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Angelo Pagliardini
Angelo Pagliardini
Mappe interculturali della letteratura
nel Risorgimento
tere l’idea che il Risorgimento italiano sia
una costruzione chiusa e autoreferenziale,
tutti gli autori sono stati sottoposti a una L 'Autore
griglia di domande che costituiscono i Angelo Pagliardini (Letteratura italiana
parametri della ricerca. Come si definisce all’Università di Innsbruck) si è occupato
l’identità italiana? Come contribuisce la di questioni di storia letteraria italiana Ugo Foscolo, Vincenzo Cuoco,
letteratura alla realizzazione nazionale
concreta? Che rapporto c’è fra unità e
interculturale e di letteratura nell’epoca
delle migrazioni. Ha compiuto ricerche
Giuseppe Mazzini,
culture locali? Come si colloca l’identità sulla poesia dialettale e sull’apporto Cristina Trivulzio di Belgiojoso,
italiana all’interno di una rete europea? Il della letteratura italiana alla letteratura
procedimento ha consentito di tracciare europea. Giuseppe Gioachino Belli
ISBN 978-3-631-64174-3
Mappe interculturali
della letteratura italiana
nel Risorgimento
www.peterlang.com
1.1. Risorgimento e letteratura italiana: coordinate
storiche
1.1. Premessa
Nella definizione dei processi di elaborazione concettuale per la costruzione
dell’identità nazionale italiana, la letteratura entra in gioco come un solido punto di
riferimento. A proposito del nesso peculiare fra letteratura e identità nazionale il
filologo e poeta Giosue Carducci dichiara esplicitamente 1:
Quando il principe di Metternich disse l’Italia essere una espressione geografica, non aveva
capito la cosa; ella era una espressione letteraria, una tradizione poetica. [...] Io non so se sia
vero ciò che il Villemain racconta, che il governo austriaco vietasse certa volta a Milano la
recita della canzone all’Italia: ma, se lo fece, certo n’ebbe ragione, benché ormai fosse tardi.
(Carducci, Tomba di Francesco Petrarca, 15)
Il giudizio carducciano si colloca a pochi anni dal coronamento istituzionale di tale
prospettiva culturale e letteraria, dopo la cosiddetta «breccia di Porta Pia», che ha
comportato il (ri-)congiungimento di Roma all’Italia come capitale, il 20 settembre
1870, una data tradizionalmente indicata come conclusione del Risorgimento, cioè del
processo storico-politico e movimento culturale che ha portato la realizzazione,
geograficamente concreta, di uno Stato nazionale italiano 2. Per quanto riguarda
l’interpretazione storica, il dibattito diverge su questo punto in quanto da un lato si
sostiene che l’unificazione politica e militare dello Stato italiano abbia realizzato
concretamente una costruzione concettuale e identitaria secolare, dall’altra che, dopo
la formazione dello Stato italiano, si sia cercato un significato identitario culturale da
attribuire al nuovo soggetto statale 3. Nel nostro lavoro non intendiamo intervenire
sulle interpretazioni storiche generali del Risorgimento italiano, bensì analizzare il
ruolo assegnato alla letteratura e la funzione attiva degli scrittori nella costruzione
d’identità che ha preceduto e accompagnato la realizzazione dello Stato nazionale.
1 Il discorso è pronunciato ad Arquà, oggi Arquà Petrarca, in occasione del quinto centenario della
morte del poeta.
2 Anche Francesco Bruni attribuisce la stessa centralità alla letteratura nella formazione di quella che
lui chiama l’«idea dell’Italia che da Roma tardorepubblicana e imperiale arriva a oggi» (Bruni
2010, 13).
3 Gilles Pécout lo ricostruisce a partire dalle divergenze presenti fra i protagonisti del Risorgimento
(Pécout 2011, 189-194).
12 1. Risorgimento e letteratura italiana: coordinate storiche
progetto di unificazione politica che non aveva precedenti storici diretti. Per questo
abbiamo scelto cinque scrittori protagonisti del Risorgimento con ruoli molto diversi e
appartenenti a fasi cronologiche differenti del processo. Essi hanno contribuito nelle
loro opere a costruire, analizzare e promuovere l’identità nazionale italiana, con i
mezzi della letteratura, e le loro cinque voci, in parte discordi, mostrano sia
l’orientamento corale seguito per contribuire alla costruzione nazionale, sia le
dissonanze e le contraddizioni di tale processo.
La costruzione dell’identità italiana ha fatto uso della letteratura richiamandosi
alla tradizione letteraria italiana, ma è stato durante il Risorgimento che gli scrittori
hanno elaborato l’idea d’identità nazionale da attribuire al nuovo Stato italiano
realizzato concretamente nel 1861. Sono stati inoltre gli scrittori del Risorgimento che
hanno rivisitato e rimodulato in chiave identitaria italiana la tradizione letteraria a
partire dal Medioevo e, cercando elementi di continuità, hanno attribuito in parte
all’italianità anche la cultura classica greca e latina, che aveva avuto i suoi centri di
irradiazione nelle città italiote della Magna Grecia e nell’antica Roma.
Prenderemo in considerazione un corpus formato dalle opere di cinque autori,
rappresentativi di tipologie differenti per provenienza geografica, scrittura e azione
concreta, per cui appare proficua un’analisi in parallelo: Ugo Foscolo (1778-1827),
Vincenzo Cuoco (1770-1823), Giuseppe Mazzini (1805-1872), Cristina Trivulzio di
Belgiojoso (1808-1871), Giuseppe Gioachino Belli (1791-1863). Cuoco e Foscolo
sono esponenti della prima fase del Risorgimento, coincidente con il periodo
napoleonico, ma il primo si è integrato pienamente nelle politiche dei regimi
napoleonici, mentre il secondo ne ha combattuto il dispotismo e ha lottato come
intellettuale per denunciarne le contraddizioni. Mazzini e Trivulzio sono protagonisti
del processo di unificazione italiana culminante nella realizzazione del Regno d’Italia
nel 1861, l’uno su posizioni repubblicane e democratiche estreme, l’altra su posizioni
moderate, tuttavia entrambi sono stati esclusi dalla realizzazione concreta
dell’unificazione italiana, il primo perché portatore di istanze socialmente e
politicamente troppo aperte e avanzate, la seconda in primo luogo perché, essendo
donna, non poteva corrispondere ai prototipi dell’eroe e dello scrittore risorgimentale.
Il poeta Belli, la cui esperienza biografica e produzione poetica comprende tutte le fasi
del Risorgimento, costituisce una voce in controcanto, ufficialmente contrario al
Risorgimento, nel segreto della poesia romanesca testimone di una forte identità
culturale locale, di cui però denuncia al tempo stesso, per via letteraria, tutti i limiti.
4 Alberto Maria Banti trova, fra le prime attestazioni della metafora religiosa del Risorgimento riferita
all’Italia, la dedica del Misogallo di Alfieri, il libello contro gli eccessi giacobini della
rivoluzione francese, in cui l’autore così si rivolge all’Italia: «[a te], che un giorno (quando ch’ei
sia) sei per risorgere, virtuosa, magnanima, libera, ed Una» (Banti 2012, 35). È interessante
notare che nel periodo napoleonico si era stabilizzato il valore positivo del termine, ma non
altrettanto il significato politico, tanto che il generale austriaco Nugent, nel 1813, esorta gli
italiani al loro «Risorgimento», intendendo con ciò la rivolta a Napoleone e il ritorno agli
antichi sovrani e al dominio austriaco in Lombardia e in Veneto, mentre Antonio Maghella,
ministro della polizia del Regno di Napoli, invita a concorrere al «Risorgimento di tutta
l’Italia», intendendo con ciò la difesa del regno napoleonico di Murat a Napoli e la lotta contro
l’Impero austriaco e le altre potenze europee che progettano la Restaurazione degli antichi
sovrani (vedi Banti 2011c, 35).
5 Per il significato del termine si registra l’uso analogo a proposito di un altro moto di liberazione e
unificazione nazionale, quello che ha interessato la Grecia, anch’esso collegato alla cultura e
alla storia dell’antichità classica, in questo caso greca, in cui tuttavia un vero e proprio Stato
greco unitario non era mai esistito. Nel 1824, dunque prima della fondazione del Regno di
Grecia, esce in Italia un’opera dell’esule greco Mario Pieri Corcirese, sulla storia della rivolta
dei Greci contro i Turchi dal titolo: Compendio della storia del Risorgimento della Grecia dal
1740 al 1824 (Pieri Corcirese 1825). Nel già citato Atlante culturale del Risorgimento si trova la
voce «Decadenza»: come presupposto logico al concetto di «Risorgimento» ci deve essere il
principio di un’identità originaria perduta e di una decadenza contro cui reagire, identificati
genericamente da Marcello Verga con il concetto di «spagnolismo» e «antispagnolismo» (Verga
2011, 15-17); si occupa del significato e della storia del termine Risorgimento anche Anna
Maria Isastia (Isastia 2011, 267-268).
