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Angelo Pagliardini

Angelo Pagliardini
Angelo Pagliardini
Mappe interculturali della letteratura

Mappe interculturali della letteratura italiana nel Risorgimento


italiana nel Risorgimento
IIl volume rilegge il rapporto fra identità una serie di mappe letterarie interculturali
Mappe interculturali
della letteratura italiana
italiana e letteratura del Risorgimento, del Risorgimento, che mostrano come
analizzando scrittori di fasi cronologiche e gli stereotipi eroici dell’italianità siano in
tipologie testuali differenziate. Per abbat- realtà posticci e artificiali.

nel Risorgimento
tere l’idea che il Risorgimento italiano sia
una costruzione chiusa e autoreferenziale,
tutti gli autori sono stati sottoposti a una L 'Autore
griglia di domande che costituiscono i Angelo Pagliardini (Letteratura italiana
parametri della ricerca. Come si definisce all’Università di Innsbruck) si è occupato
l’identità italiana? Come contribuisce la di questioni di storia letteraria italiana Ugo Foscolo, Vincenzo Cuoco,
letteratura alla realizzazione nazionale
concreta? Che rapporto c’è fra unità e
interculturale e di letteratura nell’epoca
delle migrazioni. Ha compiuto ricerche
Giuseppe Mazzini,
culture locali? Come si colloca l’identità sulla poesia dialettale e sull’apporto Cristina Trivulzio di Belgiojoso,
italiana all’interno di una rete europea? Il della letteratura italiana alla letteratura
procedimento ha consentito di tracciare europea. Giuseppe Gioachino Belli

ISBN 978-3-631-64174-3

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Mappe interculturali della letteratura italiana nel Risorgimento
Angelo Pagliardini
Institut für Romanistik, Universität Innsbruck

Mappe interculturali
della letteratura italiana
nel Risorgimento

Ugo Foscolo, Vincenzo Cuoco, Giuseppe Mazzini,


Cristina Trivulzio di Belgiojoso, Giuseppe Gioachino Belli
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ISBN 978-3-631-64174-3 (Print)


E-ISBN 978-3-653-03348-9 (E-Book)
DOI 10.3726/978-3-653-03348-9

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Frankfurt am Main 2013
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1.1. Risorgimento e letteratura italiana: coordinate
storiche
1.1. Premessa
Nella definizione dei processi di elaborazione concettuale per la costruzione
dell’identità nazionale italiana, la letteratura entra in gioco come un solido punto di
riferimento. A proposito del nesso peculiare fra letteratura e identità nazionale il
filologo e poeta Giosue Carducci dichiara esplicitamente 1:
Quando il principe di Metternich disse l’Italia essere una espressione geografica, non aveva
capito la cosa; ella era una espressione letteraria, una tradizione poetica. [...] Io non so se sia
vero ciò che il Villemain racconta, che il governo austriaco vietasse certa volta a Milano la
recita della canzone all’Italia: ma, se lo fece, certo n’ebbe ragione, benché ormai fosse tardi.
(Carducci, Tomba di Francesco Petrarca, 15)
Il giudizio carducciano si colloca a pochi anni dal coronamento istituzionale di tale
prospettiva culturale e letteraria, dopo la cosiddetta «breccia di Porta Pia», che ha
comportato il (ri-)congiungimento di Roma all’Italia come capitale, il 20 settembre
1870, una data tradizionalmente indicata come conclusione del Risorgimento, cioè del
processo storico-politico e movimento culturale che ha portato la realizzazione,
geograficamente concreta, di uno Stato nazionale italiano 2. Per quanto riguarda
l’interpretazione storica, il dibattito diverge su questo punto in quanto da un lato si
sostiene che l’unificazione politica e militare dello Stato italiano abbia realizzato
concretamente una costruzione concettuale e identitaria secolare, dall’altra che, dopo
la formazione dello Stato italiano, si sia cercato un significato identitario culturale da
attribuire al nuovo soggetto statale 3. Nel nostro lavoro non intendiamo intervenire
sulle interpretazioni storiche generali del Risorgimento italiano, bensì analizzare il
ruolo assegnato alla letteratura e la funzione attiva degli scrittori nella costruzione
d’identità che ha preceduto e accompagnato la realizzazione dello Stato nazionale.

1.2. Scelta del corpus


Di fronte a una visione dell’identità italiana, e in particolare del suo rispecchiamento
letterario, basata su una persistente idea di unitarietà, primato e autoreferenzialità,
riteniamo opportuno andare alla ricerca di quegli elementi di rottura e contraddizione
identitaria interna che proprio nella letteratura si enucleano e si attivano. Da
un’adeguata lettura di testi centrali nella letteratura del Risorgimento emerge la
tensione avvertita nel costruire, su base letteraria e culturale, il fondamento di un

1 Il discorso è pronunciato ad Arquà, oggi Arquà Petrarca, in occasione del quinto centenario della
morte del poeta.
2 Anche Francesco Bruni attribuisce la stessa centralità alla letteratura nella formazione di quella che
lui chiama l’«idea dell’Italia che da Roma tardorepubblicana e imperiale arriva a oggi» (Bruni
2010, 13).
3 Gilles Pécout lo ricostruisce a partire dalle divergenze presenti fra i protagonisti del Risorgimento
(Pécout 2011, 189-194).
12 1. Risorgimento e letteratura italiana: coordinate storiche

progetto di unificazione politica che non aveva precedenti storici diretti. Per questo
abbiamo scelto cinque scrittori protagonisti del Risorgimento con ruoli molto diversi e
appartenenti a fasi cronologiche differenti del processo. Essi hanno contribuito nelle
loro opere a costruire, analizzare e promuovere l’identità nazionale italiana, con i
mezzi della letteratura, e le loro cinque voci, in parte discordi, mostrano sia
l’orientamento corale seguito per contribuire alla costruzione nazionale, sia le
dissonanze e le contraddizioni di tale processo.
La costruzione dell’identità italiana ha fatto uso della letteratura richiamandosi
alla tradizione letteraria italiana, ma è stato durante il Risorgimento che gli scrittori
hanno elaborato l’idea d’identità nazionale da attribuire al nuovo Stato italiano
realizzato concretamente nel 1861. Sono stati inoltre gli scrittori del Risorgimento che
hanno rivisitato e rimodulato in chiave identitaria italiana la tradizione letteraria a
partire dal Medioevo e, cercando elementi di continuità, hanno attribuito in parte
all’italianità anche la cultura classica greca e latina, che aveva avuto i suoi centri di
irradiazione nelle città italiote della Magna Grecia e nell’antica Roma.
Prenderemo in considerazione un corpus formato dalle opere di cinque autori,
rappresentativi di tipologie differenti per provenienza geografica, scrittura e azione
concreta, per cui appare proficua un’analisi in parallelo: Ugo Foscolo (1778-1827),
Vincenzo Cuoco (1770-1823), Giuseppe Mazzini (1805-1872), Cristina Trivulzio di
Belgiojoso (1808-1871), Giuseppe Gioachino Belli (1791-1863). Cuoco e Foscolo
sono esponenti della prima fase del Risorgimento, coincidente con il periodo
napoleonico, ma il primo si è integrato pienamente nelle politiche dei regimi
napoleonici, mentre il secondo ne ha combattuto il dispotismo e ha lottato come
intellettuale per denunciarne le contraddizioni. Mazzini e Trivulzio sono protagonisti
del processo di unificazione italiana culminante nella realizzazione del Regno d’Italia
nel 1861, l’uno su posizioni repubblicane e democratiche estreme, l’altra su posizioni
moderate, tuttavia entrambi sono stati esclusi dalla realizzazione concreta
dell’unificazione italiana, il primo perché portatore di istanze socialmente e
politicamente troppo aperte e avanzate, la seconda in primo luogo perché, essendo
donna, non poteva corrispondere ai prototipi dell’eroe e dello scrittore risorgimentale.
Il poeta Belli, la cui esperienza biografica e produzione poetica comprende tutte le fasi
del Risorgimento, costituisce una voce in controcanto, ufficialmente contrario al
Risorgimento, nel segreto della poesia romanesca testimone di una forte identità
culturale locale, di cui però denuncia al tempo stesso, per via letteraria, tutti i limiti.

1.3. Le tappe storiche e letterarie


Il processo storico di unificazione italiana, intrapreso alla fine del Settecento e portato
a termine nel secolo successivo, è stato denominato Risorgimento, termine che
comprende un’intrinseca contraddizione, in quanto designa come «resurrezione» una
realizzazione statale senza precedenti, non essendo mai esistito uno Stato
corrispondente al nuovo Stato italiano, una contraddizione strettamente legata al ruolo
1. Risorgimento e letteratura italiana: coordinate storiche 13

che la tradizione culturale e letteraria è stata chiamata a svolgere 4. Sarà battezzato


Risorgimento il giornale fondato a Torino nel 1847 da Camillo Benso Conte di Cavour
(1810-1861), il futuro primo ministro del Regno di Sardegna che riuscirà a trovare la
via politico-diplomatica per realizzare militarmente l’unificazione italiana. Il termine
compare in alcuni autori della seconda metà del Settecento, come il milanese Pietro
Verri (1728-1797) (Cortelazzo-Zolli 1985, 1091), per indicare un auspicato
rinnovamento politico, ma soprattutto etico e culturale, dell’Italia, mentre sarebbe poi
diventato uno dei concetti chiave dell’azione e della storiografia 5.
Carducci mette a fuoco in questi termini l’orientamento etico e civico del
Risorgimento, di cui invita a non cosiderare solo l’aspetto politico-istituzionale:
La storia delle idee e della letteratura del Risorgimento è la ricerca e l’esposizione dei
contrasti e degli accordi fra le iniziative innovatrici e le tradizioni conservatrici nell’intento
di restaurare o d’instaurare lo spirito moderno e l’impronta nazionale nelle produzioni della
fantasia e del sentimento: storia contemporanea e consentanea all’altra d’una stessa
restaurazione o instaurazione nelle dottrine filosofiche e morali e negl’istituti e ordini
politici: comincia co ’l 1749 e va fino al 1870. (Carducci, Risorgimento 3)
Come si può notare, le contraddizioni e le interferenze fra il piano storico e quello
culturale riguardano anche la definizione dei termini cronologici del Risorgimento.

1.3.1. Italia napoleonica: il ruolo di Foscolo e Cuoco


La storiografia ufficiale italiana, affermatasi negli ultimi decenni del XIX secolo, ha
minimizzato o escluso dal processo di formazione dello Stato unitario italiano il

4 Alberto Maria Banti trova, fra le prime attestazioni della metafora religiosa del Risorgimento riferita
all’Italia, la dedica del Misogallo di Alfieri, il libello contro gli eccessi giacobini della
rivoluzione francese, in cui l’autore così si rivolge all’Italia: «[a te], che un giorno (quando ch’ei
sia) sei per risorgere, virtuosa, magnanima, libera, ed Una» (Banti 2012, 35). È interessante
notare che nel periodo napoleonico si era stabilizzato il valore positivo del termine, ma non
altrettanto il significato politico, tanto che il generale austriaco Nugent, nel 1813, esorta gli
italiani al loro «Risorgimento», intendendo con ciò la rivolta a Napoleone e il ritorno agli
antichi sovrani e al dominio austriaco in Lombardia e in Veneto, mentre Antonio Maghella,
ministro della polizia del Regno di Napoli, invita a concorrere al «Risorgimento di tutta
l’Italia», intendendo con ciò la difesa del regno napoleonico di Murat a Napoli e la lotta contro
l’Impero austriaco e le altre potenze europee che progettano la Restaurazione degli antichi
sovrani (vedi Banti 2011c, 35).
5 Per il significato del termine si registra l’uso analogo a proposito di un altro moto di liberazione e
unificazione nazionale, quello che ha interessato la Grecia, anch’esso collegato alla cultura e
alla storia dell’antichità classica, in questo caso greca, in cui tuttavia un vero e proprio Stato
greco unitario non era mai esistito. Nel 1824, dunque prima della fondazione del Regno di
Grecia, esce in Italia un’opera dell’esule greco Mario Pieri Corcirese, sulla storia della rivolta
dei Greci contro i Turchi dal titolo: Compendio della storia del Risorgimento della Grecia dal
1740 al 1824 (Pieri Corcirese 1825). Nel già citato Atlante culturale del Risorgimento si trova la
voce «Decadenza»: come presupposto logico al concetto di «Risorgimento» ci deve essere il
principio di un’identità originaria perduta e di una decadenza contro cui reagire, identificati
genericamente da Marcello Verga con il concetto di «spagnolismo» e «antispagnolismo» (Verga
2011, 15-17); si occupa del significato e della storia del termine Risorgimento anche Anna
Maria Isastia (Isastia 2011, 267-268).
14 1. Risorgimento e letteratura italiana: coordinate storiche

periodo napoleonico, in cui, pur sotto la forte ipoteca del sostegno delle armi francesi,
per la prima volta si è arrivati alla costituzione di una Repubblica, poi Regno d’Italia,
con capitale a Milano 6. Napoleone Bonaparte (1769-1821), accolto in Italia come il
paladino degli ideali giacobini di libertà, entra trionfalmente a Milano il 15 maggio
1796, realizzando un fatto del tutto imprevedibile: la nascita di un’Italia napoleonica 7.
A Venezia Foscolo è tra i primi a celebrare Napoleone come liberatore: ancor prima
della caduta della Repubblica di San Marco varca il confine e si arruola a Bologna fra i
Cacciatori delle Alpi della Repubblica Cispadana, fondata dai soldati francesi,
mantenendo la propria condizione di militare fino alla fine dell’avventura napoleonica.
Il generale Bonaparte incoraggia la formazione di istituzioni in parte democratiche
formate da intellettuali e scrittori 8, purché restino divise e non riunite in un solo Stato
(cfr. Villari 2012, 19-21); nascono le cosiddette Repubbliche sorelle, cioè una serie di
Stati repubblicani con capitale a Genova, Milano, Bologna, Venezia, poi anche Roma
e Napoli 9.
In questa prima fase del Risorgimento «napoleonico», il laboratorio politico più
indipendente è quello di Napoli, dove la repubblica è fondata nel 1799 dal generale
francese Jean Étienne Championnet (1762-1800), ma cade sotto i colpi della
restaurazione borbonica a pochi mesi dalla fondazione. Dalla riflessione e
dall’autocritica di un protagonista nasce l’opera di Cuoco, che fa della rivoluzione
napoletana una rilettura moderata, e che cerca di elaborare un’immagine identitaria
dell’Italia da costruire, collocandola all’interno di un nuovo equilibrio europeo.

