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Test Comprensione del testo

Brano n. 1
La democrazia è forse l’idea più potente e stimolante del Novecento. Sono pochi oggi gli stati al
mondo che non si definiscono democratici: la vecchia Unione Sovietica e i suoi satelliti si
etichettavano come “democrazie popolari”, come ancora oggi la Cina comunista. Praticamente, gli
unici paesi esplicitamente non democratici sono le ultime monarchie semi-feudali, come l’Arabia
Saudita, che peraltro non sono al riparo dalle correnti democratiche.
Cos’è la democrazia? La questione è controversa e sono state date molte interpretazioni. Per me
vale questa: democrazia è un sistema che implica la libera competizione tra partiti politici per le
posizioni di potere. In una democrazia ci sono elezioni regolari e corrette, alle quali ogni cittadino
può partecipare. Questi diritti di partecipazione democratica vanno di concerto con le libertà civili,
libertà di espressione e di discussione, insieme con la libertà di formare e far parte di gruppi politici
e associazioni. Per la democrazia non vale il principio “tutto o niente”: ci possono essere differenti
forme, come pure differenti livelli, di democratizzazione. La democrazia in Inghilterra e negli Stati
Uniti, per esempio, ha tratti contrapposti. Un viaggiatore inglese negli Stati Uniti chiese ad un
compagno di viaggio americano: “Come puoi sopportare di essere governato da gente che non ti
sogneresti mai di invitare a cena?”. Al che l’americano rispose: “Come puoi sopportare tu di essere
governato da gente che non si sognerebbe mai di invitarti a cena?”.
Oggi tutti sono democratici, ma certo non sempre stato così. Le idee democratiche sono state
fieramente osteggiate dall’élite e dei gruppi al potere nel secolo XIX, e spesso trattate con derisione.
La democrazia fu l’ideale ispiratore delle rivoluzioni americana e francese, ma per un lungo periodo
il suo impatto fu limitato: soltanto una minoranza della popolazione godeva del diritto di voto,
perfino alcuni fra i più ferventi sostenitori, come il filosofo politico John Stuart Mill, sostenevano
che si dovessero imporre delle limitazioni alla democrazia. (…).
In Occidente la democrazia si è pienamente sviluppata solo nel secolo XX. (…) Inoltre, certi
paesi già pienamente democratici hanno conosciuto riflussi antidemocratici. Germania, Italia,
Austria, Spagna e Portogallo hanno avuto periodi di governo totalitario o dittatura militare fra gli
anni Venti e gli anni Settanta. All’infuori di Europa, America settentrionale, Australia e Nuova
Zelanda, si sono viste ben poche democrazie durature, come la Repubblica di Costa Rica in
America Latina.
Negli ultimi decenni, tuttavia, molto di tutto questo è cambiato e in maniera significativa. Dalla
metà degli anni Settanta, il numero dei governi democratici nel mondo e più che raddoppiato; la
democrazia si è instaurata in più di altri 30 paesi, mentre tutte le democrazie già esistenti sono
rimaste tali. Questi cambiamenti sono cominciati nell’Europa mediterranea, con il rovesciamento
del regime militare in Grecia, Spagna e Portogallo. Il secondo gruppo di paesi dove si è diffusa la
democrazia, questa volta nella prima metà degli anni ottanta, si trova in America centrale e
meridionale: una dozzina di paesi ha istituito o ristabilito un governo democratico, per esempio
l’Argentina e il Brasile.
La storia continua in tutti i continenti. La transizione alla democrazia post 1989 nell’Europa
orientale e in parti della vecchia Unione Sovietica viene seguita da quella di alcuni paesi africani. In
Asia, non senza problemi e tensioni la democratizzazione sta procedendo già dai primi anni
Settanta. (…) Naturalmente, certi stati che effettuano il passaggio alla democrazia non la realizzano
interamente, oppure sembrano bloccarsi lungo il percorso: La Russia è solo uno dei tanti esempi.
(…) Ma la democrazia ha complessivamente fatto più progressi dagli anni Settanta a oggi che non
nell’intero secolo precedente. Perché?
(A. Giddens, Il mondo che cambia. Come la globalizzazione ridisegna la nostra vita, Il Mulino,
Bologna, 2000, pp. 86-88)

