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L'arte della gioia di Goliarda Sapienza

L'arte della gioia è un libro speciale: il


capolavoro di Goliarda Sapienza (Catania, 1924 – Roma, 1996) e probabilmente della
letteratura italiana del '900. Pubblicato postumo nel 2000 è diventato in breve un
autentico caso letterario e si annuncia, meritatamente, come un successo clamoroso. Il
romanzo, raccontando la vita di Modesta, sua indimenticabile protagonista, ripercorre
anche la storia d'Italia del '900 (non a caso l'autrice ha voluto che Mody nascesse il 1
gennaio 1900) e lo fa offrendone una visione forse troppo moderna rispetto alla
coscienza media del XX secolo, se è vero che il manoscritto fu rifiutato e snobbato per
20 anni e solo con l'arrivo del XXI secolo è venuto alle stampe ed ha raccolto il giusto
riconoscimento di critica e pubblico.

Lascio in calce il link a Wikipedia per conoscere i dati essenziali della vita di Goliarda
Sapienza e i link a tre recensioni che ho selezionato in rete.

Da parte mia posso ribadire che L'arte della gioia mi ha emozionato e sorpreso: non
immaginavo che qualcuno potesse avere scritto un'opera talmente spiazzante, ricca,
appassionante, proprio qui in Italia, proprio negli anni in cui ero un bambino (Goliarda
Sapienza ha scritto il romanzo dal '67 al '76).

L'arte della gioia comincia con questo attacco folgorante:


"Ed eccovi me a quattro, cinque anni in uno spazio fangoso che trascino un pezzo di
legno immenso. Non ci sono né alberi né case intorno, solo il sudore per lo sforzo di
trascinare quel corpo duro e il bruciore acuto delle palme ferite dal legno. Affondo nel
fango sino alle caviglie ma devo tirare, non so perché ma lo devo fare. Lasciamo questo
mio primo ricordo così com'è: non mi va di fare supposizioni o d'inventare. Voglio dirvi
quello che è stato senza alterare niente."
Dopo di che l'autrice, con una scrittura veramente assoluta, trascina il lettore a scoprire
la storia avventurosa di una donna che non si accontenta di recitare il ruolo assegnatole
dalla sua nascita ma che decide, sin da bambina, di sceglierselo da sé, utilizzando le
proprie risorse interiori e tutto ciò che il destino le porta, in gioia e in sofferenza, non
sfidando bensì andando oltre le regole, le convenzioni, le convinzioni di seconda mano a
cui le persone “normali” si piegano o adattano.
Modesta è un personaggio che vive intensamente, senza fuggire le prove e le sfide che
le si presentano, cercando continuamente un equilibrio tra emozioni, corpo e pensiero e
dimostrando in definitiva di essere riuscita a trovarlo.

Il ritmo narrativo è serrato, ogni capitolo è un cammeo che aggiunge particolari e dettagli
ad una costruzione la cui prospettiva via via si alza, coglie nuovi orizzonti, si fa epica. I
romanzi sono più d'uno, incastonati uno dentro l'altro: il racconto dell'esistenza di
Modesta, l'epopea di una casata siciliana, la storia d'Italia attraverso le lotte politiche che
insanguinano il '900. Ma è tutto il mondo e in particolare l'Europa a respirare dentro
L'arte della gioia: il processo di emancipazione della donna, la diffusione del pensiero
socialista e comunista, la rivoluzione culturale guidata dalla psicanalisi, la liberazione
sessuale ecc.
Il ritmo rallenta solamente in corrispondenza della parte che percorre il ventennio
fascista – penso non sia un caso – per ripartire nuovamente con l'arresto della
protagonista, il suo invio al confino e la seconda guerra mondiale, e decollare ancora per
altri voli tutt'altro che pindarici, dalla guerra di liberazione, alla ricostruzione, fino agli
anni '60.
Che tutto questo ben di Dio risulti anche una lettura piacevole, avvincente e coerente è il
segno del genio, della bravura e del grande cuore di Goliarda Sapienza.

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SCRITTO DA DANIELE ALLE 14:35
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13 : COMMENTI, SORRISI O SMORFIE:

danDapit ha detto...
Bello ciò che hai scritto su Goliarda e su "L'arte dela gioia"!

L'articolo di Manuela Vigorita, è su "Buddismo e Società" una rivista bimestrale della


Soka Gakkai italiana, e "Larte della goia" non poteva mancare a fianco del Sutra del
Loto, "altra arte" per far emergere la felicità dalla propria vita!

Anche io avevo postato questi link, e in aggiunta avevo trovato un'intervista a Goliarda
qualche anno prima della sua scomparsa su un blog di Ispica!
(il link è sul mio post, ma ancora non sapevo creare i link, perciò occorre cliccare sul
titolo)
CIAO!!! ^_^
10 dicembre 2007 14.53

Anonimo ha detto...
Ma veramente vi è piaciuto questo libro?io l'ho trovato insopportabile, non ci ho visto
niente di moderno figuriamoci di tragressivo,nelle scene di sesso i protagonisti in
particolare i partner di Modesta sembravano dei minorati mentali!ma avete presenti i
dialoghi?"ora ci tramortiamo insieme"(per dire provavano ad avere l'orgasmo)...ahahah
non finivo più di ridere!altro che carnalità,in ogni pagina si faceva filosofia.E poi dai non
si possono scrivere 600 pagine di una cosa così, io non l'ho finito,a un certo punto ho
cominciato a saltare di qua e di là se no mi sarei addormentata, d'altra parte Pennac ci
ha insegnato i diritti del lettore, no?:)
Linda
13 luglio 2008 00.50

Daniele Passerini ha detto...