6 Le realizzazioni politiche dell’età napoleonica in Italia hanno dato l’occasione di manifestarsi alle
posizioni dei sostenitori dell’esigenza di un risorgimento dell’Italia. Una posizione particolare è
occupata dalla figura di Vittorio Alfieri (1749-1803), il poeta e drammaturgo piemontese che
acclama la Rivoluzione francese e invoca una resurrezione dello spirito nazionale e democratico
italiano, ma prende in seguito le distanze dal giacobinismo e arriva a scrivere un’opera
antifrancese, il Misogallo (Battistini 2011, 31).
7 «Designato da Carnot come sostituto di Schérer, prende il comando di un esercito disorganizzato e
privo di equipaggiamento offensivo pesante, esercito al quale il Direttorio ha affidato la
missione di una manovra diversiva a sud dell’Impero austriaco, proprio come l’armata
dell’Ovest, che deve rivolgere la sua attenzione verso l’Irlanda. In brevissimo tempo, sotto il
coendo di questo ʿgenerale che alla testa di un giovane esercito [...] che aveva dimostrato al
mondo come dopo tanti secoli Cesare e Alessandro avessero finalmente un successoreʾ (come
scrive Stendhal nell’Incipit della sua Certosa di Parma, la campagna d’Italia sarebbe diventata
ben più che una semplice concatenazione di manovre diversive» (Pécout 2011, 46).
8 A proposito della fioritura della pubblicistica e del giornalismo in Italia durante il primo Triennio
napoleonico, così osserva Guido Santato: «Il giornalismo politico del triennio, se non fu un
fenomeno quantitativamente paragonabile a quello francese, fu comunque di dimensioni
assolutamente inedite per l’Italia, e non troverà riscontri ad esso paragonabili per intensità nella
storia italiana successiva» (Santato 1990, 45).
9 Nel governo di Milano viene coinvolto il gruppo di intellettuali che, come i fratelli Pietro e
Alessandro Verri (1741-1816), si raccoglievano attorno al giornale milanese «Il Caffè» e
avevano dato vita all’Illuminismo lombardo, l’ambiente in cui si forma Alessandro Manzoni
(Santato 2003a, 23); anche il poeta Giuseppe Parini (1729-1799), autore del Giorno, satira
spietata della decadenza e mancanza di valori nella nobiltà dell’ancien régime, entra a far parte
del governo della città.
1. Risorgimento e letteratura italiana: coordinate storiche 15

Fra i protagonisti della rivoluzione c’erano stati gli intellettuali che


rappresentavano l’elemento di continuità fra la cultura illuministica meridionale e il
giacobinismo dell’Italia napoleonica (Santato 1990, 40-41). Al giurista Francesco
Pagano e alle altre vittime della repressione borbonica, Cuoco dedica l’ultimo capitolo
del suo Saggio storico, un vero e proprio martirologio della rivoluzione.
Nel 1799, dopo la controffensiva delle potenze europee e la caduta delle
repubbliche giacobine italiane. Napoleone riprende l’iniziativa e riesce a stabilire la
sua egemonia su tutta la Penisola: Milano è la capitale della Repubblica poi diventata
Regno d’Italia. La duplice incoronazione di Napoleone a Parigi e a Milano, imperatore
dei francesi e re d’Italia, apre un nuovo corso della costruzione nazionale italiana. A
Napoli s’instaura un Regno napoleonico, guidato da Giuseppe Bonaparte (1768-1844),
fratello dell’imperatore, poi dal cognato Gioacchino Murat (1767-1815). Questo
consentirà a Cuoco di rientrare a Napoli dopo l’esilio a Milano, per partecipare
attivamente alla politica culturale del sovrano 10.
Foscolo produce i suoi capolavori poetici nell’Italia napoleonica, dal
monumentale Carme Dei Sepolcri (1807), alla tormentata scrittura delle Grazie, e
prosegue nell’attività di promozione letteraria e culturale per costruire la libertà e
l’identità italiana. Il paradigma imperiale napoleonico presenta una notevole
consonanza con la cultura del Neoclassicismo: l’intellettuale che interpreta la linea
ufficiale della cultura italiana napoleonica è Vincenzo Monti (1754-1824), prima
amico poi avversario di Foscolo 11. Come animatore della vita culturale della
Repubblica e poi del Regno d’Italia, è Monti che promuove l’iniziativa di affidare a
Foscolo il corso di retorica istituito nell’Università di Pavia, nel 1809. Ciononostante,
Foscolo rimane in rapporto polemico, con il regime napoleonico, anche se torna a
combattere con le truppe napoleoniche nel 1813, quando le milizie dell’impero
francese e del regno italico cominciano a perdere su tutti i fronti di battaglia. Nella sua
vicenda ritroviamo le tracce della contraddizione, secondo cui il dominio napoleonico,
con i suoi compromessi fra imperialismo e democrazia partecipata, ha portato, non
solo in Italia, al risveglio della coscienza nazionale.
Nella Milano napoleonica trova rifugio l’esule Cuoco, che si lega di amicizia ad
Alessandro Manzoni (1785-1873), intellettuale e scrittore alle prime prove poetiche,
acceso sostenitore dell’Illuminismo e delle idee democratiche. In quello stesso

10 Nel rapporto fra scrittori e Risorgimento, Fabio Danelon osserva che, pur condividendo
sostanzialmente tutti e tre la stessa idea di «Italia», Foscolo e Manzoni celebrano l’impresa
murattiana e deplorano la sua sconfitta a Tolentino, mentre Leopardi celebra la sua sconfitta
interpretandola come sconfitta del tiranno straniero (Danelon 2012, 176).
11 La sua traduzione italiana dell’Iliade (1811) costituisce a un tempo l’esaltazione della lingua
letteraria italiana e la celebrazione della rinascita culturale nazionale sotto l’egida imperiale
napoleonica, sullo sfondo di un primato della classicità, come osserva anche Gennaro Barbarisi:
«Intento primario del Monti fu raccontare ai contemporanei la storia della guerra troiana,
esempio eccelso e insuperabile di grandezza umana e di eloquenza, cercando nella tradizione
letteraria italiana le forme piú adeguate per una moderna narrazione epica, capace di avvincere
il lettore senza mai venir meno alla solennità del dettato. Ed era quanto (e in ciò il Foscolo
concordava pienamente con lui) non aveva saputo fare nessuno dei traduttori italiani
settecenteschi, ai quali egli, come il Foscolo) intendeva nettamente contrapporsi» (Barbarisi
2007, 178).
16 1. Risorgimento e letteratura italiana: coordinate storiche

periodo, a Roma Belli partecipa attivamente all’Accademia Ellenica, fondata


dall’archeologo Antonio Nibby (1792-1839) nel 1809. Le attività accademiche si
pongono nel solco del recupero e della valorizzazione dell’eredità classica, di cui
rimarranno tracce anche nei sonetti in dialetto romanesco, e dell’esaltazione del ruolo
imperiale di Napoleone per la rinascita culturale e politica dell’Italia.
Dopo la sconfitta di Waterloo e la definitiva abdicazione di Napoleone, il Regno
d’Italia tenta di salvarsi, ma dovrà tornare sotto il dominio dell’Impero austriaco, nella
forma istituzionale di Regno Lombardo-Veneto. Un resoconto efficace e dettagliato di
questa vicenda, con il linciaggio e l’assassinio del primo ministro Giuseppe Prina, si
trova nel libro sulla storia lombarda attribuito a Trivulzio (Trivulzio, Storia della
Lombardia).

1.3.2. La Restaurazione: l’esilio europeo di Foscolo, Mazzini e


Trivulzio
Inizia la Restaurazione: il Congresso di Vienna (1814-1815) ridisegna la carta europea
e stabilisce il ritorno dell’Italia alla situazione precedente al dominio napoleonico. Il
processo di restaurazione comporta tre fattori che rinvigoriscono le idee del
Risorgimento: la delusione per le promesse mancate di «risorgimento» nazionale, fatte
per incitare alla rivolta contro l’imperialismo napoleonico; l’abolizione delle riforme
giuridiche e delle forme di partecipazione democratica negli Stati napoleonici; la forte
egemonia straniera, in forma di controllo poliziesco e militare contro ogni tentativo di
insurrezione o cospirazione liberale, con il dominio austriaco diretto sul Regno
Lombardo-Veneto e i presidi militari austriaci nello Stato della Chiesa. Belli
rappresenta nei suoi sonetti dialettali l’arretratezza culturale e politica, la corruzione e
il clima di oppressione poliziesca che si vive a Roma fra gli anni Venti e gli anni
Trenta dell’Ottocento: la sua produzione dialettale si colloca quasi tutta in questa fase
del Risorgimento.
Nella Restaurazione si colloca l’esilio londinese di Foscolo, che dopo la fine del
regno napoleonico non farà più ritorno in Italia, appendendo al chiodo la penna del
poeta per prendere quella del critico e del filologo. Lo scrittore in esilio si dedica alla
rielaborazione delle Grazie, epopea della storia civile e culturale dell’Italia e
dell’Europa, rimasta significativamente incompiuta e frammentaria, e scrive articoli e
saggi, in italiano e in inglese, dove affronta la riflessione sull’Italia napoleonica e sulle
linee identitarie della storia letteraria e culturale italiana.
Mazzini, che inizia in questo periodo la sua attività di critico letterario
sull’Indicatore genovese, e in seguito sull’Indicatore livornese, farà riferimento alle
idee romantiche di rinnovamento e di forte impegno della letteratura nel Risorgimento
italiano, espresse a Milano nelle pagine del Conciliatore. 12 Pur sotto la morsa del
controllo ideologico e anti-cospirativo, nella capitale lombarda il dibattito culturale si
accende sulla disputa fra Classicisti e Romantici, rispettivamente sulle pagine di due
periodici: la Biblioteca italiana, di orientamento classicista, e il Conciliatore, che

12 Il profondo significato rivoluzionario e la dimensione europea del Romanticismo sono stati


affrontati in modo panoramico da Pino Fasano (Fasano 2004).
1. Risorgimento e letteratura italiana: coordinate storiche 17

ospita gli scritti di orientamento romantico. Quando la discussione assume una forte
valenza politica, la Biblioteca adotta una linea del tutto reazionaria, mentre il
Conciliatore, nato nel 1818 per controbattere questa linea, è costretto a chiudere dalla
censura già nel 1819.
Se alcuni aspetti del Romanticismo potevano andare incontro alla restaurazione
anti-illuministica del potere ecclesiastico e della repressione delle idee laiche e
democratiche, d’altra parte la valorizzazione dell’individuo e della sua indipendenza
dalle regole, la riscoperta dei valori popolari, cioè dei valori identitari di un popolo,
l’idea stessa di identità dei popoli, l’attenzione per le forme comunicazione culturale
rivolte al pubblico popolare, come il teatro, si scontravano frontalmente contro i regimi
instaurati in Italia dopo il Congresso di Vienna.
Dopo una prima attività giovanile di saggista e critico letterario militante, Mazzini
intraprende l’attività di ispirazione e organizzazione di moti rivoluzionari e congiure,
che gli procureranno l’esilio già nel 1831. Destinato a diventare il principale punto di
riferimento dei democratici repubblicani, di quel partito per la creazione dell’Italia
unita che voleva il massimo grado di rottura rispetto all’assetto basato su una serie di
monarchie reazionarie, Mazzini inizia dalla riflessione letteraria e culturale
l’elaborazione del proprio sistema concettuale.
L’iniziativa politica del Risorgimento, nonostante l’apparato repressivo messo in
atto dal Congresso di Vienna, aveva visto l’azione delle sette o società segrete, in
primo luogo, in Italia, della Carboneria. Già nel 1821, in seguito al pronunciamento
militare di Cadice, in Spagna, anche nel Regno delle Due Sicilie i militari insorgono e
impongono al re l’adozione della costituzione spagnola del 1812, innestando una serie
di successive rivolte e richieste di separazione della Sicilia dalla parte continentale del
Regno. Mazzini annota fra i suoi ricordi d’infanzia l’incontro a Genova, con i
proscritti del 1821 che chiedevano aiuto economico in nome della causa italiana
(Mazzini, Note 49).
Manzoni dedica una delle sue liriche più famose a questi fatti, l’ode Marzo
1821 13. Lo scrittore milanese inoltre contribuisce in modo concreto alla costruzione
nazionale italiana con la sua elaborazione letteraria e linguistica del romanzo, I
promessi sposi, pubblicato nel 1827 e riscritto, in versione linguistica rinnovata, nel
1840 (cfr. Serianni 1986) 14. Al romanzo di Manzoni, ma anche alla scelta del milanese
Carlo Porta (1775-1821) di scrivere un’epopea dialettale in milanese e di dare voce
letteraria direttamente al popolo, s’ispira la poesia dialettale di Belli: nel suo «libro» di
Sonetti romaneschi rappresenta il modo di vivere, il mondo delle idee, ma soprattutto

13 Per l’ode di Manzoni (Manzoni, Poesie 197-200) così si esprime Fabio Danelon, che vede l’Italia
sabauda e poi repubblicana (e democristiana) molto vicina all’idea nazionale espressa dal poeta
milanese: «È emblematico che uno storico di oggi, ben attento al problema dell’identità
nazionale, Ernesto Galli Della Loggia, abbia proposto sulla prima pagina del ʿCorriere della
seraʾ, il quotidiano nazionale per eccellenza, proprio il 17 marzo 2011 [150° anniversario del
Regno d’Italia, n.d.r.], le ultime quattro strofe di Marzo 1821, presentata come ʿla più bella
poesia del Risorgimentoʾ» (Danelon 2012, 191).
14 Massimo D’Azeglio pubblica nel 1841 il suo romanzo storico Niccolò de’ Lapi; per l’analisi in
chiave risorgimentale della letteratura di questo periodo si vedano i saggi di Giovanni Falaschi e
Claudio Gigante (Falaschi 2012; Gigante 2011).
18 1. Risorgimento e letteratura italiana: coordinate storiche

l’universo espressivo del popolo romano del suo tempo, con tutte le articolazioni
sociali e culturali interne 15.
Un’altra ondata rivoluzionaria, nel 1830-1831, interessa i Ducati di Modena e di
Parma e Reggio oltre che Bologna, la Romagna e le Marche nello Stato pontificio, con
l’instaurazione di governi locali e la proclamazione a Bologna delle «Provincie unite»
d’Italia 16. In seguito a queste cospirazioni, tutte represse, si stringono i controlli delle
autorità di polizia: anche Mazzini e Trivulzio vengono banditi rispettivamente dal
Regno di Sardegna e dal Lombardo-Veneto. Costretta all’esilio all’inizio degli anni
Trenta per le sue attività illegali di sostegno alle cospirazioni delle società segrete,
Trivulzio farà di Parigi il centro della sua azione, orientata alla promozione culturale
della causa dell’unificazione italiana. A Parigi si dedica inoltre alla scrittura delle
prime opere storiche e all’attività giornalistica. Mazzini e Trivulzio, appartenenti alla
generazione successiva a quella di Foscolo e Cuoco, avranno modo di partecipare
attivamente alle vicende degli anni Quaranta fino al culmine della cosiddetta
«primavera dei popoli» del 1848-49.

1.3.3. Le rivoluzioni del 1848


La fase storica successiva del Risorgimento vedrà scoppiare le rivolte democratiche in
tutta Europa, nel 1848. In Italia, al papato autoritario e oscurantista di Gregorio XVI
(1831-1846) succede Pio IX (1846-1878), che si dimostra all’inizio incline a riforme
democratiche nello Stato della Chiesa e raccoglie i favori dei patrioti di tutta Italia 17.
Al nuovo papa va anche il pieno appoggio del cinico e sfiduciato Belli, che ne canta le
lodi nei suoi sonetti in dialetto romanesco. Il partito dei cattolici democratici moderati
aveva fra i suoi sostenitori anche Trivulzio, pur essendo i suoi scritti condannati
esplicitamente dalle autorità pontificie. A partire da gennaio 1848 in seguito a rivolte
vengono concesse carte costituzionali a Palermo, a Napoli e a Torino: le costituzioni
vengono successivamente approvate in tutti gli Stati italiani, a parte il Lombardo-
Veneto. Alla notizia di moti democratici scoppiati a Vienna, la città di Milano insorge,
e si instaura un governo cittadino dopo le cosiddette Cinque Giornate, dal 18 al 22
marzo. A Milano accorrono allora tutti i democratici, anche molti esuli, come Mazzini
e Giuseppe Garibaldi (1807-1882), e anche Trivulzio. Durante gli stessi giorni scoppia
la rivolta a Venezia, dove s’instaura un governo repubblicano retto da Daniele Manin
(1804-1857) e dallo scrittore Niccolò Tommaseo (1802-1874).
Il re di Sardegna Carlo Alberto (1831-1849), per guidare l’iniziativa nazionale ed
evitare che a Milano si gettino le basi di una futura repubblica italiana, dichiara guerra
all’Impero d’Austria. Sotto la pressione popolare e costituzionale, si organizzano corpi

