Sei sulla pagina 1di 11

FALLACIE

Iacona, L'argomentazione, 107-141


D'Agostini, Verità, 103-177
Frixione, Come ragioniamo, 25-41, 83-91, 111-115, 139-146 (bibliog. 150, 152-53)
Penco, Introduzione, 10-12, 15
Penco, Fallacie (testo stampato)
Benzi, Il problema logico delle fallacie
Govier, A practical study, passim
Thindale, Fallacies and argument, passim
Boniolo, www.argomentare.it [strumenti per ragionare > fallacie]

FALLACIE DEDUTTIVE
Le fallacie deduttive sono errori nel ragionamento prodotti da un'inferenza errata,
cioè dalla violazione di una regola logica (Boniolo). E' un tipo di argomento invalido che
sembra valido; sulla base di questa definizione Iacona parla di tre tipi: 1) le fallacie
formali (logiche), 2) le fallacie di rilevanza, 3) le fallacie di relazione. [In senso più
generale tra le fallacie deduttive si possono classificare anche gli errori di
definizione, cioè le fallacie prodotte da una cattiva definizione dei termini, che si
trascina nel ragionamento producendo l'errore nella conclusione (Boniolo)].

A) Fallacie sillogistiche si hanno quando sia violata una qualsiasi delle otto regole che
ne garantiscono la validità.
1. Ci devono essere solo tre termini (maggiore, minore, medio). Se si ragionasse
inserendo un quarto termine, o addirittura un quinto, un sesto ecc., si cadrebbe
nella fallacia del quaternio terminorum ("Ogni pesce nuota", "Qualche
costellazione è pesce", allora "Qualche costellazione nuota": il termine "pesce"
è stato usato in due sensi diversi e quindi non abbiamo tre termini distinti, ma
quattro).
2. Il termine minore e il termine maggiore devono essere distribuiti in modo
uguale nelle premesse e nella conclusione. Se così non fosse, il termine presente
nelle premesse sarebbe inteso in senso diverso dal termine presente nella
conclusione e si cadrebbe o nella fallacia del trattamento illecito del termine
maggiore o nella fallacia del trattamento illecito del termine minore. Si possono
comunque inserire tali due fallacie all'interno della fallacia del quaternio
terminorum in quanto il termine delle premesse e il termine della conclusione
non sarebbe più il medesimo e quindi avremmo quattro termini (esempio a.
"Tutti gli uomini sono animali", "Nessun cavallo è un uomo", allora "Nessun
cavallo è un animale": nella premessa maggiore il termine "animale" non è
distribuito mentre lo è nella conclusione; esempio b. "Tutti i nichilisti sono
pericolosi", "Tutti i nichilisti sono critici", allora "Tutti i critici sono pericolosi":
nella premessa minore il termine "critico" non è distribuito mentre nella
conclusione lo è).
3. Il termine medio non deve mai essere presente nella conclusione . In caso
contrario, si cadrebbe nella fallacia del medio incluso ("Tutti gli ateniesi sono
greci", "Alcuni ateniesi sono filosofi", allora "Alcuni filosofi sono ateniesi"; la
conclusione corretta sarebbe: "Alcuni filosofi sono greci").
4. Il termine medio dev'essere distribuito in almeno una delle due premesse . Se
così non fosse, si cadrebbe nella fallacia del medio non distribuito poiché il
