Editing, redazione ed impaginazione: a cura dellautore. Immagini di copertina: Senza titolo, John Kenn Mortensen. 2014 Lou Brown Email: lou_brown@hotmail.it Blog: mynameisloubrown.blogspot.it
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Ed eccomi qui. Senza un cazzo da fare. Tranquillo sulla mia terrazza. A bere rum nel crepuscolo. () Mi piace cos. Niente di eterno.
Trilogia sporca dellAvana, Pedro Juan Gutirrez 6
7 Prologo Qualcuno di voi forse conoscer la storia della puttana che, in un momento di totale sconforto, ricordandosi di quel modo di dire, spararsi la merda, si riemp una siringa con i propri escrementi e se li pomp in vena, provocandosi degli ascessi che le furono fatali. Ecco, questa quella che si potrebbe tranquillamente definire una storia di disperazione. Anche quella che vi sto per raccontare, a suo modo, lo . Ma non pensate di trovarci puttane qui sopra. Quella che segue soltanto la storia di un ragazzo e del suo male di vivere. Niente di pi noioso, allapparenza.
8 Capitolo I Sveglio. Scosse mi penetrano come coltelli nella carne viva. Nervi tesi, a fior di pelle. Fuoco nelle vene e in bocca uno sciopero proclamato in massa dalle ghiandole salivari. Nella testa solamente un gran frastuono. Giro lo sguardo verso laltra met del letto. Vuota, come sempre. Sono solo. Una verit che alcune volte piuttosto difficile da mandar gi. Oggi uno di quei giorni, mi sa. Lo capisco ora che in testa torna a farsi vivo un ricordo sfocato. Attraverso la fitta nebbia della stanza, riconosco una bottiglia di vino rosso, un piacevole diversivo alla serata altrimenti monopolizzata dalle dolci sensazioni offerte da un grammo o poco pi di nero afgano, prelibatezza che, almeno fino a qualche anno fa, consideravo reperibile pi o meno quanto un doblone antico dentro il registratore di cassa di un minimarket. Pouf! Il breve flashback interrotto da un improvviso ritorno alla realt dei fatti. 9 Sollevo la mia carcassa sconquassata. Le ossa mi fanno un male boia, sembra che il diavolo ci abbia ballato sopra per tutta la notte. Finalmente in piedi, mi metto alla ricerca delle ciabatte di tela, disperse Dio solo sa in chiss quale angolo della stanza. lesperienza affinata negli anni a suggerirmi di setacciare quellimmonda area di pavimento che si cela sotto il letto. Faccio dunque perno sulla gamba destra e allungo la sinistra verso quegli oscuri meandri. La muovo tra strani oggetti dalle forme pi disparate, finch con il piede percepisco qualcosa che sembra vagamente somigliare a delle calzature. Scoprire si tratti effettivamente delle ciabatte che vado cercando con tanto affanno mi gonfia il petto dello stesso orgoglio che illuminerebbe un vecchio archeologo a tu per tu col pi importante rinvenimento di tutta la sua carriera. Recuperato il bottino, rimango per una decina di secondi buoni davanti al led rosso dellimpianto hi-fi, fido alleato di mille risvegli e di altrettante veglie notturne. Riesco a svignarmela indirizzando il passo verso lo specchio posto tra le due ante in legno dellarmadio. Da l posso analizzare la mia splendida mise: porto dei pantaloni di un vecchio pigiama di flanella; sopra, una t-shirt rossa con la serigrafia nera di un toro stilizzato, souvenir di un memorabile viaggio in terra iberica. Mi massaggio il viso, sfregando le palpebre semichiuse quasi a voler raschiare via la ruggine che le ricopre. Devo per arrendermi allevidenza. Faccio schifo! Occhi vitrei, iniettati di sangue. E queste macchie, che si espandono fin quasi agli zigomi, somigliano pi a dei lividi 10 che a delle occhiaie. Sono un cadavere in stato di decomposizione. Mi vedesse George Romero, non ci penserebbe su due volte prima di scritturarmi per uno dei suoi film dellorrore. Non posso essermi ridotto in questo stato, non ci credo. Piangersi addosso, per, non risolver di certo il problema. Degli esercizi ginnici, ecco cosa ci vuole per rimettermi in sesto. Inspirare, espirare, dare un ritmo regolare alle flessioni. E anche alla mia vita. Ho bisogno di disciplina, di una figura intransigente alla Sergente Hartman in Full Metal Jacket. Ho bisogno di qualcuno che mi urli nelle orecchie frasi tipo: Non mollare, stupido pappamolle! Una roba cos sarebbe in grado di iniettarmi nelle vene una dose massiccia di umiliazione allo stato puro, lideale per dar vita a unennesima giornata di merda. Mi faccio coraggio. Butto il corpo in avanti, premo i palmi a terra e do inizio allallenamento. Uno. Due. Tre. Quat Dopo neanche quattro piegamenti, patetico e afflitto come un pugile ormai allo strenuo delle forze, dichiaro la resa. Sto per afferrare il telefono e comporre il numero del Pronto Soccorso per chiedere aiuto a uno sfortunato interlocutore. Potrei destabilizzarlo osando paragonare il mio sforzo alla grande jihad del popolo musulmano. Ma forse meglio evitare. Di nuovo in piedi, mi tolgo la maglia e mi metto davanti allo specchio, a petto nudo. Ogni volta che vedo la mia immagine riflessa sul vetro, la disperazione assume le sembianze di un cavatappi, le mie budella quelle di un tappo di sughero entro cui girare. 11 Cazzo! Chiss se in questo catorcio c ancora qualcosa da salvare prima dello sfascio definitivo. Poco. Probabilmente niente. Non bado alle apparenze, sia chiaro. Potrei anche possedere una pancia sporgente e floscia, non cambierebbe assolutamente nulla. Quindi non fatevi idee sbagliate. Non ho dichiarato guerra a chi fa sfoggio della propria opulenza borghese. La mia non nemmeno una forma di solidariet nei confronti di coloro i quali, quotidianamente, elemosinano un pezzo di pane o anche solo una stilla dacqua piovana. Sono un ragazzo senza cuore o forse solamente un idiota che fuma troppo e beve ancora di pi, ma la realt che non mimporta un fico secco di quello che mi accade intorno. Non minteressa di oppormi allavidit collettiva, allingordigia che ha infestato la razza umana, che ha trasformato le persone in tanti stupidi consumatori. Se spazzassero via lumanit intera, non sarebbe un gran danno, almeno dal mio punto di vista. Davvero, non me ne frega niente della gente. E non mimporta nemmeno di salvare le balene o le tigri bianche o chiss quale altro sfigato animale in via destinzione. Non sono la persona sensibile che qualcuno di voi, magari, si sar immaginato. No, cari miei, mi spiace deludervi. Di ci che mi circonda, spero vi arrivi il concetto, non me ne frega assolutamente niente. Non me ne importa nemmeno di me stesso, figuratevi quanto me ne pu fregare degli altri. Davvero. Non ho a cuore la mia salute, n il mio aspetto esteriore, n niente di niente di niente. Ok, lo so, sono parecchio strano, ma non posso farci nulla. E non cercate 12 di capirmi, tantomeno di cambiarmi, vi prego. Sarebbe solo fatica sprecata. Meglio riprendere il giro di perlustrazione per la stanza, con la speranza di riattivare anche i miei meccanismi vitali. O Dio, ti ringrazio! I miei occhi intercettano un posacenere su cui poggiato un conico manufatto di carta velina. Una canna, tanto per intenderci. Lultimo purino derba che mi rimasto. Lho rollato ieri sera con la sola speranza di dare inizio, questoggi, a una giornata minimamente degna di essere vissuta. Ma non sar cos, nemmeno stavolta. Anche oggi mi aspetta la solita, insopportabile solfa. Sapete una cosa per? Me ne frego. Mi basta il solo tocco di questaffusolato cigarillo per alleviare le mie pene e convincermi a liberare, dal ventre del mio fedele impianto hi-fi, londa roboante di un qualche brano di mio piacimento. Prima di tutto, per, devo rimediare un accendino. Guardo sopra il piccolo tavolo al centro della stanza, un regalo che alcuni miei amici definirono un pezzo dantiquariato indiano. (Accolsi la notizia, senza porre ulteriori interrogativi.) Trovare un accendino in mezzo a sto delirio, per, unautentica impresa. Qui sopra c praticamente di tutto. Un libro di Burroughs, tre palline da giocoliere. E ancora incensi sfusi, cartine, tabacco e inviti a concerti e party selvaggi a cui ho raramente preso parte. Spicca infine, proprio dal centro, una bottiglia da settantacinque centilitri di Nero dAvola. Vuota, ovviamente. Il fuoco che mi divampato dentro stanotte ha eliminato ogni traccia del suo sapore piacevole e robusto. 13 Sterzo lo sguardo su un lato, poi raggrinzisco un po gli occhi mentre cerco di ricordare cosa sia accaduto di preciso la scorsa notte. Ma per quanto possa frugare tra le viscere pi abissali della mia memoria, devo tuttavia arrendermi allevidenza: non ricordo un cazzo. Non so, come se il segnale venisse disturbato da qualche fattore ignoto pure al sottoscritto. Non una novit, intendiamoci. Nella mia mente c sempre un gran bordello. come questo tavolino: pieno di roba che non serve a nulla, buona soltanto a prender polvere. Lordine non trova spazio nella mia vita. Niente, non ce la fa proprio. Il mio cervello un organo a s stante, anarchico. E mi starebbe anche bene cos, intendiamoci, non fosse altro che me ne sbatto dellanarchia e di ogni altra ideologia in genere. Ve lho gi detto, non me ne frega niente di quello che mi succede attorno. Sono un fottuto nichilista, semmai, uno che se ne frega se il mondo sta andando a rotoli. A me basta solo fumare e oziare, oziare e fumare. Ma prima di farmi sta benedetta canna, devo trovare assolutamente un cazzo di accendino. Oh! Eccolo qui, finalmente. Ora potr scegliere la giusta colonna sonora per questa mattinata e posare le mie labbra sulla mia adorata canna. Vediamo. Che musica scelgo? Il dubbio mi assale. Potrei rimanere davanti a questo porta cd per delle ore. Che lo voglia o no, per, devo prendere una decisione. E devo farlo in fretta, a meno che non voglia morirci di vecchiaia in questa posizione. Jamiroquai. Amen! 14 Trovo quasi subito lalbum che ho in mente, Travelling Without Moving. Il primo brano in scaletta Drifting Along, proprio quello che mi ci vuole per ridar vigore a questa carcassa arrugginita. Col polpastrello del pollice destro, do un colpo secco alla rondella dentata dellaccendino, cosicch la fiamma bruci lestremit della canna. Esagero gi dalla prima boccata. Voglio che il fumo mi arrivi gi nei polmoni. Voglio che me li fotta. Premo Play lasciando poi che il pezzo si dilegui negli spazi vuoti della stanza e le note vibrino nellaria come tanti aquiloni in balia di una vivace brezza estiva. Strozzata da uno sbadiglio, intanto, la mia voce fuoriesce roca. Che una nuova giornata di merda abbia inizio! Ci che avete appena letto, signore e signori, la patetica cronaca di ogni mio fottutissimo risveglio. Ogni giorno, aperti gli occhi al mondo, assisto impassibile al mio irrefrenabile declino. Avrei bisogno di qualcosa che desse nuovamente un senso alla mia vita, ma non so affatto cosa. Ho smesso di cercare. Ho smesso di vivere, per lesattezza. Sopravvivo. Perennemente fuori dal mondo. Completamente alienato da questo ostile sistema che mi circonda e che qualche pazzo si ostina ancora a chiamare vita. 15 Capitolo II La mia camera da letto un posto dove il sole non splende mai, dove le ombre sembrano persino fuggire da loro stesse. E purtroppo, per quanto cerchi di convincermi del contrario, lerba che ho appena fumato non aiuter a cambiare le cose. Anzi, sento gi che mi manca laria. Devo uscire da qui. Immediatamente. Al solo cigolio della maniglia, per, un ammasso di pelle e ossa coperto da fuseaux neri e una t-shirt bianca mi assale: Eudora. Eccoti qua!, esclama, scagliandosi su di me con la stessa ferocia di un lupo famelico. Cosa pensi di fare?, urla, con quella chioma irregolare in testa, una composizione impazzita che si combina perfettamente con le parole da lei stessa pronunciate. Anche oggi far casino da mattina a sera? Quando avrai un minimo di rispetto per gli altri, si pu sapere? Parla di rispetto e confonde il moralismo stoico con le banali leggi alla base della pi civile convivenza, nonch della vita in generale. La prima, quella fondamentale: non rompermi i coglioni, ch io, stanne certo, non li romper a te. 16 Imperturbato di fronte a tanto sbraitare, scruto le vene che le sono apparse lungo il collo e sulle meningi, il rosso acceso della sua pelle. La odio. Odio quel suo modo di atteggiarsi a giudice supremo, quella sua insopportabile mania di bacchettarmi per ogni gesto che non rientri nei suoi schemi comportamentali. Odio lei e tutto ci che mi parla di lei. Di converso, anche lei odia me, evidente. Fisso i suoi occhi colmi di astio. In attesa che il rossore della sua fronte e delle sue gote sbiadisca, porto alle labbra la canna e, con un paio di tiri avidi e lunghi, prosciugo la parte residua prima del cartone. Vaffanculo!, faccio io, senza scompormi pi di tanto. S, gi, vaffanculo!, gracchia lei, indispettita. tutto quello che sai dire, vero? Ti si fa un rimprovero e tu vaffanculo! Ti si chiede un favore e tu vaffanculo! Ma vaffanculo tu, brutto stronzo! La ragazza continua a sgolarsi anche quando, concedendole le spalle, mi dirigo con lagilit di un bradipo claudicante verso il cesso. A proposito, insiste, costringendomi a una nuova sosta. Il suo clinch asfissiante il presagio di unennesima giornata di rodimenti che non oso neppure immaginare. Visto che stai andando in bagno, vedi di dare una pulita. Lultima volta che lo hai fatto, Pertini era ancora Presidente della Repubblica. La battuta non riesce nemmeno a strapparmi un sorriso. In compenso, una fitta alla testa mi prende alla sprovvista, 17 costringendomi a una smorfia di dolore. Cos facendo, per, abbasso la guardia, concedendo a Eudora lo spazio necessario per infilare la sua lingua biforcuta. E sei gentilmente pregato di mettere in ordine anche la cucina. un vero porcile. Ma come diavolo fai ogni volta a ridurla in quel modo? Sembra un campo di battaglia. Mi ci vedrei in battaglia, senza elmo, ma con indosso unarmatura squamata e sfavillante in grado di dar lustro al mio glorioso passato da vincente condottiero. Faccia a faccia con le milizie ostili, pazienterei in attesa che Eudora, mio principale antagonista di sempre, si facesse avanti. Alla vista dellorrenda sgorbia nemica, mi avventerei su di lei con inaudita ferocia e, con un netto colpo trasversale simile a quello di un samurai, le trancerei di netto la testa, per poi vederla roteare in aria, precipitare gi e rimbalzare due o tre volte a terra come un pallone sgonfio. Rimarrei l ad ammirare gli zampilli di sangue che sgorgherebbero dalla vena giugulare. E di fronte a quella ferita mortale, godrei dellinsospettabile erotismo celato in quel crudele ritratto medievale. Quando sto con lei, il mio cinismo si trasforma, diventa in un certo qual senso sadismo. Un giorno di questi, credetemi, va a finire che lammazzo. Vi giuro, prima o poi lo faccio sul serio. E poi cos questa musica?, riprende. Ti pare normale tenere il volume cos alto? E questodore derba? nauseante. Qui rischiamo grosso. Guarda tu se un giorno di questi non ci ritroviamo la polizia dentro casa. Ti ho gi detto di andare a farti fottere?, minformo. 18 Non permetterti mai pi di insultarmi, buzzurro che non sei altro! Senti, intervengo, tentando un approccio un tantino pi diplomatico, invece di stracciarmi le palle, perch non dai una lavata a quel topo puzzolente? Vicious un chihuahua, non un topo! E non puzza! Non hai mai puzzato in vita sua, cafone! Vicious? Si pu dare a unorribile bestiola un nome del genere? Vicious, Dio Santo! Una delle perle pi rare e splendenti che il genio di Lou Reed abbia donato allumanit. Madre santissima! Questa ragazza non ha il minimo rispetto per le istituzioni del rock. S, che puzza!, ribadisco. Puzza di merda e rompe anche le scatole, se per questo. Un giorno di questi, se non se la pianta di ringhiarmi addosso, gli do un calcio cos forte che gli cambio i connotati. Brutta testa di cazzo, stronzo maledetto! Vedi di cambiare registro con me o altrimenti Eudora interrompe bruscamente le sue intimidazioni, come abbagliata dai fari del rimorso o forse perch semplicemente incapace di immaginare una punizione esemplare a cui sottopormi. O altrimenti?, domando io, invitandola a completare la frase. Mi sono stufata di te, hai capito? Senza neppure replicare, riprendo il passo in direzione del cesso. Una volta date le spalle alla ragazza, alzare il dito medio della mano destra al cielo mi viene pi spontaneo di qualsiasi altro gesto che quotidianamente riempie la mia 19 esistenza. Come uno sbadiglio appena sveglio o quel senso di inutilit che affiora nella mente e che mi accompagna in questo faticoso e lento incedere delle mie giornate. 