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Dipartimento di Scienze Umane e Sociali

CORSO DI LAUREA IN
LINGUA E CULTURA ITALIANA

Italiano L2.0
Imparare i social network, imparare con i social network

Laureanda/o

Luca Merico

Relatore Correlatore

Prof.ssa Piera Margutti

A.A. 2016-2017
Indice
Introduzione 2
CAPITOLO I
Apprendere e insegnare online: una prospettiva storica 8
1.1 Breve storia di una tecnologia nata dalle divisioni e diventata
ponte tra culture. 8
1.2 Tecnologie informatiche e approcci all’insegnamento di una lingua
straniera: due percorsi paralleli. 12
CAPITOLO II
Caratteristiche linguistiche e strutturali dei testi in italiano
nella comunicazione in rete 21
2.1 Dalla lingua scritta e parlata alla lingua trasmessa 21
2.2 L’affermazione della scrittura 25
2.3 Blog, E-Mail, Chat, Sito: scritture diverse in contesti diversi. 30
2.3.1 I siti web 32
2.3.2 I blog 34
2.3.3 Le e-mail 35
2.3.4 Le chat 37
2.4 I social network: torre di babele della lingua digitale. 39
CAPITOLO III
Insegnamento dell'italiano L2 e nuove forme di comunicazione: 43
3.1 Imparare una lingua 2.0: tra acquisizione e apprendimento. 43
3.2 Insegnanti e studenti:
nuovi ruoli per gli attori sociali dell’apprendimento. 46
3.2.1 Lo studente protagonista e l’insegnante regista. 46
3.2.2 Saper essere e saper fare: verso una nuova identità digitale. 51
3.3 Potenzialità e criticità di un insegnamento 2.0
3.3.1 Influenza delle nuove tecnologie dell’informazione
sull’apprendimento 54
3.3.2 Potenzialità e criticità del web 2.0 in classe. 58
CAPITOLO IV
Qualche esempio reale 62
4.1 Twitter: Tweetaliano 63
4.1 La Chat 67
4.3 Facebook, il progetto Lips 72
4.4 Blog, racconto 2.0 77
Conclusioni 83
APPENDICE:
Un’indagine sugli usi e le percezioni che studenti e docenti
hanno dei social network. 85
Bibliografia 96

1
INTRODUZIONE

Nel corso degli ultimi anni siamo stati spettatori e protagonisti di


un'evoluzione tecnologica che non ha precedenti nella storia. Questa
rivoluzione è ancora più impressionante se si pensa alle conseguenze che ha
avuto nelle vite della popolazione mondiale e a come sia impossibile, oggi,
pensare al mondo prima dell'avvento di questi strumenti. Stiamo parlando
delle nuove tecnologie delle comunicazioni, e, in particolar modo, del web
2.01.
A confermare queste affermazioni ci sono numerose statistiche che
evidenziano come un numero sempre più significativo di esseri umani
trascorra molte ore al giorno utilizzando Internet2. Forse, ancor più delle
statistiche e dei grafici, è l'esperienza quotidiana che ci dimostra come queste
tecnologie siano diventate parte integrante delle nostre vite: ci svegliamo la
mattina e controlliamo sui nostri telefoni se ci sono notifiche; accendiamo la
televisione e i telegiornali riportano dichiarazioni di politici o personaggi
famosi, rilasciate via Twitter o Facebook; facciamo migliaia di foto, con i
nostri smartphone, che poi condividiamo con amici e parenti; prenotiamo

1
Con il termine web 2.0 si intende una fase evolutiva di Internet, caratterizzata da un punto
di vista tecnico da nuovi linguaggi di programmazione che permettono anche a chi non
possiede conoscenze specifiche di modificare e aggiornare i contenuti dei siti web. Da un
punto di vista concettuale invece la novità del web 2.0 è costituita da una maggior
partecipazione degli utenti che interagiscono tra loro attraverso reti sociali e diventano autori
di contenuti (blog, wiki, forum). Ad aver reso popolare il termine è stato Tim O'Reilly, editore
statunitense, che, dopo averne parlato in una conferenza nel 2004 (la O'Reilly Media Web 2.0
Conference), scrisse il manifesto del web 2.0 (reperibile al seguente indirizzo:
http://www.oreilly.com/pub/a/web2/archive/what-is-web-20.html ) . La paternità del termine
sembrerebbe però essere attribuibile alla designer Darcy DiNucci che, in un articolo intitolato
“Fragmented Future”, pubblicato sulla rivista Print Magazine nel gennaio del 1999, parlò di
web 2.0 descrivendone le caratteristiche principali.
2
Esistono numerose statistiche pubblicate da vari enti pubblici e privati. Naturalmente, è
impossibile avere un quadro ben definito di questo fenomeno poiché è in continua
evoluzione. Possiamo però ricavare alcune istantanee e tendenze dell’uso di Internet dalle
statistiche e dall’esperienza di vita quotidiana. Alcune statistiche abbastanza complete
sull’uso di Internet in Italia, Europa e nel mondo, si possono trovare al seguente indirizzo:
https://wearesocial.com/it/blog/2017/01/digital-in-2017-in-italia-e-nel-mondo

2
viaggi via Internet consultando siti che riportano opinioni di altri utenti;
acquistiamo merci su negozi virtuali e, attraverso gli stessi siti, scambiamo
opinioni sugli oggetti acquistati. I nostri smartphone sono diventati la “scatola
nera”3 della nostra esistenza, una vera e propria estensione del nostro
cervello, una memoria esterna che archivia immagini, suoni, parole e molto
altro.
Risulta evidente che la distanza culturale e cognitiva4 tra le nuove
generazioni, definite nativi digitali5, e i loro padri, nonni o addirittura fratelli
più grandi sia di gran lunga maggiore rispetto a quella sperimentata in periodi
storici precedenti. Di conseguenza, stanno cambiando anche i paradigmi di
insegnamento e apprendimento che sono gli strumenti principali attraverso
cui gli esseri umani categorizzano la percezione del mondo.
“Ceci tuera cela. Le livre tuera l'édifice”, così scriveva Victor Hugo in
Notre Dame de Paris nel 1831. All'epoca in cui è ambientato il libro si pensava
che la recente invenzione della stampa a caratteri mobili avrebbe distrutto le
cattedrali, che la diffusione del sapere avrebbe minato il potere della chiesa e
cancellato, quindi, il mondo così come lo si conosceva. Oggi ci troviamo in
una situazione analoga in cui si contrappongono due visioni del futuro

3
La definizione è tratta dal film Perfetti sconosciuti del regista Paolo Genovese. Il film, uscito
nel 2016, tratta proprio il tema del cambiamento delle relazioni tra esseri umani ai tempi
dello smartphone.
4
Per distanza cognitiva intendo riferirmi al fatto che queste nuove tecnologie hanno
profondamente modificato il modo in cui le nuove generazioni percepiscono sé stessi e il
mondo che li circonda. Un esempio paradigmatico può essere la percezione di spazio e
tempo. Da questa diversa concezione di spazio e tempo derivano poi tutta una serie di
implicazioni come l'assottigliarsi del confine tra privato e pubblico (oggi siamo quasi tutti un
po' personaggi pubblici, quasi tutti abbiamo un profilo su un social network che svela
qualcosa di noi e delle nostre vite) o l'incapacità di saper aspettare (nel momento in cui
mandiamo un messaggio ci attendiamo che la risposta ci venga data nel più breve tempo
possibile, se non immediatamente).
5
Il termine nativi digitali è stato coniato da Marc Prensky che lo ha usato per la prima volta in
un articolo pubblicato nel 2001 dal titolo Digital natives, digital immigrants (all'interno della
rivista On the Horizon - MCB University Press, Vol. 9 No. 5, October 2001). Per nativi digitali,
Prensky intende gli individui nati dopo il 1985, cresciuti quindi con le nuove tecnologie delle
informazioni. Le persone nate prima del 1985 che usano comunque queste tecnologie,
vengono definite immigrati digitali.

3
diametralmente opposte: da una parte i sostenitori di una sorta di
determinismo tecnologico, che vede nella tecnica la guida dell'evoluzione
umana e ne identifica la fonte dei cambiamenti sociali in atto; dall'altra un
gruppo di studiosi, filosofi, opinion leaders, ma anche gente comune che, in
un'ottica neoluddista, ritiene che Internet (ed in particolar modo, i social
network) siano la causa di ogni male della società. In un fortunatissimo
saggio del 19646 (Eco,1964), rivisto e aggiornato nel 2014 (Eco, 2014),
Umberto Eco descriveva questi due poli opposti come “apocalittici” (coloro i
quali si schieravano contro le tecnologie) e “integrati” (chi, invece, riteneva il
progresso tecnologico come una panacea di ogni male). Probabilmente, la
verità è nel mezzo e queste tecnologie non sono né buone né cattive, ma è
l'uso che ne facciamo ad essere buono o cattivo, utile o inutile.
Uno dei bersagli più colpiti dalla critica degli “apocalittici” è proprio la
lingua, che tenderebbe ad impoverirsi sotto ogni punto di vista (lessico,
ortografia, sintassi). Ma che cosa è la lingua? Un insieme monolitico di regole
e parole, immutabile e immutato da sempre o il più incredibile e potente
strumento di comunicazione che cambia e si evolve, assecondando i
cambiamenti che avvengono nella società? Paolo D'Achille paragona la lingua
a una grande città in cui il centro storico è la parte più bella e più antica ma
anche la meno frequentata, le periferie sono invece le parti meno belle ma
più vive, nelle quali la lingua viene utilizzata più di frequente e mostra i
cambiamenti più significativi che dalla periferia della lingua si spostano verso
il centro (D'Achille, 2010). Un tempo le periferie erano i linguaggi giovanili, la
televisione, il parlato quotidiano, oggi la periferia della lingua sono i social
network, luoghi in cui la gente si confronta, discute, si insulta, si innamora,
lavora. In qualche modo quindi è vero che l'italiano usato su Internet è forse

6
Umberto Eco si riferiva più in generale alla società di massa, soprattutto nella prima edizione
del libro quando non esisteva ancora né il web né i social network. Ad ogni modo le
definizioni di apocalittici e integrati sembrano adattarsi bene alla situazione attuale e alle due
fazioni schierate pro o contro i nuovi mezzi di comunicazione.

4
meno bello dell'italiano classico ma è vero, allo stesso tempo, che non è
possibile fermare il cambiamento è in atto perché è la natura stessa della
lingua ad essere mutevole.
Oggi, ogni essere umano può decidere di seguire una lezione,
scolastica o universitaria, pubblicata su YouTube; leggere testi scaricati da siti
di università, scuole, istituzioni o manoscritti digitalizzati; trovare esercizi in
rete e farseli correggere automaticamente dal computer o da un tutor
distante migliaia di chilometri da casa propria. Allo stesso tempo però è facile
reperire informazioni false o poco attendibili su Internet (le tanto attuali e
famigerate fake news7) e prenderle per vere, se non si possiedono spirito
critico e competenze digitali. Ecco che allora l'insegnante deve riuscire ad
apportare qualcosa in più al semplice contenuto, così come un sarto
confeziona un abito su misura, l'insegnante deve provare a “cucire” addosso
ai propri studenti un'istruzione che sappia corrispondere alle loro necessità,
fornendo gli strumenti adatti per orientarsi nel caotico mondo del web e
aiutando i discenti a sviluppare quella competenza digitale che permetta loro
di trarre il massimo vantaggio da queste tecnologie, riducendo al minimo i
rischi connessi alle stesse.
Questo lavoro parte da una serie di osservazioni e domande che mi
sono posto, riguardanti queste nuove tecnologie e il loro legame con la
didattica (soprattutto la didattica dell'italiano L2).
Dopo una breve introduzione storica e tecnica all’applicazione
dell’informatica alla glottodidattica, che affronto nel primo capitolo, mi

7
Le notizie false (in inglese fake news) sono articoli redatti con informazioni inventate,
ingannevoli o distorte, resi pubblici nel deliberato intento di disinformare o fare
diffondere bufale attraverso i mezzi di informazione tradizionali o via Internet, per mezzo
dei media sociali. Le notizie false sono scritte e pubblicate con l'intento di attrarre il lettore o
indurlo in errore al fine di ottenere finanziariamente o politicamente – spesso con titoli
sensazionalistici, esagerati o palesemente falsi – la sua attenzione.
(https://it.wikipedia.org/wiki/Fake_news)

5
soffermerò sulle caratteristiche dell’“italiano digitale” cercando di sintetizzare i
principali cambiamenti in atto nel sistema linguistico italiano (capitolo 2). Il
terzo capitolo è dedicato all’apprendimento\insegnamento supportato dalle
nuove forme di comunicazione. Nel quarto capitolo verranno illustrate alcune
esperienze reali di applicazione del web 2.0 all’insegnamento dell’italiano L2.
Infine, in appendice, propongo il risultato di un questionario che ho
sottoposto a studenti e docenti di italiano L2 riguardante il loro rapporto con i
social network e le loro opinioni sull’utilità dei social network come supporto
all’insegnamento della lingua italiana.
Il tema che ho deciso di trattare è molto vasto e in continua
evoluzione; ciononostante spero di riuscire a fornire degli spunti di riflessione
su un tema che, a mio avviso, diventerà sempre più centrale negli studi di
glottodidattica.
In questo scenario di cambiamenti tecnologici, sociali, linguistici e
comunicativi ritengo che il ruolo degli insegnanti stia diventando sempre più
importante e complicato. Secondo il filosofo francese Michel Serres (Serres,
2013)8:
“Pollicina e Pollicino (così Serres definisce i nativi digitali, dalla loro
capacità digitare rapidamente sullo schermo) non hanno più la
stessa testa dei loro genitori e neanche dei loro fratelli maggiori.
Diversa è la loro concezione dello spazio – grazie al cellulare, al
GPS, alla Rete – come diversa è la loro maniera di utilizzare e
sintetizzare le conoscenze. Nel mondo in cui vivono il sapere è
dappertutto, oggettivato, accessibile. Ci si sorprende che il
professore non riesca più a ottenere il silenzio e l'attenzione della
classe per la sua lezione. Ma perché mai questa dovrebbe

8
Il libro di Serres affronta da diversi punti di vista il rapporto tra le generazioni, alla luce dei
progressi delle tecnologie della comunicazione e dell’informazione. Il tema dell’insegnamento
è affrontato nel secondo capitolo, intitolato appunto “scuola”. La citazione è tratta da una
recensione del libro, in cui vengono riprese e riadattate le parole di Serres. La recensione è
disponibile al seguente indirizzo: https://www.rickdeckard.net/2013/07/08/non-%C3%A8-un-
mondo-per-vecchi-perch%C3%A9-i-ragazzi-rivoluzionano-il-sapere/

6
accordarglieli, se con un click si può ottenere quello stesso
contenuto, in una forma persino più approfondita, contestualizzata,
linkata a tutto ciò con cui è in relazione? O l'insegnante apporta
qualcosa in più al semplice contenuto, foss'anche una capacità
narrativa accattivante, oppure l'offerta di questo portavoce non
riuscirà ad intercettare una domanda che non c'è più, giacché
soddisfatta da altri mezzi.”
Le affermazioni di Serres, fortemente critiche nei confronti del sistema
scolastico contemporaneo, incapace di comprendere questi cambiamenti e di
ascoltare le nuove generazioni, sottolineano proprio questo cambiamento
epocale nel modo di percepire e categorizzare la realtà che contraddistingue i
nativi digitali. Serres lancia una sfida ai docenti, li sprona a cercare una nuova
via all'insegnamento. Personalmente mi sento di sposare in parte queste
affermazioni. Il lavoro dell'insegnante, diventa sempre più difficile ma, allo
stesso tempo, più stimolante.

7
CAPITOLO I

Apprendere e insegnare online: una prospettiva storica

1.1 Breve storia di una tecnologia nata dalle divisioni e diventata


ponte tra culture.

Prima di addentrarci nel mondo del web 2.0 e dei social network, credo che
sia interessante e forse anche necessario offrire un breve excursus sulla
storia di Internet9 che, nell'arco di pochissimi anni, ha cambiato radicalmente
il nostro modo di vivere.
Le origini di Internet risalgono agli anni '60, in piena Guerra Fredda,
quando il mondo era diviso in due grandi sfere d'influenza: il blocco
comunista, guidato dall'Unione Sovietica, e il blocco occidentale, guidato dagli
Stati Uniti d'America. In quel periodo storico era forte la paura di una guerra
nucleare (era da poco finita la seconda guerra mondiale), e questa paura si
acuì ancor di più in seguito a diversi avvenimenti quali, ad esempio,
l'incidente della Baia dei Porci10 a Cuba o la sperimentazione di ordigni atomici
da parte di potenze del blocco comunista. Il Ministero della Difesa americano,
in continuo allarme per la minaccia sovietica, incaricò allora l'ARPA11
(Advanced Research Projects Agency) di studiare un sistema di rete
informatica, in grado di preservare il collegamento via computer tra le varie
basi militari. Gli studiosi dell'ARPA partirono dalla convinzione che l'unico

9
Con la parola Internet intendo riferirmi in termini generali alla “rete delle reti”: un insieme di
varie tecnologie informatiche e delle comunicazioni che ha permesso ai computer, e
soprattutto agli utenti, di mettersi in comunicazione tra loro.
10
Nel 1961, un gruppo di esuli Cubani, aiutato dalla CIA, cercò di rovesciare il governo di
Fidel Castro sostenuto dall'Unione Sovietica.
11
Agenzia governativa del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti incaricata dello sviluppo
di nuove tecnologie per uso militare.

8
modo per assicurare la continuità nelle comunicazioni fosse quello di
prescindere da un nodo centrale la cui distruzione avrebbe compromesso il
funzionamento dell'intera rete e decisero quindi di progettare una rete
decentralizzata, denominata Arpanet, studiata in modo che ogni nodo potesse
continuare ad elaborare e trasmettere dati qualora i nodi vicini fossero stati
danneggiati. La rete Arpanet crebbe rapidamente, basandosi su un sistema di
protocolli, TCP/IP12 (Transmission Control Protocol/Internet Protocol), ancora
oggi utilizzati, per rendere possibile lo scambio dei dati tra sistemi collegati.
Inizialmente erano connesse in rete solo alcune basi di missili
intercontinentali; in seguito vennero coinvolte le principali Università
Americane, aderenti all'ARPA e, infine anche enti governativi come la NASA
(National Aeronautics and Space Administration). Con il passare degli anni si
giunse ad un periodo di maggiore distensione tra le due superpotenze, l'uso
militare della rete passò quindi in secondo piano e Arpanet iniziò ad essere
utilizzata prevalentemente dalle università. Queste ultime, capita l'importanza
del mezzo messo a loro disposizione, lo sfruttarono sempre di più, anche
grazie all'introduzione di un nuovo protocollo per il trasferimento di file tra
computer (FTP, acronimo di File Transfer Protocol) e del sistema di posta
elettronica (e-mail) per comunicare rapidamente tra utenti. In quegli stessi
anni videro la luce i Newsgroup13, che aggregarono in gruppi gli utenti che
avevano interessi comuni. Una svolta epocale si registrò infine nel 1992,
quando un esponente del CERN (Centro Europeo di Ricerca Nucleare), Tim
Berners-Lee, lanciò la proposta di un sistema che consentisse la pubblicazione

12
Protocollo di controllo del trasferimento/protocollo Internet. Si tratta di un insieme di
programmi che consentono di “dividere” l’informazione da trasferire in “pacchetti” (TCP) e di
spedirli su Internet, anche attraverso percorsi diversi gestendo un’unica destinazione
(Internet protocol address). A “ricomporre” i pacchetti saranno di nuovo i protocolli TCP. Il
TCP/IP è la base della tecnologia Internet.
13
Un newsgroup è uno degli spazi virtuali creato su una rete di computer interconnessi per
discutere di un argomento ben determinato (topic).

9
e la gestione di Ipertesti14 in Rete denominato World Wide Web15 (Ragnatela
intorno al Mondo). Infine, nel 1994, le società commerciali vennero
autorizzate a connettersi alla Rete, rendendola fruibile a chiunque. Questo
ultimo passo consacrò definitivamente il boom di Internet, che diventò lo
straordinario mezzo di comunicazione che è oggi.
La struttura della Rete e dell'ipertesto hanno offerto agli esseri umani la
possibilità di consultare un gigantesco archivio di notizie, informazioni,
nozioni, suggerimenti, opinioni. Per lungo tempo, però, una delle
caratteristiche del web è stata quella di essere statico. Il web 1.0, la prima
versione del web, non differiva molto da una televisione, da una radio o da
una biblioteca. In questa prima fase di Internet, erano necessarie
competenze specifiche per scrivere una pagina web; di conseguenza la
comunicazione avveniva secondo un flusso che portava da pochi produttori di
contenuti a molti utenti che ne usufruivano. Inoltre i costi di connessione
erano molto alti mentre la velocità di trasmissione e ricezione dei dati molto
bassa. A tutto questo si aggiungeva una limitata capacità di elaborazione dei
primi PC (Personal Computer) che non permetteva di riprodurre facilmente
audio e video. Ci rendiamo conto, quindi, che il web 1.0 potrebbe sembrare
oggi un lontano parente del mondo ricco di suoni, immagini, video e
interazione tra utenti che contraddistingue il web così come lo conosciamo.
A partire dai primi anni del nuovo millennio, però, grazie ad una serie di
migliorie tecniche apportate alla rete, ad un diverso approccio dell'utenza del
web e all'aumento esponenziale della potenza di calcolo dei PC - ai quali si

14
In informatica ci si riferisce all'ipertesto come ad un testo organizzato in un insieme di
moduli elementari che ne rende possibile la lettura, integrale o parziale, secondo diversi
percorsi logici (ciascuno dotato di autonomia di significato), scelti dal lettore in base a sue
personali esigenze ( http://www.treccani.it/enciclopedia/ipertesto/ ultima consultazione
30/04/2017).
15
La data di nascita del World Wide Web viene comunemente indicata nel 6 agosto 1991,
giorno in cui l'informatico inglese Tim Berners-Lee pubblicò il primo sito web dando così vita
al fenomeno “WWW” (https://it.wikipedia.org/wiki/World_Wide_Web#La_nascita ultima
consultazione 30/04/2017)

10
sono poi sostituiti tablet e smartphone - si è avuto un passaggio dal web
statico al web dinamico16. Questo passaggio fa parte di un fenomeno che
prende il nome di web 2.017. Questa semplice espressione -web 2.0- entrata
oggi nel vocabolario comune, racchiude la vera e propria rivoluzione che
stiamo vivendo. Con il web 2.0 si è passati da un catalogo di contenuti,
aggiornati sostanzialmente da pochi utenti esperti del settore, ad un'enorme
piazza virtuale nella quale i contenuti sono aggiornati quotidianamente da
gente comune, senza una particolare conoscenza informatica che, come in un
gigantesco puzzle, aggiunge un pezzo alla volta.
Questa piazza virtuale ha dato vita ad una serie di fenomeni, positivi e
negativi, che ancora oggi non riusciamo a comprendere né a governare a
pieno. Per esempio, in questi anni abbiamo visto affermarsi piattaforme di
condivisione di immagini, grafici, appunti, notizie18 provenienti da ogni parte

16
Le differenze tecniche tra web statico e dinamico possono essere riassunte nel modo in cui
le pagine web vengono scritte e concepite. Nel web statico, i siti vengono scritti con un
linguaggio di programmazione che si chiama html. Questo linguaggio di programmazione
permette una navigazione più rapida ma non permette agli utenti di modificare i dati presenti
sul sito o di interagire con lo stesso. Il web dinamico, tipico del web 2.0, si basa su diversi
linguaggi di programmazione (ASP, Perl, PHP) che hanno come peculiarità: la capacità di far
sì che i siti web funzionino come degli intermediari tra utenti e banche dati. Questa
particolarità permette inoltre agli utenti di modificare i dati presenti sui siti web dinamici e di
interagire con gli stessi. La scelta di pubblicare un sito web statico o dinamico dipende quindi
molto dal tipo di sito che si vuole pubblicare e dal tipo di utilizzo che gli utenti ne faranno.
17
Con il termine web 2.0 si intende una fase evolutiva di Internet, caratterizzata da un punto
di vista tecnico da nuovi linguaggi di programmazione che permettono anche a chi non
possiede conoscenze specifiche di modificare e aggiornare i contenuti dei siti web. Da un
punto di vista concettuale, invece, la novità del web 2.0 è costituita da una maggior
partecipazione degli utenti che interagiscono tra loro attraverso reti sociali e diventano autori
di contenuti (blog, wiki, forum). Ad aver reso popolare il termine è stato Tim O'Reilly, editore
statunitense, che, dopo averne parlato in una conferenza nel 2004 (la O'Reilly Media Web 2.0
Conference), scrisse il manifesto del web 2.0 (reperibile al seguente indirizzo:
http://www.oreilly.com/pub/a/web2/archive/what-is-web-20.html). La paternità del termine
sembrerebbe però essere attribuibile alla designer Darcy DiNucci che, in un articolo intitolato
“Fragmented Future”, pubblicato sulla rivista Print Magazine nel gennaio del 1999, parlò di
web 2.0 descrivendone le caratteristiche principali.
18
Tra i fenomeni più importanti del web 2.0 possiamo sicuramente citare: Wikipedia,
enciclopedia scritta dagli utenti; Facebook, piattaforma di condivisione di testi, video e altro,
che mette in comunicazione singoli amici o permette di creare gruppi attorno a interessi
comuni; Twitter, una piattaforma di microblogging che permette di scrivere brevi messaggi di

11
del mondo, una mole enorme di contenuti di vario genere che, se da un lato
hanno permesso a miliardi di persone di informarsi, conoscersi e condividere
interessi, dall'altro hanno dato vita a fenomeni di diffusione di informazioni
false, aggressività, bullismo virtuale19. Si potrebbe affermare che la tecnologia
stia portando alle estreme conseguenze, positive e negative, una delle
principali caratteristiche dell'animale uomo: la socialità.