medio non collegherebbe più i due termini ed essi potrebbero essere connessi a
sottoclassi diverse della classe designata dal termine medio ("Tutti gli elefanti
sono mammiferi", "Tutti i topi sono mammiferi", allora "Tutti i topi sono
elefanti": la classe degli elefanti e la classe dei topi sono sottoclassi disgiunte
della classe dei mammiferi e quindi il termine medio, ovvero "mammifero", non
svolge la sua funzione di correlazione fra il termine maggiore, ovvero
"elefante", e il termine minore, ovvero "topo"). Anche in questo caso si può
parlare della fallacia del quaternio terminorum in quanto "mammiferi" è usato in
due modi diversi e quindi vi sono due termini "mammifero". Un esempio valido è
il seguente: "Tutti gli elefanti sono mammiferi", "Nessun rettile è un
mammifero", allora "Nessun rettile è un elefante". In questo caso, il medio
"mammifero" è distribuito nella premessa minore e quindi il sillogismo è valido.
5. Da due premesse negative non segue alcuna conclusione . Il fatto che due cose
siano diverse da una terza non comporta necessariamente che siano in qualche
modo correlate. Cade nella fallacia delle premesse negative chi non soddisfa
questa regola ("Nessun pesce è un mammifero", "Nessun rettile è un pesce",
allora "Nessun rettile è un mammifero").
6. Da due premesse affermative segue una conclusione affermativa . Se due cose
sono connesse positivamente allo stesso medio, devono essere connesse
positivamente anche fra di loro, nella conclusione. Cade nella fallacia delle
premesse affermative chi non soddisfa questa regola ("Tutti gli uomini hanno
l'anima", "Tutti gli uomini sono animali", allora "Nessun animale ha l'anima").
7. Da due premesse particolari non segue alcuna conclusione . Cade nella fallacia
delle premesse particolari chi non segue questa regola ("Qualche mammifero
vive nell'acqua", "Qualche volatile è un mammifero", allora "Qualche volatile
vive nell'acqua").
8. La conclusione contiene sempre la parte peggiorativa delle premesse . Ossia se
una premessa è negativa, la conclusione dev'essere negativa; se una premessa è
particolare la conclusione dev'essere particolare. Cade nella fallacia del
peggiorativo chi non soddisfa questa regola ("Tutti i cani abbaiano", "Qualche
cane è un animale domestico", allora "Tutti gli animali domestici abbaiano").
B) Fallacie formali (riguardano gli operatori logici) [su congiunzione e disgiunzione
D'Agostini, 154-155]
1) Fallacia dell'affermazione del conseguente
Definizione
L'affermazione del conseguente è un'errata applicazione del modus ponens, che nella
forma corretta si esprime come [(p -> q) ^p] -> q. Invece, con la l'affermazione del
conseguente, si afferma erroneamente che [(p -> q) ^q] -> p.
Esempio
Se sono a Venezia, allora sono in Veneto. Sono in Veneto, perciò sono a Venezia.
Critica
Si critica questa fallacia mostrando l’implicazione permette la conclusione solo se è
una doppia implicazione, cioè se p e q equivalgono, ad esempio, all’essere “Roma “ (p) e
“la capitale d’Italia” (q). Solo così affermando p si può derivare q. In simboli [(p <-> q)
^q] -> p.