20 Capitolo III Resa abitabile parte della casa (sebbene il termine abitabile poco si addica alla totale disperazione che ammorba lintero appartamento), ciabatte ai piedi, trovo finalmente ristoro in un angolo della cucina, poggiato sulla credenza di fianco ai fornelli, cercando nel pacco delle delizie preparate dalla nostra anziana vicina, la signora Mariotti, un qualche dolcetto che, se non attraverso la vista, riesca almeno a incuriosire i miei indiscreti polpastrelli. Raggiunto lapice della gioia semplicemente afferrando una ciambella allanice, mi soffermo poi a osservare il degrado che mi circonda. E cos facendo, ripercorro la strada che, in picchiata, mi riconduce allo sconforto. Questa stanza un autentico letamaio, come quasi il resto della casa, del resto. Ma la cucina, pi di ogni altra stanza, custodisce un non so che di sinistro. In parole povere, fa veramente schifo. E non solo per via delle pareti fuligginose o per le ragnatele appese agli angoli del soffitto. Cataste di piatti, posate, padelle, pentole e bicchieri si erigono dal lavandino fino a lambire lo scolapiatti. E ce n ancora. Cartoni di pizza, fogli di Scottex e lattine di birra accartocciate traboccano da 21 una busta in plastica troppo piccola per contenere tutta la spazzatura accumulata da circa una settimana. Il grosso tanfo che ne fuoriesce (a cui sono tuttavia assuefatto) richiama giornalmente cospicui sciami di mosche che ronzano macabri e indisturbati per la stanza. Sollevare i piedi dal pavimento, oltretutto, una vera impresa. Le suole delle ciabatte si attaccano come delle ventose alle mattonelle. Questo indefinibile strato di unguenti e detriti viscosi potrebbe tranquillamente essere il residuo di un devastante raduno di impasticcati. Ma chi mi conosce sa che lunico responsabile di questo scempio sono io. Io insieme a quella stronza di Eudora, naturalmente. Comincio ad avvertire un forte senso di nausea. Forse il caso di deviare lo sguardo su altre latitudini. Mi soffermo sulla fiamma glauca del fornello che, come tante minuscole piume, solletica il fondo della moka, ormai prossima genitrice (si spera) del mio primissimo caff di giornata. Ah, il caff del risveglio! Un vero portento. come se, per usare uneguaglianza matematica, il caff stesse alla causa, come le mie feci alleffetto. Il mio corpo, almeno in questo, un meccanismo perfetto. Per il resto tutto un gran bordello. E ci cos da quando, gi durante gli anni delladolescenza, mia madre mi concesse il permesso di sorseggiare qualche goccia di caff dalla sua tazzina. Cos facendo, sebbene inconsapevolmente, gett le basi di quella che, in seguito, si rivel la mia prima vera forma di dipendenza. Cominciai con un paio di tazzine al giorno, una al risveglio, laltra dopo pranzo. Ben presto considerai il caff come una sorta di preambolo alla sigaretta. Luno divenne direttamente 22 proporzionale allaltra: tanti caff bevevo, altrettante sigarette fumavo. Il problema fu che, a forza di frequentare i bar del quartiere, il mio consumo quotidiano di caff (e conseguentemente di sigarette) aument notevolmente. Lo sfizio si tramut in vizio e, senza neppure accorgermene, raggiunsi una media giornaliera che, son certo, molti di voi non avrebbero grossi problemi a definire insostenibile. Mi guardo attorno in attesa del caff. La casa stranamente rapita da uno sconcertante silenzio. Ora che, sullorologio appeso alla parete della cucina, le lancette segnano le nove e trentasette e che quel topo di nome Vicious se ne sta ancora a oziare dentro la sua cuccetta. Ora che la musica terminata e che quella belva di Eudora, gi da qualche minuto, se n tornata nella propria stanza, impegnata nella farsa di uno studio a cui non seguir mai alcun esame. una di quelle mattinate sotto tono, insperabilmente miti. E gi, perch di queste mattinate cos tranquille se n persa davvero traccia qui a Perugia. Da un po di tempo a questa parte, tutto mi pare cos opprimente, angosciante, assolutamente insopportabile. Boh! Saranno i miei sbalzi dumore, le paranoie, i miei vizi pi luridi. Negli ultimi tempi il mio sistema nervoso se n andato in corto circuito tante di quelle volte che non so se mai riuscir a riprendermi. La memoria una di quelle cose che ha accusato maggiormente il colpo. Molti ricordi del passato sono finiti nel calderone dei misteri pi bui, un grande recipiente saturo di rimorsi e rimpianti, gioie e lotte sanguinose, emozioni contrastanti che, di tanto in tanto, spuntano fuori senza un ordine prestabilito. 23 Con la testa poggiata sullo scaffale, intanto, lascio che la mia mano sintrufoli di nuovo nello scartoccio dei dolciumi, destra nel rinvenire, tra i biscotti al cioccolato, unaltra ciambella allanice o, in alternativa, un pezzo di crostata farcito con della marmellata di visciole. S, lo confesso, preferisco la marmellata alla cioccolata. A dire il vero, la cioccolata non la mangio proprio. Ho infatti unintolleranza poco frequente, una curiosissima forma di idiosincrasia che risale a qualche anno fa. Ancora adolescente, tutte le volte che ne assaggiavo anche solo un cucchiaino, la mia pelle veniva invasa dalle bolle. Avevo bolle dappertutto: sugli avambracci, sul petto, sul dorso delle mani e dei piedi. Per non parlare dei miei continui raptus dira. Nessuno capiva la causa di certe mie reazioni cos violente. Una volta, per, mi capit di leggere su una rivista le vicende di un ragazzino inglese, noto ai suoi concittadini per essere una vera peste. A soli nove anni, il piccolo aveva gi rotto i vetri della parrocchia, divelto le lapidi del cimitero, rubato una motocicletta e tentato di far deragliare un treno. Malgrado le dicerie su una sua presunta malattia psichica, si scopr che il giovane era soltanto vittima di una rara forma dintolleranza alimentare. I medici scoprirono che a provocare quelle sue irrefrenabili crisi di violenza era proprio una particolare allergia al cioccolato. Scavando nel profondo di quella mia insolita intolleranza, forse gi da allora avrei dovuto comprendere quali anomalie si celassero in me. Imperfezioni che ritrovo ora nello stesso equivoco individuo, sgarbato e malfattore, disonesto e manigoldo, che guarda spuntare, dallo scolaposate in plastica, un lungo coltello dalla punta acuminata con la medesima, 24 intensa ingordigia con cui, nel frattempo, divora dei deliziosi dolci caserecci. Quel coltello, utilizzato indistintamente per pelare ortaggi e affettare salumi, pane e quantaltro, riflette sulla lama la luce tersa del lampadario. Una luce su cui continuo a tener fisso il mio sguardo da maniaco, mentre, poggiato con la nuca sullo scaffale, attendo con impazienza che un dannato borbottio annunci la fuoriuscita della miscela arabica dal comignolo della caffettiera. Meglio pensare ad altro. Per esempio, a una convivenza difficile (talvolta quasi impossibile) con una ragazza che non ha nemmeno un fondoschiena decente su cui fantasticare; a una stabilit psichica apparentemente troppo lontana dallessere raggiunta; ma, soprattutto, a una macchinetta che non mostra alcun interesse a sputar fuori la bench minima stilla di caff. Lo stomaco invia gi i primi lamenti, versi che uniscono le lagne di uno zombie, le urla di un posseduto e le suppliche di un eroinomane in piena crisi dastinenza: Caffeina! Ho bisogno di caffeina! E mentre gi immagino di ricorrere alla Bibbia per trovare la preghiera adatta al mio esorcismo (o quanto meno sufficiente a convincere la caffettiera a terminare nel pi breve lasso di tempo il suo lavoro), la suoneria monofonica del mio attempato cellulare (una versione quasi irriconoscibile di Lonely road to Damascus di Milt Rogers) cancella di colpo il progetto di una morigerata quiete mattutina. Pronto!, dico, senza neppure avere il buonsenso di leggere sul display lidentit del mio interlocutore. 25 Capitolo IV Pronto!, insisto, in attesa che qualcuno, dallaltra parte, risponda. Mi senti? S!, faccio io. Sono Franz. Una scarica di impulsi scuote il mio cervello ancora sbronzo. Ohi, Franz! S, ora ti sento. Scusa, ma questo cellulare del cavolo... vecchio, non vale niente. Dove sei? Per quanto negli ultimi tempi frequentare questo ragazzo si sia rivelata unattivit abbastanza ricorrente e per certi versi, non posso negarlo, anche piuttosto sollazzante, lidea di dover rendere conto a qualcuno di quello che faccio mi mette addosso unangoscia che non sto neppure qui a spiegarvi. A casa, rispondo. Perch me lo chiedi? Detto in assoluta sincerit, infatti, non capisco cosa gliene importi di dove mi trovo in questo preciso istante. Cavolo! Avr il diritto o no di rimanere rinchiuso dentro il mio 26 tugurio senza che un rompipalle qualsiasi mi venga a scassare i beneamati? A casa?, fa lui, evidentemente stupito. E per quale cazzo di motivo saresti ancora a casa? Continuo a non capire. Davvero, non comprendo il perch della telefonata. Cosa cazzo vuole Franz da me? Be, mi sono svegliato da poco e No, eh!, interviene lui, senza lasciarmi concludere la frase. Cosa c?, gli domando. Non vorrai mica farmi credere che non sai che giorno oggi. Che giorno oggi... ma che centra! Non sai che giorno oggi, vero? Questa tiritera comincia a darmi sui nervi. Senti, ma che cazzo chai, si pu sapere? Il mio sfogo, per qualche istante, lo ammutolisce. Non cho mica bisogno di una segretaria. Me la so cavare anche da solo, ok? No, non ok manco per il cazzo!, fa lui. Se fosse stato ok, ti saresti ricordato dellappuntamento di oggi. Una scintilla. Una connessione sinaptica avvenuta in chiss quale profondo serpeggiamento della mia mente obliata. Ah! Ora capisco. Finalmente. No, Franz. Vorrei dare definitivamente un taglio a questa telefonata e tornare a maledire la mia fottutissima macchinetta del caff. Solo questo, non chiedo altro. Hai preso un abbaglio. Lappuntamento per domani. Domani? La sua domanda lascia dietro di s una misteriosa scia. Sbalordimento, o qualcosa del genere. 27 Eh!, rispondo. Domani! Tu non sai che giorno oggi, vero?, chiede lui. Certo che lo so, rispondo, sempre pi irritato. Per chi diavolo mi ha preso questo qui, si pu sapere? Dai, allora dimmelo. Che giorno oggi? Che ansia, Franz! Ma che t preso? Davvero, che cazzo gli si sar successo stamattina? Mi sta facendo il terzo grado. Sembra un ispettore di polizia alle prese con uno dei pi pericolosi criminali che la storia ricordi. Ancora non mi conoscete, ma so che nessuno di voi mi vedrebbe mai nei panni di un malvivente. Comunque, se lo vuoi sapere, il 31 novembre. Che cavolo di giorno dovrebbe essere, se no? Il trentu oh, porca puttana! Cosa c che non va? Cosa c che non va? , ripete lui. Hai pure il coraggio di chiedermelo? Cosa c di male a chiedere cosa c che non va? Lo vuoi sapere?, fa lui. Lo vuoi proprio sapere, grandissima testa di cazzo che non sei altro? Be, s, rispondo. Non puoi mica tenermi al telefono per tutta la mattinata. Tieniti forte, allora. C che non esiste alcun cazzo di 31 novembre! Ecco cosa c che non va! Novembre ne ha soltanto trenta di giorni. Trenta! Ma mai possibile che non ci sia mai stata una cazzo di maestra che tabbia insegnato quanti giorni ha ogni mese dellanno? Cio, tu vuoi forse dirmi che oggi Dai, che ci sei quasi, bello! 28 Porca troia! Mi colpisco la fronte con il palmo della mano. E intanto desidero solamente sprofondare per la vergogna. Il primo dicembre! Bingo! Allora sei proprio un cazzo di genio! E io che pensavo di avere a che fare con un ritardato mentale. Puttana Eva! Mi sento crollare il mondo addosso. E adesso? Come cazzo faccio? Non riuscir mai ad arrivare puntuale allappuntamento. impossibile. Piantala di piagnucolare e stammi a sentire. Il treno per Roma parte tra poco meno di mezzora. Se ti sbrighi, fai ancora in tempo a prenderlo. Ma... Niente ma!, tuona lui. Muoviti piuttosto! Ok. Il numero del tizio ce lhai?, domanda. Mi pare di s. Ti pare di s o s? S!, esclamo, senza neppure verificare. Ce lho. Bene. La sua voce, finalmente, si rasserena. Sappi comunque che mi devi una birra. Me la sar meritata, no? Be, direi proprio di s. Eh, meno male. Dai, muovi il culo ora! Cia! Click! Fine della conversazione. La casa di nuovo avvolta nello stesso silenzio di qualche minuto fa. Ma una condizione destinata a durare non pi di una manciata di secondi, giusto il tempo di abituarsi a un nuovo ordine di idee. 29 Corre il burrascoso anno duemilaquattro dopo Cristo. Siamo in un Paese divenuto ormai la roccaforte di una schiera di ladri e malandrini che ogni giorno minano le fondamenta della nostra democrazia, visi noti della politica nostrana che vivono di compromessi e frenano ogni atto di gestione pubblica che non porti loro un qualche tornaconto personale. L'uomo, pertanto, si affida a Dio o a qualsiasi altra forza superiore gestisca lintero ambaradan. Per chi non ha pazienza, esiste sempre uno spiraglio chiamato rivoluzione, il sogno di radere al suolo lintero sistema e ripartire daccapo. In questo contesto cos avvilente, vive un giovane ragazzo di ventitr anni, un povero diavolo che ha smesso gi da un po di dare un senso alla propria vita. Ora quel ragazzo ha a disposizione un tempo quasi irrisorio per darsi una lavata, cambiarsi e filare a tutta birra verso la stazione Fontivegge, con la speranza di riuscire a salire sul primo treno disponibile per giungere puntuale a un importante appuntamento di lavoro. E se non ce la facesse? Gi, se non riuscisse ad arrivare in tempo? Cazzo, cazzo, cazzo! (Quel ragazzo, per chi ancora non lavesse ancora capito, sarei io.) Scatto a velocit supersonica in direzione del corridoio, portandomi appresso un insolito interrogativo: se avessi avuto uno straccio di calendario a portata di mano, mi sarei trovato lo stesso in questa situazione di merda? Cristo! Sarebbe bastato che me ne avessero regalato uno per il compleanno, anzich optare per il solito portafogli o per qualche aggeggio elettronico ora buttato da qualche parte nellarmadio. E invece 30 no. La gente non pensa mai a comprare cose intelligenti. La gente compra solo cazzate. Fanculo! Concentrati ora! Concentrati! Tamburello laria con il palmo delle mani, come a voler zittire il marasma che ho in testa. Superata la porta della cucina, mi adopero poi in unassurda pantomima prima di decidere quale direzione prendere. In bagno! La mia ombra si perde nelloscurit del corridoio, un buio pesto che mimpedisce persino di captare, dinanzi a me, la presenza di un ostacolo insormontabile: la porta del bagno. Chiusa, ovviamente. Uno scoppio cupo e improvviso e, senza capire pi un accidente, mi ritrovo steso sul pavimento, con il grugno dolorante e in testa un lieve fruscio e pagliuzze dorate che appaiono e scompaiono a un ritmo intermittente. A un certo punto, mi pare persino di vedere la Madonna. Che tranvata! Uno scontro inaudito. Un colpo tanto violento da farmi capitombolare a terra come in una gag di Stanlio e Ollio. E ora, sdraiato, dolorante sul pavimento, questa porta chiusa mi sembra appena pi alta e imponente del Muro del Pianto. Mi rimetto in piedi, anche se a fatica. Una volta in bagno, verifico davanti allo specchio se nellimpatto il setto nasale abbia riportato dei danni. Chi pu dirlo. Certo che il dolore c e si fa sentire. Non vedo per uscire sangue dalle narici. Muovo quindi il naso con le dita per controllare che non ci sia niente di rotto. Parrebbe di no. Tutto sembra al solito posto: la bocca, gli occhi, le occhiaie, la stessa espressione 31 spenta di sempre. Naso a parte, in effetti non c molto per cui gioire. Non perdiamo altro tempo per. Fa infatti che non riesca ad arrivare puntuale allappuntamento e sar costretto a scrivere altre centinaia di mail con la speranza di ottenere uno straccio di colloquio. Devo darmi una mossa. Giro il rubinetto e con le mani raccolgo lacqua da gettare sul viso. Neanche questo far effetto per. Solo un miracolo mi potrebbe aiutare. Sono stordito e ho un forte senso di claustrofobia. Mi sembra di esser rinchiuso sul fondo di una clessidra. Vedo la sabbia cadermi in testa. Non se la smette. Ancora un po e finir per seppellirmi. Che diavolo successo?, gracchia Eudora, facendo spuntare dalla porta del bagno quella sua faccia di merda che, solo a guardarla, mi vien voglia di prendere a sberle fino a tumefarla. Fatti i cazzi tuoi!, le urlo. Ma vai a quel paese!, risponde lei per le righe, tornandosene da dove venuta. Per certi versi, questa ragazza mi utile. una delle poche valvole di sfogo a mia disposizione. Per quanto sia difficile ammetterlo, devo riconoscere il suo inestimabile valore. una presenza snervante, ma essenziale. Imprescindibile pi o meno quanto un cancro ai coglioni per un martire che sogna di essere beatificato. Ma ora basta pensare a Eudora. C una vita da salvare: la mia. 32 Con un movimento che di leggiadro ha davvero ben poco, mi dirigo verso la camera da letto, dimenticando di lavarmi il viso, i piedi, le ascelle e tutto il resto. Se mai dovessi riuscire ad arrivare in tempo allappuntamento, chiunque mi sottoporr al colloquio dovr tenersi a debita distanza per non rimanere stordito dal mio odore nauseante. Metto una maglia e un paio di jeans ciancicati, i primi che mi capitano sotto tiro. Cerco poi le scarpe, le uniche decenti che mi sono rimaste: un paio di Converse color cioccolato. Ne trovo soltanto una. E laltra? Dove cazzo finita adesso? Scruto ogni angolo della stanza: sotto la scrivania, sotto il letto, tra le lenzuola, persino tra la rete e il materasso. Apro larmadio, spulcio tra i vestiti che sono riposti allinterno. Continuo imperterrito nelle mie ricerche, ma niente: della scarpa neanche lombra. E che cazzo! Esco dalla camera per dare unocchiata anche al resto della casa. Passo per la cucina, poi per il bagno. Tutto inutile. Da di l, intanto, sento Vicious ringhiare. Ora ci si mette anche lui. Piccolo bastardo! Non devo farmi innervosire da quel cane di merda, altrimenti qui finisce male. Proprio accanto alla porta situata, in un angolo, la sua cuccia. Oddio, pi che una cuccia, una vera e propria reggia in scala ridotta. Vado l per azzittirlo e, casualit, cosa trovo? Brutto figlio di una cagna gravida! Molla subito quella scarpa! 