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TECNOLOGIE

DIDATTICHE

Prof. Alberto Fornasari


alberto.fornasari@uniba.it
Programma

Il testo di Bonaiuti, Calvani,


Menichetti e Vivanet
permette di comprendere
come utilizzare le
tecnologie digitali in
maniera pedagogicamente
significativa
Il testo di David
Buckingham è una pietra
miliare della media
education internazionale e
offre a insegnanti e
educatori un ampio
ventaglio di spunti
pedagogici, teorici e
didattici sulla funzione,
sulle modalità di un
apprendimento critico e
consapevole dei media.
Contenuti del corso
La formazione verterà, in particolare,
Interazione cognitiva per
sui seguenti contenuti: comprensione
apprendere ● Modelli
delle dinamiche interattive tra
tecnologici per l’istruzione ●
studente e dispositivo tecnologico;
Tecnologie per apprendere
potenzialità e vincoli delle tecnologie;
● Il quadro di riferimento
uso dei modelli tecnologici nella
Unesco delle competenze
pratica didattica; vantaggi e svantaggi
per i docenti sulle TIC. ● Il
dell’uso delle tecnologie sul piano
Piano Nazionale Scuola
degli apprendimenti; tecnologie come
Digitale ● La scuola in rete
oggetto di apprendimento per lo
● Flipped learning e flipped
sviluppo delle competenze digitali;
teaching: i metodi di flipped
media education; come le tecnologie
classroom ● Tecnologie
trasformano l’ambiente di
come oggetto di
apprendimento e come facilitano i
apprendimento ●
processi lavorativi; creazione di
Tecnologie nel contesto di
OERS; tecnologie e formazione
apprendimento
universitaria: i MOOC.
Incontri e appelli

Incontri
• MAGGIO mercoledì 5, 12, 19,26
• GIUGNO 3, 9, 16, 23, 30
• Orario 15.00-18.00 Codice teams:3ev3usq
Appelli
• 7 LUGLIO
• 21 LUGLIO
• 13 SETTEMBRE
Organizzazione della lezione:
15.00-16.00 Lezione frontale
16.00-16.15 Pausa caffè
16.15-17.15 Attività
17.15-18.00 Ospite privilegiato/ Discussione
sull’attività svolta
Tecnologie didattiche

Definizione dei termini

Evoluzione della
tecnologia e del testo

Digital Storytelling
Introduzione

“Una volta, la presenza fisica era un requisito essenziale


per l’esperienza diretta. Per esempio, se si voleva vedere
e ascoltare un presidente che parlava nel suo ufficio
bisognava esserci. Se si leggeva il suo discorso sul
giornale, o se si ascoltava un resoconto dato da un’altra
persona presente all’avvenimento, ciò che si leggeva o si
ascoltava era tutt’al più un’informazione di seconda
mano. Un tempo, le comunicazioni dal vivo e quelle
mediate erano molto diverse fra loro. Oggi non è più così”
(Meyrowitz, 1986:1)
Introduzione
• L’uomo ha creato degli amplificatori culturali, così
definiti da Bruner, sia sul piano motorio sia sul piano
sensoriale e comunicativo sia sul piano culturale e
cognitivo.
• Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione
sono entrate a far parte della nostra esperienza
quotidiana, trasformando le moderne società̀ in ambienti
virtuali, in cui si inseriscono le nuove generazioni digitali,
costantemente immersi in un ambiente ricco di strumenti
tecnologici, capaci di “parlare” il linguaggio digitale e in
grado di creare nuove forme comunicative attraverso il
riuso dei diversi codici mediali.
• Alternanza real world e e-world.
Introduzione
• Gli apparati tecnologici hanno riconfigurato le modalità
espressive, comunicative e di produzione della
conoscenza degli esseri umani e quindi della stessa
cultura.
• I nuovi media digitali, nello specifico media interattivi,
online network e i media per la comunicazione sociale,
interrelati ai media tradizionali (libri, televisione, radio,
etc.) generano nuove pratiche mediali e culturali,
rivoluzionando il processo di produzione e
partecipazione ai media stessi (Buckingham, 2002; Ito et
al., 2009)
Definizione dei termini
Media e nuovi media
• Il termine medium identifica i dispositivi tecnologici
digitali; è il mezzo che modifica e trasforma la situazione
comunicativa.
• Secondo McLuhan ogni medium altera il modo in cui gli
uomini vedono e percepiscono il mondo.
• I media sono qualche cosa che si pone in mezzo, tra due
soggetti interagenti, sostituendo la comunicazione con
una esperienza mediata non diretta (Soriani, 2019).
• I nuovi media sono i media passati per un processo di
digitalizzazione che ha modificato la natura stessa dei
supporti (es. stampa tradizionale o digitale)
Definizione dei termini
Interfaccia
• L’interfaccia è una superficie di contatto, ovvero il luogo in
cui due sistemi o due ordini di realtà si incontrano e
comunicano.
Interazione e interattività
• L’interazione è lo scambio tra gli esseri umani.
• L’interattività è il feedback che il computer fornisce alle
azioni di un soggetto o di un altro computer.
• La possibilità di agire attraverso l’interfaccia consente
l’attivazione di una “conversazione uomo macchina”,
esprimendosi in una forma di interattività compiuta.
Definizione dei termini
• Interattività trasmissiva: l’utente può scegliere di selezionare
un’informazione da un flusso unidirezionale (macchina-utente).
• Interattività consultativa: il medium permette all’utente di
effettuare una scelta a partire da una selezione
predeterminata, in un sistema bidirezionale (macchina-utente-
macchina), come nel caso dei servizi di video on-demand o
delle enciclopedia su CD-ROM.
• Interattività conversazionale: permette all’utente di attivare
un flusso bidirezionale con la macchina, ricevendo e
producendo input in maniera sincrona o asincrona (es. sistemi
di videoconferenza, e-mail, ecc.).
• Interattività registrativa: il sistema registra un input da parte
dell’utente e codifica risposte adattive sulla base dei bisogni e
delle azioni dell’utente (es. agenti intelligenti, sistemi di
sorveglianza, ecc.).
Definizione dei termini
Multimedialità
• Per multimedialità si intende la «perfetta integrazione di
dati, testi, suoni e immagini di ogni genere all’interno di un
unico ambiente informativo digitale» che genera
«un’interconnessione così stretta da far perdere le
caratteristiche individuali dei singoli media» (Mascheroni
e Pasquali, 2006, p. 75).
• La multimedialità «non va identificata con la semplice
“disponibilità di più media” nella comunicazione […] bensì
con “l’integrazione”, guidata da una tassonomia che
relazioni le caratteristiche tecnologiche, linguistiche,
psicologiche dei media con le funzioni didattiche della
comunicazione educativa» (Galliani, 1999, p. 22).
Definizione dei termini
• Secondo Galliani (1999) la multimedialità si esprime su
diversi fronti:
• dei linguaggi (integrazione fra analogico e digitale);
• dei modelli comunicativi (interazione tra comunicazione
interpersonale e di massa);
• delle modalità psicologiche (integrazione dei processi
percettivi, cognitivi ed emotivi legati a linearità con quelli
legati a simultaneità),
• dei sistemi culturali implicati (integrazione tra cultura
orale, scritta, a stampa, visiva, audiovisiva, informatica,
ecc.).
Definizione dei termini
Reticolarità
• La reticolarità si riferisce all’aspetto
ipertestuale/ipermediale per cui ogni elemento in un
documento può consentire il passaggio ad altri documenti
attraverso collegamenti specifici (link)

Collaboratività
• Le tecnologie ampliano le capacità comunicative e quindi
permettono al soggetto in apprendimento di far parte di
più gruppi, come nelle forme di apprendimento in rete
Definizione dei termini
Accessibilità
• L’accessibilità si riferisce ad artefatti che nelle forme e
limiti consentiti dalle conoscenze tecnologiche, possano
essere fruibili senza discriminazione alcuna.
• Definizione di standard permette anche il diffondersi di
tecnologie assistive.
Usabilità
• L’usabilità è “il grado in cui un prodotto può essere usato
da particolari utenti per raggiungere certi obiettivi con
efficacia, efficienza e soddisfazione, in uno specifico
contesto d’uso” (ISO 9241-210:2010).
• L’usabilità riguarda l’interazione tra utilizzatore e oggetto.
Definizione dei termini
Tecnologia e tecnica
• Guerra (2010) sostiene che il termine tecnologia sia usato in
modo riduttivo per indicare una o più macchine collegate tra
loro.
• Tecnologia deriva dal greco tecno – arte o tecnica e –logia –
discorso su, ragionamento. Tecnologia quindi come studio
sistematico, ragionamento intorno all’uso di un’arte, ovvero di
un saper fare, tecnica (Soriani, 2019).
• Secondo Guerra (2010) l’area di significato della tecnologia
racchiude tre livelli di riflessione:
• Analisi descrittiva delle tecniche
• Comparazione di diverse tecniche
• Identificazione e analisi dei modelli culturali, politici, sociali (soriani,
2019)
Definizione dei termini
• Il filosofo Galimberti (1999) sostiene che la tecnica da
strumento nelle mani dell’uomo, usata per dominare la
natura, sia diventata l’ambiente in cui l’uomo è inserito.
• La tecnica da mezzo per raggiungere il fine, diventa il fine
stesso in quanto gli scopi e fini degli uomini si possono
raggiungere solo attraverso la mediazione tecnica.
• Le tecniche, in quanto accettate e promosso dalla società,
sono un prodotto culturale, ma allo stesso tempo le scelte
tecniche, le tecnologie, determinano le possibilità di
interazione e di espressione e quindi la cultura (Soriani,
2019)
Evoluzione delle tecnologie
• Il processo di ripensamento tecnologico ha favorito,
principalmente, il passaggio dalla monomedialità̀, che
caratterizza la forma narrativa tradizionale, alla
multimedialità, che invece consente un’integrazione e
interazione a livello sensoriale, linguistico e tecnologico
tra la parola, il suono e l’immagine, favorendo la gestione
di nuovi canali comunicativi
• I paradigmi attraverso i quali gli strumenti della
comunicazione rendono possibile l’integrazione e la
concettualizzazione delle esperienze e conoscenze sono:
il paradigma della scrittura tradizionale, che si presenta
chiuso, lineare e razionale; quello dei prodotti
massmediali e multimediali caratterizzati da circolarità,
immersività̀ e flessibilità.
Evoluzione delle tecnologie
• Secondo Henry Jenkins il cambio essenziale dei media
deve essere rintracciato nel concetto di partecipazione:
definisce la nuova cultura partecipativa (partecipatory
culture) come “la cultura in cui fan e altri consumatori
sono invitati a una attiva partecipazione nella creazione e
circolazione di nuovi contenuti” (2006: 257).
• Aspetto della “remixabilità” dei media e dei contenuti
mediali, tipica della cultura digitale, risponde al paradigma
della convergenza mediale, intesa sia come processo
tecnologico che culturale (Jenkins, Deuze, 2008: 7).
Storie, idee, immagini, conoscenze e contenuti sono,
dunque, ri-mediati attraverso la scrittura mediale, dando
origine a nuovi testi e generando nuove forme di
espressione culturale.
Evoluzione delle tecnologie
• Storia dello sviluppo dell’umanità è caratterizzata anche
da una storia dello sviluppo “protesico”, di uno sviluppo di
tecnologie diverse.
• La prima fase dell’evoluzione tecnologica nell’ambito della
comunicazione è rappresentata dalla scrittura.

