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15 / 6 / 1918
Sto morendo
e tu non lo sai.
Chiss a che pensi.
Mi stai aspettando?
Vorrei parlarti
in tutte le lingue del mondo.
Vorrei parlarti,
dirti tutto quello che ti ho taciuto.
Vorrei parlarti
ma non posso.
quasi estate,
e io sto morendo.
Dovrei gridare:
Io mi sono battuto! Per l'Italia!
Ho avuto coraggio.
Ho sofferto il freddo
e la fame.
Me ne vado con orgoglio!
Ma vorrei gridare:
Io mi sono battuto. Per te.
Perch ho avuto paura.
Ho sofferto il freddo
e la fame.
Me ne vado, ma non voglio.
Isabella Sacchi III D Liceo Classico U.Foscolo
Stefano Andronio 2B Liceo Foscolo. Mando la poesia/pensiero legato al messaggio nella bottiglia. La
scheda clinica era di un soldato del reggimento degli zappatori. Il messaggio era "Con l'aiuto di Dio avr la
fortuna di tornare vittorioso" . Questo invece quello che ho scritto io:
Studiando la guerra sui libri ci si abituati a immaginare scontri tra pedine, senza anima, senza
vita, senza identit. Io invece associo alla parola guerra una che potrebbe suonare come un
ossimoro: UMANITA.
La guerra la combatte un uomo, fatto di carne. Al fronte ha paura; mentre corre verso il nemico
pensa a sua moglie e a quel piccolo bambino che ha lasciato. Pensa a quanto gli manchino. Ha
paura di non poterli pi riabbracciare, di lasciarli soli per sempre. Vede i loro volti e vorrebbe
baciarli.
Pensa a sua mamma, a quanto bene le ha voluto e quanto adesso lei sia disperata e angosciata per
lui. Vorrebbe essere tra le sue braccia ora, tornare a quando era bambino, farsi coccolare e
cantare la ninna nanna per addormentarsi dopo un brutto sogno. Vorrebbe poterla rassicurare ed
essere rassicurato.
Di notte non dorme, ma pensa a quelle trascorse con i suoi amici, divertendosi e facendo pazzie.
Ha nostalgia di loro.
Ma sa che non torner; intorno a lui tutti muoiono, lui stesso uccide, perch proprio lui dovrebbe
vivere?
No, non diverso dagli altri. Anche lui presto se ne andr, ma nonostante questo ama. Quelli che
sta trascorrendo in trincea sono giorni perduti, vuoti, senza senso perch lontano dalle persone
che gli sono care. Nel ventre della bestia, circondato da orrori lui ama. A contatto con la morte si
rende conto che lamore lunico sentimento vero di chi vive, ed esso cos forte e intenso da
rompere qualsiasi vincolo di disperazione.
La guerra piena di umanit.
Margherita Corbellini - II B Foscolo.
ll soldato si chiamava Giovanni Brambilla (o Brembilla), classe '95, di San Zenone Al Po.
'Quando torner vi abbraccer uno ad uno perch qui spesso abbraccio i compagni caduti quando ormai
troppo tardi'
Caro Giovanni,
non facile scrivere una lettera a qualcuno che non c' pi, e se possibile ancora pi difficile se quella
persona non la conoscevi nemmeno. Ho deciso di fare lo stesso un tentativo, mi ha incuriosita infatti il
fatto che tu provenissi dal mio stesso paese, un piccolissimo paese circondato dalla campagna; questo mi
fa pensare a come tu abbia vissuto, a quante persone conoscevi, a che giochi giocavi, in che posti andavi,
dove facevi le passeggiate e in che punto dell'argine guardavi le stelle, che a volte si tramutavano in
bombardamenti. Ti posso assicurare che molte cose sono rimaste com'erano prima, e si pu ancora
andare a vedere le stelle.
Mi ha colpita molto la tua frase, sei morto a 23 anni, eri ancora giovane, avevi tanti progetti, tante cose
che avresti voluto fare.
Ma la morte non aspetta.
Purtroppo la vita a volte ci chiede di diventare uomini in anticipo, di rinunciare a noi stessi in nome di
qualcos'altro. Tu lottavi per la tua Patria, perch una vita in schiavit meglio non viverla, hai scritto ai
tuoi cari, sperando di rivederli presto, sperando di non essere tu il compagno caduto da abbracciare,
sperando di trovare qualcuno una volta tornato a casa, sperando di rivedere il volto dei tuoi genitori, dei
tuoi fratelli; e condividevi quell'inferno che la guerra con altre persone, e magari questo, per quanto
possibile, la rendeva meno pesante.