33 Il vile sacco di pulci l, steso sul suo morbido letto di cuscini coloratissimi, con in bocca la mia Converse. Sto rottinculo! Vorrei prenderlo a calci sul muso, ma alla fine opto per un approccio pi delicato. Vicious! Vicious caro!, gli faccio, tentando di distrarlo. Niente. Non mi si caga di striscio. Questo chihuahua del cazzo meriterebbe di finire abbrustolito in una cuccia elettrica. Ne costruir una appena sar di ritorno da Roma, promesso. Ma ora vado di fretta. Devo riavere la mia scarpa. E la riavr, costi quel che costi, che questa sottospecie di cane lo voglia oppure no. Cosa c, testa di cazzo? Fai lo gnorri? Lentamente dirigo la mano verso le sue fauci. Immagino di infilare le mie dita tra le cosce di una ragazza. S, questa tecnica funzioner, ne sono certo. Anni e anni di petting saranno pure serviti a qualcosa, del resto. Alcuni successi e svariati due di picche alle spalle, ma adesso posso dire di possedere le abilit necessarie per incunearmi nella merdosa bocca di un chihuahua e sottrargli la scarpa senza che questi opponga la bench minima resistenza. Non fare il cattivone con me, dai! Chiudo gli occhi e immagino di muovere la mia mano sotto il vestito di una giovane fanciulla, fino ad avventurarsi in direzione di quella che, in adolescenza, si era soliti definire la quintessenza della caverna oscura, un posto per alcuni totalmente ignoto ai tempi, ma che con gli anni sarebbe diventato per tutti (o quasi) la principale ragione di vita. 34 Un lieve movimento e finalmente riesco ad afferrare la scarpa. Immagino i miei polpastrelli sul solco umidiccio della ragazza, i primi gemiti che fuoriescono dalla sua bocca. fatta. Ce lho, mia. La scarpa di nuovo tra le mie mani. Persuaso dallobiettivo, commetto per un errore fatale. Senza badare pi a sottigliezze, provo a tirar via la scarpa, ma lo faccio con troppa sfrontatezza. Come un pivello dal sangue troppo caldo, limpazienza a fottermi. Il cane sbarra di colpo gli occhi, penetrandomi col suo sguardo al vetriolo. Dai nostri sguardi, gli uni aderenti agli altri come dei collant sulle gambe sfatte di una vecchia matrona, percepisco latrocit del duello che di qui a poco si andr a consumare. Ormai privo di ogni accorgimento, tento allora uno strattone pi deciso, ma il cane gi nel vivo della bagarre. E ringhia, sempre pi forte. Shhh!, bisbiglio. Non ti ci vorrai mettere pure tu stamattina. L'animale non moller tanto facilmente la presa. Lo deduco dal suo insistente e snervante latrato. Vicious!, urla nel frattempo Eudora, dalla sua camera. Cosa c? Perch ti lamenti tanto? Sta zitto, cazzo!, lo rimprovero a denti stretti. Vicious, che hai?, insiste lei. Oltre la parete della sua camera da letto, le gambe di una sedia grattano sul pavimento. Uno di seguito allaltro, avverto poi i passi della stronza procedere inesorabili verso la porta. Lurido cane schifoso! 35 Un ultimo, brusco strappo e la Converse fuori dalla cuccia. Ma con essa, anche la bestia, avvinghiata alla tomaia coi suoi denti aguzzi. Molla losso, brutto sacco di pulci! Il duello giunto al suo apice. Io e Vicious ci sfidiamo in un scontro allultimo strattone. Un match che mi auguro di vincere prima che Eudora esca dalla sua stanza. Questa insignificante creatura, per, sembra possedere nelle sue ganasce un punto di forza non previsto. Dammi la scarpa!, esclamo, con un volume di voce decisamente pi alto. mia, lo capisci? La sfida procede in assoluto equilibrio. Il cane, pur penzoloni, non mostra alcun segno di cedimento. Tento qualche scossone pi deciso, dei cambi di direzione improvvisi, ma niente, non c nulla da fare: la situazione rimane invariata. Aperta la porta della camera, alla vista di una scena tanto bizzarra, Eudora mostra un certo, giustificato stupore. O madre santissima! Caso vuole che proprio in quel preciso istante il cane molli la presa, finendo violentemente addosso alla parete con in bocca ancora un brandello della mia scarpa. sempre nel medesimo, inglorioso istante che, proveniente dalla cucina, sento uno scoppio, forte e inatteso. La caffettiera sul fuoco, Cristo! Che cazzo sta succedendo?, domanda Eudora. Come si fa ad avere un cane cos stronzo?, le urlo, eludendo abilmente la sua domanda. Con fare materno, la ragazza si china per prendere in braccio il chihuahua e stringerlo a s come un pargolo 36 impaurito. Che scena patetica! Se solo poteste vedere Eudora adesso, mentre si adopera con le sue dita lunghe e affusolate in delle elastiche carezze. Su e gi lungo la schiena della bestiola. Sfiora il pelo del cane come lo volesse salvare da un assideramento ormai quasi certo. Cosera quel botto?, domanda, evidentemente scossa. Boh!, esclamo, preparando la menzogna. Saranno stati i vicini. Infilo la scarpa che ho recuperato, poi vado nella mia stanza per prendere le chiavi di casa e gli occhiali da sole. Ok, siamo a dicembre e del sole non c praticamente traccia. Senza occhiali, per, non potrei mai uscire di qui. Sapete com, viste le mie condizioni, preferirei passare inosservato. Anzi, vi dir di pi, me ne rimarrei volentieri rinchiuso nella mia camera da letto a fare la muffa, se non fosse che questo lavoro mi serve e neanche poco. Afferro dunque la giacca dallappendiabiti, non prima per di aver ricevuto i saluti di Eudora, come sempre educatissimi. Sei una grandissima testa di cazzo! Mi lusinghi. Tra coinquilini normale che si litighi, ma quando Eudora vedr il macello che ho combinato in cucina, ne sono certo, stavolta ci scapper il morto. E qualcosa mi suggerisce che a crepare sar proprio io. Meglio quindi che scompaia il prima possibile, aggredendo il pianerottolo con lo stesso piglio di un rapace predatore, pronto a ghermire ogni malcapitata preda abbia la sciagura di intralciare la mia precipitosa, quanto rara discesa in strada. 37 Capitolo V Sar passata appena mezzora da quando sono partito e gi mi sento a pezzi. La colpa anche di questodioso ragazzino che ho di fronte. insopportabile, non sputa un attimo. Chiacchiera come non ci fosse un domani. Provo a ignorarlo nascondendomi dietro gli occhiali da sole, ringraziando piuttosto la buona sorte per essere arrivato puntuale alla stazione Fontivegge. Non che un mio ritardo avrebbe rappresentato chiss quale evento assurdo. La puntualit non mai stato il mio forte. Chiedete a chi, in tutti questi anni, ha atteso per ore il mio arrivo di fronte a un cinema, a un teatro o a un bar, sotto il sole cocente o in balia di un acquazzone apocalittico. Chiss quanti accidenti mi avranno mandato. Chiss in quanti, nellattesa che li raggiungessi, hanno sperato che il mio ritardo potesse esser dipeso da una disgrazia, che ne so, un incidente che mi avrebbe impedito luso di entrambe le gambe vita natural durante. Stavolta, per, ce lho fatta: sono arrivato alla stazione pochi minuti prima della partenza del treno. Una volta ringraziato il Signore (o chiunque fosse quellimpiegato delle Ferrovie dello Stato in servizio presso la biglietteria), sono poi 38 schizzato attraverso il sottopassaggio per raggiungere il binario indicato su uno dei tanti monitor appesi alle pareti. Preso dalla foga, durante il percorso ho urtato, in sequenza, un giovane ramingo con uno zaino da cento litri sulle spalle, un piccolo e tozzo macchinista ferroviario e, per concludere, unesile suorina appartenente forse allordine domenicano. Zotta la suora!, ho esclamato, ricevendo in cambio gli aspri rimbrotti della timorata. Attraverso laltoparlante, ho poi sentito una voce che annunciava lormai imminente partenza del treno. Scalpitante come un puledro imbizzarrito, era l ad attendermi, maestoso ed eccitato, pronto a dispensar scintille lungo le rotaie ardenti e parallele. Fermati!, ho gridato, direzionando lurlo verso un punto indistinto nello sconfinato universo circostante. Agli occhi dei pi potevo forse essere affetto dallo stesso dissesto psichico di uno squilibrato mentale. Be, sti cazzi!, ho pensato. E sebbene ormai allo strenuo delle forze (fisiche e, per lappunto, psichiche), mi sono infine prodigato in un ultimo colpo di reni, pur di salire sul treno, proprio un attimo prima che la porta scorrevole si chiudesse, cigolante, dietro le mie spalle. E adesso eccomi qui, ancora sudato e paonazzo in viso, stravaccato senza alcun ritegno dinanzi a una donna e al suo petulante figlioletto, ad elemosinare soltanto un briciolo di riposo. Me lo merito, cazzo! Un quarto dora di silenzio, non penso di pretendere tanto. Quindici miseri minuti e sar nuovamente pronto a riempirvi gli occhi e la mente delle mie strambe gesta quotidiane. Come potreste, del resto, non concedere un po di relax a un povero cristo catapultato di colpo nel turbolento inferno cittadino? Chiedetelo a 39 questimpertinente giovinastro che ho di fronte. Domandategli anche perch continua a scartavetrarmi i coglioni con le sue storie senza senso. Io una volta ero un dinosauro, confessa il piccolo. Poi un giorno avevo sete e ho bevuto lacqua del mare e poi mi sono reincarnato in un pesce. Poi un giorno, mentre nuotavo felice, mi hanno pescato. Poi mi hanno portato al mercato del pesce e una signora mi ha comprato. Poi, quando arrivata a casa, mi ha mangiato e poi mi sono reincarnato nella signora. Poi un giorno Sfido chiunque a non detestarlo. Dietro i miei occhiali da sole, osservo quel suo corpicino minuto, affogato dentro un paio di pantaloni di velluto scuro, una camicia bianca e un gil bluastro di cashmere. Guardo quegli occhiali da vista che gli scivolano sul naso, le lenti tonde e la montatura rossa, del medesimo colore del papillon che tiene legato al collo e che, Dio mio, vorrei stringere con tutta la forza che ho in corpo. Odio quel ragazzino. Con quei cazzo di capelli, proiettati allindietro alla ricerca, sembrerebbe, di una perfetta forma aerodinamica. Se non se la smette di rompermi i coglioni, giuro che lo uccido. Qui, davanti a tutti. Leopoldo!, lo interrompe prodigiosamente la madre. Smettila di importunare il signore. Come mi ha chiamato? Signore? Ho sentito bene? Nessuno, prima dora, si rivolto a me in una maniera altrettanto bizzarra. Mai, se si esclude forse qualche rara occasione in cui la formalit era da considerarsi un rigido codice comunicativo per tutti gli astanti. Non sono abituato ad associare il mio nome a questo epiteto: signore, un 40 appellativo che in fondo non mi rappresenta. Il mio ciclo di maturazione s' infatti come paralizzato nel mezzo di un deserto del nada, un piatto giallo che il buon vecchio Hemingway avrebbe preso come esempio per definire quella perdita di speranza che attanaglia molti uomini, quella totale inabilit a diventare attivi nel mondo reale. E in effetti, gi da tempo, ho smesso di lottare per accaparrarmi spazi vitali che, invece, mi spetterebbero di diritto. Sono come ibernato in questo contesto spazio-temporale, incapace di far ritorno in quello che, con un pizzico di egocentrismo cosmico, mi sono permesso di rinominare mondo di fuori. come se limmaginario e fantastico universo della mia mente rappresentasse lunica dimensione reale. E come fosse un appiglio, ci rimango aggrappato, pur di non venire risucchiato dalla vita. Non si preoccupi!, esclamo, rivolgendomi alla donna. Suo figlio non mi sta dando alcun fastidio. Questa bugia ha pi o meno la stessa vastit dellintero stato cinese, ma lei non pare assolutamente accorgersene, considerato il sorriso smagliante che vuol mostrarmi, al pari dei gioielli che porta indosso e che impreziosiscono la sua pelle, raffinata e pulita, assolutamente degna dellaffascinante donna qual . Elegante e faceta alla vista, quanto un diamante dello Zaire. Nobile e superba, quanto una magnolia. Il suo corpo vivo, eccitante, sprizza charme da tutti i pori. Le mie parvenze, al contrario delle sue, possono invece ricordare quelle di un profugo appena sbarcato sulla terraferma. (Con tutto il rispetto per i profughi, sintende.) sufficiente infatti sottoporre a verifica le mie sciatte vesti per sentirmi fuori luogo. Sarei 41 disposto a sparire, se questa donna lo ritenesse opportuno. Potrei gettarmi dal finestrino del treno ancora in corsa, se soltanto lei lo desiderasse. Ma guardatemi! Osservate attentamente il mio abbigliamento, la maglia chiazzata in prossimit delle ascelle, i calzoni strappati sulla coscia e morsicati su entrambi gli orli, le scarpe logore, cos puzzolenti da sembrare un contenitore di uova andate a male. Non ricordo lultima volta che ho lavato questi abiti. Ma non solamente questa la causa del mio imbarazzo. Se aveste lopportunit di vedermi, se guardaste attentamente nei miei occhi, forse capireste il problema alla base di tutto: sto male, ma male veramente. La differenza tra me e il resto della gente lampante. Prendiamo questa donna e suo figlio, ad esempio. Nelle pi probabili delle ipotesi, ieri sera si saranno entrambi coricati non pi tardi delle dieci, dieci e trenta, per poi risvegliarsi stamane al carezzevole suono di una sveglia con disegnato sopra Winnie The Pooh o qualche altro dannato personaggio dei cartoni animati. Fatta dunque una nutriente colazione, si saranno infine preparati per il viaggio con la stessa ansiosa eccitazione di chi si trova in procinto di intraprendere una piacevole scampagnata parrocchiale. E io? Io invece? Era ormai quasi lalba quando mi sono addormentato. Ubriaco e strafatto, non ho neppure avuto la forza di fare una tappa in bagno e dedicare almeno un paio di minuti a una sommaria pulizia dei denti. Il sapore dellalcol invece rimasto con me fino al risveglio. La mattinata cominciata poi nei modi che vi ho narrato in precedenza. 42 Le differenze tra me e gli altri sono evidenti. Non sto di certo qui a dire chi sia il migliore o il peggiore. (La risposta mi pare alquanto ovvia.) Quello che vorrei invece sottolineare la mia totale inadeguatezza. Non sto esagerando. Mi sembra di non avere niente a che fare con il resto dellumanit, di non avere nulla in comune con nessuno dei miliardi di individui che popolano questo pianeta. come se io e gli altri fossimo delle entit diametralmente opposte, come il Nord e il Sud, il giorno e la notte, il caldo e il freddo, il bianco e il nero e via discorrendo. Mi trovo sul vagone di un malinconico interregionale di fronte a due perfetti sconosciuti, ma con la mente sono altrove. Ho appena schiacciato un pulsante e ora mi ritrovo a sorvolare le Alpi. Posso riprovare le stesse emozioni del mio primo decollo, quel senso di vuoto che penetra nello stomaco, il sangue che siberna nelle vene, quellaria di rassegnazione leggibile attraverso gli occhi, arresi di fronte alla casualit del destino: siamo vittime o sopravvissuti, savi o pazzi? Sono seduto sul vagone di un malinconico interregionale, di fronte a due perfetti sconosciuti, ma sogno di essere altrove, di essere lontano anni luce dagli ignari spettri che popolano il mondo, fantasmi di loro stessi, legati lun laltro da un sogno comune, da una visione ottimistica del proprio futuro, un futuro che almeno io potrei solamente vivere attraverso una qualche allucinazione. Cazzo, se sto svalvolando! Stavolta devo aver proprio esagerato con lerba. 43 Le potrei chiedere un favore?, domanda tutta un tratto la donna, con quella grazia che contraddistingue tutte le donne del suo ceto. Mi dica. Le scoccia se le lascio per qualche minuto mio figlio? Giusto il tempo di rinfrescarmi in bagno. Rinfrescarsi? cos che le donne perbene definiscono limpudente atto di far pip? Si figuri!, le rispondo, cortese come forse un paio di volte negli ultimi due o tre anni mi capitato di essere. Alzandosi dal sedile, mi dedica ancora uno sguardo, con quel suo sorriso posticcio, pi e pi volte riciclato in vita, probabilmente per far colpo sulla gente, in particolare sugli uomini. E tu, Leopoldo, vedi di non fare il maleducato con il signore. Inizio quasi a prenderci gusto. Signore: mi sentissi unaltra volta chiamare in questo modo e difficilmente potrei pi farne a meno. Adesso comprendo la soddisfazione di quegli stronzi patentati che tengono ancora a certe convenzioni. Mi godrei questa strana sensazione che ho in corpo, se quel diavolo di un Leopoldo, con voce sciocca e sincera, non riprendesse incautamente la sua solfa, rovinando tutto il mio progetto di assoluta beatitudine. Sai perch gli uccelli volano? Perch hanno le ali?, ipotizzo io, forse con eccessivo pragmatismo. No. Perch ogni mattina li sparo con la mia fionda fuori dalla finestra. 44 La sua innocenza lo fa apparire pi umano. Ma al di l di questo, il mio odio per lui destinato a non diminuire neppure di un milligrammo. E sai perch c il buco dellozono?, domanda ancora, dopo un silenzio inebriante, ma, ahim, fin troppo breve. No. Dimmelo tu. Perch lho fatto io coi miei occhi laser. Bench la fantasia del fanciullo rappresenti, lo ammetto, un curioso universo a s stante, una nottata come quella appena trascorsa non costituisce una base solida su cui costruire una conversazione di qualunque tipo. Tantomeno di questo tipo. E sai perch esistono gli uragani? Non replico neppure pi, scoraggiato dallinarrestabile vivacit mentale di questo piccolo moccioso. Perch, quando mi arrabbio, sbuffo molto, molto forte. Oramai la sua bocca un mitragliatrice di pensieri, sparati a raffica contro le mie orecchie martoriate. Ma ora basta, non ne posso pi. Se parla ancora, lo uccido. E sai perch Sai perch adesso te la pianterai con questo giochino del cazzo?, tuono improvvisamente io, estraendo il cellulare da dentro i calzoni e puntandoglielo sotto il piccolo naso a patata come fosse una pistola. Perch, se non te la smetti, sar costretto a farti saltare in aria le cervella. Saresti contento di sapere che, della tua bella testolina, rimarrebbero soltanto tanti schifosissimi pezzettini di materia grigia, appiccicati su un sudicio finestrino del treno? 45 Leopoldo deglutisce, prima di ammutolirsi del tutto. I miei bulbi oculari, letali come il veleno di un serpente corallo, devono avergli immobilizzato la lingua, spero in maniera definitiva. Meglio cos. Non mimportuner pi per il resto del viaggio. Ora posso far cadere la mia nuca sul poggiatesta e attendere che la donna torni nuovamente a vegliare su suo figlio. Allora?, esordisce lei, finalmente tra noi. Come si comportato il mio ometto? Benissimo!, rispondo, sorridendo al piccolo Leopoldo che nel frattempo caduto in uno stato di trance pietrificante. Questo bambino un angelo. Sebbene per un attimo la donna sembri cauterizzata dalle mie rassicurazioni, voltandosi verso il bamboccio, di colpo si allerta. Suo figlio Leopoldo sembra atrofizzato. pallido, non muove neppure pi le labbra. Evento, questo, assolutamente eccezionale. Un evento che per non trover altro spazio allinterno della narrazione. Finalmente mi accingo a ricevere il riposo tanto desiderato. Eremita coi miei pensieri, rimango ad ammirare, attraverso il finestrino, lalternarsi di paesaggi agresti e grigi capannoni industriali. Tutto il resto sembra ormai solamente un puntino lontano sullo specchietto retrovisore della mia mente. Niente pi cani ringhianti n ragazzini impertinenti, niente pi coinquiline nevrotiche o corse a perdifiato contro il tempo. Calma. Solo quella. Quel pizzico di serenit utile a farmi ricaricare le batterie prima dellarrivo a Roma. Silenzio. Quanto di pi benefico per un individuo ormai sullorlo di una crisi di nervi. 