Codifica dei linguaggi in un sistema di segni trasmesso su


supporti fisici. Consente l’immagazzinamento dei suoni della
lingua parlata, per consentirne un uso duraturo nel tempo,
permettendo, inoltre, la razionalizzazione delle esperienze e loro
rappresentazione.
Scrivere obbliga a potenziare le capacità di analisi e riflessione.
Evoluzione delle tecnologie
• Lo scrivere su un supporto fisico comporta una
separazione tra il soggetto che scrive e il soggetto che
legge.
• Sviluppo in occidente un modello di razionalità
alfabetica, ovvero dove il significato della parola scritta è
sorretto da una successione lineare di significati, caratteri
e insiemi di caratteri (Ferri, Moriggi, 2018).
• La scrittura ha avuto un ruolo centrale nei processi di
civilizzazione.
• Bolter sviluppa il concetto di spazio dello scrivere per la
comprensione dell’evoluzione delle tecnologie della
scrittura (Ferri, Moriggi, 2018).
Evoluzione delle tecnologie
• Lo spazio della scrittura è un “qualsiasi campo fisico e
visivo definito da qualsivoglia tecnologia della
scrittura…ogni tecnologia offre un differente spazio”
(Bolter, 1991:16).
• Ogni scrittura ha carattere spaziale, quindi ogni tecnologia
della scrittura ha uno spazio fisico e specifico con proprie
caratteristiche e che implica forme di creazione,
produzione, trasmissione e diffusione del sapere (Ferri,
Moriggi, 2018).
• Platone nel Fedro critica la scrittura in quanto pericolosa
perchè rende fissa, rigida e inerte la potenza del dialogo e
della discussione.
Evoluzione delle tecnologie
• I pregi della scrittura rispetto alla oralità sono:
• la capacità di esternalizzare e potenziare la memoria;
• Separare nel tempo e nello spazio il lettore dallo
scrittore redendo più trasmissibile e riproducibile la
comunicazione;
• Stabilire un testo univoco e immodificabile per i posteri.
• La seconda fase dell’evoluzione tecnologia nell’ambito
della comunicazione si ha nel XV secolo con l’invenzione
della stampa a caratteri mobili realizzata dal tipografo
Johannes Gensfleisch della corte di Gutenberg.
Evoluzione delle tecnologie
• Lo spazio della scrittura, secondo la tesi di Bolter, si
identifica con la pagina bianca su cui si susseguono
significati ordinati linearmente e dove ogni pagina è legata
ad altre pagine.
• Il libro a stampa si pone come una specifica interfaccia
cognitiva: copertina, frontespizio, diversi livelli di indici,
successione lineare delle pagine, loro numerazione,
capoversi.
• Il libro a stampa è stata la tecnologia caratterizzante
dell’epoca moderna in quanto ha contribuito alla
realizzazione della società moderna (Ferri, Moriggi, 2018)
Evoluzione delle tecnologie
• Marshall McLuhan ha individuato delle innovazioni
apportate dal libro a stampa rispetto alla cultura
chirografica del manoscritto:
• Stabilisce la fissità monumentale dell’informazione
• Produzione di numeri elevati di copie identiche
• Reintroduzione della separazione tra lettore e autore
• Con la stampa è possibile garantire l’accesso alla cultura
ad un numero più elevato di persone.
• Con la nascita del libro moderno si assiste a un cambio
nella modalità̀ di scrittura (rispetto ai manoscritti): c’è una
maggiore attenzione alle regole ortografiche, l’uso di un
sistema più logico della punteggiatura, la divisione del
testo in paragrafi.
Evoluzione delle tecnologie
• Il libro ha reso l’accesso alla lettura più semplice e rapido
e cambiato le forme di lettura, non più pubblica bensì
individuale, con conseguente miglioramento e diffusione
dell’alfabetizzazione e dell’educazione.
• La tecnica della stampa ha anche influenzato le strutture
cognitive dell’uomo: ogni testo scritto occupa non solo
uno spazio fisico ma anche logico e concettuale nella
mente.
• La stampa ha modificato la modalità di approccio alla
informazione e alla formazione, portando alla nascita
della figura dell’autore e del lettore/pubblico e alla
forma di organizzazione e diffusione del sapere dal
centro alla periferia (Ferri, Moriggi, 2018).
Evoluzione delle tecnologie
• La figura dell’autore fa emergere anche il fenomeno della
autorialità.
• Autore legato al suo testo e grazie alla sua opera è
portatore di autorità.
• Il lettore in una posizione passiva rispetto ai caratteri della
stampa, subisce una trasformazione nei termini della
individualizzazione.
• Nasce anche il concetto di pubblico inteso come insieme
di lettori-individui (Ferri, Moriggi, 2018).
• La tecnologia cognitiva gutemberghiana ha portato alla
definizione del modello dal centro alla periferia della
diffusione del sapere e della cultura.
Evoluzione delle tecnologie
• Il rapporto autore-lettore, di tipo uno-molti, si basa su una
trasmissione diretta dei contenuti codificati e fissi da un
centro a una miriade di centri periferici (Feri, Moriggi,
2018).

• Una terza fase dell’evoluzione tecnologica nell’ambito


della comunicazione vede una ridefinizione dello spazio
della scrittura e lettura con la testualità digitale, con i
social network, internet e il web.
• Gli strumenti offerti dalle tecnologie digitali generano un
sistema di risorse elettroniche capaci di interagire tra loro
attraverso dei collegamenti ipertestuali, quindi una
tipologia di informazione ipermediale.
Evoluzione delle tecnologie
• I contenuti ipermediali sono il risultato dell’unione
dell’ipertesto e del multimediale, sono, infatti, realizzati in
vari formati (video, audio, testo, ecc.) e collegati tra loro
tramite link elettronici.
• L’ipertesto consente di selezionare una specifica parola e
di ricevere informazioni aggiuntive a riguardo attraverso
un clik e questo permette di instaurare una testualità
aumentata.
• L’ipertesto trasforma amplia la tradizionale forma
narrativa, lineare, chiusa e sequenziale (tipica del libro)
rendendola più dinamica, reticolare e aperta,
componendo le informazioni in un modo del tutto nuovo
più vicino al processo di elaborazione delle idee
dell’essere umano (Landow, 1997).
Evoluzione delle tecnologie
• L’ipertesto si ha a partire da un testo che viene
scomposto, atomizzato, e ogni parte viene poi saldata con
altri testi, immagini, video, audio, audio visuale, testi, ecc.,
attraverso dei nodi, rendendo il testo ipertestuale più
interattivo, lasciando cioè libertà al lettore/fruitore/autore
la possibilità di personalizzare il proprio percorso
(Landow, 1997).
• L’ipermedia modifica la gerarchia e l’ordine interni del
testo cartaceo e trasforma anche il rapporto tra autore e
lettore.
• Il lettore non è più passivo nei confronti del testo ma
diventa un lettore attivo, in quanto è lui che rende attiva
la trama dell’ipertesto.
Evoluzione delle tecnologie
• Ripensamento della scrittura nei termini della scrittura
collaborativa: collaborazione tra scrittore, lettore, tecnologi,
videomaker, musicista, editore…
• La scrittura in collaborazione, il social reding e il social writing,
resi possibili dai nuovi media digitali, comporta un accesso più
democratico anche al sapere, alla cultura alta (accesso alle
università).
• Possibilità di mettere in rete le università e quindi creare uno
spazio del sapere pubblico, uno spazio ipertestuale del
sapere, come lo definisce Lévy (Ferri, Moriggi, 2018).
• La multimedialità potenzia le capacità espressive della scrittura
e della scrittura ipertestuale attraverso l’integrazione di testi,
immagini, suoni e video e l’uso di più strumenti tecnologici
digitali, aspetti che ritroviamo nei digital storytelling.
Digital storytelling come pratica
narrativa
• I Digital Storytelling sono brevi storie di carattere
personale o accademico che i digital storytellers
trasformano in video della durata di pochi minuti,
aggiungendo la propria voce a immagini, titoli, effetti e
transizioni che scorrono sullo schermo, a volte
accompagnati da suoni o musica.
• La potenzialità è nella possibilità di coniugare due mondi
fra loro molto diversi: da un lato storie, fiabe, racconti,
narrazioni autobiografiche, dall’altro i nuovi media, gli
strumenti tecnologici innovativi, computer, macchine
fotografiche, telecamere e software come programmi di
editing, di elaborazione delle immagini o dei suoni.
Digital storytelling come pratica
narrativa
• Il digitale si è inserito nello storytelling, divenendo il contenuto
di un altro medium, secondo l’accezione mcluhaniana del “il
contenuto di un medium è sempre un altro medium”.
• I digital storytelling si sono affermati come pratica del
“raccontare storie” attraverso l’impiego di strategie
multimediali a partire dagli anni ’90 con il Center for Digital
Storytelling, dell’Università di Berkley, fondato da Joe Lambert
e Dana Atchley.
• L’impiego dei media nel racconto di storie amplifica le
potenzialità espressive e comunicative della narrazione e
fanno riemergere la caratteristica tradizionale delle storie di
collante culturale in grado di creare aggregazione sociale.
Digital storytelling come pratica
narrativa
• Strumenti come web logs, youtube, flicker, social network,
etc., permettono la condivisione da parte degli utenti di storie
personali, di interpretazioni personali della realtà, ma anche di
commentare e ampliare tali storie attraverso personali
narrazioni.
• Lo scopo della narrazione, nonostante i passaggi e le
trasformazioni che hanno coinvolto le pratiche narrative ed
espressive, rimane quello di comunicare significati.
• La narrazione può essere considerata, come suggeriscono
Petrucco e De Rossi, un “medium creato dalla mente” per
poter rappresentare, comprendere e riflettere sulle esperienze
e sugli eventi (2009: 24).
Digital storytelling come pratica
narrativa
• La capacità interpretativa e di comprensione dell’uomo si
basa sulla struttura narrativa della mente. L’abilità narrativa
dell’uomo è data dalla necessità della nostra mente di
ritenere, ricordare degli eventi, delle esperienze.
• Le narrazioni digitali si inseriscono in questo contesto e
fungono da supporto alla nostra mente, ampliando la capacità
di ricostruzione della memoria attraverso immagini, video,
audio e altri supporti tecnologici.
• La sovraesposizione ai messaggi mediali, la circolazione di
contenuti mediali ha portato il consumatore a una
appropriazione di tutte le informazioni veicolate diventando un
esperto nell’uso delle tecnologie.
Il dibattito scientifico sui DST
• Il presupposto di partenza per la produzione di un digital
storytelling è che tutti hanno una storia da raccontare, le
tecnologie potenziano il significato della storia da
trasmettere, amplificando la voce del narratore.
• Due modelli di digital storytelling:
• modello classico, sviluppato dal Center for Digital
Storytelling di Berkley, che prevede la narrazione di
storie autobiografiche in formati digitali attraverso un
audio narrazione in prima persona e che presentano
una struttura simile a quella della narrativa tradizionale;
Il dibattito scientifico sui DST
• Modello DST Web 2.0, caratterizzato da una maggiore
interattività, sono narrazioni, cioè, che offrono la
possibilità di modificare la storia e co-costruirla
divenendo co-autori, in quanto la struttura non è
predefinita dall’inizio ed utilizzano, infine, più elementi
mediali (immagini, testi, audio, video, musica) senza
l’impiego di un audio narrazione, sfruttando le
potenzialità del web 2.0.
• Le tipologie di storie che possono essere sviluppate con
i media digitali, in particolare per la produzione di digital
storytelling secondo il modello classico sono:
• Storie che raccontano persone importanti
Il dibattito scientifico sui DST
• Storie che raccontano eventi della propria vita
• Storie che raccontano ciò che facciamo
• Per la produzione dei digital storytelling bisogna
possedere e/o acquisire determinate competenze e
conoscenze che riguardano le modalità tradizionali di
scrittura e narrazione, capacità creative, competenze
tecnologiche e di produzione mediale e capacità di
sviluppo di progetti.
• I digital storytelling possono essere un momento di
apprendimento e di alfabetizzazione tecnologica, di
sviluppo di capacità di sintesi, di ricerca e organizzative
più stimolanti e creative delle metodologie tradizionali
Il dibattito scientifico sui DST
• Nello studio condotto sulle DST e loro uso pratico in un
contesto educativo universitario si è posto l’accento sia
sugli aspetti motivazionali di un lavoro/apprendimento
per progetto, centrato sullo studente che trova nell’uso
dei media un supporto alla propria voce; sia sugli aspetti
narrativi ed espressivi delle narrazioni digitali che in un
contesto educativo si caricano di un ulteriore valore che
è quello di apprendere ad utilizzare i sistemi di
rappresentazione e di espressione digitale per poter
trasmettere adeguatamente il proprio messaggio.
• Bisogna che gli studenti imparino ad apprendere con i
media e imparino a pensare criticamente sui media.
Il dibattito scientifico sui DST
• Ohler afferma che l’uso dei DST, oltre a sviluppare
competenze tecnologiche, facilitano lo sviluppo del pensiero
critico e migliorano l’esposizione scritta e le capacità
espressive.
• Un ulteriore aspetto da considerare è lo sviluppo del pensiero
creativo ad opera dei digital storytelling.
• Il processo di creazione di una storia digitale stimola e attiva il
processo creativo, abilita le competenze tecnologiche e il
talento nella produzione mediale, al fine di sviluppare una
personale modalità espressiva.
• Digital storytelling come strumenti motivanti in grado di
potenziare le abilità espressive e creative degli studenti o
soggetti che le producono.
Il dibattito scientifico sui DST
• Le narrazioni digitali possono essere impiegate come
metodologia di insegnamento e apprendimento attiva e
costruttiva, che stimola alla discussione, al confronto,
alla riflessione e alla condivisione attraverso la
narrazione di storie personali, autobiografiche; che
motiva alla ricerca, allo studio e alla partecipazione
attiva alle attività di classe con uso di narrazioni storiche.
• Il racconto di storie in un contesto educativo permette la
contestualizzazione dell’apprendimento in ambienti
significativi e di promuovere dei processi dialogici di
interazione riflessiva.
Il dibattito scientifico sui DST
• I digital storytelling offrono una opportunità̀ di media
literacy più stimolante e coinvolgente rispetto ad altre
metodologie didattiche, immergendo gli studenti in un
ambiente tecnologico a loro noto che facilita l’acquisizione
di competenze e abilità tecnologiche e l’uso critico dei
media.
• L’alfabetizzazione (literacy), da un punto di vista
pedagogico, fa riferimento allo sviluppo delle condizioni
che permettano “una piena ed egualitaria partecipazione
sociale” (The New London Group, 1996).
• Il New London Group ha coniato il termine “multiliteracy”
con cui si riferisce alle differenti alfabetizzazioni
necessarie nell’odierna società al fine di garantire la
partecipazione sociale e i diritti di cittadinanza (1996).
I contesti applicativi ed i modelli delle
narrazioni digitali
• Ciò che distingue il digital storytelling dalla banale
pratica di unire insieme materiali multimediali per creare
un video è la caratteristica di assumere una forma
narrativa, personale, dalle forti connotazioni emotive e
soprattutto il preciso intento di condividerlo con altri
attraverso la Rete.
• Le caratteristiche fondamentali dello storytelling:
• la coerenza della sequenzialità narrativa;
• la scelta degli eventi da narrare e dell’ordine in cui
narrarli;
• la focalizzazione su eventi determinati e concreti;
• la rilevanza dei personaggi;
I contesti applicativi ed i modelli delle
narrazioni digitali
• l’intenzionalità nel sostenere una tesi o un punto di
vista;
• l’attivazione di processi interpretativi.
• Una seconda caratteristica del digital storytelling è la
medialità intesa come processo di “composizione” e
comunicazione non soltanto attraverso le parole e il
testo, ma anche con immagini e suoni.
• Il ricorso a media differenti è in perfetta sintonia con lo
stile di apprendimento tipico dei nativi digitali protagonisti
di una “cultura partecipativa informale” che sperimenta la
condivisione delle produzioni digitali.
• Utente come produttore e con divisore i contenuti.
Il modello europeo
• La metodologia del digital storytelling è relativamente
nuova in Europa.
• In paesi come Spagna, Francia e Gran Bretagna lo
storytelling inizia a rappresentare un autonomo e
legittimato campo di attività in ambito artistico ed
educativo.
• Il digital storytelling ha preso slancio in Europa dal 2003,
quando la BBC ha organizzato la prima conferenza
internazionale in DS.
• In Inghilterra Daniel Meadows circa 15 anni fa, ha creato
Capture Wales and Telling Lives, il primo nucleo della
BBC dedicato alle digital storytales.
Il modello europeo
• Nel sito creato dalla BBC, ancora attivo, la comunità
documenta se stessa attraverso storie personali.