Ma in guerra il sole non splende mai, c' solo fumo e nebbia e spari e bombardamenti e ferite e compagni
che vorresti poter salvare ma che puoi solo guardare inerte pregando Dio che tutto sia solo un sogno, un
brutto sogno.
Non so se tu sia riuscito a rivedere i tuoi cari, ma so che giorno per giorno ognuno di loro sull'uscio di casa
ha sperato di vederti tornare in lontananza, di mangiare un pasto caldo con te, di riabbracciarti e magari di
tornare a guardare insieme le stelle come ti avevano insegnato.
Nadia Riccardi - IIB Foscolo
Ancora una volta, ma da un altro fronte, io guardo l'umanit. Poco cambiato: la lezione non servita a
molto. Neanche due guerre mondiali sono riuscite a frenare l'egoismo e la brama di potere che hanno
portato interi popoli ad affogare la propria dignit in un bagno di sangue. vero, la pace c' stata, ma io mi
chiedo: era veramente pace ? Pace sinonimo di tolleranza, armonia, solidariet, rispetto e molti altri
valori che sicuramente l'uomo ha cercato di nascondere dietro la propria ipocrisia da sempre. Questa pace
non avrebbe dovuto essere solo una vittoria diplomatica, il risultato superficiale di un imperativo
socialmente utile, ma avrebbe dovuto ripagare il prezzo della sofferenza e dell'atrocit che avevano
sconvolto l'esistenza di quelle anime innocenti, mandate a combattere con nient'altro se non con l'ordine di
uccidere e la speranza di sopravvivere nel cuore. Io, soldato, ero un semplice burattino nelle mani dei
potenti. Per loro in palio c'erano ricchezza e potere: noi desideravamo solo salvarci. Loro avrebbero anche
vinto la guerra, ma non avrebbero mai potuto vincere l'immagine della morte che porto dentro.
Elisa Angelini e Margherita Angelini
Liceo Foscolo
Amici miei vi dico addio con queste, forse ultime, parole. Vi dico addio con lardore immutato con cui ho
combattuto insieme a voi, amici miei.
Questa frase mi ha fatto venire in mente un passo del libro Il sergente nella neve di Stern, intitolato
Saper restare uomini :
La nostra artiglieria non spara pi da un pezzo. Avevano pochi colpi, li avranno sparati tutti. Ma perch
non scende il grosso della colonna? Che cosa aspettano? Da soli non possiamo andare avanti e siamo gi
arrivati a met del paese. Potrebbero scendere quasi indisturbati ora che abbiamo fatto ripiegare i russi e li
stiamo tenendo a bada. Invece c uno strano silenzio. Non sappiamo pi niente, nemmeno degli altri
plotoni venuti allattacco con noi. Compresi gli uomini del tenente Danda, saremo in tutto una ventina. Che
facciamo qui da soli? Non abbiamo quasi pi munizioni, abbiamo perso il collegamento con il capitano, non
abbiamo ordini. Se avessimo almeno munizioni! Ma sento anche che ho fame, e il sole sta per tramontare.
Attraverso lo steccato e una pallottola mi sibila vicino. I Russi ci tengono docchio. Corro e busso alla porta
di unisba. Entro. Vi sono dei soldati russi, l. Dei prigionieri? No. Sono armati con la stella rossa sul
berretto. Io ho in mano il fucile. Li guardo impietrito. Essi stanno mangiando attorno alla tavola. Prendono il
cibo col cucchiaio di legno da una zuppiera comune. E mi guardano con i cucchiai sospesi a mezzaria.
Mni khocetsia iestj (datemi da mangiare)- dico. Vi sono anche delle donne. Una prende un piatto, lo
riempie di latte e di miglio con un mestolo, dalla zuppiera di tutti, e me lo porge. Io faccio un passo avanti,
mi metto il fucile in spalla e mangio. Il tempo non esiste pi. I soldati russi mi guardano. Le donne mi
guardano. I bambini mi guardano. Nessuno fiata. C solo il rumore del mio cucchiaio nel piatto. Ed ogni mia
boccata. Spaziba (grazie)- dico quando ho finito. E la donna prende dalle mie mani il piatto vuoto.
Pasausta (prego)- mi risponde con semplicit. I soldati russi mi guardano uscire senza che si siano mossi.