15 L’operazione di Belli può essere letta alla luce di quanto intende Maria Laura Lanzillo con il
concetto «decostruire il multiculturalismo» (Lanzillo 2006, 104-108).
16 In questa occasione il poeta Giacomo Leopardi era stato eletto come rappresentante della città di
Recanati nell’Assemblea di Bologna, ma non fece in tempo a partecipare per la repressione
tempestiva della rivolta, come lui stesso scrive in una lettera indirizzata da Firenze al Comitato
di Governo Provvisorio di Recanati, del 29 marzo 1831 (Leopardi, Lettere 1397).
17 Un evento puntualmente salutato da Belli nel suo «libro» di sonetti in dialetto (Belli, Sonetti 2173).
1. Risorgimento e letteratura italiana: coordinate storiche 19

di spedizione per la causa italiana, ufficiali oppure su base volontaria, dal Regno di
Sicilia, dallo Stato pontificio e dal Granducato di Toscana. Dopo le prime vittorie, i
piemontesi, per una serie di errori tattici e per la continua diffidenza verso i volontari,
si ritirano: il re Carlo Alberto viene considerato addirittura un traditore, in quanto
nell’armistizio cede di nuovo il Veneto, ancora indipendente, all’Impero austriaco, e
abbandona Milano per rientrare a Torino. L’iniziativa resta allora in mano ai
democratici che premono per ottenere maggiori libertà costituzionali a Firenze e a
Roma, e resistono nella difesa della Repubblica di Venezia.
Nello Stato della Chiesa, dopo che Pio IX aveva ritirato le sue truppe dalla guerra
d’indipendenza il 29 aprile 1848, consentendo ai soldati e agli ufficiali di rimanere a
combattere a titolo personale, il papa perde l’appoggio dei liberali e dei patrioti. Dopo
aver dichiarato illegittimo il governo di orientamento democratico di monsignor Carlo
Emanuele Muzzarelli, da lui stesso nominato, il papa scappa e si rifugia a Gaeta sotto
la protezione del re di Napoli Ferdinando di Borbone (1830-1859).
S’instaura così a Roma un governo democratico, cui partecipa attivamente
Mazzini, fra i triumviri alla guida dello Stato. A Roma arriva anche Trivulzio, che sarà
incaricata di dirigere il servizio delle ambulanze e degli ospedali militari, nella città
sotto l’assedio dei francesi guidati dal generale Nicholas Charles Victor Oudinot
(1791-1863). Durante il governo della Repubblica romana si trova in città anche il
poeta Belli, che proprio in quelle settimane scrive il suo ultimo sonetto, amareggiato e
sfiduciato dopo la fine delle riforme e dalle novità promosse da Pio IX al suo
insediamento 18. L’avventura «italiana» del 1848-49 finisce con la totale sottomissione
delle città insorte, in quanto a Roma i francesi entrano in città (3 luglio) e restaurano il
potere pontificio, con i difensori che si ritirano e cercano di raggiungere Venezia. La
Repubblica di Venezia resiste ancora, ma gli asburgici la stringono d’assedio sotto il
tiro delle artiglierie e in città fa la sua comparsa anche il colera, cosicché la resa arriva
il 24 agosto. Nel 1849 era ripresa l’iniziativa militare del Regno di Sardegna,
definitivamente sconfitto nella battaglia di Novara, con la successiva abdicazione di
Carlo Alberto a favore del figlio, Vittorio Emanuele II (1849-1878). Le libertà
costituzionali furono abolite in tutti gli Stati italiani, fatta eccezione per il Regno di
Sardegna. Riprendono la via dell’esilio sia Mazzini, di nuovo a Londra, che Trivulzio,
diretta verso Istanbul 19.
In Piemonte entra nella scena politica Camillo Benso Conte di Cavour, che
promuove il mantenimento delle garanzie costituzionali. Diventato capo del governo

18 Belli, Sonetti 2272.


19 In questo periodo assume grande rilievo l’attività degli esuli che denunciano di fronte all’opinione
pubblica europea i regimi scandalosamente repressivi dello Stato della Chiesa e del Regno delle
Due Sicilie. Owain Wright, nell’ambito della costruzione dello stereotipo levantino della
politica italiana, cita da un lato l’indignazione di fronte alla situazione italiana precedente
all’unificazione nazionale, dall’altro le delusioni per i caratteri autoritari della politica coloniale
del Regno d’Italia nei confronti delle regioni meridionali (Wright 2013, 44-45). Per le attività
degli esuli italiani in Inghilterra si veda anche Isabella 2009, 270-278, che afferma: «Fra il 1799
e il 1860 l’esperienza dell’esilio riguardò una parte significativa delle classi colte italiane, non
tanto in termini numerici quanto per l’importanza che quel gruppo di intellettuali esuli ebbe in
Italia e continuò ad avere all’estero nella creazione di un movimento nazionale e di una identità
nazionale» (Isabella 2011, 3).
20 1. Risorgimento e letteratura italiana: coordinate storiche

del Regno di Sardegna nel 1852, Cavour inizia una politica italiana basata su due linee
guida: la modernizzazione tecnologica e infrastrutturale del Regno e l’inserimento
nella politica estera europea per far entrare nel gioco delle alleanze internazionali la
questione dell’indipendenza italiana.

1.3.4. La nascita del Regno d’Italia


La trama diplomatica di Cavour e l’attività pubblicistica di democratici e moderati
preparano la seconda guerra d’indipendenza, che inizia nel 1859, con l’entrata
dell’esercito austriaco nel Regno di Sardegna. Il Regno di Sardegna aveva allacciato
rapporti diplomatici molto stretti con Parigi. La controffensiva delle truppe franco-
piemontesi, sotto il comando di Napoleone III (1852-1870), consente di respingere
l’attacco e, grazie anche all’appoggio dei volontari raccolti nei Cacciatori delle Alpi
guidati da Garibaldi, il 4 giugno Napoleone III e Vittorio Emanuele II (1849-1878)
entrano a Milano, accolti dalla folla e dal tricolore italiano. Al contingente di volontari
guidati da Garibaldi fa riferimento Trivulzio nel suo romanzo breve Rachel (vedi
capitolo 6). Dopo la vittoria dei franco-piemontesi a Solferino, Napoeone III, a
sorpresa, firma con l’Impero d’Austria l’armistizio di Villafranca, che mette fine alla
guerra: la Lombardia passa al Regno di Sardegna, mentre il Veneto rimane
nell’Impero d’Austria.
Si colloca a questo punto l’impresa più popolare del Risorgimento italiano, la
Spedizione dei Mille. Garibaldi era partito con i suoi volontari da Quarto, in Liguria,
con la tacita approvazione di Cavour, sequestrando due navi, la Piemonte e la
Lombardo. Dopo la prima grande sconfitta dell’esercito borbonico a Calatafimi, inizia
il crollo di quello che era il più grande Stato italiano. Per evitare che si formi uno Stato
italiano repubblicano, l’esercito piemontese entra nello Stato pontificio, sconfiggendo
le truppe del papa a Castelfidardo. In tutta l’Italia centrale si organizzano plebisciti per
far votare l’annessione al Regno di Sardegna. Nel celebrato incontro di Teano,
Garibaldi saluta Vittorio Emanuele re d’Italia e gli cede in seguito il comando di tutto
il Meridione italiano 20.

20 La spedizione garibaldina ha lasciato vaste tracce nella memorialistica, ad esempio nel diario di
Giuseppe Cesare Abba, Da Quarto al Volturno (1880), ma l’opera letteraria che costituisce la
testimonianza più importante di questo periodo è il romanzo di Ippolito Nievo, Le confessioni di
un Italiano (1867). Lo scrittore padovano Nievo aveva scritto il suo romanzo prima di
partecipare come volontario garibaldino alla guerra in Lombardia e poi alla Spedizione dei
Mille, dove aveva ricoperto, già colonnello a ventinove anni, incarichi di amministrazione e
logistica. Inviato nel 1861 di nuovo in Sicilia per recuperare i documenti contabili, muore nel
naufragio della nave che lo riportava da Palermo a Napoli. Nel suo romanzo, attraverso la
travagliata storia della relazione fra Carlino e Pisana, offre un affresco delle vicende storiche del
Risorgimento, partendo dal punto di vista della nobiltà della provincia veneta, fra gli ultimi anni
della Repubblica di San Marco e la fine delle rivoluzioni del 1848-49, con l’incipit profetico che
pone l’accento sulla dialettica fra divisioni regionali e unità d’Italia: «Io nacqui veneziano ai 18
di ottobre del 1775, giorno dell’evangelista san Luca; e morrò per la grazia di Dio italiano
quando lo vorrà quella Provvidenza che governa misteriosamente il mondo» (Nievo,
Confessioni 3).
1. Risorgimento e letteratura italiana: coordinate storiche 21

Il 17 marzo 1861 segna un traguardo simbolico del Risorgimento: il parlamento di


Torino sancisce la nascita del Regno d’Italia, che comprende tutte le regioni italiane
attuali, fatta eccezione di Lazio, Trentino Alto-Adige, Veneto e Friuli-Venezia Giulia.
Roma e il Lazio rimangono in mano al potere papale, sotto tutela delle truppe francesi
di stanza a Roma dal 1849, e che in questa fase sono alleate del neonato Regno
d’Italia.
Mazzini non avrà nessun ruolo nella politica del nuovo Stato, anzi si troverà a
vivere in Italia con la vecchia condanna a morte non ancora revocata, mentre lo
scrittore Manzoni, dedicatosi agli studi linguistici e alla politica culturale italiana nella
seconda metà dell’Ottocento, svolgerà un ruolo attivo nelle politiche di
alfabetizzazione e italianizzazione linguistica del nuovo Stato. Un intellettuale
destinato a un ruolo importante nella definizione dell’identità letteraria italiana è il
campano Francesco De Sanctis (1817-1883): arrestato e imprigionato a Napoli nel
1850, per aver partecipato alla rivoluzione costituzionale del 1848, andò in esilio in
Svizzera. Tornato in Italia dopo la spedizione dei Mille, entra nel primo governo del
Regno d’Italia come Ministro della pubblica istruzione. A lui si deve la Storia della
letteratura italiana, uscita fra il 1870 e il 1871, che consacra l’unificazione politica e
istituzionale italiana con l’identificazione di una linea unitaria di sviluppo della
letteratura nazionale.

1.3.5. Le ultime tappe dell’unificazione italiana


Mancano ancora due tappe dell’unificazione italiana compiutasi nell’Ottocento, cui
fanno in tempo ad assistere Mazzini e Trivulzio, pur essendone entrambi del tutto
esclusi. In quest’ultima fase il Risorgimento italiano si salda strettamente a quello
tedesco, guidato dalla Prussia, tanto che è stato fatto il paragone fra le due nazioni,
Italia e Germania, che conseguono l’unificazione nazionale entrambe nella seconda
metà dell’Ottocento 21. La diplomazia piemontese si avvicina alla Prussia e riesce a
stringere un patto di alleanza, secondo cui, in caso di guerra della Prussia contro
l’Impero austriaco, l’Italia sarebbe tempestivamente intervenuta e avrebbe ricevuto in
cambio, dopo la guerra, Venezia e il Veneto. La guerra scoppiò nel giugno 1866 ed era
già conclusa a ottobre, con la completa disfatta dell’esercito italiano, a Custoza e nello
scontro navale di Lissa, ma con le vittorie prussiane che costrinsero l’Austria alla resa.
Per il rispetto dei patti, il Veneto, con Venezia, poté essere annesso tempestivamente
all’Italia con un plebiscito.
Roma era considerata la città-simbolo della libertà italiana per il mito
dell’antichità classica come precedente dell’identità italiana, rinvigorito dalla recente
vicenda della Repubblica romana 22. A partire dal 1849 il trono del papa era sotto la
protezione diretta di Napoleone III. Anche in questo caso la svolta fu dovuta alle
vicende della Prussia, che, sconfitta la Francia nel 1870, fonda l’Impero di Germania,

21 Per un’analisi parallela dei due movimenti nazionali si veda Ara; Lill 1991.
22 Anche i cattolici liberali, pur auspicando una tutela giuridica del ruolo spirituale del papa,
consideravano una usurpazione l’esistenza dello Stato pontificio, come afferma anche Cristina
Trivulzio in uno dei suoi ultimi scritti, che verrà analizzato nel capitolo 6.
22 1. Risorgimento e letteratura italiana: coordinate storiche

proclamato ufficialmente a Versailles. Dopo aver perso la protezione francese, Pio IX,
ormai su posizioni estreme reazionarie e autoritarie, rifiuta di arrendersi all’Italia e
provoca l’intervento armato. Con la cosiddetta «Breccia di Porta Pia», il
combattimento di fronte alla porta e il cannoneggiamento con l’apertura di un varco
sulle Mura Aureliane, il 20 settembre 1870, termina la storia dello Stato pontificio: il 1
luglio 1871, la capitale d’Italia è spostata a Roma.

1.4. Scrittori e identità italiana


L’elaborazione delle forme e dei contenuti dell’identità italiana si deve essenzialmente
agli scrittori e ai critici letterari, fra i quali hanno giocato un ruolo significativo i
cinque autori che prenderemo in esame. Il processo identitario culturale del
Risorgimento si trova già a un primo livello di elaborazione negli scritti di Foscolo e
Cuoco, che non erano arrivati a concepire concretamente la formazione di uno Stato
unitario italiano, come invece auspicheranno fin dalle prime opere Mazzini e
Trivulzio. Belli rappresenta nella sua poesia dialettale la voce del popolo di Roma,
contrario a ogni mutazione dell’ordine esistente e lontano da ogni possibile
coinvolgimento nell’identità italiana 23. Gli scrittori analizzati rappresentano tutti in
modo problematico il Risorgimento, in quanto Foscolo aderì in modo conflittuale
all’Italia napoleonica, anche se con coerenza fino all’esilio finale, Cuoco, bandito da
Napoli dopo la Repubblica del 1799, visse il suo primo periodo di attività pubblicistica
e giornalistica in esilio a Milano, Mazzini e Trivulzio, pur protagonisti delle vicende
principali del Risorgimento, furono costretti all’esilio e non coinvolti nella fondazione
dello Stato italiano, alla cui concezione avevano peraltro molto contribuito. Nel caso di
Belli siamo di fronte ad uno scrittore che rappresenta un punto di vista reazionario,
localistico e antirisorgimentale, tuttavia nella sua poesia denuncia la corruzione e i
limiti culturali del regime papale che si opponeva alla realizzazione dell’Italia.
Il greco-veneziano Foscolo ha attraversato l’esperienza problematica dei primi
Stati italiani indipendenti e democratici, sotto la protezione della Francia napoleonica,
prima repubblicana, poi imperiale. Nelle sue opere, entrate nel canone classico della
letteratura italiana, si ritrovano tutte le contraddizioni identitarie della liberazione (o
dominazione) napoleonica e delle successive repubbliche e regni italiani instaurati
durante il ventennio napoleonico in Italia. L’interesse delle sue opere per il nostro
lavoro risiede nell’intento programmatico di conciliare una serie d’irriducibili
contraddizioni: Foscolo sostiene e difende gli Stati creati da Napoleone in Italia, pur
opponendosi al dispotismo di Napoleone; codifica e certifica l’identità italiana,
collocandola al tempo stesso nella continuità con la cultura greca classica e con gli
orientamenti culturali più moderni esistenti in Europa.
Il molisano Cuoco, esule dell’effimera Repubblica napoletana del 1799, integrato
nell’amministrazione napoleonica della Repubblica d’Italia e poi del Regno di Napoli,

23 Sembra di poter applicare quanto afferma Peter Caws a proposito dell’identità in un contesto
multiculturale: «Each person’s identity is built of individual variability and of possibilities
within each dimension, compared with the total number of actual human beings who have ever
existed, are large enough to make it quite conceivable that nobody has any really near
neighbours» (Caws 1994, 381).
1. Risorgimento e letteratura italiana: coordinate storiche 23