14 1. Risorgimento e letteratura italiana: coordinate storiche
periodo napoleonico, in cui, pur sotto la forte ipoteca del sostegno delle armi francesi,
per la prima volta si è arrivati alla costituzione di una Repubblica, poi Regno d’Italia,
con capitale a Milano 6. Napoleone Bonaparte (1769-1821), accolto in Italia come il
paladino degli ideali giacobini di libertà, entra trionfalmente a Milano il 15 maggio
1796, realizzando un fatto del tutto imprevedibile: la nascita di un’Italia napoleonica 7.
A Venezia Foscolo è tra i primi a celebrare Napoleone come liberatore: ancor prima
della caduta della Repubblica di San Marco varca il confine e si arruola a Bologna fra i
Cacciatori delle Alpi della Repubblica Cispadana, fondata dai soldati francesi,
mantenendo la propria condizione di militare fino alla fine dell’avventura napoleonica.
Il generale Bonaparte incoraggia la formazione di istituzioni in parte democratiche
formate da intellettuali e scrittori 8, purché restino divise e non riunite in un solo Stato
(cfr. Villari 2012, 19-21); nascono le cosiddette Repubbliche sorelle, cioè una serie di
Stati repubblicani con capitale a Genova, Milano, Bologna, Venezia, poi anche Roma
e Napoli 9.
In questa prima fase del Risorgimento «napoleonico», il laboratorio politico più
indipendente è quello di Napoli, dove la repubblica è fondata nel 1799 dal generale
francese Jean Étienne Championnet (1762-1800), ma cade sotto i colpi della
restaurazione borbonica a pochi mesi dalla fondazione. Dalla riflessione e
dall’autocritica di un protagonista nasce l’opera di Cuoco, che fa della rivoluzione
napoletana una rilettura moderata, e che cerca di elaborare un’immagine identitaria
dell’Italia da costruire, collocandola all’interno di un nuovo equilibrio europeo.
6 Le realizzazioni politiche dell’età napoleonica in Italia hanno dato l’occasione di manifestarsi alle
posizioni dei sostenitori dell’esigenza di un risorgimento dell’Italia. Una posizione particolare è
occupata dalla figura di Vittorio Alfieri (1749-1803), il poeta e drammaturgo piemontese che
acclama la Rivoluzione francese e invoca una resurrezione dello spirito nazionale e democratico
italiano, ma prende in seguito le distanze dal giacobinismo e arriva a scrivere un’opera
antifrancese, il Misogallo (Battistini 2011, 31).
7 «Designato da Carnot come sostituto di Schérer, prende il comando di un esercito disorganizzato e
privo di equipaggiamento offensivo pesante, esercito al quale il Direttorio ha affidato la
missione di una manovra diversiva a sud dell’Impero austriaco, proprio come l’armata
dell’Ovest, che deve rivolgere la sua attenzione verso l’Irlanda. In brevissimo tempo, sotto il
coendo di questo ʿgenerale che alla testa di un giovane esercito [...] che aveva dimostrato al
mondo come dopo tanti secoli Cesare e Alessandro avessero finalmente un successoreʾ (come
scrive Stendhal nell’Incipit della sua Certosa di Parma, la campagna d’Italia sarebbe diventata
ben più che una semplice concatenazione di manovre diversive» (Pécout 2011, 46).
8 A proposito della fioritura della pubblicistica e del giornalismo in Italia durante il primo Triennio
napoleonico, così osserva Guido Santato: «Il giornalismo politico del triennio, se non fu un
fenomeno quantitativamente paragonabile a quello francese, fu comunque di dimensioni
assolutamente inedite per l’Italia, e non troverà riscontri ad esso paragonabili per intensità nella
storia italiana successiva» (Santato 1990, 45).
9 Nel governo di Milano viene coinvolto il gruppo di intellettuali che, come i fratelli Pietro e
Alessandro Verri (1741-1816), si raccoglievano attorno al giornale milanese «Il Caffè» e
avevano dato vita all’Illuminismo lombardo, l’ambiente in cui si forma Alessandro Manzoni
(Santato 2003a, 23); anche il poeta Giuseppe Parini (1729-1799), autore del Giorno, satira
spietata della decadenza e mancanza di valori nella nobiltà dell’ancien régime, entra a far parte
del governo della città.
1. Risorgimento e letteratura italiana: coordinate storiche 15
10 Nel rapporto fra scrittori e Risorgimento, Fabio Danelon osserva che, pur condividendo
sostanzialmente tutti e tre la stessa idea di «Italia», Foscolo e Manzoni celebrano l’impresa
murattiana e deplorano la sua sconfitta a Tolentino, mentre Leopardi celebra la sua sconfitta
interpretandola come sconfitta del tiranno straniero (Danelon 2012, 176).
11 La sua traduzione italiana dell’Iliade (1811) costituisce a un tempo l’esaltazione della lingua
letteraria italiana e la celebrazione della rinascita culturale nazionale sotto l’egida imperiale
napoleonica, sullo sfondo di un primato della classicità, come osserva anche Gennaro Barbarisi:
«Intento primario del Monti fu raccontare ai contemporanei la storia della guerra troiana,
esempio eccelso e insuperabile di grandezza umana e di eloquenza, cercando nella tradizione
letteraria italiana le forme piú adeguate per una moderna narrazione epica, capace di avvincere
il lettore senza mai venir meno alla solennità del dettato. Ed era quanto (e in ciò il Foscolo
concordava pienamente con lui) non aveva saputo fare nessuno dei traduttori italiani
settecenteschi, ai quali egli, come il Foscolo) intendeva nettamente contrapporsi» (Barbarisi
2007, 178).
16 1. Risorgimento e letteratura italiana: coordinate storiche
ospita gli scritti di orientamento romantico. Quando la discussione assume una forte
valenza politica, la Biblioteca adotta una linea del tutto reazionaria, mentre il
Conciliatore, nato nel 1818 per controbattere questa linea, è costretto a chiudere dalla
censura già nel 1819.
Se alcuni aspetti del Romanticismo potevano andare incontro alla restaurazione
anti-illuministica del potere ecclesiastico e della repressione delle idee laiche e
democratiche, d’altra parte la valorizzazione dell’individuo e della sua indipendenza
dalle regole, la riscoperta dei valori popolari, cioè dei valori identitari di un popolo,
l’idea stessa di identità dei popoli, l’attenzione per le forme comunicazione culturale
rivolte al pubblico popolare, come il teatro, si scontravano frontalmente contro i regimi
instaurati in Italia dopo il Congresso di Vienna.
Dopo una prima attività giovanile di saggista e critico letterario militante, Mazzini
intraprende l’attività di ispirazione e organizzazione di moti rivoluzionari e congiure,
che gli procureranno l’esilio già nel 1831. Destinato a diventare il principale punto di
riferimento dei democratici repubblicani, di quel partito per la creazione dell’Italia
unita che voleva il massimo grado di rottura rispetto all’assetto basato su una serie di
monarchie reazionarie, Mazzini inizia dalla riflessione letteraria e culturale
l’elaborazione del proprio sistema concettuale.
L’iniziativa politica del Risorgimento, nonostante l’apparato repressivo messo in
atto dal Congresso di Vienna, aveva visto l’azione delle sette o società segrete, in
primo luogo, in Italia, della Carboneria. Già nel 1821, in seguito al pronunciamento
militare di Cadice, in Spagna, anche nel Regno delle Due Sicilie i militari insorgono e
impongono al re l’adozione della costituzione spagnola del 1812, innestando una serie
di successive rivolte e richieste di separazione della Sicilia dalla parte continentale del
Regno. Mazzini annota fra i suoi ricordi d’infanzia l’incontro a Genova, con i
proscritti del 1821 che chiedevano aiuto economico in nome della causa italiana
(Mazzini, Note 49).
Manzoni dedica una delle sue liriche più famose a questi fatti, l’ode Marzo
1821 13. Lo scrittore milanese inoltre contribuisce in modo concreto alla costruzione
nazionale italiana con la sua elaborazione letteraria e linguistica del romanzo, I
promessi sposi, pubblicato nel 1827 e riscritto, in versione linguistica rinnovata, nel
1840 (cfr. Serianni 1986) 14. Al romanzo di Manzoni, ma anche alla scelta del milanese
Carlo Porta (1775-1821) di scrivere un’epopea dialettale in milanese e di dare voce
letteraria direttamente al popolo, s’ispira la poesia dialettale di Belli: nel suo «libro» di
Sonetti romaneschi rappresenta il modo di vivere, il mondo delle idee, ma soprattutto
13 Per l’ode di Manzoni (Manzoni, Poesie 197-200) così si esprime Fabio Danelon, che vede l’Italia
sabauda e poi repubblicana (e democristiana) molto vicina all’idea nazionale espressa dal poeta
milanese: «È emblematico che uno storico di oggi, ben attento al problema dell’identità
nazionale, Ernesto Galli Della Loggia, abbia proposto sulla prima pagina del ʿCorriere della
seraʾ, il quotidiano nazionale per eccellenza, proprio il 17 marzo 2011 [150° anniversario del
Regno d’Italia, n.d.r.], le ultime quattro strofe di Marzo 1821, presentata come ʿla più bella
poesia del Risorgimentoʾ» (Danelon 2012, 191).