Be' Linda, i libri sono come gli esseri umani: possono risultare affascinanti o
indisponenti, anche a prescindere da loro stessi, semplicemente in base al momento e
alle circostanze in cui ci si presentano. A me "L'arte della gioia" è piaciuto tantissimo e
mi ha dato tanto, nonostante di solito non ami libri di tali dimensioni e pretese letterarie...
non avrei potuto saltarne nemmeno una riga prima di arrivare alla fine! L'unica parte che
ho trovato pesante è stata quella ambientata nel ventennio fascista... ma credo proprio
non sia un caso: brava l'autrice! Inoltre è un'opera che trasuda "sicilianità", qualità che in
genere non mi esalta, ma che in questo caso ho trovato squisita... sono negato in
vernacoli meridionali, però credo che quel "ci tramortiamo insieme" vada colto in tale
contesto.

P.S. E nel mio piccolo, ho notato che pure i libretti che ho scritto c'è chi li adora e li trova
profondi, chi li reputa vuoti e insulsi. Va bene così! :)
13 luglio 2008 20.29

Giovanna Providenti ha detto...


Sono molto d'accordo su quello che dice Daniele paragonando i libri agli esseri umani. io
mi chiamo Giovanna Providenti e sono l'autrice della biografia di Goliarda Sapienza,
ancora senza editore. Visto che mi trovo volevo polemizzare coi recenti recensori(La
Stampa, Repubblica, Il sole 24 ore, Elle) di L'arte della gioia che, a differenza di chi
scrive in questo blog, mostrando di non avere letto il libro e fanno molta confusione tra la
protagonista del romanzo, Modesta, e la sua autrice, Goliarda. Il personaggio di
Modesta - persona libera, la cui libertà non è mai ideologica, ma passo passo scaturita
da una ricerca profonda di autenticità - è l'esito di una lunga ricerca esistenziale della
sua autrice che attraverso la letteratura elabora un percorso di profonda consapevolezza
personale che le fa arrivare a comprendere Eros come una componente e una forza
vitale presente in ognuno di noi che va valorizzata, recuperata e non repressa. Non è
vero che Modesta sia spregiudicata o scandalosa: lei è come è: una persona che riesce
a non farsi tarpare le ali dai condizionamenti sociali, dai moralismi, da inutili ideologie
che impediscono di vivere pienamente e reprimono le emozioni, sbiadiscono i
sentimenti. In un passo del romanzo Modesta dice che con tutto quel latte che le davano
la mattina al convento le stavano annacquando il sentimento forte. Modesta è una che
ha il coraggio di viversi le emozioni e di provare sentimenti. Anche la vita di Goliarda è
attraversata da questo coraggio, ma con delle importanti differenze che l'hanno portata
davvero ai bordi del pozzo, non per finta come la guardinga, e fin troppo freddamente
perspicace e strategica Modesta (Goliarda non era per niente così). Tante altre cose
vorrei dirvi su Goliarda e sul perchè io mi sia innamorata così tanto di lei da dedicarvi
per intero gli ultimi due anni della mia vita. Il mio libro si intitola Goliarda Sapienza.
Biografia delle contraddizioni, inedito. Se vi interessa ve ne mando qualche stralcio.
grazie per avermi letto spero trovare risposte....
30 luglio 2008 15.46

Daniele Passerini ha detto...


Onorato, cara Giovanna, del tuo intervento. E scandalizzato di quanto riferisci, che cioè
l'establishment culturale italiano continui a mettere altezzosamente i bastoni tra le ruote
al destino luminoso (e giocoforza ineluttabile) di un'opera epocale, un freschissimo fiore
all'occhiello della letteratura italiana.

Grazie di considerarmi un recensore. Ovviamente non ne ho né la preparazione né le


qualità: diciamo che magari ho usato il cuore più onestamente di quanto molti usino la
testa. Ho semplicemente descritto quello che leggere "L'arte della gioia" mi ha suscitato,
se vuoi ho restituito, offrendolo a chi passa qui, quello che il libro ha dato a me, grato
alla sua autrice di avere avuto bravura, coraggio, lucidità e tenacia per immaginare,
affrontare e portare a termine una tale avventura dell'anima.
Ti auguro con tutto il cuore di riuscire a trovare un editore per la biografia di Goliarda e
sarei felicissimo di poter ospitare su queste pagine web tutti gli stralci che vorrai inviarmi.
Ci stai?

A presto allora, e soprattutto non demordere: un giorno la biografia scritta da te sarà tra i
volumi della mia libreria e di tantissimi altri lettori... me lo sento!

P.S. Se ti "accontenti" di un piccolo editore con un catalogo però molto interessante, non
dubito che il mio (Mauro Bonanno) sarebbe interessato a pubblicarti.
30 luglio 2008 18.14

