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CURA

Fragile,
da maneggiare con cura
scrivevano…
Primo strattone sanguinante

Fragile,
da maneggiare con cura
leggevano…
fitta bagnata
sussulto al cuore

Fragile,
da maneggiare con cura
bisbigliavano…
urli muti
si udivano
sorrisi compiaciuti

Fragile,
da maneggiare con cura
urlavano…
fiato vitale interrotto
brivido affannoso al tocco

Frrrrr, Frrr…Fraaa…gile,da mannegggggiare con cuuura…


silenzio assordante
e il gelo
e le lacrime taglienti
il mio corpo nudo

Fragile?
tagliente il suo sguardo,
io spettatrice esterna al mio
corpo, forza irruente
dentro mi penetra

FRAGILE! gridano.
No. No. No….paralisi
il mio corpo macchina
di un altro
Anima violata

Inverno ed estate
Invadono le mie vene
Burattino dell’altrui perversione
Interiorità denudata.

Fragile,
da maneggiare con cura
come un vecchio rottame
abbandonato allo sguardo di raggi notturni.
Panico infame,
dolore abitabile che riempie
le pagine
Colpa soffocante che non mi appartiene

Fragile,
da maneggiare con cura.
Il corpo guarisce,
L’ Anima subisce.

E se ti stai torturando, notti in crisi, chiedendotelo,


No. Non è colpa tua.
No. Non te lo sei meritato.

Fragile cristallo prezioso,


Trattati con cura.

DOLORE INTERNO

Mio caro dolore, mi fa strano scriverti;


questa mattina mi è giunta una richiesta, raccontare di te…
Che paradosso! Ho riempito una marea di pagine, sprecando inchiostro che ricalcasse le tue orme e ció che
mi hai provocato…eppure, chi sei realmente?
No, non hai una semplice e singola definizione, non sei così scontato, non ti piace essere banale, tu brami
essere ricordato, oltre la vita, oltre la morte.
Cosa sei? Urlo alla luna che dinanzi a me è spettatrice delle notti insonne in cui sei stato unico compagno
fedele, il menzoniere più veritiero che abbia mai conosciuto, colui che accomuna qualsiasi organismo
vivente.
Sei tutto e nulla, sei ciò che riempie le giornate e ciò che le rende vuote.
Sei nel vuoto che uccide e trafigge.
Tu, che rendi inerme l’anima umana davanti all’inarrestabile scorrere del tempo, altro tuo miserabile
complice…quanto avrei voluto controllarlo!
Non ricordo quando sei entrato nella mia vita, forse ci sei sempre stato.
Sei come polline, sparso dal vento, che mette radici maligne in qualunque luogo, è così tu hai fatto con me.
Sei come cento lame che trafiggono la carne di un autolesionista.
Sei sangue privato della sua linfa vitale.
Sei lacrime soffocate.
Sei tagli provocati sul corpo.
Sei il cibo che rifiuto.
Sei ossa sporgenti.
Sei iperattività con la quale torturo il mio corpo.
Sei le lacrime di chi mi ha vista col sondino.
Sei lo strazio di chi ha odiato la mia parenterale.
Sei nell’indifferenza della morte imminente.
Sei in un abbraccio o carezza mancata.
E con te, è una bugia anche la verità.
Sei nell’impotenza di non poter aiutare qualcuno.
Sei nella morte che non avrei voluto per gli altri.
Sei nelle lacrime che da piccola bramavo soffocare e che ora egoisticamente imploro per avere la loro
consolazione.
Sei nel silenzio di mille parole.
Sei negli sguardi mancati e in quelli che mai avrei voluto ricevere.
Sei nella perfezione che non esiste.
Sei un piccolo grande parassita che intacca ogni singola cellula.
Sei nel ricordi vivo e scottante.
“Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice nella miseria” disse Dante, ciò significa che prima di
te esisteva una felicità?
Per quanto tempo ho creduto di meritarti, ho preferito ascoltare te che per anni mi dicevi:
“Non meriti di mangiare”
“Devi punirti”
“Non meriti la vita”
“E prendili quei farmaci e falla finita”
“La morte è salvezza, ma neanche quella ti meriti” e potrei continuare all’infinito.
Ho desiderato tanto annientarti senza rendermi conto che per distruggerti, mi sono autodistrutta, scacco
matto, ho fatto il tuo gioco, succube della tua volontà e inerme dinanzi a me stessa.
Dolore.
Dolore è il ricordo del suo tocco.
Dolore è il ricordo del suo profumo.
Dolore è il ricordo del suo sguardo pungente.
Dolore è il ricordo della sua voce.
Dolore è il ricordo del suo affanno e compiacimento.
Tu, che non sei altro che l’altra faccia della medaglia della felicità, che ahimè, la sua esistenza dipende
direttamente dalla tua sopravvivenza.
Dolore sono le parole represse.
Dolore, le lacrime di mio padre quando gli hanno detto che se avessi continuato così non sarei arrivata alla
settimana successiva.
Dolore, vedere mio nonno in punto di morte ed io a 1000 km di distanza.
E una persona che odio e amo allo stesso tempo, mi disse esattamente un anno fa, “ finché c’è sofferenza,
c’è vita perché implica un sentire” e c’aveva ragione. E sempre lui diceva, quando la sera veniva a trovarmi,
“ad un certo punto tocca a noi scegliere tra la certezza e negazione che comporta la morte e l’incertezza e
meraviglia della vita”.
E forse quando il caro Giovanni Pascoli diceva “le lacrime e il dolore sono un dono perché insegnano al
perdono” forse, anche lui aveva ragione.
Si, quel perdono verso se stessi, perché no, non hai fatto nulla per meritarti quel dolore.
E tu che sei nelle urla silenti.
Tu, che non hai bisogno di ucciderti per sentirti viv*.
Perché la vita non si basa su meritocrazia, non sei ciò che sembri, sei l’essenza che metti in ciò che fai.
Quel dolore insopportabile è funzionale quando lo vivi, lo analizzi, impari e lo lasci andare.
Il dolore non è eterno, in fin dei conti siamo esseri finiti.
Il perdono verso te libererà la tua anima da quella gabbia dalle sbarre in oro il cui ingresso è lasciato aperto.
Il dolore esiste per essere affrontato, ma non te lo meritavi, ma puoi scegliere cosa farne e come reagire,
essere nel qui et ora, essere ciò che hai sempre sognato.
La medicina al dolore? La vita.
L’antibiotico? L’amore.