14 Massimo D’Azeglio pubblica nel 1841 il suo romanzo storico Niccolò de’ Lapi; per l’analisi in
chiave risorgimentale della letteratura di questo periodo si vedano i saggi di Giovanni Falaschi e
Claudio Gigante (Falaschi 2012; Gigante 2011).
18 1. Risorgimento e letteratura italiana: coordinate storiche
l’universo espressivo del popolo romano del suo tempo, con tutte le articolazioni
sociali e culturali interne 15.
Un’altra ondata rivoluzionaria, nel 1830-1831, interessa i Ducati di Modena e di
Parma e Reggio oltre che Bologna, la Romagna e le Marche nello Stato pontificio, con
l’instaurazione di governi locali e la proclamazione a Bologna delle «Provincie unite»
d’Italia 16. In seguito a queste cospirazioni, tutte represse, si stringono i controlli delle
autorità di polizia: anche Mazzini e Trivulzio vengono banditi rispettivamente dal
Regno di Sardegna e dal Lombardo-Veneto. Costretta all’esilio all’inizio degli anni
Trenta per le sue attività illegali di sostegno alle cospirazioni delle società segrete,
Trivulzio farà di Parigi il centro della sua azione, orientata alla promozione culturale
della causa dell’unificazione italiana. A Parigi si dedica inoltre alla scrittura delle
prime opere storiche e all’attività giornalistica. Mazzini e Trivulzio, appartenenti alla
generazione successiva a quella di Foscolo e Cuoco, avranno modo di partecipare
attivamente alle vicende degli anni Quaranta fino al culmine della cosiddetta
«primavera dei popoli» del 1848-49.
15 L’operazione di Belli può essere letta alla luce di quanto intende Maria Laura Lanzillo con il
concetto «decostruire il multiculturalismo» (Lanzillo 2006, 104-108).
16 In questa occasione il poeta Giacomo Leopardi era stato eletto come rappresentante della città di
Recanati nell’Assemblea di Bologna, ma non fece in tempo a partecipare per la repressione
tempestiva della rivolta, come lui stesso scrive in una lettera indirizzata da Firenze al Comitato
di Governo Provvisorio di Recanati, del 29 marzo 1831 (Leopardi, Lettere 1397).
17 Un evento puntualmente salutato da Belli nel suo «libro» di sonetti in dialetto (Belli, Sonetti 2173).
1. Risorgimento e letteratura italiana: coordinate storiche 19
di spedizione per la causa italiana, ufficiali oppure su base volontaria, dal Regno di
Sicilia, dallo Stato pontificio e dal Granducato di Toscana. Dopo le prime vittorie, i
piemontesi, per una serie di errori tattici e per la continua diffidenza verso i volontari,
si ritirano: il re Carlo Alberto viene considerato addirittura un traditore, in quanto
nell’armistizio cede di nuovo il Veneto, ancora indipendente, all’Impero austriaco, e
abbandona Milano per rientrare a Torino. L’iniziativa resta allora in mano ai
democratici che premono per ottenere maggiori libertà costituzionali a Firenze e a
Roma, e resistono nella difesa della Repubblica di Venezia.
Nello Stato della Chiesa, dopo che Pio IX aveva ritirato le sue truppe dalla guerra
d’indipendenza il 29 aprile 1848, consentendo ai soldati e agli ufficiali di rimanere a
combattere a titolo personale, il papa perde l’appoggio dei liberali e dei patrioti. Dopo
aver dichiarato illegittimo il governo di orientamento democratico di monsignor Carlo
Emanuele Muzzarelli, da lui stesso nominato, il papa scappa e si rifugia a Gaeta sotto
la protezione del re di Napoli Ferdinando di Borbone (1830-1859).
S’instaura così a Roma un governo democratico, cui partecipa attivamente
Mazzini, fra i triumviri alla guida dello Stato. A Roma arriva anche Trivulzio, che sarà
incaricata di dirigere il servizio delle ambulanze e degli ospedali militari, nella città
sotto l’assedio dei francesi guidati dal generale Nicholas Charles Victor Oudinot
(1791-1863). Durante il governo della Repubblica romana si trova in città anche il
poeta Belli, che proprio in quelle settimane scrive il suo ultimo sonetto, amareggiato e
sfiduciato dopo la fine delle riforme e dalle novità promosse da Pio IX al suo
insediamento 18. L’avventura «italiana» del 1848-49 finisce con la totale sottomissione
delle città insorte, in quanto a Roma i francesi entrano in città (3 luglio) e restaurano il
potere pontificio, con i difensori che si ritirano e cercano di raggiungere Venezia. La
Repubblica di Venezia resiste ancora, ma gli asburgici la stringono d’assedio sotto il
tiro delle artiglierie e in città fa la sua comparsa anche il colera, cosicché la resa arriva
il 24 agosto. Nel 1849 era ripresa l’iniziativa militare del Regno di Sardegna,
definitivamente sconfitto nella battaglia di Novara, con la successiva abdicazione di
Carlo Alberto a favore del figlio, Vittorio Emanuele II (1849-1878). Le libertà
costituzionali furono abolite in tutti gli Stati italiani, fatta eccezione per il Regno di
Sardegna. Riprendono la via dell’esilio sia Mazzini, di nuovo a Londra, che Trivulzio,
diretta verso Istanbul 19.
In Piemonte entra nella scena politica Camillo Benso Conte di Cavour, che
promuove il mantenimento delle garanzie costituzionali. Diventato capo del governo
del Regno di Sardegna nel 1852, Cavour inizia una politica italiana basata su due linee
guida: la modernizzazione tecnologica e infrastrutturale del Regno e l’inserimento
nella politica estera europea per far entrare nel gioco delle alleanze internazionali la
questione dell’indipendenza italiana.
20 La spedizione garibaldina ha lasciato vaste tracce nella memorialistica, ad esempio nel diario di
Giuseppe Cesare Abba, Da Quarto al Volturno (1880), ma l’opera letteraria che costituisce la
testimonianza più importante di questo periodo è il romanzo di Ippolito Nievo, Le confessioni di
un Italiano (1867). Lo scrittore padovano Nievo aveva scritto il suo romanzo prima di
partecipare come volontario garibaldino alla guerra in Lombardia e poi alla Spedizione dei
Mille, dove aveva ricoperto, già colonnello a ventinove anni, incarichi di amministrazione e
logistica. Inviato nel 1861 di nuovo in Sicilia per recuperare i documenti contabili, muore nel
naufragio della nave che lo riportava da Palermo a Napoli. Nel suo romanzo, attraverso la
travagliata storia della relazione fra Carlino e Pisana, offre un affresco delle vicende storiche del
Risorgimento, partendo dal punto di vista della nobiltà della provincia veneta, fra gli ultimi anni
della Repubblica di San Marco e la fine delle rivoluzioni del 1848-49, con l’incipit profetico che
pone l’accento sulla dialettica fra divisioni regionali e unità d’Italia: «Io nacqui veneziano ai 18
di ottobre del 1775, giorno dell’evangelista san Luca; e morrò per la grazia di Dio italiano
quando lo vorrà quella Provvidenza che governa misteriosamente il mondo» (Nievo,
Confessioni 3).
1. Risorgimento e letteratura italiana: coordinate storiche 21
21 Per un’analisi parallela dei due movimenti nazionali si veda Ara; Lill 1991.
22 Anche i cattolici liberali, pur auspicando una tutela giuridica del ruolo spirituale del papa,
consideravano una usurpazione l’esistenza dello Stato pontificio, come afferma anche Cristina
Trivulzio in uno dei suoi ultimi scritti, che verrà analizzato nel capitolo 6.
22 1. Risorgimento e letteratura italiana: coordinate storiche
proclamato ufficialmente a Versailles. Dopo aver perso la protezione francese, Pio IX,
ormai su posizioni estreme reazionarie e autoritarie, rifiuta di arrendersi all’Italia e
provoca l’intervento armato. Con la cosiddetta «Breccia di Porta Pia», il
combattimento di fronte alla porta e il cannoneggiamento con l’apertura di un varco
sulle Mura Aureliane, il 20 settembre 1870, termina la storia dello Stato pontificio: il 1
luglio 1871, la capitale d’Italia è spostata a Roma.
23 Sembra di poter applicare quanto afferma Peter Caws a proposito dell’identità in un contesto
multiculturale: «Each person’s identity is built of individual variability and of possibilities
within each dimension, compared with the total number of actual human beings who have ever
existed, are large enough to make it quite conceivable that nobody has any really near
neighbours» (Caws 1994, 381).
1. Risorgimento e letteratura italiana: coordinate storiche 23
24 Antonino Di Francesco ricostruisce il percorso della fortuna critica di Cuoco e cerca di individuare
la via di una possibile riscoperta e rilettura attuale sia del Saggio storico che del Platone in
Italia (Di Francesco 2006, XXVI-XXXII). Nello stesso volume Annalisa Andreoni mostra
invece che fortuna e che impatto abbia avuto il romanzo epistolare di Cuoco negli anni in cui fu
dato alle stampe (Andreoni 2006, LXXV-LXXVI).
25 Silvana Patriarca ricostruisce le articolazioni culturali particolari e le sintesi necessarie alla
formazione di una identità italiana e inscrive nelle pluralità insite in questo concetto anche il
discorso inclusivo/esclusivo legato alle differenze di genere (Patriarca 2011).