è stato scelto per la rilevanza della sua riflessione critica sull’esperimento


rivoluzionario della Repubblica «giacobina» napoletana, per l’impegno giornalistico
nella Repubblica italiana con capitale Milano e nel Regno di Napoli sotto lo scettro di
Gioacchino Murat. Nel romanzo storico Platone in Italia rivela alcuni meccanismi
molto sottili di creazione e definizione dell’identità italiana 24.
Gli scritti del genovese Mazzini mostrano come le esperienze patriottiche e
nazionali del periodo napoleonico siano state il primo laboratorio da cui sviluppare la
struttura concettuale del Risorgimento italiano storicamente inteso. Con i suoi scritti
teorici, Mazzini ha inquadrato la letteratura in un progetto di costruzione identitaria,
indicando, come farà in seguito De Sanctis, una linea unitaria della letteratura
nazionale che parte da Dante, Petrarca e Boccaccio e arriva fino all’Ottocento.
La milanese Trivulzio costituisce una testimone d’eccezione del complesso
processo di inclusione/esclusione che sta alla base della costruzione dell’identità
nazionale italiana, in quanto lei stessa, ora protagonista diretta durante le Cinque
giornate di Milano e la Repubblica romana, ora esule, prima a Parigi, poi in Turchia, si
confronta con tutti i problemi di credibilità come scrittrice, come giornalista e come
attivista politica, in quanto donna. La scrittrice può essere presa come caso esemplare
delle protagoniste e scrittrici che hanno partecipato al Risorgimento e che sono state
del tutto cancellate dalla memoria storica e dalla storia letteraria nel momento in cui,
dopo la realizzazione dell’unificazione italiana, si è creata una celebrazione ufficiale
del moto di unificazione. Questa cancellazione ha a che fare con il catalogo dei miti
costitutivi dell’identità italiana, così come sono stati recepiti e istituzionalizzati.
Attraverso l’opera di Trivulzio si può studiare il punto di vista femminile della
scrittura risorgimentale, per vedere come sia stato oggetto di riduzione rispetto alla
realtà identitaria plurale in cui si erano formati originariamente i concetti su cui si
basava l’azione concreta del Risorgimento 25.
L’opera poetica dialettale di Belli si pone su un asse opposto rispetto a quello
delle figure eroiche del Risorgimento. Nella sua poesia dialettale si ritrovano esigenze
di superamento di ogni orizzonte politico, sociale e culturale ristretto, ma al tempo
stesso la testimonianza della persistenza delle identità locali, anche le più anguste. Nel
nostro lavoro focalizzeremo l’attenzione sugli inediti Sonetti romaneschi, l’opera in
cui si concentrano gli aspetti di documentazione e di denuncia dei limiti della cultura
locale, tuttavia li leggeremo parallelamente alla sua produzione poetica in lingua
italiana, destinata alla pubblicazione e alla circolazione, e alle prose inedite da lui
lasciate. Belli non è stato né un rivoluzionario né un sostenitore dell’unificazione
italiana e della fine del potere temporale dei papi nello Stato della Chiesa, tuttavia

24 Antonino Di Francesco ricostruisce il percorso della fortuna critica di Cuoco e cerca di individuare
la via di una possibile riscoperta e rilettura attuale sia del Saggio storico che del Platone in
Italia (Di Francesco 2006, XXVI-XXXII). Nello stesso volume Annalisa Andreoni mostra
invece che fortuna e che impatto abbia avuto il romanzo epistolare di Cuoco negli anni in cui fu
dato alle stampe (Andreoni 2006, LXXV-LXXVI).
25 Silvana Patriarca ricostruisce le articolazioni culturali particolari e le sintesi necessarie alla
formazione di una identità italiana e inscrive nelle pluralità insite in questo concetto anche il
discorso inclusivo/esclusivo legato alle differenze di genere (Patriarca 2011).
24 1. Risorgimento e letteratura italiana: coordinate storiche

nella sua produzione letteraria ha saputo costruire una testimonianza sulla necessità
morale della fine di quel potere e delle sue basi culturali 26.
Abbiamo scelto autori provenienti da aree regionali diverse, per mostrare come
interagiscono appartenenze regionali e costruzione letteraria dell’identità italiana.
Foscolo proveniva da un’isola greca dipendente dalla Repubblica di Venezia, Cuoco
da Civitacampomarano, in provincia di Campobasso, alla periferia del Regno di
Napoli, Mazzini da Genova, nel Regno di Sardegna, Trivulzio da Milano, nel Regno
Lombardo-Veneto, Belli, romano, dalla capitale dello Stato della Chiesa.
Un elemento che accomuna quattro dei cinque autori scelti è l’esilio, che ha
caratterizzato la vicenda di Cuoco, e soprattutto di Foscolo, mentre Mazzini e
Trivulzio hanno scritto la maggior parte delle loro opere nei periodi di esilio all’estero,
una dimensione che analizzeremo concettualmente, e che dal punto di vista geografico
ha consentito di entrare in contatto con il dibattito culturale e politico europeo.

26 Si tratta di una lettura che era stata ad esempio effettuata da Pino Fasano in Fasano 1991. A
proposito della scelta d’includere Belli nel dibattito che verrà ricostruito nelle pagine del
presente lavoro, si dovrà ricordare che il secondo convegno internazionale belliano, tenutosi a
Roma nel 1984, aveva per tema generale: G.G.Belli romano, italiano ed europeo (Merolla
1985).
2. Coordinate per le mappe della letteratura nel
Risorgimento

2.1. Premessa
Niccolò Machiavelli (1469-1527), in un momento in cui si vedeva escluso dalla vita
pubblica, e non aveva speranze migliori per il futuro dell’Italia, nell’ultimo capitolo
del Principe, il più teso e politicamente intenso, auspica una «redenzione» dell’Italia,
sotto la guida dei Medici, con l’adozione di una metafora religiosa molto vicina a
quella che sarà adottata in seguito, il Risorgimento (Machiavelli, Principe 95), guarda
alla tradizione letteraria e a Petrarca per trovare una legittimazione culturale al suo
disegno politico italiano e chiude il capitolo con i versi dalla canzone Italia, mia,
rivolta ai signori e principi italiani, invitati da Petrarca a cessare le guerre intestine e a
liberarsi delle truppe straniere presenti in Italia: «Virtù contro a furor / Prenderà
l’arme; e fia ’l combatter corto: / Ché l’antico valore / Negli italici cor non è ancor
morto» (Machiavelli, Principe, 98).
Con un’analoga operazione filologico-politica, nella fase incerta del Risorgimento
che segue le fallite insurrezioni costituzionali del 1830-31, Mazzini, in esilio a Londra,
cerca il conforto culturale della tradizione letteraria. Per questo pubblica l’edizione
commentata della Commedia, ancora inedita, realizzata da Foscolo, a sua volta esule
sul Tamigi dopo la fine dell’Italia napoleonica (Alighieri-Foscolo, Commedia) 1.
Su questa linea si colloca De Sanctis, che con la sua Storia della letteratura
italiana (De Sanctis 1871-72), elabora per lo Stato italiano la prima storia letteraria
nazionale, in cui pone al centro dello sviluppo storico della letteratura Dante e
Petrarca. De Sanctis era stato rivoluzionario, prigioniero politico dei Borboni, quindi
esule, ma aveva poi partecipato da protagonista alla creazione del nuovo Stato italiano,
diventando Ministro della Pubblica Istruzione: anche per lui l’identità nazionale
realizzata politicamente deve basarsi sul patrimonio della tradizione formato dalla
storia letteraria 2. Per questo motivo costruisce un modello esemplare di canone
letterario nazionale.
In questo capitolo inquadreremo il nostro studio nell’ambito delle riflessioni più
rilevanti sul canone letterario nazionale, sviluppate a partire dall’Ottocento fino al
dibattito contemporaneo, in cui si registra la necessità di considerare in modo più
aperto e pluralistico la storia letteraria italiana. Definiremo inoltre i rapporti fra i
concetti di cosmopolitismo e nazione, che vengono elaborati in Italia e in Europa a

1 Thies Schulze osserva: «Der Grund, weshalb Mazzini den Italienern die Göttliche Komödie ans Herz
legte, lag in der geschlossenen Zielsetzung, die er dem Werk Dantes unterstellte. Das Vorhaben,
Italien zur Nation und zum Ausgangspunkt eines neuen europäischen Zivilisationsprozesses zu
formen, habe allen Werken des Dichters zugrunde gelegen» (Schulze 2005, 42).
2 Per la ricostruzione di questa preistoria dell’Italia è molto ricco e suggestivo il volume collettivo
curato da Claudio Gigante ed Emilio Russo, frutto del convegno del Centro Pio Rajna tenutosi a
Roma nel 2011 (Gigante; Russo 2012).
26 2. Coordinate per le mappe della letteratura nel Risorgimento

partire dal periodo napoleonico, destinati a giocare un ruolo specifico nella costruzione
dell’identità nazionale italiana. In funzione di ciò elaboreremo la griglia di parametri
che guiderà, nei capitoli successivi, l’analisi dei singoli autori del nostro corpus.

2.2. Storia letteraria nazionale


Ci sono due caratteristiche nella costruzione delle nazioni nel corso dell’Ottocento che
si ritrovano accentuate nell’ambito del Risorgimento italiano 3: la lunga durata
cronologica della tradizione letteraria italiana, preesistente alla costituzione di uno
Stato italiano unitario, e non legata necessariamente a essa; il forte contributo della
letteratura alla creazione identitaria nazionale 4. Se l’espressione nazione italiana si
trova già nel Cinquecento, tuttavia il processo di codifica dell’identità nazionale e il
legame di questa con la lingua e con la letteratura s’inserisce in pieno nell’insieme dei
«risorgimenti» ottocenteschi, da quello greco a quello tedesco (Putzu 2012, 15-19). In
seguito all’enfatizzazione del concetto di «popolo», non in senso sociale, quanto
piuttosto culturale e identitario, proprio del Romanticismo, si fa strada il principio di
identità nazionale. Tale presa di coscienza era stata fra le cause del fallimento
dell’Europa napoleonica, ma la Restaurazione non ne terrà conto e per questo entrerà
in crisi l’equilibrio europeo sancito nel Congresso di Vienna e, alla fine dell’Ottocento,
vacilleranno anche i grandi imperi transnazionali.
La novità e la peculiarità della storia letteraria di De Sanctis rispetto a quelle
precedenti, come quella pubblicata pochi anni prima, nel 1865, da Cesare Cantù
(1804-1895), è la narrazione per via letteraria del processo di formazione nazionale.
Pur collocandosi nell’alveo del Romanticismo e affermando l’esistenza di una
letteratura e cultura italiana (Cantù 1865, X), Cantù dichiara esplicitamente la
continuità di questa storia letteraria con la sua precedente Storia della letteratura

3 «The process moved forward relatively slowly in the economically leading countries of England and
France, precisely because these countries had already robust self-images. Gustave Lanson’s first
great French literary history was published only in 1895, in the aftermath of France’s defeat by
Prussia in 1870-71. In Germany, Italy, some Scandinavian, and most East-Central European
cultures the institutionalization progressed faster because these societies wanted to further their
national identity: constructing a national literature was in these countries a major contribution to
the struggle for a national language, culture and political independence» (Cornis-Pope;
Neubauer 2004, 8).
4 Recentemente si è riproposto in studi e convegni il tema dell’identità nazionale italiana e in
particolare dell’apporto della letteratura alla creazione e alla definizione di tale identità. Per
quanto riguarda i volumi miscellanei, mi limiterò qui a citare Ascenzi; Melosi 2008; Tatti 1999;
Alfonzetti; Cantù et al. 2011; Fedi; Capecchi 2010. Fra le monografie da segnalare Bruni 2010 e
Banti 2011a; si pone in termini forti la questione del rapporto fra letteratura e identità nazionale
nel volume in cui Mariasilvia Tatti va alla ricerca delle coordinate letterarie del Risorgimento
(Tatti 2011a). Secondo Fabio Danelon, l’idea letteraria di «Italia», consolidatasi nell’opera dei
tre classici Foscolo, Leopardi, Manzoni, ha fortemente influenzato la costruizione del Regno
d’Italia sotto la dinastia sabauda: «La stessa idea di patria in Foscolo resta in fondo retorico-
poetica, su fondamenta pariniano-alfieriane, come denuncia l’Ortis stesso. È costantemente
collegata a immagini di una storia classica mitizzata, come nel Leopardi dei primi canti o nel
Manzoni giacobino, del Trionfo della libertà in particolare» (Danelon 2012, 183).
2. Coordinate per le mappe della letteratura nel Risorgimento 27

latina. La sua storia letteraria inizia con un capitolo dedicato alle origini della lingua
italiana: «Anche nel maggior fondo del medioevo le scienze e le lettere non perirono in
Italia; anzi qui può dirsi conservato quanto sopravviveva della antica coltura» (Cantù
1865, 1). Tuttavia già Cantù va alla ricerca di una cesura che possa distinguere la
storia letteraria nazionale e afferma, riferendosi alla letteratura latina medievale «vi
mancava l’impronta caratteristica che deriva da uno sviluppo spontaneo, e che discerne
i lavori d’una nazione da quelli d’un’altra» (Cantù 1865, 2). A differenza di Cantù, De
Sanctis compone un quadro unitario dalle analisi critiche e dalle singole informazioni
storico-letterarie, con un disegno narrativo in cui gli elementi filologici e letterari sono
ricondotti alla formazione etica e morale di una comunità nazionale. È un processo che
De Sanctis fa partire dalla letteratura in volgare siciliano del Duecento, per arrivare
alla letteratura romantica contemporanea:
Il dialetto siciliano era già sopra agli altri, come confessa Dante. E in Sicilia troviamo
appunto un volgare cantato e scritto, che non è più dialetto siciliano, e non è ancora lingua
italiana, ma è già, malgrado gli elementi locali, un parlare comune a tutt’i rimatori italiani, e
che tende più e più a scostarsi dal particolare del dialetto, e diventare il linguaggio delle
persone civili.
La Sicilia avea avuto già due grandi epoche di coltura, l’araba e la normanna. Il mondo
fantastico e voluttuoso orientale vi era penetrato con gli arabi, e il mondo cavalleresco
germanico vi era penetrato co’ Normanni, che ebbero parte così splendida nelle crociate.
(De Sanctis 1871-72, I, 6)
Con la sua opera De Sanctis definisce il processo di costruzione dell’identità nazionale
italiana per via letteraria. L’idea storico-letteraria dello sviluppo unitario della
letteratura nazionale, nel caso dell’Italia, è stata sovrapposta a una storia plurisecolare
di divisioni interne, di conflitti e di forti identità locali. È questo il nucleo centrale del
discorso narrativo che trova espressione nella Storia della letteratura italiana di De
Sanctis, che Quondam giudica «il più grande ʿromanzo storicoʾ di quella stagione,
perché attraverso la letteratura sa narrare splendidamente l’epopea di tutto un popolo
alla conquista della propria identità: proiettata nel futuro» (Quondam 2005, IX).
La concezione di un’identità nazionale italiana spiccata e unitaria attraversa, come
vedremo, tutto il Risorgimento, e affonda le sue radici nella filosofia di Giambattista
Vico (1668-1744), e in particolare nei suoi Principi di una Scienza Nuova intorno alla
natura delle nazioni, la cui ultima versione risale al 1744, un testo che ricorre come
lettura di riferimento negli scrittori che analizzeremo:
Però qui si dànno gli schiariti princìpi come delle lingue così delle lettere, dintorno alle
quali ha finora la filologia disperato [...]. L’infelice cagione di tal effetto si osserverà ch’i
filologi han creduto nelle nazioni esser nate prima le lingue, dappoi le lettere; quando
(com’abbiamo qui leggiermente accennato e pienamente si pruoverà in questi libri)
nacquero esse gemelle e camminarono del pari [...], le lettere come le lingue. (Vico, Scienza
Nuova 270)
I principi di Vico avranno una fortuna particolare nell’Ottocento e verranno
considerati dai protagonisti del Risorgimento italiano il fondamento della cultura
nazionale 5; essi sono in consonanza con l’idea europea di nazione, basata

