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HERBITA EDITRICE
ISBN 978-88-7794-151-8
Capitolo I
Capitolo II
VII
Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento negli scritti di Francesco Brancato fra storia e
filosofia
VIII
Giuseppe Nigliaccio
una visione del mondo storicista nel dibattito della cultura politica
italiana del tempo.
Se la figura e il pensiero di Vico si presentavano in quel tempo
quale punto di riferimento idealmente unitario per consolidare una
sorta di coesione spirituale della nazione colta italiana, più
travagliato appariva il percorso di unificazione sociale e politica dei
popoli della penisola. Questa storia, osserva Nigliaccio sulle orme
del suo famoso concittadino, sfida la complessità di armonizzare e
pacificare il passaggio dalle piccole patrie alla più grande patria
unificata, passaggio assai difficile, scandito da incomprensioni e
sofferenze. Brancato, aggiunge l’Autore, non negò le contraddizioni
che punteggiarono il Risorgimento, scrisse limpide pagine sulle
fratture fra l’antico regime e il nuovo assetto liberal-nazionale, sulla
transizione della dittatura garibaldina, sulla rabbia della rivolta
popolare del ‘Sette e mezzo’, sul malessere sociale di un’isola e
dell’intero meridione che parimenti anelavano ad una profonda
riforma della proprietà terriera.
Nigliaccio nota infatti che «emerge dall’analisi condotta da
Francesco Brancato la consapevolezza che i moti risorgimentali non
possono essere letti in una prospettiva univoca. Esiste una pluralità
di piani di fattori, che intersecandosi hanno dato forma all’Italia, ma
che non sono riconducibili a un principio comune. Non vi è stato,
soprattutto nel meridione, una reale comunione d’intenti fra la varie
fasce della popolazione». Brancato, dunque, delinea una storia
fortemente problematica dell’incontro fra gli Italiani del sud e gli
Italiani del nord senza mai allontanarsi dalla visione patriottica del
raggiungimento di un bene politico lungamente sognato e per il quale
giovani eroi versarono il loro sangue. Tuttavia egli nulla concede alla
retorica nazionalistica ma guarda al riscatto della povera gente,
attingendo agli archivi statali documentatissime pagine dedicate ai
fenomeni dei fasci dei lavoratori e dell’emigrazione siciliana, così
come esplora con scrupolosa attenzione la diffusione del primo
socialismo nell’isola.
IX
Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento negli scritti di Francesco Brancato fra storia e
filosofia
Manlio Corselli
X
Giuseppe Nigliaccio
Al lettore
XI
Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento negli scritti di Francesco Brancato fra storia e
filosofia
XII
Giuseppe Nigliaccio
XIII
Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento negli scritti di Francesco Brancato fra storia e
filosofia
G.N.
XIV
Giuseppe Nigliaccio
J.W. Goethe
G.W.F. Hegel
XV
Capitolo I
sinonimi, in realtà essi designano due concetti distinti, anche se ricchi di varie accezioni
che rendono molto problematico formularne una definizione univoca e di cui, in questa
sede, è impossibile dare conto. Ci si limita, al fine di chiarire il passo in questione, e con
tutti i rischi delle generalizzazioni, a indicare come il concetto di Stato indichi l’apparato
burocratico e giuridico in grado di governare coercitivamente un determinato popolo
all’interno di determinati confini territoriali. Il concetto di Nazione, invece, rimanda (in
teoria) alla comune radice culturale, religiosa e politica di un popolo, radice che ne ha nei
secoli irrorato la vita, condizionandone la progressiva presa di coscienza della comune
identità.
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Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
filosofia.
2Si fa qui riferimento alla categoria storiografica del Risorgimento nella consapevolezza
della natura convenzionale di molte periodizzazioni, e quindi non ci si atterrà all’anno 1815
(Congresso di Vienna) come terminus post quem poter parlare di movimento
risorgimentale.
3Cfr. Giambattista Vico, Opere filosofiche, a cura di P. Cristofolini, Firenze, Sansoni, 1971.
4 F. Brancato, Vico nel Risorgimento, Flaccovio, Palermo, 1969, p. I. (corsivo originale).
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Giuseppe Nigliaccio
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Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
filosofia.
6 Ibidem.
7 Ivi, p.20.
8Ibidem.
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Giuseppe Nigliaccio
1933.