Anonimo ha detto...
Mentre sei ancora in Egitto io ho appena finito di leggere L’arte della gioia e come
promesso ecco le mie impressioni.
Temperamento affascinante quello della protagonista Modesta e stile di vita coerente
con il suo essere ‘agnosta’, a detta di se medesima, e quindi non sempre condivisibile
da parte di chi ha una fede religiosa; ma forse è proprio questo ciò che permette ad
ognuno di noi di trovare almeno un personaggio, un episodio, un dialogo, una riflessione
che gli corrisponda o che gli evochi qualcosa come memoria o come desiderio.
Mi ha colpito molto quella domanda ricorrente che Modesta rivolge a se stessa ogni
volta che per la prima volta e senza averlo potuto immaginare in anticipo scopre una
nuova modalità di espressione dell’amore…
‘E come potevo saperlo io se lui non me lo diceva?’
dove ‘lui’sta ora per Carmine, ora per Mattia, ora per la vita…
Alla fine Goliarda fa formulare questa stessa domanda proprio all’ennesimo amore
inaspettato di Modesta quasi a conferma dell’universalità di questo tipo di stupore.
Quanta tenerezza infine e complicità, intimità, serenità e ‘gioia’ in quell’ultimo dialogo:
“- Dormi, Modesta?
- No.
- Pensi?
- Si.
- Racconta, Modesta, racconta.”
Scrittura avvincente, riconducibile a mio avviso a quella di Isabel Allende.
Fin qui le mie impressioni. Ora voglio approfittare di questo spazio per proporti la lettura
di un romanzo che io amo molto. Titolo: Che tu sia per me il coltello. Autore: David
Grossman.
Infine mi faceva piacere dirti che ho assolto al motivo iniziale per cui è nato questo blog:
ho acquistato online il tuo libro ‘22 passi d’amore’.
A presto!
Amina
04 settembre 2008 11.20

* DANIELE PASSERINI * ha detto...


Benritrovata Amina,
eccomi di nuovo qui!

Interessanti le tue osservazioni. Vedi, sono insofferente alle "istituzioni" religiose, ma


nutro una viscerale religiosità "naturale" e credo assolutamente in Dio (o qualunque
modo si voglia chiamare il Principio da cui è scaturita la fonte della realtà che
percepiamo). Ciononostante, com'è successo a te, le peripezie dell'agnosta Modesta mi
hanno avvinto: in fondo quel che conta è porsi le domande giuste, mentre qualsiasi
risposta è solo un'opinione condivisibile solo da chi possiede gli stessi riferimenti.
L'Arte della gioia, è godibilissimo sotto tanti aspetti: la trama, la scrittura, i contesti storici
rievocati... penso non ci sia nulla di banale in quel libro!
Sono contento sia piaciuto anche a te.

Dalle stelle alle stalle!!!


Ti ringrazio per l'acquisto del mio libro.
Però ad essere sincero, dei mie tre lavori, ormai ritengo Ventidue passi d'amore quello
più acerbo (seppure più fresco); Sospensioni di Gravità è senz'altro più ricco e maturo, e
le 30 poesie scritte per la mostra Donne di Vrindavan sono un ulteriore passo avanti.
Be', aspetto il verdetto...
09 settembre 2008 12.03

* DANIELE PASSERINI * ha detto...


Per Amina,
ho finito di rileggere Al Cambio di luna di Paola Merolli - che ti consiglio a mia volta e di
cui ho inserito una recensione nel blog - e ho qui tra le mani Che tu sia per me il coltello:
lo inizio adesso. Se ricordo bene di David Grossman ho letto soltanto Vedi alla voce:
amore (una ventina d'anni fa!) e mi piacque moltissimo. Buonanotte.
11 settembre 2008 23.25

Anonimo ha detto...
Ok, sto cercando di mettermi in pari.
Ho appena ordinato 'Sospensioni di gravità'.
Forse non ci crederai ma difficilmente mi colpiscono le poesie... forse perché ho delle
aspettative altissime... chissà perché poi... ma '22 passi d'amore' è proprio un gioiellino...
Non sono stata a Palenque ma ho visitato Chichen Itzà e Machu Picchu e quindi mi
sono anche un pò immedesimata con quello che i tuoi occhi hanno visto durante i due
viaggi.
Mi ha incuriosito molto la tua recensione su 'Al cambio di luna' per cui lo leggerò
senz'altro.
Per quanto riguarda David Grossman, be, io lo adoro! Anni fa ho avuto anche modo di
incontrarlo. Per caso, leggendo un manifesto per strada, scoprì che sarebbe venuto a
Siena a tenere una specie di conferenza alla Facoltà di Lettere e quindi ci andai,
ovviamente con il libro in borsa. Lui è stato fantastico. Di una umanità incrediile. Alla fine
della conferenza quando sono andata a farmi fare l'autografo sul libro e gli ho detto che
lo avevo letto per ben tre volte lui, visibilmente stupito e lusingato, mi ha scritto come
dedica 'To Amina (scritto anche in ebraico!) who loves this book. Thank you! David
Grossman'). E pensare che il libro me lo aveva prestato mia sorella. Da allora non è più
suo....:-)
Per ora ho finito.
Ciao,
Amina
P.S.: aspettavo le foto delle Piramidi. Finalmente le hai pubblicate!
12 settembre 2008 17.29

Anonimo ha detto...
maremma... ma hai già capito tutto del libro...
c'è un punto, allora, del libro che non potrà sfuggirti di sicuro... ne riparleremo quando lo
avrai finito di leggere...
A presto,
Amina
P.s. e-mail inviata. Anch'io sono una molto 'cogito ergo sum', dell'Acquario però... :-)
13 settembre 2008 14.52

* DANIELE PASSERINI * ha detto...