46 Capitolo VI Il viaggio mi ha ridotto uno straccio. Prova ne sono gli sguardi indiscreti che il popolo della Tiburtina ha deciso di puntarmi addosso. Ai loro occhi sono una preda indifesa. Forse il personaggio di un reality, un buffone pronto a mettersi in ridicolo pur di ottenere qualche frammento di notoriet. Mi sento come se mi avessero appena scaraventato in unarena. Attorno a me vedo spalti gremiti di buzzurri ubriachi che incitano al combattimento, tutti in piretica attesa di vedermi compiere una mossa sbagliata, un errore fatale che possa innescare la furia del mio avversario. Ciascuno dei presenti sembra provare un morboso eccitamento nei miei confronti, sospinto dallirrefrenabile curiosit di registrare ogni mia singola azione, di intuire quali siano le mie prossime mosse, i miei pensieri pi reconditi un attimo prima di incassare il colpo. Sar per come cominciata la giornata, ma non mi sento dellumore adatto per tollerare che un mucchio di depravati mi squadri dalla testa ai piedi, manco fossi una lastra nelle mani di un radiografo. Che cazzo avranno questi qua da guardare? Non hanno mai visto un barbone folleggiare sotto i 47 portici della stazione? Stolti perbenisti dei miei coglioni! Eppure siamo a Roma, mica in una qualche provincia del cazzo. Bah! Meglio far finta di niente, infilare le mani in tasca e poggiarsi al muro, conservando le energie in vista dei momenti a venire. Almeno finch il sole rimarr nascosto dietro questo telo bigio e compatto, finch il vento, fresco e silenzioso, non smetter di spirare sopra queste strade. In mezzo a un casino del genere, non sar facile riconoscere il mio uomo. Meglio se lo chiamo. Tiro fuori il cellulare e premo la combinazione di tasti necessaria per inoltrare la telefonata al destinatario. Facile la vita delle macchine, destinate a eseguire ripetutamente le stesse istruzioni sintattiche, a comunicare attraverso quel linguaggio formalizzato, cos privo di slanci e di significati, asettico come la voce preregistrata di donna che fuoriesce dal ricevitore: Attenzione! Il numero da lei selezionato inesistente. Cazzo! Il numero che mi ha dato Franz non giusto. O forse sono stato io a memorizzarlo male. Non da escluderlo. Fanculo! E ora che minvento? Meglio rimanere qui e aspettare che sia il tizio a farsi vivo. Il tizio in questione risponde al nome di Samuel Sogliano. Costui altri non che il mio nuovo tutor aziendale (se cos si pu definire), una specie di supervisor che avr il compito di insegnarmi le tecniche di base per una corretta gestione del recupero crediti. stato Franz a fornirmi il contatto. C da starsene tranquilli, a sentire quel figlio di puttana. Da come dice lui, avr a che fare con gente affidabile, professionale, puntuale nei pagamenti. Lazienda, tra laltro, 48 registrata in Svizzera. E gli Svizzeri, si sa, son persone serie. Ok, non mi faranno un contratto regolare, ma cosa importa? S, insomma, non sar questo il lavoro della mia vita. Essere pagato in nero andr pi che bene. Del resto, cosa me ne faccio di un contratto se non ho neppure la certezza di un domani? No, vi prego, non cercate di infinocchiarmi coi soliti discorsi del cazzo, non ci riuscireste. Non minteressa il futuro. Non esiste il futuro. Quindi datemi i soldi che meglio. Pochi, maledetti e subito. Non voglio altro. A parte muovermi immediatamente da qui. Comincio a volteggiare su me stesso come una trottola impazzita, in attesa di individuare tra la folla un volto maschile riconducibile a Sogliano. In strada scorgo parecchi taxi e la via quasi interamente assediata da una calca di extracomunitari al riparo dal vento. Uomini di colore espongono su dei teli sculture in legno, occhiali, borse, portafogli, cd e dvd tarocchi. Un orientale, forse cinese, sta mostrando a un bambino, tenuto per mano da suo padre, il funzionamento di un peloso cagnolino a pile. Ognuno di questi individui l, pronto a piazzare la sua robaccia a qualche allocco di passaggio. Tra tutti i venditori, per, ce n uno che mi incuriosisce pi degli altri. Non so il perch. un africano, sulla quarantina, alto allincirca un metro e ottantacinque, robusto, dalle spalle larghe e possenti. un uomo umile, degradato, costretto a raccogliere in fretta e furia tutta la mercanzia non appena la sirena di una volante gli suggerisce di alzare i tacchi e volatilizzarsi nel pi breve lasso di tempo possibile. forse in quei momenti che rimpiange la sua vecchia vita, alienato com nella nostra societ perversa e disgregata, sempre a sperare che i pochi 49 guadagni della giornata bastino a comprare il cibo necessario per sfamare la sua famiglia. sfortunato a non avere un lavoro stabile e legale, ma ancora pi sfortunato perch nero, anzi negro, come pi volte si sar sentito chiamare. Deve infatti combattere quotidianamente non soltanto contro la fame, la sete e le forze dellordine agguerrite. Deve fare a pugni anche contro i pregiudizi razziali, contro lodio, la segregazione, le incomprensioni, contro chi lo accusa di puzzare, di far parte di una stirpe meno evoluta, di una razza inferiore. Mi avvicino a lui, senza un valido motivo. S, insomma, vi ho fatto tutta sta filippica, ma in fondo non che me ne freghi qualcosa. N di lui n della sua storia. Amigo!, esordisce, con una pronuncia ciancicata. Vuoi comprare? No, rispondo, accennando un tiepido sorriso. Do solo unocchiata. Sopra una vecchia coperta mimetica, luomo tiene esposti, custoditi in degli involucri di plastica, cd musicali masterizzati, roba per lo pi pop e latino-americana. Una vera merda, insomma. In attesa che mi convinca ad acquistare qualcosa, il tizio infila le mani in tasca, forse per salvaguardarle dal vento che ha fastidiosamente ripreso a soffiare. Chiss se stufo della propria vita almeno quanto lo sono io della mia. In fondo, devessere davvero dura campare nelle sue condizioni: ogni fottutissimo giorno con addosso la paura che gli sbirri ti becchino, ogni fottutissima notte con langoscia che i tuoi figli riescano ad addormentarsi, malgrado i crampi allo stomaco non glielo permettano. 50 Accovacciato dinanzi alla sua mercanzia, fingo interesse per quei cd, pi che certo che, per quanto possa rovistare in mezzo a quella robaccia, mai riuscir a scovare il nome di un artista o di una band meritevoli di essere barattati con un foglio da cinque euro. Torno allora a fissare gli occhi delluomo. Si muovono in maniera spasmodica, un po vigili e un po malinconici. Vorrei domandargli se se laspettava davvero cos, la vita. A me lavevano descritta in maniera del tutto differente. Dicevano somigliasse a una tranquilla passeggiata in un frutteto profumato, non di certo a una corsa a piedi nudi sui carboni ardenti. Dicevano anche che ci sarebbe stato il sole, al mattino, appena sveglio, la luna piena prima di addormentarmi. Ma era tutta una montatura, una fiaba raccontatami perch potessi fare dei sonni tranquilli, perch i miei incubi non turbassero i sogni di qualcun altro. Non cos, purtroppo. La verit diversa. La verit che, il pi delle volte, al mattino, sento ancora in bocca il sapore disgustoso della stessa merda ingoiata la sera prima. La verit che mi sto devastando anima e corpo. Ogni giorno che passa come se perdessi sei mesi della mia esistenza. Strana invenzione, la vita. Qualcuno ti fionda sullavanscena senza nemmeno dirti a cosa andrai incontro. Poi ti capita di commettere un errore, anche banale, e a pagare le conseguenze non sei soltanto tu, ovviamente. E no! Sarebbe troppo bello. Ad andarci di mezzo c anche chi ti pi vicino. E finisci per allontanare tutti e finisce che tutti si allontanino da te. E rimani da solo. E succede che impazzisci. Tu, solo contro tutti. Tu, davanti a una platea inferocita che pretende le venga restituito per intero il prezzo del biglietto. 51 Sei stato un fiasco, amico!, sembrano urlarti dagli spalti. Tornatene da dove sei venuto! Bella fregatura, la vita. Sarete daccordo con me. Investiamo tutti i nostri sforzi su di lei, ma le sole cose che ci vengono restituite sono rimorsi, rimpianti e rancori. E tutto ci che di bello ci capitato? Gi, dove vanno a finire le emozioni liete, le gioie e i sorrisi pi belli? Sepolti dalle macerie del tempo, ecco qual la loro encomiabile fine. Torno a osservare luomo. Il suo sguardo sospeso nellaria come un filo invisibile fatto di mille inquietudini. Nei suoi occhi per arde un fuoco. Quel fuoco costituito dallamore per una donna, per i suoi figli o per entrambi. Un fuoco che brucia di continuo, che lo scalda. Il fottuto scopo che giustifica i mezzi, il principio machiavellico capace di tenere un uomo in vita nonostante tutto, che lo spinge a superare le difficolt di ogni giorno, trovando la forza anche quando la disperazione appare insopportabile. Lavessi anchio uno scopo, adesso probabilmente non starei qui a tormentarmi con certe malsane considerazioni. Ce lavessi anchio un cazzo di scopo, adesso me ne starei comodo sul divano, magari, a godermi un po di relax davanti a un grosso televisore al plasma, risucchiato nel subdolo palinsesto dei pi inutili canali pay-per-view presenti sul satellite. E invece no, sono qui a cagarmi sotto dal freddo, in attesa che uno sconosciuto si faccia vivo per traghettarmi verso questo nuovo e misterioso incarico. Il mio Caronte. Chiss se riuscir a riconoscerlo in mezzo a questo marasma di gente. Sempre che non sia prima lui a riconoscere me. Ehi! 52 Voltandomi di scatto in direzione di quellurlo, tolgo gli occhiali da sole per osservare meglio lo strano individuo che procede verso di me. un tizio sulla quarantina, con un cappello da cowboy in testa. Si avvicina con ampie falcate, pronto ad accogliermi tra le sue lunghe braccia, spiegate come le ali di unaquila in volo. Ha degli abiti appariscenti. Sotto una giacca di pelle bianca, porta una camicia tartan rosa e blu, sbottonata apposta per mettere in mostra il petto glabro e rosolato, sul quale penzola un ciondolo doro legato a un cordino in caucci. Indossa anche dei jeans chiari, con una cinta in cuoio marrone e, ai piedi, degli stivali pitonati a punta. Dalla bocca gli penzola una sigaretta divenuta ormai cenere. Samuel?, domando, non del tutto certo si tratti della persona che sto aspettando. E tu sei Lou, ribatte lui, stringendomi in un abbraccio eccessivamente caloroso. Lou Brown, il nuovo apprendista. In carne e ossa, rispondo, sacrificando forse lultimo alito di voce che mi rimane in corpo. 53 Capitolo VII Hai visto che tho riconosciuto subito?, fa Samuel, rischiando di ciccarmi in testa mentre con le braccia mi stritola il collo. Gi, mi pare di rispondere, sebbene non mi stia arrivando abbastanza sangue al cervello per capirci qualcosa. Samuel forse intuisce che sta esagerando e mi libera dalla presa permettendomi cos di tornare a respirare. Poi domanda: Be, tho fatto aspettare parecchio? No, macch! Sono arrivato giusto qualche minuto fa. Sembra appagato dalla mia risposta. Dopo aver osservato il venditore ambulante, per, vuol togliersi unaltra curiosit. E che hai fatto nel frattempo? Quindi, sempre tenendo luomo sotto controllo: Un po di beneficenza a sto bingo bongo del cazzo? Gli si fa avanti, spavaldo e attaccabrighe come un ras di quartiere, senza staccargli gli occhi di dosso neppure per un istante. Poi, lentamente, si piega per prendere il primo cd che gli capita tra le mani. Solo per un istante distrae lo sguardo sulla copertina. 54 Cos sta merda?, domanda. In volto gli riconosco la stessa espressione disgustata di un bambino di fronte a un piatto di verdure. In effetti, il cd che tiene in mano non proprio quello che si definisce un capolavoro. S, insomma, stiamo parlando de La Bomba degli Azul Azul, che cazzo! Possibile che l a Bananolandia non sia ancora arrivata un po di musica decente? Una frase del genere farebbe di certo infuriare qualsiasi essere umano dotato di un minimo dorgoglio personale, ma non lui. Lui non accenna la bench minima reazione. Ostenta anzi un atteggiamento di assoluta indifferenza. Probabilmente, in vita sua, gli capitato di affrontarne troppa di gente come Samuel. Offese del genere non lo scalfiscono pi di tanto, oramai. Dai, lascialo perdere!, intervengo io tanto per essere sicuri che la situazione non degeneri. E dai!, esclama Samuel, girandosi verso di me. Sul viso tiene un sorriso storto, perverso, falsissimo come la merce venduta dallafricano. Ci stiamo solo facendo quattro risate. Mica sono un cazzo di razzista io. Anzi, ti dir che a me i negri stanno pure simpatici. Bisogna avere rispetto per certa gente. Tutto il giorno a correre sotto il sole per scappare dai leoni. Oh, non mica facile portare le chiappe in salvo in situazioni come quelle. Vorrei vedere te al loro posto. Il suo discorso mi lascia a bocca aperta. Inizialmente pensavo stesse scherzando, ma ad ogni parola che aggiunge mi convinco sempre pi della sua seriet. ovvio che, una volta arrivati qui, saccontentino di lavare i vetri delle macchine o di vendere gli accendini ai semafori. normale. Farebbero di tutto per non tornarsene in 55 Africa. Qui hanno trovato la bambagia. LItalia il loro paradiso terrestre. Lo capisci, s? Di nuovo vedo Samuel tornare ad affrontare faccia a faccia il venditore. Comunque, per dimostrare quanto in realt io stimi certa gente, sai che faccio adesso? Infilata la mano in tasca, fruga al suo interno fino a estrarre una monetina. Gli regalo un euro. Tenendo la moneta sul palmo della mano, la avvicina alluomo per offrirgliela. Tie! Compratici un pacchetto di noccioline. Luomo rimane immobile, mento alto e petto in fuori, fiero e imponente come il Colosso di Rodi. imperturbabile. Chiss se davvero cos indifferente alle provocazioni di Samuel come vuole dare a vedere, oppure, fiutato il trabocchetto verso il quale il mio novello tutor tenta invano di attirarlo, preferisce implodere la propria rabbia come un recipiente saturo di merda. Non lo vuoi?, incalza Samuel, senza tuttavia ottenere alcuna risposta. Meglio cos, fa lui, sollevando le spalle. Vorr dire che se lo prender qualcun altro. Magari qualcuno che non morir di AIDS entro la fine del mese. Rinfilato in saccoccia leuro, lancia la sigaretta a terra, poi si volta, prendendo a muoversi nella direzione opposta da dove venuto. Lo seguo. Sembro un pulcino dietro il culo della propria chioccia. Mi affretto per non perdere la scia disegnata dalle sue ampie e pesanti falcate. Cammina in modo arrogante. borioso, cos pieno di s. Sembra che la sua andatura sia stata studiata a tavolino, come se ogni impercettibile movimento del suo corpo sia stato provato dieci, cento, mille volte al giorno davanti a uno specchio, fino a diventare un perfetto swocker texano. 56 Non ti vanno granch a genio quelli con la pelle nera, eh?, gli faccio dopo averlo raggiunto grazie a qualche passo pi spedito. La pelle di quello l non mica nera, spiega lui. Il carbone nero, il petrolio nero, il costume di Batman nero. La pelle di quel tizio marrone. Ma neanche marrone. ... Ci riflette su per un attimo. Negra! Non posso crederci. Non posso avere a che fare con un mostro del genere. Ma da dove cazzo uscito fuori questo qui? Ad ogni modo, prosegue, hai fatto buon viaggio? Ce ne sono stati di migliori, confesso. Oh, mai uno che mi rispondesse: Certo, Samuel! Il viaggio stato una vera pacchia. Mai! E lo sai perch? La mia espressione da ebete vale come una risposta. Perch tutta colpa del Paese di merda in cui viviamo!, esclama. Non passa giorno che non senta parlare di treni in ritardo o soppressi senza alcun motivo, di viaggi di pochi chilometri che si trasformano in vere e proprie odissee, di vagoni sudici, affollati allinverosimile, di personale indisponente e di coincidenze che non coincidono tra loro. E continuano pure ad alzare i prezzi del biglietto, sti stronzi! Che gran figli di puttana! Ci stanno proprio prendendo per il culo! Dove diavolo vorr andare a parare? Boh! Meglio far finta di niente e lasciare che finisca il suo delirio. I guadagni sono privati e i debiti sono pubblici. Questo per loro significa privatizzare? Ma dai! Qui in Italia si fa tutto alla cazzo di cane. O peggio ancora, non si fa niente. Non si fa niente perch tutto rimanga com, ovvio. 