10 F. Brancato, Vico nel Risorgimento, cit., pp.19-20.
11 Cfr. P. Gueniffey, La Politique de la Terreur. Essai sur la violence révolutionnaire
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Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
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Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
filosofia.
22 V. Cuoco, da «Giornale Italiano» del 24/02/1804 in Scritti Vari, Bari, Laterza, 1924, p.
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Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
filosofia.
Roma, 1989.
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Giuseppe Nigliaccio
è naturale che il tentativo giacobino del ’99 non solo apparisse al Cuoco
antistorico e contrario ai veri interessi del paese, perché fondato su
principi non aventi radici nel terreno stesso in cui si sarebbero voluti
applicare, ma anche nocivo e delittuoso perché avrebbe spezzato
l’unità dello sviluppo storico di quel popolo.29
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Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
filosofia.
30 Ivi, p.37.
31 Cfr. V. Cuoco, Rapporto al Re G. Murat sul progetto di decreto per l’ordinamento della
Pubblica Istruzione del regno di Napoli, a cura di E. Cipriani, L’Aquila, Vecchioni, 1925,
cit. in F. Brancato, Vico nel Risorgimento, cit.,p.38.
32F. Brancato, Vico nel Risorgimento, cit.,p.38.
33Ibidem.
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34 Ivi, p.37.
35Ivi,p.43.
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Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
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natura dativa della civiltà accostandosi alla tesi, più vicina alla posizione di Vico, della
natura spontanea dell’incivilimento umano.
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Giuseppe Nigliaccio
insomma al Vico di non essersi saputo elevare, nella sua opera alla
formula suprema della meccanica, dirò così, intellettuale, morale e
politica della nazione, mentre al contrario, mancando di questa
primitiva teoria, egli prende la tradizione egiziana dell’età o del regno
degli Dei, degli eroi e degli uomini e su questa tradizione avrebbe
fabbricato diverse fantasie. Ciò trova logico in un uomo che non aveva
dedotto le cose da origini naturali, e nel quale la tradizione stessa
rimane uno sterile fondamento.39
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Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
filosofia.
non si sarebbe dunque potuta immaginare una critica più aspra nei
confronti del Vico di quella mossa dal Romagnosi nelle Osservazioni
su la Scienza nuova, specie considerando la rinomanza che quello
ormai godeva anche negli ambienti di cultura del Settentrione d’Italia
per la propaganda che ne avevano fatto i giovani patrioti napoletani.
Eppure in quegli anni fra i “settentrionali” nessuno forse più del
Romagnosi aveva ereditato maggior insegnamento dal Vico. Se ne
colgono i segni in tutti i suoi scritti, in minor quantità in quelli della
sua giovinezza, […] in maggiore quantità in quelli degli ultimi anni
della sua vita caratterizzati da una sua più spiccata inclinazione
speculativa.40
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Giuseppe Nigliaccio
43 Ivi, p.57.
44 Ibidem.
45 Ivi, p.58. Bisogna specificare secondo Brancato l’accezione in cui Romagnosi utilizza il
termine incivilimento che il pensatore emiliano definisce quel modo di essere della vita di
uno Stato pel quale egli va effettuando le condizioni di una colta e soddisfacente
convivenza, mentre il francese Civilisation indica lo stato di cultura di un popolo. Cfr. Carlo
Curcio, Il genio politico di G.D. Romagnosi, cit. in F. Brancato, Vico nel Risorgimento, cit.,
p.58.
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del Vico aveva dunque particolarmente ereditato ciò che in politica, per
lui la scienza sovrana, aveva maggiore valore: il principio che della
storia sono gli uomini gli unici fattori, ai quali compete pertanto
portarla sempre più innanzi, verso un sempre più alto incivilimento. 53
52Ivi, p.64.
53Ivi, p.71.
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Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
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54 Ivi, p.116
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Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
filosofia.
57 F. Brancato, Vico nel Risorgimento, cit., p. 117, in corsivo passi ripresi da Brancato da:
C. Cattaneo, Ideologia in Scritti filosofici, a cura di N. Bobbio, vol III, Firenze Le Monnier,
pp.215-216.