Bisogna scollinare le prime 50 pagine di Che tu sia per me il coltello, poi la lettura
prende assai. Quello di Grossman è un libro molto diverso da quello di Goliarda
Sapienza: sono libri speciali, di quelli che si amano o si odiano!
15 settembre 2008 22.05

Moloch981 ha detto...
C'è una recensione molto positiva di questo libro su "Leggere tutti", un mensile che si
trova gratis in libreria (io l'ho preso alla Libreria Grande). Sia te sia Luigina me lo
consigliate da tanto, ma non mi è mai, finora, "scattata" la voglia di leggerlo: prima o
poi... :-) Ciao

I contenuti
"L'arte della gioia" è un libro postumo: giaceva da vent'anni abbandonato in una
cassapanca e, dopo essere stato rifiutato da molti editori, venne stampato in pochi
esemplari da Stampa Alternativa nel 1998. Ma soltanto quando uscì in Francia ricevette
il giusto riconoscimento. Nel romanzo tutto ruota intorno alla figura di Modesta: una
donna vitale e scomoda, potentemente immorale secondo la morale comune. Una
donna siciliana in cui si fondono carnalità e intelletto. Modesta nasce in una casa povera
ma fin dall'inizio è consapevole di essere destinata a una vita che va oltre i confini del
suo villaggio. Ancora ragazzina è mandata in un convento e successivamente in una
casa di nobili dove, grazie al suo talento e alla sua intelligenza, riesce a convertirsi in
aristocratica attraverso un matrimonio di convenienza. Tutto ciò senza smettere di
sedurre uomini e donne di ogni tipo. Amica generosa, madre affettuosa, amante
sensuale: Modesta è una donna capace di scombinare ogni regola del gioco pur di
godere del vero piacere, sfidando la cultura patriarcale, fascista, mafiosa e oppressiva in
cui vive. "L'arte della gioia" è l'opera scandalo di una scrittrice. E un'autobiografia
immaginaria. E un romanzo d'avventura. E un romanzo di formazione. Ed è anche un
romanzo erotico, e politico, e psicologico. Insomma, è un romanzo indefinibile, che
conquista e sconvolge.
Questo libro ha una storia un po’ particolare. E’ uscito postumo nel 1998 (l’autrice è
morta nel 1996) per conto di una casa editrice indipendente, passando inosservato.
Ebbe invece un grande successo all’estero, in particolare in Francia. E’ stato adesso
ripubblicato da Einaudi (€ 20), e si rivela un libro che mescola diversi generi, come
avventura, eros, autobiografia, politica.
La protagonista è Modesta, una donna siciliana - come l’autrice -, nata il primo giorno
dell’anno 1900, in condizioni di povertà. La storia della sua vita ripercorre i grandi
avvenimenti del secolo scorso, mentre lei cerca di costruire la sua identità. Gli occhi del
libro sono quelli di Modesta che racconta la sua vicenda ma anche quelli di una
narratrice che si confonde con lei, così che i passaggi dalla prima alla terza persona
sono fludi, senza alcuno stacco. Un libro cinematografico perché fatto d’immagini che
restano impresse per la loro vivacità e per una ricchezza nella capacità di descriverle e
farle vedere allo sguardo interiore sicuramente originale.
Un libro straordinario, con attorno tre storie ancora più interessanti. La vita
dell’autrice. Quella dei genitori. La vicenda del romanzo, rifiutato dai principali
editori italiani – nonostante l’autorevole raccomandazione di Sandro Pertini – e
rivelatore di un clima culturale vivissimo e gretto. Gli insuccessi e la povertà
portarono Goliarda a rubare, al carcere, a due tentativi di suicidio. “E’ morta
perché ha vissuto”, scriverà, invitando tutti a non spiegare la sua morte. E, forse,
anche la sua vita.
“Non cercate si spiegarvi la mia morte, non la sezionate, non la catalogate per la vostra
tranquillità, per paura della vostra morte, ma al massimo pensate – non lo dite forte
perché la parola tradisce – non lo dite forte ma pensate dentro di voi: è morta perché ha
vissuto” – Goliarda Sapienza
Un libro postumo. Rifiutato dai maggiori editori italiani, pubblicato in mille copie da
“Stampa Alternativa” nel 1998, infine lanciato in Francia e poi – di riflesso – da Einaudi in
Italia, dieci anni dopo la prima edizione. La storia del capolavoro rifiutato dai grandi,
pubblicato da un piccolo editore – col curioso sottotitolo “romanzo anticlericale” - e infine
lanciato all’estero sembra riproporre i luoghi comuni sul provincialismo italiano e la
lungimiranza d’oltreconfine.
Ma è davvero così? Intanto non è calzante il parallelismo con il Gattopardo.
L’ambientazione siciliana, la fortuna postuma, la saga familiare e l’attenzione al contesto
storico non giustificano il paragone con un libro del tutto differente. Ma se il romanzo è
estremamente interessante e coinvolgente, forse lo è di più tutto quello che lo circonda.

Pur non dimenticando Catania – scenario privilegiato dei suoi romanzi – Goliarda
diventa una intellettuale dei Parioli. Vive l’ambiente culturale della Roma anni ’60 e ’70.
Pasolini, Moravia. Il premio Strega, le recensioni delle pagine culturali e i rapporti
sempre difficili con gli editori di Torino e Milano. Non si integrerà mai del tutto con un
mondo straordinariamente vitale dal punto di vista artistico, ma anche freddo e ricco di
invidie da quello umano.
L’impianto ottocentesco
Gli editori rifiutano l’“Arte della gioia”. Per l’“impianto del secolo scorso”. Perché era un
“romanzone”, come “La Storia” di Elsa Morante, stroncato pure da Siciliano e Pasolini,
autori di due tra i numerosi interventi comparsi sul quotidiano “il manifesto” nell’estate
del 1974. Non è il periodo adatto una scrittura “tradizionale”: sono gli anni dello
sperimentalismo. E dei rapporti velenosi tra intellettuali. Il direttore editoriale della Rizzoli
– che aveva rifiutato l’“Arte della gioia” - ironizza grossolanamente (“Cara
Gattoparda…”) in una delle tante lettere all’autrice. Lei risponde risentita. Si rivolge ad
un agente letterario, senza migliore fortuna. Einaudi rifiuta senza motivare. Feltrinelli
spiega il no con i “canoni ottocenteschi” del manoscritto: la casa editrice è ormai votata
all’innovazione.

