Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Lascio in calce il link a Wikipedia per conoscere i dati essenziali della vita di Goliarda
Sapienza e i link a tre recensioni che ho selezionato in rete.
Da parte mia posso ribadire che L'arte della gioia mi ha emozionato e sorpreso: non
immaginavo che qualcuno potesse avere scritto un'opera talmente spiazzante, ricca,
appassionante, proprio qui in Italia, proprio negli anni in cui ero un bambino (Goliarda
Sapienza ha scritto il romanzo dal '67 al '76).
Il ritmo narrativo è serrato, ogni capitolo è un cammeo che aggiunge particolari e dettagli
ad una costruzione la cui prospettiva via via si alza, coglie nuovi orizzonti, si fa epica. I
romanzi sono più d'uno, incastonati uno dentro l'altro: il racconto dell'esistenza di
Modesta, l'epopea di una casata siciliana, la storia d'Italia attraverso le lotte politiche che
insanguinano il '900. Ma è tutto il mondo e in particolare l'Europa a respirare dentro
L'arte della gioia: il processo di emancipazione della donna, la diffusione del pensiero
socialista e comunista, la rivoluzione culturale guidata dalla psicanalisi, la liberazione
sessuale ecc.
Il ritmo rallenta solamente in corrispondenza della parte che percorre il ventennio
fascista – penso non sia un caso – per ripartire nuovamente con l'arresto della
protagonista, il suo invio al confino e la seconda guerra mondiale, e decollare ancora per
altri voli tutt'altro che pindarici, dalla guerra di liberazione, alla ricostruzione, fino agli
anni '60.
Che tutto questo ben di Dio risulti anche una lettura piacevole, avvincente e coerente è il
segno del genio, della bravura e del grande cuore di Goliarda Sapienza.
LinkWithin
SCRITTO DA DANIELE ALLE 14:35
ALTRI POST CON ARGOMENTO GOLIARDA SAPIENZA, LIBRI E
AUTORI CONSIGLIATI
13 : COMMENTI, SORRISI O SMORFIE:
danDapit ha detto...
Bello ciò che hai scritto su Goliarda e su "L'arte dela gioia"!
Anche io avevo postato questi link, e in aggiunta avevo trovato un'intervista a Goliarda
qualche anno prima della sua scomparsa su un blog di Ispica!
(il link è sul mio post, ma ancora non sapevo creare i link, perciò occorre cliccare sul
titolo)
CIAO!!! ^_^
10 dicembre 2007 14.53
Anonimo ha detto...
Ma veramente vi è piaciuto questo libro?io l'ho trovato insopportabile, non ci ho visto
niente di moderno figuriamoci di tragressivo,nelle scene di sesso i protagonisti in
particolare i partner di Modesta sembravano dei minorati mentali!ma avete presenti i
dialoghi?"ora ci tramortiamo insieme"(per dire provavano ad avere l'orgasmo)...ahahah
non finivo più di ridere!altro che carnalità,in ogni pagina si faceva filosofia.E poi dai non
si possono scrivere 600 pagine di una cosa così, io non l'ho finito,a un certo punto ho
cominciato a saltare di qua e di là se no mi sarei addormentata, d'altra parte Pennac ci
ha insegnato i diritti del lettore, no?:)
Linda
13 luglio 2008 00.50
P.S. E nel mio piccolo, ho notato che pure i libretti che ho scritto c'è chi li adora e li trova
profondi, chi li reputa vuoti e insulsi. Va bene così! :)
13 luglio 2008 20.29
A presto allora, e soprattutto non demordere: un giorno la biografia scritta da te sarà tra i
volumi della mia libreria e di tantissimi altri lettori... me lo sento!
P.S. Se ti "accontenti" di un piccolo editore con un catalogo però molto interessante, non
dubito che il mio (Mauro Bonanno) sarebbe interessato a pubblicarti.
30 luglio 2008 18.14
Anonimo ha detto...
Mentre sei ancora in Egitto io ho appena finito di leggere L’arte della gioia e come
promesso ecco le mie impressioni.
Temperamento affascinante quello della protagonista Modesta e stile di vita coerente
con il suo essere ‘agnosta’, a detta di se medesima, e quindi non sempre condivisibile
da parte di chi ha una fede religiosa; ma forse è proprio questo ciò che permette ad
ognuno di noi di trovare almeno un personaggio, un episodio, un dialogo, una riflessione
che gli corrisponda o che gli evochi qualcosa come memoria o come desiderio.
