucca", ma sarebbe anche possibile
affermare che "Socrate non è una mucca". La congiunzione "e" posta tra le due
affermazioni ci dice che è vero contemporaneamente (nel medesimo rispetto) che
"Socrate è un uomo" e che "Socrate non è un uomo". Da questa condizione ogni
argomento risulterebbe vero, poiché si arriva ad affermare che una cosa "è e non
è" allo stesso tempo. Sarebbe vero sia che "Socrate è uomo" sia che "Socrate non
è un uomo".

Questo procedimento viene chiamato in latino ex falso quodlibet, ad indicare la


produzione di argomenti a piacere (quodlibet = "ciò che piace") provenienti da (=
ex) affermazioni che si falsificano a vicenda (che sono contraddittorie). La logica
è giudizio, discerne tra vero e falso, e un procedimento che di fatto
permettesse a un argomento di essere vero e falso allo stesso tempo non
permetterebbe più di discernere tra un valore e l'altro.

5. Reductio ad absurdum, o "della confutazione indiretta"

La reductio ad absurdum (riduzione all'assurdo) recita così: Se il primo, allora il


secondo. Se il primo allora non il secondo. Dunque non il primo. Se da una
ipotesi deriviamo una contraddizione, rivelandone l'assurdità, allora siamo in
grado di affermare che è vera l'ipotesi contraria (basando questa realtà sul
principio del terzo escluso). In altre parole, se si riesce a dimostrare che da
una stessa premessa è possibile far derivare due conseguenze opposte tra
loro, allora la premessa è falsa. Dunque la tesi è impossibile perché porta a una
contraddizione tra le conseguenze derivate dalla premessa.

Si prenda questo esempio: "Non esistono verità, allora tutto è relativo" (se il
primo, allora il secondo). "Non esistono verità, allora non tutto è relativo" (se il
primo, allora non il secondo), infatti l'affermazione che non esistono verità
sarebbe essa stessa una verità non relativa. Allora è falso che "non esistono verità"
(dunque non il primo). In questo caso la premessa ("non esistono verità") è da
ritenere falsa perché presenta due deduzioni contraddittorie ("allora tutto è
relativo/allora non tutto è relativo").

6. Consequentia mirabilis, o del "costruire dal nulla"

La consequentia mirabilis è per certi versi un ragionamento analogo alla reductio


ad absurdum, tuttavia essa non produce la confutazione di una premessa, ma fa si
che si possa derivare la validità di una premessa dalla sua negazione. Il principio

3 di 4 06/10/12 14:32
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recita così: Se non il primo, allora il primo. Dunque il primo. Il principio


permette quindi di dimostrare una certa cosa senza fare appello ad altri
principi, in piena autonomia. Vediamo come.

Si prenda questo esempio: "Non esistono verità" (se non il primo), ma questa
affermazione implica che essa stessa sia una verità (allora il primo), dunque
"esistono verità" (dunque il primo). O ancora, "non esiste alcun testo scritto" (se
non il primo), ma questa affermazione è scritta (allora il primo), dunque "esistono
testi scritti" (dunque il primo).

Un esempio eclatante di consequentia mirabilis è il cogito ergo sum cartesiano.


Con esso si afferma che "non esiste il pensiero" è esso stesso un pensiero, dunque
non si può dubitare di pensare (e dunque se si pensa siamo qualcosa, esistiamo,
anche solo nei limiti del pensiero).

Un ultimo esempio, il più estremo: "non esiste nulla" comporta comunque che
esista questa affermazione, per cui è chiaro come qualcosa esista.

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