1.2 Tecnologie informatiche e approcci all’insegnamento di una


lingua straniera: due percorsi paralleli.

A partire dagli anni '60 del XIX secolo, studiosi e ricercatori hanno rivolto la
propria attenzione al computer come strumento per l'apprendimento di una
lingua straniera. Fin dagli inizi però, il rapporto tra tecnologie e linguistica è
stato complicato, se non conflittuale. Le due diverse prospettive (linguistica e
tecnologica) hanno, di volta in volta, fatto pendere l'ago della bilancia del
dibattito dall'una o dall'altra parte: i linguisti rilevavano un'eccessiva
attenzione agli aspetti informatici e vedevano trascurati aspetti linguistici e
glottodidattici; gli informatici, al contrario, sottolineavano come i primi studi
sul rapporto tra educazione linguistica e tecnologia fossero troppo orientati
alla pedagogia e alla linguistica e poco innovativi da un punto di vista
tecnologico. Ancora oggi, gli studi storiografici riguardanti la giovane storia

testo (al massimo 140 caratteri) da condividere con tutti gli utenti.
19
In questi ultimi anni, l'attenzione di giornalisti, politici e studiosi, si è molto interessata dei
fenomeni sociali e comunicativi che si stanno affermando con il web 2.0. Sono numerosi i
casi di ragazzini che si filmano mentre commettono veri e propri reati per poi condividere
questi filmati in rete, oppure sono altrettanto numerosi i casi di notizie completamente o
parzialmente false che vengono fatte circolare su Facebook o Twitter e che, in alcuni casi,
vengono poi riprese dalla stampa cartacea, acquisendo autorevolezza (
http://www.repubblica.it/argomenti/bufale – ultima consultazione 03/05/2017) (
http://www.repubblica.it/argomenti/cyberbullismo – ultima consultazione 03/05/2017) .

12
delle glottotecnologie affrontano il tema da due punti di vista molto diversi:
c'è chi, essendo un linguista, ne dà una lettura linguistica (Chapelle, 2001) e
chi invece rivede gli eventi storici da una prospettiva puramente tecnologica
(Davies et al., 2012). Ciò che comunque risulta evidente ed è difficilmente
confutabile è lo stretto rapporto che lega tecnologie e apprendimento delle
lingue; un rapporto che nasce oramai molti anni fa e che non sembra
destinato ad esaurirsi, anzi. Non si può, in definitiva, sposare una visione di
determinismo tecnologico in cui gli approcci glottodidattici siano frutto di
evoluzioni tecnologiche, ma non si può neanche negare che i percorsi
evolutivi delle due scienze siano stati quasi paralleli: ad ogni passo in una
direzione degli approcci glottodidattici ha corrisposto un'innovazione in campo
informatico che ha contribuito a modificare gli approcci di insegnamento,
fornendo alla didattica strumenti potentissimi e duttili.

In un primo tempo, gli studi che si occupavano di computer e istruzione


(intesa in senso generale) presero il nome di CAI (Computer Assisted
Instruction) mentre l’acronimo CALI (Computer Assisted Language
Instruction) si riferiva esclusivamente all’insegnamento delle lingue straniere
assistito dal computer. Con lo spostamento dell'attenzione dall'insegnamento
all'apprendente, nei primi anni '80 del novecento, venne introdotto l'acronimo
CALL20 (Computer Assisted Language Learning) che sostituiva il termine
instruction con il termine learning, sottolineando così il cambiamento di
prospettiva (Davies, 2011). Sotto il cappello dell'acronimo CALL, rientrano,
però, un insieme di esperienze, periodi e fasi molto diverse. Ad illustrare
l'ampiezza di significati di CALL potremmo citare la definizione che ne dà
Levy: «lo studio delle applicazioni del calcolatore alla didattica e
all'apprendimento delle lingue» (Levy, 1997).

20
Il termine CALL sembra essere stato coniato nei primi anni '80 del XX secolo. La prima
occorrenza dell'acronimo risale al 1982 (Davies e Steel, 1981).

13
Per offrire un quadro sintetico della storia di CALL, mi sono attenuto
alla periodizzazione fatta da Warschauer (Warschauer, 2000). Questa
scansione temporale, come tutte le periodizzazioni, ha il difetto di segnare in
maniera tranciante un confine tra le varie epoche storiche e di accomunare,
alle volte, esperienze anche molto diverse. Il grande pregio delle
periodizzazioni, compresa questa, è quello però di offrire un quadro di
insieme molto utile per identificare dei fenomeni complessi e categorizzarli in
modo da renderli più facilmente comprensibili. La periodizzazione di
Warschauer non è l’unica21 ma è una delle più citate e riprese, forse proprio
per la capacità di sintetizzare fasi ed esperienze molto diverse e complesse.

Inizialmente, i computer si trovavano in enti governativi, strutture


militari o università ed erano pochissimi i privati che disponevano di un
elaboratore. I primi computer (definiti anche mainframe) erano grossi armadi
costosi; gli output venivano forniti con stampe cartacee o, più tardi, su

Un’altra interessante periodizzazione è quella proposta da Davies (2011). Anche Davies,


21

come Warschauer, identifica tre fasi di CALL:


CALL stupido (anni ‘70/’80). In questa fase le tecnologie non permettono di lavorare
con la multimedialità, ma sono limitate al solo testo. Le attività tipiche sono costituite da
esercizi meccanici o drill.
CALL multimediale. In questa fase, intorno agli anni ‘90, compaiono le schede
audio/video che permettono di lavorare con la multimedialità. Vengono sviluppate
applicazioni più interattive, ma il grosso della pratica didattica resta ancorato al modello drill.
CALL in rete (dal 1993 ai giorni nostri). La grande novità è rappresentata dall’avvento
della rete in Internet.

14
schermi in bianco e nero, sotto forma di testo. La connessione tra computer
era un'opzione possibile ma molto costosa e molto più lenta di oggi.
Nonostante tutte queste limitazioni, grazie alla loro capacità di archiviazione
ed elaborazione dei dati, i primi mainframe, permettevano di offrire agli
studenti una serie di esercizi che potevano essere poi corretti
automaticamente dal computer. Questa prima fase di CALL si basava su
approcci di tipo strutturalista e comportamentale (cfr. Serra Borneto, 1998)
(concepiti negli anni'50 e sviluppati negli anni '60), secondo i quali
l’apprendimento doveva avvenire con esercizi di produzione meccanica (drill
and practice), memorizzazione e ripetizione di specifici pattern grammaticali
(Richards e Rodgers, 1986). L’obiettivo di questi esercizi era quello di aiutare
l’apprendente a padroneggiare la comprensione e la produzione delle frasi
dalle strutture più frequenti, e il lessico della lingua straniera, attraverso la
ripetizione di risposte agli stimoli forniti dal computer. In questa fase di CALL,
il computer veniva quindi utilizzato come un “tutor” attraverso il quale fornire
materiale didattico allo studente (Warschauer, 1996, p.4). Questa fase del
CALL viene definita strutturalista o comportamentista e abbraccia un arco di
tempo che va dalla fine degli anni '60 ai primi anni '80 (Warschauer, 1996).

Con il passare degli anni, i computer si trasformarono in Personal


Computer (PC). Poiché erano più piccoli, più potenti e meno costosi, ebbero
un enorme successo ed entrarono, gradualmente, nelle case di tutti. Seppur
in maniera ancora limitata, i primi personal computer iniziavano ad offrire la
possibilità di associare a semplici esercizi anche immagini e suoni, e
permettevano di fornire input sonori (attraverso microfoni). Queste nuove
possibilità tecnologiche furono sfruttate da un nuovo approccio
glottodidattico: l’approccio comunicativo, che andava affermandosi negli anni
'70 e '80. In questa nuova fase, la ripetizione meccanica di frasi e
l'insegnamento esplicito della grammatica lasciarono il posto a nuovi

15
paradigmi di apprendimento con caratteristiche molto diverse dagli approcci
precedenti, quali una maggiore attenzione all’uso autentico delle forme
linguistiche; un bisogno di stimolare gli apprendenti nel generare essi stessi
espressioni linguistiche originali invece di manipolare quelle fornite dai
computer; una maggiore enfasi sulla creazione di un ambiente più libero, in
cui gli studenti si sentissero incoraggiati a creare, esplorare e sperimentare
con la lingua senza essere giudicati sull’appropriatezza dei propri prodotti
(Underwood, 1984, pag.52). Le nuove pratiche di CALL hanno visto la nascita
di giochi linguistici ed esercizi di ricostruzione del testo che miravano a fornire
ai discenti accresciute opportunità per creare, scegliere e controllare le
proprie risposte. Secondo Warschauer, le attività22 proposte in questa
seconda fase di CALL avevano come obiettivo quello di «stimolare le capacità
di discussione, scrittura e ragionamento critico del discente, più che
incoraggiarlo a scoprire le risposte esatte» (Warschauer, 1996). Se nella
prima fase del CALL, il computer era quindi relegato ad una semplice funzione
di “tutor”, nella seconda fase di CALL, il supporto informatico assunse nuove
funzioni: tutor, stimolo e strumento (Warschauer e Healey, 1998). Il
computer era usato come tutor, per erogare attività linguistiche come ad
esempio esercizi di ricostruzione o giochi linguistici; come stimolo, quando era
usato per attività ludiche, non strettamente legate alla lingua, come
videogiochi che potessero stimolare l’interesse del discente; come strumento
quando veniva utilizzato per realizzare attività linguistiche (ad esempio nei
programmi di videoscrittura).

Alcuni esempi di software ed esercizi proposti in questa fase di CALL li possiamo trovare in
22

Davies e Higgins (1985), e in Jones e Fortescue (1987). Hardisty e Windeatt (1989)


propongono invece una classificazione di queste attività, in base a 4 aree di applicazione:
School programs: exercises involving gap-filling, multiple-choice, sequencing,
matching, total text reconstruction.
Office programs: word-processing, database, DTP, communications, spreadsheets.
Library programs: concordancers - and they would probably have included the Web
if it had been around at the time.
Home programs: adventures and simulations

16
In questi ultimi anni (a partire dagli inizi del XXI° secolo), l’informatica
è diventata sempre più user friendly. Oggi è così facile usare un computer, un
tablet o uno smartphone, da far passare in secondo piano l’aspetto
tecnologico dello strumento concentrandosi invece sull’aspetto comunicativo.
La miniaturizzazione delle device23 (PC, ma anche tablet e smartphone) e la
capacità di essere connessi alla Rete ad alta velocità ed in mobilità hanno
favorito l’aspetto comunicativo e sociale dell’informatica. Nella periodizzazione
proposta da Warschauer, alla quale ho fatto riferimento finora, questo
periodo storico viene definito CALL integrativo: una fase caratterizzata proprio
dalla multimedialità e dalla rete Internet. Con il termine “integrativo”, si fa
riferimento al fatto che diversi metodi mirano ad integrare tra loro le diverse
abilità linguistiche, prevedendo attività nelle quali, grazie alla multimedialità,
gli apprendenti lavorano contemporaneamente con diverse abilità. Una
seconda lettura del termine “integrativo” è la nuova visione per cui le
tecnologie sono integrate nella didattica, dandone un valore aggiunto. In
questa fase si abbandona lentamente il modello del laboratorio linguistico,
spostandosi verso un uso diffuso nello spazio e nel tempo delle tecnologie.

Le nuove tecnologie dell’informazione hanno aperto la strada a


numerose applicazioni per l’insegnamento e l’apprendimento della lingua
straniera. Tra gli aspetti che rendono questa fase la più interessante per le
possibilità offerte dall’informatica ci sono sicuramente l’accesso ad un’infinità
di materiali autentici e l’affermazione della CMC24 (Computer Mediated

23
Per device si intende, nel linguaggio informatico, un dispositivo elettronico e, in
particolare, ci si riferisce a dispositivi e apparecchi ad alta tecnologia e di piccole dimensioni
(smartphone, e-book reader, tablet PC ecc.)
(http://www.garzantilinguistica.it/ricerca/?q=device).
24
Susan Herring (1991, p.1) definisce la CMC come ogni tipo di «comunicazione che avviene
tra esseri umani attraverso la strumentalità del computer». Per Trentin e Benigno (1997,
p.32) invece, la CMC è l’insieme «di tutte quelle attività in cui il computer è utilizzato per la
comunicazione a distanza, e che comprendono perciò la fruizione e il trasferimento di
informazioni, lo scambio di e-mail, la comunicazione audio-video».

17
Communication) la quale sembra essere, usando le parole di Warschauer,
«probabilmente l’unica applicazione del calcolatore che può avere un grosso
impatto sull’insegnamento delle lingue» (Warschauer, 1996).

La terza fase di CALL non si sarebbe quindi esaurita, ma l’attenzione


degli studiosi si è lentamente spostata dalla multimedialità alla Rete. Le basi
concettuali che avvalorano l’uso della Rete come strumento per
l’apprendimento di una lingua straniera affondano le loro radici negli anni ‘70
e ‘80, quando le teorie di Hymes (1972) e Halliday (1973) enfatizzarono la
componente socioculturale del linguaggio, esaltando le dimensioni funzionali
della lingua. In quegli anni emerse un approccio socio-cognitivo
all’insegnamento di una lingua straniera, nel quale la lingua non era più vista
solamente come una serie di competenze grammaticali, bensì veniva
arricchita di competenze discorsive sociolinguistiche e strategiche (Canale e
Swain, 1980). In questo paradigma socio-cognitivo assumevano quindi
sempre maggior importanza i task autentici, in cui lo sviluppo della
competenza comunicativa25 era considerato il frutto della partecipazione dello
studente nell’interazione sociale in reali contesti comunicativi. A queste teorie,
in tempi più recenti, si è poi aggiunto il socio-costruttivismo: una teoria che
enfatizza «l’aspetto sociale e culturale della formazione di conoscenze,
l’importanza della collaborazione tra individui e gruppi, nonché un approccio
alla pedagogia che abbia l’apprendente e i suoi bisogni al centro» (Kern et al.,
2008:281).

Negli ultimi anni, L’informatica è diventata così “invisibile” da far


scomparire la parola computer nelle definizioni che descrivono le applicazioni
delle tecnologie all’apprendimento delle lingue. D’altra parte, come afferma

25
Il termine competenza comunicativa designa l’abilità di usare una lingua straniera in modo
appropriato, ovvero secondo le norme ed aspettative della comunità dei parlanti nativi di
quella lingua. In questo senso, la competenza comunicativa è una componente della più
generale competenza linguistica (Canale e Swain, 1980, p.6)

18
Thorne, la maggior parte delle applicazioni del web 2.0 (blog, wiki, social
network) «ha poco o nulla a che fare con ciò che viene comunemente
chiamato computer» (Thorne, 2007, p.442). Lo stesso Warschauer nel 2000,
quando ancora i social network non esistevano, introdusse un nuovo termine
per descrivere le applicazioni della tecnologia all’insegnamento di una lingua
straniera: Network Based Language Learning (NBLT)26. Come si può vedere,
in questa definizione il termine computer scompare per fare posto alla parola
network. L’interazione con i computer lascia il posto all’interazione tra parlanti
della lingua di studio attraverso i computer e le loro reti. In questa fase il
computer diventa supporto per l’attività collaborativa e comunicativa,
contribuendo ad aumentare le potenzialità del processo di apprendimento sia
online, durante l’interazione, che offline, durante le attività di riflessione
(Meskill e Ranglova, 2000, p.23).

Così come le tecnologie informatiche continuano a progredire, così


anche gli studi riguardanti le glottotecnologie si arricchiscono di nuovi spunti
e nuovi campi di ricerca. Ciò che oggi sembra offrire un interessante campo
di indagine, con ampie possibilità di sviluppo è l’utilizzo di tablet e
smartphone per l’apprendimento delle lingue straniere. Tablet e smartphone
offrono possibilità completamente nuove, come la geolocalizzazione o il
riconoscimento vocale, ma soprattutto offrono la possibilità di essere connessi
alla Rete in mobilità (Klopfer et al, 2002), rompendo definitivamente il legame
con spazi fisici ben definiti (aula scolastica, ufficio, scrivania). Questi studi
prendono il nome di Mobile Assisted Language Learning (MALL) ma, essendo
un fenomeno troppo recente, è difficile riuscire a valutarne l’effettivo impatto
sull’apprendimento di una lingua straniera.

Sembrerebbe, quindi, che ciò che in questi anni ha accomunato

26
NBLT viene descritto come l’insegnamento linguistico realizzato attraverso l’uso di computer
collegati tra loro attraverso reti locali e globali (Warschauer e Kern, 2000)

19
tecnologie informatiche e approcci metodologici all’insegnamento di una
lingua straniera, sia la tendenza a spostare l’attenzione dalla struttura (della
lingua o del mezzo tecnologico) alla comunicazione. Così come il focus degli
approcci si è lentamente spostato dal “sapere” la lingua al “saper fare” 27 con
la lingua, così le tecnologie informatiche hanno sempre più abbandonato una
dimensione di conoscenza tecnica del mezzo di comunicazione per spostarsi
verso la comunicazione tout court.

27
Il Quadro Comune di Riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER) privilegia un
approccio pragmatico-comunicativo basato sulla realizzazione di compiti in situazioni concrete
della vita quotidiana all’interno di quattro domini: personale, pubblico, professionale ed
educativo (a seconda dell’età e della funzione sociale dell’apprendente) e focalizza il concetto
di competenza generale su quattro aspetti che si completano:
● Sapere (conoscenze e contenuti)
● Saper essere (convinzioni, atteggiamenti e stili nell’apprendimento)
● Saper fare (svolgere compiti concreti della vita quotidiana)
● Saper apprendere (consapevolezza strategie d’apprendimento)

20
CAPITOLO II

Caratteristiche linguistiche e strutturali dei testi in italiano


nella comunicazione in rete

2.1 Dalla lingua scritta e parlata alla lingua trasmessa

Nel capitolo precedente, abbiamo visto che l’attenzione di chi studia le


glottotecnologie che si avvalgono dei computer si è sempre più spostata dalla
struttura della lingua alla sua funzione comunicativa. Di conseguenza, la
competenza comunicativa28 ha, acquisito sempre maggiore importanza
nell’ambito dell’apprendimento di una lingua straniera. Ma come si comunica
sulla Rete? Quali varietà di italiano si utilizzano, e in quali contesti? Ritengo
che sia utile cercare di dare una riposta a queste domande prima di capire
quale possa essere l’effettiva utilità dell’insegnamento e dell’apprendimento
attraverso la rete Internet.
Tradizionalmente, si tende a categorizzare i modi attraverso i quali gli
esseri umani si esprimono, in ogni lingua, in due modalità: scritto e parlato.
Francesco Sabatini identifica 11 differenze tra scritto e parlato come riportato
nella tabella seguente:

28
Per competenza comunicativa si intende non solo la capacità dei parlanti di applicare le
regole grammaticali di una lingua per formare enunciati corretti, ma anche quella di sapere
quando usare correttamente questi enunciati. Il termine è stato coniato da Dell Hymes nel
1986.