• In Europa attualmente si esplorano le potenzialità del


digital storytelling e le sue possibili applicazioni
ripercorrendo in parte lo sviluppo di questa metodologia
a livello mondiale e utilizzando le numerose risorse e le
best pratices già realizzate e ampiamente documentate
in rete.
Il modello europeo
• Tre i filoni in cui si sta sviluppando il digital storytelling:
• in ambito didattico
• in ambito sociale e comunitario
• in ambito organizzativo

• In Europa sono numerosi i progetti in corso che


applicano il metodo del digital storytelling in ambito
didattico.
• Da una rassegna in rete dei siti dedicati ai vari progetti si
coglie la varietà di metodi attualmente utilizzati.
Il modello europeo
• Nella maggior parte dei casi si fa riferimento alla
metodologia di lavoro elaborata dal famoso Center for
digital storytelling.
• Non è un caso che le narrazioni digitali in ambito
didattico siano nate negli Stati uniti dove costruire il
proprio percorso di apprendimento è la norma e dove il
docente affianca l’alunno nella personalizzazione del
piano di studi.
• Il docente, inoltre, nella pratica didattica quotidiana
consulta e utilizza le banche di risorse digitali messe a
disposizione in rete dagli utenti (docenti e/o 
studenti).
I DST in ambito didattico e
organizzativo
In ambito didattico
• In Italia l’utilizzo dello storytelling accompagnato dagli
strumenti informatici come metodologia educativa si sta
rapidamente diffondendo.
• Anche nella scuola si possono raccontare delle buone
“storie”, utilizzando dei racconti con protagonisti nei quali
ci si può immedesimare emozionalmente.
• La narrazione costituisce una risorsa strategica per
facilitare i processi di apprendimento e rendere
possibile la condivisione della conoscenza e la prima
costruzione di elementi culturali condivisi.
I DST in ambito didattico e
organizzativo
• Il pensiero narrativo assume la funzione quindi connettiva
di costruzione di senso delle azioni attraverso lo sviluppo di
processi di interpretazione della realtà.
• Nei contesti dell’oralità primaria la narrazione come risorsa
strategica per facilitare e supportare i processi di
apprendimento.

• Ong sottolinea: "questa nuova oralità elettronica ha


sorprendenti somiglianze con quella più antica per la sua
mistica partecipatoria, per il senso della comunità, per la
concentrazione sul momento presente e perfino per
l'utilizzazione delle formule." (W. J. Ong, 1982, p. 191).
I DST in ambito didattico e
organizzativo
• “L’oralità secondaria è molto simile, ma anche molto
diversa da quella primaria. Come quest’ultima, anche la
prima ha generato un forte senso comunitario, poiché
chi ascolta le parole parlate si sente un gruppo, un vero
e proprio pubblico di ascoltatori, mentre la lettura di un
testo scritto o stampato fa ripiegare gli individui su di sé.”
• L’oralità secondaria genera villaggio universale” di
McLuhan, genera un’ “intelligenza collettiva”.
• “L’esperienza delle cose umane finisce per assumere la
forma delle narrazioni che usiamo per parlarne” (Bruner,
1998, p.147).
• Storytelling come veicolo per fare significato.
I DST in ambito didattico e
organizzativo
• Jerome Bruner, studioso che ha introdotto la ormai
famosa “svolta narrativa” nelle scienze cognitive,
sostiene l’esistenza di una predisposizione innata ad
organizzare l’esperienza in forma narrativa.
• “Narrare e educare sono prima di tutto funzioni sociali e
mentali apprese “naturalmente” - Si è sempre narrato
per educare; così come si è educato, in ogni cultura,
attraverso le molte modalità di cui la narrazione si è
avvalsa nel corso della storia (Demetrio, 2012).
• L’uso del digital storytelling in ambito didattico assume
particolare rilevanza perché consente di esplorare il
potenziale educativo della narrazione e il potenziale
comunicativo e reticolare delle nuove tecnologie
I DST in ambito didattico e
organizzativo
• Il digital storytelling, infatti, è:
• un processo che facilita il collegamento tra le persone
• è pienamente coerente con il paradigma costruttivista
• attiva processi di co-costruzione delle storie e
dinamiche reticolari di condivisione delle stesse.

In ambito organizzativo
• La narrazione è diffusa in modo capillare ed è utilizzata
dai media come modalità privilegiata di comunicazione
non solo nell’industria dell’intrattenimento, ma anche
nell’ambito pubblicitario.
I DST in ambito didattico e
organizzativo
• Nei contesti dell’oralità primaria le storie erano orali, poi
divennero scritte: oggi sono multimediali e cross mediali.
• Attualmente le storie, oltre ad essere costruire con
l’ausilio delle tecnologie digitali, sono condivise in rete
attraverso nuove modalità narrative testuali o video
(pensiamo ai blog o Youtube o Facebook).
Il modello americano
• La pratica del digital storytelling nasce in America da
alcune esperienze condotte da piccoli gruppi di
ricercatori che sperimentano l’uso delle nuove tecnologie
in chiave narrativa.
• L’America è stato tra i primi paesi, a constatare la
convergenza tra le tecnologie dell’informazione e
quelle della comunicazione.
• Il vivace panorama mediatico americano, quindi, ha
iniziato, già qualche decennio fa, a descrivere un
cambiamento sociale e culturale nelle forme di
fruizione e produzione della cultura, che ha raggiunto
anche i contesti di apprendimento e le forme con le quali
si costruisce il sapere.
Il modello americano
• Le opportunità offerte dalle nuove tecnologie e dal
sistema di strumenti e delle azioni possibili con
l’integrazione di “vecchi” e “nuovi” media, secondo Henry
Jenkins (2006) ridisegna la geografia delle umane
possibilità e impone nuovi spunti di riflessione negli
ambiti della politica, del marketing, dell’informazione,
dell’educazione

• In America si sono delineati scenari di consumo mediale


che permettono agli utenti di fruire di una narrazione
attraverso più media e più testi.
Il modello americano