Nel vano dellingresso ci sono delle arnie. La donna che mi ha dato la minestra, venuta con me, come per
aprirmi la porta e io le chiedo a gesti di darmi un favo di miele per i miei compagni. La donna mi d il favo
ed io esco. Cos successo questo fatto. Ora non lo trovo affatto strano, a pensarvi, ma naturale. Di quella
naturalezza che una volta devesserci stata tra gli uomini. Dopo la prima sorpresa, tutti i miei gesti furono
naturali, non sentivo nessun timore, n alcun desiderio di difendermi o di offendere. Era una cosa molto
semplice. Anche i Russi erano come me, lo sentivo. In quellisba si era creata tra me e i soldati russi, e le
donne e i bambini, una armonia che non era un armistizio, era qualcosa di molto pi del rispetto che gli
animali della foresta hanno luno per laltro. Una volta tanto le circostanze avevano portato degli uomini a
saper restare uomini. Chiss dove saranno ora quei soldati, quelle donne, quei bambini. Io spero che la
guerra li abbia risparmiati tutti. Finch saremo vivi ci ricorderemo, tutti quanti eravamo, come ci siamo
comportati. I bambini specialmente. Se questo successo una volta, potr tornare a succedere. Potr
succedere, voglio dire, a innumerevoli altri uomini e diventare un costume, un modo di vivere.
La motivazione del mio collegamento appunto il saper restare uomini, nonostante la guerra. Nel libro non
compare mai la parola nemico, ma solo russo. Questo a mio parere sta a significare che anche se si
combattono, i soldati tra loro non si reputano nemici, ma amici, perch hanno lo stesso obiettivo, lo stesso
destino. Il soldato del libro, cos come i russi, poteva entrare, sparare e fare una strage. E invece quella in
cui si trovato era una situazione umana, una cena tra compagni, e avendo dato rispetto, ne ha ricevuto
indietro, proprio come accade nellamicizia, proprio come tra uomini. E come il nostro soldato rivolge le
sue ultime parole ai suoi amici e compagni, cos il soldato del libro pensa ai suoi compagni affamati quando
chiede il favo. Non importa quanto la guerra porti a credere di aver perso la propria umanit, i principi
fondamentali che caratterizzano la nostra vita restano immutati nella dignit.
Beatrice Marabelli
Ciao, siamo 3 ragazze della III B del Foscolo (Arianna Panati, Maria Peruselli, Simona Ficara), ecco quello che
abbiamo scritto:
Migliaia di giovani, con lincombere della Grande Guerra, sono stati strappati alle loro vite e alle
occupazioni tipiche della loro et, per servire la Patria, senza essere nemmeno cos consapevoli di cosa
avrebbero dovuto affrontare. Nei momenti iniziali trionfava lentusiasmo, perch tutti si sentivano uniti in
vista di una grande impresa e ognuno si sentiva un po eroe. Ben presto, tuttavia, emerse il vero volto della
guerra, con tutto il suo orrore, la sua brutalit, la sua disumanit e crudelt: ed cos che un uomo non
pi un uomo, si riduce ad essere uno strumento privo di sentimenti e privo della possibilit di agire come
un essere umano. In questo modo, un ragazzo qualunque costretto a trascorrere interminabili giornate
buttato per terra, tra paglia e fango, senza sapere se quella giornata sar la sua ultima o avr la possibilit
di viverne altre, schiavo di una grande macchina che non pu controllare e che si serve di lui come se fosse
soltanto una marionetta. Questo ragazzo vede sofferenza e morte dovunque si giri ed obbligato a
uccidere, poich cos gli stato comandato e soltanto in questo modo potr sopravvivere. La guerra cambia
gli uomini irreversibilmente e sradica il valore che una vita, come tante, possiede.
Caro pap, spero hai trovato il tuo cavallo che avevi smarrito. Ricordo con piacere i giorni passati a
lavorare insieme nei campi con laria tra i pensieri
Caro Umberto,
ti rispondo dicendoti che sono finalmente riuscito a trovare il mio cavallo, per fortuna! La pi grande
perdita che devo sopportare, per, il non averti pi a casa e il non poter pi lavorare insieme come
facevamo prima che tu fossi costretto a partire. Continuo a sperare che questa guerra finisca e non vedo
lora di poterti riabbracciare. Qui la situazione non semplice, ma si fa del proprio meglio per tirare avanti.
Quando trascorro le mie giornate nei campi mi vieni sempre in mente tu e, nonostante i miei rimproveri
quando non mi ubbidivi, ho tantissima nostalgia della tua compagnia e del tuo aiuto. Ti auguro, quando
sarai anche tu padre, di non doverti mai separare da chi ti vuole bene, soprattutto in una circostanza
dolorosa come la guerra. Sii il ragazzo forte che conosco, sono sicuro che ci riabbracceremo.
Pap
L'uomo distrugge tutto ci che crea con la guerra, distrugge se stesso e la sua essenza pi profonda.
Lascia che l'odio e la sete di vendetta e di potere gli lacerino l'anima. Poi improvvisamente si rende
conto di aver perso ogni cosa perch il suo cuore pi leggero, gli manca qualcosa....ma cosa? quel
brivido, quella vibrazione che prova quando il suo cuore palpita. Lo rende vulnerabile, vero, ma
descrivere quanto lo faccia sentire felice impossibile. Intendo l'amore. non forse ci che fa
ricordare all'uomo ci che veramente?