2) Fallacia della negazione dell'antecendente


Definizione
La negazione dell’antecedente è un'errata applicazione del modus tollens, cioè di [(p ->
q) ^ ¬q] -> ¬p. Si afferma, in modo fallace, che [(p -> q) ^ ¬p] -> ¬q
Esempio
Se sono a Venezia allora sono in Veneto. Io non sono a Venezia, quindi non sono in
Veneto.
Critica
Anche qui la conclusione potrebbe valere solo a condizione che tra p e q vi fosse una
doppia implicazione: ad esempio, all’essere “Venezia “ (p) e “Il capoluogo del Veneto”
(q). Solo così negando p si può negare q. In simboli [(p <-> q) ^¬p] -> ¬q

3) Fallacia di autocontraddittorietà
Definizione
Con la fallacia di autocontraddittorietà ( detta anche delle premesse contraddittorie)
si utilizzano due premesse che tra loro sono contraddittorie.
Esempio
L’uomo è un animale sociale, e poiché non ama socializzare con i suoi simili, tende a
isolarsi e a combatterli.
Critica
Si combatte questa fallacia mostrando che le due premesse (“essere un animale
sociale “ e “non amare socializzare”) sono tra loro in contraddizione.

FALLACIE DI RILEVANZA
Un altro modo per definire un tipo di argomento invalido è quello di caratterizzare una
famiglia di argomenti in cui le premesse non sono rilevanti per la conclusione (Iacona,
111), ossia il legame concettuale e logico tra le premesse e la conclusione è solo
apparente (D'Agostini, 109). Da vedere anche Govier (154-172) che elenca: strawman,
ad hominem, guilt by association (per associazione), ad populam, ad ignorantiam, ad
misericordiam, ad baculum).
1) Ad ignorantiam
Definizione
Le argomentazioni di questo tipo suppongono che finché una cosa non è stata mostrata
falsa (vera), è vera (falsa): non sappiamo se p, dunque non-p. Ma la mancanza di un
argomento che confuti un enunciato A non ne dimostra la verità, come d’altra parte la
mancanza di un argomento a riprova di A non ne dimostra la falsità. Le premesse non
sono rilevanti perché la questione se una proposizione sia vera o falsa è indipendente
dalla questione se ci siano prove della sua verità o falsità.
Esempi
Eleonora dice che è più intelligente di Mario, ma non può provarlo, perciò mente.
Non so se esistano extraterresti, dunque gli extraterresti non eistono.
Non ho prove della non esistenza di dio, dunque dio esiste.
Non so se il mio vicino è una brava persona quindi il mio vicino non è una brava persona.
Non ci sono prove certe che gli OGM siano dannosi quindi gli OGM non sono dannosi.
Critica
Forse alcune delle conclusioni tratte sono vere, ma la tesi che usiamo per dimostrarle
non dovrebbe essere rilevante. Il rischio è quello del dogmatismo ad ignorantiam (si
difende dogmaticamente una tesi su una materia su cui non abbiamo molte certezze),
che si contrasta cercando le ragioni che abbiamo per giustificare le nostre
conclusioni: la nostra ignoranza del contrario non è rilevante [D'Agostini, 120-121]. La
fallacia viene smascherata analizzando l’enunciato che si pretenderebbe di confutare
ad ignorantiam, mostrando che può essere vero (falso) sebbene non si sappia
dimostrare che è falso (vero).

2) Ad verecundiam (argomento di autorità)


Definizione
A volte può essere appropriato citare un’autorità per sostenere una posizione (vedi
l’argomento pragmatico di “autorità”), ma spesso non è così, specie se l’autorità non è
tale.
Esempi
“E’ vero: l’ha sostenuto Aristotele”
“Una fonte governativa ha affermato che la nuova legge sugli stranieri verrà presto
ritirata”
“L'altro giorno un mio amico ha sentito dire che il politico XY è un ladro”.
George Clooney beve questo caffé, dunque compratelo!
Critica
In particolare, un appello all'autorità è inappropriato se la persona non è qualificata ad
avere un'opinione esperta sull'argomento.
O se non esiste un’autorità riconosciuta, perché gli esperti in un determinato campo
non sono d'accordo sull'argomento.
Oppure perché l'autorità citata, quando si è espressa sulla verità di quel dato
enunciato, non era nel pieno delle sue facoltà.
Oppure se stava semplicemente scherzando, se l’autorità non è identificata
correttamente, se si tratta di una diceria.
Comunque, mai un enunciato è vero o falso solo perché qualcuno (l’autorità) dice che è
vero o falso, né perché qualcuno si rifà a qualcun altro (l’autorità) che afferma che è
vero o falso.