21
LINGUA PARLATA LINGUA SCRITTA
1) I suoni si emettono l'uno dopo l'altro e 1) Le lettere e le parole scritte si
rapidamente svaniscono. Anche l'organo di producono l'una dopo l'altra, ma il testo
ricezione, l'orecchio, riceve i suoni e le scritto non svanisce. L'occhio può
parole in una sequenza che non può muoversi in più direzioni sul testo e così
essere cambiata. cogliere più volte i collegamenti tra parole
distanti.
2) I suoni emessi non si possono 2) Le parole scritte si possono correggere
correggere: per modificare una parola o in molti modi (cancellandole, sbarrandole,
una frase detta a voce bisogna ridirla in riscrivendoci sopra ecc.).
modo diverso
3) I suoni (senza ricorrere a mezzi 3) Un messaggio scritto può essere inviato
speciali) arrivano a breve distanza e a qualsiasi distanza e può essere passato,
possono raggiungere solo poche persone. o distribuito in copia, a un numero anche
molto elevato di persone.
4) La voce può essere variata in molti 4) Non è possibile esprimere direttamente
modi (si può sussurrare, gridare, le intonazioni e il tono di voce.
biascicare ecc.) per rafforzare e
completare il significato delle parole.
5) Si possono usare interiezioni ed 5) Le interiezioni ed esclamazioni sono
esclamazioni varie (Ah!, Aaah, Eeeh, Bah, difficili da scrivere e da sole rendono poco
Uuh ecc.) che valgono come intere frasi e l'idea del loro significato.
si comprendono per effetto del tono di
voce e dei gesti.
6) Gli interlocutori si vedono 6) Chi scrive e chi legge non si vedono
reciprocamente e quindi, oltre alla voce, reciprocamente e non posssono aiutarsi
possono usare i gesti per completare o con i gesti, chi scrive può, però,
rafforzare il discorso a parole. aggiungere illustrazioni al testo scritto.
7) Gli interlocutori, vedendosi 7) Chi scrive e chi legge possono anche
reciprocamente, si conoscono l'un l'altro, o non conoscersi: spesso l'autore di un testo
per lo meno ognuno di essi sa con che tipo (articolo, giornale, libro) non conosce
di persona sta dialogando. affatto la maggior parte dei suoi lettori.
8) Parlante e ascoltatore sono nello stesso 8) Chi scrive e chi legge non sono nello
contesto e quindi vivono nella stessa stesso ambiente e quindi vivono in
situazione e anche questo li aiuta a capirsi. situazioni diverse.
9) Quando si dialoga a voce in genere si 9) Chi scrive ha certamente più tempo per
cerca di risparmiare tempo, quindi chi prepararsi le frasi e per aggiustarle; anche
parla non pensa a lungo alle cose da dire e chi legge ha più tempo per rifletterci sopra
a come dirle. e capirle meglio.
10) Chi ascolta deve seguire la velocità di 10) Chi legge può regolare come vuole la
chi parla e non può abbreviare o allungare velocità di lettura.
il tempo.
11) L’ascoltatore può inviare 11) Chi legge non ha modo di fare
immediatamente una serie di segnali a chi immediatamente segnali di nessun genere
sta parlando: con il semplice sguardo, con a chi ha scritto: può reagire solo dopo
esclamazioni e gesti di approvazione o aver letto, scrivendogli, telefonandogli o
disapprovazione o, addirittura, andando a parlargli.
interrompendo chi parla per contraddirlo o
chiedergli spiegazioni.
Fig.1: differenze tra lingua parlata e lingua scritta (Sabatini et al., 2011)

22
Analizzando la tabella, possiamo riassumere le principali differenze tra le due
modalità comunicative in quattro parametri fondamentali: lo spazio; il tempo;
il contesto; i destinatari. Il parlato, soprattutto dialogico, è un tipo di
comunicazione tra poche persone - spesso solo due - che si sviluppa in tempi
brevi, spazi e contesti comunicativi condivisi dai parlanti ed è generalmente
strutturato su turni di parola. La lingua parlata risulta essere, quindi, meno
mediata e più spontanea, il parlante; fa meno attenzione alla forma e alla
precisione del linguaggio, potendosi aiutare con il contesto, con tratti
prosodici o soprasegmentali e mezzi paralinguistici. Lo scritto, al contrario, è
una modalità comunicativa che si sviluppa in tempi più lunghi, in contesti non
condivisi e si rivolge ad un pubblico potenzialmente indefinito, nello spazio e
nel tempo. Un racconto, una lettera o un testo di legge, sono testi scritti per
scopi diversi e possono essere letti anche a distanza di secoli e di migliaia di
chilometri. Il parlato, inoltre, a differenza dello scritto, è un evento
comunicativo che avviene in un preciso momento e che non può essere
ripetuto, né rivisto, né corretto. Molti errori e trascuratezze linguistiche, che
vengono accettate nel parlato, non sono accettabili nello scritto proprio
perché il parlato richiede una rapidità di esecuzione che implica un minor
controllo della sintassi, del lessico, della morfologia. Il messaggio orale può
inoltre richiedere meno chiarezza rispetto al messaggio scritto perché un
discorso in presenza permette una rapida negoziazione di significati ed
emittente e ricevente possono quindi chiarirsi collaborativamente. Il
messaggio scritto deve invece essere il più preciso possibile per permettere a
chi lo riceve di comprenderlo, non essendo possibile negoziare i significati
simultaneamente. Queste affermazioni generali possono essere naturalmente
confutate nel caso di scritti e parlati “particolari”. Esistono forme di scrittura
che cercano di imitare il parlato, come ad esempio i dialoghi e le
rappresentazioni di flussi di coscienza e pensieri in romanzi o racconti, e

23
discorsi che vengono prima scritti e poi letti (sceneggiature per teatro o
cinema, testi preparati per conferenze o lezioni).
A partire dal XIX secolo, nuovi strumenti di comunicazione come il
telegrafo, la radio, la televisione, hanno progressivamente messo in crisi
questa dicotomia tra scritto e parlato fino ad arrivare, in tempi recenti, alla
definizione di lingua trasmessa29 (Sabatini, 1997). Il trasmesso si colloca a
metà sull’asse della variazione diamesica, tra i due poli opposti costituiti da
scritto e parlato. Questa modalità comunicativa, pur essendo maggiormente
improntata all’oralità, presenta dei tratti comuni al parlato (l’uso della voce, la
combinazione con codici non verbali) e dei tratti comuni allo scritto (la
distanza spaziale e temporale; la possibilità di far pervenire il messaggio a
grandi quantità di persone; la comunicazione a senso unico, monodirezionale
e non bidirezionale come nel parlato).
Nel corso degli ultimi anni, l’affermarsi di nuovi mezzi di comunicazione
legati al mondo dell’informatica, ha fatto sentire il suo effetto anche nel
dominio della scrittura. Oggi si parla di “trasmesso scritto”30 (Prada, 2003:
p.138) in riferimento alla scrittura della comunicazione mediata dal computer.
Alla definizione di scritto trasmesso si affiancano, come più specifiche, le
etichette di scrittura elettronica (generica, e più adatta alla scrittura con uso
del PC), lingua di Internet (lingua delle pagine web, lingua degli utenti che si
connettono a Internet), e neoepistolarità tecnologica (Antonelli, 2016)31.

29
Non mi soffermerò nel descrivere approfonditamente la lingua trasmessa ma ritengo
necessario ricordare che, in un contesto come quello italiano in cui, fino alla metà del XX°
secolo, i dialetti erano le vere lingue d’uso, la lingua trasmessa (soprattutto radio e
televisione) ha ricoperto un ruolo fondamentale nell’unificazione linguistica.
30
Per trasmesso scritto si intendono le comunicazioni che avvengono attraverso Internet, e-
mail e SMS (D’Achille, 2010).
31
Accanto a queste definizioni se ne trovano molte altre. Per una sintetica rassegna delle
definizioni esistenti, si veda Bazzanella (Bazzanella, 2003).

24
2.2 L’affermazione della scrittura

Dall’invenzione della scrittura, il parlato è stato percepito come una forma di


comunicazione più immediata e naturale per l’uomo: una facoltà che si
acquisisce naturalmente senza bisogno di essere appresa in un contesto
formale. Anche la linguistica moderna privilegia la lingua orale, perché
considera questa sola come manifestazione primaria della capacità umana di
comunicazione con il linguaggio (Graffi e Scalise, 2003); la lingua orale viene
quindi considerata preminente rispetto alla scrittura, sia filogeneticamente32
che ontogeneticamente33 (Pichiassi, 2007). La scrittura, invece, ha sempre
richiesto dei tempi lunghi ed un apprendimento formale. Per scrivere
bisognava sedersi, impugnare una penna, stendere una prima copia,
correggerla, riscriverla. Con l’avvento dei sistemi di videoscrittura e, ancor di
più, degli smartphone, e con la conseguente possibilità di scrivere in mobilità,
la scrittura ha perso la sua “sacralità” (Antonelli,2007, p.11). Oggi non si usa
più la penna ma si digita su una tastiera fisica o sullo schermo di uno
smartphone o di un tablet e non c’è più bisogno di essere seduti ad una
scrivania ma si può digitare praticamente ovunque. La possibilità di
cancellare, tagliare, incollare, copiare, ha reso meno necessarie le fasi di
verifica, rilettura, correzione e riscrittura34. Tutto ciò ha contribuito alla
nascita di un italiano scritto diverso dall’italiano tradizionale, una lingua
digitale o lingua della rete35. Sembrerebbe quindi che il computer e Internet -

32
Nonostante non ci sia una data precisa, si sa che la lingua scritta è nata diversi millenni
dopo rispetto al momento in cui gli uomini hanno iniziato a parlare.
33
Sul piano ontogenetico il bambino impara a scrivere quando ha già raggiunto una
sufficiente padronanza della lingua parlata.
34
Con i moderni sistemi di videoscrittura si può cancellare una singola parte del testo,
tagliarla e incollarla da un’altra parte o si può addirittura chiedere l’ausilio del computer per
correggere il testo scritto. I vantaggi di questi supporti tecnologici è evidente in termini di
rapidità e di facilità di scrittura.
35
I pareri degli studiosi non concordano sull’originalità della lingua della rete rispetto alla
lingua standard. Il dibattito è ancora aperto tra chi sostiene che vi sia un vero e proprio

25
in particolar modo il web 2.0 - abbiano favorito una incredibile affermazione
della scrittura, in tempi in cui la civiltà dell'immagine sembrava aver scelto
l'oralità come canale di comunicazione privilegiato. E forse è proprio questa la
novità più importante introdotta dai nuovi mezzi di comunicazione: il
contributo che queste nuove tecnologie stanno dando nel modificare la base
sociologica di chi usa lo scritto per comunicare (Lorenzetti e Schirru, 2006).
C’è chi intravede in questo fenomeno una vera e propria “democratizzazione”
linguistica (Baron, 1998, 2002). Per molto tempo, infatti, la scrittura è stata,
per la maggior parte dell’umanità una competenza elitaria che, magari, veniva
appresa fin dai primi giorni di scuola ma poi si perdeva progressivamente dal
momento in cui finiva il percorso scolastico. Ad eccezione di una ristretta
cerchia di professionisti della scrittura (giornalisti, scrittori), la maggior parte
della gente si è limitata, per decenni, a scrivere solo in occasioni speciali
(lettere dal fronte; cartoline o lettere a familiari lontani; comunicazioni
formali). Da una decina di anni ad oggi, però, si sono avvicinate alla scrittura
diverse categorie di persone, soprattutto nelle diverse forme di tipo dialogico
che i nuovi media hanno portato. Quasi tutti, oggi, scrivono con frequenza e
facilità36, prevalentemente testi brevi o brevissimi, per comunicare in modo
rapido e diretto con altri, ma anche testi più lunghi e articolati per esprimere
variamente emozioni, pensieri, riflessioni.
La lingua che utilizzano gli utenti sulla Rete è stata oggetto di
particolare attenzione da parte di linguisti negli ultimi anni, che ne hanno
rivelato alcuni tratti caratteristici:
● Ai parametri di sincronia e asincronia aggiunge quello di semi-sincronia37

netspeak, chi ritiene che la lingua della rete sia un varietà diamesica della lingua e chi, infine,
ritiene che sia impossibile attribuire caratteristiche universali alla lingua della CMC, essendo
un fenomeno eterogeneo ed in continua espansione (Rizzo, 2016)
36
Antonelli arriva a dire che «inaspettatamente gli italiani stanno diventando un popolo di
graforroici» (Antonelli, 2007)
37
La semi-sincronia è una modalità del dialogo che lascia al ricevente la discrezionalità di
decidere quando rispondere. Il ritmo della comunicazione può variare dalla simultaneità della

26
(Pistolesi, 2004): la capacità cioè di comunicare in tempi brevissimi ma non
sincronicamente.
● Presenta una generale tendenza all’informalità38, indipendentemente dalla
situazione comunicativa (Pistolesi, op. cit.).
● Ha la capacità di far convergere la dimensione interattiva della lingua con
quella riflessiva39: grazie al computer e alla rete, infatti, ora si può
comunicare, socializzare, condividere idee e, contemporaneamente,
conservare e modificare i contenuti, traendo perciò il massimo rendimento
dalle potenzialità offerte dalla comunicazione sia orale che scritta
(Warschauer, 1997).
● Accanto al concetto di compresenza spazio-temporale40, introduce il concetto
di co-presenza41.
Alcune delle caratteristiche sopra elencate occorrono in tutte le “forme di
comunicazione”42 di Internet; altre sono preminenti soltanto in alcune43.
Inoltre, alcuni di questi fattori dipendono, più o meno direttamente, l’uno
dall’altro. La generale informalità è strettamente correlata, ad esempio, alla
velocità di trasmissione, alla semi-sincronia del dialogo e al senso di continua

comunicazione faccia a faccia, alla quasi simultaneità di chat, SMS ed e-mail.


38
Una delle cause di questa tendenza all’informalità potrebbe avere radici psicologiche in
quello che alcuni psicologi chiamano “online disinhibition effect” (Suler, 2004), la generale
tendenza ad assumere comportamenti più disinibiti perché “protetti” dallo schermo del
computer\smartphone (cfr. Gheno, 2011).
39
Per dimensione riflessiva si intende la capacità della lingua di descrivere e analizzare se
stessa.
40
Secondo Carla Bazzanella la compresenza spazio-temporale è uno dei tratti distintivi della
immediatezza comunicativa.
41
L’idea che l’altro sia sempre raggiungibile (e con ciò disponibile) incide pesantemente sui
messaggi e sulla loro struttura linguistica (Pistolesi, 2004).
42
Si è discusso e si discute tuttora su come definire le varie forme di espressione presenti
online. Secondo alcuni studiosi, un blog o una e-mail non sarebbero un tipo di testo ma
neanche un medium (il medium è Internet). La soluzione sulla quale molti concordano
sarebbe quella di introdurre il concetto di “forma di comunicazione” per classificare email,
blog, forum etc. (Ehrhardt, 2016)
43
La dimensione riflessiva della lingua è più evidente in Blog e Siti web, testi destinati ad
essere letti con più attenzione e meno effimeri rispetto alle chat o alle e-mail.

27
co-presenza44. Nonostante questi fattori (insieme a molti altri) siano
fondamentali nel descrivere e determinare la lingua utilizzata su Internet,
bisogna sempre tenere presente che potrebbe essere un errore parlare di
un’unica lingua di Internet. Come nella vita reale, anche nella realtà virtuale,
ad ogni contesto comunicativo corrisponde un diverso registro linguistico e gli
internauti dimostrano di conoscere queste differenze e di essere consapevoli
delle diverse tipologie testuali45. È interessante notare come, nonostante non
ci sia un modello imposto dall’alto (una “grammatica di Internet”), la
comunità della Rete si dimostri compatta e concorde nel definire le varietà
linguistiche di volta in volta opportune (Tavosanis, 2011). Sembrerebbe
quindi che, indipendentemente dalla forma di comunicazione utilizzata, la
variante sociolinguistica più influente nell’uso della lingua su Internet sia la
variante diafasica.
In un articolo intitolato Digita come parli, Silvia Pilloni suggerisce di
ordinare le tipologie testuali presenti su Internet lungo un continuum che va
da un polo di massima formalità ad uno di massima informalità (Pilloni,
2012). Il risultato ottenuto è rappresentato visivamente nel grafico seguente:

Formalità Informalità
<---------------------------------------------------------------- >
Sito Blog E-Mail Social Network Chat

44
La velocità con cui si svolgono le comunicazioni su Internet e la percezione che ogni
messaggio non sia mai chiuso ma la continuazione di qualcosa detto precedentemente e
l’anticipazione di qualcosa che verrà detto in seguito, spingerebbero gli utenti ad evitare
forme di cortesia e linguaggi troppo formali.
45
A tal proposito Mirko Tavosanis afferma che « le persone che scrivono [su Internet] non
sembrano incontrare grandi difficoltà nel decidere che alcuni generi sono più simili di altri e
che, quindi, i meccanismi espressivi di un post di forum si possono trasferire negli
aggiornamenti di stato di Facebook ma non nelle voci dell’enciclopedia » (Tavosanis, 2011)

28
Nella sua semplicità46, questo grafico rende bene l’idea dei contesti d’uso che
interessano le varie tipologie testuali in rete. Nonostante non si possa parlare
di un’unica lingua di Internet, è innegabile che tutte le forme di
comunicazione della Rete presentino colloquialismi, abbreviazioni, emoticon,
refusi e veri e propri errori 47
. Non tutti hanno accolto questa “vivacità” della
lingua digitale con entusiasmo e, da più parti (giornalisti, professori, politici),
si sono levati appelli al salvataggio della purezza e correttezza della lingua48.
Questa resistenza all’innovazione è particolarmente forte in Italia, dove
ragioni sociali, storico-linguistiche e sociolinguistiche hanno fatto sì che, per
secoli, la lingua unitaria fosse veicolata quasi esclusivamente dalla scrittura
diventando così una lingua molto conservativa e refrattaria alle innovazioni.
Gli stessi fattori storici e sociali49 hanno determinato la lontananza dall’uso
dell’italiano scritto di ampie fasce di popolazione (Marazzini, 2010). Il dibattito
circa l’influenza di Internet sulla lingua è tuttora aperto ed è molto acceso: c’è

46
Come tutte le semplificazioni, anche questa ha il pregio di dare immediatamente un’idea di
insieme del fenomeno. Naturalmente la realtà della lingua digitale è molto più complessa e
sfumata.
47
Alle volte gli errori, le abbreviazioni sono dovute alla velocità di scrittura o alle tastiere
virtuali, altre volte al mezzo tecnologico (Word Processor) che offrendo utilità di correzione
automatica non stimola la revisione e, infine, molto spesso gli errori derivano da scarsa
confidenza con la grammatica e con la scrittura da parte degli utenti.
48
Recentemente ha fatto scalpore l’appello firmato da 600 professori universitari che
denunciava un sostanziale analfabetismo di ritorno. I professori scrivevano nell’appello:
«Nelle tesi di laurea, errori da terza elementare. Bisogna ripartire dai fondamentali:
grammatica, ortografia, comprensione del testo» (L’appello è stato ripreso da vari giornali,
tra questi anche il corriere della sera nella sua versione on-line:
http://www.corriere.it/scuola/universita/17_febbraio_04/gli-studenti-non-sanno-l-italiano-
denuncia-600-prof-universitari-3db50faa-eb16-11e6-ad6d-d4b358125f7a.shtml - ultima
consultazione 21/05/2017)
49
A tal proposito, Lorenzetti e Schirru affermano: «tale fenomeno (la scarsa confidenza con la
lingua scritta) ha le sue radici nel modo con cui si è formata la comunità linguistica italiana, e
più in generale in alcuni differenziali negativi che distinguono il nostro paese dalle maggiori
realtà industriali moderne: il basso livello generale di scolarizzazione, la scarsa percentuale di
laureati, il reddito ristretto e mal distribuito, la poca mobilità sociale, il perdurare di una sacca
piuttosto ampia di semialfabetismo (con resistenze non trascurabili di analfabetismo)». A
tutto ciò va poi aggiunto che la nazione Italiana è una realtà unificata da poco più di 150 anni
e che la lingua italiana è stata per secoli quasi esclusivamente scritta mentre per l’orale si
utilizzavano i dialetti.

29
chi ritiene che la pratica della scrittura con computer o smartphone sia
dannosa per la lingua italiana e chi invece ritiene che l’influenza della rete
non sia negativa sulla lingua e che gli aspetti ritenuti deteriori da alcuni siano
normali sintomi di vitalità del sistema linguistico (cfr. Tavosanis, 2011 e
Gheno, 2011). D’altronde, come tutte le novità, anche Internet è oggetto di
sentimenti e reazioni diverse, allo stesso tempo, un misto di sentimenti di
entusiasmo e paura. Inoltre, credo che si debba tener conto del fatto che
questo fenomeno è troppo recente per avere dati attendibili che certifichino
l’effettiva influenza della scrittura digitale sulla lingua standard. Non è da
escludere, comunque, che in un futuro, le persone scriveranno solo o
prevalentemente con la tastiera e online, trasferendo in ogni occasione di
scrittura le abitudini della scrittura digitale (Schirru e Lorenzetti, 2006, p. 96).
In conclusione, potremmo affermare che il problema non sia tanto
l’affermarsi di nuove pratiche linguistiche (più o meno corrette, più o meno
gradevoli), quanto invece l’incapacità di saper utilizzare i vari registri
linguistici nei giusti contesti e il conseguente “travaso” di queste pratiche
linguistiche in contesti in cui non dovrebbero essere utilizzate 50.

2.3 Blog, E-Mail, Chat, Sito: scritture diverse in contesti diversi.

È molto complesso descrivere sinteticamente l’italiano della Rete, a causa


della sua enorme varietà e continua mutevolezza del fenomeno che fa sì che,
quanto affermiamo oggi, possa risultare obsoleto tra pochissimi anni. La
“galassia Internet”51 è costellata da una gamma variegata di ambienti virtuali,

50
In proposito mi sento di condividere l’opinione di Vera Gheno quando afferma che «la vera
ricchezza cognitiva e culturale è - e sarà sempre di più - rappresentata dalla capacità di
muoversi tra registri diversi, di adattarsi facilmente a mutate condizioni comunicative»
(Gheno, 2009, p.183).
51
Il termine “galassia Internet”, che richiama la “galassia Gutenberg” di McLuhan, è stato

30
ed è popolata da milioni di scrittori, ognuno con il proprio stile, che scrivono
in contesti virtuali diversi e con varie finalità. Tra le principali tipologie di
scritture che troviamo sulla rete possiamo annoverare i blog, i siti Internet, le
chat, le e-mail e i social network.
La componente di dialogicità è quella che più spesso viene associata a
queste nuove forme di comunicazione, ma non è l’unica poiché ad essa si
affiancano la componente diaristica e quella narrativa, presenti in molte delle
tipologie scrittorie della rete, come ad esempio i blog. Se volessimo
paragonare Internet alla vita reale, potremmo dire che i siti Internet
rappresentano i negozi e le istituzioni; i blog i giornali periodici e i libri; le e-
mail la posta; le chat e, più recentemente, i programmi di instant messaging
la piazza, le strade, le case private. A mio avviso, Un discorso a parte
meritano i social network, che rappresentano delle vere e proprie città
virtuali, grazie alla loro capacità di integrare diverse modalità e scopi
comunicativi, e, di conseguenza, varie tipologie testuali.
Le diverse caratteristiche delle lingue del web possono trovarsi
singolarmente, in testi strutturati per le diverse specificità (dialogica per le
chat, diaristica o narrativa per i blog) oppure possono essere combinate, con
conseguenza evidenti sul piano linguistico (e-mail con forti tratti dialogici;
post su Facebook in cui si alternano scritti letterari e post più informali).
Nelle prossime pagine, cercherò di descrivere brevemente le principali
forme di comunicazione di Internet mettendo in risalto le peculiarità di
ognuna52.

utilizzato da Castells come titolo per un suo libro del 2013.


52
In questa sede non mi soffermerò nel descrivere dettagliatamente le specificità sintattiche,
lessicali e morfologiche della lingua di Internet perché il mio intento è quello di fornire
un’idea di insieme.