57 Ecco, lo sapevo, mi sono perso. Come ci siamo impelagati in questo discorso? Per fortuna che anche lo stesso Samuel non sembra particolarmente attento a quel che dice. Eccoci alla macchina, esclama, indicando la sua vettura, una Hyunday Coup grigio metallizzato. Sprezzante delle norme stradali, la tiene posteggiata in una zona riservata ai taxi. Dai, monta!, mi fa. Seguo le sue istruzioni, senza fiatare. Avvicinandomi allo sportello del passeggero, mi accorgo di alcune ammaccature sulla carrozzeria. Lungo la fiancata destra, noto anche dei graffi. Oddio! Pi che dei graffi, sembrano delle vere e proprie artigliate di una fiera. Da lontano, nel frattempo, vedo un uomo venirci incontro. Ha unandatura sgraziata e vacillante. Pare stia inveendo proprio contro di noi. Ehi!, sembra gridare. Mi sa che quel tizio ce lha con noi, ipotizzo ad alta voce. Ma no!, rassicura Samuel, dopo essersi voltato a controllare. Ti sbagli. Vorrei tanto che le parole del mio tutor coincidessero con la realt, ma guardandomi attorno non posso far altro che arrendermi allevidenza: siamo noi le uniche due persone con cui quelluomo pu avercela. Vorrei aver torto, Samuel, insisto, eppure a me sembra che quelluomo si stia dirigendo proprio verso di noi. Secondo me tu guardi troppi film americani. Forse Samuel ha ragione. In effetti, perch mai quello sconosciuto dovrebbe avercela con noi? Un motivo pare in 58 realt esserci, vista lirruenza con cui si presenta dinanzi a Samuel. Ecco de chi cazzo la macchina! Che c?, replica Samuel, dando un leggero colpo alla cappotta dellauto. Ti interessa il bolide? Tu mica ce poi sta qua. Lo sai, s? Starea riservata ai taxi. Il tizio, un tassista romano, ci rimprovera il fatto di aver parcheggiato la macchina in uno spazio a noi non consentito. Nel farlo, per, manovra un vecchio, enorme telefono cellulare come fosse un machete, intimando di avvertire le forze dellordine qualora non ci togliessimo subito di mezzo. Samuel, mostratosi finora piuttosto tollerante, sentendo proferire la parola polizia, perde completamente le staffe. Improvvisamente scaglia un tremendo calcio di punta sui gioielli di famiglia delluomo. Il tizio, dopo aver in pratica sputato le palle fuori dalla bocca, va ko. Coglione!, esclama poi Samuel che, come se niente fosse, si infila dentro la propria vettura. Io, invece, me ne rimango fuori, pietrificato. Non credo ai miei occhi. Cio, lo ha fatto davvero? Non che mi sono inventato tutto? Cercando invano una risposta diversa da quella che in realt , ripercorro con la mente tutte le principali tappe della giornata: il risveglio, il viaggio in treno, laccoglienza che questo pazzo mi ha riservato. E un attimo dopo mi sale lo sconforto. Ma chi cazzo me lha fatto fare di alzarmi stamattina?, borbotto a voce bassa, per evitare che Samuel, da dentro lauto, mi senta. Gi, Samuel. Non affiderei mai le mie sorti nelle mani di un folle picchiatore, razzista e bellimbusto come lui. Eppure 59 sono costretto a farlo. Ovvio, potrei anche rifiutarmi di salire su questauto, ma ho bisogno di soldi. Ecco perch sono obbligato a sottostare alle sue regole. Non ho alternative. Se non rimpiangere di non essere nato in unaltra parte del mondo o magari in unaltra epoca. Apro lo sportello e mi siedo sul sedile del passeggero. Uno sgradevole tanfo di nicotina impregna la tappezzeria. Nel posacenere scopro un mucchio di mozziconi di sigaretta e filtri artigianali. E bravo Samuel! A quarantanni si fa ancora le canne. Uno pi raccomandabile di lui non poteva capitarmi. Cristo santo! Acceso il motore e innescata la retromarcia, il pazzo lascia che lauto schizzi allindietro, schivando di un nonnulla il povero tassista rimasto dolorante a terra. Inserita la prima, forse per ottenere lattenzione di quei pochi che, per sbadataggine, non si sono ancora accorti di noi, con una plateale sgommata lancia la propria Hyunday lontano dal piazzale della stazione, per disperderla poi tra le congestionate corsie di un ampio viale cittadino. Qualcosa di brutto, posso scommetterci, sta per capitarmi. 60 Capitolo VIII Imbottigliati nel traffico, Samuel ne approfitta per estrarre un pacchetto morbido di Marlboro rosse da un taschino interno della giacca. Ne sfila una e se la porta alla bocca, poi, con un gesto cortese (a ben rifletterci, il primo che gli vedo compiere da quando lho conosciuto), mi porge il pacchetto, mosso dalla sincera quanto vana intenzione di offrirmene una. No, grazie, gli dico, inibendo per pochi istanti ogni suo gesto o parola. Fai sul serio?, domanda, allibito. Cio, mi stai forse dicendo che non fumi? Tiene il pacchetto in mano, come se si aspettasse qualche improvviso colpo di scena. Ma dal sottoscritto riceve solo dei versi un po imbarazzati. Stizzito, rinfila in tasca il pacchetto, poi ingrana la prima e riparte spedito. Cristo! Proprio un cazzo di salutista doveva capitarmi. Mentre lo dice, utilizza uno Zippo per ardere la punta della sigaretta. Rimesso laccendino a posto, torna a stringere il volante con la mano destra, mentre con il gomito sinistro rimane poggiato allo sportello. Fuma Samuel, fuma come una ciminiera, ma perlomeno ha il buonsenso di lasciare il finestrino abbassato per 61 permettere a entrambi di barattare del fumo con un po daria fresca o con qualsiasi altra cosa la citt abbia da offrirci. Il pazzo continua a esibirsi in rapide e intense boccate, adoperandosi per a tener viva la conversazione, prima che tra di noi scenda quel silenzio capace di mettere irrimediabilmente fine a questa stramba messinscena. E dimmi un po, ti fai di qualcosa? Cosa?, faccio io, incredulo per la domanda che mi stata appena rivolta. S, insomma, ti droghi?, insiste lui, come se si trattasse di una normalissima curiosit. No. Cio, s, ammetto, semplicemente per onest, perch congenitamente incapace di inventar balle. Non sono bravo a dire bugie, forse perch nessuno in vita mia me ne ha mai raccontate. Nessun cavolo, ape o cicogna stato protagonista delle mie storielle da bambino. Ben presto conobbi la verit di quellunico spermatozoo capace di incunearsi allinterno dellovulo materno. Ma non furono i miei genitori a parlarmene, ovviamente. No, sarebbe stato troppo imbarazzante per loro affrontare un argomento del genere. Le mie fonti furono altre. Ai tempi ero abbastanza scaltro da trovare da solo tutte le informazioni che mi servivano. Ero curioso. Dote che ho perso con il passare degli anni. Scoprii molte altre cose, oltre al sesso, quandero ancora un ragazzino, ad esempio la verit su Babbo Natale e la Befana. Sapevo benissimo che quelluomo grassoccio, vestito di abiti rossi e con in volto una folta barba bianca, e quella vecchina a cavallo di una scopa, brutta come la peste, altro non erano che delle vere e proprie apologie del consumismo. Tutti i 62 bambini che conoscevo ci credevano. Tutti tranne me. Del resto, non volevo sentirmi un illuso. Oltre al fatto che non avrei mai desiderato ricevere una visita da parte di due vecchi squinternati come loro. E anche se in cuor mio lo avessi voluto, avevo un padre che non avrebbe mai interpretato la parte. Lui non si sarebbe mai sognato di mascherarsi da Babbo Natale. Se glielo avessi chiesto, probabilmente avrebbe replicato con qualche scappellotto ben assestato. Quello, secondo il suo modo di vedere le cose, era il pi bel dono che potessi ricevere, la lezione pi efficace per comprendere quanto dura fosse la vita. Col trascorrere delle stagioni, mi sono via via convinto che i suoi intenti fossero pi lodevoli di quanto allora potessi immaginare. Per lui era il metodo pi giusto per insegnarmi a vivere. S, cera qualcosa di molto educativo dietro quel suo comportamento. Solo che a quei tempi non potevo comprenderlo, non riuscivo proprio a capire quali fossero le sue ragioni. Ero solo un bambino. Come pu un bambino giustificare la violenza? Tipo? Di che ti fai?, riprende Samuel, ottenendo di nuovo la mia attenzione. Bamba, paste roba del genere? Niente di tutto questo, preciso. Fumo per lo pi hashish. Ed erba, se mi capita di rimediarla. Niente coca insomma? No. Eroina e compagnia bella?, insiste, come a volersi accertare di non aver frainteso. No, niente, assicuro, aiutandomi con un chiaro cenno della mano. 63 Guardando attraverso il parabrezza la fila immobile di auto che ci precede, Samuel brontola tra s e s qualcosa del tipo: Caro mio, si prevede una convivenza difficile. Io faccio finta di non sentire. Anzi, mi adagio sul sedile, stendendo le gambe fino a che la macchina me lo permette. Senti, ti dispiace se mi faccio una botta?, domanda ancora, proprio mentre sto acquisendo consapevolezza di quanto la comodit non sia affatto uno dei fiori allocchiello di questa vettura. No, figurati!, lo tranquillizzo. Fai pure. Ghignante come lo pu essere un ragazzino a cui stato appena concesso il permesso di raggiungere i propri amichetti sotto casa, Samuel allunga il braccio dalla mia parte per aprire il portaoggetti. Ritratte le gambe per lasciargli spazio, lo vedo rovistare con la mano allinterno del cruscotto fino a rinvenire, tra le custodie in plastica sparpagliate al suo interno, un cd. Pitchshifter, fa lui. Conosci? Nonostante mi reputi un discreto conoscitore di musica, devo ammettere non mi sia mai capitato di sentire anche solo di sfuggita il nome di quel gruppo. Mi pare di no, rispondo. Che genere fanno? Nu metal, la rumorosa arte di far andare daccordo chitarre temprate al titanio e high-tech sonico, spiega lui. Nelle dovute proporzioni, ricordano un po i Ministry, se hai presente. Ho presente? Facciamo finta di s. I Ministry!, ripeto, celebrando con un sorriso falsissimo la sua domanda. Come no! Certo che ce li ho presenti. Davvero forti! 64 Oh! Iniziamo a ragionare, fa lui, come per incanto, finalmente bendisposto nei miei confronti. Se solo sapesse che, in vita mia, avr ascoltato s e no un paio dei loro brani, tra laltro di sfuggita Ma non pensare che adesso mi stai diventando simpatico. No. Sono solo contento che tu li abbia citati. Veramente. Non facile conoscere qualcuno che apprezza una band come i Ministry. E comunque credo anchio che una passione in comune, da sola, non basti a far Va bene, dai! Ora per chiudi il becco e sentiti sto pezzo. Ok. Infilato il cd nello stereo, Samuel sceglie di farlo partire dalla sesta traccia. Solo pochi istanti e lauto viene riempita da una serie sincopata di suoni che provocano una vera e propria scossa al mio sistema nervoso. Faith No More, Nine Inch Nails, Helmet, Prodigy, Alice in Chains: tutta la loro musica raccolta in un unico brano che mozza il fiato e accelera il battito del cuore. Sono gi in trepidazione. la mia preferita, confessa Samuel. Dabliu, uai, as, ai, dabliu, uai, gi. What You See Is What You Get. Questa specie di biscotto abbrustolito ha unaltra passione oltre alla droga. Non lo avrei mai immaginato. Per!, esclamo, sollevando il pollice della mano destra, come un perfetto yankee. Un gesto che viene contraccambiato con un sorriso gonfio dorgoglio. Questa s che musica, ribadisce lui, scuotendo la testa a ritmo, prima di fermarsi dietro una vettura in sosta davanti al semaforo. Ne approfitta per spegnere la sigaretta nel 65 posacenere e pescare dal taschino della giacca un pacchetto di velina opaca. Ne rovescia parte del contenuto sulla custodia vuota del cd. una polvere bianca finissima, simile a del gesso tritato: cocaina, indubbiamente. Da una tasca dei pantaloni estrae quindi una scheda telefonica e un pezzo da cinquanta euro. Con la tessera sbriciola la polvere gi di per s sottilissima, dopodich la dispone fino a formare una striscia. Leccata la parte di scheda usata per la triturazione, arrotola la banconota e ne infila un breve tratto allinterno della narice destra. Poi, una volta chinatosi sulla custodia, lavvicina a unestremit e con un secco fendente inala la razione. Sollevandosi con un rapido guizzo, si pizzica ripetutamente le narici. Sembra sia stato morso da una vipera. Cristo di un Dio svaccato! Quanta cazzo danfetamina c qua dentro! Srotolando il biglietto da cinquanta euro, un ghigno amaro gli disegna il volto. Uno pi fortunato di me lo avrebbe fatto con un pezzo da cinquecento. Scrolla le spalle, ma non sembra comunque darsi per vinto. Ah, ma c ancora tempo per fare il colpaccio. Vedrai se prima o poi non ci riesco. Annuisce con la testa, poi storce le labbra quando un automobilista dietro di noi suona il clacson per avvisarci sia appena scattato il semaforo verde. Torna dunque a mettere a fuoco la strada. Gli basta un attimo per notare un varco venutosi a creare sulla corsia di sinistra. Non uno spazio particolarmente ampio, ma sufficiente per convincere Samuel a occuparlo attraverso una manovra da immediato ritiro della patente. Il brusco spostamento dellauto mi disarciona dal sedile. 66 Oh, cazzo!, esclamo, mentre le cinture di sicurezza tentano di avvinghiarmi come fossero spire di un serpente. Non riesco a vedere altro oltre alla morte. Se si esclude Samuel, ovviamente. Osservo spaurito il suo modo smanioso di sbattere le ciglia, di cambiare marcia senza criterio, di alternare ghigni perversi a fugaci sguardi in direzione del sottoscritto. Ai suoi occhi sembro forse un cucciolo spaventato. Sto per avere un infarto. E credetemi, non affatto una bella sensazione. Tu sei tutto matto!, esclamo, impegnato nel frattempo a ritrovare una corretta posizione sul sedile. Lo so!, esclama, inchiodando di fronte a un altro semaforo rosso. Il suo sguardo comincia a vagare con inquietudine tra i pedoni che attraversano le strisce pedonali, fino a posarsi su un seno compresso in un push-up e su delle cosce sinuose che piovono da una gonna a dir poco succinta. Appena il semaforo ridiventa verde, per, spinge il pedale dellacceleratore, facendo nuovamente schizzare lauto sullasfalto. Ah! Dimenticavo!, irrompe di nuovo, senza nemmeno degnarmi di uno sguardo, troppo impegnato com a fulminare con gli occhi gli altri automobilisti. Pi tardi devo sbrigare un lavoretto, spiega, accendendosi lennesima sigaretta. Accodatosi a unaltra vettura in sosta, gioca poi con la leva del cambio, mettendo ora il motore a folle, ora inserendo la prima. Il tizio che devo incontrare non abita molto lontano da qui. Per prima andiamo a farci un bicchierino. Si volta verso di me, con un ghigno perverso. Ok? Il mio sguardo da pesce lesso vale pi di qualunque altra risposta. Dai, che ci divertiamo! 67 Ok, rispondo senza troppa convinzione. Sensazioni indecifrabili. Di certo negative. C da rabbrividire vedendo tutti questi palazzoni che ci spuntano attorno. Se alzo gli occhi, non scovo neanche un uccello che possa intenerire la scena. Il cielo insipido e spoglio, o forse soltanto coperto da un innaturale telo di tonalit radioattive. No, quella che vedo non affatto Roma. Sembra una citt presa in prestito da un futuro apocalittico. Che c?, fa Samuel, colpendo dritto nel segno. Sembri preoccupato. Be, rispondo in tutta franchezza, in effetti un po dansia m venuta. Se ho accettato questo lavoro, perch spero che le cose cambino. Magari do una bella raddrizzata alla mia vita, magari riesco pure a rimpinguare il mio conto corrente perennemente in rosso. Fondamentalmente per questo che ho deciso di accettare il consiglio di Franz e di continuare a dar retta a questo scapestrato. Ho bisogno di soldi, non posso farci nulla. Tu devi stare tranquillo, per!, esclama Samuel. Sei troppo agitato. E quando uno agitato, rischia di non fare bene il proprio mestiere. Sar!, faccio io, accennando un sorriso. Diciamo che mi voglio fidare. Ti devi fidare!, ribatte Samuel. Non ammetto che la gente abbia dei dubbi su ci che dico. E sai perch? Perch ci che dico la fottuta e sacrosanta verit. Non parlo mica a sproposito, io. Ogni cazzo di frase, parola o sillaba che esce dalla mia bocca una verit insindacabile. Quindi ora sta zitto 68 e apri bene quelle cazzo di protuberanze che tieni attaccate alla testa e che ti ostini a chiamare orecchie. Convincente, come sempre. Ora io e te ce ne andiamo a fare una bella bevuta, cos ci rilassiamo a puntino prima di catapultarci seriamente nel lavoro. Ok? Sigaretta incollata alle labbra, labominevole Samuel Sogliano ha la stessa aria vissuta di un cowboy metropolitano, uno che non sa suonare larmonica, ma beve whisky a fiumi e bestemmia sempre e comunque, anche in presenza di donne e bambini. Ok, approvo, senza fare salti di gioia. Sei tu il capo. 69 Capitolo IX Mettete in moto la fantasia e cercate dimmaginarvi la scena. Io, bevuto da far schifo, in un bar traboccante di gente. Una biglia impazzita dentro un flipper allucinante, con un tumbler di Campari e gin tenuto a stento tra le dita della mano destra, in totale soggezione di fronte a certe facce losche che sembrano appena uscite da Rebibbia o Regina Coeli. Ah! Ma che ne so! Come sempre, forse il problema non sono loro, il problema sono io. Sono malato. A stare in mezzo alla gente, mi viene lansia. Ho spesso questo genere di attacchi di panico in situazioni simili. Ed per questo che, quando posso, evito persino di uscire di casa. Dico sul serio, non vi sto raccontando frottole. A volte penso sia meglio rinchiudersi in camera e fumare dalla mattina alla sera, piuttosto che uscire e avere a che fare con altre persone. Che poi star da soli non cos male. Col tempo uno impara anche a conoscersi meglio. Io ho capito che sono un impostore, proprio come tutti gli altri. Ma, a differenza degli altri, sono consapevole di esserlo. quando uno rimane da solo, infatti, che riesce a mettersi realmente a nudo, che straccia quel velo dietro cui nascosta la verit. Quando luomo in gruppo (come ogni altro animale, 70 del resto) tende invece a trasformarsi in qualcosaltro, ad emulare il vicino, a creare maschere da indossare. Si fa forte pure chi di natura debole. Diventa coraggioso anche il pi docile agnellino. Luomo mente per convincere se stesso e gli altri di essere quello che non . rimanendo da soli, per, che le nostre menzogne tendono a sgretolarsi. Mentire a se stessi non ha pi alcun senso perci si costretti a vuotare il sacco. questo quello che successo e continua a succedere ogni giorno anche a me. Isolandomi, ho imparato a capire come sono fatto, come funziona la macchina che da pi di ventanni mi porta a spasso per il mondo. un autentico catorcio, a quanto pare, ma pur sempre il mezzo che mi supporta da quando sono nato. Lalcol mi fa un brutto effetto. Meglio cercare Samuel. Chiss che fine avr fatto quel pazzo Caronte, forse in giro a traghettare qualche frescone nel prodigioso lordume delle droghe sintetiche. Lennesimo o forse il primo di una lunga serie di viaggi low cost su per il culo della miseria contemporanea. Roba da devastazione neuronale, da mettere il cervello direttamente in quarantena, lobotomizzarlo con turbinii di colori fulgidi e parole sgocciolate. Eccolo l, invece, seduto al bancone del bar, impegnato ad attaccar bottone, con la confidente simpatia di un aficionado di quartiere, col primo tizio che ha avuto la disgrazia di capitargli sotto tiro. Devi sapere che, negli Stati Uniti, i Prodigy li ha lanciati Madonna, la quale, a sua volta, stata costretta a censurare i testi delle loro canzoni perch ritenuti troppo 71 violenti. Cio, non so se hai capito bene la questione. I testi dei Prodigy troppo violenti per il pubblico yankee. Che cazzo di ipocrisia ? Quei mangiacheeseburger sono abituati al peggio del peggio, a gente che per far successo disposta anche a infilarsi una macchinina giocattolo su per il culo, e tu che cazzo fai? Mi censuri i Prodigy? Ma vaffanculo! Vaffanculo, dico io! Quella l una delle migliori band degli ultimi ventanni e c