1. Secondo l’autore del brano, democrazie durevoli nel tempo:


A. Non ci sono mai state
B. Ci sono state solo in Europa, America settentrionale, Australia e Nuova Zelanda
C. Ci sono state tranne che in Europa, America settentrionale, Australia e Nuova Zelanda
D. Ci sono state in pochi casi oltre che in Europa, America settentrionale, Australia e Nuova
Zelanda

2. Secondo l’autore del brano, la democrazia si è sensibilmente diffusa nei paesi


occidentali:
A. Subito dopo la Grande Guerra
B. solo nel XX secolo
C. solo nel XIX secolo
D. subito dopo le rivoluzioni americana e francese

3. Secondo l’autore del brano, si dichiarano democratici:


A. la maggior parte degli stati, con poche eccezioni
B. tutti gli stati, senza eccezioni
C. Pochi stati, come la repubblica di Costa Rica
D. Molti, tranne alcuni come la Cina.

4. Secondo l’autore del brano, la democrazia:


A. è inconciliabile con la forma di governo della monarchia
B. si basa sul principio “tutto o niente”: non ci possono essere forme e livelli differenti
C. implica principi inconciliabili con le libertà civili
D. implica anche la libertà di formare e far parte di gruppi politici, e il diritto di partecipare
ad elezioni regolari e corrette

5. Secondo l’autore del brano, la Russia è uno dei tanti esempi:


A. Della mancanza di democrazia
B. Degli stati già pienamente democratici che hanno conosciuto riflussi antidemocratici
C. Degli stati che effettuano il passaggio alla democrazia ma non la realizzano interamente,
oppure che sembrano bloccarsi lungo il percorso
D. Di niente