24 1. Risorgimento e letteratura italiana: coordinate storiche
nella sua produzione letteraria ha saputo costruire una testimonianza sulla necessità
morale della fine di quel potere e delle sue basi culturali 26.
Abbiamo scelto autori provenienti da aree regionali diverse, per mostrare come
interagiscono appartenenze regionali e costruzione letteraria dell’identità italiana.
Foscolo proveniva da un’isola greca dipendente dalla Repubblica di Venezia, Cuoco
da Civitacampomarano, in provincia di Campobasso, alla periferia del Regno di
Napoli, Mazzini da Genova, nel Regno di Sardegna, Trivulzio da Milano, nel Regno
Lombardo-Veneto, Belli, romano, dalla capitale dello Stato della Chiesa.
Un elemento che accomuna quattro dei cinque autori scelti è l’esilio, che ha
caratterizzato la vicenda di Cuoco, e soprattutto di Foscolo, mentre Mazzini e
Trivulzio hanno scritto la maggior parte delle loro opere nei periodi di esilio all’estero,
una dimensione che analizzeremo concettualmente, e che dal punto di vista geografico
ha consentito di entrare in contatto con il dibattito culturale e politico europeo.
26 Si tratta di una lettura che era stata ad esempio effettuata da Pino Fasano in Fasano 1991. A
proposito della scelta d’includere Belli nel dibattito che verrà ricostruito nelle pagine del
presente lavoro, si dovrà ricordare che il secondo convegno internazionale belliano, tenutosi a
Roma nel 1984, aveva per tema generale: G.G.Belli romano, italiano ed europeo (Merolla
1985).
2. Coordinate per le mappe della letteratura nel
Risorgimento
2.1. Premessa
Niccolò Machiavelli (1469-1527), in un momento in cui si vedeva escluso dalla vita
pubblica, e non aveva speranze migliori per il futuro dell’Italia, nell’ultimo capitolo
del Principe, il più teso e politicamente intenso, auspica una «redenzione» dell’Italia,
sotto la guida dei Medici, con l’adozione di una metafora religiosa molto vicina a
quella che sarà adottata in seguito, il Risorgimento (Machiavelli, Principe 95), guarda
alla tradizione letteraria e a Petrarca per trovare una legittimazione culturale al suo
disegno politico italiano e chiude il capitolo con i versi dalla canzone Italia, mia,
rivolta ai signori e principi italiani, invitati da Petrarca a cessare le guerre intestine e a
liberarsi delle truppe straniere presenti in Italia: «Virtù contro a furor / Prenderà
l’arme; e fia ’l combatter corto: / Ché l’antico valore / Negli italici cor non è ancor
morto» (Machiavelli, Principe, 98).
Con un’analoga operazione filologico-politica, nella fase incerta del Risorgimento
che segue le fallite insurrezioni costituzionali del 1830-31, Mazzini, in esilio a Londra,
cerca il conforto culturale della tradizione letteraria. Per questo pubblica l’edizione
commentata della Commedia, ancora inedita, realizzata da Foscolo, a sua volta esule
sul Tamigi dopo la fine dell’Italia napoleonica (Alighieri-Foscolo, Commedia) 1.
Su questa linea si colloca De Sanctis, che con la sua Storia della letteratura
italiana (De Sanctis 1871-72), elabora per lo Stato italiano la prima storia letteraria
nazionale, in cui pone al centro dello sviluppo storico della letteratura Dante e
Petrarca. De Sanctis era stato rivoluzionario, prigioniero politico dei Borboni, quindi
esule, ma aveva poi partecipato da protagonista alla creazione del nuovo Stato italiano,
diventando Ministro della Pubblica Istruzione: anche per lui l’identità nazionale
realizzata politicamente deve basarsi sul patrimonio della tradizione formato dalla
storia letteraria 2. Per questo motivo costruisce un modello esemplare di canone
letterario nazionale.
In questo capitolo inquadreremo il nostro studio nell’ambito delle riflessioni più
rilevanti sul canone letterario nazionale, sviluppate a partire dall’Ottocento fino al
dibattito contemporaneo, in cui si registra la necessità di considerare in modo più
aperto e pluralistico la storia letteraria italiana. Definiremo inoltre i rapporti fra i
concetti di cosmopolitismo e nazione, che vengono elaborati in Italia e in Europa a
1 Thies Schulze osserva: «Der Grund, weshalb Mazzini den Italienern die Göttliche Komödie ans Herz
legte, lag in der geschlossenen Zielsetzung, die er dem Werk Dantes unterstellte. Das Vorhaben,
Italien zur Nation und zum Ausgangspunkt eines neuen europäischen Zivilisationsprozesses zu
formen, habe allen Werken des Dichters zugrunde gelegen» (Schulze 2005, 42).
2 Per la ricostruzione di questa preistoria dell’Italia è molto ricco e suggestivo il volume collettivo
curato da Claudio Gigante ed Emilio Russo, frutto del convegno del Centro Pio Rajna tenutosi a
Roma nel 2011 (Gigante; Russo 2012).
26 2. Coordinate per le mappe della letteratura nel Risorgimento
partire dal periodo napoleonico, destinati a giocare un ruolo specifico nella costruzione
dell’identità nazionale italiana. In funzione di ciò elaboreremo la griglia di parametri
che guiderà, nei capitoli successivi, l’analisi dei singoli autori del nostro corpus.
3 «The process moved forward relatively slowly in the economically leading countries of England and
France, precisely because these countries had already robust self-images. Gustave Lanson’s first
great French literary history was published only in 1895, in the aftermath of France’s defeat by
Prussia in 1870-71. In Germany, Italy, some Scandinavian, and most East-Central European
cultures the institutionalization progressed faster because these societies wanted to further their
national identity: constructing a national literature was in these countries a major contribution to
the struggle for a national language, culture and political independence» (Cornis-Pope;
Neubauer 2004, 8).
4 Recentemente si è riproposto in studi e convegni il tema dell’identità nazionale italiana e in
particolare dell’apporto della letteratura alla creazione e alla definizione di tale identità. Per
quanto riguarda i volumi miscellanei, mi limiterò qui a citare Ascenzi; Melosi 2008; Tatti 1999;
Alfonzetti; Cantù et al. 2011; Fedi; Capecchi 2010. Fra le monografie da segnalare Bruni 2010 e
Banti 2011a; si pone in termini forti la questione del rapporto fra letteratura e identità nazionale
nel volume in cui Mariasilvia Tatti va alla ricerca delle coordinate letterarie del Risorgimento
(Tatti 2011a). Secondo Fabio Danelon, l’idea letteraria di «Italia», consolidatasi nell’opera dei
tre classici Foscolo, Leopardi, Manzoni, ha fortemente influenzato la costruizione del Regno
d’Italia sotto la dinastia sabauda: «La stessa idea di patria in Foscolo resta in fondo retorico-
poetica, su fondamenta pariniano-alfieriane, come denuncia l’Ortis stesso. È costantemente
collegata a immagini di una storia classica mitizzata, come nel Leopardi dei primi canti o nel
Manzoni giacobino, del Trionfo della libertà in particolare» (Danelon 2012, 183).
2. Coordinate per le mappe della letteratura nel Risorgimento 27
latina. La sua storia letteraria inizia con un capitolo dedicato alle origini della lingua
italiana: «Anche nel maggior fondo del medioevo le scienze e le lettere non perirono in
Italia; anzi qui può dirsi conservato quanto sopravviveva della antica coltura» (Cantù
1865, 1). Tuttavia già Cantù va alla ricerca di una cesura che possa distinguere la
storia letteraria nazionale e afferma, riferendosi alla letteratura latina medievale «vi
mancava l’impronta caratteristica che deriva da uno sviluppo spontaneo, e che discerne
i lavori d’una nazione da quelli d’un’altra» (Cantù 1865, 2). A differenza di Cantù, De
Sanctis compone un quadro unitario dalle analisi critiche e dalle singole informazioni
storico-letterarie, con un disegno narrativo in cui gli elementi filologici e letterari sono
ricondotti alla formazione etica e morale di una comunità nazionale. È un processo che
De Sanctis fa partire dalla letteratura in volgare siciliano del Duecento, per arrivare
alla letteratura romantica contemporanea:
Il dialetto siciliano era già sopra agli altri, come confessa Dante. E in Sicilia troviamo
appunto un volgare cantato e scritto, che non è più dialetto siciliano, e non è ancora lingua
italiana, ma è già, malgrado gli elementi locali, un parlare comune a tutt’i rimatori italiani, e
che tende più e più a scostarsi dal particolare del dialetto, e diventare il linguaggio delle
persone civili.
La Sicilia avea avuto già due grandi epoche di coltura, l’araba e la normanna. Il mondo
fantastico e voluttuoso orientale vi era penetrato con gli arabi, e il mondo cavalleresco
germanico vi era penetrato co’ Normanni, che ebbero parte così splendida nelle crociate.