ancora qualcuno che parla dei loro pezzi come delle accozzaglie di rumori. Gente come quella non sa un cazzo di cosa significhi lavorare su delle campionature o utilizzare il sequencer. Gente cos non capisce un cazzo di musica! Un incavato quattrocchi dalla faccia non propriamente sveglia l che ascolta senza tuttavia comprendere una sola parola di quello che Samuel gli sta riferendo con una passione a dir poco smisurata. In Italia, non che le cose siano tanto diverse, prosegue imperterrito il mio amico, se mio amico si pu definire. Hanno considerato il videotape di Smack My Bitch Up scandaloso, tant che lhanno trasmesso in tv solo dopo la mezzanotte. Capisci, s, in che cazzo di mondo viviamo? Ma per quanto Samuel simpegni nella propria arringa, lespressione del suo vicino confessa tutta la sua estraneit riguardo basi scratchate e mix musicali doltremanica. Ah! Ma che cazzo ne pu sapere un coglione come te di sta roba! Non c verso, Samuel cos. Dai suoi occhi lo si capisce benissimo lo sforzo titanico a cui quotidianamente deve far fronte per non arrendersi allidea che la maggior parte degli eventi segua il proprio naturale corso e che lui, malgrado tutto, 72 continui a remare controcorrente, sognando che il resto del mondo si comporti nella sua stessa maniera, rimanendo cio indifferente a qualunque strategia di vita possibile. In effetti, mi somiglia molto in questo senso. Sembra che a nessuno gliene freghi un cazzo dello schifo di mondo in cui viviamo, mi fa, prima di rovesciare in gola lennesimo sorso di whisky. Siamo degli idioti. Ci accontentiamo di quello che ci fanno vedere, senza cercare di capire cosa cazzo c dietro. Comincia a svalvolare. Pi che comprensibile, del resto. Anche un uomo dallorganismo rodato come il suo, quando esagera, rischia di ritrovarsi in una valle tremendamente buia e sconsolata. Buttiamo gi tutto quello che ci mettono sotto il naso, prosegue, replicando con una smorfia allennesima sorsata di whisky. Non ce ne frega un cazzo se ci danno da mangiare la merda, purch ce la vendano come cioccolato. Questo lo schifo di mondo in cui viviamo, lo capisci? E questo il motivo per cui tanta gente costretta a farsi di brutto. normale, cazzo! Bisogna evadere da questa cazzo di realt. Siamo costretti a farlo. Sempre, ogni santissimo giorno, ogni volta che capita loccasione. Samuel, cos mentalmente instabile, con quella sua balda fierezza da sbattere in faccia alla gente, senza alcun timore reverenziale verso niente o nessuno, con quel suo portamento e quelle sue vesti da ultimo cowboy urbano rimasto sulla Terra. No, non dovete commettere lerrore di pensare a lui come a un rifiuto della societ. Sforzatevi di vederlo sotto unaltra luce. Perch lui, in fondo, i suoi ideali ce li ha, magari 73 accartocciati da qualche parte, forse dentro le sue stesse viscere. E forse sono scritti pure in aramaico antico. Per cui capirete quanto sia difficile, per uno come lui, comprendere in che direzione muoversi e come fare a farsi capire dalla gente. per questo che, incasinato com, preferisce scegliere una via pi congeniale: la fuga. Ogni mezzo per ottenerla va bene. Le droghe, lalcol, qualsiasi cosa, purch quel qualcosa riesca a farlo estraniare da questa realt con lui cos meschina. La sua scelta forse da biasimare? Non lo so e sinceramente non me ne frega un cazzo di saperlo. Soprattutto adesso, che mi scappa da pisciare. Meglio trovare un bagno. E in fretta. Mi alzo dallo sgabello, senza dire nulla. La testa mi gira a una velocit inaudita. Potrei crollare a terra da un momento allaltro, ma un rischio che devo correre a meno che non voglia farmela addosso. Eccolo l, il bagno. Mi ci fiondo, senza esitare un solo attimo. Oh, SantIddio!, esclamo, una volta dentro. Un tizio sta vomitando lanima dentro il lavandino. Forse si anche cagato addosso, considerando la puzza di merda che arriva dai pantaloni. semplicemente al collasso. Un foglio di carta igienica pregno di alcol e merda che aspetta soltanto di essere inghiottito dal tubo di scarico di unanonima tazza del cesso. Buona notte, fratello! Che almeno i tuoi sogni possano esser doro, poich il risveglio, stanne certo, sar un vero schifo. Spalanco la patta dei pantaloni davanti al primo dei tre orinali a muro. Per un attimo desidero che si trasformi in una 74 bella donna. Ma solo un attimo. Sono troppo smostrato per avere anche solo unerezione. Finisco quindi di pisciare, per poi rinfilarmi il pisello nei boxer. Prima di tornare da Samuel, per, concedo un ultimo saluto al tizio accasciato davanti al lavandino. Stammi bene, giovine! Ci si ribecca in unaltra vita! Il cadavere non risponde. Forse morto per davvero. Poco male. Lumanit sapr farsene una ragione. Torno a sedermi al bancone, ma di Samuel non c traccia. E nemmeno del mio Campari e Gin. Se lo sar bevuto quella grandissima testa di cazzo, potrei scommetterci. Razza di ingrato! Dove cazzo si sar ficcato adesso? Mi guardo intorno. Eccolo l, in mezzo alla sala, appiccicato a una tipa, una trucida coi capelli ossigenati. Ciucco e infoiato, l che se la sbaciucchia. Le sta palpando anche lintestino, infilando la mano sotto il vestito celeste a bretelle che mette in mostra una serie di tatuaggi fatti forse con un taglierino. Samuel!, esclamo, andandogli incontro. La tizia mi fissa. Lidea che voglia sperimentare un mnage trois non mi eccita per niente. Anzi, mi rivolta le budella. Noto con piacere che hai fatto amicizia. Lo conosci?, fa la donna. Una domanda che l per l mi spiazza. Be', s, ribatto, prima di chiedere conferma a Samuel. Possiamo dire di conoscerci io e te, no? Be, direi di s, cazzo!, risponde Samuel. Ecco, s, appunto, concludo io, impacchettando la risposta ben bene prima di consegnarla alla tipa. 75 Be, fa lei, smorzando di colpo ogni entusiasmo. Allora je diresti gentilmente de toglieme la mano dar culo? A me non me vole popo da retta. Samuel?, domando, senza aggiungere altro. Ma s, vattene!, fa lui, liberando la donna dalle sue grinfie. E vedi di non farti pi vedere in giro! ubriaco, chiaro come il sole. Io pure, lo ammetto. Ma quando sono sbronzo, non mi metto di certo a far cazzate in giro. Almeno, non di proposito. Va be, non sempre. Andiamo!, ordina Samuel, come al solito senza darmi altra scelta. Dove?, gli domando con aria rassegnata. Abbiamo un lavoro che ci aspetta. Te ne sei gi dimenticato? Non serve replicare. Devo soltanto obbedire e seguire il mio Caronte. Mi porter allinferno, gi lo so. Ma l, in fondo, che uno come me merita di stare. 76 Capitolo X Cio, sei davvero convinto che ti baster suonare il citofono per imboccargli a casa e farti ridare i soldi?, domando, ancora un po brillo dopo la recente sosta al bar. Ma figurati se quello l ti fa entrare. Non cha una lira. Guarda in che razza di posto vive. Siamo in un quartiere malfamato, in effetti, un covo di disperati. Cristo! Siamo in culo al mondo. Tra laltro faccio ancora fatica a capire se tutta questa faccenda della caccia ai debitori sia una cosa legale oppure no. S, insomma, che Samuel non sia un tipo particolarmente raccomandabile lho capito sin dal primo istante in cui lho visto venirmi incontro alla Stazione Tiburtina. Eppure lui vorrebbe convincermi del contrario. Dice di non essere uno strozzino, ma di operare per una societ seria. Dando per buona la sua versione dei fatti, allora perch sono stato scelto proprio io per svolgere un lavoro del genere al suo fianco? Dai, guardiamo in faccia la realt: non sono assolutamente credibile come agente di recupero crediti. Non otterrei rispetto nemmeno da un pupazzo di neve, figuriamoci da un disperato con lacqua alla gola. Non che serva usare il pugno duro in casi come questi. S, insomma, non 77 dovr mica minacciare di morte qualcuno. Se il debitore non in grado di restituire il denaro che gli stato prestato, bisogner semplicemente fargli capire che meglio che quel denaro lo trovi. Fine della storia. Almeno spero. Ah! inutile pensarci troppo. Scoprir presto la verit. Giusto il tempo di assistere al primo recupero crediti della mia vita. Certo, sempre che il soggetto in questione (a detta di Samuel, nella merda fino al collo) sia cos sciocco da farci varcare luscio della sua dimora. Uneventualit alquanto remota, secondo me, ma che il mio tutor non vuole affatto escludere. Le vie del Signore non sono forse infinite?, mi domanda. Be, s, ma Senti un po, mi interrompe. Da quand che sei in questo giro? Quale giro? Ecco, appunto. Io ho quarantatr anni e faccio questo mestiere da una vita, pi precisamente da quando mi sono messo in affari con spacciatori, drogati, papponi e mignotte. Dunque, fidati di me e, soprattutto, non scassare le palle con le tue teorie del cazzo, ci siamo intesi? Papponi, mignotte... ma non avevi detto di fare un lavoro serio? Allora!, esclama Samuel. Ci siamo intesi, s o no? S, s, replico io, alzando le mani. Non insisto. Bene, fa lui, prima di premere con sicurezza uno dei tanti interruttori che affollano il citofono. Pazienta alcuni secondi senza che accada nulla, poi sposta lindice su una 78 diversa fila di pulsanti, pigiandone un altro a casaccio e attendendo di nuovo a braccia conserte. Chi ?, domanda una voce stridula, forse quella di unanziana signora, attraverso lapparecchio. Io, risponde Samuel. Dice semplicemente questo: io, due lettere, due vocali che sembrano attaccate con la saliva, la parola magica che permette alla serratura del portone di ricevere limpulso elettrico che la fa spalancare dinanzi ai nostri occhi. Visto?, fa lui, varcando il portone. Semplice come far innamorare una donna. Be, non cos semplice far innamorare una donna, ribatto io, seguendolo oltre il portone. S che lo , insiste Samuel, proseguendo spedito, senza neppure degnarmi di uno sguardo. Basta farle qualche complimento e, cosa pi importante, bisogna scoparla come Cristo comanda. insopportabile. Non che abbia torto, intendiamoci. Il problema di quelli come Samuel, per, che pensano di conoscerla come le proprie tasche, la vita. impossibile avere a che fare con certa gente. I tipi come lui sono convinti di avere una risposta valida a tutto, da come abbia avuto origine luniverso a come si cambi una lampadina, dal perch la benzina costi cos tanto al perch il cibo si trasformi inevitabilmente in merda. Ti devi fidare delle persone pi grandi di te. E devi anche portargli rispetto, fa Samuel, prima di affrontare un vecchio in pantofole, mummificato nel solo angolo illuminato dellatrio, intento a scrutinare, sulle pagine del Corriere dello 79 Sport, file e file di inchiostro nero che presentano il prossimo turno di Serie A. Questa settimana, per i giallorossi della Capitale, prevista una trasferta in Sicilia, contro il Messina, per quello che si prospetta essere un match non particolarmente ostico. Sar una bella partita, nonnetto, esclama Samuel. Sempre se arriverai a domenica per vederla. Lironia di Samuel non pare far breccia nellanimo delluomo, che anzi comincia a sbraitare come una vecchia bertuccia dilaniata dalle emorroidi. (Vi prego, non chiedetemi se le bertucce possano davvero soffrire di emorroidi.) Samuel ghigna. Non gliene frega di sembrare antipatico o maleducato. Non gliene frega di essere irrispettoso agli occhi di una persona molto pi anziana di lui. Fondamentalmente non gliene frega un cazzo di niente. Su questo, devo ammetterlo, siamo molto simili. Al diavolo le puttanate sul politicamente corretto. Fanculo alla censura, ai limiti, alla decenza. Lui fa tutto quel che gli pare e piace. Lui pu tutto. Lui Samuel Sogliano. Se vuoi che tutto vada liscio l dentro, lascia fare a me, spiega. Il tuo compito per oggi startene buono e non mandare tutto a puttane. Pensi di farcela? Faccio tante di quelle volte s con la testa che ora Samuel penser abbia un tic. Non dire o fare niente, oltre a respirare. E anche per quello, limitati allessenziale. Coi debitori ci si comporta cos. Si entra e si esce. Basta un rapido scambio di battute. Tu chiedi se hanno i soldi, se ti dicono di s e te li danno, fatta. Te li prendi, ringrazi e ti togli dalle palle. E se ti dicono di no?, domando. Se i soldi non ce lhanno? 80 Sei troppo curioso, cazzo! La curiosit non paga in questambiente. Comincia a farti i cazzi tuoi, ok? Poi, senza darmi il tempo di rispondere, chiarisce: Comunque, se il debitore non ha soldi, gli devi far capire che meglio se li trova. E in fretta. Altrimenti? Altrimenti il nostro capo potrebbe rimanere deluso. E noi non vogliamo che rimanga deluso, vero? Mi sta fissando, mostra un ghigno malefico che auguro non veda mai nessuno. La sua espressione da psicopatico mi fa rabbrividire. Questa la procedura standard, prosegue, spostando lo sguardo altrove. Nulla di particolarmente complesso, mi pare. Non c bisogno che ti tenga per mano per tutto il tempo, no? No, rispondo, solerte. Bene. Ah! E unaltra cosa, conclude. Se ti dovessi cagare addosso, scordati che ti cambi il pannolino, ok? Ok! Sorrido, mentre gli cammino a fianco come un fedele gregario. lui il protagonista della scena, il solo tra i due capace di calamitare a s locchio di bue che illumina lombroso corridoio di questo decrepito edificio. Ti piace il calcio?, domanda a bruciapelo, una volta lontani dal vecchio. S, rispondo. A te? A me no. Odio il calcio e odio anche i calciatori. Ma non lo vedi come se ne vanno in giro quei frocetti del cazzo? Coi loro abiti firmati, le acconciature allultima moda, le 81 macchinine di lusso. Nessuno li considera pi per ci che dovrebbero fare, ovvero tirare dei calci a un cazzo di pallone. Si sta per infervorare, me lo sento. Ora ricomincer a dare i numeri. Ogni anno stanno l, tirati a lucido come delle belle statuine, pronti a firmare contratti esorbitanti davanti a centinaia di fotografi. Che farabutti! Li strangolerei con le mie stesse mani, se potessi. Come previsto, gi partito per la tangente. E poi odio pure i tifosi, quegli idioti patentati. Spendono un patrimonio per vedere giocare dei mercenari e poi si lamentano se non ci mettono il cuore. Ma che cuore! Quelli, al posto del cuore, channo il portafogli. Tifosi puff! Illusi del cazzo! Invece di rimangiarsi il fegato davanti alla tv o allo stadio, farebbero meglio a pensare alla fica. Arriviamo davanti allascensore. Come sempre, Samuel a guidare le operazioni. Preme con decisione il pulsante, prima di proseguire imperterrito il suo monologo. E invece no! Preferiscono guardare una manica di froci che corrono appresso a un pallone. Ventidue mezze seghe che non sanno fare un cazzo oltre a incularsi a vicenda sotto le docce. Dai!, lo interrompo. Ora stai esagerando. No, non esagero manco per il cazzo! Quelle l sono delle pippe clamorose. E non venirmi a dire che non vero, perch fare una papera o sbagliare un passaggio a mezzo metro da un compagno, fino a prova contraria, vuol dire fare una cazzata madornale per quello che il loro mestiere. Immagina se un ingegnere sbagliasse un calcolo o se un medico, che ne 82 so, operasse un organo sano. Il risultato sarebbe una casa in macerie e un paziente morto. O sbaglio? Il cinismo delle sue osservazioni non lascia spazio a repliche, sebbene almeno io sia convinto che il pallone in senso stretto (inteso cio come una camera daria racchiusa in una sfera di cuoio) rappresenti semplicemente un gioco, un passatempo, un deterrente per liberarsi dalla frustrazione, dal trantrn, dalla noia, talvolta anche dalla disperazione. E poi perdere una partita non come far crollare un palazzo, tanto meno come uccidere un uomo. calcio, perdio! Nulla di pi. soltanto divertimento. Ok, magari non per tutti cos. S, insomma, per alcuni il calcio pi importante di qualsiasi altra cosa nella vita. Anzi, pi importante della vita stessa. Il fatto che viviamo in un mondo di cartapesta, dove gli esempi, cos come le ideologie o i valori o migliaia di altre cose che esistevano un tempo, oggi si sono estinte o si stanno estinguendo. Ed proprio per questo che la gente costretta a seguire quelle poche linee guida a sua disposizione per andare avanti. La fede calcistica, al pari di quella politica o religiosa, costituisce quindi una sorta di ancora di salvezza, una dolce e consapevole utopia a cui in molti non saprebbero rinunciare. Se non lavessero, in fondo, si sentirebbero persi. Blin! Il suono squillante di un campanello ci segnala larrivo dellascensore, un marchingegno elettrico piuttosto obsoleto, di quelli in cui le porticine scorrevoli si staccano e poi si riattaccano, scontrandosi rumorosamente, cos angusto da farti mancare laria. 