3) Ad hominem
Definizione
Invece di valutare l'argomento, si critica la persona che lo espone. Ciò può avvenire in
modi diversi.
ad personam diretti 1 (abusivo): invece di ribattere un'asserzione, l'argomento
attacca la persona che l'ha fatta.
Esempio: Tu puoi anche dimostrare che Dio non esiste, ma io so che è solo una tua
fisima; Giacomo dice che p, ma Giacomo è un ubriacone, dunque p non è vero
ad personam indiretti 2 (circostanziale, all'interesse, per associazione): invece di
attaccare un'affermazione, ci si sofferma sul rapporto tra il suo proponente e le
circostanze in cui questi si trova.
Esempio: Si può non dar credito a ciò che dice il Ministro delle Finanze sulle imposte,
perché egli non sarà danneggiato dall'aumento. Si possono ignorare gli argomenti del
Sig. Rossi perché sono basati su dati forniti dalla sua stessa azienda. Smith sostiene
l'antiproibizionismo, ma Smith è amico di criminali e barboni
ad personam3 (tu quoque): questa forma di attacco al proponente sottolinea come
egli stesso non metta in pratica ciò che sostiene.
Esempio: Dici che non posso bere, ma tu non sei mai stato sobrio più di un giorno. A chi
difende il suicidio si dice “perché non ti impicchi?”. A chi dice che Milano è un posto
piacevole si dice “perché non ci vai a vivere subito?”.
Critica
Si mostri che attaccare la persona che enuncia una tesi riferendosi non a ciò che dice,
ma a ciò che è o ai rapporti che ha, non porta argomenti, ma confonde la discussione,
producendo un errore argomentativo. Alla colpa per associazione, come a tutte le
violazioni della rilevanza, si ribatte sempre rifocalizzando l'attenzione alla tesi
principale.
ad personam 4 (generalizzato): si ha quando tutto quello che una persona dice viene
investito da una generale procedura di delegittimazione (procedura
dell'avvelenamento del pozzo), allo scopo di sbarazzarsi del sostenitore delle tesi
[D'Agostini 112-113]

4) Ad baculum
Definizione
Con questa fallacia (del "bastone") l’interlocutore viene informato che seguiranno
spiacevoli conseguenze se non sarà d’accordo con quanto proposto. Si sostituisce cioè
una minaccia, il ricorso alla forza all'argomento.
Esempio
La teoria tolemaica è la migliore: ti conviene sostenerlo altrimenti corri il rischio di
venir considerato eretico e quindi bruciato.
Se non paghi non ti assicuro nulla: qualche malintenzionato potrebbe bruciarti il
negozio.
Critica
Si identifichi la minaccia, enfatizzandone la completa irrilevanza relativamente alla
verità o falsità dell’enunciato che si vuole sostenere.

5) Ad populum
Definizione
Si argomenta intorno alla verità o falsità di un enunciato facendo appello al
sentimento popolare oppure opinioni condivise. E' una variante più specifica della
fallacia di argumentum ad judicium.
Esempio
Siamo tutti Italiani, e quindi dobbiamo tifare per la nostra nazionale.
Basta con questi immigrati che ci rubano il lavoro, violentano le donne, entrano nelle
nostre case per rubare!
Critica
Si mostri che i sentimenti che si hanno verso un certo evento, oggetto o persona, non
comportano la verità o la falsità degli enunciati che parlano intorno a quell’evento,
oggetto o persona.

6) Ad misericordiam
Definizione
L’interlocutore viene spinto ad accettare un enunciato in considerazione di un qualche
stato compassionevole, facendo appello alla pietà.
Esempio
Speriamo che accetterai il nostro progetto: abbiamo passato gli ultimi tre mesi
lavorando come pazzi per riuscire a presentarlo oggi.
Ho tre figli da mantenere, quindi non può licenziarmi.
Critica
Si identifichi l’enunciato e l'appello alla compassione e si argomenti che lo stato
compassionevole non ha nulla a che fare con la veridicità dell’enunciato.

7) Fallacie di rilevanza esterna negli argomenti negativi (genetica, di appartenenza,


cfr. Iacona, 114)

8) Fallacie da strategie diversive dal tema principale (non sequitur1, falsa pista,
distrazioni, ignoratio elenchi) [D'Agostini, 116-120].