(De Sanctis 1871-72, I, 6)
Con la sua opera De Sanctis definisce il processo di costruzione dell’identità nazionale
italiana per via letteraria. L’idea storico-letteraria dello sviluppo unitario della
letteratura nazionale, nel caso dell’Italia, è stata sovrapposta a una storia plurisecolare
di divisioni interne, di conflitti e di forti identità locali. È questo il nucleo centrale del
discorso narrativo che trova espressione nella Storia della letteratura italiana di De
Sanctis, che Quondam giudica «il più grande ʿromanzo storicoʾ di quella stagione,
perché attraverso la letteratura sa narrare splendidamente l’epopea di tutto un popolo
alla conquista della propria identità: proiettata nel futuro» (Quondam 2005, IX).
La concezione di un’identità nazionale italiana spiccata e unitaria attraversa, come
vedremo, tutto il Risorgimento, e affonda le sue radici nella filosofia di Giambattista
Vico (1668-1744), e in particolare nei suoi Principi di una Scienza Nuova intorno alla
natura delle nazioni, la cui ultima versione risale al 1744, un testo che ricorre come
lettura di riferimento negli scrittori che analizzeremo:
Però qui si dànno gli schiariti princìpi come delle lingue così delle lettere, dintorno alle
quali ha finora la filologia disperato [...]. L’infelice cagione di tal effetto si osserverà ch’i
filologi han creduto nelle nazioni esser nate prima le lingue, dappoi le lettere; quando
(com’abbiamo qui leggiermente accennato e pienamente si pruoverà in questi libri)
nacquero esse gemelle e camminarono del pari [...], le lettere come le lingue. (Vico, Scienza
Nuova 270)
I principi di Vico avranno una fortuna particolare nell’Ottocento e verranno
considerati dai protagonisti del Risorgimento italiano il fondamento della cultura
nazionale 5; essi sono in consonanza con l’idea europea di nazione, basata
«Era la resistenza della coltura italiana, che non si lasciava assorbire, e stava chiusa nel suo
passato, ma resistenza del genio, che cercando nel passato trovava il mondo moderno. Era il
retrivo che guardando indietro e andando per la sua via, si trova da ultimo in prima fila, innanzi
a tutti quelli che lo precedevano. Questa era la resistenza di Vico. Era un moderno, e si sentiva e
si credeva antico, e resistendo allo spirito nuovo, riceveva quello entro di sè.» (De Sanctis 1871,
II, 68)
6 La distinzione viene codificata nel volume di Croce sulla «poesia», risalente al 1936, non a caso
dedicato alla memoria di De Sanctis e Carducci, che inizia con le parole: «Nella coscienza
estetica odierna si è venuta incidendo sempre più profonda la differenza tra ‛poesia’ e
‛letteratura’» (Croce 1966, 5). La distinzione fra «poesia» e «letteratura» era stata applicata nel
libro dedicato alla letteratura barocca (Croce 1929), in seguito in parte superata con la formula
«poesia letteraria» in una nota del 1950 pubblicata nei Quaderni della critica: «La distinzione di
una poesia maggiore e di un’altra minore, di una superiore e di un’altra inferiore, urta nel
dilemma: - O è poesia o non è; la misura non si presta a misure ed è pari solo a se stessa: - [...].
Quest’altra cosa, che superficialmente guardando viene confusa e scambiata con lei, è stata
variamente denominata, ora ʿpoesia piacevoleʾ, ora ʿdilettantescaʾ, ora ʿumanisticaʾ, ora ʿpoesia
sulla poesiaʾ [...]. Meglio adatto è dunque dirla ʿpoesia letterariaʾ, perché nella letteratura essa
veramente rientra [...]» (Croce 1950, 91).
2. Coordinate per le mappe della letteratura nel Risorgimento 29
7 Potremmo citare i volumi collettivi Tatti 1999 e Carpentieri; Pagliardini; Tasser; Zybatow 2010.
30 2. Coordinate per le mappe della letteratura nel Risorgimento
8 Il saggio di Dionisotti parte dalla storia letteraria di De Sanctis e ne misura sul campo il valore
ripercorrendo, con attenzione alla geografia letteraria, le vicende e gli autori principali, per
arrivare all’affermazione: «A questo punto può essere provvisoriamente conclusa una sommaria
revisione del processo unitario che di una letteratura toscana ha fatto una letteratura
linguisticamente e geograficamente italiana. La durata e la complessità del processo
testimoniano per sé della sua importanza storica. Si può discutere se quel che in una letteratura
piú importa, l’offerta che essa reca di umana poesia, soffra o no distinzioni e definizioni di
spazio e di tempo. Ma discutibile non sembra il principio che, ove a tali distinzioni e definizioni
per qualunque motivo si ricorra, esse debbano farsi avendo riguardo alla geografia e alla storia,
alle condizioni che nello spazio e nel tempo stringono ed esaltano la vita degli uomini»
(Dionisotti 1967, 45).
9 Lo studioso, che ha concepito la Letteratura italiana da lui diretta in termini anti-narrativi, illustra
questa impostazione in uno dei saggi iniziali (Asor Rosa 1986, 90-102).
2. Coordinate per le mappe della letteratura nel Risorgimento 31
10 Si fa riferimento a Banti 2004, ma anche a certi aspetti particolari già presentati in Banti 2000.
Infine in Banti 2011b si offre una sintesi dello schema concettuale elaborato nei saggi
precedenti.
11 Nel saggio introduttivo a un volume dedicato nel 1994 al «multiculturalismo» così scrive David
Theo Goldberg: «Multiculturalism and commitments to cultural diversity emerged out of this
conflictual history of resistance, accommodation, integration, and transformation. Accordingly,
no sooner had multicultural demands and aspirations begun to be articulated than they were
imparted multiple and conflicting interpretations, meanings, and implication. Broadly
conceived, multiculturalism is critical of and resistant to the necessarily reductive imperatives of
monocultural assimilation» (Goldberg 1994a, 7).
32 2. Coordinate per le mappe della letteratura nel Risorgimento
Intendiamo così risalire alle origini della creazione e definizione dei miti
risorgimentali, agli anni degli esperimenti «italiani» nell’ambito dell’Europa
napoleonica 12. Per la prima volta, gli intellettuali si sono trovati a dover conferire un
significato culturale e letterario a soggetti istituzionali e politici concreti che si
definivano, almeno in parte, come «italiani». Con la realizzazione di una Repubblica e
poi di un Regno d’Italia, pur non comprendente tutta la Penisola, alle proiezioni ed
elaborazioni concettuali degli intellettuali corrispondeva un soggetto politico e
istituzionale, alla cui realizzazione gli intellettuali erano chiamati a collaborare. Dopo
aver analizzato che contenuto aveva l’idea di «Italia» per questi due autori passeremo
in rassegna l’opera di uno scrittore e una scrittrice attivi nel periodo che va dalla
Restaurazione alle varie tappe dell’unificazione politica italiana: Mazzini e Trivulzio.
Il primo è stato soprattutto studiato come ispiratore politico e ideologico del
Risorgimento e come organizzatore di cospirazioni e moti rivoluzionari, ma accanto a
ciò è centrale l’interesse da lui manifestato per la letteratura e in particolare per il
rapporto fra letteratura, costruzione nazionale ed Europa. Trivulzio, su posizioni
ideologiche differenti e più moderate, ha avuto un ruolo rilevante di sostenitrice e
animatrice del Risorgimento, e al tempo stesso è stata attiva su più fronti della
scrittura, come scrittrice e giornalista, oltre che direttrice e finanziatrice di giornali.
Tuttavia la sua opera e la sua attività sono state oggetto di studi specifici oppure
orientati nel campo della letteratura e della storia femminile. Sarebbe invece
importante a nostro avviso analizzarla all’interno del dibattito letterario a lei
contemporaneo e valutarne a pieno il rilievo letterario e culturale.
Nei loro scritti potremo seguire l’evoluzione della concezione di identità italiana
nel corso delle varie fasi del Risorgimento, prima fra fasi alterne di successi e
insuccessi, quindi con la realizzazione dell’unificazione italiana. Analizzando l’opera
di Belli, si cercherà la conferma o la smentita dello stesso paradigma, e cioè in che
misura anche il poeta romanesco, in italiano ma soprattutto in dialetto, elabori una
qualche forma d’identità italiana.
12 Mauro Pala osserva: «Anche l’idea di democrazia fece la sua comparsa nel mondo occidentale in
una forma nazionale, ma, nonostante l’iniziale corrispondenza fra l’idea di nazione e quella di
assetto democratico – proclamata nell’apologia dell’egalité –, allorché un altro dei fondamenti
della nazione, la sovranità, venne riaffermata per enfatizzare il potere di un popolo, ovvero di
un’etnia, l’originale equivalenza fra democrazia e nazione si dissolse» (Pala 2012, 59).
2. Coordinate per le mappe della letteratura nel Risorgimento 33
13 Mauro Pala, nello studio appena citato, ricorre al concetto bachtiniano di «cronotopo» per definire i
rapporti concettuali fra storia della letteratura e costruzione dell’identità nazionale: «La scelta
del cronotopo per designare la relazione variabile al cui interno si manifestano non una, ma idee
plurime di nazione è legata alla versatilità dell’ipotesi epistemologica bachtiniana. Senza
privilegiare né gli indicatori cronologici, né quelli spaziali, il cronotopo è esclusivamente il sito
di un’intersezione: l’assenza di una natura sostanziale è la sua forza, poiché l’accoppiata
inscindibile di spazio e tempo condensa così la dimensione empirica del Mitwelt attraverso una
serie di immagini emblema di ʿmomenti di vita così essenziali e grandiʾ da rasentare
l’ineffabile» (Pala 2012, 54).