31
2.3.1 I siti web

I siti web sono un insieme di pagine web53 correlate e organizzate in una


struttura ipertestuale in cui ci si può spostare nel testo, nel sito stesso o in
altri siti, grazie ad alcune parole, immagini o pulsanti, che fungono da
collegamento (link), accedendo così ad altri contenuti. Il sito Internet o sito
web è stato, per anni, la forma espressiva e comunicativa più famosa della
Rete tanto da aver rappresentato un iperonimo di tutto ciò che aveva a che
fare con Internet. Nei siti web lo scritto acquista la possibilità di strutturarsi
su più piani grazie all’ipertestualità54 che permette al lettore di stabilire i
confini testuali interattivamente (D’Achille, 2010). La frenesia della vita
moderna e la difficoltà tecnica di leggere sugli schermi impongono a chi
allestisce i siti di scrivere testi asciutti, chiari, brevi e scarsamente strutturati 55
(Gheno, 2011). Da ciò deriva che in questo contesto la «densità lessicale»56
propria della lingua scritta appare particolarmente sfruttata ed enfatizzata
(D’Achille, op. cit.). Raffaele Simone scrive a questo riguardo57:

[su Internet] la scrittura non è più la modalità privilegiata del


testo scritto, ma diventa una modalità insieme ad altre; è
multimediale e al tempo stesso cambiano taluni presupposti della
scrittura; è una scrittura destrutturata: in Internet non possiamo

53
Secondo il dizionario Treccani on-line il sito web è «la singola videata che appare quando si
consulta un sito Internet» (http://www.treccani.it/vocabolario/pagina/)
54
Per il vocabolario Treccani online, l’ipertestualità è la proprietà di un testo di essere
connesso ad altri testi o capace di evocarli (http://www.treccani.it/vocabolario/ipertestualita/)
55
Alla difficoltà della lettura su schermi (che ridurrebbe la velocità di lettura del 30%), si
aggiungerebbe una scarsa propensione delle persone alla lettura di testi medi o lunghi,
un’attività che richiede tempo e riflessione in un periodo storico in cui per vari motivi
disponiamo tutti di troppo poco tempo per attività speculative.
56
Il concetto di densità lessicale si basa sul rapporto tra parole piene (o lessicali) che
comprendono verbi sostantivi aggettivi e avverbi, e parole vuote (o grammaticali) che
comprendono congiunzioni, preposizioni, articoli e pronomi (Simone, 1996).
57
La citazione è tratta da: http://www.funzioniobiettivo.it/glossadid/paradigmi_scrittura.htm

32
leggere un testo che sia più lungo di 10-15 righe; una delle prime
cose che deve imparare il web writer è appunto l’abilità di
scrivere in 4 righe un pacchetto di notizie dal quale poi, cliccando
in maniera appropriata, si possa passare a un altro testo, che è di
12 righe, dove il discorso finisce. Un livello di 36 righe, o peggio
ancora di 50 pagine, sarebbe in quel caso insopportabile.
(Simone, 2000)

La scrittura dei siti Internet varia in base ai destinatari e agli scopi


comunicativi che possono essere, ad esempio, informativi, pubblicitari, servizi
al pubblico. Dal punto di vista linguistico, nei siti Internet, vige il rispetto delle
convenzioni grammaticali, anche sul piano ortografico. Il lessico è solitamente
neutro-informativo o, nei casi in cui sia necessario, tecnico-settoriale: uno
scritto sostanzialmente poco incline all'espressività o alle trascuratezze
colloquiali (D’Achille, 2010)58. Alcuni esempi di siti Internet sono i siti di enti
pubblici e aziende che possono fornire informazioni o erogare servizi; i siti di
aziende che pubblicizzano prodotti; i giornali on line che forniscono
informazioni. I siti web possono essere statici o dinamici. I primi risalgono agli
albori del web e sono caratterizzati da una sostanziale immodificabilità e da
una minore interazione con gli utenti, i secondi nascono con l'affermarsi del
web 2.0 e permettono maggior interazione e modificabilità da parte degli
utenti. Tra le grandi novità introdotte dal web 2.0 va segnalato che molti siti
Internet, soprattutto giornali on line, si sono sempre più avvicinati alle forme
di comunicazione più interattive e dialogiche, offrendo la possibilità di
commentare e condividere gli articoli e innescando così le stesse dinamiche di
parlato “scritto” che troviamo nelle chat o nei social network.

58
Alcuni siti, soprattutto di aziende che pubblicizzano prodotti o giornali on line, presentano
una forte espressività nella home page (la pagina principale) per attirare l’attenzione e
rendere più accattivante la propria vetrina. Questa espressività lascia spazio ad una maggiore
formalità e neutralità nelle pagine “interne” del sito.

33
2.3.2 I blog

Il blog59 è una forma di comunicazione nella quale vengono pubblicati post60


che vengono visualizzati in ordine cronologico inverso61. Il blog può avere una
duplice natura: espressione personale o diaristica e spazio attorno al quale si
aggregano navigatori che condividono interessi comuni. Da questa prima
grande differenziazione si ramificano una serie di tipologie di blog che
possono tendere più o meno alla scrittura formale e letteraria o alla scrittura
dialogica, informale e fortemente espressiva62. I blog possono essere raccolti
in 3 macro categorie: diario, tematico, letterario63.Tra i blog più “frequentati”
ci sono quelli di cucina e moda64; di informazione, ospitati dalle maggiori
testate giornalistiche; letterari e diaristici. Le tendenze linguistiche che
caratterizzano i blog interessano i diversi livelli della lingua, a cominciare dal
lessico, dove accanto a voci comuni o settoriali (relativi a singoli ambiti
tematici: politica, sport), troviamo, spesso, terminologie settoriali anglo-
americane riferite al mezzo di comunicazione (ad esempio: bannare, lurkare,
quotare, topic, thread, troll). Le scelte grammaticali e morfologiche risultano,
in generale, piuttosto corrette ad eccezione di refusi o errori dovuti alla

59
Il blog, abbreviazione di weblog, significa pagina web ordinata cronologicamente e
aggiornata di frequente con informazioni specie di carattere personale (Grande Dizionario
Italiano dell'Uso. Ideato e diretto da T. De Mauro. 6 voll, UTET, Torino 2000 + Nuove parole
italiane dell'uso, 2003)
60
Un post è un messaggio testuale, con funzione di opinione o commento o intervento,
inviato in uno spazio comune sul web per essere pubblicato. L’etimologia della parola deriva
dall'inglese "to post" ovvero spedire, inviare. (https://it.wikipedia.org/wiki/Post)
61
Dal post più recente al più vecchio.
62
Scorrendo la classifica dei primi 10 blog più popolari in Italia ci si può rendere conto
dell’ampia varietà di temi trattati e tipologie di blog. http://www.blogitalia.org/classifica
63
Secondo una ricerca condotta da Tavosanis, I blog diario costituiscono il 59% del totale, i
blog tematici il 31% mentre i blog letterari il 10%.
64
Sono numerosi i casi di blogger o vblogger (autori di vlog, blog con una forte componente
video) diventati dei veri e propri influencer (persone che influenzano l’opinione pubblica) e
passati dalla “nicchia” del web al mainstream della televisione. Due esempi su tutti: Sonia
Peronaci con il blog giallozafferano e Chiara Ferragni con il blog theblondsalad (Gheno,
2011).

34
mancanza di rilettura del testo (errori riscontrabili anche nei giornali cartacei).
La sintassi si presenta piuttosto regolare e vicina all’italiano standard anche
se in alcuni casi, soprattutto per quanto riguarda i blog diario, sembrerebbe
propendere verso un uso più intenso di dislocazioni a sinistra o a destra e di
frasi scisse di quanto solitamente avviene nello scritto. Secondo un
interessante studio di Chiara Benetollo (2013), contrariamente a ciò che si
potrebbe pensare, queste scelte sintattiche marcate richiamerebbero, però,
gli scritti filmici più che il parlato. Grazie a queste caratteristiche che
denotano una maggior riflessività e approfondimento, così come tempi di
scrittura più lunghi, unitamente alla sua stessa natura autobiografica, questa
forma di comunicazione rappresenta forse la forma di letteratura più “alta”
che possiamo incontrare sul web65.
Ad avvalorare questa affermazione ci sono numerosi casi di blogger
diventati scrittori o di libri ricavati da blog come ad esempio Michela Murgia66.
In chiusura, è importante notare che quasi tutti i blog prevedono la possibilità
di commentare il post principale, scritto dall’autore. I commenti che vengono
fatti al post principale non rispecchiano le stesse caratteristiche linguistiche
del blog ma tendono maggiormente alla dialogicità tipica delle chat.

2.3.3 Le e-mail

È difficile individuare dei caratteri linguistici complessivi delle e-mail essendo


questa un'attività strettamente legata allo stile individuale e agli scopi
comunicativi (messaggio, lettera, invito, comunicazione formale). Alcuni

65
Tavosanis, pur non arrivando alla stessa conclusione, fa notare come nei blog i tratti
espressivi rappresentino solo il 10% del testo e che in questi testi si trovino verbi ricercati
come esperire, vaticinare, espletare (Tavosanis, 2011).
66
Autrice de Il mondo deve sapere, fondamentalmente una raccolta dei post del suo blog,
http://www.michelamurgia.com/ (oggi non più online).

35
parametri importanti che influenzano la produzione scritta delle e-mail sono: i
destinatari del messaggio (uno-uno, uno-molti); la velocità di scrittura;
l’asincronia o semi-sincronia della comunicazione. L’ e-mail permette, infatti,
di scrivere il testo off-line, cosicché chi scrive ha a disposizione tempi più
lunghi. Ciò permette di rileggere e correggere laddove necessario. Tuttavia,
molto spesso, la distanza temporale tra l'invio, la ricezione e la risposta di
un'e-mail è così stretta da determinare una quasi sincronia tra il messaggio e
la risposta, avvicinando questo evento comunicativo ad una chat (Pistolesi,
2004). Spesso, ad un primo messaggio più formale, può seguire una serie di
e-mail successive meno formali e meno legate alla struttura classica della
lettera cartacea, per la mancanza di alcune componenti tipiche della missiva,
quali il saluto e le formule di apertura e chiusura. Infatti, indicare tutte le
volte il destinatario, l’oggetto e i saluti di rito risulterebbe affettato e
superfluo, poiché questi dati possono essere ricavati dalla prima e-mail che
ha iniziato la catena (Pistolesi, op. cit.)67. Inoltre, quando si risponde a
qualcuno, le applicazioni di posta elettronica permettono di “quotare”68 un’e-
mail, di inserire cioè nella risposta il o i messaggi precedenti, creando la
cronologia della conversazione che permette di contestualizzare i messaggi
seguenti. Anche nel caso delle e-mail possiamo quindi evidenziare una
polarizzazione tra e-mail molto informali, spontanee ed espressive ed e-mail
molto più formali che ricalcano modalità proprie della scrittura epistolare
tradizionale (apertura con formule del tipo caro, gentile, egregio; saluti di
chiusura; maiuscole reverenziali; post scriptum).

67
Nelle e-mail esistono dei campi in cui inserire il destinatario (o destinatari) e l’oggetto della
e-mail. Inoltre, spesso, i programmi di posta elettronica permettono di preimpostare delle
firme digitali che recano i saluti di cortesia, i contatti del mittente e altre informazioni.
68
Il termine quotare deriva dall’inglese to quote e significa citare.

36
2.3.4 Le chat

La possibilità di scambiarsi messaggi in forma dialogica sincrona nasce nel


1988 grazie alla Internet Relay Chat (IRC), inventata dal finlandese Jarkko
Oikarinen, e arriva in Italia qualche anno più tardi. IRC è stata, forse, la
prima applicazione ad aver messo in risalto l’aspetto della sincronia dello
scritto. Gli utenti IRC avevano la possibilità di scrivere messaggi brevi a
distanza di poco tempo, alle volte sincronicamente, e potevano addirittura
vedere le cancellature che i loro interlocutori facevano, riproducendo
perfettamente le dinamiche di esitazione, cambiamento di programma e
riformulazione, tipiche del parlato. Con il tempo le applicazioni chat si sono
moltiplicate ed evolute e, infine, sono state assorbite dai social network o
sostituite dai programmi di instant messaging69 presenti, sotto forma di
applicazioni (app), in quasi tutti gli smartphone70 (le più note in Italia sono
Whatsapp e Telegram)71.
La forte componente dialogica ed espressiva di questi ambienti virtuali
emerge da diversi elementi linguistici sia a livello grafico, lessicale e
morfologico che a livello sintattico. Tra i principali elementi discorsivi legati al
dialogo troviamo: emoticons ed emoji72; ideofoni (per esempio “ahahah” per

69
Tra le chat “tradizionali” e i programmi di instant messaging ci sono importanti sfumature.
Le prime chat erano divise in “stanze” tematiche in cui persone, che non si conoscevano nella
vita reale, discutevano e si conoscevano. I programmi di instant messaging (spesso legati al
numero di telefono cellulare) mettono in comunicazione persone che già si conoscono nella
vita reale e generalmente funzionano con scambi uno a uno (anche se è un uso sempre più
comune quello di creare gruppi in base a interessi o eventi).
70
Seppure anche le e-mail e i blog possano essere scritti con gli smartphone, le chat
rappresentano l’applicazione CMC che più si allontana dal computer e dalla scrivania per
assumere una dimensione di mobilità e di connettività permanente.
71
Secondo una ricerca condotta da Similarweb, Whatsapp è la prima applicazione di instant
messaging in base al numero di utenti e alla diffusione geografica (un miliardo di utenti
sparsi in 109 nazioni). https://www.similarweb.com/blog/worldwide-messaging-apps - ultima
consultazione 28/05/2017
72
Le emoticon o emoji o faccine (o ancora smiley) sono riproduzioni, più o meno stilizzate, di
quelle principali espressioni facciali umane che esprimono un'emozione. Servono ad

37
una risata); il carattere maiuscolo per indicare il tono di voce urlato (“NON
URLATEE!”); la ricorrenza fitta di forme univerbate (“vabbè”, “eddài”, “ce” per
“c’è”, “lo” per “l’ho”); le grafie espressive (“ci bekkiamo”, “mi annoioooooo”);
abbreviazioni e acronimi (“pvt” per privato, “sn” per sono, “cmq” per
comunque, “tt” per tutto, “nn” per non). A livello lessicale, accanto agli ovvi
colloquialismi (“mi hai fregato”, “tanta roba”, “vai tranquillo”) troviamo voci
del gergo specifico, di origine anglo-americana (come “chat”, “hashtag” o i
verbi derivati “bannare”, “chattare”, “taggare”); trivialismi (“culo”, “cazzo”,
“figa”); fatismi (“ciao”, “come va?” “ci sei?”); espressioni dialettali (molto
spesso romanesco: “daje”, “annamo”) che rappresentano una componente
basilare del linguaggio delle chat e della sua espressività.
Anche a livello di sintassi e di punteggiatura, nelle chat ritroviamo una
forte vicinanza alla lingua parlata. Nelle applicazioni di messaggistica
istantanea si ricorre quasi sempre a frasi molto brevi (anche una sola parola);
sono molto frequenti le forme marcate come le dislocazioni a destra e sinistra
e le frasi scisse; la punteggiatura riproduce l’intonazione parlata (punti
esclamativi anche ripetuti e associati agli interrogativi, puntini di
sospensione).
Inoltre, i programmi di instant messaging permettono di inserire nel
discorso video, immagini e file audio che influenzano sensibilmente la
scrittura (ad esempio per quel che concerne la deissi). Anche per quanto
riguarda le chat valgono le stesse eccezioni diafasiche fatte in precedenza.
Esistono oramai chat di lavoro, chat scolastiche, chat per relazionarsi con
istituzioni pubbliche o aziende. In questo tipo di chat, i tratti più
marcatamente colloquiali saranno, naturalmente, meno evidenti.

aggiungere componenti extra-verbali alla comunicazione. Le emoticon “classiche” si scrivono


usando la punteggiatura. Con una lettura pareidolitica, fatta inclinando la testa a 90°, si
possono riconoscere delle “faccine” felici, tristi, dubbiose ( :-) , :-( , :-/ ). Le emoji sono
state introdotte più recentemente e sono dei veri e propri disegni stilizzati, non solo di
faccine.

38
2.4 I social network: torre di babele della lingua digitale.

Il termine social ha goduto negli ultimi anni di un enorme successo ed è stato


applicato a quasi tutti i campi dello scibile umano, dall’economia (social
banking) alla didattica (social learning), passando per la politica, la medicina,
lo sport. Sembra quasi che attribuire il termine social a qualcosa lo ricopra di
una patina di modernità e lo renda più attraente ed interessante. È difficile
porre dei confini che delimitino i social network (o reti sociali). C’è chi ritiene
che Twitter o Youtube siano dei social network e chi invece ritiene che solo
Facebook e i suoi “fratelli minori”73 lo siano. Le definizioni dei dizionari non ci
aiutano molto a dirimere questo dubbio. Il dizionario Treccani definisce un
social network come un «Sito web che permette la realizzazione di reti sociali
virtuali, consentendo tra l’altro agli utenti, di solito previa registrazione e
creazione di un profilo personale protetto da password, di condividere
contenuti testuali, immagini, video e audio e di interagire tra loro, e la
possibilità di effettuare ricerche nel database della struttura informatica»74.
Per semplificare potremmo dire che gran parte del web 2.0 è una rete
sociale, perché permette di interagire e condividere risorse multimediali; ma,
se pensiamo alla parola social network, la maggior parte di noi collegherà la
parola a Facebook75.
Vi sono tratti che accomunano tutti i tipi di reti sociali; questi tratti

73
Esistono numerosissimi siti molto simili a Facebook (ad esempio VKontakte in Russia o QQ
in Cina) che servono, però, una particolare area geografica. In alcuni casi, come per la Cina,
gli stati che non presentano Facebook come primo SN sono nazioni con una politica web
decisamente autarchica; quando non sussistono motivazioni politiche, un social network può
vincere su un altro per questioni linguistiche: per esempio, le lingue ideografiche tendono ad
adottare, per ragioni comprensibili, i propri Social Network.
74
http://www.treccani.it/vocabolario/social-network_%28Neologismi%29/
75
Per dare l’idea di come queste due parole siano oramai legate inscindibilmente basti
pensare che il film che racconta la storia di Facebook si chiama proprio “The Social Network”
(girato nel 2010 con la regia di David Fincher). Nonostante sia difficile avere dei dati precisi,
oggi Facebook è il primo Social Network per numero di utenti con quasi 2 miliardi di persone
iscritte.

39
sono fondamentalmente riassumibili nel modo seguente: per partecipare gli
utenti devono registrarsi creando un profilo in base ad alcuni dati personali,
non verificabili dal sito76, e, dopo aver superato questo scoglio, l’utente inizia
a cercare, in maniera alle volte guidata ed altre meno, i propri amici, parenti
e conoscenti. In seguito, queste persone vengono aggiunte, o “friendate” 77,
alla rete di “amici”78. Dopo questo passo, è possibile iniziare a mantenersi in
contatto con i vari membri di questo gruppo, in modi che variano tra social
media ma che generalmente seguono due traiettorie: una pubblica,
attraverso post su spazi aperti (wall, bacheca) e, quindi, leggibili per tutti gli
amici dell’utente; la seconda è privata, attraverso l’utilizzo di messaggi
personali tra l’utente ed un particolare membro della rete di “amici”. Quasi
tutti i social network permettono di:
● creare un profilo pubblico (che rappresenta un po’ il nostro biglietto da
visita);
● creare una lista di amici (generalmente persone che si conoscono nella vita
reale ma non necessariamente);
● scrivere aggiornamenti di stato79;
● scrivere messaggi pubblici sulla propria bacheca o su quella di altri amici o di
gruppi;
● condividere video o link a pagine o articoli di giornali sulla propria bacheca o
su quella di amici;

76
Anche se, sotto la spinta dei governi nazionali, le aziende proprietarie dei social network
stanno cercando di trovare un modo per verificare i dati degli utenti senza essere troppo
invasivi (una sfida molto difficile).
77
dall’inglese friend, che vuol dire amico: originariamente un sostantivo, ora il termine viene
usato anche come verbo
78
Una delle maggiori differenze esistenti tra Facebook e Twitter è la reciprocità (o la
mancanza di reciprocità) dei rapporti che si creano. Su Facebook si parla di amici perché si
presuppone una reciprocità di legami, su Twitter si parla di follower e followed indicando una
asimmetricità di rapporti tra chi si segue e chi ci segue. Non sempre seguiamo chi ci segue o
siamo seguiti da chi seguiamo.
79
Lo status è solitamente un messaggio breve che gli utenti aggiornano quasi
quotidianamente. Lo stesso Facebook invita gli utenti ad aggiornare lo status ponendo la
domanda “a cosa stai pensando?”.

40
● mostrare gradimento per il materiale condiviso da altri (inizialmente era
utilizzato solo il segno del pollice verso l’alto per indicare il gradimento- “like”
o mi piace- oggi i vari programmi mettono a disposizione altre immagini per
indicare un ventaglio più allargato di reazioni);
● invitare alla discussione (“menzionare”) altre persone attraverso l’uso della
chiocciola o usare un tag (cancelletto) per focalizzare un argomento attorno a
cui aggregare una discussione;
● inviare messaggi in privato;
● creare gruppi, aderire a gruppi di discussione;
● chattare o creare chat di gruppo (solitamente effimere, legate ad un “evento”
(per esempio un compleanno, un lavoro di gruppo o altro);
● condividere files.
Assieme a queste funzionalità di base ne esistono molte altre che vengono
aggiornate di volta in volta e che permettono di personalizzare il proprio
social network in base alle proprie necessità (prenotazioni alberghiere,
acquisti on line, giochi online).
Da un punto di vista linguistico si può notare che l’eterogeneità della
lingua digitale trova la sua massima espressione nei social network dove
convergono tutte le risorse e dinamiche comunicative presenti negli altri tipi
di CMC e la possibilità di integrare diversi canali comunicativi. Il social
network è il “luogo” in cui, più che nelle altre forme di comunicazione digitale,
ci si avvale di un linguaggio multimediale e sinestetico (Pichiassi, 2007: 66-
70). Di conseguenza, sui social network possiamo riscontrare varie tipologie
testuali: dalla dialogicità delle chat alla componente diarisitica dei blog. Gli
scritti presenti sui social network possono essere estremamente formali o
informali in base a tutte le variabili che riguardano le altre forme di
comunicazioni di Internet (sincronia o semi-sincronia, scopo comunicativo,
formalità o informalità della comunicazione).

41
In chiusura vorrei però evidenziare un interessante fenomeno
linguistico che è particolarmente rilevante nei social network: l’uso dei deittici
(sia spaziali che temporali e personali). Riprendendo una metafora fatta in
precedenza, i social network rappresentano una vera e propria città virtuale
nella quale gli utenti hanno una vera e propria identità digitale. Questo
concetto introduce la possibilità di usare i deittici80 per riferirsi, non soltanto
al mondo reale o al testo ma anche al mondo virtuale e alla nostra identità
digitale. In uno studio del 2002, riguardante l’uso dei deittici in IRC, Allora
(2002) ha introdotto le seguenti varietà di deissi:
● esomediale: quando l’origo della deissi corrisponde all’identità reale
dell’utente e al mondo fisico che lo circonda, ad esempio:
<Paint> sig, tra quanto vai alla domus?
[...]
<sigKILL> Paint: tra un paio d’ore dovrei essere lì
<laina> lì vicino c’ho passato una mini vacanza stupenda!