5 A proposito dell’acquisizione di Vico nel pantheon dell’identità storico-culturale italiana, vorremmo


qui citare De Sanctis che ne parla in questi termini nella sua Storia della letteratura italiana:
28 2. Coordinate per le mappe della letteratura nel Risorgimento

sull’identificazione dei popoli come singoli soggetti, individuati da lingua e cultura,


che trova riscontro nei filosofi del Romanticismo tedesco, da Fichte a Hegel a von
Humboldt (Putzu 2012, 17).
Nel dibattito seguito all’unificazione nazionale una concezione idealistica di storia
letteraria nazionale viene promossa da Carducci e ripresa organicamente da Benedetto
Croce (1866-1952). Secondo il filosofo italiano, l’arte e la letteratura come somma di
momenti lirici, in cui entra in campo il principio dell’intuizione, sfuggono a una
codifica che ne analizzi lo sviluppo diacronico, fino alla separazione di «poesia» e
«letteratura», comprendendo nella prima la manifestazione estetica pura, scissa dalle
vicende storiche e sociali, e nella seconda le tecniche espressive e l’aspetto
istituzionale della letteratura e dell’arte 6. Premessa filologica del sistema crociano era
stato il metodo carducciano, che alla storia letteraria aveva sostituito l’analisi
monografica del singolo autore o del singolo testo. A proposito della storia letteraria
italiana, Carducci nei discorsi Dello svolgimento della letteratura nazionale ci offre
una serie di immagini forti e suggestive, con cui mette a fuoco in quadri successivi le
varie epoche letterarie, dal Medioevo fino alla fine del Rinascimento, che dal suo
punto di vista rappresenta la fine della grande letteratura italiana e il passaggio del
testimone dall’Italia agli altri paesi europei per quanto riguarda la guida culturale
dell’Occidente:
Spettacolo che altri potrà dir vergognoso e che a me apparisce pieno di sacra pietà, cotesto
di un popolo di filosofi di poeti di artisti, che in mezzo ai soldati stranieri d’ogni parte
irrompenti séguita accorato e sincero l’opera sua di civiltà. Crosciano sotto le artiglierie di
tutte le genti le mura che pur videro tante fughe di barbari: guizza la fiamma intorno ai
monumenti dell’antichità, e son messe a ruba le case paterne: la solitudine delle guaste
campagne è piena di cadaveri: e pure le tele e le pareti non risero mai di più allegri colori,
non mai lo scalpello disascose dal marmo più terribili fantasie e forme più pure, non mai piú
allegre selve di colonne sorsero a proteggere ozii e sollazzi e pensamenti che oramai
venivano meno; e il canto de’ poeti supera il triste squillo delle trombe straniere, e i torchi di
Venezia di Firenze di Roma stridono all’opera d’illuminare il mondo. (Carducci, Letteratura
nazionale 160-161)

«Era la resistenza della coltura italiana, che non si lasciava assorbire, e stava chiusa nel suo
passato, ma resistenza del genio, che cercando nel passato trovava il mondo moderno. Era il
retrivo che guardando indietro e andando per la sua via, si trova da ultimo in prima fila, innanzi
a tutti quelli che lo precedevano. Questa era la resistenza di Vico. Era un moderno, e si sentiva e
si credeva antico, e resistendo allo spirito nuovo, riceveva quello entro di sè.» (De Sanctis 1871,
II, 68)
6 La distinzione viene codificata nel volume di Croce sulla «poesia», risalente al 1936, non a caso
dedicato alla memoria di De Sanctis e Carducci, che inizia con le parole: «Nella coscienza
estetica odierna si è venuta incidendo sempre più profonda la differenza tra ‛poesia’ e
‛letteratura’» (Croce 1966, 5). La distinzione fra «poesia» e «letteratura» era stata applicata nel
libro dedicato alla letteratura barocca (Croce 1929), in seguito in parte superata con la formula
«poesia letteraria» in una nota del 1950 pubblicata nei Quaderni della critica: «La distinzione di
una poesia maggiore e di un’altra minore, di una superiore e di un’altra inferiore, urta nel
dilemma: - O è poesia o non è; la misura non si presta a misure ed è pari solo a se stessa: - [...].
Quest’altra cosa, che superficialmente guardando viene confusa e scambiata con lei, è stata
variamente denominata, ora ʿpoesia piacevoleʾ, ora ʿdilettantescaʾ, ora ʿumanisticaʾ, ora ʿpoesia
sulla poesiaʾ [...]. Meglio adatto è dunque dirla ʿpoesia letterariaʾ, perché nella letteratura essa
veramente rientra [...]» (Croce 1950, 91).
2. Coordinate per le mappe della letteratura nel Risorgimento 29

Lo storicismo desanctisiano e l’idealismo carducciano hanno generato lo stereotipo di


una letteratura italiana storicamente lineare e fortemente unitaria e compatta, una
successione di autori e di opere ricondotte in uno sviluppo coerente, fatto di tappe
consecutive, quello che Carducci definisce «fluire maestoso di questo fiume divino»
(Carducci, Letteratura nazionale 57).

2.3. Dalla storia alla geografia letteraria


Tutto ciò ha fatto perdere di vista gli aspetti plurali dell’identità letteraria italiana,
legati alla geografia culturale della Penisola, alla storia di una rete policentrica, con
forti peculiarità locali e parzialmente non comunicanti. Recentemente il dibattito su
questo tema del pluralismo identitario italiano è stato ravvivato dall’attenzione agli
aspetti peculiari dell’identità nazionale italiana, alla ricerca di ciò che consente di
guardare alle differenze regionali e socio-culturali con un colpo d’occhio unitario, ma
senza annullarle 7. La messa a fuoco della presenza di elementi centrifughi che rendono
problematica una visione coerente e unitaria dell’identità italiana porta la riflessione a
esiti molto fecondi. Lo storico Walter Barberis, in un suo recente saggio, individua il
«Bisogno di patria» degli italiani, percepito come deficit identitario dagli osservatori
stranieri come dagli italiani stessi nel corso della storia, fino all’epoca contemporanea.
Ebbene, secondo Barberis, questo vulnus, se considerato consapevolmente come
carattere peculiare può aprire una prospettiva di arricchimento culturale,
controbattendo l’analisi sconfortata della situazione italiana degli anni Venti
dell’Ottocento, così afferma lo studioso:
Che l’Italia non avesse Stato e spirito pubblico, che vivesse di superstizione e di
individualismo, era un dato inconfutabile; che quello la distinguesse da altre situazioni e la
penalizzasse, che la caduta da momenti alti di civiltà la facesse oggetto di sguardi curiosi
come una società primitiva era nel senso comune. E ardua sarebbe stata negli anni a venire
la risalita; forse a tutt’oggi incompiuta. Tuttavia, una delle risorse della società italiana era
stata e sarebbe rimasta proprio nell’altra faccia di quella stessa medaglia: nella composita
associazione di culture regionali, nello scambio e nell’integrazione fra centri e periferie
molteplici e differenti, nel contagio proficuo fra un mezzogiorno orientaleggiante e africano
e un settentrione variamente proteso verso il centro e il nord dell’Europa. (Barberis 2004,
125)
Questa dialettica fra continuità e discontinuità e il rapporto con l’eredità classica sono
stati variamente interpretati dagli studiosi intervenuti nel dibattito. Amedeo Quondam
mette in evidenza l’«anomalia» della ricerca di un’originaria identità italiana nella
romanità classica, in quanto non si hanno origini italiche con peculiarità preromane o
antiromane, né la classicità latina può essere considerata prerogativa italiana, anche se
in tal senso si sono mossi i vari nazionalismi nostrani, e in qualche misura anche il
Risorgimento stesso (Quondam 2008, 6). A conclusioni diverse arriva Francesco
Bruni, che ricerca la genesi dell’idea di «Italia» partendo dalla costruzione culturale
legata al principato di Augusto (Bruni 2010). In un precedente contributo, Quondam
individuava all’interno del concetto di identità italiana il gioco dialettico di una serie di

7 Potremmo citare i volumi collettivi Tatti 1999 e Carpentieri; Pagliardini; Tasser; Zybatow 2010.
30 2. Coordinate per le mappe della letteratura nel Risorgimento

miti e di anti-miti, da quello di un’alterità originaria perduta, appunto quella romana,


alla «primavera italica dell’età delle libertà comunali» (Quondam 2005, VIII), cui si
contrappongono i secoli della decadenza, della soggezione agli spagnoli, e le tenebre
della Controriforma e dell’influsso negativo derivante dalla presenza del Papato. Su
questa prospettiva di decostruzione della linea narrativa, diacronica e unitaria, della
letteratura italiana, si pone Remo Ceserani, che individua nel testo di De Sanctis i nodi
irrisolti e la rimozione di tutte quelle pluralità e aperture presenti nella storia letteraria
e culturale italiana:
Vediamo anzitutto la storia culturale e letteraria italiana sotto l’aspetto della geografia. Da
questo punto di vista, quello che ci consegnano i tradizionali manuali di storia letteraria è un
tentativo continuo e disperato di ridurre a unità una molteplicità che è spesso, addirittura,
particolarismo, frammentarietà, separatezza fra realtà geopolitiche e culturali fortemente
differenziate. […] Quel che si perde, in questi casi, è il grande numero di situazioni
particolari e locali che caratterizza la realtà sociale e culturale italiana, la quantità di
frontiere interne. (Ceserani 1990, 65)
Si tratta di una lettura al plurale della storia letteraria italiana che trae origine dal
saggio fondamentale di Carlo Dionisotti, che nel 1967 aveva introdotto il concetto di
«geografia e storia della letteratura italiana» (Dionisotti 1967), per indicare come sia
stato riduttivo leggere l’identità italiana in termini troppo unitari. Lo studioso separa
esplicitamente quella che era stata una costruzione concettuale, nata per conferire una
convalida storico-letteraria alla realizzazione dello Stato nazionale italiano, dall’analisi
dei fenomeni letterari e culturali italiani, prodotto in un sistema policentrico fin
dall’inizio della storia letteraria italiana 8. L’impostazione di Dionisotti è stata ripresa
negli anni Ottanta del secolo scorso con la Letteratura italiana diretta da Alberto Asor
Rosa 9.
Nel nostro lavoro prenderemo in considerazioni queste letture pluralistiche della
storia letteraria italiana per individuare il ruolo specifico della letteratura nella
costruzione dell’identità italiana nell’Ottocento. Lo storico della cultura Alberto Maria
Banti, studiando i paradigmi concettuali alla base del Risorgimento, ha codificato
alcuni «simboli figurali» o «persistenze di lungo periodo» associati al concetto di
«nazione italiana», che permangono fino al fascismo e oltre: «famiglia», «comunità

8 Il saggio di Dionisotti parte dalla storia letteraria di De Sanctis e ne misura sul campo il valore
ripercorrendo, con attenzione alla geografia letteraria, le vicende e gli autori principali, per
arrivare all’affermazione: «A questo punto può essere provvisoriamente conclusa una sommaria
revisione del processo unitario che di una letteratura toscana ha fatto una letteratura
linguisticamente e geograficamente italiana. La durata e la complessità del processo
testimoniano per sé della sua importanza storica. Si può discutere se quel che in una letteratura
piú importa, l’offerta che essa reca di umana poesia, soffra o no distinzioni e definizioni di
spazio e di tempo. Ma discutibile non sembra il principio che, ove a tali distinzioni e definizioni
per qualunque motivo si ricorra, esse debbano farsi avendo riguardo alla geografia e alla storia,
alle condizioni che nello spazio e nel tempo stringono ed esaltano la vita degli uomini»
(Dionisotti 1967, 45).
9 Lo studioso, che ha concepito la Letteratura italiana da lui diretta in termini anti-narrativi, illustra
questa impostazione in uno dei saggi iniziali (Asor Rosa 1986, 90-102).
2. Coordinate per le mappe della letteratura nel Risorgimento 31

sessuata», «martirio-sacrificio religioso» 10. I concetti elaborati da Banti per descrivere


la mitogenesi del Risorgimento italiano si orientano verso una direzione monoculturale
di identità nazionale, in quanto essi costituiscono i macro-riferimenti culturali che
hanno orientato le direttrici principali della storia politica e sociale dell’Italia unita, pur
con momenti di discontinuità, fino all’epoca contemporanea. Nel nostro lavoro ci
proponiamo di ritagliare e approfondire il ruolo della letteratura nella genesi di tali
miti identitari, mostrando che, se andiamo alle origini della costruzione identitaria
italiana operata dal Risorgimento, possiamo reperire le tracce di una diversa
costruzione d’identità, orientata al plurale, che non presenta i caratteri monoculturali
ed esclusivi che Banti ha acutamente individuato e descritto negli sviluppi successivi.

2.4. Una griglia di coordinate per le mappe letterarie del


Risorgimento
La domanda di fondo che ci poniamo è in che misura la costruzione identitaria che è
stata alla base del Risorgimento ha potuto conciliarsi con la presenza di componenti di
multiculturalità. La questione presenta risposte molteplici e particolarmente proficue
nel dibattito contemporaneo, in quanto il multiculturalismo è diventato una chiave di
lettura indispensabile del contesto identitario attuale 11. La verifica dell’applicabilità di
questo tipo di categoria alla formazione culturale che ha accompagnato la
realizzazione del Risorgimento ci pare fondamentale per la comprensione del ruolo
della letteratura nella costruzione unitaria dell’identità italiana, all’interno dell’Europa
ottocentesca. Al fine di verificare questo schema interpretativo, applicheremo alla
figura e all’opera di ogni autore una griglia di analisi formata da quattro assi: anatomia
della definizione d’identità italiana, funzione della letteratura nella costruzione
identitaria, rapporto fra identità unitaria e articolazioni culturali locali, apertura delle
frontiere identitarie verso il contesto europeo.

2.4.1. La definizione di identità


Il primo parametro della nostra analisi consiste nella definizione dell’identità italiana
secondo gli autori presi in esame. Il nostro corpus comprende l’opera di Foscolo e
Cuoco, due scrittori e intellettuali che hanno preso parte attivamente, pur con posizioni
differenti, alla costruzione «italiana» sostenuta e protetta dalle armi napoleoniche.

10 Si fa riferimento a Banti 2004, ma anche a certi aspetti particolari già presentati in Banti 2000.
Infine in Banti 2011b si offre una sintesi dello schema concettuale elaborato nei saggi
precedenti.
11 Nel saggio introduttivo a un volume dedicato nel 1994 al «multiculturalismo» così scrive David
Theo Goldberg: «Multiculturalism and commitments to cultural diversity emerged out of this
conflictual history of resistance, accommodation, integration, and transformation. Accordingly,
no sooner had multicultural demands and aspirations begun to be articulated than they were
imparted multiple and conflicting interpretations, meanings, and implication. Broadly
conceived, multiculturalism is critical of and resistant to the necessarily reductive imperatives of
monocultural assimilation» (Goldberg 1994a, 7).
32 2. Coordinate per le mappe della letteratura nel Risorgimento

Intendiamo così risalire alle origini della creazione e definizione dei miti
risorgimentali, agli anni degli esperimenti «italiani» nell’ambito dell’Europa
napoleonica 12. Per la prima volta, gli intellettuali si sono trovati a dover conferire un
significato culturale e letterario a soggetti istituzionali e politici concreti che si
definivano, almeno in parte, come «italiani». Con la realizzazione di una Repubblica e
poi di un Regno d’Italia, pur non comprendente tutta la Penisola, alle proiezioni ed
elaborazioni concettuali degli intellettuali corrispondeva un soggetto politico e
istituzionale, alla cui realizzazione gli intellettuali erano chiamati a collaborare. Dopo
aver analizzato che contenuto aveva l’idea di «Italia» per questi due autori passeremo
in rassegna l’opera di uno scrittore e una scrittrice attivi nel periodo che va dalla
Restaurazione alle varie tappe dell’unificazione politica italiana: Mazzini e Trivulzio.
Il primo è stato soprattutto studiato come ispiratore politico e ideologico del
Risorgimento e come organizzatore di cospirazioni e moti rivoluzionari, ma accanto a
ciò è centrale l’interesse da lui manifestato per la letteratura e in particolare per il
rapporto fra letteratura, costruzione nazionale ed Europa. Trivulzio, su posizioni
ideologiche differenti e più moderate, ha avuto un ruolo rilevante di sostenitrice e
animatrice del Risorgimento, e al tempo stesso è stata attiva su più fronti della
scrittura, come scrittrice e giornalista, oltre che direttrice e finanziatrice di giornali.
Tuttavia la sua opera e la sua attività sono state oggetto di studi specifici oppure
orientati nel campo della letteratura e della storia femminile. Sarebbe invece
importante a nostro avviso analizzarla all’interno del dibattito letterario a lei
contemporaneo e valutarne a pieno il rilievo letterario e culturale.
Nei loro scritti potremo seguire l’evoluzione della concezione di identità italiana
nel corso delle varie fasi del Risorgimento, prima fra fasi alterne di successi e
insuccessi, quindi con la realizzazione dell’unificazione italiana. Analizzando l’opera
di Belli, si cercherà la conferma o la smentita dello stesso paradigma, e cioè in che
misura anche il poeta romanesco, in italiano ma soprattutto in dialetto, elabori una
qualche forma d’identità italiana.