58 Ibidem.
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Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
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Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
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Cattaneo è pertanto avverso anche alle teorie del clima e della razza
[Herder] e assertore di quelle forme di reggimento […] essendo
assertore che la società progredisca soltanto nell’esercizio della libertà
o come, soleva dire, in sistemi aperti, tali che consentano un ricambio
continuo di rapporti ed idee.70
69 Ivi, p. 123.
70 Ibidem.
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Giuseppe Nigliaccio
la storia universale non si chiude con l’anno di Cristo 1849. Per me non
vedo che i primi preludi della lega delle nazioni. Il divide et impera è
tramontato con Metternich; ed il far da sé sotterrato col cadavere di
Carlo Alberto. E se i popoli cessano un giorno di guardarsi in cagnesco,
la lega dei principi a fronte della lega dei popoli, che inezia non
diventa!73
2004.
72 F. Brancato, Il pensiero storico di Carlo Cattaneo, cit. in Vico nel Risorgimento, cit.,
p. 123.
73 C. Cattaneo, Lettera del 7 nov. 1849 al Rastelli, in F. Brancato, Vico nel Risorgimento,
cit., p. 126.
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Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
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dicembre del 1848 al febbraio 1849, mentre Cesare Balbo fu presidente del Consiglio dal
marzo al luglio del ’48.
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Giuseppe Nigliaccio
con il Vico per il Balbo non solo si sarebbe avuta una visione limitata
della storia umana in quanto ricavata solamente dall’esame del mondo
antico, ma addirittura si sarebbe andati indietro rispetto al concetto che
del divenire dell’umanità come indefinita perfettibilità avevano avuto
gli illuministi.76
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Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
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con il quale, anche per la grande risonanza che ebbero in tutto il paese
le sue idee, il vichismo raggiunge, durante il Risorgimento, il momento
culminante proprio in coincidenza con la rivoluzione del ’48 che segna
pure una svolta decisiva nel processo della formazione politica unitaria
italiana. 77
nella nuova armonia che si sarebbe creata nel vecchio continente, ogni
nazione, in rapporto al proprio genio avrebbe avuto un particolare
primato da svolgere: un primato scientifico la Germania, politico la
Francia e industrioso l’Inghilterra. Ma tutto ciò avrebbe presupposto il
primato dell’Italia, centro irradiatore del Cristianesimo.80
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81Ivi, p.204. In corsivo le citazioni tratte da V. Gioberti, Il Primato morale e civile degli
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Capitolo II
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Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
filosofia.
inoltre si guardi anche G.B. Guerri, Sangue del Sud, Mondadori, Milano, 2010.
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Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
filosofia.
Risorgimento in Sicilia, cit., p.4): con la costituzione del 1812 fu fatta peraltro qualche
concessione anche ai comuni e agli abitanti delle antiche circoscrizioni feudali, come quella
di «erigere ed usare de’molini de trappeti, forni, fondachi taverne ed altri», ma fu allo stesso
tempo disposto che rimanessero «illesi e conservati a ciascun Barone i diritti» che loro
spettavano «per ragione di pertinenza di suolo, di dominio territoriale, di proprietà di fiume,
di salti d’acqua e simili, giusta le rispettive concessioni» (Art. 1-6,7, 9).
89 F. Brancato, La partecipazione popolare al Risorgimento in Sicilia, cit., ibidem.
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Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
filosofia.
95Ibidem.
96Non azzardo una bibliografia sul tema, poiché risulterebbe immensa, ma nonostante paia
scontato, non si può non fare riferimento in ambito letterario al celebre Mastro Don
Gesualdo di Verga e al celeberrimo Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
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Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
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vendite […] alle quali presero parte di solito pochi borghesi e artigiani,
qualche nobile e in numero più cospicuo preti e frati di provincia
rappresentativi allora del ceto intellettuale. Ma ebbero programmi
molto generici ispirati di solito ad un vago democraticismo. 100
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nei momenti di crisi, trovò sempre negli strati più umili del popolo i suoi
maggiori alleati o per la riconquista del regno, come avvenne dopo la
rivoluzione del 1799 o per vincere l’opposizione della borghesia come
nel 1820, in Sicilia non ebbe mai simili appoggi: nell’isola l’alleanza si
realizzò sempre fra i ceti superiori e le classi popolari. 105
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Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
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109Ivi, p.15.
110Ivi, p.16.
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Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
filosofia.
Nazionale nella rivoluzione del 1848, in Atti del Congresso di studi storici sul ’48 siciliano
(12-15 gennaio 1948), Palermo,1950, pp. 279-309.