• Non esiste un modello di digital storytelling definito in


maniera univoca piuttosto un panorama di studi che si
concentra intorno ad alcuni gruppi di esperti che, nel
corso di questi ultimi 30 anni, si sono occupati di digital
storytelling, come:
• Diana Atchley, Digital Storytelling Theater
• Joe Lambert, I sette elementi del digital stoytelling
• Jason Ohler, Le cinque fasi operative della storia e
VPS
Il modello americano
• È possibile delineare un quadro del digital storytelling a
partire dagli approcci utilizzati dagli autori. In particolare
emergono tre tipi di approccio:
• approccio narrativo: ridefinisce le dinamiche narrative
tradizionali
• approccio creativo: che enfatizza il momento creativo
• approccio didattico: che studia e sperimenta nuove
forme di applicazione del digital storytelling in ambito
didattico
Dana Atchley e il location based
storytelling
• La prima ad usare il termine digital storytelling è stata
Dana Atchley che all’inizio degli anni Novanta provò, in
collaborazione con Joe Lambert, a utilizzare le nuove
tecnologie per “rinsaldare i legami sociali ed emotivi di
comunità che si sentivano ormai disperse e frammentate
nella percezione della propria cultura e prive di elementi
comuni di coesione”.
• Dana Atchley realizzò un sistema interattivo
multimediale, presentandolo all’interno di una
performance teatrale dove su di un largo schermo sullo
sfondo mostrava immagini e filmati di storie di vita.
Dana Atchley e il location based
storytelling
• Gli schermi erano due:
• un piccolo schermo di televisione su cui proiettava
l’immagine di un fuoco scoppiettante,
• uno schermo più grande posto sullo sfondo su cui
proiettava immagini e filmati di storie di vita.
• I due studiosi, Lambert e Atchley, hanno dato vita a San
Francisco, in California, al Center for Digital
Storytelling che riveste una grande rilevanza per chi
intende raccontare storie personali di vita, creare
ambienti di condivisione di racconti di vita e rinsaldare i
legami di appartenenza.
Dana Atchley e il location based
storytelling
• Dana Atchley produce storie digitali da oltre un decennio e ha
sviluppato quattro applicazioni del digital storytelling:
• Next Exit è uno spettacolo teatrale interattivo creato sulla
base di settanta storie.
• Atcheley siede su un tronco accanto a un falò digitale e,
attingendo da una valigia virtuale composta da settanta
storie, crea una selezione unica per ogni pubblico
• Storytelling Theater digitale è stato creato in occasione
dell’evento “The world of Coca Cola” tenutosi a Las Vegas nel
1997.
• È costituito da un museo sulla storia della Coca Cola e da un
teatro di narrazioni digitali
Dana Atchley e il location based
storytelling
• Servizi di consulenza creativi forniti da Dana Atchley
Productions a vari tipi di aziende.
• Digital storytelling workshop, laboratori creativi di
narrazione digitale, per piccoli gruppi, della durata di
quattro giorni, per imparare, esplorare le possibilità delle
pratiche di narrazione digitale.
Il Center for digital storytelling e i 7
elementi di Lambert
• La definizione di digital storytelling come "short narrated
films" deriva da un workshop realizzato da Dana Atchley
all’American Film Institute nel 1993.
• Questo metodo fu poi adottato da Joe Lambert che, a
metà degli anni Novanta, l’ha promosso come metodo di
lavoro del Center for Digital Storytelling uno dei centri
più accreditati nel settore a livello mondiale.
• Il Center for Digital Storytelling diretto da Joe Lambert
con la collaborazione di Nina Mullen, nasce negli Stati
Uniti ma nel corso degli anni ha organizzato decine di
workshop nel mondo.
Il Center for digital storytelling e i 7
elementi di Lambert
• Il più recente modello di video composizione prodotto dal
Center for digital storytelling e descritto nei dettagli nel
manuale d’uso Cookbook comprende i sette principali
elementi del “narrare digitale”.
• Il Center for digital storytelling definisce la digital story
una breve video narrazione in prima persona creata
combinando voce registrata, immagini fisse e in
movimento e la musica o altri suoni; inoltre definisce la
figura del digital storyteller come “chiunque abbia il
desiderio di comunicare l’esperienza di vita, idee o
sentimenti attraverso l’utilizzo di storia e media digitali”.
Il Center for digital storytelling e i 7
elementi di Lambert
• Il centro progetta e realizza workshop in giro per il
mondo per raccontare, attraverso l’uso di strumenti
digitali, storie di vita capaci di riconnettere, creare nuovi
legami, sentirsi partecipi di una comunità.
• Il ricorso alla rete, ai social network, ai blog e al resto
permette di condividere le storie, di costruire
“contenitori” di storie.
• La metodologia del digital storytelling si è evoluta, e il
Centro ha ridefinito il proprio approccio concentrando
l’attenzione sui cosiddetti training packages utili agli
educatori e resi disponibili in piattaforme di
apprendimento aperte.
Il Center for digital storytelling e i 7
elementi di Lambert
• Un’altra attività interessante del Centro sono casi di
studio ossia digital storytells locali e orali su svariati temi
come l'organizzazione sindacale, la prevenzione della
violenza, l'handicap, i servizi sociali e salute ecc.
• Il sito del Center for Digital Storytelling raccoglie storie
organizzandole per sezioni (Health and Human
Services, Education, Place, Activism, Youth, Identity,
Family, ecc..).
Il Center for digital storytelling e i 7
elementi di Lambert
• Joe Lambert e Dana Atchley hanno individuato 7
elementi alla base di ogni digital storytelling.

• 1) Punto di vista: le storie dovrebbero essere personali e


autentiche e mantenere in ogni parte la prospettiva
dell’autore, , esprimendo le sue intenzioni e i suoi
obiettivi.
• 2) Dramatic Question: bisogna esporre qualcosa che
valga la pena di essere raccontato e proporre all’inizio
della storia domande non banali e sorprendenti a cui si
darà risposta alla fine del racconto.
Il Center for digital storytelling e i 7
elementi di Lambert
• 3) Contenuto emotivo: una storia deve possedere
contenuti emotivi coinvolgenti.
• 4) Voce narrante: i contenuti emotivi sono legati alla
scelta di raccontare la storia con il proprio punto di vista,
scegliendo di commentare i momenti salienti della
narrazione utilizzando la propria voce.
• 5) Colonna sonora: essa segue e supporta la storia e va
ad anticipare quello che accadrà.
• 6) Economia della selezione: richiama ad una “pulizia”
degli elementi utilizzati e a non usare una
sovrabbondanza di immagini e parole.
Il Center for digital storytelling e i 7
elementi di Lambert
• 7) Ritmo della narrazione: è necessario un ritmo
adeguato alle modalità narrative della storia: è legato
all’economia e a quanto velocemente o lentamente
prosegue la storia. La vitalità è elemento fondamentale
per una buona storia.
L’approccio creativo di Ohler
• Un altro approccio interessante al digital storytelling è
quello di Jason Ohler, molto incentrato sull’uso educativo
delle digital storytales e che pone l’accento sulla
narrazione più che sulle nuove tecnologie.

• Jason Ohler utilizza due approcci: il computer-based


digital storytelling e il performance based "green
screen" digital storytelling.
L’approccio creativo di Ohler
Primo approccio – Computer-based digital storytelling

• Questo approccio consiste nel basare la creazione di


una storia principalmente sull’utilizzo del computer.
• Privilegia la creazione di una voce narrante fuori campo
a cui si aggiungono immagini, musica, titoli e altro
usando programmi come iMovie su Mac, o MovieMaker
sul PC.
• Il prodotto finale è guardato sul computer e ricorda molto
la forma classica del documentario.
L’approccio creativo di Ohler
Secondo approccio - performance based "green screen"
digital storytelling

• Questo approccio definito a “sfondo verde” vede la storia


narrata in modo tradizionale filmando il protagonista con
uno sfondo neutro di colore verde per poi integrarlo con
altre immagini, suoni, effetti grafici.
• Permette allo studente di fare un’ulteriore riflessione
sull’uso delle nuove tecnologie e sulle potenzialità
persuasive dei media che quotidianamente consumano.
L’approccio creativo di Ohler
• Ohler individua 5 fasi operative per la costruzione di
narrazioni digitali:
• Story planning: ideazione, mappatura e scrittura della
storia, organizzazione di uno storyboard condiviso.
• Pre-production: produzione di una lista di media,
reperimento e/o produzione di media grezzi, avvio
dell’editing dei media grezzi e creazione di media nuovi
e originali.
• Production: chiusura del lavoro di editing dei vari media
(voce, video, immagini), assemblaggio in un prodotto
finale, revisione creativa del prodotto finale.
L’approccio creativo di Ohler
• Post-production: combinazione e aggiunta di transizioni,
effetti, titoli di coda, testo, revisione finale ed
esportazione dei files.
• Performance: Presentazione delle storie in classe e
nella comunità scolastica, distribuzione e condivisione
delle storie.

• Ohler elabora un modello di competenze: il”The DAOW


(Digital Art Oral Written) of literacy”.
L’approccio creativo di Ohler
L’attività di digital storytelling favorisce l’acquisizione di
competenze di tipo:
• Digital:
• tramite il processo di costruzione delle DST, è possibile
acquisire padronanza nell’uso della tecnologia
effectively utilizzando strumenti tecnici, software
adeguati e il Web come strumento di collaborazione e
informazione.
• È possibile usare la tecnologia creatively ossia come
amplificatore dell’immaginazione e wisely ossia con un
grado di consapevolezza legato agli effetti e alle
connessioni che la tecnologia può avere sulla propria
comunità scolastica e, a più ampio raggio, sul mondo.
L’approccio creativo di Ohler
• Art: il modo in cui si scelgono le immagini o le riprese, il
modo in cui scattano le foto, le parole che decidono di
evidenziare e il modo in cui compongono le loro storie, è
senza dubbio una forma di arte. 

• Oral:
• l’oralità è il metodo tramite il quale le storie si sono
tramandate per secoli.
• Nelle computer based DST, l’importanza delle
competenze orali sta nel racconto ad alta voce della
propria storia agli altri partecipanti al corso o anche
nella registrazione del racconto da aggiungere al video.
L’approccio creativo di Ohler
• L’ ascolto attento della propria voce che narra la storia
favorisce l’autovalutazione non solo del proprio
personale modo di esprimersi ma anche della struttura
e dell’efficacia della storia. 

• Writing: affinché la storia digitale sia ben riuscita, il primo
passo da compiere è quello di scrivere una buona storia.
Il segreto è nella scrittura.
• Ohler, inoltre, elabora il Visual Portrait of the Story
(VPS) ossia una rappresentazione grafica della storia.
L’approccio creativo di Ohler
• Tale mappa è costituita da: 

• Inizio
• Problema
• Cambiamenti
• Soluzione
• Fine
Dietro lo schermo.
Adolescenti e
comunicazione ai
tempi di Facebook
Prof. Alberto Fornasari, (PhD)
Docente di Pedagogia Sperimentale
Vice Presidente CUG UNIBA
Dipartimento For.Psi.Com.
Direttore dello Short Master in Web
Reputation
alberto.fornasari@uniba.it
• In quale società viviamo?