Mi ha colpito molto quella domanda ricorrente che Modesta rivolge a se stessa ogni
volta che per la prima volta e senza averlo potuto immaginare in anticipo scopre una
nuova modalità di espressione dell’amore…
‘E come potevo saperlo io se lui non me lo diceva?’
dove ‘lui’sta ora per Carmine, ora per Mattia, ora per la vita…
Alla fine Goliarda fa formulare questa stessa domanda proprio all’ennesimo amore
inaspettato di Modesta quasi a conferma dell’universalità di questo tipo di stupore.
Quanta tenerezza infine e complicità, intimità, serenità e ‘gioia’ in quell’ultimo dialogo:
“- Dormi, Modesta?
- No.
- Pensi?
- Si.
- Racconta, Modesta, racconta.”
Scrittura avvincente, riconducibile a mio avviso a quella di Isabel Allende.
Fin qui le mie impressioni. Ora voglio approfittare di questo spazio per proporti la lettura
di un romanzo che io amo molto. Titolo: Che tu sia per me il coltello. Autore: David
Grossman.
Infine mi faceva piacere dirti che ho assolto al motivo iniziale per cui è nato questo blog:
ho acquistato online il tuo libro ‘22 passi d’amore’.
A presto!
Amina
04 settembre 2008 11.20
Anonimo ha detto...
Ok, sto cercando di mettermi in pari.
Ho appena ordinato 'Sospensioni di gravità'.
Forse non ci crederai ma difficilmente mi colpiscono le poesie... forse perché ho delle
aspettative altissime... chissà perché poi... ma '22 passi d'amore' è proprio un gioiellino...
Non sono stata a Palenque ma ho visitato Chichen Itzà e Machu Picchu e quindi mi
sono anche un pò immedesimata con quello che i tuoi occhi hanno visto durante i due
viaggi.
Mi ha incuriosito molto la tua recensione su 'Al cambio di luna' per cui lo leggerò
senz'altro.
Per quanto riguarda David Grossman, be, io lo adoro! Anni fa ho avuto anche modo di
incontrarlo. Per caso, leggendo un manifesto per strada, scoprì che sarebbe venuto a
Siena a tenere una specie di conferenza alla Facoltà di Lettere e quindi ci andai,
ovviamente con il libro in borsa. Lui è stato fantastico. Di una umanità incrediile. Alla fine
della conferenza quando sono andata a farmi fare l'autografo sul libro e gli ho detto che
lo avevo letto per ben tre volte lui, visibilmente stupito e lusingato, mi ha scritto come
dedica 'To Amina (scritto anche in ebraico!) who loves this book. Thank you! David
Grossman'). E pensare che il libro me lo aveva prestato mia sorella. Da allora non è più
suo....:-)
Per ora ho finito.
Ciao,
Amina
P.S.: aspettavo le foto delle Piramidi. Finalmente le hai pubblicate!
12 settembre 2008 17.29
Anonimo ha detto...
maremma... ma hai già capito tutto del libro...
c'è un punto, allora, del libro che non potrà sfuggirti di sicuro... ne riparleremo quando lo
avrai finito di leggere...
A presto,
Amina
P.s. e-mail inviata. Anch'io sono una molto 'cogito ergo sum', dell'Acquario però... :-)
13 settembre 2008 14.52
Moloch981 ha detto...