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Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
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nelle provincie orientali dove giunse pure subito l’eco del moto della
Gancia, non si verificarono insurrezioni, ma si ebbero altre
manifestazioni che rivelano la forte tensione in cui ormai si viveva. 117
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nessuna rivoluzione in Sicilia era stata vissuta dal popolo con spirito
così intimamente religioso come quella del 1860, che vide tra i più
zelanti sostenitori, specialmente nei comuni di provincia, preti e frati
che appunto con la loro presenza impressero ad essa una fisionomia
particolare.130
128 F. Brancato, La partecipazione del clero alla rivoluzione siciliana del 1860, Manfredi
Editore, Palermo, 1960, p.6.
129Ibidem.
130Ivi, p.7.
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Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
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l’alto clero, quello delle curie vescovili, era stato il maggior alleato del
governo che di esso si era avvalso, nelle varie contingenze, per cercare
di reprimere lo spirito rivoltoso delle popolazioni. 132
dopo i moti del 1820, il governo, più che sulla forza delle armi, aveva
poggiato la sua azione restauratrice principalmente sull’influenza che
avrebbe potuto esercitare il clero sui ceti soprattutto dei comuni rurali
che erano ad esso particolarmente devoti e affezionati.133
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vescovi alla Ministeriale del 30 gennaio 1822, n.1622, in Arch. St. di Palermo, Segretario
di Stato presso la Luog. Gen. Del re, Ecclesiastico, filza 14., citato in, F. Brancato, La
partecipazione del clero alla rivoluzione siciliana del 1860, cit., p.8.
136 Ibidem.
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Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
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la Sicilia, per la sua posizione geografica, non era stata affatto toccata
dal movimento della Riforma, che, partito dalle regioni germaniche,
aveva tenuto invece per molto tempo in travaglio la parte centrale e
settentrionale dell’Europa. Estranea inoltre ad una diretta influenza
della rivoluzione francese e all’azione napoleonica, aveva conservato
più a lungo gli effetti della Controriforma, favoriti per di più secolare
dominazione spagnola e da quella borbonica che, come la prima, aveva
dato grande impulso nell’isola allo sviluppo degli ordini religiosi e della
pratica ascetica. Numerosissime erano perciò le chiese in ogni comune
e frequentatissime dovunque, essendo fortissimo il sentimento religioso
delle masse che, non di rado, per la mancanza di un maggiore
approfondimento, scivolava nella superstizione.
Numerosissime erano anche le corporazioni d’arte che, malgrado la
loro abolizione decretata da Ferdinando I il 23 ottobre 1821,
137Ibidem.
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voi avete una dottrina falsa e volete giungere alla libertà per la via che
conduce alla dittatura e all’impero il quale è la dittatura continuata; è
la rivoluzione sociale senza la libertà. La libertà è repubblica, e
repubblica è pluralità, ossia federazione. 143
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Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
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vide ormai chiaramente che, per la piega che erano venuti prendendo gli
avvenimenti, non v’era assolutamente possibilità d’attuazione dei
principi federalistici. Uomo tutto d’un pezzo non era per niente proclive
a transazioni […].145
alle cinque giornate di Milano. Benché il suo ideale fosse repubblicano, nel 1859 dichiarò
pubblicamente di appoggiare la casa dei Savoia. Al seguito di Garibaldi in Sicilia, ricoprì
anch’egli la carica di Prodittatore, venendo eletto deputato del regno d’Italia nel 1861.
148 Ibidem.
149 Lettera del 4 giugno di Bertani a Cattaneo, cit. in F. Brancato, La questione
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potè far sperare per un momento anche a Cattaneo e agli altri democratici
in un nuovo avviamento degli eventi, e quindi in un arresto della corrente
filopiemontese sulle nuove determinazioni del governo dittatoriale.151
prese dimora nel Palazzo d’Angrì, nel quale aveva il suo ufficio il
Bertani, nominato dal Dittatore segretario generale, e dove Garibaldi
teneva pure il suo quartiere generale.152
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Capitolo III
Brancato e la rivolta del 1866
nel processo di assestamento del nuovo Stato italiano sorto dai plebisciti,
la rivolta palermitana del settembre 1866 che, con riferimento al bel noto
giuoco delle carte, la voce popolare battezzò subito come la rivolta del
sette e mezzo e, precisamente dalla notte del 16 alle ore 12 del 22
settembre, segna una profonda crisi nell’amministrazione e nella vita
sociale della Sicilia post-unitaria con riflessi anche politici. 157
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159 Ibidem.