2.4.2. Il ruolo della letteratura


Il secondo parametro della nostra griglia di analisi s’incentra sul ruolo attribuito alla
letteratura come catalizzatore nella costruzione di un’identità nazionale. Il binomio
«letteratura» e «identità nazionale» è stato oggetto alla fine degli anni Novanta di un
ciclo di lezioni di Ezio Raimondi, poi raccolte in volume (Raimondi 1998), in cui la
riflessione sulla costruzione del canone letterario nazionale parte significativamente da
De Sanctis e si chiude (meglio sarebbe dire si apre) nel capitolo finale con la raccolta
di saggi Letteratura e vita nazionale di Antonio Gramsci, passando per Benedetto
Croce. L’idea di fondo è che sia stata costruita una letteratura nazionale, rivelatasi non

12 Mauro Pala osserva: «Anche l’idea di democrazia fece la sua comparsa nel mondo occidentale in
una forma nazionale, ma, nonostante l’iniziale corrispondenza fra l’idea di nazione e quella di
assetto democratico – proclamata nell’apologia dell’egalité –, allorché un altro dei fondamenti
della nazione, la sovranità, venne riaffermata per enfatizzare il potere di un popolo, ovvero di
un’etnia, l’originale equivalenza fra democrazia e nazione si dissolse» (Pala 2012, 59).
2. Coordinate per le mappe della letteratura nel Risorgimento 33

aderente al referente sociale e culturale cui fa riferimento il canone letterario.


L’Ottocento è stato il secolo della canonizzazione della letteratura nazionale: nel
nostro lavoro vedremo come si pongono gli autori esaminati di fronte alla
configurazione di un canone nazionale, a che criteri rispondono le scelte relative al
canone, che funzione nazionale hanno dato alla letteratura da essi prodotta 13.
L’operazione di costruzione di un canone nazionale ufficiale ha avuto come reazione,
nell’ultimo ventennio dell’Ottocento, la nascita di un movimento che contro quel
canone si poneva e si proponeva la costruzione di un «anti-canone»: la Scapigliatura.
Questo elemento di assoluta novità del movimento milanese di fine Ottocento è stato
evidenziato per la prima volta da Sabine Schrader, che mostra come gli scapigliati non
si pongono contro i classici dell’Ottocento per questioni inerenti alle caratteristiche
letterarie interne dei testi, bensì il loro obiettivo è proprio denunciare l’artificiosità di
un canone letterario ufficiale costruito come unitario e forzatamente coerente, e
sostenere che tale canone deve essere al contrario modernizzato ed europeizzato 14.
Tutti e cinque gli autori da noi analizzati hanno espresso, teoricamente o
direttamente nella propria produzione letteraria, un’idea specifica del binomio
«letteratura» e «identità nazionale». Nel corso del Risorgimento, un elemento costante
è stato il giudizio negativo sulla letteratura non dotata di una funzione etico-
pedagogica, non portatrice di valori civici, in altri termini la letteratura espressa nelle
epoche storiche di maggiore asservimento della società italiana alla dominazione
straniera o al controllo ecclesiastico, dalla fine del Cinquecento all’inizio del
Settecento 15. Misureremo il fenomeno della costruzione di un canone letterario

13 Mauro Pala, nello studio appena citato, ricorre al concetto bachtiniano di «cronotopo» per definire i
rapporti concettuali fra storia della letteratura e costruzione dell’identità nazionale: «La scelta
del cronotopo per designare la relazione variabile al cui interno si manifestano non una, ma idee
plurime di nazione è legata alla versatilità dell’ipotesi epistemologica bachtiniana. Senza
privilegiare né gli indicatori cronologici, né quelli spaziali, il cronotopo è esclusivamente il sito
di un’intersezione: l’assenza di una natura sostanziale è la sua forza, poiché l’accoppiata
inscindibile di spazio e tempo condensa così la dimensione empirica del Mitwelt attraverso una
serie di immagini emblema di ʿmomenti di vita così essenziali e grandiʾ da rasentare
l’ineffabile» (Pala 2012, 54).
14 «Umso überraschender ist die Hartnäckigkeit der Negativkanonisierung der Scapigliati. In der Tat
stellen diese bis heute eine negative Folie für die italienische Kanonbildung dar, d. h. sie dienen
der Begründung des nationalen Kanons ex negativo. [...] Dank der vielen intertextuellen und
intermedialen Bezüge auf die europäische Literatur und Malerei, die ein herausragendes
Kennzeichen ihrer Poetik sind, tragen die Scapigliati maßgeblich zur Europäisierung und damit
auch zur Modernisierung der italienischen Kultur bei. Besonders ihre produktive Rezeption der
französischen Kultur verhält sich dabei diametral entgegengesetzt zum hegemonialen nationalen
Kulturbegriff seit der Einigung» (Schrader 2013, 9).
15 Andrea Battistini mette in evidenza come, a partire dal Settecento, si costruisca un canone
nazionale italiano che esclude la letteratura considerata accademica e chiusa in sé stessa, mossa
solo da una preoccupazione retorica interna, e si legano queste caratteristiche alla situazione
storico-politica dell’Italia, parzialmente dipendente da una o più potenze straniere, un
pregiudizio sulle manifestazioni più formali della letteratura che sarà radicato fino alla storia
letteraria di Francesco De Sanctis (Battistini 2011, 33-34); Mauro Pala nel suo studio sulla
strutturazione concettuale del nodo letteratura-identità nazionale osserva: «In questa verifica
degli ideali cui la nazione dovrebbe ispirarsi, la letteratura si pone nel solco di una funzione
pedagogica che compete precisamente alla nazione: in altre parole, la letteratura illumina l’idea
34 2. Coordinate per le mappe della letteratura nel Risorgimento

«civico» e nazionale negli autori esaminati, osservando anche le eventuali diffrazioni


da questo sistema in un poeta come Belli, da noi assunto nel corpus, almeno in parte,
come controcanto rispetto alle tendenze più generalizzate nel Risorgimento. Sullo
sfondo delle istanze di rinnovamento, non solo letterario, presenti nel Romanticismo,
la nostra analisi mostrerà anche l’impossibilità di innalzare una frontiera netta fra
classici e romantici, in quanto il riferimento ideale alla classicità latina e greca si
ritrova nei nostri autori anche in relazione alle idee politiche e culturali più innovatrici:
da questo punto di vista lo scritto più emblematico è il Carme dei Sepolcri di Foscolo.
Un oggetto della canonizzazione letteraria e patriottica risorgimentale è costituito dal
mito di Dante poeta nazionale italiano. Peter Herde, partendo dalla ricostruzione dello
scontro medievale fra Guelfi e Ghibellini, individua nel Neoguelfismo non solo un
partito nel dibattito politico Risorgimentale, bensì una sorta di categoria di lunga
durata della cultura italiana, fortemente innervata nel dibattito politico fino all’inizio
del Novecento (Herde 1997). Diversa la prospettiva del recente studio di Thies
Schulze, che ricostruisce come nel Risorgimento si sia costruito, a livello letterario,
culturale e infine politico, un vero e proprio mito di Dante patriota italiano, una
costruzione in cui Foscolo e Mazzini hanno giocato un ruolo centrale. Schulze mostra
come Dante sia stato letto e reinterpretato come profeta dello Stato nazionale italiano:
il politico medievale ha sofferto la condanna e l’esilio per gli stessi mali contro cui
combattono i protagonisti del Risorgimento, le discordie interne e gli eserciti stranieri
presenti in Italia; il poeta ha dato all’Italia il poema epico nazionale e la lingua 16.
Mazzini, se da un lato investe tanto nell’azione o meglio nell’orientamento politico
dell’azione rivoluzionaria, dall’altro si occupa direttamente di critica e teoria letteraria
e vede nella letteratura, come anche nella pittura e nella musica, un sussidio
imprescindibile per la costruzione della nazione italiana (Mastellone 2000, 133-140).
È necessario a questo punto precisare quali sono i rapporti fra il canone letterario
ottocentesco e gli autori del corpus da noi analizzato. Si tratta di autori che, a parte
Mazzini e Belli, si sono dedicati sia alla produzione letteraria in senso stretto, in prosa
o in versi, sia alla pubblicistica o alla trattatistica. Che le frontiere di genere letterario
fra il giornalismo e la letteratura sono estremamente permeabili è stato affermato con
dovizia di argomenti da Alberto Asor Rosa (Asor Rosa 1999, 189-90), ma nel nostro
lavoro la scelta intende recuperare un valore aggiunto nell’uso di tipologie testuali non
strettamente letterarie 17. Nella ricerca dello specifico rapporto fra letteratura e

– o le idee – di nazione che possono evidenziarsi soltanto attraverso un complesso, spesso


contraddittorio, dispiegarsi cronologico» (Pala 2012, 50).
16 Thies Schulze analizza la progressiva fama di Dante come poeta nazionale italiano a partire
dall’epoca napoleonica, fino al compimento dell’unificazione italiana: «An den Kriegen für die
italienische Einheit hatten sich viele Schriftsteller beteiligt. Das Hauptwerk Dantes war als
ʿBibelʾ der italienischen Nation eine bevorzugte Lektüre der kämpfenden Literaten: So soll
Ippolito Nievo, der sich als Autor diverser patriotischer Schriften Garibaldis Zug der Tausend
angeschlossen hatte, stets eine kleine Ausgabe der Divina Commedia mit sich geführt haben»
(Schulze 2005, 90).
17 A proposito dell’importanza del giornalismo nel dibattito culturale e letterario dopo la metà del
Settecento, Giuseppe Ricuperati afferma: «L’aumento di istruzione secondaria e professionale
fa supporre un salto di qualità rispetto al secolo precedente. È un pubblico che vive la lettura
non solo come una scelta solitaria, ma anche organizzata in una fitta rete di accademie
2. Coordinate per le mappe della letteratura nel Risorgimento 35

costruzione di un patrimonio identitario nazionale, la vicenda biografica stessa e


l’attività pubblicistica di autori come Foscolo, Cuoco e Trivulzio hanno giocato un
ruolo non trascurabile. Nel caso di Mazzini, la focalizzazione continua del discorso
politico sulla tradizione letteraria e culturale, oltre alla produzione saggistica che ha
per oggetto la critica letteraria, rendono assai pertinenti alla nostra analisi i suoi testi,
siano essi proclami politici, saggi letterari, articoli giornalistici o saggi storico-
culturali. Inoltre il misticismo laico presente nella sua comunicazione politica rende
molte delle sue pagine vicine al genere letterario classico dell’oratoria. Nel caso di
Belli, si è scelto di indagare in primo luogo la produzione poetica inedita in dialetto e
quella pubblicata in lingua italiana, con l’uso delle altre prose non destinate alla
pubblicazione con valore documentario o per l’approfondimento di temi solo accennati
nei testi poetici. Nell’opera di Belli, di cui il libro incompiuto e inedito dei Sonetti
romaneschi costituisce l’apice dell’elaborazione poetica e concettuale, porta alla luce
certe contraddizioni interne del processo di unificazione nazionale che è importante
analizzare per evitare di dare un’immagine troppo idealizzata del Risorgimento come
operazione culturale. I testi di Belli ci mostrano quindi ambiguità e contraddizioni
nell’appartenenza al canone letterario italiano.

2.4.3. Il rapporto con le identità locali


Il terzo parametro del nostro schema di analisi è il rapporto fra identità nazionale e
particolarità locali, potremmo dire, in metafora, fra centralismo e federalismo
culturale. Già alla fine degli anni Settanta, Alfredo Stussi dedicava un volume
miscellaneo al rapporto fra la letteratura e le culture regionali in Italia, con una serie di
fotografie della storia letteraria italiana al plurale, dalla Toscana del Duecento al
Piemonte dell’Ottocento. Stussi richiama come precedente illustre della propria
iniziativa Croce che aveva promosso, fra il 1909 e il 1926, la pubblicazione sulla
rivista «La Critica» di saggi dedicati alle culture regionali contemporanee 18.
A proposito dell’affermazione dell’idea di patria italiana e delle riflessioni sul
rapporto fra unità d’Italia e federalismo, inteso in senso istituzionale e in senso
culturale e geografico, sarà interessante ricordare l’elaborazione concettuale in
proposito, non solo nelle opere di Vincenzo Cuoco, ma anche in altri protagonisti del
Triennio giacobino, come Carlo Botta (1766-1837), Matteo Angelo Galdi (1765-
1821), o Melchiorre Gioia (1767-1829). Il dibattito aveva ricevuto un impulso
particolare dal concorso indetto, dall’Amministrazione della Repubblica Cisalpina nel

provinciali, in società di ʿcivil conversazioneʾ, con diversa specializzazione cetuale, dal salotto,
al club, al caffé, alla bettola; che magari forgia il suo linguaggio politico nelle logge, che
gestisce i teatri locali, che si prepara a moltiplicare i gabinetti di lettura, i quali esploderanno nel
secolo successivo. Di questo mondo fanno parte anche le donne, alcune delle quali superano la
scrittura privata e segreta e si fanno, come Elisabetta Caminer Tura e più tardi Eleonora Fonseca
Pimentel, giornaliste consapevoli emancipate e militanti» (Ricuperati 2003, 52-53).
18 Le indicazioni bibliografiche di questi saggi sono in Stussi 1979a, 1-2; gli autori dei contributi
vanno dallo stesso Croce, ad Alessandro Casati, a Giovanni Gentile e a Gioachino Brognoligo
(tutti gli articoli sono consultabili sul sito Internet http://bibliotecafilosofia.uniroma1.it/b-
croce/riv_croce.htm – 29.05.2013).
36 2. Coordinate per le mappe della letteratura nel Risorgimento

1796, per iniziativa dello stesso Napoleone, sul tema: Quale dei governi liberi meglio
convenga alla felicità d’Italia. Le proposte inviate al concorso si dividono fra i fautori
di uno Stato italiano unitario e i sostenitori di uno Stato federale, costituito da regioni,
da repubbliche o da regni: si trattava di una prima prova generale per tastare il polso
sul problema di unificare le tante differenze sociali, culturali e geografiche italiane, in
quanto il concorso non era limitato a chi faceva parte degli Stati già liberati dai
francesi, bensì aperto a tutti gli italiani (cfr. Formica 2011, 220-225).
Attraverso la letteratura, da un lato ci si fa carico di queste differenze e si cerca di
aprire la strada al superamento, dall’altro si registrano le reazioni e le resistenze delle
differenze e peculiarità locali 19. Si tratta di uno dei nodi cruciali nella costruzione di
una base identitaria comune, come osserva anche Mariasilvia Tatti:
Nella fase delle celebrazioni postunitarie e fino ad anni recenti, gli intrecci tra letteratura e
politica sono stati prevalentemente ricostruiti attraverso delle categorie omologanti, legate a
schemi interpretativi tradizionali – da De Sanctis a Carducci, a Croce – che erano utili
all’intento celebrativo della stagione risorgimentale, ma che vanno contestualizzati e che
risultano ora poco funzionali a comprendere pienamente il Risorgimento italiano e a
rispondere al tentativo, diffuso soprattutto negli ultimi anni, di negare il valore identitario e
nazionale della stagione risorgimentale.» (Tatti 2011a, 1)
Esiste una tensione che attraversa tutta la storia culturale e d’Italia, quella fra «patria»
e «nazione» non coincidenti. Il Risorgimento effettua una rilettura «patriottica» per
arrivare a una identificazione unitaria del contenuto da dare al concetto di nazione e
patria italiane 20.
La definizione identitaria si è confrontata con un’operazione di reductio ad unum
di specificità locali e regionali, che non era solo frammentazione politica in tanti Stati
diversi, ma anche pluralità di tradizioni, di culture, oltre che pluralità linguistica, fatta
eccezione per la lingua letteraria comune, appannaggio di una ristretta cerchia

19 Significative a questo proposito le parole che Roberto Antonelli premette alla nuova edizione della
Letteratura italiana del Risorgimento, del 2011, dove si interrroga sulla scelta di Contini di
costruire un canone incentrato su quattro autori «maggiori», Monti, Foscolo, Leopardi e
Manzoni, e sul significato di «letteratura del Risorgimento»: «Una letteratura che se pure
prodotta in molteplici Stati regionali, con interessi economico-politici e culturali autonomi e
spesso conflittuali, si costituì quale codice scritto sostanzialmente comune, o comunque
comprensibile, l’elemento di un minimo immaginario ‛italiano’ condiviso e di una possibile
comunicazione e riflessione solidale» (Antonelli 2011, 5). A proposito del rapporto fra culture
dialettali e lingua letteraria, Nicola De Blasi offre un punto di vista particolare, mostrando come
il patrimonio lessicale della lingua letteraria italiana si sia arricchito con molti termini ereditati
dai differenti dialetti italiani (De Blasi 2012).
20 A questo proposito Franca Sinopoli, mettendo in relazione patria ed esilio a proposito della
costruzione della nazione italiana, illustra il nesso particolare fra i due concetti di patria e
nazione: «La differenza fra ʿpatriaʾ e ʿnazioneʾ è stata individuata nell’essere quest’ultima una
comunità politica e allo stesso tempo una proiezione identitaria in senso forte, mentre alla
ʿpatriaʾ andrebbe riconosciuta, secondo gli storici, un’antecedenza non solo cronologica ma
logica, essendo essa un luogo fisico e un insieme di manufatti culturali (verbali e non) destinati
a produrre una sicurezza esistenziale, basata sul carattere dell’affinità tra i membri di una
comunità» (Sinopoli 2011, 378-79).
2. Coordinate per le mappe della letteratura nel Risorgimento 37

d’intellettuali 21. Per sottolineare questo aspetto abbiamo inserito nel nostro corpus
anche un autore come Belli, che da un lato sperimenta una vita letteraria pubblica e
ufficiale, in parte anche artificiosa, pubblicando versi in lingua italiana, dall’altra
costruisce il suo «monumento» poetico in dialetto, prendendo come oggetto la
rappresentazione della comunità sociale e culturale che lui chiama «plebe di Roma»,
imitandone e riprendendone il linguaggio culturale e il dialetto.