C'è una recensione molto positiva di questo libro su "Leggere tutti", un mensile che si
trova gratis in libreria (io l'ho preso alla Libreria Grande). Sia te sia Luigina me lo
consigliate da tanto, ma non mi è mai, finora, "scattata" la voglia di leggerlo: prima o
poi... :-) Ciao
I contenuti
"L'arte della gioia" è un libro postumo: giaceva da vent'anni abbandonato in una
cassapanca e, dopo essere stato rifiutato da molti editori, venne stampato in pochi
esemplari da Stampa Alternativa nel 1998. Ma soltanto quando uscì in Francia ricevette
il giusto riconoscimento. Nel romanzo tutto ruota intorno alla figura di Modesta: una
donna vitale e scomoda, potentemente immorale secondo la morale comune. Una
donna siciliana in cui si fondono carnalità e intelletto. Modesta nasce in una casa povera
ma fin dall'inizio è consapevole di essere destinata a una vita che va oltre i confini del
suo villaggio. Ancora ragazzina è mandata in un convento e successivamente in una
casa di nobili dove, grazie al suo talento e alla sua intelligenza, riesce a convertirsi in
aristocratica attraverso un matrimonio di convenienza. Tutto ciò senza smettere di
sedurre uomini e donne di ogni tipo. Amica generosa, madre affettuosa, amante
sensuale: Modesta è una donna capace di scombinare ogni regola del gioco pur di
godere del vero piacere, sfidando la cultura patriarcale, fascista, mafiosa e oppressiva in
cui vive. "L'arte della gioia" è l'opera scandalo di una scrittrice. E un'autobiografia
immaginaria. E un romanzo d'avventura. E un romanzo di formazione. Ed è anche un
romanzo erotico, e politico, e psicologico. Insomma, è un romanzo indefinibile, che
conquista e sconvolge.
Questo libro ha una storia un po’ particolare. E’ uscito postumo nel 1998 (l’autrice è
morta nel 1996) per conto di una casa editrice indipendente, passando inosservato.
Ebbe invece un grande successo all’estero, in particolare in Francia. E’ stato adesso
ripubblicato da Einaudi (€ 20), e si rivela un libro che mescola diversi generi, come
avventura, eros, autobiografia, politica.
La protagonista è Modesta, una donna siciliana - come l’autrice -, nata il primo giorno
dell’anno 1900, in condizioni di povertà. La storia della sua vita ripercorre i grandi
avvenimenti del secolo scorso, mentre lei cerca di costruire la sua identità. Gli occhi del
libro sono quelli di Modesta che racconta la sua vicenda ma anche quelli di una
narratrice che si confonde con lei, così che i passaggi dalla prima alla terza persona
sono fludi, senza alcuno stacco. Un libro cinematografico perché fatto d’immagini che
restano impresse per la loro vivacità e per una ricchezza nella capacità di descriverle e
farle vedere allo sguardo interiore sicuramente originale.
Un libro straordinario, con attorno tre storie ancora più interessanti. La vita
dell’autrice. Quella dei genitori. La vicenda del romanzo, rifiutato dai principali
editori italiani – nonostante l’autorevole raccomandazione di Sandro Pertini – e
rivelatore di un clima culturale vivissimo e gretto. Gli insuccessi e la povertà
portarono Goliarda a rubare, al carcere, a due tentativi di suicidio. “E’ morta
perché ha vissuto”, scriverà, invitando tutti a non spiegare la sua morte. E, forse,
anche la sua vita.
“Non cercate si spiegarvi la mia morte, non la sezionate, non la catalogate per la vostra
tranquillità, per paura della vostra morte, ma al massimo pensate – non lo dite forte
perché la parola tradisce – non lo dite forte ma pensate dentro di voi: è morta perché ha
vissuto” – Goliarda Sapienza
Un libro postumo. Rifiutato dai maggiori editori italiani, pubblicato in mille copie da
“Stampa Alternativa” nel 1998, infine lanciato in Francia e poi – di riflesso – da Einaudi in
Italia, dieci anni dopo la prima edizione. La storia del capolavoro rifiutato dai grandi,
pubblicato da un piccolo editore – col curioso sottotitolo “romanzo anticlericale” - e infine
lanciato all’estero sembra riproporre i luoghi comuni sul provincialismo italiano e la
lungimiranza d’oltreconfine.
Ma è davvero così? Intanto non è calzante il parallelismo con il Gattopardo.
L’ambientazione siciliana, la fortuna postuma, la saga familiare e l’attenzione al contesto
storico non giustificano il paragone con un libro del tutto differente. Ma se il romanzo è
estremamente interessante e coinvolgente, forse lo è di più tutto quello che lo circonda.
Pur non dimenticando Catania – scenario privilegiato dei suoi romanzi – Goliarda
diventa una intellettuale dei Parioli. Vive l’ambiente culturale della Roma anni ’60 e ’70.
Pasolini, Moravia. Il premio Strega, le recensioni delle pagine culturali e i rapporti
sempre difficili con gli editori di Torino e Milano. Non si integrerà mai del tutto con un
mondo straordinariamente vitale dal punto di vista artistico, ma anche freddo e ricco di
invidie da quello umano.