14 «Umso überraschender ist die Hartnäckigkeit der Negativkanonisierung der Scapigliati. In der Tat
stellen diese bis heute eine negative Folie für die italienische Kanonbildung dar, d. h. sie dienen
der Begründung des nationalen Kanons ex negativo. [...] Dank der vielen intertextuellen und
intermedialen Bezüge auf die europäische Literatur und Malerei, die ein herausragendes
Kennzeichen ihrer Poetik sind, tragen die Scapigliati maßgeblich zur Europäisierung und damit
auch zur Modernisierung der italienischen Kultur bei. Besonders ihre produktive Rezeption der
französischen Kultur verhält sich dabei diametral entgegengesetzt zum hegemonialen nationalen
Kulturbegriff seit der Einigung» (Schrader 2013, 9).
15 Andrea Battistini mette in evidenza come, a partire dal Settecento, si costruisca un canone
nazionale italiano che esclude la letteratura considerata accademica e chiusa in sé stessa, mossa
solo da una preoccupazione retorica interna, e si legano queste caratteristiche alla situazione
storico-politica dell’Italia, parzialmente dipendente da una o più potenze straniere, un
pregiudizio sulle manifestazioni più formali della letteratura che sarà radicato fino alla storia
letteraria di Francesco De Sanctis (Battistini 2011, 33-34); Mauro Pala nel suo studio sulla
strutturazione concettuale del nodo letteratura-identità nazionale osserva: «In questa verifica
degli ideali cui la nazione dovrebbe ispirarsi, la letteratura si pone nel solco di una funzione
pedagogica che compete precisamente alla nazione: in altre parole, la letteratura illumina l’idea
34 2. Coordinate per le mappe della letteratura nel Risorgimento
provinciali, in società di ʿcivil conversazioneʾ, con diversa specializzazione cetuale, dal salotto,
al club, al caffé, alla bettola; che magari forgia il suo linguaggio politico nelle logge, che
gestisce i teatri locali, che si prepara a moltiplicare i gabinetti di lettura, i quali esploderanno nel
secolo successivo. Di questo mondo fanno parte anche le donne, alcune delle quali superano la
scrittura privata e segreta e si fanno, come Elisabetta Caminer Tura e più tardi Eleonora Fonseca
Pimentel, giornaliste consapevoli emancipate e militanti» (Ricuperati 2003, 52-53).
18 Le indicazioni bibliografiche di questi saggi sono in Stussi 1979a, 1-2; gli autori dei contributi
vanno dallo stesso Croce, ad Alessandro Casati, a Giovanni Gentile e a Gioachino Brognoligo
(tutti gli articoli sono consultabili sul sito Internet http://bibliotecafilosofia.uniroma1.it/b-
croce/riv_croce.htm – 29.05.2013).
36 2. Coordinate per le mappe della letteratura nel Risorgimento
1796, per iniziativa dello stesso Napoleone, sul tema: Quale dei governi liberi meglio
convenga alla felicità d’Italia. Le proposte inviate al concorso si dividono fra i fautori
di uno Stato italiano unitario e i sostenitori di uno Stato federale, costituito da regioni,
da repubbliche o da regni: si trattava di una prima prova generale per tastare il polso
sul problema di unificare le tante differenze sociali, culturali e geografiche italiane, in
quanto il concorso non era limitato a chi faceva parte degli Stati già liberati dai
francesi, bensì aperto a tutti gli italiani (cfr. Formica 2011, 220-225).
Attraverso la letteratura, da un lato ci si fa carico di queste differenze e si cerca di
aprire la strada al superamento, dall’altro si registrano le reazioni e le resistenze delle
differenze e peculiarità locali 19. Si tratta di uno dei nodi cruciali nella costruzione di
una base identitaria comune, come osserva anche Mariasilvia Tatti:
Nella fase delle celebrazioni postunitarie e fino ad anni recenti, gli intrecci tra letteratura e
politica sono stati prevalentemente ricostruiti attraverso delle categorie omologanti, legate a
schemi interpretativi tradizionali – da De Sanctis a Carducci, a Croce – che erano utili
all’intento celebrativo della stagione risorgimentale, ma che vanno contestualizzati e che
risultano ora poco funzionali a comprendere pienamente il Risorgimento italiano e a
rispondere al tentativo, diffuso soprattutto negli ultimi anni, di negare il valore identitario e
nazionale della stagione risorgimentale.» (Tatti 2011a, 1)
Esiste una tensione che attraversa tutta la storia culturale e d’Italia, quella fra «patria»
e «nazione» non coincidenti. Il Risorgimento effettua una rilettura «patriottica» per
arrivare a una identificazione unitaria del contenuto da dare al concetto di nazione e
patria italiane 20.
La definizione identitaria si è confrontata con un’operazione di reductio ad unum
di specificità locali e regionali, che non era solo frammentazione politica in tanti Stati
diversi, ma anche pluralità di tradizioni, di culture, oltre che pluralità linguistica, fatta
eccezione per la lingua letteraria comune, appannaggio di una ristretta cerchia
19 Significative a questo proposito le parole che Roberto Antonelli premette alla nuova edizione della
Letteratura italiana del Risorgimento, del 2011, dove si interrroga sulla scelta di Contini di
costruire un canone incentrato su quattro autori «maggiori», Monti, Foscolo, Leopardi e
Manzoni, e sul significato di «letteratura del Risorgimento»: «Una letteratura che se pure
prodotta in molteplici Stati regionali, con interessi economico-politici e culturali autonomi e
spesso conflittuali, si costituì quale codice scritto sostanzialmente comune, o comunque
comprensibile, l’elemento di un minimo immaginario ‛italiano’ condiviso e di una possibile
comunicazione e riflessione solidale» (Antonelli 2011, 5). A proposito del rapporto fra culture
dialettali e lingua letteraria, Nicola De Blasi offre un punto di vista particolare, mostrando come
il patrimonio lessicale della lingua letteraria italiana si sia arricchito con molti termini ereditati
dai differenti dialetti italiani (De Blasi 2012).
20 A questo proposito Franca Sinopoli, mettendo in relazione patria ed esilio a proposito della
costruzione della nazione italiana, illustra il nesso particolare fra i due concetti di patria e
nazione: «La differenza fra ʿpatriaʾ e ʿnazioneʾ è stata individuata nell’essere quest’ultima una
comunità politica e allo stesso tempo una proiezione identitaria in senso forte, mentre alla
ʿpatriaʾ andrebbe riconosciuta, secondo gli storici, un’antecedenza non solo cronologica ma
logica, essendo essa un luogo fisico e un insieme di manufatti culturali (verbali e non) destinati
a produrre una sicurezza esistenziale, basata sul carattere dell’affinità tra i membri di una
comunità» (Sinopoli 2011, 378-79).
2. Coordinate per le mappe della letteratura nel Risorgimento 37
d’intellettuali 21. Per sottolineare questo aspetto abbiamo inserito nel nostro corpus
anche un autore come Belli, che da un lato sperimenta una vita letteraria pubblica e
ufficiale, in parte anche artificiosa, pubblicando versi in lingua italiana, dall’altra
costruisce il suo «monumento» poetico in dialetto, prendendo come oggetto la
rappresentazione della comunità sociale e culturale che lui chiama «plebe di Roma»,
imitandone e riprendendone il linguaggio culturale e il dialetto.
21 Claudio Gigante presenta la posizione di Massimo d’Azeglio, che prima dell’unificazione italiana
aveva molti dubbi sulla possibile integrazione in uno Stato di tutte le regioni italiane, in
particolare di quelle meridionali, e dopo la nascita del Regno d’Italia poneva al centro del
dibattito la necessità dell’integrazione, «far l’Italia» (Gigante 2012, 405-406).
22 Risultano ancora attualissime le parole di Carlo Dionisotti: «Fra Otto e Novecento, nella lunga e
inquieta pace, il sistema accademico italiano si applicò a difendere e promuovere la tradizione
nazionale, unico fondamento storico di un regime minoritario sovrapposto a una larga
maggioranza eterogenea» (Dionisotti 1988b, 62).
23 Non manca nel dibattito critico contemporaneo l’esigenza di recuperare questa dimensione
interculturale della letteratura italiana, focalizzando la dinamica del rapporto con la cultura
europea; nel 2003, per il Convegno Nazionale dell’Associazione degli Italianisti è stato scelto il
tema «Letteratura italiana, letterature europee» (Baldassarri; Tamiozzo 2004),
24 Per la ricezione del pensiero storicistico di Meinecke in Italia Fulvio Tessitore si sofferma
soprattutto sul rapporto con il nazionalsocialismo, che Meinecke analizza e interpreta
mettendolo in relazione con la storia tedesca nel suo insieme; riguardo alle categorie da noi
riprese, lo storico italiano scrive: «Problema dello Stato e problema dell’individuo
costituiscono, infatti, le dimensioni antropologiche dell’esperienza storica, di quell’esperienza
che forma oggetto specifico d’indagine d’una moderna storia delle idee politiche e sociali. In
tale direzione il discorso ʿpoliticoʾ sullo stato, inteso come uno dei momenti polari dell’alterità
su cui si fonda ʿl’organizzazioneʾ costitutiva della persona, si lega con il discorso metodologico
sulle possibilità storicistiche della storia delle idee» (Tessitore 1969, 7-8).