160 L. Bianchini, Un periodo della storia del Reame delle Due Sicilie dal 1830 al 1859,
in Biblioteca Nazionale di Napoli, ms.II, G., 5-7, libro I. Cap.VI, cit. in F. Brancato, Sette
giorni di repubblica a Palermo, cit., p.7. Sull’opera di Bianchini cfr. Francesco Brancato
(a cura di), Storia economico civile della Sicilia, di Ludovico Bianchini, Napoli, Edizioni
scientifiche italiane, 1971.
161 F. Brancato, Sette giorni di repubblica a Palermo, cit., p.7.
162Ivi.
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Giuseppe Nigliaccio
giova ricordare che proprio nel 1875, con l’acquisto di 176 azioni,
l’Inghilterra iniziava la sua grande ingerenza nel canale di Suez,
suscitando naturalmente la gelosia della Francia che evidentemente
temeva che quella potenza profittasse appunto anche del malcontento
dei Siciliani contro il governo unitario per mettere piede nell’isola.163
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Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
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palermitana del settembre 1866 (con documenti inediti), in Archivio Storico Siciliani,
1955, 190, cit in F. Brancato, Sette giorni di repubblica a Palermo, cit., p.13.
172 F. Brancato, Sette giorni di repubblica a Palermo, cit., p.13. In corsivo le citazioni
tratte da E. Pantano, Memorie dai rintocchi della Gancia a quelli di S. Giusto, vol. I
(1860-1870), Bologna, 1933, p. 360.
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173Brancato cita (Sette giorni di repubblica a Palermo, cit., p.28), per sottolineare tale
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Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
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non soddisfece per nulla le aspirazioni delle classi più umili e di coloro
che, desiderosi di trovare in un cambiamento politico un ristoro ai
propri mali e migliori condizioni di vita, s’erano impegnati in tutti i
modi nella lotta per abbattere l’antico regime. 177
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ree allo sguardo dei ceti più umili, di aver venduto la possibilità di
un futuro più equo e giusto, per continuare a mantenere i loro
esclusivi privilegi.
Proporzionalmente all’asprezza dei provvedimenti del Governo
in seguito ai disordini, cresceva l’esasperazione e la rabbia di quella
fascia di popolazione, (comprendente perlopiù contadini, operai, ma
anche artigiani e piccoli commercianti) che maggiormente avevano
contribuito a ingrossare le fila della spedizione garibaldina, nei
confronti del potere centrale, divenuto ai loro occhi l’emblema di
una rivoluzione tradita. A quanto detto si aggiunga che in nessun
campo
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Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
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l’esonero dal servizio per chi fosse in grado di versare alla tesoreria
provinciale la somma fissata come indennità. In un’economia
sostanzialmente agricola quale si presentava quella siciliana,
soprattutto nell’entroterra, la coscrizione obbligatoria significava
privare i campi, e le famiglie che dai loro raccolti traevano
sostentamento, delle braccia dei giovani che avrebbero dovuto
dedicare le loro energie al servizio di una Patria che ancora non
sentivano loro e che ancora nulla aveva loro donato. La fisiologica
risposta che seguì all’ingiunzione della coscrizione non poté che
essere la renitenza, a proposito della quale Brancato cita dati assai
significativi.180
Secondo il nostro storico a quanto precedentemente detto si
ricollegano
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distinse per ardore e coraggio durante i moti del 1948, contribuendo personalmente alla
presa del Castello a Mare, ultimo presidio allora in mano ai borboni. Partecipò anche alla
rivolta di Messina, guadagnandosi il grado di capitano di artiglieria in seguito a delibera
della Camera dei comuni. Mostrò le sue indiscusse qualità militari anche fronteggiando con
valore, ma inutilmente, le truppe del generale Filangeri. Ristabilita l’autorità regia fu
confinato a Ustica, e in seguito a un tentativo di evasione fu imprigionato nella cittadella
fortificata di Messina, dove condivise il periodo di prigionia con R. Villari, il quale ci lascia
un ritratto originale di un Corrao poliedrico, personaggio sanguinario ma dotato di una forte
sensibilità mistica. Ottenuta la libertà a condizione che egli abbandonasse il Regno delle
due Sicilie, fu esule a Marsiglia, Genova, Malta, Alessandria d’Egitto (1858). Fu in Francia
come sicario di un attentato, con il placet, di Mazzini, nei confronti di Napoleone III.