● endomediale: l’origo della deissi corrisponde all’identità digitale dell’utente e


al mondo virtuale.
<Osirid3> lì io sono BluNight
<Elfoscuro> vatti a vedere il sito
<chenoia> uff, che fatica andare fino la

● liminare: quando ci si riferisce sia al mondo reale che a quello virtuale


Stabiet: scusami tre minuti...
Stabiet: resta lì
irrocchi: attendere prego..
Stabiet: racconti qui non ne trovo81

Sebbene questo studio riguardi IRC e sia piuttosto datato (nella storia di

80
Il termine deittici indica un insieme eterogeneo di forme linguistiche – avverbi, pronomi,
verbi – per interpretare le quali occorre necessariamente fare riferimento ad alcune
componenti della situazione in cui sono prodotti. I deittici coinvolgono dunque due realtà
diverse: una realtà linguistica, interna alle frasi, e una extralinguistica, esterna alle frasi.
(http://www.treccani.it/enciclopedia/deittici_(Enciclopedia-dell%27Italiano)/)

42
Internet 15 anni equivalgono a 50 anni) si può benissimo applicare ai social
network, anzi forse queste definizioni si potrebbero adattare ancora di più a
Facebook rispetto a IRC.

CAPITOLO III

Insegnamento dell'italiano L2 e nuove forme di comunicazione:


oggi e domani.

3.1 Imparare una lingua 2.0: tra acquisizione e apprendimento.


Apprendimento e acquisizione linguistica sono due concetti che possono
sembrare simili ma che non sono completamente identici82. Nel linguaggio
comune sono indistinti e quasi sinonimi, mentre nella glottodidattica più
recente (a partire da Krashen83) sono ben distinti e la loro distinzione può
essere importante anche ai fini pratici dell’insegnamento. Secondo gli studi di
Krashen, per acquisizione linguistica si intende un processo naturale e
spontaneo, simile a quello attraverso il quale il bambino apprende la lingua
materna insieme alle molte altre abilità che accompagnano la sua crescita e
sviluppo. L’acquisizione della lingua materna è un processo primario, sia

81
Gli esempi sono tratti da Allora (2002).
82
Si tratta di una distinzione considerata da alcuni troppo netta in quanto il ruolo secondario
assegnato da Krashen all’apprendimento, inteso come processo consapevole e sistematico, è
difficile da accettare da un punto di vista psicologico, perché ogni acquisizione è, almeno
parzialmente, consapevole e finalizzata. Altre critiche alle teorie di Krashen sono nate perché
la visione appare troppo semplicistica, poiché non vengono sufficientemente specificati i
fattori che intervengono nell’acquisizione, essendo eccessivamente enfatizzato il fattore
incidentale dell’apprendimento e poco considerato il ruolo dell’attenzione e della memoria,
anche associative, che giocano un ruolo importante nella didattica delle lingue in situazione
educativa formale e non naturale (Cardona, 2004).
83
Tra gli anni ‘70 e gli anni ‘80, gli studi di Stephen Krashen hanno profondamente
influenzato la glottodidattica, fino ai giorni nostri. L’ipotesi dell’apprendimento e
dell’acquisizione è completata da altre quattro ipotesi, che, per limitazioni di spazio, non
illustrerò qui nel dettaglio: il Filtro Affettivo, L’Input comprensibile, il Monitor, L’Ordine
naturale.

43
perché anteriore a qualsiasi altro apprendimento e concomitante ai processi
di socializzazione essenziali, sia perché è la base per lo studio di qualsiasi
disciplina e di altre lingue. Con apprendimento linguistico si fa riferimento,
invece, ai processi che portano ad apprendere una lingua (sia L1 che l2 o
successiva) attraverso processi più consapevoli, analitici e dichiarativi,
solitamente guidati dall’insegnante in contesto formale. Per quanto riguarda
l’L2, l'apprendimento linguistico avverrebbe solitamente più tardi rispetto
all'acquisizione della L1, e, comunque, quasi sempre quando l'esecuzione
linguistica, nella lingua madre, è abbastanza sviluppata e quando molti altri
processi di maturazione fisica e psichica sono stati completati o quasi Nello
schema che segue si è fatto un confronto tra l’acquisizione della L1 e
l’apprendimento della L2 in contesti formali. È necessario però considerare
che, in entrambi i percorsi, acquisizione e apprendimento convivono, seppure
con diverso rilievo nei due casi.

ACQUISIZIONE DELLA LINGUA APPRENDIMENTO DI UNA LINGUA


MATERNA STRANIERA
1) Con la lingua il bambino impara i 1) Con la L2 l’apprendente impara la
meccanismi del linguaggio e nuovi forma nuova delle parole ma pochi
concetti. concetti nuovi.

2) Il bambino è esposto ad un input 2) L’input cui è esposto è, in genere,


vario e disomogeneo. organizzato e strutturato in funzione
dell’allievo.

3) Il bambino acquisisce la lingua in 3) La motivazione ad apprendere


modo naturale, come risposta al bisogno nasce dalla consapevolezza della
di comunicare, senza una chiara funzione sociale della lingua.
consapevolezza dell'utilità pratica e
sociale del parlare una lingua.

4) L’acquisizione avviene in un contesto 4) L’apprendimento avviene, per lo


naturale. più, in un contesto formale o
istituzionale.

5) Il bambino non imita ma sceglie di 5) A scuola vengono proposti esercizi


ripetere solo ciò che sa generare per rinforzare l’apprendimento.
spontaneamente.

44
L’apprendimento di una L284 (o lingua seconda), dunque, è il risultato
della confluenza e concomitanza di processi che appartengono ad entrambi i
processi descritti sopra.. Come per i processi di acquisizione, l’apprendimento
della L2 si può giovare dell’esposizione dello studente L2 a un contesto
naturale in cui l’input è vario ed eterogeneo85, soprattutto se si tratta di una
lingua seconda; tuttavia, contemporaneamente, lo studente è maggiormente
coinvolto in attività didattiche in contesti formali in cui l’input è organizzato e
controllato.
In questo contesto, Il mondo parallelo di Internet, con la sua
dimensione virtuale ma strettamente ancorata al reale, consente un inedito
accesso, più o meno spontaneo, alla conoscenza linguistica. Con un uso
sistematico delle tecnologie dell’informazione nell’insegnamento di una L2, i
confini tra apprendimento in classe e online si potrebbero assottigliare
sempre più, tanto da trasferire l’ambiente classe nella rete e viceversa, così
da offrire occasioni di acquisizione spontanea nella classe e, in generale, nei
contesti di apprendimento guidato e formale. Le tecnologie del linguaggio e
della comunicazione digitale rappresenterebbero, quindi, un ponte tra l’uso
della lingua in ambiente scolastico e l’uso della lingua in un contesto naturale
fuori dalla classe, fornendo uno sfondo comunicativo continuo che
sfumerebbe i confini tra apprendimento e acquisizione. Interagendo
quotidianamente sui social network, scrivendo collaborativamente un blog;
scrivendo dei testi brevi su Twitter, comunicando via WhatsApp o email con i
colleghi di corso o con i docenti e, soprattutto, facendo tutto questo
scrivendo nella lingua target (l’italiano nel nostro caso), gli studenti

84
Per L2 (o lingua seconda) si intende, in linguistica e in glottodidattica, una lingua appresa in
un secondo momento rispetto alla lingua materna dell'apprendente, a sua volta indicata
come L1. Generalmente si tende a distinguere la L2 dalla lingua straniera (o LS) perché la L2
viene appresa nel paese dei parlanti madrelingua (Diadori et al., 2009).
85
Molto spesso, per un docente, è difficile, se non impossibile, controllare l’input che gli
studenti L2 ricevono fuori dall’aula perché molto variegato e spontaneo (Balboni, 2013).

45
potrebbero migliorare la loro competenza linguistica e comunicativa, usando
la lingua in contesti comunicativi reali ma allo stesso tempo, permettendo al
docente (tenendo sempre conto dei limiti imposti dal rispetto della privacy) di
monitorare86 in maniera discreta progressi e criticità sulle quali lavorare, in
seguito, in classe (Spina, 1998).
L’uso del web2.0 in classe permetterebbe di trarre il meglio da un
apprendimento formale e informale. L’apprendimento informale avviene
durante le attività quotidiane e consiste nell’imparare facendo (learning by
doing). Esso consente agli studenti di accrescere spontaneamente la propria
consapevolezza e di migliorare, con spontaneità e naturalezza, grazie alla
partecipazione “in prima persona”, le proprie conoscenze.
Utilizzando le nuove forme di comunicazione di Internet, quindi, lo
studente potrebbe accostarsi alla lingua L2 in modo naturale e digitale al
contempo, riprendendo poi in classe gli stessi strumenti tecnologici utilizzati
nella vita quotidiana: in tal modo si faciliterebbe l’apprendimento,
esattamente come lo si facilita ricorrendo ad un approccio glottodidattico di
tipo “esperienziale”, comunicativo e situazionale (Quaggia, 2013).

3.2 Insegnanti e studenti: nuovi ruoli per gli attori sociali


dell’apprendimento.

3.2.1 Lo studente protagonista e l’insegnante regista.


Oggi come non mai il sapere è oggettivato e disponibile per chiunque abbia
un accesso alla Rete. Sembra quasi che sia più importante saper fare - o

86
Gli strumenti informatici potrebbero fornire agli insegnanti nuovi strumenti per partecipare
ai processi di apprendimento degli allievi, in qualche modo per “vederli”, per esempio
attraverso uno scambio “relazionale” (in classe a a distanza), e attraverso la “costruzione” di
veri e propri “oggetti” del sapere (slide, siti, blog, chat). (Pian, 2000)

46
meglio saper cercare su Internet - piuttosto che sapere. Tutti noi possiamo
sperimentare quotidianamente la facilità con cui possiamo accedere ad una
lezione (o un tutorial) su YouTube; ad una traduzione automatica; ad un
dizionario su smartphone, magari comprensivo di pronuncia corretta; o
trovare link e percorsi di approfondimento suggeriti da chi allestisce le pagine
web e dalla comunità virtuale che popola il mondo open content87. In ambito
di apprendimento linguistico si può facilmente intuire quanto sia
potenzialmente utile poter interagire con parlanti nativi delle lingue o vedere
programmi televisivi in streaming nella lingua che vogliamo imparare,
direttamente da casa nostra (o in mobilità con il nostro smartphone).
Nonostante la portata innovativa di questi strumenti tecnologici investa ogni
aspetto dell’esistenza umana, probabilmente la caratteristica distintiva di
questo nuovo modo di apprendere che potremmo definire collaborativo o co-
costruttivo è la socialità e la facilità con cui persone di ogni parte del mondo,
età, estrazione sociale, religione, sesso possono interagire.
La possibilità di accedere direttamente al sapere e l’estrema semplicità
con cui si può interagire con altri esseri umani hanno avuto ripercussioni sul
modo di concepire l’apprendimento e i ruoli di insegnante e studente.
L’evoluzione della didattica non va però solo ricercata nei progressi
tecnologici, ma anche e, forse, soprattutto nelle correnti che hanno ispirato
teorie e pratiche di insegnamento. Per esempio, riferendosi alle nuove
tecnologie digitali, Salaberry (1996) ha notato come la rivoluzione apportata
dal loro inserimento nella classe di lingua straniera non sia dovuta tanto alle
loro caratteristiche strutturali, bensì al nuovo approccio all’insegnamento che
esse promuovono, un approccio in cui l’apprendente riveste il ruolo più
importante: attraverso l’attiva partecipazione nella costruzione di conoscenza,

87
Un contenuto aperto (dall'inglese open content) descrive un qualsiasi tipo di lavoro
creativo, o contenuto, pubblicato sotto una licenza libera che permette esplicitamente la
copia e la modifica da parte di qualcun altro. Il più grande contenuto aperto è Wikipedia.
(https://it.wikipedia.org/wiki/Contenuto_aperto - ultima consultazione 20/05/2017)

47
infatti, ogni studente ha ora la possibilità e i mezzi per diventare artefice del
proprio apprendimento, senza dover interamente affidarsi ad un
insegnamento centrato sul docente. Nel web 2.0 trova compiutezza il
paradigma costruttivista88 che vede la conoscenza non come una copia della
realtà ma bensì come una costruzione dell’essere umano, che si realizza
attraverso conoscenze pregresse. Questa costruzione si realizza, quando il
soggetto interagisce con l’oggetto della conoscenza (Piaget), quando è
significativo per il soggetto (Ausubel) e quando è realizzato nell’interazione
con altri, come sostenuto da Vigotsky. Per la teoria costruttivista (soprattutto
per il costruttivismo sociale), l’apprendimento è «un processo interattivo in
cui le persone imparano l’una dall’altra» (Bruner, 1997). Il socio-
costruttivismo enfatizza «l’aspetto sociale e culturale della formazione di
conoscenze, l’importanza della collaborazione tra individui e gruppi, nonché
un approccio alla pedagogia che abbia l’apprendente e i suoi bisogni al
centro» (Kern et al., 2008: 281). Lo studente, riconosciuto come individuo
autonomo, diventa protagonista del proprio percorso formativo e non più un
semplice ricettore di informazioni; di conseguenza è necessario spostare
l’attenzione dall’insegnamento all’apprendimento e conoscere i bisogni dei
discenti per formulare sillabi adeguati (Tarone e Yule, 1989). Porre lo
studente al centro dell’apprendimento può, inoltre, avere una ricaduta anche
sulla motivazione poiché l’apprendente prova piacere ad imparare perché
consapevole di costruire qualcosa per sé (Garelli e Betti, 2010).
Il costruttivismo sociale ha, dunque, trovato nelle nuove tecnologie
informatiche un importantissimo supporto. Il computer, che per anni è stato

88
Il costruttivismo è una posizione filosofica ed epistemologica che considera la
rappresentazione della realtà, e quindi il mondo in cui viviamo, come il risultato dell'attività
costruttrice delle nostre strutture cognitive. Il costruttivismo affonda le sue radici
nell’antichità (VI-V secolo a.C.) nel pensiero sofista in occidente e buddista in oriente
(https://it.wikipedia.org/wiki/Costruttivismo_(filosofia)). In epoca più recente invece, Varisco
pone le basi filosofiche del costruttivismo, tra gli altri, nel pensiero di Von Glaserfled,
Wittgenstein, Bateson, Mead, Kuhn e Rorty (Varisco, 2002) (Dolci, 2004).

48
un termine di interazione uomo\macchina, oggi è sempre più un mezzo di
interazione uomo\uomo e di condivisione di saperi (Warschauer e Kern,
2000): sotto questa luce, perciò, il computer serve come supporto per
l’attività collaborativa e comunicativa, e contribuisce ad aumentare le
potenzialità del processo di apprendimento sia online, durante l’interazione,
che offline, durante le attività di riflessione (Meskill & Ranglova, 2000, p. 23).
La rete diventa sempre più un repository (o archivio) di contenuti (materiali
autentici, testi letterari, recensioni) e un mezzo di comunicazione che
permette di dialogare con i propri colleghi di corso, con i professori, con
persone vicine o lontane migliaia di chilometri. Lo studente si trova così di
fronte ad una enorme quantità di materiali e modalità di apprendimento
facilmente accessibili: un insieme infinito e variegato di “mattoni” con i quali
costruire il proprio sapere.
In questo contesto, anche il ruolo dell’insegnante acquisisce un nuovo
significato, più complesso e ricco rispetto a quello che ha avuto per secoli. Il
docente non è più solamente una «cinghia di trasmissione del sapere»
(Varisco, 1995, p.122) o colui che controlla l’apprendimento. La figura del
docente viene investita di nuovi significati e ruoli: tutor, guida, facilitatore,
sostegno (scaffolding89), insomma, un mediatore che aiuti lo studente a
compiere le proprie scelte, motivandolo ad un apprendimento che continui
per tutta la vita (lifelong learning). Un altro ruolo che il docente di lingua è
chiamato a svolgere dalla nuova società dell’informazione è quello di
“bibliotecario telematico” capace di predisporre strumenti di consultazione
utilizzabili dai discenti e di ricercare (ed editare) materiali autentici adatti ai
bisogni del discente (Spina, 1998). In questa veste l’insegnante si incarica di
mettere ordine nel disordine della Rete e di catalogare, proprio come un
bibliotecario, i contenuti che ritiene possano essere utili e interessanti per gli

In ambito costruttivista (psicologia, pedagogia, didattica), per scaffolding si intende l’aiuto


89

dato da una persona ad un'altra per svolgere un compito (Dolci, 2004).

49
studenti. Antonietti (2003) parla della scuola come «quel particolare
palcoscenico in cui si sviluppa - come nella recita di una pièce teatrale -
un'azione visibile, in un contesto strutturato, con specifici ruoli, diretta ad un
fine. L'insegnante, come il regista, progetta, pianifica, coordina, gestisce,
monitora e verifica tale azione». L’insegnante/regista dovrebbe quindi
riuscire a progettare e gestire l’ambiente di apprendimento (reale e virtuale) e
prendersi cura degli attori (gli studenti) prestando attenzione alle
caratteristiche di ognuno: conoscenze, abilità possedute, motivazioni, stili
cognitivi, convinzioni (Antonietti, 2003).
Negli ultimi anni si è affermata una nuova teoria dell’apprendimento
per cercare di spiegare una nuova modalità di apprendere basata sul
paradigma delle reti: il connettivismo. Il nuovo paradigma proposto da
Siemens, mette in discussione il fatto che comportamentismo, cognitivismo e
costruttivismo possano essere sufficienti a spiegare secondo quali modalità si
apprenda oggi; sarebbe, infatti, la rete stessa a dare luogo all’apprendimento
in quanto esso dipenderebbe dalla cura delle connessioni che permettono di
accedere alla conoscenza90. In un’ottica di estrema fiducia nella tecnologia, il
rischio che la figura dell’insegnante perda di valore fino quasi a scomparire91
appare concreto. Certo, non nell’immediato futuro ma è ipotizzabile che un
domani ci si rivolga alla Rete per imparare bypassando la figura del docente.
Ritengo che potrebbe essere un grosso sbaglio affidarsi ciecamente alla
tecnologia (così come opporsi ad essa). In un mondo che cambia così

90
Questa teoria è molto dibattuta. Tra le critiche più accese si può citare quella di Calvani
quando afferma che «un trasferimento selvaggio del connettivismo alla scuola può indurre a
credere che basti mettere gli allievi in rete per produrre conoscenza, consolidando quel
famoso stereotipo diffuso, secondo cui più tecnologie si usano, in qualunque modo lo si
faccia, e meglio è per l'apprendimento.» (Calvani, 2008).
91
Guichon e Hauck hanno evidenziato che “i ricercatori di CALL per lungo tempo hanno
trascurato il ruolo degli insegnanti e dei tutors nei contesti di apprendimento potenziati dalla
tecnologia, come se l’apprendimento della lingua potesse avvenire grazie alla sola
disponibilità di nuovi ed attraenti strumenti e come risultato del potenziale da essi offerto per
lo sviluppo dell’autonomia degli studenti” (Guichon e Hauck, 2011).

50
rapidamente e in cui c’è un overload informativo92 è sempre più necessaria
una figura capace di aiutare gli studenti, una bussola che guidi i naviganti ad
orientarsi nel mare magnum del web.

3.2.2 Saper essere e saper fare con il web 2.0. Verso una nuova
identità digitale.

Un altro aspetto interessante del web 2.0 applicato all’apprendimento è il


fatto che il medium non è solo strumento per imparare ma diventa esso
stesso oggetto del processo di apprendimento. Nel secondo capitolo del
Quadro Comune di Riferimento Europeo (QCER) si legge che:
«Le competenze generali di chi apprende e usa una lingua consistono nel sapere,
saper fare e saper essere ed anche nella capacità di apprendere...Il saper
apprendere mette in gioco il saper essere, il sapere e il saper fare e si basa su
competenze di diverso tipo… [tra le quali] saper utilizzare mezzi audiovisivi e
informatici (ad esempio Internet) come risorse per l’apprendimento».
Le competenze generali di un apprendente di lingua sono dunque quattro:
sapere, saper essere, saper fare e saper apprendere; esse si affiancano alla
competenza linguistico-comunicativa93 e si intrecciano tra loro. In particolare,

92
Il sovraccarico cognitivo, meglio conosciuto come Information overload(ing), si verifica
quando si ricevono troppe informazioni per riuscire a prendere una decisione o sceglierne
una specifica sulla quale focalizzare l'attenzione. Lo sviluppo della tecnologia ha contribuito
alla diffusione e alla riconoscibilità di questo fenomeno. La grande quantità di informazioni
che si ottengono con un'interfaccia mal progettata (poco ergonomica) o su siti
web di Internet egualmente scadenti, possono inibire la capacità di scremarle. Ad esempio
nel caso della Internet dipendenza vi sono soggetti che passando in continuazione da un sito
web all'altro, non riescono a fermarsi né a ricordare le informazioni ricevute, poiché viene
percepito tutto come “rumore”. (https://it.wikipedia.org/wiki/Sovraccarico_cognitivo).
Per competenza linguistico-comunicativa si intende non solo l’abilità di applicare le regole
93

grammaticali di una lingua per formare enunciati corretti ma anche di sapere quando usare
correttamente questi enunciati (Hymes, 1971). Secondo uno scritto del 1980 di Canale e
Swain la competenza comunicativa consta di quattro componenti:
competenza grammaticale: parole e regole;

51
il saper apprendere, inteso proprio come capacità metacognitiva, richiede un
“saper fare” con la rete, una serie di abilità indispensabili al fine di muoversi
correttamente nell’universo della comunicazione digitale.
Queste abilità, come è ben specificato nella Raccomandazione del
Parlamento Europeo e del Consiglio d’Europa del 18 dicembre 2006, sono di
tipo tecnico (elaborazione di testi, fogli di calcolo, etc.), comunicativo e sociali
(con particolare attenzione agli aspetti giuridici ed etici) 94. Il progresso
tecnologico, sfociato nel Web sociale, richiede, accanto ad un sapere di tipo
pragmatico, anche un “saper essere”, poiché la rivoluzione del Web 2.0
coinvolge anche e soprattutto coordinate mentali, culturali e linguistiche.
L’inedito accesso alla comunicazione e alla conoscenza tracciato nell’ambito
della rete 2.0 ha determinato un cambiamento radicale nel modo di
informarsi, di apprendere, di instaurare rapporti interpersonali, e tutto questo
cambia, quindi, il modo di “essere” degli individui. La realtà digitale, seppur
globalizzata e globalizzante (tendente cioè ad un’uniformazione di linguaggi,
fortemente influenzati dall’inglese), possiede una sua località, delle specificità
legate ad ogni nazione95. Imparare ad utilizzare Facebook, Twitter, WhatsApp

● competenza sociolinguistica: appropriatezza;