L’impianto ottocentesco
Gli editori rifiutano l’“Arte della gioia”. Per l’“impianto del secolo scorso”. Perché era un
“romanzone”, come “La Storia” di Elsa Morante, stroncato pure da Siciliano e Pasolini,
autori di due tra i numerosi interventi comparsi sul quotidiano “il manifesto” nell’estate
del 1974. Non è il periodo adatto una scrittura “tradizionale”: sono gli anni dello
sperimentalismo. E dei rapporti velenosi tra intellettuali. Il direttore editoriale della Rizzoli
– che aveva rifiutato l’“Arte della gioia” - ironizza grossolanamente (“Cara
Gattoparda…”) in una delle tante lettere all’autrice. Lei risponde risentita. Si rivolge ad
un agente letterario, senza migliore fortuna. Einaudi rifiuta senza motivare. Feltrinelli
spiega il no con i “canoni ottocenteschi” del manoscritto: la casa editrice è ormai votata
all’innovazione.
Molti editori pensarono a uno pseudonimo. Invece Goliarda era un nome autentico, così
volle chiamarla Peppino Sapienza, un “avvocato del popolo” catanese, anarchico. La
madre, Maria Giudice era socialista e femminista ante litteram, prima segretaria donna
di una Camera del lavoro. Nel romanzo è Carlo Civardi (nome reale del primo compagno
della madre, con il quale visse in “libera unione” e da cui ebbe sette figli), portatore di
una ideologia del dovere e dell`altruismo che Goliarda non sentì mai come sua.
da www.panchinedimilano.com Cara Vera, ho appena terminato di leggere L'arte della
gioia, di Goliarda Sapienza. Ci ho messo un sacco di tempo. Avevo sbagliato
l'approccio. Poi, in momenti di relativa calma, ho potuto accordare il mio ritmo a quello
del libro. E allora la lettura è scorsa veloce, facile, coinvolgente. Ho deciso di raccontare
nel tuo blog solo le mie impressioni sui libri che leggo, se mi sono piaciuti o meno, e
perchè. Evitando la velleità di volerli recensire. Anche perché ormai su internet troviamo
tutte le recensioni possibili e fatte da chi ha sicuramente più competenze delle mie.
Torno all'arte della gioia. Che, come tutte le arti, si apprende. Se poi si è particolarmente
dotati, si ha qualche probabilità di successo. Goliarda Sapienza (Catania 1924-Gaeta
1996), siciliana trapiantata a Roma, attrice, scrittrice, carcerata sembra esserci riuscita,
se non nella tormentata vita privata, almeno nelle belle pagine di questo libro. Se non
ricordo male ci ha messo nove anni per scriverlo, terminandolo nel 1976. E le prime
pubblicazioni sono avvenute dopo la sua morte, nel 2000 per Stampa Alternativa, poi
all'estero. Solo nel 2008 in Italia. Di Goliarda Sapienza non avevo mai saputo nemmeno
l'esistenza. Fino a quando mi è capitato di ascoltare la conversazione di una signora sul
terrazzo di una villa in montagna, in Val Vigezzo. Ne parlava in termini entusiastici. E mi
ha incuriosito. Per il suo nome, che tradiva sicuramente genitori quanto meno originali. E
infatti sua madre fu la prima dirigente donna della Camera del Lavoro di Torino. Per il
fatto che era una siciliana. E la Sicilia ha sempre prodotto scrittori sorprendenti. Non mi
sono sbagliato. Un'altra grande scrittrice siciliana. La protagonista del romanzo è una
donna, Modesta, che da povera bimba diventa principessa di un'antica casata, quella dei
Brandiforti. Attorno a lei si muovono i membri della famiglia, i fattori che conducono le
terre, la servitù, gli amici, gli amori etero e saffici, i figli propri, naturali, adottati. In un
grande affresco che prende tutta la prima metà del '900. Attorno a Modesta si
intrecciano le vicende private e quelle della storia generale: le prime idee socialiste, la
libertà femminile, la libertà sessuale, la psicanalisi, il fascismo, la guerra, il comunismo.