2.4.4. Letteratura e identità europea


Il quarto parametro della nostra analisi mira a collocare la costruzione identitaria
nazionale in rapporto alla visione di un quadro europeo. Il periodo di origine del mito
risorgimentale coincide con l’epoca napoleonica in cui entrano in conflitto il
cosmopolitismo illuministico e le idee di nazione. Nel corso dei non lineari processi
politico-istituzionali, che si succedono fra la nascita delle repubbliche giacobine filo-
napoleoniche, a partire dal 1796, e l’annessione di Roma all’Italia, nel 1870, esistono
fattori di condizionamento politico che spingono verso una definizione identitaria netta
e univoca, basata sull’esclusione e sulla distinzione. La cultura ufficiale italiana ha
conferito alla definizione della storia letteraria italiana un profilo orientato su una
chiusura all’interno delle frontiere, con una sorta di autarchia culturale, in nome di una
presunta superiorità ed eccellenza autoreferenziale 22. Nel nostro lavoro si faranno
riemergere, nell’azione e nell’opera degli scrittori italiani analizzati, gli elementi di
una visione dell’identità nazionale definita nel quadro di una sovra-ordinata identità
europea 23. Un punto di riferimento importante è lo storico Friedrich Meinecke, con il
suo studio sul rapporto fra cosmopolitismo e stato nazionale, dove individua due
categorie di Stati-Nazione 24. La prima comprende quei soggetti che devono la propria

21 Claudio Gigante presenta la posizione di Massimo d’Azeglio, che prima dell’unificazione italiana
aveva molti dubbi sulla possibile integrazione in uno Stato di tutte le regioni italiane, in
particolare di quelle meridionali, e dopo la nascita del Regno d’Italia poneva al centro del
dibattito la necessità dell’integrazione, «far l’Italia» (Gigante 2012, 405-406).
22 Risultano ancora attualissime le parole di Carlo Dionisotti: «Fra Otto e Novecento, nella lunga e
inquieta pace, il sistema accademico italiano si applicò a difendere e promuovere la tradizione
nazionale, unico fondamento storico di un regime minoritario sovrapposto a una larga
maggioranza eterogenea» (Dionisotti 1988b, 62).
23 Non manca nel dibattito critico contemporaneo l’esigenza di recuperare questa dimensione
interculturale della letteratura italiana, focalizzando la dinamica del rapporto con la cultura
europea; nel 2003, per il Convegno Nazionale dell’Associazione degli Italianisti è stato scelto il
tema «Letteratura italiana, letterature europee» (Baldassarri; Tamiozzo 2004),
24 Per la ricezione del pensiero storicistico di Meinecke in Italia Fulvio Tessitore si sofferma
soprattutto sul rapporto con il nazionalsocialismo, che Meinecke analizza e interpreta
mettendolo in relazione con la storia tedesca nel suo insieme; riguardo alle categorie da noi
riprese, lo storico italiano scrive: «Problema dello Stato e problema dell’individuo
costituiscono, infatti, le dimensioni antropologiche dell’esperienza storica, di quell’esperienza
che forma oggetto specifico d’indagine d’una moderna storia delle idee politiche e sociali. In
tale direzione il discorso ʿpoliticoʾ sullo stato, inteso come uno dei momenti polari dell’alterità
su cui si fonda ʿl’organizzazioneʾ costitutiva della persona, si lega con il discorso metodologico
sulle possibilità storicistiche della storia delle idee» (Tessitore 1969, 7-8).
38 2. Coordinate per le mappe della letteratura nel Risorgimento

identità nazionale a un apparato politico-militare strutturato per un lungo arco


cronologico su un territorio ben definito («Staatnationen»), la seconda è riferita a
quegli Stati la cui identità nazionale si affida a fattori culturali e religiosi
(«Kulturnationen») 25.
Al fine di applicare alla nostra analisi questa categoria d’indagine, occorre
distinguere preliminarmente le idee di «cosmopolitismo» e di «Europa», nel sistema
concettuale dei nostri autori. Un concetto da introdurre a questo punto è quello di
confine, in quanto la definizione di un’identità nazionale italiana passa senz’altro per
quella di frontiera 26. Nel momento in cui la letteratura è chiamata ad arricchire ma
anche a strutturare culturalmente il patrimonio identitario di una comunità nazionale,
assumono un valore assoluto le frontiere, viste come termini di un processo binario di
esclusione/inclusione, con la cancellazione di ogni zona grigia. Nella dinamica fra
centro e periferia, la storia dell’Italia è stata caratterizzata dalla mancanza di un centro
unico, una presunta necessità culturale già indicata da Dante Alighieri nel De vulgari
eloquentia, che non ha trovato nessuna realizzazione successiva. In quest’ottica di
mancanza di una capitale che potesse anche costituire il centro attorno cui si aggrega la
vita culturale nazionale, subentra la logica dell’impero, secondo cui si guarda oltre le
frontiere e si cerca un punto di riferimento che sia il centro di un’aggregazione più
ampia 27.
Fra il Seicento e il Settecento la creazione della cosiddetta repubblica delle lettere,
erede dell’Umanesimo, ha costituito una sorta di comunità ideale in cui si sono
collocati gli scrittori e gli intellettuali in quanto tali, muovendosi al di fuori della

25 Meinecke 1915, 1-4; come esempi di Kulturnationen Meinecke dà proprio l’Italia e la Germania,
mentre Francia e Inghilterra sono da lui considerate come appartenenti a entrambe le categorie.
26 Monika Schmitz-Emans così descrive l’operazione culturale della costruzione di frontiera: «Gehe
es nun um kulturelle und soziale oder um symbolische Grenzen: Über Grenzen zu sprechen,
bedeutet über Prozesse der Kartierung des Unterscheidens und Subsumierens, der Festlegung
von genera proxima und spezifischen Differenzen zu sprechen – und damit nicht zuletzt über
die Konstitution von Umwelten, von ʿLebensweltenʾ. Innerhalb von deren Grenzen verortet
wird traditionellerweise das Eigene und Vertraute, außerhalb situiert wird demgegenüber das
Unvertraute, das als Fremdes wahrgenommen und entsprechend markiert wird» (Schmitz-
Emans 2006, 38).
27 Tale problematica ricerca di un centro come riferimento culturale della letteratura italiana persiste
nel Novecento, tanto che all’argomento dedica spazio il progetto di Storia letteraria del
Novecento diretto da Ezio Raimondi (Raimondi 2004). Nel capitolo dedicato al rapporto fra
tradizione letteraria e letteratura fra le due guerre, Roberto Fiorini si sofferma sul ruolo
ricoperto da Firenze, Trieste e Roma come centri di rispettivi moti che si proponevano di
strutturare un certo orientamento culturale, senza nessun esito esclusivo e decisivo (Fiorini
2004, 202-203); Gian Luigi Beccaria così scrive nell’Introduzione al volume da lui curato su
Letteratura e dialetto: «La nostra storia è frazionata in mille storie comunali e provinciali
dialetticamente attive e partecipi al dialogo con la cultura della nazione. Per secoli i nostri centri
regionali sono stati portatori di una mentalità culturalmente autonoma; se non egemone,
certamente avanzata, di avanguardia. [...] Ancora nel secondo Ottocento, a unificazione
avvenuta, un piemontese, un lombardo, un siciliano continuano a esperimentare la drammatica
scelta tra dialettale e libresco, tra naturale e culto, tra koinè e mediazione dialetto-lingua, tra
equilibrio puristico e mistilinguismo provocatorio» (Beccaria 1983, 2).
2. Coordinate per le mappe della letteratura nel Risorgimento 39

logica della frontiera 28. Uno dei maestri di Foscolo è stato il padovano Melchiorre
Cesarotti, acceso sostenitore delle tendenze cosmopolitiche dell’Illuminismo e
sostenitore fervente del progetto napoleonico. Nel suo Saggio sopra la lingua italiana,
pubblicato per la prima volta nel 1785, non troviamo un principio di esclusione che
leghi lingua e identità nazionale, ma la più ampia apertura e inclusione culturale:
La scoperta d’un mondo incognito, il commercio e la comunicazione universale da un
popolo all’altro, la propagazione dei lumi per mezzo della stampa, le conoscenze
enciclopediche diffuse nella massa delle nazioni, che trapelano insensibilmente fino nel
popolo, i tanti capi d’opera di cui abbondano tutte le lingue piú celebri, e attraggono da ogni
parte gli sguardi, e attraggono da ogni parte gli sguardi, i pregiudizi d’una tolleranza
filosofica sostituiti in ogni genere a quelli del patriottismo, non solo hanno prodotta una
rivoluzione generale in tutti gli spiriti, ma insieme atterrarono tutte le barriere che
separavano anticamente una nazione dall’altra, e confusero in ciascheduna le tracce del loro
carattere originario. [...] l’Europa tutta nella sua parte intellettuale è ormai diventata una
gran famiglia, i di cui membri distinti hanno un patrimonio comune di ragionamento, e
fanno tra loro un commercio d’idee, di cui niuno ha la proprietà, tutti l’uso. (Cesarotti,
Saggio 171)
Il rapporto fra nazione e cosmopolitismo comprende alcuni fattori specifici della
definizione dell’identità italiana. Il primo è il riferimento ideale alla civiltà romana,
identificata come uno degli archetipi della cultura italiana da rivivere per andare a
costruire quel «risorgimento» tramite il quale si realizza l’identità nazionale italiana; il
mito della classicità presenta delle differenziazioni e in particolare Cuoco e Foscolo
guardano piuttosto alla cultura greca come archetipo italiano (Croce 1964, 1-2; 9-14).
Una delle caratteristiche della civiltà romana e della realizzazione concreta
dell’apparato geo-politico della Repubblica e poi dell’Impero romano, era stato il
cosmopolitismo, la capacità d’inglobare culture e lingue diverse e di uniformarne il
diritto e i rapporti pubblici (Dal Lago 2006, 52-54). Il riferimento identitario all’eredità
romana da parte degli scrittori italiani si spinge fino al Medioevo, con la costruzione
concettuale di Dante, incentrata sull’Impero romano (Bruni 2010) e anche con
Petrarca, che nella risposta polemica a un denigratore degli italiani e della loro cultura,
così si esprime: «sumus enim non greci, non barbari, sed itali et latini» (Petrarca, In
difesa dell’Italia 134). Si tratta di un riferimento costante alla civiltà romana, come
mito all’origine dell’idea stessa di «Italia», di cui si ritrovano, potremmo dire, le
«rovine» nei sonetti romaneschi di Belli 29.
Un’altra forma peculiare di universalismo cosmopolitico legato all’identità
italiana è il rapporto con la Roma papale e in generale con la Chiesa cattolica. Ricorre
nelle opere di Cuoco, Foscolo, Mazzini, Trivulzio il tema della dicotomia medievale
fra guelfi e ghibellini come irriducibile ostacolo alla formazione di una comunità

28 Gianfranco Folena ne sintetizza così il valore linguistico-culturale: «Leggendo le lettere del


Muratori poco più che ventenne, attraverso l’ultimo decennio del Seicento, si ha l’impressione
viva e concreta della ʿRepubblica letterariaʾ nuova: il giovane bibliotecario dell’Ambrosiana
domina dalla sua biblioteca un vasto orizzonte europeo. È in breve tempo al centro della cultura
più attiva del suo tempo. E anche quella sua lingua che è stata spesso giudicata lenta e scialba, è
pure cosa nuova e moderna [...]» (Folena 1983, 15).
29 Gli argomenti di Petrarca nell’epistola citata sono ripresi da Guido Baldassarri e messi in relazione
con l’idea del rapporto fra Italia e Roma in Dante e in Cola di Rienzo (Baldassarri 2012).
40 2. Coordinate per le mappe della letteratura nel Risorgimento

nazionale in Italia. Nella sua visione culturale Trivulzio cerca di conciliare la


modernità delle idee sociali e politiche con la propria fede e con la convinzione che la
religione cattolica costituisca un elemento identitario molto potente per l’Italia, mentre
Belli, mettendo in scena nei suoi sonetti la rappresentazione della decadenza estrema
del potere politico-religioso del papato, mostra la resistenza della cultura religiosa
popolare nei confronti dell’unificazione politica e della possibile caduta del governo
papale. Questo stretto legame fra costruzione d’identità nazionale e religione trova
applicazione anche nella metafora insita nel termine «Risorgimento», per cui Banti
rileva una sorta di «raddoppio semantico» in quanto fra il Settecento e l’Ottocento si
carica progressivamente di un significato politico e civile che va a sovrapporsi al
significato religioso, come sinonimo di «resurrezione» di Cristo (Banti 2011c, 33).
Gli esiti della Rivoluzione francese e l’Impero napoleonico da un lato, il
movimento romantico dall’altro, hanno introdotto nel dibattito politico, culturale e
letterario italiano il principio di nazione e il diritto all’indipendenza nazionale. Gli
intellettuali italiani interpretano la politica europea di Napoleone alla luce dei principi
enunciati da Giambattista Vico, che aveva sostenuto l’esistenza di una profonda
identità culturale europea 30. Gli scrittori che prendono parte all’esperienza napoleonica
vanno alla ricerca di un equilibrio tra questi due assi, quello europeo e quello
nazionale 31. Per Foscolo sono cadute le speranze cosmopolitiche che la rivoluzione
francese e in seguito le imprese napoleoniche avevano acceso e tentato di realizzare
(Foscolo, Origine e limiti della giustizia, 26-27). Secondo lui esisterebbero gli stessi
principi e le stesse norme giuridiche da attribuire a tutti i popoli e a tutte le nazioni
indistintamente, ma tale ideale non è realizzabile, quindi è necessario individuare
autorità e leggi nazionali.
Nella dinamica fra nazione e cosmopolitismo, Mazzini si muove in modo
originale: da un lato condanna e rifiuta il cosmopolitismo, dall’altro considera
inscindibile il nesso fra identità/libertà italiana e identità/libertà europea. Secondo lui
solo attraverso la riscoperta, il «risorgimento», delle nazioni, si può costruire