83 Lascialo perdere il calcio, fa Samuel, varcata la soglia del trabiccolo. una merda. Davvero, non me ne frega niente del calcio, ma penso che, quando si ama qualcosa o qualcuno, impossibile non essergli fedeli. Si comincia a essere fedeli a un ideale, a una persona, a qualsiasi cosa, quando si fa meno fatica a credere nelle sue qualit, a prescindere dalle reali qualit possedute. Credere ci di cui la gente ha bisogno. Le persone devono assolutamente affidarsi a qualcosa. Dobbiamo credere per non sentirci disorientati. A una squadra di calcio, a unideologia, a un Dio, a un partner, a un sogno. A qualunque cosa, purch sia qualcosa che ci sappia ingannare. Poich delle bugie, cortesi o pietose che siano, la gente si nutre. Tutti, me compreso. E forse anche Samuel. O forse no. Certe cose, probabilmente, neppure lo sfiorano. Lui va dritto per la sua strada. uno schiacciasassi. Gli basta premere il pulsante numero sette e aspettare che lascensore lo porti a destinazione. Non gli importa altro. Nessun pensiero lo turba al momento. Nessuno, oltre il suo lavoro. Delle dita pallide e affusolate, con un rapido guizzo, sinfilano improvvisamente tra le due porte dellascensore, evitandone la chiusura. Dietro, si svela la figura di una giovane ragazza, gi donna nei suoi squisiti lineamenti. Porta dei jeans attillati e un piumino bianco aderente in vita. I capelli platinati sono raccolti a cipolla sulla nuca, il rossetto vermiglio accende la sua carnagione bianchissima, una pelle che sembra confessare delle origini balcaniche, slave o forse sovietiche. Non riesco a capire bene. Entrando, ci delizia con un sorriso fugace e circostanziale, prima di voltarsi e premere il tasto 84 cinque un paio di volte. Un gesto che confessa una certa agitazione, malgrado quella che sta ora compiendo sia unoperazione che ripete probabilmente ogni giorno. Samuel, nel frattempo, non fa nulla per apparire discreto. Approfittando di questa fortuita coincidenza, senza alcun pudore, si piega per rimirare il posteriore della ragazza da differenti angolazioni, scrutandone gli aggraziati contorni, le rotondit evidenziate dai jeans strettissimi. La ragazza messa davvero bene, ma ora mi pare che Samuel stia esagerando. Devo riuscire a distrarlo in qualche modo. Speriamo che lascensore regga il peso di tutti. Lho detto veramente? Oddio! Si pu essere pi idioti di cos? Meno male che questa mia uscita del cazzo sia servita a qualcosa. Samuel, infatti, fa appena in tempo a staccare gli occhi di dosso dalla ragazza, prima che lei si volti verso di noi per capire cosa stia accadendo alle sue spalle. Una volta ricompostosi, dal taschino interno della giacca Samuel estrae il pacchetto morbido di Marlboro rosse che porge alla fanciulla, come gi fatto in precedenza col sottoscritto, inducendola con un cenno della testa a favorire. No, grazie, fa lei, rifiutando la garbata offerta delluomo. Come non detto, replica lui, sconsolato. Sembra un diavolo che ha appena scoperto di aver perso tutto il proprio carisma. Cavolo!, star pensando. Non sono pi in grado di far cadere in tentazione un paio di giovani senza un briciolo di personalit. Avvilito, dal pacchetto estrae una sigaretta un po sgualcita. Visto che non riesce a farci fumare, non gli rimane dunque che intossicarci con del fumo passivo. Ma quand 85 ormai sul punto di far combaciare la fiamma dello Zippo con la punta della sigaretta, la ragazza, con una pronuncia forse imperfetta, ma con un tono assai deciso, domanda: Potrebbe evitare, per favore? Samuel allibito. Guarda la tipa come se avesse subito da lei il peggiore degli affronti. Ora, con quegli occhi satanici che si ritrova, le sta inviando dei chiari messaggi di morte. O di sesso. O di morte e di sesso assieme. Lei ha appena osato dirgli di no. E ora si prende anche la libert di dirgli cosa deve o non deve fare? La ragazza merita di essere trattata come carne da macello. Ignorando in maniera zotica la sua richiesta, Samuel abbassa lo sguardo verso la sigaretta e arrogantemente va ad arderne la punta con lo Zippo, come se nulla fosse. Compiuta quindi la sua prima, intensa boccata, soffia via una nuvola di fumo proprio in direzione della ragazza. Che labbia fatto apposta per provocarla? Tesoro bello, esordisce Samuel, devi sapere che io sono un classico fumatore dascensore. Tradotto, fumo solo in luoghi chiusi e angusti. Se lo faccio in spazi aperti, va a finire che mi sento male. Fa una breve pausa, giusto il tempo di concedersi un altro tiro di sigaretta. Credimi, da quando fumare nei locali pubblici proibito dalla legge, la mia vita diventata un incubo. Ormai non vado quasi pi nei locali. Ma quando ci vado, non vedo lora di tornarmene a casa per fumarmi tremila sigarette in santa pace. Sar malato, che vuoi che ti dica. Ma sarei anche capace di uccidere, se qualcuno mi impedisse di fumare. Non si pu privare un uomo dellunica cosa che gli permette di sopravvivere, non credi? 86 Vorrei sparire. Dico sul serio. Poi guardo la ragazza. Analizzo ogni singolo dettaglio del suo volto: le pupille dilatate, le palpebre che si spalancano, le labbra che tremano per il terrore. Studio quella maschera di stupore, il brivido che la rende impotente. Una catena dalla quale lo stesso Samuel, graziandola, vuol finalmente liberarla non appena lascensore si spalanca di fronte al quinto piano. Be, cara, ti auguro una buona giornata, fa lui, felice di togliersela finalmente dalle scatole. Ma alla tipa non sembra pi arrivare il sangue al cervello. Anche le sue gambe si sono improvvisamente paralizzate. Si muove a scatti. Non ce la fa proprio a nascondere la paura. A maggior ragione dopo aver sentito Samuel rivolgerle queste ultime parole. E fa attenzione in giro. Questa citt piena di psicopatici. La ragazza non parla pi. Insieme alle gambe, anche la sua lingua deve aver momentaneamente cessato le proprie regolari funzioni. Le riacquister, prima o poi. Quando, tuttavia, non ci dato saperlo. Il nostro obiettivo, al momento, risiede al settimo piano. E nessuno dei due ha pi molta voglia di farlo aspettare. 87 Capitolo XI Settimo piano. Samuel mi precede fuori dallascensore. Lo seguo lungo un corridoio buio e dalle pareti scalcinate. Sui lati si intervallano delle porte di legno, ai piedi di una delle quali, sulla sporca moquette rosso carminio, giace un uomo cencioso, pallido in volto e con le guance coperte da uno strato di barba irregolare. Bucatino!, esclama Samuel. Stabile nella sua posa, luomo si mostra indegnamente allapice della sua devastazione. morto?, domando. Non credo, risponde Samuel, dopo averlo scosso con la punta dello stivale. Sar fatto deroina. Ah, be! Possiamo stare tranquilli, insomma. Dai, smettila di fare il coglione!, esclama Samuel, chinandosi sulluomo. Piuttosto, dammi una mano a sollevarlo da terra. Che cosa?, domando sbigottito, mentre Samuel lha gi afferrato per le ascelle. Tu stai fuori. Non ci tengo proprio ad avvicinarmi a quel tossico del cazzo. Mi fa schifo. 88 Dammi una mano, ti ho detto. Scordatelo! Mollato il tizio, Samuel decide sia giunta lora di mostrarmi il suo lato pi ostile puntandomi lindice destro a un centimetro dal naso. La vuoi sapere una cosa? Ora mi hai veramente rotto i coglioni. Vuoi lavorare con me? Allora fai esattamente quello che ti dico io, ok? A Samuel piace aizzare il duello, ne ha unimpellente necessit, si vede. uno stimolo che deve necessariamente soddisfare. un bisogno animalesco. troppo pi forte di lui. Non sta scritto da nessuna parte che debba raccogliere i tossici da terra per farti piacere. Guarda che, se non ti sta bene questo lavoro, te ne puoi anche andare a fanculo! Ma insomma! Che tutto sto casino? Io e Samuel ci voltiamo quasi in perfetta sincronia. La voce appartiene a Bucatino, come per incanto, tornato di colpo sul pianeta Terra. Lo vediamo boccheggiare, mentre cerca di arrampicarsi sulla porta, aggrappandosi alla maniglia per mantenere lequilibrio. Tiene gli occhi chiusi e probabilmente non comprende cosa o chi lo circonda. Bucatino!, esclama Samuel, aiutando nel frattempo luomo a mettersi in piedi. Buongiorno! Buongiorno un cazzo!, sbotta lui, divincolandosi dalla presa. E invece dovresti essere felice per questo nuovo giorno, fa Samuel, ritrovando un sorriso smagliante. C qui 89 una persona che, fino a qualche secondo fa, pensava non ti saresti mai pi risvegliato. Bucatino vuol dunque esprimere tutto il suo disappunto a colpi di unghie sul cavallo dei pantaloni di fustagno fradici di urina. Uccellacci del malaugurio! Tanto lo so che me volete vede morto pe pijavve tutta leredit. Ma quale eredit, Bucatino!, fa Samuel. Tu non hai un cazzo. Sei una mezza sega piena di debiti. Mezza sega a chi?, domanda, ciondolando in maniera imbarazzante. Sto figlio de na mignotta! Non so chi cazzo sei, ma giuro che te faccio ingoia tutti li denti se non te rimagni subito quello che hai detto. Ma che vuoi fare, che non hai nemmeno la forza per reggerti in piedi, replica Samuel, facendosi beffa delluomo. Piuttosto, prima di uscirtene con certe stronzate, controlla sempre chi hai davanti. Bucatino muove mollemente il capo, strizzando gli occhi per mettere a fuoco il volto del suo interlocutore. Per un attimo guarda anche me, fissandomi col suo sguardo rintronato, poi torna su Samuel. Signor Sogliano!, trasale. Ma siete voi! Dico sul serio, gli sta proprio dando del voi. E gi, conferma Samuel. Scusatemi!, esclama luomo, improvvisamente pi mansueto. Non lo potevo sape. Non ti preoccupare. Far finta che non sia successo niente, lo rasserena lui. Sai piuttosto perch sono qui? Be, no, non saprei. 90 Come no? Dai, prova a fare uno sforzo. Per i soldi?, chiede Bucatino, dopo una leggera esitazione. Bravo Bucatino! Vedi che quando timpegni sei pi sveglio di quello che sembri? Lo so che vho fatto aspetta un po' Un bel po!, corregge Samuel. Gi, un bel po. Ma non ve dovete pi preoccupa, fa luomo, di nuovo barcollando, poi ridendo e piangendo assieme, in un miscuglio isterico di commozione ed eccitamento, un cocktail di emozioni causato probabilmente dai rimasugli di droga che gli galleggiano ancora nelle vene. So che vho fatto pena, ma adesso ce lho. Ahi ahi ahi, Bucatino! Non che mi stai di nuovo prendendo in giro? Perch sai stavolta che ti capita se non mi ridai tutti i soldi che mi devi? Ce lho, vho detto. Stavolta ce lho sul serio, assicura Bucatino. Non fate come San Tommaso. Ma quale San Tommaso!, esclama Samuel. Io di santo non ho proprio un cazzo. Ride, Bucatino. Ride sguaiatamente. Siete troppo spiritoso voi! Su, venite dentro!, esclama, invitando Samuel nel suo appartamento, Cos ve convincete che non dico stronzate. Bucatino punta la porta, dalla traversa fino allo zoccolo interamente ricoperta di firme e vignette. Dalla tasca dei pantaloni, poi, tira fuori una chiave. Assolutamente incompatibile col buco della serratura. Come previsto, infatti, ogni suo tentativo di infilarla nella toppa ha un esito negativo. 91 Serve una mano?, chiedo, preoccupato pi per il tempo che passa, che per altro. Ma Bucatino, battendo il palmo della mano sinistra nellaria, risponde: Nun rompe li coglioni te! Faccio da solo. Devo solo trova la chiave giusta. Magari non merito mi sia dato del voi ma, cavolo, essere trattato con un briciolo di rispetto in pi non mi dispiacerebbe. Bucatino!, ammonisce Samuel, intervenendo in mia difesa. Comportati bene. Scusate!, esclama, prima di tornare ad armeggiare con la serratura. Ma stato lui a provocarmi. Io?, domando, allibito. Samuel mi guarda scocciato. Si vede lontano un miglio che non ha voglia di sentirmi battibeccare con un cazzo di eroinomane. Per tranquillizzarsi, allora, prende il solito pacchetto di Marlboro e dalla parte tranciata estrae una sigaretta che, sbuffando, porta alla bocca. Di fronte a quel gesto, Bucatino non si cura affatto di celare la propria invidia. Non che me ne offrireste una? Bucatino, tu non sei un uomo, fa Samuel, esaudendo la richiesta del suo debitore. Sei una tassa vivente! Non poi cos cattivo il mio collega. Malgrado i suoi atteggiamenti da duro, un buono. Probabilmente non gli sar neppure mai capitato di far del male a una persona. Va be, se si esclude quello che successo qualche ora fa con quel tassista. Ad ogni modo, sono convinto che Samuel ostenti quellaria cos burbera soltanto per immedesimarsi meglio col personaggio che si cucito addosso. Quelli che veste sono 92 soltanto i panni che ha deciso di indossare nellavanscena quotidiano. E per meglio calarsi nella parte, ha bisogno di farsi forza e sentirsi invincibile. Spietato, se serve. Ci a discapito di coloro che gli sono attorno, inconsapevoli di far parte dello sfortunato cast del suo personalissimo lungometraggio. Samuel sa perfettamente di vivere in un contesto ipercompetitivo. Ciascuno vuole primeggiare nel proprio campo. Sarebbe disposto a tutto pur di ottenere la gloria. Perch, come i pi bravi strateghi insegnano, in uno scenario concorrenziale come il nostro, letica pu tranquillamente andare a farsi benedire. Bucatino, intanto, ha appena fatto cadere la chiave sulla moquette. Questuomo avr pure le mani di pasta frolla, eppure gli riesce benissimo di afferrare una paglia scivolata fuori dal pacchetto di Samuel, per poi farsela accendere. E tu?, mi domanda. Non ce fai compagnia? Non fumo, ribatto. Licenziosi sghignazzamenti seguono la mia risposta, come se il fatto di non fumare sia ora da considerarsi un motivo di scherno. Signor Sogliano, ma chi ve sete scelto come collega?, domanda quel tossico del cazzo, una volta riuscito a imbrigliare le risa. Proprio un bravo ragazzo! Non sono affari che ti riguardano, lo rimprovera Samuel, dopo aver catturato i miei occhi solo per un istante. Sembra voglia consigliarmi di restare dalla sua parte. Finch ci sar, potr contare sulla sua protezione. Piuttosto, vedi di darmi i soldi se non vuoi ritrovarti nei guai. Oh, s! Scusatemi!, fa Bucatino, chinando il capo, quasi a volersi prostrare dinanzi al suo creditore. Non me 93 sarei dovuto impiccia, me ne rendo conto. Finisco la sigaretta e li vado a prende, promesso. Di quanto sia magnanime Samuel ne ho ulteriore prova ora che, senza spazientirsi pi di tanto, rimane a guardare Bucatino fumare la sua Marlboro a velocit rallentata. Irrispettoso della libert concessagli, quellammasso di merda si diverte a creare degli anelli di fumo, per poi osservarli galleggiare nellaria prima che svaniscano del tutto. Un silenzio ambiguo, nel frattempo, avvolge il corridoio, stranamente deserto. Come tre brutte statuine siamo l in attesa di una svolta. Luno tiene sotto mira gli altri, in una scena che ricorda molto il mexican standoff finale de Il Buono, Il Brutto e Il Cattivo. Lequilibrio del triello pare per spezzarsi quando, con una schicchera, Samuel getta a terra il filtro della sigaretta, contribuendo al deterioramento della gi lurida moquette. Bucatino, sbrigati!, esclama. Dal suo tono di voce, capisco che ha gi pazientato abbastanza. Ora vuole i soldi. S, s! Un altro tiro e la spengo. Come promesso, dopo unultima succhiata al filtro ormai completamente pregno della sua saliva, anche Bucatino lancia via quel che rimane della sigaretta. Dalla tasca destra dei calzoni sfila quindi altre due chiavi. Ne mette una sul palmo della mano sinistra, laltra sulla mano destra. Cos ad occhio nudo, quella di sinistra potrebbe forse mettere in moto unauto (con ogni probabilit rubata). Quella di destra, invece, sembrerebbe avere tutte le carte in regola per essere la chiave giusta. Dello stesso avviso, per, non sembra essere Bucatino che anzi, incerto sulla decisione da prendere, rimane ad 94 analizzarle entrambe per altri sette od otto secondi, soppesandole con cura, come se realmente potesse distinguere il peso specifico di ciascuna delle due. Dimprovviso, poi, opta per la chiave di sinistra. (Da un fattone come lui cera da aspettarselo.) Il conseguente tentativo di infilare la chiave nella serratura lassurdo finale di uno spettacolo a dir poco imbarazzante. E che cazzo!, sbraita Bucatino. Avevo il cinquanta per cento di possibilit dazzeccacce e invece ho sbagliato! Puntando gli occhi verso il soffitto, pare quindi imprecare verso lOnnipotente: Perch tutta sta sfiga? Perch, se p sape?. Schianta la chiave sbagliata a terra, prima di continuare a inveire contro chiss chi. Nun me lo merito! Bucatino, prova a intervenire Samuel. Il suo tentativo, per, viene surclassato dalle urla isteriche delluomo che, disperato, posa ora il suo sguardo su di noi. Voi nun capite! Qui cavete di fronte un caso clinico. Cavete davanti la iella fatta persona. Rivolgendosi a un pubblico immaginario, urla: Ammirate, gente! Questa qui non una persona qualsiasi, la prova concreta che la sfortuna esiste. Esiste e come! Sto povero cristo non ha mai vinto un cazzo in vita sua. Sto sfigato non ricorda una sola volta in cui ha potuto gridare: S! Stavolta ce lho fatta! Mai! una maledizione. Bucatino Samuel prova nuovamente a intervenire, ma rinuncia un istante dopo sentendo luomo riprendere la solfa. In quanto a donne, poi, non che vada meglio. Anzi. Sto poraccio non se fa na scopata da cos tanto tempo che 95 ormai ha dimenticato pure come se fa. Anzi, se la volete sape tutta, non je se drizza manco pi. Il suo pisello sar pure moscio, ma almeno la lingua ce lha ancora bella arzilla. E pensare che fino a qualche minuto fa sembrava morto. Adesso, per ammazzarlo, ci servirebbero le cannonate. Ha perso la voglia de scopa. Fatejela riveni! Fatejela riveni, per Dio! Bucatino!, esclama Samuel, stavolta con pi decisione, riuscendo finalmente a richiamare lattenzione delluomo. E m basta, per, co sto teatrino! Va a prendere i soldi! S! I soldi!, fa Bucatino, avvicinando lunica chiave rimastagli alla serratura. Me dovete scusa, signor Sogliano, ma oggi non ce sto molto con la testa. Eh! Lavevamo notato, appunta Samuel. Mi pare sia trascorsa uneternit da quando abbiamo messo piede qui dentro. E forse davvero cos. Forse siamo solamente vittime di un incantesimo, inconsapevoli del tempo che ci scorre attorno. Ma quando ormai ogni speranza sembra essere perduta, finalmente sento la serratura scattare. Sia lodato Ges Cristo!, esclama Samuel. Tirando un lungo sospiro di sollievo, rispondo solerte allesclamazione del mio collega. Sempre sia lodato! 