1 Per Iacona tutti gli argomenti invalidi o deboli, nei quali la conclusione non segue dalle premesse,
sono non sequitur (108).
8a) ignoratio elenchi (ignoranza della confutazione; in logica è detta conclusione
irrilevante, ignoranza della questione) è la tipica diversione in funzione di
confutazione, si sposta l'attenzion dal centro del discorso allo scopo di smentire la
tesi di un avversario; ovvero è inapproprito perché ha come conclusione una
proposizione che non è quella da giustificare; errore che si commette quando si perde
di vista il punto della questione e di conseguenza si pensa di provare qualcosa mentre
si prova al massimo qualcos'altro [es.: le canzoni dei Beatles? Non ci trovo niente di
speciale, la musica dei Beatles ha un'importanza fondamentale nella storia del rock,
dunque non si può dire che non sia bella; considerazione non rilevante per dimostrare
che le loro canzoni sono belle] [Iacona 132-137]

FALLACIE DI RELAZIONE
(tra proprietà del tutto e quelle delle sue parti)
[Iacona, 115; D'Agostini:fallacie concettuali nel gruppo delle false premesse, 134]
1) Fallacia di composizione
Si inferisce erroneamente che una certa cosa ha una certa proprietà sulla base della
considerazone che una o più parti di quella cosa hanno quella proprietà. Es.: un libro è
scritto bene perché ogni frase che contiene è scritta bene; potrebbe essere
composto da una serie di belle frasi che non c'entrano niente l'una con l'altra.
2) Fallacia di divisione
All'inverso si inferisce erroneamente che certe cose hanno una certa proprietà sulla
base della considerazione che sono parti di un tutto che ha quella proprietà. Es.:
qualsiasi frase di un libro è scritta in italiano perché il libro è scritto in italiano;
potrebbe contenere una citazione in lingua straniera.

FALLACIE INDUTTIVE
Alcuni argomenti (ignoranza, autorità e ad hominem) sono invalidi, ma non per
questo sono deboli; possono quindi essere talvolta argomenti induttivi forti. Altre sono
invece le fallacie induttive, quando si commette un errore di inferenza e si propone un
argomento che sembra forte ed invece è debole [Iacona, 116-118]. Sono fallacie che
riguardano la verità delle premesse, ma non sono propriamente violazioni del vero,
quanto piuttosto della forza [D'Agostini, 143].

1) analogia impropria (o falsa analogia), quando si inferisce erroneamente che due o


più cose sono simili in alcuni aspetti a partire dalla considerazione che sono simili in
altri aspetti, che non sono rilevanti per gli aspetti della somiglianza inferita.
L'argomentazione analogica è debole se non è supportata da un'ampia campionatura,
da una lunga ricerca, dall'assenza di controesempi. E' inevitabile usare le
generalizzazioni, ma è necessario essere consapevoli del fatto che la loro verità è
incerta e fragile [D'Agostini, 147-148]
a) I matrimoni sono come le corse dei cavalli, alcuni cavalli sono perdenti, e altri
vincenti, dunque bisogna sapere bene con chi si va a sposarsi, come bisognerebbe
conoscere bene i cavalli prima di scommettere.
b) Lo squalo e la balena sono animali molto grandi. Dato che lo squalo è pericoloso
per l'uomo, anche la balena è pericolosa per l'uomo.
c) Il Gladiatore di Ridley Scott è un film in costume basato sull'azione e sulle
scene di combattimento. Anche Barry Lindon di Stanley Kubrick è un film in
costume, quindi è basato sull'azione e sulle scene di combattimento.

2) generalizzazione impropria (indebita), quando si inferisce erroneamente che tutti