Layout titolo e contenuto con elenco


Quali rischi?
Integrati Apocalittici

Quali rischi?
Quali rischi?
Sulla base di una ricognizione critica della letteratura
scientifica e di un’ampia serie di ricerche quantitative e
qualitative condotte in Europa di grande interesse
appaiono gli indirizzi di ricerca tesi:
• all’analisi degli ambienti digitali online a partire dalla
pratiche quotidiane che le diverse utenze vi mettono in
atto per apprendere, comunicare con il gruppo dei pari
• costruire la propria identità
• esercitare i propri diritti di cittadinanza
• “costruire” una mentalità interculturale, sentirsi cittadini
del mondo
• comunicare con le reti associazionistiche di riferimento.
Questa preoccupazione che sembra, al contempo, giusta e
sbagliata:
I new media favoriscono infatti lo
sviluppo di un particolare tipo di Giusta perché rappresenta la consapevolezza di quanto i
intelligenza che Gardner ha mezzi di comunicazione (intesi come dispositivi simbolici
definito “intelligenza relazionale” attraverso i quali viene prodotta e riprodotta su base
la quale si configura come matrice quotidiana la cultura di una collettività e come apparati socio-
del pensiero comunicativo. tecnici che ridefiniscono le condizioni dell’interazione
personale e delle relazioni sociali) costituiscano una parte
considerevole dell’ambiente tanto l’avventura del crescere
quanto la
La rete web infatti costituisce oggi responsabilità di comprendere e sostenere quest’avventura.
uno dei luoghi principali
dell’innovazione, volano di un Sbagliata perché, in una prospettiva storica non fa altro che
rapido mutamento sociale che aggiornare paure antiche quanto l’avvento dei primi media di
finisce facilmente per apparire massa, dal fumetto al cinema fino alla televisione, applicando
inquietante o problematico agli più o meno fedelmente gli stessi modelli discorsivi e le
occhi di molti. medesime argomentazioni al ruolo che internet gioca
nell’esperienza di oggi dimenticando sia l’infondatezza o la
parzialità di molte di quelle paure sia le novità introdotte dalla
digitalizzazione.
Avviene in modo paradossale che
chi in una prospettiva educativa, Tale mutamento sociale ha inciso profondamente sulle
lamentava la sostanziale passività modalità con cui le nuove generazioni usano i media per
del mezzo televisivo a confronto tenersi in contatto e comunicare tra di loro e con il mondo
della intero.
lettura, oggi manifesti la sua
preoccupazione per l’eccesso di Mentre gli accademici e i politici discutono sulle strategie
interattività della rete sostenendo
un migliori per “massimizzare le opportunità minimizzando i
uso di internet più ricco e creativo rischi” i giovani affrontano giorno dopo giorno, con
da parte di un utenza che siano entusiasmo questo scenario in mutamento: costantemente
davvero capace di coglierne tutte immersi nei media, li hanno incorporati fisicamente (nelle
le opportunità e una conoscenza tasche o nelle orecchie), parte integrante dell’arredamento
approfondita e documentata delle dei loro spazi, pubblici o privati.
pratiche quotidiane di navigazione e
delle tecniche comunicazionali.
Convivono con le tecnologie della Indipendentemente dal fatto che la rete sia vista
comunicazione dal momento in cui come causa o conseguenza del mutamento sociale, o che se
si alzano al mattino e accendono ne accentuino le potenzialità piuttosto che gli aspetti
internet, all’istante in cui si problematici, l’ampiezza degli interrogativi e la quantità dei
addormentano la sera con l’Ipod o il riferimenti disciplinari sembrano scoraggiare qualsiasi
cellulare sotto il cuscino, al punto tentativo di restituire in modo sintetico le conoscente fin qui
che non riescono a immaginare di acquisite.
poter vivere diversamente.
Si direbbe che quasi tutte le Da questo punto di vista l’accesso alle nuove tecnologie
esperienze, per questa generazione della comunicazione non produce necessariamente cerchie
che, non a caso, è stata definita sociali più vaste o geograficamente più estese. In
always on (sempre connessa), o particolare ci sono pochi riscontri empirici rispetto alla
digitale passino attraverso i media: retorica del “villaggio globale».
dallo studio al tempo libero, dal
rapporto con gli amici più vicini a
quello con gli “altri” più lontani.
Per facilitare la contestualizzazione delle In un ottica europea il rapporto Istat fa notare come l’Italia sia
riflessioni può essere utile ricordare
qualche dato di sfondo relativo allo rimasta indietro rispetto a molti Paesi della Comunità
scenario nazionale; la fonte più aggiornata Europea, risultando al ventunesimo posto, con un tasso di
a questo scopo è l’indagine Istat Cittadini e penetrazione web del 53% rispetto alla media europea del
nuove tecnologie (2014) da cui risulta che il 65%. Vicini all’Italia troviamo Paesi come Cipro (53%) e
64% delle famiglie italiane dispone di un
accesso domestico a internet. Repubblica Ceca (54%), mentre Olanda, Svezia, Lussemburgo
e Danimarca registrano un tasso di penetrazione che supera
l’83%.

Le famiglie con almeno un minorenne In questo scenario i dati però relativi all’uso di internet da
sono le più attrezzate parte dei ragazzi sono confortanti: per la fascia 11-19 anni il
tecnologicamente:l’87,1% possiede un dato si attesta all’82%.
personal computer, l’89% ha accesso ad
Internet da casa.
Un vero e proprio picco nel panorama nazionale che lascia
intendere l’esistenza di diverse forme di digital divide.
All’estremo opposto si collocano le
famiglie di soli anziani Da altre fonti (Audiweb, 2010) emerge, per esempio, una
ultrasessantacinquenni: appena il 17,8%
di esse possiede il personal computer e maggiore diffusione di internet presso gli studenti universitari
soltanto il 16,3% dispone di una (92.7%) rispetto agli studenti della scuola secondaria di
connessione per navigare su secondo grado (73.8%).
Internet
Eppure l’internet literacy costituisce a
livello europeo una delle parole chiave
delle politiche dell’Unione per
una nuova società dell’informazione e
della e-inclusion.
Anche per i giovani italiani, insomma,
internet costituisce sempre più una
forma comune dell’esperienza che
coniuga relazioni e saperi,
identità e differenze, rischi e
opportunità in grado di incidere tanto
sulla sfera privata quanto su
quella pubblica.
Come è stato evidenziato da più
parti sono in gioco una nuova forma
di cittadinanza la – cittadinanza
digitale – e le condizioni che rendano
la rete un autentico strumento di
inclusione e di sviluppo.
La difficoltà del mondo adulto sta
spesso nel riuscire a decodificare
conversazioni simbolicamente
inaccessibili e le strategie che gli
adolescenti sperimentano per
costruire l’identità online
diventano sempre più complicate,
alcuni
ragazzi in precedenti ricerche
americane e olandesi hanno
rivelato di avere fino a otto
indirizzi mail,
molti dei quali attivi
contemporaneamente.
Quando chattano, trasmettono i propri video più
recenti, postano messaggi sui blog e i profili di
social network , oppure condividono le ultime novità
in campo musicale sulle reti P2P, valicando
stati, confini nazionali e continenti.
Ma parallelamente all’accesso globale alla rete di
internet e alla cultura digitale condivisa i nativi
digitali sono anche coinvolti in tradizioni, costumi e
valori regionali e locali. Ma come realizzano le
proprie opportunità e affrontano le sfide della “città
mondo”?
In quanto obbligati, sempre di più,
a convivere e confrontarsi con un
mondo sempre più globalizzato,
1149 studenti delle scuole
superiori sono stati interpellati
per indagare i loro
comportamenti in Rete.

I risultati emersi sono stati quindi


confrontati con le risposte di una
cinquantina di studenti che nel
corso dei loro studi liceali hanno
vissuto per un periodo
all’estero, su quanto hanno
utilizzato internet e i social media
per diventare a tutti gli effetti
“cittadini del mondo” o, se al
contrario, hanno giudicato
Facebook & Co. un ostacolo a tale
apertura.
Come vengono utilizzati
questi strumenti dai
giovani?
Rappresentano reali
dispositivi di
socializzazione in una
dimensione virtuale che
poi si traduce su un piano
di realtà o allontanano il
personale e vissuto
incontro con l’altro?
Vi è la possibilità di una positiva interazione tra le due
esperienze?
Che differenze intercorrono tra la costruzione della realtà
appresa on-line da quella esperita nella vita reale?
Che rapporto intercorre tra comunicazione e identità?
Cosa se ne fanno gli adolescenti di queste nuove possibilità di
riorganizzare le loro relazioni sociali in contesti spazio-temporali
nuovi e mutevoli?
La rete può essere un
dispositivo di
educazione al
cosmopolitismo?
Siamo quindi più
connessi e quindi più
vicini??????
La solitudine del
cittadino
globale……
MEDIA EDUCATION.
ALFABETIZZAZIONE, APPRENDIMENTO E CULTURA
CONTEMPORANEA
PROF. ALBERTO FORNASARI
DOTT. MATTEO CONTE
Col termine “media” s’intende l’intera gamma dei moderni mezzi di comunicazione,
quei canali attraverso cui è possibile comunicare rappresentazioni del mondo. Essi sono
spesso definiti “mass media” poiché consentono di raggiungere un ampio pubblico.

L’obiettivo principale della Media Education (ME) è quello di favorire lo sviluppo


dell’alfabetizzazione ai media, ormai importante quanto l’alfabetizzazione al testo
scritto. La ME, pertanto, è il processo di insegnamento e apprendimento centrato sui
media e consente ai fruitori di interpretare e dare giudizi consapevoli sui loro contenuti e
rendoli capaci di diventare loro stessi produttori di media.
La Media Literacy, invece, è la conoscenza che gli studenti acquisiscono in tema di
media. I mass media ci forniscono la maggior parte delle informazioni sul mondo
esterno, contribuendo a costruire la nostra visione della realtà. Per questo possono
essere considerati i più importanti mezzi di espressione culturale e di
comunicazione
LO SVILUPPO DELLA ME IN INGHILTERRA

Si distingue in tre fasi:

1. La prima fase risale all’inizio del Novecento, quando Lewis e Thompson


pubblicarono una serie di proposte per l’insegnamento dei mass media nelle
scuole. Si trattava di esercizi pratici da fare in classe usando estratti di giornali,
della narrativa popolare e della pubblicità, il cui obiettivo era quello di preservare
l’eredità letteraria, la lingua e i valori nazionali. I media erano considerati in
grado di influenzare negativamente e di offrire piaceri superficiali invece che
valori autentici. Tali esercizi, dunque, dovevano incoraggiare gli studenti a
premunirsi contro la manipolazione commerciale dei mass media.
2. La fase successiva risale agli anni ‘50-‘60 quando iniziarono i “British
Cultural Studies”. Nel lavoro di Williams e Hoggart la cultura non era più vista
come una serie prefissata di artefatti, ma come un vero e proprio stile di vita.
Questo approccio iniziò a cambiare le distinzioni tra cultura alta (o elaborata,
derivante da Hollywood) e cultura bassa (o quotidiana, quella delle classi
lavoratrici), tra arte ed esperienza vissuta.
3. Negli anni Settanta si sviluppa, infine, un nuovo paradigma di riferimento, la “Teoria
dello schermo”. Masterman, il suo più influente esponente, era profondamente critico
nei confronti di quello che definiva “elitarismo accademico”.
La sua intenzione era quella di rilevare l’artificialità dei testi dei media, mostrando come
le rappresentazioni mediatiche rinforzassero le ideologie dei gruppi dominanti all’interno
della società. Agli studenti veniva chiesto di mettere da parte le proprie opinioni e di
intraprendere forme sistematiche di analisi in grado di evidenziare le ideologie “nascoste”
dei media.
Queste tre fasi si collocano all’interno di un più ampio cambiamento sociale e
culturale.

Da un lato la ME fa parte di un movimento verso la democratizzazione, che


ritiene necessario inserire la cultura extrascolastica all’interno del curriculum
scolastico; dall’altro lato, resta il pregiudizio che ritiene i media capaci di
influenzare profondamente (e negativamente) i bambini particolarmente
vulnerabili ed esposti alla manipolazione mediatica.