38 2. Coordinate per le mappe della letteratura nel Risorgimento
25 Meinecke 1915, 1-4; come esempi di Kulturnationen Meinecke dà proprio l’Italia e la Germania,
mentre Francia e Inghilterra sono da lui considerate come appartenenti a entrambe le categorie.
26 Monika Schmitz-Emans così descrive l’operazione culturale della costruzione di frontiera: «Gehe
es nun um kulturelle und soziale oder um symbolische Grenzen: Über Grenzen zu sprechen,
bedeutet über Prozesse der Kartierung des Unterscheidens und Subsumierens, der Festlegung
von genera proxima und spezifischen Differenzen zu sprechen – und damit nicht zuletzt über
die Konstitution von Umwelten, von ʿLebensweltenʾ. Innerhalb von deren Grenzen verortet
wird traditionellerweise das Eigene und Vertraute, außerhalb situiert wird demgegenüber das
Unvertraute, das als Fremdes wahrgenommen und entsprechend markiert wird» (Schmitz-
Emans 2006, 38).
27 Tale problematica ricerca di un centro come riferimento culturale della letteratura italiana persiste
nel Novecento, tanto che all’argomento dedica spazio il progetto di Storia letteraria del
Novecento diretto da Ezio Raimondi (Raimondi 2004). Nel capitolo dedicato al rapporto fra
tradizione letteraria e letteratura fra le due guerre, Roberto Fiorini si sofferma sul ruolo
ricoperto da Firenze, Trieste e Roma come centri di rispettivi moti che si proponevano di
strutturare un certo orientamento culturale, senza nessun esito esclusivo e decisivo (Fiorini
2004, 202-203); Gian Luigi Beccaria così scrive nell’Introduzione al volume da lui curato su
Letteratura e dialetto: «La nostra storia è frazionata in mille storie comunali e provinciali
dialetticamente attive e partecipi al dialogo con la cultura della nazione. Per secoli i nostri centri
regionali sono stati portatori di una mentalità culturalmente autonoma; se non egemone,
certamente avanzata, di avanguardia. [...] Ancora nel secondo Ottocento, a unificazione
avvenuta, un piemontese, un lombardo, un siciliano continuano a esperimentare la drammatica
scelta tra dialettale e libresco, tra naturale e culto, tra koinè e mediazione dialetto-lingua, tra
equilibrio puristico e mistilinguismo provocatorio» (Beccaria 1983, 2).
2. Coordinate per le mappe della letteratura nel Risorgimento 39
logica della frontiera 28. Uno dei maestri di Foscolo è stato il padovano Melchiorre
Cesarotti, acceso sostenitore delle tendenze cosmopolitiche dell’Illuminismo e
sostenitore fervente del progetto napoleonico. Nel suo Saggio sopra la lingua italiana,
pubblicato per la prima volta nel 1785, non troviamo un principio di esclusione che
leghi lingua e identità nazionale, ma la più ampia apertura e inclusione culturale:
La scoperta d’un mondo incognito, il commercio e la comunicazione universale da un
popolo all’altro, la propagazione dei lumi per mezzo della stampa, le conoscenze
enciclopediche diffuse nella massa delle nazioni, che trapelano insensibilmente fino nel
popolo, i tanti capi d’opera di cui abbondano tutte le lingue piú celebri, e attraggono da ogni
parte gli sguardi, e attraggono da ogni parte gli sguardi, i pregiudizi d’una tolleranza
filosofica sostituiti in ogni genere a quelli del patriottismo, non solo hanno prodotta una
rivoluzione generale in tutti gli spiriti, ma insieme atterrarono tutte le barriere che
separavano anticamente una nazione dall’altra, e confusero in ciascheduna le tracce del loro
carattere originario. [...] l’Europa tutta nella sua parte intellettuale è ormai diventata una
gran famiglia, i di cui membri distinti hanno un patrimonio comune di ragionamento, e
fanno tra loro un commercio d’idee, di cui niuno ha la proprietà, tutti l’uso. (Cesarotti,
Saggio 171)
Il rapporto fra nazione e cosmopolitismo comprende alcuni fattori specifici della
definizione dell’identità italiana. Il primo è il riferimento ideale alla civiltà romana,
identificata come uno degli archetipi della cultura italiana da rivivere per andare a
costruire quel «risorgimento» tramite il quale si realizza l’identità nazionale italiana; il
mito della classicità presenta delle differenziazioni e in particolare Cuoco e Foscolo
guardano piuttosto alla cultura greca come archetipo italiano (Croce 1964, 1-2; 9-14).
Una delle caratteristiche della civiltà romana e della realizzazione concreta
dell’apparato geo-politico della Repubblica e poi dell’Impero romano, era stato il
cosmopolitismo, la capacità d’inglobare culture e lingue diverse e di uniformarne il
diritto e i rapporti pubblici (Dal Lago 2006, 52-54). Il riferimento identitario all’eredità
romana da parte degli scrittori italiani si spinge fino al Medioevo, con la costruzione
concettuale di Dante, incentrata sull’Impero romano (Bruni 2010) e anche con
Petrarca, che nella risposta polemica a un denigratore degli italiani e della loro cultura,
così si esprime: «sumus enim non greci, non barbari, sed itali et latini» (Petrarca, In
difesa dell’Italia 134). Si tratta di un riferimento costante alla civiltà romana, come
mito all’origine dell’idea stessa di «Italia», di cui si ritrovano, potremmo dire, le
«rovine» nei sonetti romaneschi di Belli 29.
Un’altra forma peculiare di universalismo cosmopolitico legato all’identità
italiana è il rapporto con la Roma papale e in generale con la Chiesa cattolica. Ricorre
nelle opere di Cuoco, Foscolo, Mazzini, Trivulzio il tema della dicotomia medievale
fra guelfi e ghibellini come irriducibile ostacolo alla formazione di una comunità
30 Nel suo saggio sulla storia della concezione dell’Europa unitaria, Dante Visconti illustra in questi
termini il pensiero europeista di Vico: «Vediamo così riaffermarsi nel pensiero vichiano l’idea
del primato europeo, primato civile che è strettamente unito e dipendente dal Cristianesimo
perché è opera di quest’ultimo. L’unità europea è però in lui affermata non solo come unità
religiosa, ma anche come unità giuridica e civile, cioè come unità spirituale di cui il
Cristianesimo è solo una parte: che ha radici più antiche e più profonde del Cristianesimo e di
cui affiorano i segni nelle odierne lingue europee che mostrano una comune origine dei primi
concetti fattori di civiltà e delle prime scienze da cui essi derivano» (Visconti 1948, 67-68).
31 Per la riedizione del concetto di «impero» in riferimento all’identità europea, così si esprime Pietro
Rossi: «Anche l’età moderna ha conosciuto in Europa formazioni imperiali, che hanno tenuto
insieme popoli etnicamente diversi e consapevoli della propria diversità [...]. La stessa autorità
dell’impero, risorta con l’incoronazione di Carlo Magno e mantenuta in vita dalla translatio
dell’autorità imperiale attraverso le successive dinastie di stirpe germanica, si è gradualmente
appannata di fronte alla sua crescente impotenza, cui faceva riscontro il potere ben più effettivo
dei sovrani nazionali. Essa ha avuto sì delle rinascite, ad esempio con Carlo V o con Napoleone,
ma non è sopravvissuta al fallimento dei loro progetti. Più che l’impero nel senso antico,
l’Europa ha conosciuto degli imperi d’oltremare, fondati sulla conquista di territori lontani nei
quali lo sfruttamento delle risorse locali si è asociato a qualche forma di dominio politico»
(Rossi 2007, 126).
2. Coordinate per le mappe della letteratura nel Risorgimento 41
32 I suoi interventi avranno grande risonanza, ma la successiva cancellazione di Trivulzio dal canone
letterario del Risorgimento è esemplare per mostrare come la scrittura femminile sia stata
oggetto di riduzione rispetto alla realtà identitaria plurale in cui si erano formati gli stereotipi su
cui si reggeva l’azione concreta del Risorgimento (Rigotti 2006, 30-31).
33 Il concetto è stato sviluppato dal punto di vista architettonico e di storia del costume da Walter
Benjamin in una conferenza del 1939, pubblicata in Benjamin 1982; Novella Bellucci ha
ricostruito la rete di rapporti esistenti fra scrittori italiani e francesi durante la Restaurazione, in
Bellucci 2004.