gli elementi di un insieme sono simili in certi aspetti a partire dalla considerazione che
alcuni elementi, troppo pochi o troppo poco rappresentativi, dell'insieme sono simili in
quegli aspetti [Iacona, 119]. L'errore di esemplificazione coincide con la
generalizzazione impropria (e con la fallacia naturalistica), nel caso in cui un solo
esempio venga usato per trarre conclusioni generali [un solo controesempio confuta
una tesi generale, ma un solo esempio con conferma nulla] [D'Agostini, 146-147]. Un
caso è tipico nel sillogismo induttivo [deriva una tesi universale, 'tutti i P sono Q', a
partire da premesse osservative particolari], quando si generalizza un risultato a
partire da conferme parziali [es.: i cigni...]. Un secondo errore è tipico del sillogismo
statistico, quando la campionatura di partenza è inadeguata oppure cattiva (non
sufficientemente ampia e casuale). Un terzo errore sono le fallacie di accidente, cioè
le generalizzazioni di un aspetto accidentale di un fenomeno, che viola le regole
dell'esemplificazione [es.: i polacchi hanno lottato giustamente contro il governo
sovietico, che era comunista, dunque è giusto lottare contro i comunisti]; oppure di
accidente converso, quando si deriva da una serie di dati riguardanti un certo evento
una proprietà specifica di quell'evento, che viola le regole dell'analogia [es.: lunedì
scorso ho sfasciato la macchina, il lunedì precedente si è rotto il riscaldamento, oggi è
lunedì e mi hanno dato una multa; il lunedì sono sfortunato] [D'Agostini, 143-145].

3) falsa causa [non causa pro causa], quando si è indotti a credere senza una
giustificazione adeguata che certi oggetti/eventi siano legati da un nesso causale [es.:
Giacomo beve molto e ha molti problemi, dunque Giacomo beve molto perché ha molti
problemi]. Una varietà è l'errore tradizionalmente noto come post hoc propter hoc
(dopo di ciò, quindi a causa di ciò): si commette questo errore quando si inferisce che
un evento è la causa di un altro evento sulla base del semplice fatto che il primo
evento precede il secondo nel tempo [es.: X è un grande giocatore e prende
anfetamine, dunque X è un grande giocatore perché prende anfetamine; è arrivato X
in paese e subito dopo è scoppiato l'epidemia, dunque X ha portato l'epidemia in paese
(strategia dell'untore)].

4) giocatore d'azzardo, prende il nome dalla propensione tipica dei giocatori


d'azzardo a credere che dopo una serie di esiti sfavorevoli il gioco debba volgere a
loro favore [es: rosso alla roulette uscito 8 volte]. Questo ragionamento sembra
corretto perché somiglia a un altro ragionamento che invece è corretto, cioè quello
secondo cui è naturale aspettarsi che su 10 giri di roulette esca 5 volte il rosso e 5
volte il nero; la fallacia nasce da una confusione tra la probabilità di una sequenza di 9
rossi su 10 giri, che è molto più bassa del 50% e la probabilità di un rosso dopo altri 8
in sequenza, che è esattamente del 50% (è un evento indipendente). [Iacona, 120;
D'Agostini, 149]
5) evidenza soppressa, ignorando o tacendo date che potrebbero essere in contrasto
con quello che si vuole sostenere (il requisito della possibilità di modificare la
conclusione aggiungendo nuove premesse) [D'Agostini, 150]
6) fallacia naturalistica [D'Agostini, 151]