Nessuno ha il coraggio di dirle la verità. Modesta è una individualista nell’epoca del


collettivismo. Arriva il rifiuto di Mondadori, cortese e con motivazioni vaghe. Agli editori
interessa solo il libro-scandalo scritto in carcere (“L’università di Rebibbia”), pubblicato
nel 1983 da Rizzoli, venduto in quindicimila copie e ristampato nei tascabili BUR.
Caro Sandro…
Le difficoltà economiche, la frustrazione e il disagio psicologico spingono Goliarda a un
gesto impensabile fino a qualche momento prima. “Caro Sandro, non avrei mai voluto
rubarti del tempo prezioso. […] Avrei di molto preferito non chiederti niente...”. Goliarda
scrive a Pertini, allora presidente della Repubblica. L’avvocato Sapienza – padre di
Goliarda - aveva collaborato all’evasione incruenta da Regina Coeli di Saragat e
appunto Pertini, avvenuta tramite moduli falsificati. “Sono cose dure per un autore,
Sandro, solo tu puoi capire che brutta condizione sia lottare senza speranza”. Il
presidente interviene discretamente prezzo Rizzoli, tramite il capo servizio stampa. Ma
non sarà sufficiente, l’unico cambiamento tangibile saranno lettere di rifiuto dalle
motivazioni maggiormente articolate.
Una donna immorale

Modesta – il personaggio centrale del romanzo – è una femminista? Immorale secondo i


criteri comuni, e forse anche rispetto a quelli alternativi. Nasce in una casa povera, è
mandata in un convento e successivamente in una casa di nobili dove riesce a
convertirsi in aristocratica con un matrimonio di convenienza. Avanza nella scala sociale
seducendo uomini e donne; usa la generosità e gli affetti come strumenti; si difende con
ogni mezzo a disposizione dalla cultura patriarcale e violenta che la circonda, dalla
tempesta del fascismo, dalle insidie quotidiane. Ma senza pensare a soluzioni collettive,
peccato mortale negli anni ‘70. Senza guardare con passione all’impegno politico. Senza
rinunciare alla gioia, anche tramite un eros senza limitazioni.

La vicenda personale di Goliarda Sapienza non è meno interessante. Una vita


affascinante, segnata indelebilmente da un furto di gioielli in un momento di povertà
estrema, cui segue il periodo vissuto in carcere. Il problema di tre anni di affitto risolto
rubando in casa di un’amica napoletana. Lo scandalo (“La scrittrice in carcere”,
“Arrestata la moglie del regista Citto Maselli”) che arriva al culmine di un periodo
tremendo, tre anni in analisi e due tentativi di suicidio. “Che cos’è la bellezza se non
coerenza?”, scrive nel libro nato in cella.