Leavis propone una forma di difensivismo culturale che tenta di proteggere i


bambini dalla mancanza di valore culturale nei prodotti mediatici;
successivamente, si sviluppa una forma di difensivismo politico, che considera
la ME come un mezzo utile per rendere coscienti gli studenti della vacuità di
certi modelli proposti dai mezzi di comunicazione di massa.

Infine, in alcuni Paesi si sviluppa una forma di difensivismo morale, scaturita


dalla preoccupazione per gli effetti provocati nei giovani dalla massiccia
presenza di sesso e violenza nei media e per il ruolo determinante che questi
rivestono nella promozione del consumismo e del materialismo.
La ME, quindi, consente di affrontare alcuni problemi sociali, e se i media ne vengono
identificati come causa, essa potrebbe addirittura esserne la soluzione, riuscendo a
modificare tendenze e comportamenti scorretti. Negli ultimi decenni c’è stata, infine,
una graduale evoluzione verso approcci meno difensivi sia perché i media non sono più
considerati produttori di ideologie e convinzioni, sia perché i bambini sono molto più
critici di quanto non si creda.
A causa di continui cambiamenti tecnologici, è sempre più difficile prevenire l’accesso
dei bambini a testi pericolosi o inadatti; eppure, una regolamentazione in tal senso
rischierebbe di limitare la loro possibilità di partecipazione attiva.
Per questo si preferisce abbandonare la censura a favore del “giudizio del consumatore”.
In questa nuova fase, la ME non parte più dal presupposto che i media siano
inevitabilmente pericolosi e che i giovani ne siano semplicemente delle vittime passive.
Al contrario, centrale diventa l’esperienza che i ragazzi hanno dei media: non si tenta più
di proteggere i ragazzi dall’influenza negativa dei media, ma si cerca di fornire loro gli
strumenti e le competenze necessari per prendere le proprie decisioni in modo
consapevole. La ME diventa, quindi, non tanto una forma di protezione ma di
preparazione.
NUOVE INFANZIE, NUOVI MEDIA
I cambiamenti sociali e culturali attuali influenzano fortemente la natura delle
esperienze che i bambini fanno dei media.

Si possono individuare due differenti punti di vista contrastanti sulla relazione tra
bambini e media: da un lato si pensa che tale relazione stia cambiando e che i media
ne siano i principali responsabili, mentre dall’altro si pensa che i media stiano
creando una “generazione elettronica” più aperta, democratica e socialmente
consapevole.
Secondo Postman, la nostra attuale concezione dell’infanzia è una creazione della
stampa che i nuovi media stanno distruggendo.

Mentre l’acquisizione dell’alfabetizzazione alla stampa richiedeva un lungo


percorso di apprendimento, non è necessario imparare a leggere per interpretare la
televisione. Ciò consente ai bambini di imparare facilmente e prematuramente i
segreti dell’età adulta.

A questo proposito, Postman sostiene che la tecnologia produce un cambiamento


sociale indipendentemente dall’utilizzo e dai contenuti che propone, dunque ritiene
necessario rinforzare l’autorità e il controllo degli adulti.
Anche Tapscott concorda sul fatto che i confini tra infanzia ed età adulta sono sempre
più confusi e che le tecnologie dei media ne sono le principali responsabili. Tapscott
oppone televisione ed internet:

La televisione è passiva, mentre la rete è attiva;

- la televisione rimbambisce mentre la rete aumenta l’intelligenza;


- la televisione trasmette un punto di vista univoco mentre la rete è democratica e
interattiva.
Così, proprio come la tv è l’antitesi di internet, la generazione della televisione è
l’antitesi della generazione della rete.
Mentre Postman considera i bambini vulnerabili e bisognosi di protezione
dall’influenza delle moderne tecnologie, Tapscott li considera naturalmente saggi e
con una grande sete di conoscenza che le tecnologie dei media sono in grado di
soddisfare.
Entrambe le teorie possono essere interpretate come un segno di crisi derivante
da una serie di cambiamenti sociali.

Il ruolo dei media, infatti, va collocato all’interno di una riflessione più ampia
sul cambiamento della posizione sociale dei bambini. Negli ultimi anni, ad
esempio, particolare attenzione ha destato il tema dei diritti dei bambini.
Molti paesi hanno promulgato nuove leggi per proteggere i diritti dei più
piccoli, ma tale interesse va di pari passo con l’eccessiva attenzione dedicata
loro come potenziale target commerciale.
Eppure, se da un lato i confini tra bambini e adulti va pian piano scomparendo,
dall’altro le nuove tecnologie hanno aumentato le capacità e le opportunità dei
bambini, seppure essi non abbiano più la possibilità di controllare i processi
che li riguardano.
Al momento, particolare preoccupazione viene destata da internet, un potente strumento
in cui chiunque può pubblicare qualsiasi cosa e chiunque altro può accedervi. Attraverso
la rete, i bambini possono comunicare tra loro e con gli adulti senza aver bisogno di farsi
identificare. Questo ha generato una forte preoccupazione e ha aumentato il numero di
richieste per una regolamentazione più severa, che includa censure e software di
controllo, per impedire l’accesso ai minori a contenuti inadatti e pericolosi.
Il mercato dei media è, oggi, dominato da pochi brands mondiali che propongono ai
giovani una “cultura globale”.

La crescita della concorrenza ha tuttavia portato alla frammentazione del pubblico e


alla nascita dei “mercati di nicchia”. I media, infatti, sono sempre più rivolti a
particolari segmenti di pubblico, seppur su scala mondiale. Tutto ciò, naturalmente, è
favorito dalle nuove tecnologie, le quali consentono comunicazioni più
decentralizzate e la creazione di communities che superano i confini nazionali.
Nei mercati di nicchia attuali, i bambini sono diventati un target molto più appetibile
che in passato. Essi, infatti, influenzano le decisioni d’acquisto dei genitori e hanno una
certa disponibilità economica personale.
Le nuove forme culturali “postmoderne”, inoltre, tendono ad escludere gli adulti poiché
necessitano di particolari competenze culturali e di una conoscenza pregressa di testi
mediali specifici che sono accessibili solo ai giovani.
È importante notare anche il cambiamento a livello di contenuto…

La stessa Tv dei ragazzi è fortemente cambiata negli ultimi vent’anni, arrivando ad


affrontare oggi una serie di argomenti che in passato erano considerati tabù (droga,
sessualità, crisi familiari). Alla luce di tutto ciò sembra che l’età in cui finisce
l’infanzia sembra ridursi progressivamente. Gli stessi produttori dei media per
bambini hanno riscontrato che gran parte del tempo che i bambini più grandi
dedicano alla tv è riservato ai programmi per adulti. Con la loro evoluzione, i media
hanno iniziato a promuovere diverse forme di “attività” da parte del pubblico che
richiedono vari tipi di conoscenza e di competenza.

.
Alcuni affermano che oggi ci sia molta più scelta per i consumatori, mentre altri sono
convinti che questa possibilità di scelta sia solo illusoria. Se è vero che il web permette
agli utenti di selezionare maggiormente i contenuti e i tempi di “lettura”, è anche vero che
permette un maggiore controllo sui comportamenti del consumatore, consentendo agli
esperti del marketing di creare veri e propri profili consumatore che possono essere poi
utilizzati in futuro come base per la pubblicità elettronica
Altro aspetto importante è la frammentazione del pubblico: i testi sono sempre più
indirizzati a gruppi specializzati di consumatori.

Nel campo dei media, i confini tra bambini e adulti che prima erano molto chiari
stanno pian piano scomparendo. Eppure, la separazione tra il mondo dei media dei
bambini e il mondo dei media degli adulti sta diventando sempre più evidente.

Tuttavia, in questo scenario la scuola ha fallito il difficile compito di tenersi al


passo coi cambiamenti. Alcuni addirittura sono convinti che la scuola stia andando
inevitabilmente indietro, tornando ad una sorta di “fondamentalismo educativo”
in cui i tradizionali rapporti di autorità tra adulti e bambini possano essere
ristabiliti.
Esiste un enorme contrasto tra gli alti livelli di entusiasmo e di attività che
caratterizzano le culture di consumo dei bambini e la passività che pervade
la loro vita scolastica, portando i bambini a percepire la scuola come
marginale rispetto alla loro identità e ai loro consumi. È importante, allora,
che i ragazzi comprendano le complesse logiche secondo cui operano i
media. Se la ME ha il compito di colmare il divario tra scuola ed extra-
scuola, certamente deve partire dagli strumenti conoscitivi di cui i bambini
sono già in possesso.
MEDIA EDUCATION. II PARTE
ALFABETIZZAZIONE, APPRENDIMENTO E CULTURA
CONTEMPORANEA

PROF. ALBERTO FORNASARI


DOTT. MATTEO CONTE
LA MEDIA LITERACY
Il termine Media Literacy si riferisce alle capacità e alle competenze
necessarie per usare e interpretare i media. Parlare di alfabetizzazione
implica la presenza nei media di particolari forme di linguaggio visivo e
audiovisivo che possono essere apprese e insegnate così come accade col
linguaggio scritto.
Tuttavia, alcuni analisti dei media affermano che la nostra comprensione delle
rappresentazioni visive e audiovisive si basi sulle stesse capacità che utilizziamo
per interpretare il mondo intorno a noi, rifiutando l’idea che la nostra
comprensione della comunicazione visiva si basi su convenzioni culturali simili
a quelle relative al linguaggio scritto.
Resta difficile, tuttavia, l’identificazione delle capacità che consentono
l’alfabetizzazione alla televisione.
Teoricamente, dovrebbe essere possibile analizzare ciò di cui uno spettatore ha
bisogno per comprenderla, eppure alcune sue particolari caratteristiche non possono
essere definite in maniera oggettiva.
La comprensione di un film, ad esempio, dipende sia da come leggiamo particolari
inquadrature o sequenze, sia da come è strutturato il testo, come si lega ad altri testi
che abbiamo visto in passato, come il testo prende posizione su alcuni aspetti della
realtà che ci sono più o meno familiari.
La comprensione di tutti questi aspetti può essere considerata come una forma di
alfabetizzazione. La stessa Media Literacy può essere definita come una forma di
alfabetizzazione critica, poiché implica capacità di analisi, di valutazione e di riflessione
critica e l’acquisizione di una sorta di metalinguaggio.

L’alfabetizzazione non può essere considerata separatamente dalle strutture sociali e


istituzionali in cui è inserita. Gli individui, infatti, creano significati attraverso il loro
coinvolgimento nei network sociali, o nelle “comunità interpretative”, prediligendo
particolari forme di alfabetizzazione piuttosto che altre.
Nel caso della Media Literacy, non possiamo considerare l’alfabetizzazione come una
serie di abilità cognitive che l’individuo acquisisce una volta per tutte; inoltre, le
competenze necessarie per comprendere i media sono socialmente distribuite in modo
che i diversi gruppi sociali abbiano diversi orientamenti nei confronti dei media e che
li usino in modi diversi.

Questo fa sì che i diversi bambini abbiano diverse “alfabetizzazioni mediali” a


seconda delle varie situazioni sociali con cui vengono a contatto. Quando i bambini
più piccoli iniziano a comprendere la funzione del linguaggio, sviluppano anche le
prime ipotesi sulla relazione tra televisione e mondo reale. Intorno ai due anni, poi,
iniziano a capire che la televisione rappresenta fatti che accadono altrove e che
possono essere registrati e rivisti e prendono coscienza del fatto che le regole seguite
dalla televisione sono diverse da quelle della vita reale. +
Tra i tre e i cinque anni, poi la distinzione tra tv e realtà diventa sempre più
flessibile: mentre i più piccoli credono che tutta la televisione sia vera, i più grandi
comprendono che essa talvolta è vera e talvolta non lo è. Tra i cinque anni, iniziano
anche a distinguere i diversi generi di programmi a seconda di quanto vengano
percepiti in modo realistico.
A metà dell’infanzia, i bambini acquisiscono un certo cinismo tendendo a considerare la
tv più come artefatto che come “spaccato di vita” e iniziano a ragionare sul suo impatto
ideologico e sui suoi potenziali effetti su particolari segmenti di pubblico.