FALLACIE DI CIRCOLARITA'
Negli argomenti circolari si dà tacitamente per presupposto quel che si deve
dimostrare, quindi si viola il criterio della fecondità della conclusione [D'Agostini, 113,
123-128]. Es.: il mio parroco parla ogni giorno con dio; ma come fai a saperlo?; perché
me l'ha detto il mio parroco e vuoi che un uomo che parla ogni giorno con dio dica il
falso? Circolarità concettuale: petitio principii; circolarità procedurale: closed
reading; domanda multipla; strawman; double bind.
1) petitio principii (richiesta di ciò che sta all'inizio) è l'errore che si commette
nell'ambito di una disputa quando un contendente chiede (implicitamente) all'altro di
dare per presupposta la verità di una proposizione che sta all'origine della disputa,
cioè la proposizione controversa [es.: dio è infinitamente buono, dunque dio ha almeno
una proprietà, l'essere infinitamente buono, ma per avere proprietà occorre esistere,
dunque dio esiste; nella prima premessa è già contenuta la conclusione, se è vero che
per avere proprietà occorre esistere]. Gli argomenti circolari si scoprono con facilità
invertendo premesse e conclusione [es.: a) se sei un assassino meriti di morire, dunque
la pena di morte è giusta; la pena di morte è giusta, dunque se sei un assassino meriti
di morire; b) dio ha creato il mondo, dunque dio esiste; dio esiste, dunque è stato dio a
creare il mondo; quest'ultimo è tratto da Amore e guerra di Woody Allen]. Secondo
Iacona (132-133) la petitio principii, insieme con l'ignoratio elenchi, è un caso di
argomento inappropriato nel contesto, cioè un argomento che cerca di giustificare una
proposizione controversa senza soddisfare i requisiti minimi che la conclusione sia la
proposizione da giustificare e/o che le premesse sia proposizioni che possono essere
accettate come vere. In questi due casi l'argomento può anche essere corretto, ciò
che conta è che è inappropriato nel contesto in cui è formulato. Nella petitio principii
si assume o presuppone la verità della proposizione che sta all'inizio della disputa, cioè
la proposizione controversa. Ma non è un errore di inferenza, nel senso che non c'è
niente che non vada bene nel passaggio dalle premesse alla conclusione. La fallacia
consiste piuttosto in un errore dimostrativo nel senso che si presenta come
dimostrazione della conclusione un argomento che non può essere riconosciuto come
tale. Ma non sempre si fa una petizione di principio ogni volta che si commette un
errore del genere [es: voglio dimostrare che Fido è buono in un contesto in cui è in
questione la bontà dei cani, è inappropriato dire che Fido è un pastore tedesco e i
pastori tedeschi sono buoni; chi ha dubbi sulla bontà dei cani, l'avrà anche sui pastori
tedeschi; qui non c'è petizione di principio]. L'aspetto caratteristico della petizione di
principio è che l'errore viene commesso in virtù della relazione che sussiste tra
premesse e conclusione, cioè una delle premesse è la conclusione oppure una delle
premesse implica in modo ovvio la conclusione [Iacona, 137-141].
2) closed reading (lettura chiusa), cioè si estrapola un enunciato dal contesto di un
discorso e si procede a discutere quell'enunciato isolato [es.: un commentatore dice
'Gore ha sostenuto che non c'è alcun legame provato tra il fumo e il cancro ai
polmoni', in verità il discorso di Gore era: 'alcuni scienziati avranno la faccia tosta di
sostenere che non c'è alcun legame provato tra il fumo e il cancro ai polmoni'].
3) domanda multipla, è la situazione in cui si trova per esempio un imputato innocente
a cui il pubblico ministero chiedge “ha smesso di rapinare banche?”; se l'imputato dice
no, si professa implicitamente colpevole, eppure a rigore non ha smesso di rapinare
banche perché non le ha mai rapinate [es.: perché lo sviluppo privato delle risorse è
tanto più efficiente dell'iniziativa pubblica?].
4) strawman (uomo di paglia), consiste nel presentare una tesi apparentemente simile
a quella che si vuole negare, ma meno ragionevole, quindi disfacendosi di questa nuova
tesi pretendere che anche l'altra sia da considerarsi non vera [es.: “non può esistere
alcuna verità se tutto è relativo, l'inesistenza della verità è autocontraddittoria, e
dunque la teoria della relatività è inaccettabile; “ il comunismo consiste nel ritenere
che tutti gli uomini sono uguali, ma è ovvio che esistono infinitee varietà tra gli esseri
umani, e ciascuno deve essere libero di esprimersi secondo la propria natura”]. Iacona
(135) la include nella ignoratio elenchi.
5) double bind (doppio legame), consiste nel tacere una premessa nascosta e in questo
caso può assomigliare all'evidenza soppressa [cfr. es. in D'Agostini, 127].