Molti editori pensarono a uno pseudonimo. Invece Goliarda era un nome autentico, così
volle chiamarla Peppino Sapienza, un “avvocato del popolo” catanese, anarchico. La
madre, Maria Giudice era socialista e femminista ante litteram, prima segretaria donna
di una Camera del lavoro. Nel romanzo è Carlo Civardi (nome reale del primo compagno
della madre, con il quale visse in “libera unione” e da cui ebbe sette figli), portatore di
una ideologia del dovere e dell`altruismo che Goliarda non sentì mai come sua.
da www.panchinedimilano.com Cara Vera, ho appena terminato di leggere L'arte della
gioia, di Goliarda Sapienza. Ci ho messo un sacco di tempo. Avevo sbagliato
l'approccio. Poi, in momenti di relativa calma, ho potuto accordare il mio ritmo a quello
del libro. E allora la lettura è scorsa veloce, facile, coinvolgente. Ho deciso di raccontare
nel tuo blog solo le mie impressioni sui libri che leggo, se mi sono piaciuti o meno, e
perchè. Evitando la velleità di volerli recensire. Anche perché ormai su internet troviamo
tutte le recensioni possibili e fatte da chi ha sicuramente più competenze delle mie.
Torno all'arte della gioia. Che, come tutte le arti, si apprende. Se poi si è particolarmente
dotati, si ha qualche probabilità di successo. Goliarda Sapienza (Catania 1924-Gaeta
1996), siciliana trapiantata a Roma, attrice, scrittrice, carcerata sembra esserci riuscita,
se non nella tormentata vita privata, almeno nelle belle pagine di questo libro. Se non
ricordo male ci ha messo nove anni per scriverlo, terminandolo nel 1976. E le prime
pubblicazioni sono avvenute dopo la sua morte, nel 2000 per Stampa Alternativa, poi
all'estero. Solo nel 2008 in Italia. Di Goliarda Sapienza non avevo mai saputo nemmeno
l'esistenza. Fino a quando mi è capitato di ascoltare la conversazione di una signora sul
terrazzo di una villa in montagna, in Val Vigezzo. Ne parlava in termini entusiastici. E mi
ha incuriosito. Per il suo nome, che tradiva sicuramente genitori quanto meno originali. E
infatti sua madre fu la prima dirigente donna della Camera del Lavoro di Torino. Per il
fatto che era una siciliana. E la Sicilia ha sempre prodotto scrittori sorprendenti. Non mi
sono sbagliato. Un'altra grande scrittrice siciliana. La protagonista del romanzo è una
donna, Modesta, che da povera bimba diventa principessa di un'antica casata, quella dei
Brandiforti. Attorno a lei si muovono i membri della famiglia, i fattori che conducono le
terre, la servitù, gli amici, gli amori etero e saffici, i figli propri, naturali, adottati. In un
grande affresco che prende tutta la prima metà del '900. Attorno a Modesta si
intrecciano le vicende private e quelle della storia generale: le prime idee socialiste, la
libertà femminile, la libertà sessuale, la psicanalisi, il fascismo, la guerra, il comunismo.
Ma tutto è filtrato attraverso la figura straordinaria di Modesta, la sua capacità di uscire
dagli schemi convenzionali della società, alla ricerca di un'esistenza dove all'ipocrisia sia
sostituita la ricerca della felicità, della libertà. La scrittura di Goliarda Sapienza è densa,
a volte ha il respiro del mare calmo, a volte l'andamento di una fiaba. Prima e terza
persona si scambiano senza che si avvertano rotture. Il tempo è frantumato, istanti che
si dilatano e anni che passano in un momento. Un libro straordinario, Vera. Claudio
Mori, www.panchinedimilano.com
Cara Vera,
ho appena terminato di leggere L'arte della gioia, di Goliarda Sapienza. Ci ho messo un
sacco di tempo. Avevo sbagliato l'approccio. Poi, in momenti di relativa calma, ho potuto
accordare il mio ritmo a quello del libro. E allora la lettura è scorsa veloce, facile,
coinvolgente.
Ho deciso di raccontare nel tuo blog solo le mie impressioni sui libri che leggo, se mi
sono piaciuti o meno, e perchè. Evitando la velleità di volerli recensire. Anche perché
ormai su internet troviamo tutte le recensioni possibili e fatte da chi ha sicuramente più
competenze delle mie.
Torno all'arte della gioia. Che, come tutte le arti, si apprende. Se poi si è particolarmente
dotati, si ha qualche probabilità di successo. Goliarda Sapienza (Catania 1924-Gaeta
1996), siciliana trapiantata a Roma, attrice, scrittrice, carcerata sembra esserci riuscita,
se non nella tormentata vita privata, almeno nelle belle pagine di questo libro. Se non
ricordo male ci ha messo nove anni per scriverlo, terminandolo nel 1976. E le prime
pubblicazioni sono avvenute dopo la sua morte, nel 2000 per Stampa Alternativa, poi
all'estero. Solo nel 2008 in Italia.
Di Goliarda Sapienza non avevo mai saputo nemmeno l'esistenza. Fino a quando mi è
capitato di ascoltare la conversazione di una signora sul terrazzo di una villa in
montagna, in Val Vigezzo. Ne parlava in termini entusiastici. E mi ha incuriosito. Per il
suo nome, che tradiva sicuramente genitori quanto meno originali. E infatti sua madre fu
la prima dirigente donna della Camera del Lavoro di Torino. Per il fatto che era una
siciliana. E la Sicilia ha sempre prodotto scrittori sorprendenti.
Non mi sono sbagliato. Un'altra grande scrittrice siciliana. La protagonista del romanzo è
una donna, Modesta, che da povera bimba diventa principessa di un'antica casata,
quella dei Brandiforti. Attorno a lei si muovono i membri della famiglia, i fattori che
conducono le terre, la servitù, gli amici, gli amori etero e saffici, i figli propri, naturali,
adottati. In un grande affresco che prende tutta la prima metà del '900. Attorno a
Modesta si intrecciano le vicende private e quelle della storia generale: le prime idee
socialiste, la libertà femminile, la libertà sessuale, la psicanalisi, il fascismo, la guerra, il
comunismo. Ma tutto è filtrato attraverso la figura straordinaria di Modesta, la sua
capacità di uscire dagli schemi convenzionali della società, alla ricerca di un'esistenza
dove all'ipocrisia sia sostituita la ricerca della felicità, della libertà.
La scrittura di Goliarda Sapienza è densa, a volte ha il respiro del mare calmo, a volte
l'andamento di una fiaba. Prima e terza persona si scambiano senza che si avvertano
rotture. Il tempo è frantumato, istanti che si dilatano e anni che passano in un momento

Goliarda Sapienza: uno strano destino

Ed eccovi me a quattro, cinque anni in uno spazio fangoso


che trascino un pezzo di legno immenso. Non ci sono nè alberi nè case intorno, solo il
sudore per lo sforzo di trascinare quel corpo duro e il bruciore acuto delle palme ferite
dal legno. Affondo nel fango sino alle caviglie ma devo tirare, non so perché, ma lo devo
fare. Lasciamo questo mio primo ricordo così com’è: non mi va di fare supposizioni o
d’inventare. Voglio dirvi quello che è stato senza alterare niente.
Questo è l’incipit del romanzo “L’arte della gioia”, della catanese Goliarda Sapienza,
nata a Catania nel 1924 da Giuseppe Sapienza e Maria Giudice (la prima donna
dirigente della Camera del lavoro di Torino). E forse proprio queste frasi ci possono fare
capire il tipo di persona che era Goliarda: vera, sincera e libera. Goliarda cresce in un
clima di assoluta libertà. Non ha vincoli sociali. Addirittura non frequenta regolarmente la
scuola perchè il padre non voleva che la figlia fosse soggetta ad imposizioni fasciste. A
sedici anni si iscrive all’accademia nazionale d’arte drammatica di Roma e per un
periodo intraprende la carriera teatrale, distinguendosi nei ruoli delle protagoniste
pirandelliane. Lavora anche per il cinema, inizialmente spinta da Alessandro Blasetti, poi
si limita a piccole apparizioni come in Senso di Luchino Visconti. Sotto la regia di Blasetti
nel 1946 recita in “Un giorno nella vita” e ne 1948 in “Fabiola”. Nel 1950 recita in
“Persiane chiuse” di Comencini, nel 1951 appare in “Altri tempi”, nuovamente di Blasetti,
mentre nel 1955 ha una parte in “Ulisse”e in “Gli Sbandati” di Francesco Maselli. Nel
1970 ha una parte in “Lettera aperta ad un giornale della sera” sempre di Francesco
Maselli e nel 1983 recita sotto la regia di Marguerite Duras in “Dialogo di Roma”.