L’attentato non avvenne per motivi mai chiariti. Tornato in Italia si persuase che la strada
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per l’Unità d’Italia dovesse avere il proprio incipit in Sicilia, dove fece ritorno
clandestinamente con R. Pilo (10 aprile 1860), con il fine di prepare la strada a una
imminente spedizione garibaldina. In seguito allo sbarco dei Mille, Corrao guadagnò la
stima di Garibaldi, il quale lo nominò colonnello dell’esercito meridionale, e con questa
carica partecipò alla battaglia di Milazzo (20 luglio). Buona parte delle truppe a seguito di
Garibaldi nella spedizione dell’Aspromonte erano costituite da volontari reclutati dallo
stesso Corrao il quale, anche dopo che fu proclamata l’amnistia per i fatti dell’Aspromonte
continuò a tessere le fila della rivoluzione, avendo sempre in mente il sogno di un’Italia
repubblicana. Il 3 agosto 1863, poco prima dello scoppio dell’ennesima rivolta orchestrata
da Corrao, prevista per il 29 dello stesso mese, data dell’anniversario dell’Aspromonte, egli
venne ucciso a Palermo da sicari mai identificati. Sulla vita del Corrao cfr. Gaetano Falzone,
Giovanni Corrao e la sua brigata nella campagna del 1860, Roma, 1942.
190 F. Brancato, Sette giorni di repubblica a Palermo, cit., p. 42.
191 Ivi,p.43.
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Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
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era intento del Corrao […] riunire in un fascio tutte le forze avverse al
governo, per un tentativo estremo. Ciò lo portò necessariamente ad
entrare in rapporti, oltre che con gli autonomisti e i separatisti, anche
con i borbonici, con i quali aveva in comune l’odio contro la
“consorteria dominante per il modo severo con cui era stata trattata la
Sicilia dopo l’Aspromonte.192
Uno dei maggiori limiti della figura di Corrao era quello di agire
senza avere alle proprie spalle un programma politico ben
consolidato. Il suo ardore lo portava a lottare alacremente contro lo
Stato italiano così come si era configurato, ma dietro il suo disegno
sovversivo e le sue aspirazioni democratiche mancava quella
scaltrezza politica necessaria per comprendere che «così agendo
faceva in definitiva il giuoco dei partiti conservatori e, in modo
particolare, di quello borbonico del quale divenne pertanto lo
strumento più efficace».193
Nella primavera del 1863
già molto del lavoro di preparazione s’era fatto. Lo stesso Corrao era
corso per molti comuni promuovendo arruolamenti e organizzando
squadre. Come s’era fatto nelle rivoluzioni precedenti, era stata fissata
anche la data in cui si doveva insorgere: il 29 agosto anniversario
d’Aspromonte; stabilita la sede del comitato direttivo a Monreale e
designato il luogo di riunione dei principali soci a Gibilmanna vicino
Cefalù. Erano stati fatti approcci con i comitati che erano venuti
costituendosi nelle principali città dell’isola: Caltanissetta si sarebbe
offerta “spontanea”; a Catania si poteva contare su una cinquantina fra
i più “ardenti della guardia nazionale; Messina, per le antiche gelosie
con Palermo, si sarebbe rifiutata; in compenso vi sarebbe stata però una
quasi totale adesione della città della Conca d’Oro con tutti i dintorni,
dove esistevano almeno 500 associazioni principali. 194
192 Ivi,p.44.
193 Ivi, p.45.
194Ibidem.
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Giuseppe Nigliaccio
Palermo, cit., p. 46): la scelta del Govone non fu fatta a caso. Egli aveva preso parte alla
seduta, tenuta di recente a Torino, della Commissione Parlamentare del Brigantaggio, e poi
da Palermo aveva diretto al generale Sirtori, presidente di quella anche una Memoria sulle
cause del braigantaggio nel Napoletano, nella quale aveva dimostrato tanto acume nel
diagnosticare quel triste fenomeno del Mezzogiorno d’Italia.