● competenza discorsiva: coesione e coerenza;
● competenza strategica: uso appropriato di comunicazioni strategiche.
94
Il Parlamento europeo in un documento del 2006 relativo a competenze chiave per
l’apprendimento permanente dichiara che “La competenza digitale consiste nel saper
utilizzare con dimestichezza e spirito critico le tecnologie della società dell’informazione (TSI)
per il lavoro, il tempo libero e la comunicazione. Essa è supportata da abilità di base nelle
TIC: l’uso del computer per reperire, valutare, conservare, produrre, presentare e scambiare
informazioni nonché per comunicare e partecipare a reti collaborative tramite Internet...In ciò
rientrano le principali applicazioni informatiche come trattamento di testi, fogli elettronici,
banche dati, memorizzazione e gestione delle informazioni oltre a una consapevolezza delle
opportunità e dei potenziali rischi di Internet e della comunicazione tramite i supporti
elettronici (e-mail, strumenti della rete) ... Le persone dovrebbero anche rendersi conto delle
problematiche legate alla validità e all’affidabilità delle informazioni disponibili e dei principi
giuridici ed etici che si pongono nell’uso interattivo delle TSI.” (RACCOMANDAZIONE DEL
PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 18 dicembre 2006 relativa a competenze
chiave per l'apprendimento permanente (2006/962/CE)) (http://eur-lex.europa.eu/legal-
content/IT/TXT/?uri=celex%3A32006H0962)
95
Ghemawat Pankaj, professore della Harvard Business School ha dimostrato che, al contrario

52
e il web 2.0 in generale, in italiano è leggermente diverso da impararlo nella
propria lingua madre.
Come abbiamo visto nel secondo capitolo gli utenti nativi italiani
imparano spontaneamente come usare la lingua su Internet. Per chi è in fase
di apprendimento\acquisizione dell’italiano potrebbe però non essere così
automatico sviluppare parallelamente alla competenza linguistica anche la
competenza digitale e questo potrebbe generare usi inappropriati di registri
linguistici o incomprensioni dovute ad un uso sbagliato della lingua digitale.
Uno studente di lingua L2 molto spesso è in Italia per motivi migratori (in
fuga da guerre o carestie), di lavoro o di studio e necessita molto di più,
rispetto ad uno studente di lingua straniera, di integrarsi rapidamente nel
tessuto sociale e di poter comunicare con istituzioni, scuola, enti pubblici e
privati. Riducendo il digital divide96 ci sarebbero, molto probabilmente, anche
delle ricadute positive anche sull’apprendimento della lingua (che è allo
stesso tempo strumento e frutto di integrazione sociale)97.

di quanto si possa pensare, il 90% della comunicazione attraverso il web avviene a livello
locale (Pankaj, 2007)
96
Il divario digitale[1] o digital divide è il divario esistente tra chi ha accesso effettivo
alle tecnologie dell'informazione (in particolare personal computer e Internet) e chi ne
è escluso, in modo parziale o totale. I motivi di esclusione comprendono diverse variabili:
condizioni economiche, livello d'istruzione, qualità delle infrastrutture, differenze di età o
di sesso, appartenenza a diversi gruppi etnici, provenienza geografica[2]. Oltre a indicare il
divario nell'accesso reale alle tecnologie, la definizione include anche disparità
nell'acquisizione di risorse o capacità necessarie a partecipare alla società dell'informazione:
nei paesi avanzati, e specie nella popolazione giovane, infatti, il divario di mero accesso alla
rete è ormai quasi del tutto colmato e si apre invece un "digital divide di secondo
livello"[3] [4] [5]. Il termine digital divide può essere utilizzato sia per riferirsi ad un divario
esistente tra diverse persone, o gruppi sociali in una stessa area, che al divario esistente tra
diverse regioni di uno stesso stato, o tra stati (o regioni del mondo) a livello globale.
(https://it.wikipedia.org/wiki/Digital_divide)
97
A proposito del digital divide e del divario linguistico, è molto interessante quanto afferma
Dolci quando scrive: «Il Digital Divide viene considerato come uno dei fattori primari di esclusione
dalla società complessa ancora di gran parte della popolazione mondiale, e non solo nei paesi
emergenti. A questo si affianca anche l’altro aspetto che provoca esclusione ed impedisce l’accesso alla
società della conoscenza. Qui intendiamo definirlo come Divario Linguistico, che rappresenta
l’insufficienza della competenza linguistico-comunicativa in lingua madre e nelle lingue straniere
necessaria per accedere alle risorse comunicative, interazionali ed enciclopediche della rete e delle altre
forme di comunicazione. Riteniamo che i due problemi debbano essere considerati, almeno in molti
contesti, come di importanza paritaria per garantire un pieno diritto di appartenenza alla società

53
L’istruzione “digitale”, che dovrebbe consistere nel compiere dei task
autentici sulla Rete e non solo nell’avvalersi di strumenti tecnologici, dovrebbe
ricoprire un ruolo importante nei programmi scolastici, perché non sempre i
nativi digitali sono anche i maggiori conoscitori del web e perché buone
pratiche legate al mondo digitale, oltre ad essere componenti fondamentali di
cittadinanza attiva, sono forse molto più utili di legislazioni repressive per
contrastare fenomeni deprecabili come le fake news, il cyberbullismo, i flame.

3.3 Potenzialità e criticità di un insegnamento 2.0

3.3.1 Influenza delle nuove tecnologie dell’informazione


sull’apprendimento
Da molto tempo oramai si susseguono studi, dibattiti, conferenze che cercano
di comprendere se e come le nuove tecnologie dell’informazione e i nuovi
strumenti tecnologici stiano influenzando i nostri processi cognitivi, la nostra
emotività, il nostro modo di relazionarci con gli altri. In un provocatorio
articolo pubblicato su “The Atlantic” nel 2008, il giornalista Nicholas Carr si (e
ci) poneva una domanda retorica: “Is Google Making Us Stupid?”98. Il
giornalista si chiedeva in sostanza se l’uso intensivo dei nuovi strumenti
tecnologici stesse riducendo le capacità della nostra mente.
Se volessimo semplicemente affidarci all’esperienza quotidiana per

complessa. Pensiamo inoltre che tali ostacoli possano essere più efficacemente superati se vengono
trattati insieme. Sia la competenza linguistico-comunicativa che tecnologica fanno parte, quindi, della
literacy che sta alla base del bagaglio essenziale del cittadino globale…A nostro giudizio esse devono
essere trattate come fortemente dipendenti ed in relazione tra loro. Sono due parti, interconnesse e
complementari, di un obiettivo più ampio che le comprende, quello dell’inclusione sociale. Questo
termine implica la partecipazione. La difficoltà di accesso alle nuove tecnologie per la comunicazione e
la conoscenza delle lingue straniere sono quindi i due aspetti principali che creano divario sociale.
Solamente uno sforzo educativo potrà permettere di colmarlo. Dal nostro punto di vista è compito
soprattutto dell’educazione linguistica.» (Dolci, 2011)
98
L’articolo è ancora reperibile al seguente indirizzo:
https://www.theatlantic.com/magazine/archive/2008/07/is-google-making-us-stupid/306868/

54
rispondere alla domanda di Carr, potremmo dire di sì. Non ricordiamo più
numeri di telefono a memoria; ci affidiamo al GPS per orientarci; ci troviamo
a consultare pagine senza sapere cosa stiamo cercando di preciso, condotti,
magari, da link che ci danno l’impressione di scegliere ma che in realtà
scelgono per noi, ci sentiamo persi se dimentichiamo il telefono a casa o, se
per un qualsiasi motivo, non abbiamo accesso alla rete; sui social network
veniamo insultati (o insultiamo) persone mai conosciute prima.
La scienza ha dimostrato che, nel determinare l’organizzazione della
rete neuronale, è senz’altro importante il dato genetico, ma è altrettanto
significativa l’esperienza individuale, perché il cervello è un organo
estremamente plastico99. In ogni caso, uno degli aspetti che maggiormente
stimolano e caratterizzano la nostra mente è il linguaggio e, di conseguenza,
le tecnologie preposte alla comunicazione. Il linguaggio influenza in modo
determinante l’organizzazione ed il funzionamento della mente (cfr. Carr,
2011)100. Il passaggio dalla comunicazione tradizionale al mondo del web 2.0
potrebbe quindi aver avuto ripercussioni addirittura sulla struttura del nostro
cervello. Come numerosi studi scientifici dimostrano, l’internauta fatica molto
a leggere, comprendere e ricordare testi lunghi e le conseguenze sul piano
formativo potrebbero risultare pesanti. L’uso di Internet favorirebbe la
risoluzione rapida di problemi (quale link attivare? quale pagina o parte di
essa leggere velocemente?), ma non il pensiero profondo. Sono oggi noti gli
effetti del bombardamento di stimoli e di informazioni eterogenei sulla
memoria di lavoro, cioè sulla parte della memoria a breve termine preposta a

99
Numerosi studi scientifici provano che nell’organizzazione di reti neuronali gioca un ruolo
decisivo anche la nostra attività quotidiana: il musicista svilupperà le aree preposte al senso
dell’udito, l’orafo il coordinamento oculo-manuale, il tassista le mappe mentali (Carr N., op.
cit.)
100
Differenze considerevoli nel funzionamento del cervello sono state riscontrate per via
sperimentale non solo tra i cinesi (che adottano la complessa scrittura ad ideogrammi) e gli
occidentali (che utilizzano la scrittura alfabetica), ma anche, ad esempio, tra italiani e inglesi,
i secondi più sollecitati nelle aree cerebrali legate alla visione, per via di una lingua che, a
differenza dell’italiano, si scrive in modo differente da come si pronuncia.

55
selezionare le informazioni da trasmettere alla memoria a lungo termine, che
ricopre un ruolo fondamentale nella costruzione del pensiero profondo.
Inficiando il corretto funzionamento della memoria di lavoro, stremata dagli
innumerevoli stimoli, il web potrebbe inibire la capacità della mente di
originare pensieri profondi, di dar vita a concetti complessi, che sono il
fondamento dell’intelligenza umana. Da quando esiste il web siamo tutti più
informati, il che è indubbiamente un bene, dobbiamo però constatare di
essere sempre meno propensi a confrontarci con problemi complessi e di
difficile risoluzione, quelli che necessitano di tempo e di pensiero profondo101.
Naturalmente, analizzare approfonditamente tutti questi fenomeni è un
compito complesso e non è l’obiettivo di questo lavoro. Ciò che ritengo possa
essere utile ai fini del mio lavoro, e che cercherò di analizzare nel prossimo
paragrafo, è invece il come questi strumenti possano influenzare i modi in cui
trasformiamo le percezioni del mondo in apprendimento, il modo in cui diamo
una categorizzazione della nostra esperienza di vita trasformandola in
apprendimento.
Secondo Titone l’apprendimento è un processo che avviene soprattutto
all'interno dell'individuo ed è stabile e duraturo nel tempo. Esso «implica un
cambiamento entro la struttura psichica del soggetto, si caratterizza come
un'acquisizione di tipo assimilativo, per cui determinati contenuti mentali o
forme operative vengono interiorizzati determinando una ristrutturazione o
riorganizzazione degli assetti dinamici del soggetto stesso» (Titone, 1977). In
questo processo, che coinvolge l’essere umano nella sua totalità,
giocherebbero un ruolo fondamentale fattori come: l'organizzazione cognitiva;
l'esercizio; la personalità; la motivazione; la memoria (Pichiassi, 1999). Questi
fattori possono essere facilitati da:
● il livello di elaborazione: quanto più un’informazione o stimolo viene ripreso e

101
Esiste un ampio filone di ricerche che indagano il rapporto tra il cervello umano e
Internet. In questo lavoro mi sono rifatto ai saggi di Carr (2011) e de Kerckhove (2016).

56
praticato in modo costante tanto meglio viene appreso (“distribuzione
dell’esercizio”);
● l’attenzione: è difficile ritenere il contenuto di un argomento se non ci
concentriamo su di esso. Quanto più la nostra attenzione è divisa tra compiti
diversi tanto minore sarà il nostro apprendimento;
● la motivazione: se si è motivati ad apprendere, si dedica anche più energia e
attenzione. Noi ricordiamo più facilmente i fatti e le nozioni che per noi sono
interessanti, mentre dimentichiamo ciò che per noi ha scarso interesse;
● l’organizzazione del materiale: ognuno per imparare meglio e ricordare
quanto appreso adotta dei metodi e delle strategie che facilitano il ricordo e il
recupero delle informazioni.
L’utilizzo delle nuove tecnologie della comunicazione sembrerebbe
influire, sia positivamente che negativamente, su ognuno di questi fattori. Se
la motivazione102 e il livello di elaborazione sembrano trarre giovamento
dall’utilizzo del web 2.0, l’attenzione sembra invece calare notevolmente a
causa di un'eccessiva esposizione ad informazioni e stimoli che potrebbe
causare una parcellizzazione dell’attenzione. La motivazione potrebbe
crescere sia perché si usa uno strumento nuovo103 e vicino agli usi quotidiani
dei discenti sia perché attraverso Internet sarebbe più facile calibrare i
contenuti in base alle necessità dello studente. Allo stesso tempo il livello di
elaborazione sembrerebbe giovarsi di un insegnamento slegato da momenti

102
La motivazione è certamente una delle dimensioni su cui la ricerca sulla CMC, sin dalle
origini, si è focalizzata maggiormente e con i risultati più interessanti: alcuni studi hanno
sottolineato come l’esposizione a contesti autentici come quelli offerti dalla CMC abbia
comportato maggiori livelli di motivazione tra gli apprendenti (Kern, 1996; Thorne, 2008).
Altri (ad es. Beauvois, 1998b; Blake & Zyzik, 2003) hanno visto l’aumento della motivazione
tra gli studenti come un effetto di un accresciuto senso di autonomia nel processo di
apprendimento (Warschauer, 1996c), nonché come frutto della partecipazione in un
ambiente – quello digitale –che gli apprendenti considerano più rassicurante.
103
A tal proposito bisognerebbe indagare sulla motivazione legata alla novità dello strumento
su periodi lunghi, in modo da indagare se sia Internet in sé a motivare lo studente o la novità
dell’uso di uno strumento “inconsueto”. Alcune ricerche dimostrano infatti che la motivazione
diminuisce anche quando lo strumento lo si conosce e diventa routine (Hodge & Anderson,
2007).

57
formativi ben definiti (aula e compiti a casa) e distribuito invece su tempi più
lunghi e meno delimitati. Il microlearning - pillole di sapere distribuite in
micropercorsi (non più di 15 minuti) -, così come la possibilità di avere il
materiale sempre a disposizione su tablet o smartphone potrebbe permettere
di sfruttare “i tempi morti” o i teachable moment104.
L'attenzione invece sembrerebbe risentire di un uso eccessivo di
Internet. Tra i principali effetti negativi possiamo sicuramente annoverare il
multitasking e, di conseguenza, la continuous partial attention105, e l’utilizzo
delle nuove tecnologie come una forma di estensione della memoria, alla
quale affidare ricordi personali e sapere.

3.3.2 Potenzialità e criticità del web 2.0 in classe.

Le potenzialità dei nuovi mezzi di comunicazione utilizzati nell’insegnamento


sono molteplici, prima fra tutte la possibilità di portare materiali autentici106 in

104
Un teachable moment è un momento in cui un particolare argomento o idea diventa più
facile da apprendere. Il concetto è stato reso popolare da Robert Havinghurst in un libro del
1952, Human Development and Education. In questo testo Havinghurst afferma che:
«Quando è il momento giusto, l’abilità di imparare un particolare task diventa possibile.
Questo momento è definito teachable moment. È importante tenere a mente che se non è il
momento giusto, l’apprendimento non avverrà. Quindi, è importante ripetere spesso
argomenti fondamentali, in modo che, quando arriva il teachable moment di uno studente,
lui o lei potranno beneficiarne.». In un lavoro del 2012, Gabaglio ha sondato l’utilità dei
teachable moment inseriti in un contesto di insegnamento supportato da un social
network(Edmodo) in 2 classi della Scuola Cantonale di Commercio di Bellinzona (Svizzera). I
risultati riportati da Gabaglio a questo riguardo sembrano essere incoraggianti (Gabaglio,
2012, p.28).
105
La Continuous partial attention (o CPA) è un processo mentale che porta a prestare
attenzione, simultaneamente, a diverse fonti di informazioni in maniera superficiale. Il
termine è stato coniato da Linda Stone nel 1998 (Stone, 2007).
106
Si considera materiale autentico quello creato per individui madrelingua e per una finalità
diversa da quella didattica. Termine usato per la prima volta da Wilkins (1975), tale
materiale, di qualsiasi natura esso sia, viene comunemente apprezzato e gradito dagli
studenti e generalmente la proposta dell’insegnante di analizzare un evento comunicativo

58
classe (anche nei casi di LS, dove gli studenti sono meno sottoposti a input
autentici). Attraverso il loro mondo ipermediale e multitestuale, i blog, le
chat, i social network permettono di portare in aula diverse tipologie di testi
scritti e orali, fornendo una serie infinita di input agli studenti i quali potranno
ritrovare in classe il mondo che vivono al di fuori dell’aula. Anche i docenti, a
loro volta, dispongono di un campionario di materiali autentici pressoché
infinito. Ma la possibilità di mettere in contatto gli studenti con la cultura viva
della lingua target è solo uno degli aspetti positivi di un insegnamento
supportato dal web 2.0. Le potenzialità correlate ad un'introduzione del web
2.0 in classe possono essere riassunte in 3 macro tipologie:
● strumentale, legate cioè al medium: possibilità di scrivere, cancellare,
riscrivere, possibilità di condividere facilmente materiali, possibilità di
archiviare elaborati, possibilità di lavorare su numerosi documenti autentici;
● affettiva motivazionale: legata alla possibilità di utilizzare un medium familiare
agli studenti; possibilità di esprimersi anonimamente107 per quegli studenti

‘autentico’ viene accolta con entusiasmo. Il materiale autentico, infatti, mette alla prova lo
studente con un tipo di comunicazione che può ritrovare nella vita quotidiana, ma può
ingenerare demotivazione e ansia nello studente che da solo si appresti ad affrontarlo per il
livello linguistico o per i riferimenti a modelli culturali o a espressioni idiomatiche sconosciute.
Maggiormente efficace e vantaggioso è l’utilizzo di materiale autentico didattizzato reso
didattico dal docente dopo attenta riflessione e preparazione, materiale che diventa in tal
modo un’efficace mediazione per guidare gli studenti alla comprensione. A differenza del
materiale didattico, generalmente allegato al manuale del corso di lingua o pubblicato
separatamente, il materiale autentico didattizzato mette lo studente a contatto con gli aspetti
che contraddistinguono la vera lingua straniera, vale a dire la velocità, l’intonazione, la
pronuncia, i diversi registri e le varietà sociolinguistiche (Begotti, 2007) .
107
Vi sono studi che riportano come lo spazio della rete sia un luogo in cui gli individui si
raccontino e disvelino con sincerità (Albanese et al., 2012). Alcuni studiosi identificano questo
fenomeno come “online disinhibition effect” ossia come l’effetto di disinibizione online,
studiato inizialmente all’interno del filone di ricerca connesso alla comunicazione mediata dal
computer. I principali fattori che favoriscono tale effetto risultano essere l’anonimato,
l’invisibilità e la mancanza di contatto oculare. Gli individui vengono quindi, coinvolti in un
processo di disinibizione attraverso il quale i comportamenti e le espressioni verbali che
normalmente non manifestano nell’ambiente fisico, o non con la stessa intensità, vengono
invece espresse e diventano più frequenti nella Rete. Le conseguenze possono essere di tipo
negativo o positivo. Sul versante negativo possono avere una deriva di aggressività verbale e
diffamazione (Lee, 2005). Tra gli effetti positivi è possibile invece trovare un incremento delle
abilità e delle espressioni di autoconsapevolezza, un aumento di azioni prosociali, come

59
che sono introversi timidi; possibilità di usare i teachable moment.
● linguistica: possibilità di lavorare su più tipologie testuali esercitando, in base
alla forma di comunicazione usata, lo scritto breve, lo scritto argomentativo,
lo scritto riassuntivo, il dialogo via Internet.
Le criticità sono legate principalmente a questioni legali legate alla privacy e
al rispetto delle pagine personali. Gli account Facebook o Twitter, nonostante
siano degli spazi pubblici (o parzialmente pubblici) sono luoghi in cui gli
studenti (ma anche i docenti) parlano di sé stessi e non sempre tutti sono
disponibili a condividere con altre persone che non conoscono bene la loro
vita privata. Un'altra problematica legata alle interazioni sul web potrebbe
essere la gestione delle relazioni interpersonali. Se difatti da un lato
dobbiamo ricercare l’autenticità e la spontaneità nelle interazioni tra studenti
e tra studenti e docente, dall’altra bisogna prevedere anche la possibilità di
aggressività verbale (flame108), scontri culturali che andranno gestiti e
moderati per evitare che un aspetto positivo, quale è appunto l’interazione tra
studenti, diventi negativo.
Da un punto di vista strettamente didattico esiste anche una certa
difficoltà nel valutare i lavori svolti su Internet: se bisogna prediligere la
spontaneità e l’interazione tra studenti, valutare o correggere quanto viene
prodotto sul web potrebbe inibire i discenti spingendoli magari ad abusare di
strumenti informatici come traduttori on-line, o strumenti presenti nei sistemi
di videoscrittura (copia e incolla o correttori automatici) per produrre
elaborati più corretti. D’altra parte, porre un’eccessiva attenzione alla
comunicazione potrebbe spingere a tralasciare aspetti grammaticali.

fornire informazioni gratuite a chi richiede aiuto o manifestazioni di supporto, condivisione e


sostegno emotivo (Joinson, 2001).
108
Nel gergo delle comunità virtuali di Internet come newsgroup, forum, blog, chat o mailing
list, un flame(dall'inglese per "fiamma") è un messaggio deliberatamente ostile e
provocatorio inviato da un utente della comunità verso un altro individuo specifico; flaming è
l'atto di inviare tali messaggi, flamer chi li invia, e flame war ("guerra di fiamme") è lo
scambio di insulti che spesso ne consegue, paragonabile a una "rissa virtuale"

60
Infine, se volessimo mettere al centro dell’attenzione il docente e il suo
ruolo, esistono due problemi legati all’utilizzo del web 2.0. Essere presenti
sulla rete, come afferma Pistolesi, quando parla di co-presenza, prevede che
il docente sia sempre o quasi sempre disponibile per i suoi studenti. Uno
studente che chiedesse un chiarimento o un aiuto attraverso la rete
presupporrebbe che il docente gli risponda in breve tempo. Tutto ciò
implicherebbe un impegno continuo del docente che sarebbe, almeno nella
mente dello studente, sempre raggiungibile. Un ultimo e fondamentale punto
critico è legato alla competenza digitale dei docenti i quali, spesso, non sono
né nativi digitali né migranti digitali, e hanno difficoltà a rapportarsi con un
mondo che potrebbero avvertire come distante e, per alcuni versi, ostile (cfr.
Santalucia, 2015).