Arianna Tabaro classe 2b liceo classico Ugo Foscolo
Dicono che se credi in Dio, Dio non ti lascer mai solo. Chi pi solo di un ragazzo in guerra? Ma dimmi,
quando hai avuto pi paura, hai pensato a Dio o a tua madre? Oppure non hai pensato affatto? Ma dimmi
ancora, la notte, al freddo, mentre i cannoni urlavano il tuo nome, chi hai pregato? Il Padre Nostro o tuo
padre? E se ti fosse andata bene, chi avresti abbracciato? La Madonna o tua sorella? Ed infine, quando te
ne sei andato, era davvero cos diverso il voto di Ges lass da quello dei tuoi nemici quaggi?
Costanza Bosone
Liceo Foscolo
II B
Che colpa fargliene se l'anno precedente godeva noncurante, come qualsiasi suo coetaneo?
Questa esperienza lo aveva portato a vedere il mondo in termini diversi, come se i suoi occhi fossero
invecchiati prima del tempo e ora appartenessero non pi ad un giovane ma ad un uomo.
Ma che tipologia di uomo pu venir fuori dalla guerra? Il prodotto finito di un processo istantaneo e
necessario che non ammette esitazioni e ti schiaffa la morte in faccia.
Responsabilit e paura vanno a braccetto, ma forse una pi vigorosa, a tratti non la si controlla. La paura
di morire pi subdola e sottile nei giovani, infatti questi non hanno mai considerata la morte, si sentono
intoccabili, possono fare tutto.
Ragazzi anagraficamente ma uomini forzatamente.
(Greta Pagliai)
Carissima madre,
giacch la notte calata e alle nostre stanche membra permesso abbandonarsi al riposo per qualche ora,
colgo l' occasione per scrivervi. Come detto, notte, e mi trovo sdraiato nella posizione fetale in cui da
ormai undici mesi sono costretto a mangiare, dormire, combattere e sognare... S, sognare, perch l' unica
ragione che mi tiene disperatamente aggrappato alla vita la speranza di rivedere voi e il babbo.
Oggi vi stato un violento attacco da parte degli austriaci, e un nostro compagno letteralmente saltato in
aria allo scoppio di una granata, a pochi passi da me... La cosa assurda e terrificante che combattevamo
insieme da quasi un anno e io non sapevo nemmeno il suo nome, quanti anni avesse o da dove venisse; ma
che senso ha interrogarsi sulla sua storia? Alla fine, essa non tanto diversa dalle nostre, noi povere bestie
da macello in attesa di essere sacrificate in nome della giusta causa... Ma qual , la giusta causa? Chi ha
deciso che la guerra fosse necessaria, con quali criteri essa decide di salvare alcuni, e di far sprofondare
altri? E' tardi, e domani ci aspetta una lunga marcia. Potrebbero passare settimane prima che riesca a
spedirvi nuovamente mie notizie, e dunque Vi prego di serbare gelosamente questa lettera, e di
abbracciare il babbo da parte mia
Con affetto
Guido
Amina Fraccaro (classe III D del Liceo Foscolo)
Antonio scrive a sua madre: le sue parole comunicano tristezza mentre descrive il modo in cui la primavera
muta il paesaggio; ricorda casa: il luogo della gioia, delle memorie affettive e della sicurezza che egli non
prover pi.
Mi viene da pensare che per me la stagione pi bella e felice proprio la primavera. Al suo arrivo si
comincia a vedere il sole e la natura comincia a preannunciare i suoi colori, che esprimono armonia e
bellezza.
La differenza che per un soldato tutte le stagioni sono uguali, contrassegnate da violenza e sofferenza,
nessuna particolarit della natura rallegra delle vite che quotidianamente assistono alla morte...
Queste memorie sono reperti preziosissimi che, nella loro tristezza, comunicano il dolore e la sofferenza
che la guerra provoca e ci insegnano che essa dev'essere evitata.
importante ricordare.
Federica Raciti IIB, Liceo Foscolo
Quanta tenerezza emerge dalle parole di questo soldato mentre si rivolge disperatamente alla
propria madre raccontando il proprio sconforto, sconforto di un uomo contrassegnato ormai da
un'esistenza "povera e delusa". Colui che parla un uomo ridotto a condizione bestiale, che non
ha altro desiderio se non quello di tornare a casa, reso ancora pi forte dalla bella stagione che
esplode. La tristezza che traspare da questo foglio indescrivibile, resa ancora pi cruda dal
ricordo dei propri affetti ormai perduti.
Rossella Catona