6. Secondo l’autore del brano, la democrazia ha complessivamente fatto più progressi:


A. dagli anni Sessanta
B. dagli anni Settanta
C. dagli anni Ottanta
D. dagli anni Novanta
Brano n. 2
Tra 10 anni, afferma Jacques Attali, oltre 2 miliardi di apparecchi televisivi saranno accesi in
ciascun momento della giornata. Ritengo che sia principalmente in questa massiccia, onnipresente e
invadente presenza di immagini teletrasmessa che vada ricercato il vero impatto della televisione
sul nostro modo di agire. La televisione ha conquistato la terra e i suoi abitanti. Qual è tuttavia il
risultato di questa invasione il cui successo non ha uguali nella storia?
Sin dall'inizio dell’invasione le valutazioni circa l’impatto del nuovo mezzo sulla vita dell'uomo
e sul modo in cui tale vita e condivisa hanno oscillato tra il tipo “cassandriano” e quello
“panglossiano”. I cassandrani vedevano il mezzo come un ulteriore, gigantesco passo sulla via del
regime totalitario che la società percorreva sin dall’inizio dei tempi moderni: una wunderwaffe del
Grande Fratello e dei suoi accoliti, un'invincibile e irresistibile arma di menomazione intellettuale,
un lavaggio del cervello, un indottrinamento e imposizione di una solida conformità, brandita da chi
è davanti alle telecamere contro chi è davanti ai teleschermi. I panglossiani hanno accolto il mezzo
come un ulteriore gigantesco passo sulla via dell’emancipazione che l’umanità seguiva sin dal
grande risveglio chiamato Illuminismo. Poiché la conoscenza è potere, e poiché lo schermo è una
finestra attraverso cui è possibile contemplare i preziosi prodotti dell’umana saggezza, nell’ottica
dei panglossiani la tv è, o è destinata a diventare, un potentissimo strumento di libertà individuale,
di autoformazione e autoaffermazione.
Cassandriani e panglossiani continuano a beccarsi a vicenda e la loro querelle viene riproposta e
riattizzata in occasione di ogni nuova invenzione informatica o apparizione nei negozi di uno
strumento nuovo di comunicazione. Su un aspetto, tuttavia, gli antagonisti erano concordi: la tv, al
pari di tutti gli altri nuovi mezzi di comunicazione, è principalmente un modo di fare ciò che
l’uomo, singolarmente o collettivamente, ha sempre cercato di fare, senza avere il tempo, il denaro,
gli strumenti o il know how per farlo su scala così basta o così velocemente e con i risultati sperati.
In realtà, si può essere cassandriano o panglossiano solo nella misura in cui si crede che i fini siano
dati e che manchino solo i mezzi, e dunque che il significato di qualsiasi cambiamento consista
nell’incidere sulla facilità con cui gli obiettivi (che sono già noti) vengono perseguiti e conseguiti
(con mezzi finora sconosciuti o non disponibili).
(…) A Marshall McLuhan va il merito di avere aperto la prima breccia nel quadro cognitivo
congiuntamente elaborato dai contendenti di tale querelle. La scoperta che “i mezzi di
comunicazione sono il messaggio” ha spostato l’attenzione dal contenuto dei copioni, dalla loro
lettura e memorizzazione, dalle cose pianificate e controllate o teoricamente controllabili,
all’irreversibile trasformazione dei modi in cui copioni vengono scritti e messi in scena, le
immagini vengono percepite e l’assimilazione agisce: tutti aspetti né pianificati nè pienamente
controllabili. E’ come se si sostituissero i fini dichiarati della droga con i suoi effetti collaterali.
Quella breccia è stata ben presto allargata da Elihu Katz con il suo ribaltamento radicale del
presunto rapporto tra realtà e la sua “rappresentazione mediatica”: la scoperta che gli eventi
possono esistere esclusivamente in quanto “appaiono in tv”. Da qui non restava che un passo per
giungere al simulacrum di Jean Baudrillard: quella curiosa entità che, alla maniera di una malattia
psicosomatica, mette fine alla veneranda distinzione tra realtà e finzione, tra la “cosa vera” e la sua
rappresentazione, tra il fatto e il “feticcio”, tra il “dato” e l’”artefatto”. Il simulacro è iperrealtà, una
presenza più reale della realtà, poiché è un genere di realtà che non consente più la presenza di un
“fuori” dal quale potrebbe essere esaminata, giudicata criticamente e censurata.
(Z. Bauman, La società sotto assedio, Laterza, Bari, 2002, pp. 168-170)

1. Secondo l’autore del brano:


A. la tv era vista negativamente dai “cassandriani”, mentre per i “panglossiani”
rappresentava un utile strumento di conoscenza
B. “cassandriani” e “panglossiani” erano concordi nel considerare la tv arma di
menomazione intellettuale
C. i “cassandriani” ed i “panglossiani” sostenevano che “i mezzi di comunicazione sono il
messaggio”
D. la tv era vista negativamente dai “panglossiani”, mentre per i “cassandriani”
rappresentava un utile strumento di conoscenza

2. Secondo l’autore del brano, Marshall McLuhan, sostenendo che “i mezzi di


comunicazione sono il messaggio”:
A. considerava la tv come un passo sulla via del regime totalitario
B. ha spostato l’attenzione dall’importanza dello strumento all’importanza dei contenuti
veicolati
C. ha spostato l’attenzione dall’importanza dei contenuti all’importanza dello strumento che
veicola i contenuti
D. considerava la tv come un passo sulla via dell’emancipazione

3. Secondo l’autore del brano, su quale aspetto “cassandriani” e “panglossiani” appaiono


concordi:
A. Niente
B. Grazie alla tv l’uomo oggi dispone di tempo, di denaro, di strumenti e di know how
C. I mezzi giustificano i fini
D. la tv è uno strumento nuovo per realizzare gli stessi fini antichi che l’uomo ha sempre
avuto

4. Secondo l’autore del brano, l’idea che gli eventi possono esistere esclusivamente in
quanto “appaiono in tv”, può essere attribuita a:
A. Jacques Attali
B. Jean Baudrillard
C. Elihu Katz
D. Marshall McLuhan