61
CAPITOLO IV

Qualche esempio reale

Esistono numerose attività proposte attraverso il web 2.0 per l’insegnamento


delle lingue e sempre più docenti sembrano avvalersi di queste tecnologie per
rendere più efficace il loro lavoro. Più difficile è però trovare testimonianze e
ricerche su proposte didattiche più strutturate riguardanti curricoli109 o
sillabi110 digitali, percorsi pensati prevalentemente, se non esclusivamente,
per il web 2.0. Pertanto sembra che l’uso delle nuove forme di comunicazione
in classe sia ancora essere relegato ad un ruolo da comprimario. Le nuove
tecnologie sono utilizzate prevalentemente per portare materiale autentico in
classe o per attività di telecollaborazione, andando un po’ a sostituire il mezzo
della comunicazione epistolare con un\una penpal (amico\a di penna).
Ciononostante sono sempre più numerose le applicazioni pratiche e gli studi
riguardanti singole forme di comunicazione digitale utilizzate per sviluppare
alcune competenze in ambito di apprendimento\acquisizione linguistica.
In questo paragrafo cercherò di fornire alcuni esempi di queste
applicazioni. Ho ritenuto interessante analizzare quattro casi che dimostrano
l’uso delle principali forme di comunicazione social, già esaminate per le
ricadute linguistiche del loro uso nel capitolo II. Queste quattro forme o
ambienti di comunicazione dei quali è attestato l’uso per l’insegnamento

109
Un curricolo è un modello operativo che definisce un profilo formativo e quindi indica le
mete, gli obiettivi e i contenuti che costituiscono l'oggetto di un corso (Balboni, 2003)
110
Con il termine sillabo si intende quella parte dell’attività curricolare che si riferisce alla
specificazione e alla graduazione dei contenuti d’insegnamento. Esistono diversi tipi di sillabo:
• sillabo strutturale, basato esclusivamente su unità linguistiche
• sillabo nozionale-funzionale, basato su nozioni e atti linguistici
• sillabo task-based, basato su compiti
• sillabi integrati o ibridi (Ciliberti, 1994)

62
dell’italiano L2 sono Facebook; Twitter, blog e chat. Gli esempi presi in esame
dimostrerebbero come l’utilizzo di queste nuove forme di comunicazione
possano essere un valido strumento per motivare gli studenti all’interazione
con gli altri apprendenti e con i parlanti madrelingua italiani. Alcuni di essi,
inoltre, favorirebbero anche la produzione scritta (blog e Facebook su tutti) e,
nel caso di Facebook, avrebbero la potenzialità di fornire vere e proprie unità
didattiche per esercitare la comprensione (scritta e orale) e la produzione
(soprattutto scritta). I progetti presi in considerazione sono stati sviluppati in
periodi e contesti diversi e, ad eccezione di Tweetaliano, le pagine web dei
progetti sono state abbandonate (progetto LIPS) o non sono più disponibili
(Racconto L2.0). Le attività proposte nell’ambito dei progetti LIPS e Racconto
L2.0 prevedevano la “regia” del docente che allestisse, stimolasse e
moderasse le interazioni tra gli studenti e la produzione scritta degli stessi.
Pur non essendoci evidenze scientifiche a riguardo, la diminuzione
progressiva delle interazioni tra utenti ci suggerisce una riflessione:
sembrerebbe avvalorata l’utilità del docente regista che anima e stimola
l’attività online. Quando l’insegnamento presenziale è stato attivo, anche
l’attività online ha registrato interventi, commenti, interazione; nel momento
in cui i corsi presenziali sono terminati anche la presenza online ha subito una
flessione fino a bloccarsi o a scomparire definitivamente.

4.1 Twitter: Tweetaliano

Tweetaliano è stato sviluppato da un ricercatore dell’Università per Stranieri


di Perugia, Andrea Gobbi, nell'ambito del progetto APRIL111.

111
Il progetto APRIL (acronimo di ambiente personalizzato di rete per l'insegnamento
linguistico) è un progetto sviluppato all'interno dell'Università per Stranieri di Perugia che ha

63
Figura 1: una pagina dell'account di Tweetaliano

Tecnicamente Tweetaliano è un account Twitter aperto e disponibile a


chiunque voglia seguirlo. L’account è stato attivato nel luglio del 2012 ed
esiste anche un blog in cui è descritto il progetto e viene spiegato come
utilizzarlo112. Ad oggi i follower sono circa 4000 e i tweet 2900. L’idea alla
base di Tweetaliano, è che Twitter non serva solo per potenziare gli input da
sottoporre gli studenti, ma che possa essere uno strumento attraverso il
quale gli studenti possano imparare, interagendo tra di loro, senza che un
docente guidi necessariamente la conversazione. L’insegnante, membro della
comunità di parlanti, prende parte agli stessi flussi di comunicazione che
provengono dagli studenti esaltando l’aspetto di comunicazione orizzontale
tipico dei social network. Gli utenti che vogliano approfondire la propria
conoscenza dell’italiano, oppure condividere con altri appassionati chiarimenti
riguardo al lessico, alle espressioni idiomatiche, ad aspetti della cultura
italiana, possono seguire (follow) il gruppo e porre qualsiasi tipo di domanda
utilizzando gli hashtag113 o la menzione (@tweetaliano), come si può vedere

avuto come obiettivo la preparazione di una piattaforma di rete specifica per l’insegnamento
linguistico. (http://april.unistrapg.it/april/)
112
Il blog è raggiungibile all'indirizzo: https://tweetaliano.wordpress.com/
113
L' hashtag (o cancelletto in italiano #) è un tipo di etichetta utilizzato su Twitter come
aggregatore tematico. La sua funzione è di rendere più facile per gli utenti trovare messaggi
su un tema o contenuto specifico. In Tweetaliano, tra gli hashtag più utilizzati, troviamo

64
nelle figure che seguono che riprendono le schermate di tweet successivi.

Figura 2: uso dell'hastag #intialiano e della menzione @tweetaliano

Figura 3: uso dell’hashtag #comesidice

#sidice #initaliano #comesidice.

65
Grazie ad un bot114 ogni menzione inviata a @tweetaliano viene
automaticamente ed immediatamente retwittata115 a tutti i followers. Tutti gli
utenti possono quindi rispondere in tempo reale, allegando al tweet di
risposta immagini, video, foto, link a siti web.
In questo caso, Twitter si presta ad essere una sorta di help desk
linguistico, sempre a portata di mano per chiarire dubbi (questa funzionalità
si apprezza particolarmente in mobilità, accedendo a Twitter via smartphone).
Tuttavia, volendo, si possono anche proporre spontaneamente link, immagini,
video o testi che parlino della cultura italiana o che riprendano dei temi di
attualità. In questo modo Tweetaliano si trasforma in un luogo di incontro
dove condividere aspetti della cultura italiana e confrontarli quelle degli
apprendenti.

Figura 4: un link ad un post di un blog dedicato alla festa di San Valentino in Italia.

114
La parola bot è utilizzata in ambito informatico per riferirsi ad un programma che accede
alla rete attraverso lo stesso tipo di canali utilizzati dagli utenti umani (accede alle pagine
web, invia messaggi chat etc.). Programmi di questo tipo sono diffusi in relazione a diversi
servizi in rete, con scopi vari ma in genere legati all'automazione di compiti che sarebbero
troppo gravosi o complessi per gli utenti umani (https://it.wikipedia.org/wiki/Bot)
115
Il retweet è una funzione presente in Twitter che permette di ripubblicare dei messaggi
pubblicati da altri rendendoli più visibili ai propri follower e dando maggior risalto al
messaggio stesso.

66
Come viene spiegato con chiarezza nel blog di presentazione del progetto:
«L’idea è quella di fornire agli apprendenti di lingua italiana una comunità di
riferimento, dove confrontarsi con la lingua viva e crescere linguisticamente,
condividendo parole ed espressioni, abbattendo quel muro che spesso separa
i parlanti madrelingua dagli apprendenti».

4.2 La Chat

Vincenza Tudini, ricercatrice presso la University of South Australia, ha


dedicato numerosi studi all’utilizzo dei mezzi di comunicazione (soprattutto
email e chat) come strumento per incoraggiare l’interazione tra studenti di
italiano al fine di facilitare l’apprendimento linguistico.
Questo studio del 2016 è basato su una specifica forma di interazione
scritta: la chat testuale diadica tra parlanti bilingue italiano\inglese ed esplora
il ruolo del code switching116 nelle sequenze di riparazione117. Secondo Tudini,
nelle chat, possiamo identificare 3 tipi di code-switching:
● Interpost: quando un intero post o la maggior parte di un post è
scritto in un'altra lingua rispetto alla lingua usata nell'interazione.
● Intrapost: quando i partecipanti usano almeno due lingue all'interno
dello stesso post. Solitamente vengono utilizzate solo una o due parole

116
La commutazione di codice (in inglese code-switching) è il passaggio da una lingua a
un’altra all’interno del discorso di uno stesso parlante. Non va confusa con l’ alternanza di
codice, che è invece la scelta dell’una o l’altra delle lingue possedute da un parlante bilingue
a seconda della situazione o dell’ambito comunicativo (famiglia, amici, scuola, università,
uffici, negozi, ecc.). (http://www.treccani.it/enciclopedia/commutazione-di-
codice_%28Enciclopedia-dell%27Italiano%29/)
117
In analisi conversazionale con il termine riparazione (o interventi di riparazione) ci si
riferisce alla risoluzione di fenomeni di disturbo della conversazione (incomprensioni, errori)
che si verificano inesorabilmente e che vengono risolti semplicemente parlando, (Marini e
Carlomagno, 2004). La riparazione può essere messa in atto, ad esempio, attraverso la
riformulazione della frase con parole diverse o attraverso la commutazione di codice.

67
della lingua alternativa e il resto del post prosegue con la lingua
principale.
● Un terzo caso è rappresentato da un intero post scritto nella lingua
alternativa alla lingua di interazione che rimane però un caso isolato e
non viene poi ripreso nel corso della conversazione.

Secondo alcuni studi effettuati da Tudini, il feedback correttivo e le strategie


di riparazione nella conversazione avrebbero dimostrato di essere elementi
chiave nell’apprendimento attraverso la chat testuale, diadica e interculturale,
tra parlanti di italiano come L1 o L2, laddove uno dei parlanti sia monolingue
e il linguaggio di interazione sia prevalentemente uno (Tudini, 2010).
Ciononostante i maggiori benefici si trarrebbero da interazioni in cui i parlanti
(o meglio, gli scriventi) siano almeno bilingui e abbiano accesso alla lingua
madre dell’interlocutore così che si possano attivare tra gli interlocutori
feedback correttivi, negoziazioni di significato e altre strategie di riparazione.
Le sequenze di riparazione sono, dunque, un’importante particolarità
del parlato scritto, tipico dell’ambiente ibrido pedagogico sociale delle chat in
cui queste sequenze sono usate come input per l’insegnamento. Questo è
dovuto in parte alle peculiarità del medium che consente di salvare,
recuperare e quindi analizzare i testi delle chat, permettendo di mettere in
risalto alcuni aspetti linguistici della conversazione in modo da facilitare e
incentivare l’attività di correzione del docente o del parlante madrelingua
della lingua target (Pellettieri, 2000). L’interazione attraverso la chat
incoraggerebbe dunque anche i parlanti esperti della lingua target,
monolingue o multilingue, ad assumere un ruolo di insegnante, anche se ciò
avverrebbe solo nei casi in cui i due parlanti abbiano accesso alla lingua
dell’altro (Liddicoat e Tudini, 2012).
La chat favorisce quindi una modalità di apprendimento che, un po’
come avviene in Tweetaliano, punta sull’autonomia degli studenti lasciando

68
ampia libertà di scegliere i temi di discussione, le tempistiche, i ritmi e, entro
alcuni limiti, le modalità (ad esempio la possibilità di proseguire la
conversazione su Facebook). Il ruolo del docente è molto sfumato anche se
non scompare mai del tutto e si configura come regista o moderatore,
agendo in un secondo tempo rispetto all’interazione in chat ed aiutando nella
riflessione linguistica basata sui testi delle chat.
Lo studio di Tudini si è sviluppato nell’arco di 7 anni presso la
University of South Australia. Sono stati coinvolti nello studio 133 parlanti L2
e 584 parlanti L1 italiano. I parlanti L2 erano studenti universitari australiani
mentre i parlanti L1 si trovavano in Italia ed avevano un profilo piuttosto
eterogeneo riguardo alla provenienza geografica, agli studi, al lavoro. L’unica
caratteristica comune tra i due gruppi di studenti era l’età: i parlanti erano più
o meno coetanei. La partnership linguistica è stata stabilita prevalentemente
attraverso il sito Sharedtalk (oggi diventato Sharedlingo), ma sono stati
utilizzati anche Messenger e Facebook per la telecollaborazione.
Dall’analisi dei testi, che ha portato ad ottenere un corpus di 371 post
e 2958 parole, sembrerebbe che in chat gli scriventi non abbiano scelto
preventivamente una lingua comune (cosa che invece è avvenuta su
Facebook) ma abbiano usato indistintamente italiano e inglese. Nell’esempio
qui riportato, la parlante L1 inglese (Martha) risponde spesso ai chiarimenti
forniti dal parlante di italiano L1 (Angelo) con espressioni colloquiali
tipicamente inglesi come “okies” o “cool” per poi proseguire la frase in
italiano.

1 MARTHA: i know wat you mean … come si dice questo phrase


2 ANGELO: capisco cosa dici
3 MARTHA: cool
4 ANGELO: però è molto più usata “ti capisco benissimo”.
5 MARTHA: cool grazier [grazie intended]

69
6 ANGELO: prego!

Nell’apprendimento cooperativo online, il code switching può essere utilizzato


anche con intenti pedagogici, come dimostrato dall’esempio seguente, in cui
Angelo (dopo aver chiesto il permesso alla sua interlocutrice) corregge
Martha, alternando in un post inglese e italiano e riscrivendo i post di Martha,
evidenziando con il carattere maiuscolo gli errori.

1 MARTHA: si, venerdi andro al cena con la famiglia di mia mamma e


domenica (mio compleanno) andro al cena con mio papa e la venerdi
prossima ce sera mia festa!

2 ANGELO: eh eh! Prepari le cose in grande!…Cos’hai organizzato per la tua


festa? eh eh!

3 MARTHA: mio cugino lavora per la compania di vino e lui dammi le birre e
le champagne e questa settimana andro al negozio d’ALCOHOL per comprare
il vino … e mia amica faro la torta

4 ANGELO: Alcohol = Alcool

6 MARTHA: ahh l’ho pensato ma non sono sicura … e come in francese

7 ANGELO: eh eh! Posso correggerti alcune cose nella frase? Ti dispiace?

8 MARTHA: no! Vai

9 ANGELO: si, venerdi andro A cena con la famiglia di mia mamma e


domenica (IL mio compleanno) andro A cena con il mio papa e venerdi
prossimO (or you can say “il venerdì successivo”) ci sara mia festa! mio
cugino lavora per la compania di vino e lui MI DARA le birre e LO champagne
e questa settimana andro al negozio.

10 MARTHA: coole grazie!!


In alcuni casi Angelo utilizza il code-switching in inglese per assicurarsi che le
sue spiegazioni in italiano siano state chiare e comprese da Martha. In questo
caso, Angelo scrive interi post in inglese per spiegare ciò che aveva

70
precedentemente detto in italiano. Al contrario, Martha utilizza l'inglese per
correggere o chiarire delle incomprensioni, come attesta l’estratto che segue.

1 Angelo: attualmente che materie stai studiando?


2 Martha: la lingua
3 Angelo: connection problem?!
4 Martha: si si
5 Angelo: dicevo, attualmente che materie stai studiando?
6 Martha: la lingua
7 Angelo: foreign language or your language?
8 Martha: no francese, italiano e la linguuistica
9 Angelo: ah, I’ve understood!…Instead in italy you choose the kind of
university…many university are 3 year base more 2 year of specialization …
This structure is called “3 + 2” in italy

Quando Martha risponde “la lingua” alla domanda di Angelo “che materia stai
studiando?”, Angelo percepisce la risposta come incompleta. Dopo aver
chiesto se ci fossero stati problemi di connessione (forse per un ritardo nella
risposta), Angelo cerca di riparare la conversazione ponendo nuovamente la
domanda ed introducendola con “dicevo” per segnalare che è ancora in
attesa della risposta alla domanda posta in precedenza. Martha risponde
nuovamente “la lingua”, a questo punto Angelo decide di cambiare lingua per
superare l'incomprensione chiudendo poi la conversazione con un'ennesima
commutazione di codice per rassicurare Martha di aver compreso e per
fornirle informazioni sulla struttura dell'università in Italia.
Secondo Tudini, il code-switching, utilizzato in un contesto di chat
diadica, potrebbe essere uno strumento utile nell'apprendimento linguistico.
Tra i principali vantaggi di questo tipo di comunicazione ci sarebbe la

71
relazione asimmetrica tra novizio ed esperto della lingua; questi ruoli
sarebbero intercambiabili a seconda delle esigenze, permettendo al parlante
di non sentirsi costretto ad esprimersi nella L2. La commutazione di codice
per favorire la comprensione del feedback correttivo permetterebbe di
raggiungere obiettivi sociali e pedagogici senza “perdere la faccia”118. Ciò
aiuterebbe i parlanti multilingue a socializzare per imparare e ad imparare
mentre socializzano.

4.3 Facebook: il progetto Lips

La pagina Facebook Lingua Italiana Per Stranieri (progetto LIPS) è


stata realizzata da Emanuela Cotroneo nell’ambito di un progetto finalizzato a
indagare cosa accade quando si usa Facebook per erogare micro-percorsi
didattici e quali processi vengano attivati autonomamente dagli apprendenti
quando utilizzano Facebook in contesti di apprendimento. La sperimentazione
è avvenuta presso la NUIG (National University of Ireland Galway) e le attività
sono state proposte a due classi di italiano di livello A1 e A2. Il primo post è
dell’11 giugno 2012, l’ultimo del 12 maggio 2013. La pagina web correlata
alla pagina Facebook(http://lips.altervista.org) risulta non più accessibile.
Evidentemente alla fine della sperimentazione la pagina non è stata più
seguita e, con il tempo, è stata progressivamente abbandonata.
Nell’elaborazione del progetto si è scelto di optare per due modalità di uso:

118
il timore di "perdere la faccia" potrebbe innescare il filtro affettivo avendo ripercussioni
sulla motivazione dell'apprendente (Balboni 2002: 37).

72
uso “abituale” di Facebook,
creazione di unità didattiche e micropercorsi.

Con la prima modalità, e cioè con l’uso di Facebook attraverso le


normali pratiche di social networking, gli studenti vengono invitati a
condividere sulla loro bacheca o sulla bacheca, del gruppo, alcuni contenuti
(immagini, video, testi, link) di altri profili, di altre pagine o di altri gruppi, che
hanno trovato in rete e che ritengono possano essere utili per un potenziale
apprendente di italiano L2. In questo tipo di applicazione, non viene fornito
un apparato di esercizi e attività a sostegno e si punta decisamente
sull’autonomia dell’apprendente che, per decodificare il testo input, può
avvalersi di ulteriori risorse come i dizionari e traduttori online, pagine che
chiariscano il contenuto del testo oppure il confronto faccia a faccia o via chat
con un parlante nativo, un apprendente più esperto o con il docente.
Gli screenshot seguenti rappresentano un’immagine, un video e un
link condivisi perché ritenuti utili ad apprendenti di lingua italiana di diversi
livelli. Questi input possono essere utilizzati per favorire un ripasso di
strutture già studiate, oppure possono costituire uno spunto per chiarire
concetti non ancora ben chiari o, ancora, possono essere semplicemente un
punto di partenza per dare vita ad un confronto online o in aula.

Figura 5: link che rimandano alla pagina web di LIPS (oggi non più attiva) e ad altre pagine che
parlano di verbi regolari e irregolari e propongono esercizi di ripasso.

73
Figura6 : un video adatto a chi inizia ad imparare l’italiano

Figura7: un’immagine\grafico che riassume le regole per scrivere correttamente in italiano


.

La seconda modalità con cui è stato utilizzato Facebook nel progetto LIPS
è forse la più interessante. Si è cercato di proporre una mini unità didattica,
utilizzando esclusivamente il social network. Agli studenti sono state proposte
sequenza di attività ed esercizi che hanno seguito un tema in particolare o un
preciso filo conduttore. Questi percorsi didattici, ispirati al micro-learning119,

119
Si tratta di un promettente ambito didattico, relativamente recente (introdotto nel 2004),

74
vengono definiti micro-percorsi e si strutturano su più post, ognuno dei quali
va a sostituire una fase della didattica tradizionale e presenziale. Qui di
seguito riporto una mini unità didattica utilizzata da Cotroneo come esempio
di micropercorso. L’unità didattica ha come tema la radio ed è strutturata in 3
fasi:
1) fase di pre-contatto con il testo
2) fase di contatto con il testo
3) fase di post-contatto con il testo

Fase di pre-contatto con il testo: in questa fase, attraverso un insieme di


parole (presentato come un tag cloud120) che saranno utili al fine di
comprendere il testo che verrà proposto in seguito, viene stimolata
l’elicitazione delle preconoscenze sul tema. Attraverso questa attività, gli
studenti possono formulare ipotesi sul testo e viene attivata l’expectancy
grammar121

basato sulla creazione di piccole unità di conoscenza (da 30 secondi a 15 minuti): pillole di
insegnamento focalizzate su uno specifico argomento e finalizzate a migliorare la
comprensione dei macro-scenari. I contenuti sono piccole porzioni di informazioni che si
focalizzano su una singola idea o un singolo argomento. Il principio di fondo del
microlearning è che microcontenuti possano raggiungere la persona in luoghi e momenti
diversi della giornata, come frammenti di un tutto che verrà a formarsi e a sedimentarsi nella
mente del discente (Lindner M., 2007)
120
Una nuvola di etichette, o di parole (tag cloud, o word cloud), è una rappresentazione
visiva di parole chiave usate in un sito web.
121
Per expectancy grammar (o grammatica dell'anticipazione) si intende la capacità di
prevedere ciò che può essere detto in un dato contesto linguistico e extralinguistico. Essa si
basa sulle conoscenze linguistiche, comunicative ed enciclopediche del soggetto e costituisce
il meccanismo principale per attivare il processo di comprensione (Balboni, 1998).

75
Figura 8: fase di pre-contatto costituita da un tag cloud

La fase di contatto con il testo è costituito da un link ad una canzone


attraverso la quale vengono proposte attività di verifica delle ipotesi formulate
nella fase precedente, ascolto e comprensione e un quiz formulato per
verificare l’effettiva comprensione del testo della canzone (queste due attività
venivano proposte sul sito del progetto, oggi non più raggiungibile).

Figura 9: fase di contatto costituita da una canzone e da alcune attività.

76
La terza ed ultima fase è la fase di post-contatto con il testo. Viene proposto
qui un testo da leggere per approfondire il tema preso in esame (la radio) e
viene posta una domanda aperta per stimolare la produzione scritta e
l’interazione con gli altri studenti.

Figura 10: fase di post contatto: un testo da leggere per approfondire.