Ma tutto è filtrato attraverso la figura straordinaria di Modesta, la sua capacità di uscire
dagli schemi convenzionali della società, alla ricerca di un'esistenza dove all'ipocrisia sia
sostituita la ricerca della felicità, della libertà. La scrittura di Goliarda Sapienza è densa,
a volte ha il respiro del mare calmo, a volte l'andamento di una fiaba. Prima e terza
persona si scambiano senza che si avvertano rotture. Il tempo è frantumato, istanti che
si dilatano e anni che passano in un momento. Un libro straordinario, Vera. Claudio
Mori, www.panchinedimilano.com
Cara Vera,
ho appena terminato di leggere L'arte della gioia, di Goliarda Sapienza. Ci ho messo un
sacco di tempo. Avevo sbagliato l'approccio. Poi, in momenti di relativa calma, ho potuto
accordare il mio ritmo a quello del libro. E allora la lettura è scorsa veloce, facile,
coinvolgente.
Ho deciso di raccontare nel tuo blog solo le mie impressioni sui libri che leggo, se mi
sono piaciuti o meno, e perchè. Evitando la velleità di volerli recensire. Anche perché
ormai su internet troviamo tutte le recensioni possibili e fatte da chi ha sicuramente più
competenze delle mie.
Torno all'arte della gioia. Che, come tutte le arti, si apprende. Se poi si è particolarmente
dotati, si ha qualche probabilità di successo. Goliarda Sapienza (Catania 1924-Gaeta
1996), siciliana trapiantata a Roma, attrice, scrittrice, carcerata sembra esserci riuscita,
se non nella tormentata vita privata, almeno nelle belle pagine di questo libro. Se non
ricordo male ci ha messo nove anni per scriverlo, terminandolo nel 1976. E le prime
pubblicazioni sono avvenute dopo la sua morte, nel 2000 per Stampa Alternativa, poi
all'estero. Solo nel 2008 in Italia.
Di Goliarda Sapienza non avevo mai saputo nemmeno l'esistenza. Fino a quando mi è
capitato di ascoltare la conversazione di una signora sul terrazzo di una villa in
montagna, in Val Vigezzo. Ne parlava in termini entusiastici. E mi ha incuriosito. Per il
suo nome, che tradiva sicuramente genitori quanto meno originali. E infatti sua madre fu
la prima dirigente donna della Camera del Lavoro di Torino. Per il fatto che era una
siciliana. E la Sicilia ha sempre prodotto scrittori sorprendenti.
Non mi sono sbagliato. Un'altra grande scrittrice siciliana. La protagonista del romanzo è
una donna, Modesta, che da povera bimba diventa principessa di un'antica casata,
quella dei Brandiforti. Attorno a lei si muovono i membri della famiglia, i fattori che
conducono le terre, la servitù, gli amici, gli amori etero e saffici, i figli propri, naturali,
adottati. In un grande affresco che prende tutta la prima metà del '900. Attorno a
Modesta si intrecciano le vicende private e quelle della storia generale: le prime idee
socialiste, la libertà femminile, la libertà sessuale, la psicanalisi, il fascismo, la guerra, il
comunismo. Ma tutto è filtrato attraverso la figura straordinaria di Modesta, la sua
capacità di uscire dagli schemi convenzionali della società, alla ricerca di un'esistenza
dove all'ipocrisia sia sostituita la ricerca della felicità, della libertà.