Questo processo può essere definito intrinsecamente educativo: è, infatti, la stessa tv che
insegna le competenze necessarie per comprenderla. Una delle maggiori preoccupazioni
a riguardo è quella di riuscire ad evidenziare la distinzione tra tv e vita reale, spiegando
ciò che viene mostrato e dando consigli sul fatto che la televisione debba essere o meno
presa come modello di comportamento nella vita reale.
I bambini utilizzano diversi tipi di cognizione nella formulazione dei giudizi sulla
rappresentazione televisiva. Alcuni di essi sono la conoscenza dei processi di
produzione dei media, la conoscenza del linguaggio dei media e quella del mondo
reale. Eppure, il giudizio dei bambini sulla realtà di quello che guardano non è né
un processo puramente cognitivo, né meramente individuale. Infatti i bambini
definiscono la loro identità sociale in relazione ai propri compagni e agli adulti
attraverso la creazione di giudizi critici di questo tipo.
LA DEFINIZIONE DEL CAMPO

In generale, la ME è stata definita in termini di comprensione concettuale (una serie di


concetti chiave).
Si possono identificare quattro concetti chiave:

Produzione

Linguaggio

Rappresentazione

Pubblico
1. Produzione

Studiare la produzione dei media significa valutare:

• la tecnologia (quali tecnologie vengono usate per produrre e distribuire i


testi);

• la pratica professionale (chi li realizza);

• l’industria (chi è il proprietario delle aziende che vendono e comprano i


media e da cosa traggono il loro profitto);

• i collegamenti tra i media (come fanno le aziende a vendere gli stessi testi su
media differenti);

• la regolamentazione (chi controlla la produzione e la distribuzione dei media


e quali leggi esistono a riguardo);

• la circolazione e la distribuzione (in che misura il pubblico ha possibilità di


scelta e di controllo sui testi che li raggiungono);

• l’accesso e la partecipazione (quali sono le voci che i media escludono e


quali invece vengono prese in considerazione).
2. Linguaggio

Ogni medium utilizza una combinazione di linguaggi che utilizzano codici e


convenzioni generalmente comprese per comunicare significati.
Studiare i linguaggi dei media significa considerare:

• i significati (in che modo le varie forme di linguaggio vengono usate dai media
per comunicare idee e significati);
• i codici (in che modo vengono stabilite le regole grammaticali dei media e cosa
accade quando vengono infrante);
• i generi (in che modo queste convenzioni operano nei diversi testi mediali);
• le scelte (quali sono gli effetti della scelta di certe forme di linguaggio);
• le combinazioni (come viene comunicato un certo significato attraverso la
combinazione o la sequenza di immagini, suoni o parole);
• la tecnologia (in che modo le tecnologie incidono sui significati che possono
essere creati).
3. Rappresentazione

I media non sono una “finestra sul mondo”, ma ci offrono una versione mediata del
mondo.
Anche gli eventi della vita reale vengono selezionati dai media, che combinano gli
avvenimenti rendendo i fatti “storie” e creando personaggi. Le rappresentazioni dei
media, quindi, ci spingono a vedere il mondo in certi modi anziché in altri; essi
possono quindi essere considerati “di parte” invece che “obiettivi”.
Eppure, i media non ingannano il pubblico facendo passare rappresentazioni false per
realtà. Da parte sua, il pubblico confronta i media con la propria esperienza ed esprime
giudizi su quanto essi siano realistici.
Studiare le rappresentazioni dei media significa valutare:

• il loro realismo (chiedersi se un determinato testo sia realistico oppure no e il motivo


per cui alcuni testi appaiono più realistici di altri),
• il dire la verità (valutare in che modo i media dichiarano di dire la verità sul mondo e
in che modo tentano di apparire autentici),
• la presenza e assenza (chi/cosa viene incluso e chi/cosa viene escluso dal mondo dei
media),
• parzialità e obiettività (comprendere se essi sostengono particolari visioni del
mondo e se trasmettono valori morali o politici),
• gli stereotipi (in che modo i media rappresentano particolari gruppi sociali),
• le interpretazioni (capire per quale motivo i media accettano alcune rappresentazioni
come vere e ne rifiutano altre come false),
• le influenze (capire se le rappresentazioni date dai media influiscono in qualche
modo sulla nostra visione di particolari gruppi sociali o argomenti).
4. Pubblico

Spesso il pubblico di massa viene considerato facilmente influenzabile ma le ricerche


dimostrano che esso è molto più critico di quanto non si creda. È necessario studiare, perciò, il
modo in cui individui e i gruppi vengono raggiunti, interpretano e rispondono ai media. In
particolare, studiare il pubblico dei media significa valutare:
• il target (ossia in che modo i media si pongono come obiettivo un determinato segmento
di pubblico),
• l’indirizzo (in che modo i media si rivolgono al pubblico e che considerazione hanno di
esso),
• la circolazione (in che modo i media raggiungono il pubblico e come fa esso a
conoscere la proposta dei media),
• la fruizione (in che modo il pubblico utilizza i media nella vita quotidiana),
• l’interpretazione (in che modo il pubblico interpreta i media e che significato gli
attribuisce),
• il gradimento (cosa gradisce e cosa non gradisce il pubblico),
• le differenze sociali (che ruolo hanno il genere, la classe sociale, l’età e
l’appartenenza etnica nel comportamento del pubblico).

Tutti questi concetti chiave sono tra loro interdipendenti. Ciascuno di essi rappresenta
l’accesso ad una determinata area della ME, che necessariamente richiama tutte le altre
STRATEGIE DIDATTICHE
L’analisi del testo è l’aspetto più noto della ME, ma va distinta dall’analisi del
contenuto: mentre quest’ultima si basa sull’analisi quantitativa di un ampio
numero di materiali (ad es. lo spazio dedicato alla pubblicità nei giornali),
l’analisi del testo si concentra sui dettagli di un singolo testo, solitamente breve
(ad es. le fotografie).
Nel processo di analisi testuale, gli studenti non devono dare giudizi affrettati e
devono presentare il proprio punto di vista.

• La prima fase consiste nella descrizione di tutto ciò che gli studenti
vedono/sentono in un testo (tipo di musica, effetti sonori, linguaggio, tono di
voce, ecc.) per poi focalizzare l’attenzione esclusivamente sulle immagini e
sul modo in cui esse vengono proposte (uso della camera, luci, ecc.).

• Nella fase successiva, gli studenti vengono invitati a riflettere sul significato
di quanto hanno dettagliatamente descritto, per poi esprimere un giudizio
complessivo sul testo.

• Infine, l’analisi si conclude con una fase pratica in cui gli studenti devono
decostruire un’immagine etichettando ogni parte che la compone con un
commento analitico, oppure devono costruire uno storyboard sulla base dalle
immagini in movimento.
Con l’analisi del testo, i ragazzi comprendono che i testi non nascono per caso e che il
marketing è fondamentale per determinare come essi possano raggiungere il pubblico.

Un particolare tipo di analisi è rappresentato dai Case Studies.


Si tratta di uno studio su un caso specifico che può essere svolto secondo differenti
modalità: attraverso una ricerca approfondita su un argomento relativo ai media a
scelta degli studenti (il lancio di un nuovo programma tv o di una rivista, l’uscita di
un film, ecc) raccogliendo e l’analizzando informazioni e materiali; studiando in
maniera trasversale i diversi media su un particolare argomento, studiando il
pubblico, oppure effettuando un’indagine sul lavoro di una specifica azienda o società
produttrice di media.

L’approccio del Case Study richiede delle abilità relative alla ricerca di materiale o
alla formulazione di valutazioni relative alle informazioni raccolte
Se da un lato può sembrare semplice trovare del materiale, dall’altro bisogna
formulare giudizi attenti e fondati su quanto il materiale raccolto può essere
considerato affidabile.
La trasposizione è un approccio, analitico o pratico, orientato alle questioni di
linguaggio e di rappresentazione nei media che ha a che fare con le differenze che
emergono quando una fonte di testo viene impiegata in media diversi.

Approccio analitico: prevede che i ragazzi indaghino sul trattamento di un certo


argomento o sull’uso di una stessa fonte su due media diversi o per due differenti
target.
Approccio pratico: prevede che siano gli stessi ragazzi ad adattare un testo al
medium. In questo modo essi apprendono le possibilità e i limiti dei diversi media e
i modi in cui i significati possono cambiare se presentati in diverse forme o
trasposti da un medium a un altro.
La simulazione è una forma di gioco di ruolo che consiste nel far assumere agli studenti
il ruolo di produttori.

Essa è utile per affrontare le questioni relative alla produzione all’interno del settore dei
media, e su come i produttori bilanciano le esigenze economiche, tecniche e istituzionali
nel loro lavoro. Tale simulazione ha il vantaggio di offrire un’esperienza concreta su
aspetti mediali che sarebbero difficili da insegnare altrimenti.
Il concetto di “media literacy” implica che il “saper leggere” e il “saper scrivere” i media,
per questo la produzione è un aspetto centrale della ME, seppur il più impegnativo.

Sebbene alcuni media educator sostengano che la produzione degli studenti sia spesso una
mera imitazione dei grandi media, la ricerca ha dimostrato che l’uso dei ragazzi di
determinati generi dei media, dimostra una chiara comprensione del linguaggio mediale.
Le tecnologie digitali hanno creato nuove modalità di apprendimento più intuitive e
divertenti e un approccio più riflessivo ai media.

Tuttavia, i rapidi cambiamenti che caratterizzano la tecnologia rendono difficile


l’individuazione di cosa gli studenti debbano apprendere in questo campo.
A tale proposito vanno sollevate alcune questioni centrali:

• In primo luogo, la produzione dei media può presentare problemi in termini di


gestione della classe, indipendentemente dalla qualità delle apparecchiature di cui
la scuola è dotata.
• In secondo luogo, il lavoro sulla produzione dei media deve essere integrato
efficacemente con i metodi di analisi critica che gli studenti affrontano anche
nelle altre materie.

In questo campo l’autovalutazione è fondamentale, poiché grazie a questa, gli


studenti vengono messi in condizione di capire il rapporto tra intenzioni e risultati e
quindi a capire la complessità del produrre significati.
Alla fine del processo è importante che gli studenti si confrontino in un’attività di
debriefing in cui valutano il lavoro fatto.

La produzione, nel contesto dei ME non è fine a se stessa, ma va costantemente


accompagnata da una riflessione e un’autovalutazione da parte degli studenti. La
stessa ME si propone di produrre una partecipazione critica ai media, e non una
partecipazione fine a se stessa.
MEDIA EDUCATION. III PARTE
ALFABETIZZAZIONE, APPRENDIMENTO E CULTURA
CONTEMPORANEA

PROF. ALBERTO FORNASARI


DOTT. MATTEO CONTE
LA MEDIA EDUCATION NELLA SCUOLA

Nonostante la lunga storia, la ME fatica ancora a farsi spazio accanto a materie


scolastiche maggiormente consolidate.
Secondo i sostenitori della ME, essa va considerata come un elemento comune a tutte
le materie del curriculum scolastico, essi considerano la ME come argomento
potenzialmente interdisciplinare.
Ottenere un posto per la ME all’interno delle materie letterarie significa renderla
obbligatoria per tutti gli studenti; per questo motivo, gli sforzi messi in atto dai media
educators erano volti a integrarla all’interno del curriculum di lingua e letteratura.
Eppure, chiedere maggiore attenzione ai media all’interno di tali discipline implica una
rivalutazione della materia nella sua interezza.