Sentimentalmente si lega al regista Citto Maselli, ma qualche anno dopo sposa il


copywriter Angelo Maria Pellegrino. Poi lascia il palcoscenico e il cinema per dedicarsi
alla carriera di scrittrice. Ma la sua vita è complicata. Verso la fine degli anni Sessanta
finisce in carcere per un furto di oggetti in casa di amiche. E sempre dal carcere, ma
anche dopo, contina a scrivere pubblicando poche opere, tranne alcune come “Le
certezze del dubbio”. Ma il suo capolavoro è “L’arte della gioia”, una sorta di romanzo
autobiografico in cui dalla sua penna Goliarda fece un ritratto non solo di se stessa, ma
anche della società del tempo e riuscì a trattare argomenti scomodi per il periodo come
la libertà sessuale, la politica, la famiglia. Per questo il libro non fu mai pubblicato e va
alle stampe postumo nel 2000, riscuotendo prima indifferenza e a distanza di anni
enorme successo di critica. Fra le altre sue opere citiamo “Lettera aperta”, “Il filo di
mezzogiorno”, “Università di Rebibbia”, “Le certezze del dubbio” e “Destino coatto”.
Ed è proprio a causa del suo romanzo “L’arte della gioia” che Goliarda, nota negli
ambienti artistici e culturali romani, attrice, scrittrice, compagna per 17 anni di Francesco
Maselli, si riduce in povertà. Nella casa romana di via Denza pende lo sfratto e le viene
tagliata anche la luce. E lei ruba a casa della amiche. Un furto per disperazione, lo
aveva definito lo scrittore Angelo Pellegrino che ha vissuto con lei per 20 anni e che ha
curato la sua opera. Nella prefazione al libro racconta che Goliarda scriveva sempre a
mano per sentire l’emozione nel battito del polso, servendosi di una semplice Bic nero-
china a punta sottile. “Scriveva - si legge nella prefazione - come leggeva, da lettrice,
scriveva per i lettori più puri e lontani, con abbandono lucido e insieme passionale,
affettuoso e sensuoso, attenta ai battiti cardiaci di un’opera, più che ai concetti e alle
forme”. Goliarda scriveva in solitudine, guardando il mare, di mattina, su fogli extrastrong
piegati in due perchè il formato ridotto le consentiva una sua idea di misura, dove
vergava le parole con una grafia abbastanza minuta, facendo ciascun rigo via via più
rientrato sino a ridurlo a una o due parole, allora ricominciava daccapo con un rigo intero
e veniva fuori un curioso disegno, una specie di elettrocardiogramma di parole, una
scrittura molto cardiaca. E’ così che è definita da Pellegrino nella prefazione de “L’arte
della gioia” la scrittura della sua compagna di vita.
Goliarda Sapienza non vedrà mai l’uscita di quel romanzo a cui aveva dedicato tutta se
stessa. Pellegrino riesce a farlo pubblicare da Stampa Alternativa, nell’indifferenza totale
di tutto il mondo culturale. Per uscire dall’ombra nel suo Paese d’origine, il romanzo
deve prima sbarcare in Francia dove è stato tradotto e da dove è partita la popolarità di
questa siciliana orgogliosa, tenace, libera e senza pregiudizi. Per mesi il suo romanzo
ha dominato le classifiche dei libri più venduti e ha appassionato i critici che lo hanno
paragonato a “Il gattopardo” o a “Horcynus Orca”. Nelle edicole c’è anche il romanzetto
“L’università di Rebibbia”, nato dalla carcerazione seguita al furto di gioielli nella casa
dell’amica romana. “L’ho fatto per rabbia - aveva raccontato all’epoca - per
provocazione. Lei era molto ricca, io diventavo sempre più povera. Più diventavo povera
più le davo fastidio. Magari mi invitava nei ristoranti più cari, ma mi rifiutava le centomila
lire che mi servivano per il mio libro. Le ho rubato i gioielli anche per metterla alla prova,
ma ero sicura che mi avrebbe denunciato”. Da questo diario-romanzo emerge la figura
di una signora che parla in modo forbito, guardata con sospetto dalle compagne di cella
per i suoi vestiti, ma che presto capisce che lì non ha bisogno di fingere, se è borghese,
non può nasconderlo. Nella dura e fredda realtà del carcere, Goliarda scopre anche
cosa vuol dire solidarietà, calore, amicizia. Tutta la sua esistenza è fuori dall’ordinario,
anche per i due tentativi di suicidio, l’elettroshock subito, la cura psicanalitica.
Negli ultimi della sua vita Goliarda Sapienza insegna recitazione presso il Centro
sperimentale di cinematografia di Roma. Goliarda è riuscita a dare voce all’emotività
senza quel forzato distacco che caratteriza molti degli autori contemporanei. Muore a
Gaeta e qui viene seppellita nel 1996, mentre fiori rossi e terra bruna cadono sul suo
feretro. Tutti al suo funerale hanno pensato che presto si sarebbe ricominciato a parlare
di lei. E così è stato. “Sai come sono fatta - aveva detto ad una conoscente tre giorni
prima di morire - è possibile che scompaia per un po’ per poi tornare all’improvviso”. E
all’improvviso è scoppiato il caso editoriale del libro a cui ha dedicato parte della sua vita
e che non ha mai visto pubblicato.
Chiudiamo questo omaggio ad un’altra siciliana doc con dei suoi versi:
Non sapevo che il buio
non è nero
Che il giorno non è bianco
Che la luce
acceca
E il fermarsi è correre
Ancora
di più
19-07-2008, TUTTOLIBRI