G. O.

DONNE PRESSATE

Società pressante
Finto perbenismo
Fottute frasi vuote
Come chi le scrive
Post pieni di compassione, e poi?
8 marzo, festa delle donne.
“Auguri”
“Grazie”
“Le donne vanno rispettate” […]
Ma aspetta.
Festa?
Festa o memoria?
È necessaria ricorrenza per ricordare che l’essere umano va rispettato prima delle proprie condizioni?
Prima del proprio sesso?
Prima dei propri ideali?
Prima di se stessi? Davvero?
Tutti a regalare miseramente mimose, eppure nessuno SA il perché della scelta di quella pianta.

Società pressante.
Smania di perfezione.
Ambizione.
“Parità dei sessi”
Nessun cambiamento.
Parole al vento
Fuggono
Perché tanto
È più facile parlare
Che concretizzare.

Società pressante.
Altra donna violentata.
Altra donna uccisa.
Altro essere umano torturato.
Altro essere umano tolto della sua dignità.

Società pressante.
Buona giornata del ricordo, perché è questo che è.
Omertà che pervade l’animo umano.
Impariamo a celebrare ogni giorno la nostra dignità.

DUBBIO LECITO

Parole rotte
Rose
Spinose

Alibi?
Dove?
Monosillabi.

Come il fuoco che brucia, ma


non ti scosti perché è un dolore
piacevole.
Respiro.
Affanno.
Taglio.
Risposte che non arrivano

Ti regalo la mia fragilità?


No.
Cosa vuoi?
La vita.
perché non vivi? Ce l’hai già.

Non basta possederLA.

Umiltà perduta.
Vita amata.
Sei nel sole cocente
Fautore e distruttore di vita.

Scemo chi si rifugia dalla pioggia

PERCHÉ DARE UN TITOLO SIGNIFICA CATEGORIZZARE.

Maryam,
Maria,
goccia
nel mare

Therao,
Teresa,
amabile
cacciatrice.

No. Il nome nulla


ha a che fare
con la sua essenza
purezza.

Diario di bordo.
Indispensabile come un
faro per un navigatore
del mare

Boccata d’aria.
freschezza
pelle candita
arrossata

E quella Teresa che provava


da bimba vergogna
per il rossore delle sue guance
l’avrei stretta in un abbraccio
Riccioli cristallini dagli
occhi dorati
Pregiata, diafana Teresa
diamante grezzo

Innocente
come colei che
conta l’amore
come le stelle

Pioggia riparatrice,
raggio squarciante
l’oblio
coraggioso

La vittoria di chi
vince perdendo
sognatrice
dai piedi per terra

Sei nel sole che brucia,


ma che si cerca ancora.
Perché anche un granello di sabbia

Importanza ha in una
spiaggia.