Nel corso della sperimentazione, sono state distribuite due griglie di


monitoraggio: una per gli studenti e una per i docenti. La griglia per gli
studenti mirava ad ottenere dati riguardanti la navigazione e le risorse
utilizzate (siti, traduttori online, dizionari online). La griglia per il docente ha
permesso di monitorare le attività erogate per l’apprendimento della lingua e
della cultura italiana tenendo conto della partecipazione degli utenti e delle
azioni svolte (Mi piace, commenti, condivisioni).
Con questo uso di Facebook sembrerebbe dunque colmarsi la distanza
tra apprendimento e acquisizione dell’italiano L2, ossia la distanza tra il
momento formativo strutturato e formale e il momento di approccio
spontaneo al linguaggio nella vita di tutti i giorni.

77
4.4 Blog, racconto 2.0

Figura 11: una pagina del blog Racconto L2.0, oggi non più online.

Racconto L2.0 è un progetto sviluppato da Alessandra Giglio, ricercatrice e


lettrice di lingua italiana presso l’università di Dalarna (Svezia). Il progetto
prevede l’uso del blog come strumento per esercitare la scrittura creativa
attraverso la collaborazione online e può essere utilizzato da studenti
madrelingua italiani o apprendenti di lingua italiana. Il CMS 122 (Content
Management System) utilizzato per creare il blog è stato Wordpress, uno dei
servizi più utilizzati per la creazione di blog, anche multiutente. Racconto L2.0
è stato testato in 5 diversi contesti educativi e in 2 contesti di formazione di
futuri insegnanti. Gli utenti coinvolti nella fase di testing sono stati 162, di cui
97 studenti e 65 futuri docenti di diversa provenienza, età, background

122
Sigla di Content management system. Applicazione web che permette di aggiungere,
aggiornare, classificare e pubblicare contenuti su un sito Internet mediante un pannello di
amministrazione visuale, attraverso cui è possibile formattare il testo, inserire contributi
multimediali e assegnare il contenuto alla sezione del sito appropriata. Il CMS archivia i
contenuti in un database mantenendo distinto il lavoro di aggiornamento degli stessi da
quello d’impaginazione grafica e di programmazione, consentendone la gestione anche a chi
non possiede conoscenze di informatica. Alla pubblicazione di una nuova pagina, il CMS si
occupa d’inserire il testo in un template grafico e di aggiornare i menu di navigazione e i link
interni al sito sulla base delle regole impostate dal webmaster
(http://www.treccani.it/enciclopedia/cms_%28Lessico-del-XXI-Secolo%29/)

78
scolastico, competenza linguistica e motivazione di studio dell’italiano. Le
sperimentazioni hanno consentito un’analisi quantitativa e qualitativa dei
risultati ottenuti. Anche il blog Racconto L2.0, così come il progetto LIPS, ha
esaurito la sua funzione con la fine dei corsi di lingua ed oggi non è più
disponibile in rete, ma l’esperienza “digitale” ha dato vita ad un tradizionale
libro cartaceo123, pubblicato però attraverso un canale che si è affermato con
il web 2.0: l’autoedizione124. Ma in cosa consiste questo progetto? Giglio
definisce Racconto L2.0 uno spazio online che nasce come palestra per far
esercitare gli studenti stranieri nell’utilizzo della lingua italiana, uno strumento
che mette a disposizione di ciascun utente uno spazio narrativo dove egli
possa immedesimarsi nel ruolo di narratore. Gli studenti, accedendo al blog,
si trovano di fronte ad una pagina bianca, che dovranno riempire con il
proprio testo narrativo. Il tema della narrazione è prevalentemente libero ma
segue comunque un input iniziale fornito dal docente. La composizione di
ogni “capitolo” viene guidata dal docente attraverso alcune tracce narrative
presentate sotto forma di carte ispirate al gioco mettiamo le carte in favola125
descritto da Rodari ne La Grammatica della fantasia126.

123
Il titolo del libro è “Racconto L2.0, esercitare la produzione narrativa in rete” ed è
acquistabile al seguente indirizzo: http://ilmiolibro.kataweb.it/libro/manuali-e-
corsi/72648/racconto-l2-0/
124
L'autoedizione (o self-publishing o autopubblicazione) è la pubblicazione di un libro (o di
un'altra opera editoriale) da parte dell'autore, senza passare attraverso l'intermediazione di
un editore. Si tratta in altri termini della possibilità di auto pubblicare propri scritti, saggi e
novelle mediante le nuove tecnologie.
125
Le carte in favola riproducono personaggi, oggetti, luoghi, situazioni. Si sceglie una carta e
si comincia a raccontare, interpretando l’immagine riprodotta. Si prosegue con le carte
successive, cercando di mantenere un filo narrativo che le unisca. La narrazione può essere
registrata o trascritta, per poi essere illustrata o rielaborata. Gianni Rodari riprende questo
gioco da Franco Passatore. Il gioco è ispirato dalle teorie dell'etnologo russo Vladimir Propp e
dalle sue carte di Propp.
126
La Grammatica della fantasia. Introduzione all'arte di inventare storie è l'unico volume
teorico dello scrittore italiano Gianni Rodarii e la sua opera più importante. Fu pubblicato per
la prima volta in Italia nel1973, presso Giulio Einaudi Editore.

79
Figura12: una carta da gioco utilizzata in Racconto L2.0

Questo tipo di creazione testuale permetterebbe allo studente di


sentirsi libero di poter dare vita autonomamente alla narrazione e, allo stesso
tempo, al docente di orientarla facendo sì che lo studente si eserciti in questa
o quell’altra funzione narrativa. Questo espediente dovrebbe superare il puro
e semplice esercizio linguistico-grammaticale rendendo la produzione scritta
un’attività motivante e divertente. L’unico limite imposto agli studenti è il
limite di 100 parole per capitolo. Questa limitazione viene giustificata da
Giglio con due motivazioni: una di carattere grafico e una
metodologico\didattico. Il testo narrativo deve rientrare nelle carte da gioco
ed entro questo spazio non rientrano più di 100 parole. Questo limite si rivela
però utile per abituare gli studenti alla sintesi: obbligando chi scrive a
scegliere con cura “le sue 100 parole” per ciascun capitolo, si tenta di
insegnare ad evitare divagazioni e ripetizioni, pericolose per una narrazione
efficace. Come quasi tutte le forme di comunicazione del web 2.0 anche
questo blog è aperto al contributo degli altri studenti che possono leggere i
racconti dei loro compagni, commentarli ed esercitarsi nell’(auto)correzione di
possibili errori e sviste, stimolando la metariflessione sulle strutture

80
linguistiche presentate e portando così alla creazione di una peer
community127 di apprendimento collaborativo.
Alla fine di ogni sperimentazione sono stati somministrati dei
questionari agli utenti per analizzare il gradimento e verificare potenzialità e
criticità di Racconto L2.0. I risultati riportati da Giglio sembrano essere
positivi ed incoraggianti per l’uso di uno strumento come Racconto L2.0 in
classi di apprendenti italiano L2 di livello medio-alto. Il 26% degli studenti ha
dichiarato di aver faticato a portare a termine il compito. Di questa
percentuale, il 17% faceva parte della sperimentazione di livello linguistico in
assoluto più basso e probabilmente meno adeguato allo strumento. L’88,8%
degli studenti intervistati ha trovato lo strumento utile (con picchi del 100%
in 3 delle 5 sperimentazioni) e l’81,6% dei partecipanti alla sperimentazione
ritiene di avere migliorato le proprie abilità di scrittura. Nel complesso, il
progetto è piaciuto all’88,6% degli studenti intervistati, che hanno trovato
l’attività interessante, stimolante, creativa, fantasiosa. Il 51,25% degli
intervistati sostiene di aver migliorato anche le proprie capacità informatiche
evidenziando un valore aggiunto e non atteso al progetto, e dimostrando che
imparare attraverso Internet può aiutare ad imparare ad usare Internet.
Secondo il parere della maggioranza degli studenti che hanno risposto ai
questionari, questa attività avrebbe contribuito a vivacizzare il clima di classe
e a renderlo più dinamico, permettendo loro di utilizzare la propria creatività
senza che le peculiarità glottodidattiche del corso venissero meno.

127
Per Peer Community (letteralmente comunità di pari) si intende una comunità virtuale, non
ordinata gerarchicamente nella quale tutti i partecipanti hanno la facoltà di contribuire allo
sviluppo dei contenuti.

81
Conclusioni

All’inizio di questo lavoro pensavo che la tematica che avevo deciso di


affrontare fosse poco studiata e che non esistessero molti casi di applicazioni
del web 2.0 all’insegnamento delle lingue. Il web sociale, così presente nei
dibattiti sulla carta stampata e in televisione, viene presentato spesso nella
sua veste più negativa e raramente si assiste a dibattiti o servizi che pongano
l’accento sugli aspetti positivi di questo mezzo; inoltre l’applicazione del web
2.0 alla didattica è quasi completamente assente nell’informazione
mainstream. Fortunatamente, nel corso del lavoro di ricerca ho avuto il
piacere di scoprire un mondo in fermento, ricco di apporti, contributi ed
esperienze reali di uso del web come supporto per l’insegnamento della
lingua italiana.
Il tema trattato è, per sua natura, vasto e disordinato e, alle volte, la
trattazione può essere sembrata confusa o disarticolata ma, parafrasando,
Antoine Meillet, tout se tient. Tutto si tiene insieme ed è difficile, se non
impossibile, avvicinarsi a questa tematica senza tenere conto di tutti i fattori
coinvolti: tecnici, sociali, psichici, legali, filosofici, etici.
Una delle domande da cui è scaturita questa mia riflessione (forse la
più importante) era se fosse possibile e, soprattutto, utile utilizzare il web 2.0,
nell’ambito della didattica linguistica, e, ancor di più, di una lingua L2. Credo
che la risposta sia che, più che possibile e utile, è addirittura necessario. Gran
parte dell’informazione passa attraverso il web, il processo di digitalizzazione
di enti pubblici e privati procede sempre più rapidamente, le comunicazioni
personali passano prevalentemente attraverso applicazioni di instant
messaging. Fenomeni come questi renderanno sempre più necessaria una
buona competenza digitale e “imparare il web” sarà sempre più importante.
Ad oggi si impara ad utilizzare le tecnologie informatiche senza un vero e

82
proprio processo di apprendimento e, per alcuni usi, potrebbe anche bastare;
ma, se vogliamo che gli studenti di oggi acquisiscano una cittadinanza
digitale, ritengo che sia importante anche un insegnamento formale del web.
I tentativi di sfruttare questi potenti mezzi per migliorare
l’insegnamento sono molti e molto interessanti; ciononostante sembra
esistere ancora un muro di paura e diffidenza nei confronti delle nuove
tecnologie. Molti insegnanti temono di uscire da un cammino consolidato,
come può essere il libro di testo, per avventurarsi in territori sconosciuti e
difficilmente controllabili. Balboni afferma che: «insegnare le lingue straniere
oggi ignorando le glottotecnologie significa non essere professionisti »
(Balboni, 2003, p.137). Pur non condividendo in toto questa affermazione
così perentoria, ritengo che i professori debbano fare questo enorme sforzo
ed iniziare a pensare al digitale, non solo come un’opzione ma come una
necessità da inserire nei loro programmi e in questo dovrebbero essere aiutati
da enti ministeriali e dalla unione europea che non dovrebbe limitarsi a
fornire delle linee guida ma impegnarsi nel promuovere delle buone pratiche,
corsi di formazione per i docenti, disponibilità di reti wireless. e delle nuove
forme di insegnamento.
Forse, tra qualche anno, i social entreranno a pieno nella didattica
come è stato per televisioni, registratori. Al momento le molte
sperimentazioni non hanno ancora avuto la possibilità di fornire dati certi,
anche a causa della troppo recente affermazione di questi mezzi. Continuo
però a credere che gli sforzi in questo senso vadano moltiplicati perché siamo
in un momento cruciale e tutto ciò che perdiamo oggi forse non potrà essere
recuperato in seguito.
Nella sezione che segue riporto i risultati di un’indagine che ho
condotto sull’utilizzo dei social network rivolta a studenti e docenti di italiano
L2. Nonostante i numeri dei soggetti intervistati non consenta di fare delle

83
generalizzazioni, tuttavia ritengo che le risposte di questo piccolo campione
possano confermare la tendenza a favore dell’uso dei social in classe. Come
vedremo, infatti, i social network sono già una realtà piuttosto significativa e
la maggioranza dei soggetti intervistati ne ha già avuto un’esperienza
positiva.

84
Appendice

Un’indagine sugli usi e sulla percezione che studenti e docenti


hanno dei social network.

Ritengo che sia importante chiedersi cosa ne pensano studenti e docenti


dell’applicazione delle nuove forme di comunicazione all'insegnamento poiché
loro sono i principali protagonisti del processo di
insegnamento\apprendimento e, come tali, penso che sia fondamentale
ascoltare la loro voce.
In ambito italiano esistono diversi studi che hanno cercato di
analizzare gli usi di queste nuove tecnologie da parte di studenti e professori
di ogni ordine e grado128.
In questo lavoro ho cercato di fornire un piccolo contributo
somministrando due questionari in cui ho interrogato docenti e studenti di
italiano L2 circa il loro rapporto con i social network, l’uso che ne fanno in
ambito didattico e i loro pareri riguardanti l’effettiva utilità di questa forma di
comunicazione. Ho scelto il social network perché ritengo che sia l’ambiente
virtuale più frequentato e che riassuma in sé tutte le particolarità, sia a livello
di interazione che a livello di testualità, che ritroviamo nelle altre forme di
comunicazione.
I questionari sono stati somministrati a studenti e docenti di italiano L2
dei corsi di lingua e cultura italiana delle Università per stranieri di Perugia e

128
In ambito accademico, un lavoro interessante è quello di Stefania Manca e Maria Ranieri
(2014). In questa indagine vengono analizzate le pratiche digitali degli universitari italiani,
con particolare attenzione ai Social Media e agli usi e alle percezioni che gli accademici hanno
circa il potenziale di questi strumenti per la didattica. Per quanto riguarda la scuola
secondaria, invece, si può consultare il lavoro di Stefania Bianco e Valentina Grion (2015)
dell’Università di Padova. Alcune domande del questionario che ho sottoposto a studenti e
docenti sono state riadattate da questi lavori.

85
Siena e ad apprendenti di italiano che frequentano gruppi Facebook per
l’autoapprendimento e la pratica della lingua italiana129. Il sondaggio è stato
sviluppato e somministrato utilizzando la piattaforma Google moduli130. Sono
stati generati 2 link separati131, uno per i docenti ed uno per gli studenti. Le
domande sono state strutturate in quattro macrosezioni:

● domande statistiche di carattere generale;


● domande riguardanti l'uso quotidiano dei social network;
● domande riguardanti le esperienze di applicazione dei social
network all’insegnamento;
● domande per conoscere pareri e opinioni sull’utilità dei social
network nell’insegnamento\apprendimento dell’italiano L2.

Il sondaggio è durato circa due mesi ed ha coinvolto 23 docenti e 53 studenti.


Gli studenti che hanno risposto al questionario sono un campione
abbastanza eterogeneo per età, sesso e provenienza anche se si registra una
sensibile maggioranza di studenti di sesso femminile, giovani e provenienti
dalla Cina.

129
A tal proposito vorrei ringraziare per la collaborazione e l’aiuto fornitomi le professoresse
Margutti, Falcinelli e Silvestrini. Ringrazio anche gli amministratori dei gruppi “Impariamo
l’italiano” e “Imparare l’italiano” per avermi permesso di pubblicare i questionari sulle pagine
dei loro gruppi.
130
Google Moduli è un programma gratuito basato sul web che permette di produrre
sondaggi e presentazioni. Google Moduli fa parte di un insieme di programmi per ufficio
offerta da Google che permette agli utenti di creare e modificare documenti online e di
collaborare con altri utenti in tempo reale. (https://it.wikipedia.org/wiki/Google_Documenti).
131
Gli indirizzi Internet attraverso i quali si può accedere ai sondaggi sono: bit.ly/l2studenti
per il questionario per gli studenti e bit.ly/l2docenti per il questionario per gli insegnanti.

86
87
La maggioranza quasi assoluta degli intervistati dichiara di vivere in Italia e di
studiare la lingua italiana da meno di 5 anni.

88
Quasi tutti utilizzano almeno un social network e tra i social preferiti ci sono
Facebook e Instagram, un po’ più distaccato Twitter. Il 75% dichiara di
trascorrere almeno un’ora al giorno utilizzando i social network e il 25%
dichiara di passare più di 5 ore al giorno utilizzandoli.

89
La fortissima crescita dell’accesso a Internet in mobilità emerge chiaramente
dal dato dell’uso prevalente degli smartphone come strumento principale per
accedere ai social network.

La maggior parte degli intervistati (58,9%) utilizza prevalentemente i social


per scopi ludici o nel tempo libero, il 35,3% li usa sia per lavoro che per
divertimento e solo il 5% dichiara di utilizzarli prevalentemente per studio o
lavoro. Tra le attività preferite ci sono la condivisione di link (62%), il

90
commento di post e il controllo dell’attività (54%) e degli aggiornamenti di
stato degli amici (52%).
La metà degli intervistati dichiara di utilizzare i social network
indifferentemente o prevalentemente in italiano ma, tra chi è in Italia e studia
l’Italiano da meno di un anno la percentuale di chi utilizza i social
prevalentemente nella lingua madre sale sensibilmente (63%).
Probabilmente, nel caso di studenti provenienti da culture molto lontane (ad
esempio Cina o Korea), il social network costituisce un cordone ombelicale
che lega alla cultura e alla lingua madre piuttosto che un ponte verso la
cultura e la lingua target (l’italiano nel nostro caso). Naturalmente, in questo
contesto potrebbe giocare un ruolo importante anche il livello di conoscenza
della lingua che impedirebbe di comprendere e partecipare pienamente alle
interazioni sui social network.
Quasi il 70% degli studenti ha sperimentato l’uso dei social network,
applicato prevalentemente all’insegnamento di materie umanistiche (80,6%).
La maggior parte degli studenti che hanno sperimentato questo tipo di
supporto all’insegnamento ha trovato l’esperienza abbastanza (64,1%) o
molto (23,1%) interessante.
La maggioranza del campione dimostra di non avere problemi a
condividere il proprio profilo pubblico con compagni e insegnanti e il 70% ha
già tra i suoi “amici” degli insegnanti.
Infine, più del 90% degli intervistati ritiene utili i social network come
supporto all’insegnamento della lingua italiana e crede che possano migliorare
la loro capacità di scrittura.
. Per quanto riguarda i docenti, la maggior parte degli intervistati è di
sesso femminile, mentre, i dati riguardanti età e “anzianità” di insegnamento
risultano più eterogenei.

91
Un dato piuttosto sorprendente, seppur confermato da numerose
statistiche, è quello riguardante il numero di utenti dei social network.
Nonostante i docenti sembrino meno dipendenti rispetto agli studenti in
termini di tempo trascorso sui social (solo il 13% dichiara di trascorrere più di
10 ore settimanali sui social), la totalità degli intervistati dichiara di avere un
account. Il social network più utilizzato risulta, di gran lunga, Facebook

92
(100%), seguito da Linkedin, un social network molto utilizzato in ambito
professionale (da qui si spiegherebbe, forse, il grande divario tra il 20% degli
studenti e il 60% dei docenti).

Anche l’uso che i docenti fanno dei social differisce molto da quello
degli studenti. Più del 70% dei docenti (contro il 41,2% degli studenti)
dichiara di usare i social per scopi professionali, specialmente per reperire e
condividere informazioni con altri colleghi.

93
Più della metà degli insegnanti dichiara di aver utilizzato i social
network in classe ma solo il 30% lo fa abbastanza spesso. Tra coloro i quali
hanno dichiarato di utilizzare i social in aula, più del 70% lo hanno fatto per
condividere materiali da far visionare e commentare agli studenti, il 55% li ha
usati per proporre giochi didattici finalizzati all’insegnamento e la stessa
percentuale li usa per “comunicazioni di servizio” (cambi di orario,
sospensione lezioni). Un dato interessante è quello che riguarda l’uso dei
social in classe: il 30,4% degli intervistati dichiara di utilizzare abbastanza
spesso i social in classe e tra questi, il 90% ha più di 46 anni e 10 anni di
insegnamento alle spalle, solo il 10% ha un’età compresa tra i 25 e i 35 anni
e meno di 5 anni alle spalle. Questo dato dimostrerebbe, forse, che per
“rischiare” un tipo di insegnamento di questo tipo è necessaria un’adeguata
esperienza con metodi più tradizionali alle spalle e che i docenti esperti
preferiscano non avventurarsi in terreni ancora poco percorsi.
I docenti si sono rivelati molto disposti all’uso dei social network in
classe ritenendo che i social possano essere utili sia per gli insegnanti di
italiano che per gli apprendenti e che il ruolo dei social network applicati
all’insegnamento sia destinato ad aumentare.
Secondo i dati ottenuti, i punti di forza di un insegnamento supportato
dai social network sarebbero, principalmente, l’esposizione a materiale
autentico, il contatto con la lingua viva e il filtro tecnologico, costituito dallo
schermo, che permetterebbe anche a studenti più timidi e introversi di
interagire più facilmente con i compagni e con i professori.
Tra le criticità legate all’uso dei social network in classe, i docenti
hanno evidenziato problematiche di natura legale (privacy), sociale (perdita
del calore dei contatti reali e bisogno di separare l’account personale da
quello usato per i corsi) e veri e propri ostacoli più strettamente legati alla
didattica (effetti di distrazione).

94
I risultati ricavati da questo lavoro sembrano confermare una generale
tendenza all’apertura nei confronti dell’uso dei social network come supporto
per l’insegnamento dell’italiano, sia da parte degli studenti che da parte dei
docenti.
Un pensiero molto diffuso vorrebbe i giovani più propensi ed esperti
nell’uso dei nuovi mezzi di comunicazione. I dati raccolti da questi questionari
sembrerebbero invece smentire questo luogo comune poiché le
caratteristiche anagrafiche degli intervistati non sembrano influenzare
significativamente i dati riguardanti le pratiche di social networking e le
opinioni sull’applicazione dei social all’insegnamento della lingua italiana.
Certamente alcune differenze negli usi e nell’intensità dell’uso dei social
network si può evidenziare tra studenti adulti e studenti giovani e tra docenti
e studenti ma probabilmente questa differenza sarebbe maggiormente
imputabile a parametri diversi riguardanti, ad esempio, la professione (il
maggior uso di Linkedin o l’uso dei social per scopi professionali da parte dei
docenti) piuttosto che l’età, il sesso o la provenienza geografica.
Per ciò che concerne le esperienze di insegnamento supportato dai
social network, i dati sembrano incoraggianti. La maggioranza degli studenti e
dei docenti dichiara di aver già sperimentato l’uso dei social network in classe
con risultati più che soddisfacenti anche se, per ora, solo il 30% degli
insegnanti dichiara di utilizzarli sistematicamente.
In una prospettiva futura sia i docenti che gli studenti si rivelano
ottimisti e ben disposti verso un’applicazione più intensa dei social network
all’insegnamento della lingua italiana evidenziandone, come aspetti positivi, la
possibilità di migliorare la scrittura, l’aumento della motivazione negli studenti
e il contatto con materiale autentico e con la lingua viva.

95
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