di GIANNI BONINA

Quando nel 1976 GOLIARDA SAPIENZA termina dopo dieci anni L'arte della gioia,
Stefano D'Arrigo ha pubblicato da un anno il suo interminabile Horcynus Orca. Figli della
stessa miope stagione abbagliata dalla saggistica, i due letteratissimi romanzi siciliani
condividono lo stesso destino del Gattopardo: se Lampedusa sfiorisce a vedere inedito il
manoscritto, D'Arrigo si ammala a scrivere il suo e la SAPIENZA si riduce in poverta' per
pensare solo al libro della sua vita. Angelo Pellegrino, siciliano e scrittore anch'egli, per
21 anni marito e pigmalione della SAPIENZA, ammette che senza il successo all'estero
il libro non sarebbe arrivato ora nel catalogo Einaudi: nel '98 ne pubblico' a sue spese
una parte nella collana «Millelire» di Stampa Alternativa da lui inventata e nel 2003
pubblico' la stesura integrale, ma mercato e critica rimasero del tutto indifferenti. Oggi,
dodici anni dopo la morte dell'autrice catanese, L'arte della gioia «ritorna» in Italia con il
carico di alcuni pregiudizi e l'etichetta di romanzo addirittura satiriaco. I pregiudizi
riguardano la struttura: concepito come romanzo naturalistico di tipo ottocentesco (e
Dostoevskij e' l'autore de chevet di GOLIARDA, che muore con I fratelli Karamazov in
mano), con uno svolgimento che tiene rigorosamente uniti fabula e intreccio, svela poi
improvvise soluzioni sperimentalistiche che ne distorcono il dettato. Le contaminazioni
non sono poche: intrusione della terza persona che si sostituisce all'io narrante; cantucci
creati con il lettore messo a parte della vicenda dalla stessa autrice implicita; dialoghi
articolati in forma di copione teatrale; elisione dell'indicazione dei personaggi che hanno
la parola; eliminazione delle risposte interlocutorie e resa dell'azione secondo i modelli
orali della tragedia greca di cui accoglie spesso il ritmo concitato dello scambio di
brevissime battute e il ruolo del coro; cambi cinematografici con parlanti che
interloquiscono con personaggi della scena precedente; costruzioni sintattiche secondo
la parlata siciliana e uso frequente di termini dialettali entro una pronuncia tenuta
comunque sui toni alti di un linguaggio e di uno stile a volte persino rondeschi. Tecnica
teatrale e cinematografica, imparate come attrice prima sulla scena e poi sul set, si
ritrovano fuse e trasposte di peso in un romanzo che vorrebbe assecondare il gusto
residuale della neoavanguardia in un clima, quello strutturalistico, che pero' richiede al
romanzo il massimo della coerenza e dell'unita' di registro. Sennonche' GOLIARDA
SAPIENZA vuole fare del suo romanzo una gioiosa e velocissima macchina di vita,
come quella della protagonista, animata da una «pazza volonta' di vita» e dall'anelito a
farne il «pieno». L'«arte della gioia» implica percio' la voglia di esorbitanza, di
trasgressione, di liberazione della volonta'. Di qui il titolo del romanzo e la sua
esuberante natura di testo insaziabile e volitivo, accanito nella ricerca del massimo
secondo la lezione di Vittorini, i cui ragazzi del Garofano rosso ad altro non pensano che
ad essere «mas hombre». Tanta ricchezza di istanze non poteva non nuocere a un
romanzo a carica europea che, volendo riprendere i motivi piu' siciliani propri dei Vicere'
di De Roberto prima che del Gattopardo, guardava invece alle esperienze ben piu' vaste
del Flaubert di Madame Bovary e soprattutto dello Stendhal del Rosso e il Nero, la
principessa Modesta altro non essendo che una Emma votata al macerante piacere
della vita e un Julien Sorel sospinto a vivere sempre in abiti altrui. Educata in convento,
Modesta va in una casa patrizia dove guadagna il titolo di principessa. Sposa la causa
del socialismo e sull'onda di una continua ricerca del piacere anche sessuale, non
risparmiandosi sin dall'inizio esperienze saffiche e incestuose, attraversa tutto il
Novecento riflettendo sempre «la gioia piena dell'eccitazione vitale di sfidare il tempo».
Ha anche nuociuto alla SAPIENZA l'intento vetero-dannunziano di sintetizzare arte e
vita. Finisce infatti in carcere (dove scrive L'universita' di Rebibbia) proprio perche' porta
questa in quella: chiede a una ricca amica centomila lire per fare delle copie del suo
romanzo e quando si vede richiesta di restituirle le ruba in casa dei gioielli che vende a
Milano con una carta d'identita' rubata a una sosia: Titina Maselli, la sorella del regista
che e' stato una vecchia fiamma con cui ha poi litigato. I gioielli finiscono a una mostra
all'Eur e la cameriera della ricca amica, sospettata del furto, li riconosce. I carabinieri
arrivano a GOLIARDA perche' ha commesso un errore «letterario»: avendole fatto
leggere il manoscritto dell'Arte della gioia, l'amica ha conosciuto Modesta. Modesta e' il
nome di battesimo riportato nel documento d'identita' di Titina Maselli e GOLIARDA non
ha saputo resistere a farlo suo: per se' e per la sua protagonista.

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