5. Secondo l’autore del brano, il vero impatto della televisione sul nostro modo di agire, va
ricercato:
A. Nella massiccia presenza di libertà
B. In niente
C. Nella massiccia presenza di immagini teletrasmessa
D. Nella assoluta mancanza di immagini teletrasmessa

6. Secondo l’autore del brano, il simulacro è:


A. Iperrealtà
B. realtà
C. Fantasia
D. Sogno
Brano n. 3
Il multiculturalismo è generalmente definito un approccio di politica pubblica per gestire la
diversità culturale in una società multietnica, e precisamente quella politica che mette in risalto il
mutuo rispetto e la tolleranza per le differenze culturali all’interno di confini di una nazione. In
quanto public policy, il multiculturalismo enfatizza le caratteristiche uniche delle differenti culture,
specialmente nel loro relazionarsi l’una con l’altra nelle nazioni ospitanti. La parola è stata
impiegata per la prima volta nel 1957 per descrivere la Svizzera, ma è diventata di uso comune in
Canada alla fine degli anni Sessanta.
Come dottrina politica, il multiculturalismo ha una lunga storia, sulla quale non è qui il caso di
soffermarci. In Occidente, il problema a cui risponde è quello storicamente nato dalla rottura
definitiva del mondo comunitario e plurale del Medioevo. Il multiculturalismo odierno rappresenta
una ulteriore svolta storica, perché si orienta a un assetto di società che rifiuta radicalmente il
paradigma politico-teologico che, ispirato a Hobbes e Spinoza, per tutta la modernità occidentale ha
vietato il pluralismo religioso come valore pubblico in uno stesso stato-nazione. Oggi, comunque, il
multiculturalismo è il portato della globalizzazione e delle crescenti migrazioni a livello
internazionale.
Come programma politico ufficiale, il multiculturalismo è stato adottato per la prima volta in
Canada nel 1971 per affermare il valore e la dignità di tutti i cittadini indipendentemente dalle
origini razziali o etniche, dalla lingua e dalla religione. E’ stato poi perseguito in vari paesi, come
l’Australia e la Nuova Zelanda, la Gran Bretagna e l’Olanda.
Nella sua definizione originaria, il multiculturalismo è un “modo di incorporazione” degli
immigrati in una società in cui prevale un'altra cultura. È un modo diverso da altre soluzioni, quali:
a) assimilazione: incorpora le minoranze o gli immigrati chiedendo loro una piena adesione
alla cultura nazionale dello Stato ospitante, laddove tale cultura definisce gli standard di
interazione nei luoghi pubblici per mezzo della legge;
b) ibridazione o meticciato: incorpora immigrati e minoranze incrociando le differenti etnie
così da avere generazioni che sono figlie di tante diverse culture: lo si riscontra nei paesi
dell’Asia, dell’Africa e del Sud America;
c) melting pot: è il semplice mescolamento di minoranze e immigrati in un luogo dove un
grande numero di persone provenienti da tanti paesi diversi vivono assieme ; per esempio
New York è un vasto melting pot di differenti nazionalità – o salad bowl: un’insalatiera
dove si mescolano differenti etnie come si mescolano le verdure;
d) interculturalità: è una forma di incorporazione che dà attenzione alle differenze culturali al
fine di meglio integrare l’immigrato o una minoranza nel sistema liberaldemocratico
occidentale.
Negli ultimi decenni, il multiculturalismo ha avuto varie formulazioni, che possiamo classificare
in due grandi correnti: Il ‘multiculturalismo comunitarista’ e il ‘multiculturalismo pluralista’. Ma,
per esporre qui il nocciolo del problema, è opportuno osservare subito che, nella versione
comunitarista, la dottrina multiculturale mira a ricomporre l’etica e la politica dentro le singole
comunità culturali, visto che non è possibile ottenere questa ricomposizione nello spazio fra di esse.
Nella versione pluralista, mira a difendere gruppi culturali particolari attraverso forme di
rappresentanza che ottengano dei diritti specifici (per es. nella istruzione scolastica dei figli, nei
modi di abbigliamento e nel modo di lavorare, nei modi di alimentarsi, curare la salute, affrontare i
temi della vita e della morte) nel quadro della democrazia liberale. In ogni caso il multiculturalismo
si oppone decisamente alla concezione individualistica moderna della ‘società aperta’.
(P. Donati, Oltre il multiculturalismo, Laterza, bari, 2008, pp. 3-5)
1. Secondo l’autore del brano, il multiculturalismo è una dottrina politica che:
A. cerca di contrastare la diversità culturale in una società multietnica
B. si propone di gestire la diversità culturale all’interno di uno stato-nazione
C. non accetta il pluralismo religioso come valore pubblico
D. è stata elaborata da Hobbes e Spinoza