La scrittura di Goliarda Sapienza è densa, a volte ha il respiro del mare calmo, a volte
l'andamento di una fiaba. Prima e terza persona si scambiano senza che si avvertano
rotture. Il tempo è frantumato, istanti che si dilatano e anni che passano in un momento
di GIANNI BONINA
Quando nel 1976 GOLIARDA SAPIENZA termina dopo dieci anni L'arte della gioia,
Stefano D'Arrigo ha pubblicato da un anno il suo interminabile Horcynus Orca. Figli della
stessa miope stagione abbagliata dalla saggistica, i due letteratissimi romanzi siciliani
condividono lo stesso destino del Gattopardo: se Lampedusa sfiorisce a vedere inedito il
manoscritto, D'Arrigo si ammala a scrivere il suo e la SAPIENZA si riduce in poverta' per
pensare solo al libro della sua vita. Angelo Pellegrino, siciliano e scrittore anch'egli, per
21 anni marito e pigmalione della SAPIENZA, ammette che senza il successo all'estero
il libro non sarebbe arrivato ora nel catalogo Einaudi: nel '98 ne pubblico' a sue spese
una parte nella collana «Millelire» di Stampa Alternativa da lui inventata e nel 2003
pubblico' la stesura integrale, ma mercato e critica rimasero del tutto indifferenti. Oggi,
dodici anni dopo la morte dell'autrice catanese, L'arte della gioia «ritorna» in Italia con il
carico di alcuni pregiudizi e l'etichetta di romanzo addirittura satiriaco. I pregiudizi
riguardano la struttura: concepito come romanzo naturalistico di tipo ottocentesco (e
Dostoevskij e' l'autore de chevet di GOLIARDA, che muore con I fratelli Karamazov in
mano), con uno svolgimento che tiene rigorosamente uniti fabula e intreccio, svela poi
improvvise soluzioni sperimentalistiche che ne distorcono il dettato. Le contaminazioni
non sono poche: intrusione della terza persona che si sostituisce all'io narrante; cantucci
creati con il lettore messo a parte della vicenda dalla stessa autrice implicita; dialoghi
articolati in forma di copione teatrale; elisione dell'indicazione dei personaggi che hanno
la parola; eliminazione delle risposte interlocutorie e resa dell'azione secondo i modelli
orali della tragedia greca di cui accoglie spesso il ritmo concitato dello scambio di
brevissime battute e il ruolo del coro; cambi cinematografici con parlanti che
interloquiscono con personaggi della scena precedente; costruzioni sintattiche secondo
la parlata siciliana e uso frequente di termini dialettali entro una pronuncia tenuta
comunque sui toni alti di un linguaggio e di uno stile a volte persino rondeschi. Tecnica
teatrale e cinematografica, imparate come attrice prima sulla scena e poi sul set, si
ritrovano fuse e trasposte di peso in un romanzo che vorrebbe assecondare il gusto
residuale della neoavanguardia in un clima, quello strutturalistico, che pero' richiede al
romanzo il massimo della coerenza e dell'unita' di registro. Sennonche' GOLIARDA
SAPIENZA vuole fare del suo romanzo una gioiosa e velocissima macchina di vita,
come quella della protagonista, animata da una «pazza volonta' di vita» e dall'anelito a
farne il «pieno». L'«arte della gioia» implica percio' la voglia di esorbitanza, di
trasgressione, di liberazione della volonta'. Di qui il titolo del romanzo e la sua
esuberante natura di testo insaziabile e volitivo, accanito nella ricerca del massimo
secondo la lezione di Vittorini, i cui ragazzi del Garofano rosso ad altro non pensano che
ad essere «mas hombre». Tanta ricchezza di istanze non poteva non nuocere a un
romanzo a carica europea che, volendo riprendere i motivi piu' siciliani propri dei Vicere'
di De Roberto prima che del Gattopardo, guardava invece alle esperienze ben piu' vaste
del Flaubert di Madame Bovary e soprattutto dello Stendhal del Rosso e il Nero, la
principessa Modesta altro non essendo che una Emma votata al macerante piacere
della vita e un Julien Sorel sospinto a vivere sempre in abiti altrui. Educata in convento,
Modesta va in una casa patrizia dove guadagna il titolo di principessa. Sposa la causa
del socialismo e sull'onda di una continua ricerca del piacere anche sessuale, non
risparmiandosi sin dall'inizio esperienze saffiche e incestuose, attraversa tutto il
Novecento riflettendo sempre «la gioia piena dell'eccitazione vitale di sfidare il tempo».
Ha anche nuociuto alla SAPIENZA l'intento vetero-dannunziano di sintetizzare arte e
vita. Finisce infatti in carcere (dove scrive L'universita' di Rebibbia) proprio perche' porta
questa in quella: chiede a una ricca amica centomila lire per fare delle copie del suo
romanzo e quando si vede richiesta di restituirle le ruba in casa dei gioielli che vende a
Milano con una carta d'identita' rubata a una sosia: Titina Maselli, la sorella del regista
che e' stato una vecchia fiamma con cui ha poi litigato. I gioielli finiscono a una mostra
all'Eur e la cameriera della ricca amica, sospettata del furto, li riconosce. I carabinieri
arrivano a GOLIARDA perche' ha commesso un errore «letterario»: avendole fatto
leggere il manoscritto dell'Arte della gioia, l'amica ha conosciuto Modesta. Modesta e' il
nome di battesimo riportato nel documento d'identita' di Titina Maselli e GOLIARDA non
ha saputo resistere a farlo suo: per se' e per la sua protagonista.