96 Capitolo XII Spero che non facciate caso al disordine biascica Bucatino, facendoci strada nel suo appartamento. Macch!, rispondo spavaldo. Siamo dei maschietti. Ci sguazziamo, noi, nel disordine. Si sa, azzardare una qualunque affermazione un rischio che talvolta porta a essere clamorosamente smentiti dagli eventi. Le ultime parole famose, cos le chiamano, no? E difatti, neanche a farlo apposta, entrato nellappartamento in coda al terzetto, mi rimangio subito quanto detto. Mamma mia! Ma che sta puzza? Nellaria c un odore nauseante. Nella penombra, vedo Bucatino dirigersi dallaltra parte della stanza e sollevare le tapparelle. Basta un attimo perch un violento fascio di luce illumini le pareti vuote e ammuffite della casa, marchiate da simboli satanici disegnati con delle bombolette spray. Il pavimento sconnesso, fatto di mattonelle scheggiate e sporche, ricoperto da pezzi di vetro, cartacce e rifiuti di vario genere. A fungere da letto, un materasso putrido, bruciacchiato, ricoperto da liquidi seminali ed escrementi di ogni tipo. Sopra, giace il cadavere di un cane con il ventre 97 squarciato e le budella di fuori, un bastardo di media taglia, stecchito ormai da un bel po di giorni. Un attimo dopo mi vien da vomitare. Come intuito, forse anche a causa di quei Campari e gin bevuti al bar, sento un inarrestabile rigurgito risalire intestino e trachea fino a spruzzare a fiotti fuori dalla bocca. Ora anchio posso dire di aver contribuito al luridume della stanza. Samuel, invece, a dir poco commovente. Si vede che ha accusato il colpo ma, non si sa come, riesce a trattenere il vomito. Strano, considerando tutto quello che ha bevuto. Madre Santissima!, impreca, appoggiando una mano allo stipite della porta. Bucatino! Brutto figlio di una troia! Vieni subito qui! Che c?, domanda luomo, avvicinandosi a Samuel. Come che c?, echeggia burbero questultimo. E hai pure il coraggio di chiedermelo? Cristo Santo, ci stavi per ammazzare! Signor Sogliano!, fa Bucatino, intimorito dallaspro rimprovero di Samuel. Ma che ve passa pe la testa? Un filo di sincerit pare legare luna allaltra le parole delluomo, il quale, spaurito, china il capo in attesa di ricevere una severa punizione. Dai! Va a prendere immediatamente i soldi, sbrigati! Bucatino stato appena graziato. Ma lordine imposto da Samuel somiglia in tutto e per tutto a un ultimatum. Al tossico rimasta una sola chance. Che non pu n deve sprecare, a meno che non voglia fare una brutta fine. Bucatino sembra aver afferrato il concetto e ora vaga in questa specie di 98 cloaca in cerca del denaro. Lo osservo, mentre provo ad inalare ossigeno per riprendermi. Eccoli!, esclama Bucatino, correndo verso Samuel con un rotolo di banconote in mano. Samuel glielo strappa via, poi ne calcola lammontare, sfogliando uno a uno tutti i fogli filigranati. Mi stai prendendo per il culo?, fa, una volta terminato il conteggio. Eh?, domanda esterrefatto Bucatino. Tho chiesto se mi stai prendendo per il culo!, ringhia Samuel. No, signor Sogliano, fa Bucatino, scuotendo nervosamente la testa. Ma che state a di? Abbozza un sorriso, ma chiaro che se la sta facendo sotto. E allora che cazzo sono questi?, domanda Samuel, sventolandogli le banconote sotto il naso. un acconto iniziale dei soldi che ve devo, risponde Bucatino, estremamente convinto delle sue ragioni. un acconto Bucati, non mi sembra daverti chiesto un acconto!, fa Samuel, ora nuovamente dellidea che essere comprensivi non sia la miglior moneta con cui ottenere rispetto dagli altri. Con questi trecento euro mi ci pulisco il culo, al massimo. Tu me ne devi mille e ottocento, di euro. Il che significa che ho fatto stramaledettamente bene a dubitare di te, perch tu sei un fottutissimo bastardo che non ha nemmeno un briciolo di riconoscenza verso chi tenta daiutarlo! Ma no, non dite cos, ribatte Bucatino, al solo pensiero che le parole appena ascoltate possano essere la premessa di qualcosa di ben pi atroce. 99 E in effetti, estratta una pistola da sotto la giacca, Samuel la punta verso Bucatino, facendolo letteralmente cagare addosso dalla paura. Ah, non dovrei dire cos? E che cazzo dovrei dire allora? Sentiamo! Bucatino trema come una foglia di fronte alla canna della pistola, tesa a pochi centimetri dalla sua testa. Piagnucola, mentre congiunge le mani in una sorta di preghiera. Ve supplico, Soglia! Ascoltateme! Samuel tiene saldamente la pistola. I lamenti di Bucatino non lo scalfiscono neanche un po. Comincio anchio ad avere paura per quello che sta avvenendo. E se qualcuno ci avesse visto, se ci avesse anche solo sentito? Un altro al mio posto se la sarebbe gi data a gambe. Ma io no, sono un vero coglione, non ce la faccio neppure a muovermi. E no, Bucatino! Ora mhai veramente stufato. Samuel sembra davvero offeso. La sua fiducia stata tradita nella maniera pi becera possibile. Per me le parole hanno un certo peso. E io ho creduto ciecamente alle tue. Ma cosho ottenuto in cambio? Un bel cazzo su per il culo, a quanto pare. Perdonateme!, fa Bucatino, con unaria da derelitto. La sua dignit ormai pronta a essere calpestata da chiunque desideri farlo. Per gente come lui, del resto, vivere una vita da pecora piuttosto che morire in fretta da leone sembra una cosa gi scritta a caratteri cubitali nel proprio firmamento. Fateme una proroga, prosegue, con le lacrime agli occhi, mentre un odore acre di pip si sprigiona dai suoi pantaloni. Me basta na settimana. Una settimana e ve rid tutto. 100 Certo, come no!, fa Samuel. Dalla mia postazione riesco ad ammirare la sua postura statuaria. Larma che tiene in pugno sembra una naturale protesi del suo arto superiore, un tuttuno col suo corpo marmoreo. Una settimana ancora, vero? Come mhai gi promesso la settimana scorsa e quella prima ancora. Te ne sei approfittato troppo, Bucati. E ora non sono pi disposto a farmi fregare da uno sfigato come te. Mentre il pollice della mano destra toglie la sicura, la mia mente sembra preannunciare la scena. Vedo Samuel, lo spietato braccio destro della morte, sparare un colpo. E poi Bucatino, sprofondato in una pozza di sangue, diventare il pasto nudo di corvi e sciacalli. Ehi!, intervengo, tentando di far cambiare idea al mio compagno. Le sue non sono pi delle intimidazioni fini a se stesse, ma le reali smanie di un assassino perverso. Non dobbiamo mica adottare una soluzione cos drastica, no? Tu non timpicciare!, fa Samuel, non variando di un solo millimetro la sua posa perfetta. So io come ci si comporta con dei fetenti come lui. Se lo uccidi, chi ci ridar i soldi?, insisto, intenzionato a boicottare in ogni modo il suo piano. La mia intuizione regala un barlume di speranza nel volto sfiduciato di Bucatino. Gi, vero!, esclama. Voi mica me potete uccide cos. Sta zitto! Lespressione fiduciosa di Bucatino viene immediatamente cancellata dal rimbrotto di Samuel. Nessuno tha dato il permesso di parlare. E comunque, se proprio lo vuoi sapere, non ho nessuna intenzione dammazzarti, spiega, 101 riaccendendo una luce negli occhi del povero drogato. Ti sparo solo alle palle. Cosa?, domandiamo sia io che Bucatino, in perfetta sincronia, disgustati, allibiti, pietrificati (anche se, naturale, per motivi molto diversi) da questa sconcertante affermazione. Tanto a che ti servono?, chiede Samuel, rivolgendosi al suo bersaglio. Lhai detto tu che non scopi da una vita. Che ti cambia se rimani senza? Una lacrima sgorga dagli occhi increduli di Bucatino. No, ve prego, non lo fate! Le sue preghiere lasciano totalmente indifferente Samuel, che anzi sta covando un irrefrenabile desiderio di violenza. Lamore cristiano, se mai esistito in lui, ora ha lasciato il posto a un inequivocabile sadismo. Mi fa paura il suo sguardo, puntato assieme alla canna della pistola sui gioielli di famiglia di Bucatino. Conto fino a tre e poi sparo. Sono in una di quelle situazioni a cui mai avrei immaginato di assistere. Ritrovarmi davanti a un pazzo che vuole imbottire di piombo lo scroto di un tossicodipendente, zoofilo, necrofilo e chiss cosaltro: capirete da soli il mio totale sbigottimento. Uno... Il volto paralizzato di Bucatino nasconde il terrore per limminente atrocit a cui destinato. La sua identit sar ben presto sconvolta da una pallottola che gli perforer i testicoli, causandogli una sterilit permanente. Due... 102 Di fronte a questuomo si sta spalancando una porta che lo condurr verso sentieri inesplorati. Uno strano silenzio, intanto, avvolge lo spazio che ci circonda. Non sento n urla n pianti, solo un rantolo straziato, intrappolato in un odore che mi ricorda qualcosa: merda. E tre! 103 Capitolo XIII In onda su unemittente nazionale, uno di fianco allaltro sulla propria poltrona rossa, con quelle pance da pettirosso da cui spuntano delle ridicole zampette, uno stormo di giurassici mentecatti ciangotta insensatamente di tematiche giovanili. Almeno, questo quello che credono loro. In realt, gi un miracolo riuscire a non perdere il filo del discorso. Parlano di Internet, di bullismo, di stupri di massa, di stragi del sabato sera, di alcol e di droghe, creando un guazzabuglio di interventi a dir poco imbarazzante. Che merde! La serata, come una vecchia ramazza stanca, prosegue il suo pesante incedere, trascinando con s polveri di noia e malessere allo stato puro. quasi luna di notte, oramai, qui a Perugia. Ma un orario vale laltro per chi, come me, ha quasi terminato un grammo di fumo, due bottiglie di Syrah e un pacco pieno di dolci fatti a mano. Me li ha dati la signora Mariotti mentre rientravo a casa. Mi ha tenuto sulla porta per quasi mezzora, raccontandomi di quel suo unico figlio che non fa altro che darle preoccupazioni. Una pugnetta infinita, credetemi. Almeno i dolci che mi ha regalato sono buoni, ma 104 non a tal punto da cancellare il ricordo di quanto avvenuto al povero Bucatino. Sento ancora il cuore che mi palpita dentro come il motore di un catorcio in salita. Faccio fumo da tutte le parti. Prima o poi salter in aria, ci scommetto. Per rimettermi in sesto, erba, dolci e vino, da soli, non basteranno. Dormire, ecco cosa mi ci vorrebbe. Le ombre della notte mi terrebbero alla larga dai miei mostri quotidiani, saprebbero gettarmi una corda per tirarmi fuori da questo inferno. Solo dormendo, supererei il trauma dei miei ultimi mesi, cancellerei ogni lato del loro perimetro, ogni centimetro quadrato della loro schifosissima area. Vorrei risvegliarmi domattina e aver rimosso tutto quanto. Potrei raccomandarmi a qualcuno, forse. Gi, ma a chi? Vi prego, non parlatemi dellOnnipotente. Vedete, sono piuttosto scettico sulla sua esistenza. Del resto, qualcuno di voi lo ha per caso visto dove ci sono guerre, stragi, carestie, pestilenze? No, eh? Ma dai, che strano! Ok, vero. Il male ovunque e dilaga come un virus pandemico. Ma la responsabilit non pu essere soltanto la nostra, no? Un bambino pu sbagliare, ma un genitore non pu mica lasciarlo solo nellerrore. Cos Dio con noi. Perch non so cosa ne pensiate, ma a me sembra che siamo stati tutti abbandonati al nostro destino. E quindi s, insomma... se noi Oh, merda! Ho bevuto troppo vino. Oltre al fegato, sta roba mi fotter anche il cervello, gi lo so. Sdraiato su un fianco sopra al letto, torno allora a far da spettatore al biasimevole talk-show televisivo attualmente in onda, intrappolato nei contorti labirinti elaborati dallalcol e dal 105 thc, inquieto e confuso come forse qualche migliaio di volte mi capitato di ritrovarmi in passato. Passa il tempo, ma certe cose rimangono uguali. Sono io, in realt, che non cambio mai. Sempre qui a vivere le mie solite serate autodistruttive, con le droghe o lalcol a far la parte dellarrosto e tutto il resto, poco importa cosa, come contorno. Quasi sempre la musica ad accompagnare il tutto. Stavolta (come raramente accade, a dire il vero) spetta alla televisione tenermi compagnia. Stretto tra i seni dellozio, torno dunque a imprigionare lo sguardo nellasfissiante cornice del piccolo schermo. Il conduttore del programma tiene la scena con impeccabile maestria. Guida i marchingegni della trasmissione meccanicamente, riducendo allosso le improvvisazioni e la spontaneit degli interventi. accondiscendente e rassicurante con ciascuno dei suoi ospiti. Schiva slogan elettorali, nonostante gli piovano addosso da tutte le parti. Li elude, evitando cos di prendere qualunque posizione. indifferentemente conciliante con tutti e nel farlo risulta abilissimo. Non comprendo appieno se il suo neutrale atteggiamento sia davvero un modo per imporre obiettivit e correttezza deontologica al programma o piuttosto serva ad accontentare tutti indistintamente, forse perch timoroso di togliere i panni del presunto mediatore super partes e di schierarsi seguendo soltanto la sua coscienza. Proprio non capisco come un uomo possa non avvertire la necessit di esprimere il proprio giudizio. come se preferisse rimanere in eterno su una mezzeria, anzich scegliere di attraversare una delle due corsie. Cos, per paura di essere investito, se ne sta fermo, impotente e frigido su unipocrita striscia di mezzo. 106 Uno che non sa scegliere, secondo me, non pu ritenersi un uomo libero. Tolleranza zero!, sbraita uno degli ospiti da dentro il suo doppiopetto gessato. La storia ci insegna che tutte le politiche proibizionistiche si sono rivelate delle armi a doppio taglio, ribatte un altro, sistemandosi gli occhiali da vista sul naso. I due paiono riscuotere, in eque proporzioni, mugugni e applausi da parte del pubblico in studio, comparse ubriache di retorica, impegnate soltanto a pensare a come spendere al meglio il compenso gi pattuito prima della trasmissione. Razza di burattini! I soldi infettano ogni millimetro cubo della nostra vita. questo il male della societ di oggi. Nessuno fa pi le cose per passione. Prendete gli ospiti di questo talk show. Nessuno vuole affrontare la questione nella sua interezza. Ci girano attorno, come furbi compassi a debita distanza dal punto focale, pavidi a uscire dal cerchio da loro stessi calcato. Le loro dichiarazioni non aggiungono nulla di nuovo alle altre migliaia rilasciate in passato dai propri colleghi. Da anni si dicono sempre le stesse cose, ci si pongono sempre le solite, inutili domande. Il fatto che nessuno vuole puntare il dito laddove invece andrebbe fatto. Non si fa chiarezza, perch nessuno ha veramente intenzione di farla. Esiste infatti una losca e spropositata faccenda di interessi che dovremmo conoscere, ma che nessuno ci racconta o che in alcuni casi non abbiamo nemmeno voglia di stare a sentire. La verit come la nicotina dentro una sigaretta: ci arriva, ma attraverso un filtro. Troppe sono le verit che nessuno avrebbe mai il buon senso di lasciar 107 trapelare. Del resto, il popolo succube delle menzogne dei potenti, assuefatto a una droga ben pi pericolosa: la televisione. Smettiamola allora di porci ripetutamente la domanda sbagliata. Non importante chiederci se il Paese pu avere unopinione pubblica colta e addestrata. Ci su cui dobbiamo interrogarci se i nostri governanti vogliono davvero unopinione pubblica informata. Perch, diciamo come stanno veramente le cose: persino in un regime democratico come apparentemente lo il nostro, non c alcun interesse affinch tutti condividano le stesse, corrette informazioni. La libert costituisce il principale accesso alla conoscenza. E nessuno (n lo Stato, n le lobby, n le multinazionali, n i criminali) vuole vederci liberi. Per questo ci hanno narcotizzato attraverso il pi efficace mezzo a disposizione dei potenti: la televisione, appunto, il pi diabolico strumento mai realizzato. Porca troia, Lou! Ora stai svalvolando sul serio. Lascia perdere quel vino e vattene immediatamente a letto. E invece no, resisto. Voglio vedere fino a che punto posso arrivare. Stasera voglio toccare il fondo. Verso quello che rimane dello Syrah nel bicchiere e lo butto gi tutto dun sorso, prima di tornare a fissare il monitor come un vero rincoglionito, cercando di non pensare troppo a domani e a tutto quello che verr. Dio provvede!, diceva sempre mia madre, ancora me lo ricordo. Secondo lei, la fede sempre stata la soluzione a tutto. In fin dei conti, si vive proprio cos, a pezzetti, incastrando tra loro i minuti, le ore, i giorni. La vita tutto un incastro di momenti, bisogna accettarlo. solo che gran parte 108 dei momenti che ho vissuto io sono impregnati di cos tanto odio e rancore che non potete nemmeno immaginare. Era facilmente prevedibile che finissi cos: sprofondato nel caos pi totale. da un bel pezzo che mi va tutto storto. E la rabbia infuria. Tanta, troppa rabbia dentro di me. Ho perso la rotta, sto andando alla deriva. Navigo con un carico di rabbia verso non so dove. Una cosa orribile. A volte ho un paio di giorni di buonumore. Potrei continuare cos anche dopo. E invece no. Mi sento sempre pi arrabbiato. E cos do di matto. Intanto, omertoso nella sua finzione, imbalsamato nella sua mimica sempre uguale e compassata, il conduttore televisivo sta proseguendo imperterrito il suo ammiccamento nei confronti degli ospiti con perfetta eleganza e straordinario automatismo. Non traspare alcunch dal suo volto, una maschera di lattice creata in qualche sala operatoria e perfezionata di volta in volta in camerino. Le navigate espressioni da star del piccolo schermo e le smaglianti pose da copertina risulteranno assai utili ad accrescere il proprio divismo mediatico. Verrebbe del tutto naturale dilettarsi a edificare degli insulti colossali nei suoi riguardi e in quelli degli altri partecipanti alla trasmissione. Ma sinceramente mi son rotto di tutta questa farsa. Afferrato il telecomando, comincio uno zapping nevrotico, tra colluttazioni visive e coliche intestinali, nella flebile speranza di rinvenire qualcosa di minimamente interessante, ormai in corsa sulla desolata strada che conduce al vuoto cosmico. Repliche di programmi diurni, vecchi telefilm, televendite di tappeti, sport acquatici, linee hot a pagamento, 109 backstage di chiss quale spettacolo teatrale, sceneggiate napoletane. Dimprovviso, senza nemmeno accorgermene, metto fine a questa mostra delle atrocit, restituendo cos alla stanza il dignitoso silenzio che merita. Spenta la televisione, riscopro finalmente quello stato neutro delle cose dove tutto sembra diverso, ora che lincantesimo della piazza di colpo spezzato e la mente si liberata da tutta quellirrilevante massa di simboli che incessantemente ci sopraffanno e ci confondono, che ci impediscono di filtrare quel misero rigagnolo di percezioni realmente considerevoli. Sono alla frutta. Senza una famiglia, senza amici, senza lavoro, senza una donna, senza un cazzo di niente da fare. Solo. Non mi rimane altro che morire. Sarebbe come cadere in un sonno alcolico. Sarebbe meraviglioso. 110 111 Indice Prologo... 7 Capitolo I... 8 Capitolo II.. 15 Capitolo III. 20 Capitolo IV 25 Capitolo V. 37 Capitolo VI 46 Capitolo VII... 53 Capitolo VIII. 60 Capitolo IX 69 Capitolo X. 76 Capitolo XI 87 Capitolo XII... 96 Capitolo XIII. 103
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