Maria Teresa
goccia nel mare
cacciatrice coraggiosa
d’amore.

LODE ALL’ AMORE PER LA VITA

Ama la vita in tutte le sue sfaccettature,


Ama la vita nel suo dolore,
Ama la vita nelle sue gioie,
Ama la vita nei suoi lutti,
Ama la vita anche quando finisce col tradirti,
Ama la vita nella consuetudine ed assuefazione,
Ama la vita anche solo mirando il vento che si ode dalle persiane e che perpetuamente
move a ritmo nella medesima direzione candide nuvole e foglie che dolcemente si
lasciano cullare,
Ama la vita e ciò che in essa è subitaneo, lascivo,
Ama la vita perché è un dono, perché fra una molteplicità di probabilità hai vinto su
tutto, ama la vita e la sua totale impiallacciatura,
Ama la vita anche se può parer caduca,
Ama la vita anche quando si è nel giorno estremo, volgendo la mente addietro e
rimembrando gioie e dolori,
Ama la vita costantemente,
Ama la vita e addottrinati a viverla con tutte le tue forze, senza mai scapitare, nel
cammino vitale, la fede e la speranza, atipiche virtù di cui la vita si nutre
incessantemente!

INQUIETUDINE

E costantemente vago con il mio inquieto ed ilatato pensiero,


Lo volgo a rimembrare ciò che scombussola le membra.
Odo il mio corpo in bilico fra la notte e il di fra la gioia e l’amarezza, fra l’amarezza e la
gioia,
Ambedue androni diametralmente opposti.
Il corpo fiacco a stento procede nel sentiero vitale, i bulbi oculari tentando di restare
aprici ottengono il risultato opposto lasciandosi andare nell’oblio della stanchezza
disgustosamente verace.

VERA FALSITÀ

Un qualcosa di inspiegabile...
Vorrei urlare al mio cuore
Basta soffrire,
Vorrei urlare al mio cervello
Basta pensare!
Le mie membra sono costantemente pervase da agitazione, ansia e stress,
Ma la cagione?
Il mio cervello vorrebbe fuggire dalle mie membra, se non fosse rinchiuso in galera!
Favelle gremite di dolore
Interrompono tale aria silente
Per spezzarne l’ilaritá e portarne sofferenza.
Il cervello vorrebbe ignorare, ma sinché il cuore non può farlo è condannato a tale
tortura, perché inevitabilmente è collegato al cuore da un sentimento in tal caso
razionale e logico, e a sua volta il cuore è legato al cervello da un sentimento profondo!
Le urla spezzano la quiete e prorompe l’agitazione!
E così procedono i giorni tra dolore e gioia, e non ostante ciò siamo alla costante
ricerca di una risorsa per noi esseri viventi indispensabile, l’amore, primo di tutti a
procurare una gioia dolorosa, perchè è l’aria che alimenta i polmoni del cuore e per
quanto il cervello tenti di dissuaderlo non ci riesce proprio per amore!
Sfoggiamo in tal caso uno dei sorrisi più fallaci che si possa desiderare per eludere il
volto della nostra verace anima!
Fingiamo di essere rubicondi, quando nelle nostre interiora si stà scatenando
l’apocalisse.
Un’apocalisse di pensieri illusori, perchè è di illusione che ci cibiamo, perchè nel
mondo delle illusioni possiamo essere davvero noi stessi, immaginare ciò che
vorremmo accadesse nel nostro percorso vitale, e solo immaginando riusciamo a
procurare un piacere alla nostra anima stanca di soffrire, stanca di essere l’uditrice
della sofferenza, stanca di cimentarsi in avventure che la rendono forte si, ma allo
stesso tempo sconfitta, perchè ha scapitato l’illusione di cui si cibava.

TOSSICITÀ

Vorrei che non mi chiamassi per chiedermi un parere sulla vernice da utilizzare per le
pareti della tua camera,
Vorrei che non mi chiamassi per chiedermi solo di stilarti dei messaggi per
qualcun’altro,
Vorrei che non mo chiamassi per solo dei consigli,
Vorrei che anche solo una volta mi chiamassi per chiedermi sinceramente “come stai?”.
Probabilmente ti risponderò con un fallace “sto bene” però avrei la consolazione che di
me ti importa e che non mi guardi solo come una qualsiasi persona che ascolta le tue
problematiche, che per quanto futili possano essere io non giudicherò mai tali.
Per quanto tu possa sminuirmi io farò a te il contrario, ossia incoraggiarti nonostante
tutto!
Ahimè, non posso chiederti di andare contro la tua natura!