30 Nel suo saggio sulla storia della concezione dell’Europa unitaria, Dante Visconti illustra in questi
termini il pensiero europeista di Vico: «Vediamo così riaffermarsi nel pensiero vichiano l’idea
del primato europeo, primato civile che è strettamente unito e dipendente dal Cristianesimo
perché è opera di quest’ultimo. L’unità europea è però in lui affermata non solo come unità
religiosa, ma anche come unità giuridica e civile, cioè come unità spirituale di cui il
Cristianesimo è solo una parte: che ha radici più antiche e più profonde del Cristianesimo e di
cui affiorano i segni nelle odierne lingue europee che mostrano una comune origine dei primi
concetti fattori di civiltà e delle prime scienze da cui essi derivano» (Visconti 1948, 67-68).
31 Per la riedizione del concetto di «impero» in riferimento all’identità europea, così si esprime Pietro
Rossi: «Anche l’età moderna ha conosciuto in Europa formazioni imperiali, che hanno tenuto
insieme popoli etnicamente diversi e consapevoli della propria diversità [...]. La stessa autorità
dell’impero, risorta con l’incoronazione di Carlo Magno e mantenuta in vita dalla translatio
dell’autorità imperiale attraverso le successive dinastie di stirpe germanica, si è gradualmente
appannata di fronte alla sua crescente impotenza, cui faceva riscontro il potere ben più effettivo
dei sovrani nazionali. Essa ha avuto sì delle rinascite, ad esempio con Carlo V o con Napoleone,
ma non è sopravvissuta al fallimento dei loro progetti. Più che l’impero nel senso antico,
l’Europa ha conosciuto degli imperi d’oltremare, fondati sulla conquista di territori lontani nei
quali lo sfruttamento delle risorse locali si è asociato a qualche forma di dominio politico»
(Rossi 2007, 126).
2. Coordinate per le mappe della letteratura nel Risorgimento 41

un’identità europea, tanto a livello culturale e letterario, quanto a livello politico-


sociale. Per questo negli scritti mazziniani s’identifica chiaramente uno spazio
identitario europeo cui si devono estendere gli ideali democratici del Risorgimento
italiano, una famiglia di popoli con governi nazionali e repubblicani.
Trivulzio è per formazione un’erede della tradizione illuministica lombarda, ma la
sua convinzione della necessità di possedere un’identità nazionale è molto ferma fin
dall’inizio della sua attività rivoluzionaria. Come pubblicista e saggista in esilio,
promuove in Europa la causa dell’autonomia e dell’indipendenza italiana, che a suo
avviso deve diventare una questione europea. Secondo Trivulzio l’opinione pubblica
costituisce ormai una scena di ampiezza europea, e quindi denuncia in tutte le sedi la
mancanza di libertà di stampa negli stati italiani rispetto al resto dell’Europa 32.
Negli scritti di Mazzini e Trivulzio si fa strada un’altra caratteristica dello spazio
europeo e cioè l’individuazione di un centro, che nel loro caso si identifica con la città
di Parigi 33. Mazzini, pur esule a Londra, fa riferimento sostanzialmente agli ambienti
parigini come centro di una nuova Europa democratica, per la memoria del passato
napoleonico, per la partecipazione attiva e diretta della Francia alla costruzione
nazionale italiana, per la presenza a Parigi di esuli italiani e di un vivace dibattito
politico democratico, legato alle vicende istituzionali francesi, dalla monarchia
orleanista, fino al secondo impero 34.
L’identificazione dello spazio europeo si precisa nell’opera di Trivulzio con
l’elemento della frontiera. Le culture orientali, in particolare quelle legate all’Impero
ottomano, diventano oggetto della sua memorialistica di viaggio e della sua narrativa
di materia orientale. In questi testi le coordinate orientali costituiscono un elemento
contrastivo di identificazione dello spazio europeo, la cui definizione si presenta
unitaria, in opposizione allo spazio extra-europeo, e non più suddivisa in ambiti
nazionali. Esule in Francia, Trivulzio individua nella capitale francese tutte le
caratteristiche del centro dello spazio europeo, che si rivelano anche nella scelta del
francese per dare la massima visibilità ai suoi scritti per la promozione della causa
nazionale italiana. Dopo la caduta della Repubblica romana, provocata proprio dal
corpo di spedizione francese intervenuto per la restaurazione del trono papale,
Trivulzio decide di partire esule in Oriente. Nel diario di quel viaggio, l’itinerario da

32 I suoi interventi avranno grande risonanza, ma la successiva cancellazione di Trivulzio dal canone
letterario del Risorgimento è esemplare per mostrare come la scrittura femminile sia stata
oggetto di riduzione rispetto alla realtà identitaria plurale in cui si erano formati gli stereotipi su
cui si reggeva l’azione concreta del Risorgimento (Rigotti 2006, 30-31).
33 Il concetto è stato sviluppato dal punto di vista architettonico e di storia del costume da Walter
Benjamin in una conferenza del 1939, pubblicata in Benjamin 1982; Novella Bellucci ha
ricostruito la rete di rapporti esistenti fra scrittori italiani e francesi durante la Restaurazione, in
Bellucci 2004.
34 Il discorso che costruisce lo spazio europeo nell’Ottocento è strettamente legato all’eurocentrismo,
nei termini descritti da Robert Stam ed Ella Shohat: «Eurocentrism is the discursive residue or
precipitate of colonialism, the process by which the European powers reached positions of
economic, military, political and cultural hegemony much of Asia, Africa, and the Americas»
(Stam; Shohat 1996, 297). La strutturazione culturale di Parigi come capitale al tempo stesso di
uno spazio nazionale e di uno transnazionale si trova in Mathis-Moser 2006, 99-101.
42 2. Coordinate per le mappe della letteratura nel Risorgimento

Malta alla Grecia a Istanbul si caratterizza uno spazio di frontiera, in cui vengono a
contatto elementi europei ed extraeuropei (Trivulzio, Ricordi nell'esilio).
L’idea di Europa si affaccia anche nella poesia di Belli, dove alla denuncia
spietata della fine dell’universalismo che aveva caratterizzato Roma imperiale e poi
Roma papale, si affianca l’esigenza ideale di uno spazio europeo moderno, di cui si
delineano, in modo sfumato, frontiere e confini.
Nei testi letterari che hanno accompagnato il processo di unificazione italiana, si
trova spesso un’idea di nazione non intesa come rafforzamento delle frontiere, ma
come costruzione di una rete letteraria e culturale, a livello europeo. In tale rete non si
va alla ricerca di uno spazio esclusivo da ritagliare, quanto piuttosto di un diritto di
cittadinanza identitaria all’interno della «famiglia» delle culture europee moderne. In
quest’ambito occorrerà distinguere la costruzione o la ricerca di una cultura europea
dalla componente del multiculturalismo. Si tratta di una tematica che assume un ruolo
centrale nell’interpretazione della società contemporanea e nella gestione dei conflitti
identitari che caratterizzano l’attuale società della migrazione. Il paradigma delle
«scontro di civiltà» può essere evocato nel momento in cui si considerano
problematiche la presenza di stranieri e la varietà centrifuga delle identità locali in
Italia. Al superamento di questo paradigma sono dedicate le analisi in chiave di
multiculturalismo delle società complesse moderne. Elementi di una lettura di questo
tipo potrebbero essere utili per capire come era percepita una possibile identità
europea, che, a differenza del cosmopolitismo, prevedeva che nell’ambito della cultura
europea fossero fortemente caratterizzate le identità nazionali 35.
Tuttavia nel corso del Risorgimento questo tipo di ideologie riduttive ed esclusive,
sono state controbilanciate dal forte riferimento alla cultura comune europea, e ad una
forma di comunità sovranazionale europea 36. Nei suoi scritti giornalistici e saggistici
risalenti all’esilio in Francia, Trivulzio risponde spesso alle accuse di rappresentare
un’identità nazionale non ancora formatasi o appartenente allo spazio dell’esotico,
piuttosto che allo spazio inclusivo europeo 37.

35 Andrea Semprini, a proposito delle problematiche della strutturazione di uno spazio pubblico
multiculturale afferma: «Uno stereotipo tenace attribuisce alla comunicazione soltanto virtù
coesive, ma questa può al contrario anche essere fonte di conflitto, perché può far emergere gli
interessi opposti e le prospettive divergenti dei gruppi che entrano in contatto. La
comunicazione è realmente produttrice di coesione solo quando gli interlocutori condividono un
terreno d’intesa, dei valori di base comuni» (Semprini 2000, 134); su una base di valori comuni,
nazionali e democratici, si basa sia la rete europea cui guarda Trivulzio che la costruzione di
un’Europa come famiglia di nazioni che progetta Mazzini.
36 Si veda per la «decostruzione» del concetto di «scontro di civiltà» Dal Lago 2006, 49-60; a
proposito dell’europeismo dei protagonisti del Risorgimento italiano, lo storico Robert
Demoulin osserva: «La ténacité de Cavour dans sa lutte contre les particularismes et les
adversaires de l’expansion de la monarchie de Savoie dans l’ensemble de la Péninsule est
inspirée aussi par ce souci d’établir une harmonieuse construction non seulement en Italie, mais
encore dans le bassin meditérranéen et dans toute l’Europe» (Demoulin 1959, 769).
37 Il tema della dinamica Oriente/Occidente nel confronto culturale fra Italia e Inghilterra, fino
all’epoca contemporanea, è stato dibattuto in un recente volume collettivo (Sandrock; Wright
2013).
2. Coordinate per le mappe della letteratura nel Risorgimento 43

A proposito del colpo d’occhio sull’Europa e del superamento delle frontiere


nazionali, assume rilievo in Foscolo, in Cuoco, in Mazzini e in Trivulzio, la
dimensione biografica e soprattutto culturale dell’esilio, tanto presente nella loro
esperienza biografica da diventare categoria culturale e identitaria. Il fatto che molti
scrittori del Risorgimento abbiano scritto una parte delle loro opere in esilio ha
comportato una diversa visione del significato e del ruolo svolto dalle frontiere, e li ha
portati a una maggiore interazione con gli ambiti culturali e letterari con cui sono
venuti a contatto nell’esilio. Alla categoria dell’esilio presente non solo nel
Risorgimento nella tradizione culturale e letteraria italiana, è stato attribuito anche un
valore ontologico più generale in riferimento alla storia letteraria 38. Nel volume
collettivo diretto da Asor Rosa, dedicato al rapporto fra letteratura italiana ed esilio, il
curatore richiama nel saggio introduttivo il rapporto fra l’esilio e l’idea del territorio di
appartenenza 39. La parola latina (exilium) è ricondotta a una fantasiosa etimologia di
Isidoro di Siviglia, dal concetto di «ex solo» (fuori dalla propria terra) e messa in
riferimento con la storia letteraria italiana (Asor Rosa 2011b, 9-10).
L’esilio in epoca risorgimentale produce un vero e proprio rovesciamento di
stereotipi, in quanto gli intellettuali in esilio formano una comunità che interagisce con
gli intellettuali del paese ospitante, e nella quale si elabora una forma nuova di
immagine dell’Italia 40. La presenza di lunga durata dell’esilio nell’elaborazione della
cultura e dell’identità italiana ha generato quella che Salman Rushdie chiama «patria
immaginaria» («Imaginary Homeland»), nel senso che essendo per secoli gli scrittori
italiani al di fuori di una «Italia» non ancora esistente, possono essere stati indotti a

38 William Thomas Rossiter mette in relazione la poetica dell’esilio che si ritrova nelle canzoni civili
di Petrarca e nella sua epistola indirizzata ai posteri, con le tematiche delle opere di Chaucer. Lo
studioso ha applicato questo tipo di lettura alla fine dell’Impero romano e della classicità, tanto
da poter parlare di un «postcolonialismo» medievale: «In brief, the temporal colonization which
characterizes petrarchan historicism is born of a temporal exile which is itself postcolonial»
(Rossiter 2010, 34); nel suo saggio su «Foscolo esule», Dionisotti denuncia l’incapacità degli
studiosi di letteratura degli ultimi decenni dell’Ottocento di comprendere tale dimensione
culturale dell’esilio: «Alla provincialità sedentaria della cultura professorale italiana si
aggiungeva il pudore di una classe dirigente incapace di riconoscere apertamente, nonché di
curare, la piaga dell’emigrazione. Non erano condizioni favorevoli a uno studio sul Foscolo
esule» (Dionisotti 1988b, 62).
39 Lucia Strappini mostra come Vittorio Alfieri, uno dei personaggi diventato mito e icona per il
Risorgimento, ha concepito l’esilio come liberazione da ogni legame per conseguire la
condizione assoluta di scrittore: «La scelta della letteratura si configura come scelta di vita
assoluta, simboleggiata dalla decisione di cedere gran parte del patrimonio alla sorella, potendo
così ʿcomprare con essa l’indipendenza della mia opinione, e la scelta del mio soggiorno, e la
libertà dello scrivereʾ. Nelle parole di chiusura del Principe e delle lettere la prospettiva
staëliana appare completamente rovesciata: la libertà del cittadino potrà scaturire solo dalla
piena libertà intellettuale [...]» (Strappini 2011, 191).
40 Questo processo viene analizzato da Donatella Abbate Badin nel suo saggio sulla vicenda di Lady
Morgan, che prima descrive le caratteristiche problematiche dell’Italia, nel diario di viaggio
Italy, pubblicato nel 1821, quindi ritornata in patria stringe rapporti con gli esuli italiani che
sono arrivati dopo il fallimento delle rivolte del 1820-21: «Italy thus was a series of exempla
from the past, but also a book based on the present and projected towards the future and its
success resulted in a more favourable attitude towards Italy and Italians, usually represented
quite negatively in 18th century literature» (Abbate Badin 2010, 95).
44 2. Coordinate per le mappe della letteratura nel Risorgimento

crearsi quello spazio identitario per via immaginaria, come accadeva nel Risorgimento
per gli esuli che seguivano da lontano la realizzazione dell’unificazione italiana 41.
L’idea di estendere agli intellettuali esuli italiani le riflessione di Rushdie è stata
applicata nel saggio dedicato da Tobias Döring alle opere di Dante Gabriele Rossetti
(1828-1882) esule in Inghilterra 42.
Considerando anche questa categoria culturale dell’esilio, nel nostro lavoro
offriremo una reinterpretazione del rapporto con l’identità italiana, all’interno della
letteratura del Risorgimento, analizzando le opere di Ugo Foscolo, Vincenzo Cuoco,
Giuseppe Mazzini, Cristina Trivulzio di Belgiojoso, Giuseppe Gioachino Belli. Per
abbattere l’idea di un Risorgimento italiano come definizione dell’italianità in senso
chiuso e autosufficiente, sottoporremo i loro testi a una griglia di analisi che
comprende le seguenti domande: come si definisce l’identità italiana nel
Risorgimento? come contribuisce la letteratura alla costruzione dell’Italia? che
rapporto c’è fra unità italiana e culture autonome locali? come si definisce meglio
l’identità italiana attraverso una rete identitaria europea? Questo procedimento di
analisi ci consentirà di tracciare una serie di mappe letterarie interculturali del
Risorgimento che mostrino come gli stereotipi eroici dell’italianità siano in realtà
costruzioni posticce e artificiali.

41 Raoul Mordenti mette acutamente in relazione anche la visione d’insieme sulla letteratura italiana
di Francesco De Sanctis con la sua condizione di esule in Svizzera: «Influì l’esilio a determinare
questa maturazione decisiva? Aiutarono Zurigo e la Svizzera a liberare De Sanctis dalla
verniciatura hegeliana e a fare emergere una critica più originalmente sua? La risposta non può
che essere affermativa, e per molti aspetti sono proprio gli anni zurighesi che fanno del brillante
conferenziere e dell’appassionato professore il grande critico, [...] che, insomma, ci
restituiscono dall’esilio il De Sanctis che conosciamo» (Mordenti 2011, 262).
42 Si fa riferimento a Rushdie 1991; Tobias Döring suggerisce: «In this sense I suggest exploring
Rossetti’s writing, too, in postcolonial terms, i.e., in a context of contemporary critical
approaches where issues of exile and diaspora have long been discussed and worked through»
(Döring 2010, 274).
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autobiografiche)
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prose critiche)
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Giuseppe Gioachino Belli (1962): Zibaldone. In Belli 1962, 469-555. (=Belli, Zibaldone)
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