FALLACIE SEMANTICHE [Iacona 122-132]


Per D'Agostini (128-142) sono nel gruppo 'False premesse', divise in verbali
(ambiguità o equivocazione, anfibolia, accento) e concettuali (errori categoriali,
vaghezza, falsa dicotomia, slippery slope, composizione, divisione). Quando le
premesse sembrano vere, pur non essendolo, siamo di fronte a fallacie di false
premesse: 1) verbali, ossia legate all'uso delle parole e delle forme linguistiche, 2)
concettuali, ossia legate a errori rigurdanti le proprietà che si assegnano ad un
oggetto, a luoghi comuni che inducono a ritenere vero quello che non lo è, o ad altri
espedienti; 3) induttive; 4) modi classici di far passare per vero quel che è falso.
1) Fallacie verbali possono essere semantiche, sintattiche o pragmatiche, legate cioè
al contesto in cui si usano le parole.
a) ambiguità (o equivocità semantica), quando uno dei significati di una parola è usato
nella premessa e l'altro nella seconda premesse e/o conclusione [es.: il male deve (è
inevitabile) esistere, ciò che deve (è giusto) esistere è il bene, quindi il male è bene;
combattere sulle parole è insensato, la discriminazione ('menzione') è una parola,
dunque è insensato combattere sulla discriminazione (uso); 'il tavolo' è scritto in nero,
quindi il tavolo è nero].
b) anfibolia, fallacia verbale che nasconde la non-verità con ambiguità sintattiche [es.:
io sto seduto e tu lavori, dunque entrambi facciamo qualcosa]. Una tipica fonte di
anfibolia sono i quantificatori [es.: tutti i ragazzi amano una ragazza], oppure la
varietà attiva e passiva del genitivo o di alcuni verbi [es.: l'invidia delle donne; ero
sbalordito nel vedere come picchiavano quei ragazzi]. Ma anche sul mancato uso della
punteggiatura [es.: vado a mangiare (,) nonna].
c) accento, si basano sugli errori inavvertiti a cui dà luogo la sintassi [es.: 'non sono
andato a Roma con Maria ieri', può voler dire che sono tornato da Roma con Maria ieri,
che sono andato a Milano con Maria ieri, che sono andato a Roma con Giacomo ieri, che
sono andato a Roma con Maria l'altro ieri.] La fallacia si ha quando si sfrutta
l'equivocazione d'accento per i propri scopi [es.: 'non si deve parlar male degli amici';
bisogna parlar male dei non-amici? bisogna parlar bene degli amici anche se sono
delinquenti? potremmo agire contro gli amici purché non se ne parli male?]. Altri
esempi di fallacie di accento sono quelle per implicatura, ossia senza esplicitamente
trarre le conclusioni e lasciando le conclusioni fallaci a chi legge o ascolta.

2) Fallacie concettuali si basano su equivocazioni delle relazioni tra un oggetto e le


sue proprietà (oggetti=nomi, proprietà=predicati, quindi fallacie predicative) [es.:
l'elefante è un animale, dunque un piccolo elefante è un piccolo animale; Edipo non ci
vede, il tavolo non ci vede, dunque Edipo e il tavolo sono ciechi].
a) errori categoriali [es.: gli angoli ottusi sono rossi, questo tavolo è triste].
b) fallacie di vaghezza si hanno quando un'espressione è usata in modo vago [es.: le
donne sono in media psicologicamente più fragili degli uomini e chi è psiscologicamente
fragile non può governare, dunque è giusto che poche donne occupino posti di governo].
La vaghezza è un problema serio del linguaggio in quanto molti predicati usati per
descrivere la realtà sono strutturalmente vaghi e prevedono casi border line
(montagna; essere umano e problemi bioetici). Il paradosso del sorite.
c) falsa dicotomia consiste nell'assumere nelle premesse un rapporto dicotomico (di
reciproca esclusione-esaustione) tra due dati o eventi [es.: o sei con me o contro di
me, non sei con me, sei contro di me], fa capo a un modo di ragionare (frame)
semplificante, che vede bipolarismi e conflittualità irriducibili ovunque [es. israeliani e
palestinesi] [cfr. Govier, 195-196]

Potrebbero piacerti anche