2. Secondo l’autore del brano, il multiculturalismo:


A. si è affermato nella società della globalizzazione e nel contesto delle crescenti migrazioni
internazionali
B. è stato adottato per la prima volta in Svizzera nel 1957
C. è stato adottato per la prima volta nel contesto comunitario e plurale del Medioevo
D. ha una lunga storia, esiste da sempre

3. Secondo l’autore del brano, il sistema di accoglienza degli immigrati che prevede
l’adesione da parte di questi ultimi ai principi ed alle regole culturali dello Stato
ospitante si chiama:
A. interculturalità:
B. melting pot
C. assimilazione
D. ibridazione o meticciato

4. Secondo l’autore del brano, il ‘multiculturalismo comunitarista’ e il ‘multiculturalismo


pluralista’:
A. il ‘multiculturalismo pluralista’ mira a ricomporre l’etica e la politica dentro le singole
comunità culturali
B. il ‘multiculturalismo comunitarista’ cerca di tutelare le minoranze, riconoscendo forme di
rappresentanza per il riconoscimento di diritti a fronte delle pretese di assimilazione da parte
della maggioranza
C. il ‘multiculturalismo comunitarista’ dà attenzione alle differenze culturali al fine di meglio
integrare l’immigrato o una minoranza nel sistema liberaldemocratico occidentale.
D. il ‘multiculturalismo pluralista’ cerca di tutelare le minoranze, riconoscendo forme di
rappresentanza per il riconoscimento di diritti a fronte delle pretese di assimilazione da parte
della maggioranza

5. Secondo l’autore del brano, New York è un esempio di:


A. assimilazione
B. ibridazione
C. melting pot
D. grande città

6. Secondo l’autore del brano, il multiculturalismo è stato adottato per la prima volta in
Canada nel:
A. 1957
B. 1971
C. 1980
D. 2000
Brano n. 4
L’ordine giuridico globale è solitamente descritto come un livello superiore a quello degli Stati. I
poteri pubblici sarebbero “multi-livello”: all’interno, locale e nazionale; all’esterno, statale e
globale. Il primo livello concorre alla formazione del secondo, allo stesso modo in cui i proprietari
degli appartamenti di una casa si riuniscono in assemblea condominiale, per gestire le parti comuni
dell'edificio.
È corretta questa rappresentazione dello spazio giuridico globale? Consideriamo, innanzitutto, i
numeri. Gli Stati sono quasi 200, le organizzazioni internazionali 2000 (e le Ong sono 20 mila)
Esistono, dunque, più condomini che proprietà.
I membri della comunità internazionale sono, poi, tutti formalmente eguali: una piccola
repubblica non è meno sovrana del più potente regno. Ma più di metà dei Paesi del mondo ha meno
abitanti dei 6 milioni di persone del Massachusettes e 6 delle 10 nazioni più ricche del mondo
hanno meno di un milione di persone, per non parlare delle differenze in termini di potere
economico e militare. Dunque, vi sono forti disomogeneità nel secondo livello.
In aggiunta, non tutte le organizzazioni internazionali sono state costituite da Stati, e delle
organizzazioni internazionali non fanno parte solo Stati, ma anche poteri soprastatali, come
l’Unione Europea, altri organismi regionali, organizzazioni private, come nel caso dell’Internet
Corporation for Assigned Names and Numembers (Icann), e vari tipi di “osservatori”. Dunque, le
organizzazioni globali non possono essere tutte definite “intergovernative”.
Inoltre, organi statali operano frequentemente nello spazio giuridico globale in modo autonomo,
costituendo apposite reti specializzate (ad esempio, quella dell’autorità antitrust, quella dell’autorità
di controllo della Borsa, quella delle autorità di controllo delle assicurazioni). Lo Stato, dunque, non
si presenta solo come una unità, ma anche in modo disaggregato.
Infine, secondo il modello multi-livello, lo Stato conserverebbe il monopolio dei rapporti con la
società civile, mentre le organizzazioni internazionali avrebbero il monopolio dei rapporti con gli
Stati. La società civile costituirebbe la base dello Stato, così come gli Stati costituirebbero la base
degli organismi globali. Invece, questi ultimi hanno stabilito rapporti diretti e indiretti con la società
civile. (…) Dunque, le organizzazioni internazionali non si fondano solo su Stati, ma hanno stabilito
rapporti diretti con le società civili.
Da tutto questo discende il paradosso per cui gli Stati sono, nello stesso tempo, più forti e più
deboli. Sono più forti perché operano nell’arena globale sia come unità, attraverso i governi
nazionali, sia attraverso singole autorità, che agiscono in modo parzialmente indipendente. Sono più
deboli perché condividono il loro potere nelle organizzazioni internazionali con istituzioni non
statali e perché le norme prodotte dal “livello globale” si impongono direttamente, senza bisogno di
una mediazione statale, all’interno dell’ordinamento domestico. L’ordine giuridico globale non si
sovrappone, dunque, come un altro strato, a quello statale. Questi non sono due livelli, perché le
disuguaglianze e la frammentazione sono forti, perché gli Stati non sono gli unici soggetti, si
mescolano con altri soggetti e perdono la loro unicità, perché nessun “livello di governo” riesce a
mantenere il monopolio delle relazioni con le parti che la compongono.
(S. Cassese, Oltre lo Stato, Bari: Laterza, 2006, pp. 8-10).