196Ivi, pp. 45-46.
197Ivi, p.47.
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Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
filosofia.
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Giuseppe Nigliaccio
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Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
filosofia.
200Ivi,p.64. In corsivo le citazione che Brancato trae dalla Dichiarazione dei diritti del
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Giuseppe Nigliaccio
- 100 -
Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
filosofia.
202Ivi, p.69. In
merito alla mafia cfr. F. Brancato, La mafia nell’opinione pubblica e nelle
inchieste dall’Unità d’Italia al fascismo. Studio storico elaborato per incarico della
commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia, Pellegrini
Editore, Cosenza, 1986.
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Giuseppe Nigliaccio
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Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
filosofia.
205Ivi, p.72.
206Ivi, p.73. Cfr. inoltre Lettera del Comandante la XIX Div. delle truppe mobilitate in
Sicilia del 26 nvembre 1866 al gen. Cadorna, in Archivio di Stato di Palermo, Pref.Gab.,
b.8, cat. 2; Rapporto del Prefetto di Palermo del 25 aprile 1865 al Ministero dell’Interno e
manifesto a stampa, ivi, b. 7, cat. 23-35, cit. in F. Brancato, Sette giorni di repubblica a
Palermo, cit., pp. 72-74.
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Giuseppe Nigliaccio
La Sicilia a metà degli anni sessanta del XIX secolo era teatro di
una forte escalation di rabbia e malcontento sociale, che la ponevano
in uno stato di perenne fibrillazione politica e popolare, al quale
contribuivano da una parte la
207Ivi, p.87.
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Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
filosofia.
1, cat. 2 bis., cit. in F. Brancato, Sette giorni di repubblica a Palermo, cit., p.88.
210 F. Brancato, Sette giorni di repubblica a Palermo, cit., p.88.
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Giuseppe Nigliaccio
211Ivi, p. 92; in corsivo le citazioni dalla Nota del 22 settembre 1866, in Archivio Storico
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Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
filosofia.
213 Sono interessanti le annotazioni che Brancato (Sette giorni di repubblica a Palermo,
cit., pp.93-94) ci propone in merito al background culturale e familiare del marchese di
Rudinì; per meglio comprendere le ragioni di quell comportamento, giova rilevare che il
Di Rudinì non aveva avuto nella sua famiglia tradizioni rivoluzionarie che gli potessero
meglio far meglio considerare i fatti ai quali venne quasi improvvisamente a trovarsi di
fronte, ma piuttosto reazionarie e conservatrici. Quell Don Antonio Statella, principe di
Cassaro nominato da Francesco II presidente del Consiglio e che tenne il potere dal 15
marzo al 25 giugno 1860 era suo nonno materno. Due suoi zii, generali, fratelli del nonno,
avevano partecipato alla repressione, a Napoli, dell’insurrezione del 15 maggio 1848, ed
era pure stato un suo zio, fratello della madre che, quale pretore di Palermo, s’era cooperato
nel 1849, per affrettare la consegna della città al Borbone[…]. Se nel 1863, giovanissimo,
era stato eletto sindaco della maggiore città della Sicilia e antica capitale del regno, ciò era
stato dovuto più a un riguardo verso la nobile e ricca famiglia cui apparteneva, che a qualità
politiche e amministrative di cui avesse dato prova.
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Giuseppe Nigliaccio
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Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
filosofia.
come elle doit être. J’espère donc que vous n’aurez aucune pitié de
certe canaille et que vous la traitez comme elle mèrite, car, je vous le
répète, une leçon ne fera pas de mal”.216
settembre 1866 in E. Morelli, Ottavio Lanza e il moto del 1866, in Miscellanea di studi in
onore del prof. Eugenio di Carlo, Trapani 1959, p. 307. Si allega la traduzione: «mi pare
necessario dare una dura lezione a questi malfattori che hanno turbato l’ordine e la
tranquillità pubblica in un momento in cui l’Italia, più che in alter occasioni, ha bisogno di
calma e assennatezza per erigersi a Nazione grande e forte come essa deve essere. Io mi
auguro che voi non abbiate alcuna pietà di queste canaglie, e che voi le trattiate come si
meritano perchè, ve lo assicuro, una dura lezione non farà nessun male».