34 Il discorso che costruisce lo spazio europeo nell’Ottocento è strettamente legato all’eurocentrismo,
nei termini descritti da Robert Stam ed Ella Shohat: «Eurocentrism is the discursive residue or
precipitate of colonialism, the process by which the European powers reached positions of
economic, military, political and cultural hegemony much of Asia, Africa, and the Americas»
(Stam; Shohat 1996, 297). La strutturazione culturale di Parigi come capitale al tempo stesso di
uno spazio nazionale e di uno transnazionale si trova in Mathis-Moser 2006, 99-101.
42 2. Coordinate per le mappe della letteratura nel Risorgimento
Malta alla Grecia a Istanbul si caratterizza uno spazio di frontiera, in cui vengono a
contatto elementi europei ed extraeuropei (Trivulzio, Ricordi nell'esilio).
L’idea di Europa si affaccia anche nella poesia di Belli, dove alla denuncia
spietata della fine dell’universalismo che aveva caratterizzato Roma imperiale e poi
Roma papale, si affianca l’esigenza ideale di uno spazio europeo moderno, di cui si
delineano, in modo sfumato, frontiere e confini.
Nei testi letterari che hanno accompagnato il processo di unificazione italiana, si
trova spesso un’idea di nazione non intesa come rafforzamento delle frontiere, ma
come costruzione di una rete letteraria e culturale, a livello europeo. In tale rete non si
va alla ricerca di uno spazio esclusivo da ritagliare, quanto piuttosto di un diritto di
cittadinanza identitaria all’interno della «famiglia» delle culture europee moderne. In
quest’ambito occorrerà distinguere la costruzione o la ricerca di una cultura europea
dalla componente del multiculturalismo. Si tratta di una tematica che assume un ruolo
centrale nell’interpretazione della società contemporanea e nella gestione dei conflitti
identitari che caratterizzano l’attuale società della migrazione. Il paradigma delle
«scontro di civiltà» può essere evocato nel momento in cui si considerano
problematiche la presenza di stranieri e la varietà centrifuga delle identità locali in
Italia. Al superamento di questo paradigma sono dedicate le analisi in chiave di
multiculturalismo delle società complesse moderne. Elementi di una lettura di questo
tipo potrebbero essere utili per capire come era percepita una possibile identità
europea, che, a differenza del cosmopolitismo, prevedeva che nell’ambito della cultura
europea fossero fortemente caratterizzate le identità nazionali 35.
Tuttavia nel corso del Risorgimento questo tipo di ideologie riduttive ed esclusive,
sono state controbilanciate dal forte riferimento alla cultura comune europea, e ad una
forma di comunità sovranazionale europea 36. Nei suoi scritti giornalistici e saggistici
risalenti all’esilio in Francia, Trivulzio risponde spesso alle accuse di rappresentare
un’identità nazionale non ancora formatasi o appartenente allo spazio dell’esotico,
piuttosto che allo spazio inclusivo europeo 37.
35 Andrea Semprini, a proposito delle problematiche della strutturazione di uno spazio pubblico
multiculturale afferma: «Uno stereotipo tenace attribuisce alla comunicazione soltanto virtù
coesive, ma questa può al contrario anche essere fonte di conflitto, perché può far emergere gli
interessi opposti e le prospettive divergenti dei gruppi che entrano in contatto. La
comunicazione è realmente produttrice di coesione solo quando gli interlocutori condividono un
terreno d’intesa, dei valori di base comuni» (Semprini 2000, 134); su una base di valori comuni,
nazionali e democratici, si basa sia la rete europea cui guarda Trivulzio che la costruzione di
un’Europa come famiglia di nazioni che progetta Mazzini.
36 Si veda per la «decostruzione» del concetto di «scontro di civiltà» Dal Lago 2006, 49-60; a
proposito dell’europeismo dei protagonisti del Risorgimento italiano, lo storico Robert
Demoulin osserva: «La ténacité de Cavour dans sa lutte contre les particularismes et les
adversaires de l’expansion de la monarchie de Savoie dans l’ensemble de la Péninsule est
inspirée aussi par ce souci d’établir une harmonieuse construction non seulement en Italie, mais
encore dans le bassin meditérranéen et dans toute l’Europe» (Demoulin 1959, 769).
37 Il tema della dinamica Oriente/Occidente nel confronto culturale fra Italia e Inghilterra, fino
all’epoca contemporanea, è stato dibattuto in un recente volume collettivo (Sandrock; Wright
2013).
2. Coordinate per le mappe della letteratura nel Risorgimento 43
38 William Thomas Rossiter mette in relazione la poetica dell’esilio che si ritrova nelle canzoni civili
di Petrarca e nella sua epistola indirizzata ai posteri, con le tematiche delle opere di Chaucer. Lo
studioso ha applicato questo tipo di lettura alla fine dell’Impero romano e della classicità, tanto
da poter parlare di un «postcolonialismo» medievale: «In brief, the temporal colonization which
characterizes petrarchan historicism is born of a temporal exile which is itself postcolonial»
(Rossiter 2010, 34); nel suo saggio su «Foscolo esule», Dionisotti denuncia l’incapacità degli
studiosi di letteratura degli ultimi decenni dell’Ottocento di comprendere tale dimensione
culturale dell’esilio: «Alla provincialità sedentaria della cultura professorale italiana si
aggiungeva il pudore di una classe dirigente incapace di riconoscere apertamente, nonché di
curare, la piaga dell’emigrazione. Non erano condizioni favorevoli a uno studio sul Foscolo
esule» (Dionisotti 1988b, 62).
39 Lucia Strappini mostra come Vittorio Alfieri, uno dei personaggi diventato mito e icona per il
Risorgimento, ha concepito l’esilio come liberazione da ogni legame per conseguire la
condizione assoluta di scrittore: «La scelta della letteratura si configura come scelta di vita
assoluta, simboleggiata dalla decisione di cedere gran parte del patrimonio alla sorella, potendo
così ʿcomprare con essa l’indipendenza della mia opinione, e la scelta del mio soggiorno, e la
libertà dello scrivereʾ. Nelle parole di chiusura del Principe e delle lettere la prospettiva
staëliana appare completamente rovesciata: la libertà del cittadino potrà scaturire solo dalla
piena libertà intellettuale [...]» (Strappini 2011, 191).
40 Questo processo viene analizzato da Donatella Abbate Badin nel suo saggio sulla vicenda di Lady
Morgan, che prima descrive le caratteristiche problematiche dell’Italia, nel diario di viaggio
Italy, pubblicato nel 1821, quindi ritornata in patria stringe rapporti con gli esuli italiani che
sono arrivati dopo il fallimento delle rivolte del 1820-21: «Italy thus was a series of exempla
from the past, but also a book based on the present and projected towards the future and its
success resulted in a more favourable attitude towards Italy and Italians, usually represented
quite negatively in 18th century literature» (Abbate Badin 2010, 95).
44 2. Coordinate per le mappe della letteratura nel Risorgimento
crearsi quello spazio identitario per via immaginaria, come accadeva nel Risorgimento
per gli esuli che seguivano da lontano la realizzazione dell’unificazione italiana 41.
L’idea di estendere agli intellettuali esuli italiani le riflessione di Rushdie è stata
applicata nel saggio dedicato da Tobias Döring alle opere di Dante Gabriele Rossetti
(1828-1882) esule in Inghilterra 42.
Considerando anche questa categoria culturale dell’esilio, nel nostro lavoro
offriremo una reinterpretazione del rapporto con l’identità italiana, all’interno della
letteratura del Risorgimento, analizzando le opere di Ugo Foscolo, Vincenzo Cuoco,
Giuseppe Mazzini, Cristina Trivulzio di Belgiojoso, Giuseppe Gioachino Belli. Per
abbattere l’idea di un Risorgimento italiano come definizione dell’italianità in senso
chiuso e autosufficiente, sottoporremo i loro testi a una griglia di analisi che
comprende le seguenti domande: come si definisce l’identità italiana nel
Risorgimento? come contribuisce la letteratura alla costruzione dell’Italia? che
rapporto c’è fra unità italiana e culture autonome locali? come si definisce meglio
l’identità italiana attraverso una rete identitaria europea? Questo procedimento di
analisi ci consentirà di tracciare una serie di mappe letterarie interculturali del
Risorgimento che mostrino come gli stereotipi eroici dell’italianità siano in realtà
costruzioni posticce e artificiali.
41 Raoul Mordenti mette acutamente in relazione anche la visione d’insieme sulla letteratura italiana
di Francesco De Sanctis con la sua condizione di esule in Svizzera: «Influì l’esilio a determinare
questa maturazione decisiva? Aiutarono Zurigo e la Svizzera a liberare De Sanctis dalla
verniciatura hegeliana e a fare emergere una critica più originalmente sua? La risposta non può
che essere affermativa, e per molti aspetti sono proprio gli anni zurighesi che fanno del brillante
conferenziere e dell’appassionato professore il grande critico, [...] che, insomma, ci
restituiscono dall’esilio il De Sanctis che conosciamo» (Mordenti 2011, 262).
42 Si fa riferimento a Rushdie 1991; Tobias Döring suggerisce: «In this sense I suggest exploring
Rossetti’s writing, too, in postcolonial terms, i.e., in a context of contemporary critical
approaches where issues of exile and diaspora have long been discussed and worked through»
(Döring 2010, 274).
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