1. Secondo il brano, nello spazio giuridico globale lo Stato non sempre agisce come unità,
in quanto:
A. numerose organizzazioni internazionali sono costituite da Stati
B. numerosi Stati hanno meno di 1 milione di abitanti
C. numerosi organi ed autorità statali agiscono autonomamente
D. gli organismi globali hanno stabilito rapporti diretti e indiretti con la società civile
2. Secondo il brano, la condivisione del loro potere nelle organizzazioni internazionali con
entità non statali, rende gli Stati:
A. più forti
B. più deboli
C. né più forti, né più deboli
D. più forti e più deboli

3. Secondo il brano, la società civile:


A. ha rapporti solo con lo Stato, del quale costituisce la base
B. ha rapporti con lo Stato e con gli organismi globali
C. ha rapporti diretti e indiretti solo con gli organismi globali
D. non ha rapporti con lo Stato e con gli organismi globali

4. Secondo il brano, l’ordine giuridico globale e l’ordine statale:


A. sono due livelli che si sovrappongono perfettamente l’uno all’altro
B. non sono due livelli sovrapponibili
C. sono due concetti che esprimono il medesimo significato
D. non si sovrappongono, in quanto gli Stati sono gli unici soggetti

5. Secondo il brano, le organizzazioni globali non possono essere tutte definite:


A. intergovernative
B. interstatali
C. interstellari
D. internazionali

6. Secondo il brano, nella comunità internazionale gli stati:


A. sono più potenti se hanno una grande estensione
B. sono meno potenti se sono delle repubbliche
C. sono più potenti se hanno molti abitanti
D. Sono tutti uguali
Test Comprensione del testo
(Soluzioni)

Brano n. 1
1. soluzione D
2. soluzione B
3. soluzione A
4. soluzione D
5. soluzione C
6. soluzione B

Brano n. 2
1. soluzione A
2. soluzione C
3. soluzione D
4. soluzione C
5. soluzione C
6. soluzione A

Brano n. 3
1. soluzione B
2. soluzione A
3. soluzione C
4. soluzione D
5. soluzione C
6. soluzione B

Brano n. 4
1. soluzione C
2. soluzione B
3. soluzione B
4. soluzione B
5. soluzione A
6. soluzione D

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