ILLUDERSI DEL NULLA

Far finta di niente è impossibile


Far finta di non aver pianto la notte prima
Far finta di non soffrire dietro un falso sorriso è impossibile
E impossibile trattenere una lacrima eppure è quello che provo a fare ogni volta
nonostante ne sia consapevole
Voglio solo che tutto questo termini
Che tutto questo si blocchi e che finisca in una bolla di sapone nera come la pece
trasformandosi in limpida acqua che sgorga da una sorgente arcobaleno
Non voglio compassione e finta comprensione voglio solo un tuo sorriso sincero e
colmo di verace preoccupazione
Non voglio nulla solo un abbraccio quello che non ho mai avuto nei miei sedici anni di
luce
E portami con te dove questo dolore si dustrugge con la tua anima
E portami con te dove tutto è possibile
Dove tutti i miei traumi possano essere curati solo con la tua carezza perché è l’unico
cosa che ora vorrei
Non voglio nulla solo te

PORTAMI VIA

Portami dove tutto è già finito dove tutto possa assumere una sua forma ben precisa
portami dove questo dolore eterno si distrugge
Portami ad essere la persona che ero una volta supponendo che fossi vera allora
FIORE NOBILE

Hai presente i papaveri?


Si, quei fiori che non hanno un buon odore, ma godono di un rosso accesso, sono
magnifici, splendono e non puoi fare a meno di soffermarti ad osservarli, penserai, si,
solo qualche secondo e poi proseguo con la camminata, illuso!
Ti illudi, ma loro ti rapiscono, impiegano solo pochi istanti, iniziano prima a rubare e
ad impadronirsi della vista, poi della mente e infine del tuo “io”.
Sono meravigliosi, qualsiasi cosa che sia animale o uomo o insetto si fermano a
contemplarli.
Forse ti sembrerà assurdo, ma vedi sono semplici eppure hanno al loro interno un
grande potenziale.
Sembrano fragili, ma non lo sono!
Ora ti spiego, hai presente quelle giornata di mezza primavera, in cui c’è un’atmosfera
mite, gradevole per l’essere umano, fra le ore 12 e le 15, c’è una leggera brezza,
piacevole che trascina e sventola leggermente i tuoi morbidi capelli, e il sole li rende
più chiari alle punte. Quella dolce brezza scuote delicatamente l’erba a i tuoi piedi,
quella dolce erba che con tanta fatica cerchi di non calpestare per non procurargli
sofferenza, siediti su un tronco, osserva il campo dinanzi a te in cui vi sono anche
questi esemplari, i papaveri.
Sono fragili vedi, esternamente sono fragili, anche il più leggero soffio di ventola gli
spezza un petalo, ma attutiscono i colpi, nonostante tutto non crollano, restano in
piedi. Soffrono, ma non crollano, cadono si, ma si rialzano, il loro stelo invece li
sostiene sempre, si potrà anche piegare durante le raffiche, durante le tempeste, ma
non si spezzano, sono sempre integri.
Però dopo ogni caduta, le cicatrici restano, è nudo, non ha più nulla, ha perso tutto, ha
perso se stesso, non ha più nulla per cui andare avanti, eppure regge solo per l’amore
che prova nei confronti della vita. Verrà disprezzato, messo da parte per aver perduto
quella poca bellezza secondo gli altri che aveva.
Ma lui affronterà un lungo e tortuoso percorso, e la sua rinascita avverrà seppur
prolissa e longeva avverrà, un nuovo anno, un nuovo inizio lo attendono. Si ripromette
che non perderà più se stesso!
Ma questa promessa sarà davvero certa? Riuscirà a portarla a termine? Io li auguro di
sì.
Ecco, comprendi, mi sento come un papavero, solo che la mia rinascita ancora non è
avvenuta. Un po’ come le fenici, hanno lo stesso colore, buffo vero?
Io sono anche come una fenice, solo che sto ancora bruciando! Chissà se le mie
scottature col tempo si rimargineranno...

NUVOLE DI COTONE

Trafitta,
Così come un aeromobile penetra
Entro quell’accumulo di vapore acqueo
Che la gente mortal e comune suol definire nuvole;
eppure esse conservano la purezza del candore bianco,
Esse che tante volte vengono trafitte hanno la resilienza nel ricomporsi, così sei tu.
Tu, unico nel tuo genere, fragile, da maneggiare con cura, eppure avente la medesima
resilienza che per assurdo appartiene a quei batuffoli di cotone immersi in un oceano
rischiarato dai raggi solari.
Tu che tante lacrime versi giornalmente, asciugale, fai in modo che esse non vadano
perdute, ma che siano la tua sorgente, la tua fonte vitale, perché ognuno di noi
possiede in se e per se una proprio fonte vitale.
Sei tu.

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