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Giuseppe Nigliaccio
una delle maggiori preoccupazioni del comitato era stata quella di dare
un capo alla rivolta, che godesse di una certa popolarità, sia per
conferire maggiore ascendente al comitato stesso e procurare così più
larghe adesioni all’insurrezione, sia per tenere meglio unite le forze
popolari. In attesa perciò che venisse liberato dal carcere il Badia, era
stato anche deciso che, appena scoppiata la rivolta, la presidenza
venisse affidata al principe di Linguaglossa, come poi fu fatto, potendo
questi, con il pretesto che gli derivava dal casato e dalla sua veneranda
età, bene adempiere la funzione che si richiedeva dal capo di un moto.
Tutto questo spiega anche perché le forze rivoluzionarie dirigessero i
loro maggiori attacchi alle carceri, attorno alle quali avvennero i più
accaniti combattimenti […] La liberazione del Badia avrebbe dato al
moto, per così dire, il suo capo legittimo. 218
217 Si riporta una nota dello stesso Brancato (Sette giorni di repubblica a Palermo, cit.
p. 100): fecero parte del comitato organizzatore, sotto la presidenza di Lorenzo Minneci, i
seguenti individui: Stefano Carracino, Andrea di Marzo, Rosario Miceli, un patrocinatore
chiamato don Salvatore, Giovanni Ciaccio, Giovanni Ruffino, Salvatore Nobile, Francesco
Parinello, un tal Viola, P. Placido Spadaro, e il benedettino Salvatore Palazzolo (rapporto
del reggente la questura di Palermo, Biundi del 27 settembre 1866 al prefetto , in Archivio
di Stato di Palermo, Pref. Gab., b.8, cat. 2 bis, fasc. 7).
218 F. Brancato, Sette giorni di repubblica a Palermo, cit., pp. 100-101.
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da ideali repubblicani prese parte ai moti del ’48, e con i gradi di tenente, alla spedizione
calabro-sicula. Prigioniero, con i suoi compagni, dei Borboni per 17 mesi fra il Castello S.
Elmo e Nisida, fu liberato a condizione che non si allontanasse dal proprio paese natio,
essendo così costretto a interrompere gli studi a Palermo. Nel 1856 prese parte al moto del
Bentivegna, divenendo capo provvisorio del governo del suo paese. Il governo borbonico
mise una taglia sulla sua testa e per indurlo alla costituzione ne arrestò la famiglia (1857),
ed egli effettivamente si costituì al fine di liberare i propri parenti. L’iniziale condanna a
morte gli venne commutata in una pena di 18 anni da scontare ai ferri nell’isola di
Favignana. Nel 1865 prese parte alle trame rivoluzionarie del Badia e fu uno dei maggiori
protagonisti della rivolta del settembre 1866, in seguito alla quale fu costretto a trovare
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Quando la Sicilia diventa Italia. Il Risorgimento nelle opere di Franscesco Brancato fra storia e
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riparo in Austria sotto il falso nome di Francesco Ingadolce. Attirò l’attenzione della polizia
per aver ricevuto presso la sua dimora triestina un proclama mazziniano incitante all’
Alleanza Repubblicana, e in seguito alla perquisizione del proprio domicilio gli vennero
sequestrate diverse corrispondenze e un manoscritto dal titolo Sette giorni di repubblica a
Palermo. In seguito al processo per alto tradimento fu condannato a cinque anni di carcere
duro. Ritornato in Sicilia fra il 1870 e il 1871, usufruendo dell’amnistia e si stabilì a Gratteri,
suo paese natale nel quale morì nel 1905. In merito agli studi di Brancato sulla figura di
Bonafede cfr. Il marchese di Rudinì, Francesco Bonafede e la rivolta del 1866, in Nuovi
Quaderni del Meridione , IV, 1966, n.16, pp. 460-491.
223F. Brancato, Sette giorni di repubblica a Palermo, cit., pp. 107-108.
224Ivi, p.109.
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225Ivi, p.110. In corsivo la citazione tratta da Dispaccio del conole di Francia a Palermo,
De Sènevier, del 22 settembre 1866 al suo governo, in Archives du Ministère des AA. E.E.,
Parigi, Corrispondence politique, Italie,t. 5, Palerme, 234-236.
226 Giornale di Sicilia, Palermo, 24 settembre 1866, cit in F. Brancato, Sette giorni di
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228Ivi, p.113.
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Appendice
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Bibliografia
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