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Intervista a Laura Sartori, autrice de Il divario digitale, un libro sui divari che accompagnano la
diffusione delle nuove tecnologie della comunicazione.
La diffusione delle nuove tecnologie della comunicazione, in particolare di Internet, è stata
presentata con estremo entusiasmo come la possibilità di accedere ad una società dell’informazione
globale e priva di barriere spaziali. Gli studi sulla diffusione di tali tecnologie mostrano però che
l’84% degli utenti di Internet risiede nei paesi più ricchi del mondo, dove si registra anche il 97%
dell’attività della Rete. Inoltre anche all’interno dei paesi del Nord del mondo esistono notevoli
differenze, ad esempio in Italia solo il 35% delle famiglie è connesso alla Rete e l’utente tipo è
maschio con un livello di istruzione medio alto, con una buona conoscenza dell’inglese, con un
reddito discreto e residente nelle regioni del centro-nord. Il divario digitale è il titolo del libro di
Laura Sartori, con la quale abbiamo parlato delle disuguaglianze sociali nell’accesso e nell’uso di
Internet.
Nel suo libro lei spiega come il divario digitale sia un fenomeno estremamente complesso che
riguarda diversi livelli di analisi.
Il concetto di divario digitale, inteso come la divisione tra coloro che hanno accesso alle nuove
tecnologie e coloro che non ne hanno, ha una dimensione sociale, quando il contesto di studio è un
singolo paese, e una dimensione globale, riferita all’analisi di paesi diversi. Per quanto riguarda il
divario sociale vediamo che l’accesso alla Rete dipende da molteplici fattori, alcuni sono di tipo
individuale e agiscono sulla domanda di tecnologia, essi sono caratteristiche socio-demografiche
come genere, età, titolo di studio, reddito, status familiare, status occupazionale e luogo di
residenza. Altri fattori sono di natura istituzionale e politica e favoriscono o meno l’accesso dal lato
della domanda e dell’offerta di tecnologia; infine esistono i fattori tipici dell’offerta, maggiormente
legati alla tecnologia in sé.
Cosa dimostra la teoria sul divario digitale sostenuta nel suo libro e definita della
stratificazione?
La teoria della stratificazione sostiene che il divario digitale interagisce con disuguaglianze già
esistenti ed è destinato a durare in assenza di specifici interventi. Tale teoria permette di spiegare
perché il divario digitale, rispecchiando le diversità sociali e culturali dei singoli paesi, muta
geograficamente e nelle modalità di riduzione. Ad esempio il genere è una differenza riscontrata in
tutti i paesi, ma negli Stati Uniti dopo dieci anni di diffusione di Internet il divario di genere non
esiste più, mentre in Italia gli uomini continuano ad accedere alla Rete in maniera molto più
consistente.
Per quanto riguarda le differenze legate al genere l’ISTAT ha calcolato che in Italia nel 2005 hanno
avuto accesso alla Rete il 27,5% delle donne e il 38,5% degli uomini, ma se consideriamo il fattore
età risulta che tra i ventenni la distanza uomo-donna è nulla.
Cosa significano queste due tendenze per il futuro di tale divario?
Dunque se parliamo di divario di genere a parità di condizioni i dati ci mostrano 11 punti di
differenza tra uomini e donne, ma se consideriamo i divari digitali riferiti alla variabile età vediamo
che tra i 15 e i 24 anni il divario digitale di genere non esiste. Questo può darci una visione
ottimistica del futuro perché le nuove generazioni non subiscono una socializzazione diversa alla
tecnologia, come si è verificato finora. Se Internet è introdotto all’interno della scuola si crea un
terreno paritario che porterà gradualmente a risolvere il divario digitale di genere, l’istruzione è
infatti un potente fattore parificatore.
Inoltre sempre l’ISTAT nel 2000 ha calcolato che le donne tendono a connettersi più volte in una
settimana, ma non sono utenti quotidiane della Rete.
Tale dato mostra che le donne non sono assidue frequentatrici di Internet, in quanto riflesso delle
pratiche consolidate sui ruoli familiari, in cui solitamente la donna non interagisce con la
tecnologia. Gli usi che si possono fare della tecnologia sono socialmente costruiti e le sue
caratteristiche variano da contesto a contesto e vengono adeguate al sostrato culturale, così ad
esempio in Svezia dove si ha una maggiore parità tra uomo e donna gli usi della tecnologia
presentano differenze molto minori.
Nel suo libro sostiene che la semplice diffusione della tecnologia non sembra garantire da sola
la diminuzione del divario digitale, quali sono secondo lei le politiche che contano nella
riduzione dei divari digitali?
Sono le politiche attive, ovvero quelle misurate su specifici gruppi sociali che risultano più
bisognosi di intervento, in quanto altrimenti esclusi dalla società dell’informazione, mi riferisco agli
anziani, alle donne, ai meno istruiti, ai meno abbienti, ai componenti di nuclei familiari guidati da
lavoratori a basso reddito. In tal senso ad esempio il laboratorio di Technè Donne è la dimostrazione
di una politica attiva rivolta ad un preciso gruppo sociale.
Perché è importante cercare di risolvere il problema del divario digitale?
Oggi si parla molto di globalizzazione e di società dell’informazione e come all’inizio del secolo ad
esempio si parlava di diritto delle donne al voto, al fine di avere una piena cittadinanza sociale, oggi
si necessita che tutti i gruppi sociali possano partecipare alla società dell’informazione. Internet è
uno strumento a cui tutti i cittadini devono avere la possibilità di accedere, pur rimando liberi di non
volerlo sfruttare, come per il diritto di voto.