Tutt’oggi, se da un lato vi è la convinzione che le materie letterarie favoriscano lo


sviluppo di una maggiore sensibilità al linguaggio, alla cultura e alle relazioni, dall’altro
lato vi è la convinzione che i media ingannino i fruitori portandoli all’accettazione di
falsi valori.
L’avvento delle ICT (Information and Communication Technologies) pone i media
educators di fronte a nuove sfide.
Non si può, infatti, insegnare i media attuali senza considerare il loro ruolo e la
convergenza tra i vecchi e nuovi media. I nuovi media, infatti, vanno integrati come
oggetto di studio accanto a media tradizionali come il cinema, la televisione e la
stampa.
La facile accessibilità che li caratterizza consente ai ragazzi un controllo più attivo e
creativo di quanto non fosse possibile con le vecchie tecnologie. Importante da
sottolineare è lo sforzo che si sta facendo in molti Paesi per introdurre le ICT nelle
scuole. Eppure, in questi Paesi, la formazione professionale è confinata ai livelli
superiori dell’istruzione, dunque non viene ancora considerata come responsabilità della
scuola.

In questo studio, la ME viene considerata all’interno del sistema educativo formale, in


particolare nella scuola secondaria, ma possono esserci molte opportunità di “ME”
informale al di fuori dell’ambito scolastico. Nonostante l’importanza sempre maggiore
dei media e l’urgenza della questione della ME, i progressi in questo campo sono molto
lenti.
DIVENTARE CRITICI
Attraverso il processo di analisi critica, la ME rende gli studenti più consapevoli e li
libera dai valori e dalle ideologie che – si pensa – i media impongano loro.

Secondo Masterman, la ME si propone di rivelare la funzione ideologica dei testi


dei media, che fa si che gli studenti siano incantati dal piacere e dalle illusioni dei
media, finendo per accettare ideologie opposte ai loro reali interessi.
Come già detto, i bambini acquisiscono inevitabilmente delle prospettive critiche
sui media.
La capacità di guardare il mondo dalla prospettiva degli altri è implicito
nell’abilità dei bambini di riconoscere le intenzioni persuasive della pubblicità. Tali
giudizi critici consentono loro di presentarsi come spettatori capaci di guardare
attraverso il medium e quindi di distinguersi da chi non sa farlo.
Questa capacità si mostra in determinate fasce d’età e di classi sociali: sono i
bambini più grandi ad affermare di conoscere la differenza tra televisione e mondo
reale. Allo stesso modo, i bambini di classe media tentano di prendere le distanze da
chi fruisce in modo ingenuo e pericoloso del mezzo televisivo. Diventare critici
fornisce un mezzo per distinguersi e per socializzare tra loro.
La ME deve mirare a spronare i ragazzi a prendere coscienza della complessità e
della diversità di ciò che piace loro dei media e a riconoscere la base sociale di tutti i
giudizi di gradimento e di valore, inclusi i propri.
Le questioni relative ai limiti della prospettiva critica sono ancora più evidenti nel
contesto scolastico. L’uso comune della pubblicità come oggetto di studio nella ME
consente lo “smascheramento” dell’ideologia, elemento centrale nell’approccio
orientato alla demistificazione.
.
Del resto, le pubblicità sono consapevolmente costruite usando complesse combinazioni
di tecniche verbali e visive; per questo meritano un’attenta analisi testuale.
Tuttavia, il linguaggio delle pubblicità è spesso guidato da motivazioni più ampie,
dunque rendere manifesta la retorica della pubblicità è certamente un modo per far aprire
gli occhi agli studenti sui valori e le ideologie che propone.

Questo punto di vista sulla pubblicità coincide con una forma di cinismo popolare,
facilmente alla portata dei bambini, considerati i soggetti maggiormente a rischio in
questo senso. Si pensa, infatti, che i pubblicitari sfruttino la loro vulnerabilità per
coltivare una forma di consumismo e di materialismo
Se i bambini più piccoli sono incerti sulle intenzioni persuasive dell’a pubblicità, la
maggior parte di essi ne diviene consapevole intorno ai sette-otto anni, per poi
sviluppare velocemente una serie di “difese cognitive” che permettono loro di
resistere e di affrontare le affermazioni dei pubblicitari.

La maggior parte dei bambini percepisce la pubblicità come un piacere passeggero


che possono prendere o lasciare, ma tutto ciò non dimostra affatto che essa non abbia
nessun effetto sui bambini stessi. Si potrebbe trattare, infatti, di una sorta di cinismo
superficiale e questa loro capacità di resistere alla pubblicità potrebbe non verificarsi
nella vita reale. Per i critici della pubblicità, il lavoro degli insegnanti è quello di
mettere in guardia i bambini rendendoli capaci di auto-difendersi.
Molte difficoltà emergono quando argomenti come la rappresentazione (o i “messaggi e
valori”) diventano più centrali nell’analisi.

La preoccupazione degli insegnanti di media per l’analisi ideologica non riesce a trovare
collegamenti con l’esperienza vissuta dei ragazzi e quindi non è così importante per
loro. La sola analisi, infatti, non cambia necessariamente le attitudini degli studenti, a
meno che la discussione sull’ideologia nei media non sia collegata all’esperienza diretta
e all’identità dei ragazzi.

L’adozione di una posizione critica implica spesso la condanna automatica dei media e
di tutto il loro lavoro, poiché essi vengono visti totalmente negativi sia nei messaggi che
trasmettono che nei loro effetti sul pubblico. Il pubblico dei media, a sua volta, viene
implicitamente considerato come vittima di una manipolazione.

L’acquisizione delle capacità critiche consente agli studenti di parlare dei media in modi
socialmente “approvati” e “legittimi”. Impiegare un approccio critico, infatti, vuol dire
affermare significativamente il proprio status, e questo li porta ad confermare spesso gli
effetti concreti, nella vita reale, di questo insegnamento .
Acquisire la padronanza del linguaggio dei media, parlando di rappresentazione,
genere, intertestualità, ecc., può avere benefici sia cognitivi sia sociali, poiché dà
accesso a uno status sociale e permette anche di pensare in modo più sistematico e
rigoroso.

Mentre per le materie letterarie la valutazione personale e la capacità di


discernimento sul piano del valore culturale sono aspetti centrali, la ME implica
un’analisi più distaccata ed esplicite argomentazioni teoriche.

Si apre qui una questione fondamentale: “essere critici” è un stato mentale o una
pratica sociale?

Se da un lato, la padronanza del linguaggio dei media può essere considerata una
forma di socializzazione poiché lo studente crea cosi una forma di “capitale
culturale” che gli permette di accedere a una forma di potere sociale, dall’altro si
può considerare la cosa in termini cognitivi, come sviluppo del controllo dei propri
processi di pensiero e come una sofisticazione concettuale.
DIVENTARE CREATIVI
Nonostante aumenti l’attenzione alla ME, le preoccupazioni sugli obiettivi e sui
risultati sollevate sin dalle prime generazioni di media educators non sono ancora
superate.
In particolare, restano le domande su come la creatività possa essere sviluppata al
meglio.
La creatività viene generalmente considerata come qualcosa di individuale, una sorta di
visione personale che viene espressa. Da questo punto di vista essa si può definire come
uno spontaneo flusso di sentimenti non soggetto a convenzioni e a strutture stabilite.
I prodotti creativi, in altre parole non possono essere ridotti o distrutti da alcun tipo di
analisi; la vera creatività è vista allora come il superamento delle costrizioni e dei limiti,
siano essi sociali, formali o accademici.
Questa prospettiva, in definitiva, implica che i soggetti creativi nascano tali quindi poco
spazio resta per l’insegnamento e che, quindi, creatività ed educazione siano
incompatibili.
Seppure esistano molte aree in cui non è necessaria la collaborazione, nella ME si è
sempre data particolare attenzione al lavoro di gruppo.

Le ragioni sono molteplici: nel mondo reale la produzione richiede personale


specializzato organizzato in modo gerarchico, dunque nella simulazione della pratica
professionale si richiede spesso agli studenti di assumere uno specifico ruolo.
Inoltre, sebbene il lavoro di gruppo non è sempre necessario, nel caso delle piccole
produzioni scolastiche, la scarsità di materiale a disposizione della classe lo rendono
inevitabile.

D’altro canto, la produzione collaborativa implica anche delle difficoltà: gli studenti,
infatti, hanno diversi livelli di preparazione e di conoscenza dei media e diverse
motivazioni nei confronti della produzione. Per prevenire tali difficoltà, gli insegnanti
possono assegnare specifici campi d’azione concordati con gli studenti, in modo da
evitare che le divergenze di opinione all’interno del gruppo diventino scontri
personali.
Dare la possibilità a ciascuno studente di sperimentare una serie di ruoli nella
produzione e richiedere loro di condividere le loro esperienze pregresse può
consentire una maggiore inclusione dei ragazzi nel lavoro di gruppo.
L’espressione Media Literacy implica che la ME preveda sia il leggere che lo scrivere,
eppure vi è un dibattito sul modo più efficace di insegnare e sul modo in cui questi due
aspetti devono interagire.

Questioni simili sono sorte anche in relazione al lavoro sulla produzione di media in
ambito educativo.

Da una parte vi sono gli approcci che danno la priorità alla padronanza delle capacità
tecniche e della “grammatica” delle forme dominanti dei media, dall’altra parte ci
sono approcci che valorizzano l’espressione individuale e la sperimentazione senza
limiti.
Tutti comunque concordano sull’esistenza di una serie di capacità che i ragazzi devono
necessariamente imparare. I prodotti dei media sono, infatti, costruiti secondo
convenzioni generiche e linguistiche ed è impossibile creare delle affermazioni
significative senza utilizzarli.

La questione, invece, si pone sul quando e come tali competenze tecniche e


linguistiche debbano essere acquisite. Tali competenze, infatti non possono essere
insegnate in modo duraturo se non vengono inserite in un contesto che preveda il
tentativo degli studenti di comunicare significati.
Gli studenti hanno a loro disposizione un repertorio molto vasto di conoscenze del
linguaggio dei media e sono lettori molto veloci anche se non sono ancora
“scrittori”.

La loro conoscenza, dunque è passiva; deve necessariamente essere resa attiva per
poter essere utilizzata.
Alcuni livelli di comprensione possono essere raggiunti pienamente solo attraverso
l’esperienza della produzione. Anche se è vero che i ragazzi possono imparare
facendo, se essi non vengono messi nelle condizioni di riflettere su ciò che hanno
fatto sarà impossibile per loro generalizzare l’esperienza e farne tesoro per il futuro.
Ecco il motivo per cui l’apprendimento deve implicare una stretta relazione tra la
teoria e la pratica.
Come abbiamo visto, una delle maggiori preoccupazioni delle prime generazioni di
media educator era il timore che i ragazzi potessero semplicemente imitare le forme
dominanti dei media ; copiare significava essere complici dell’ideologia dominante.

Si può obiettare a questo punto di vista affermando che l’imitazione, in realtà, è un


aspetto fondamentale dell’apprendimento; l’imitazione consente lo sviluppo di un alto
livello di competenze critiche e analitiche.

.
I fautori della “teoria del genere” sostengono che gli studenti debbano avere accesso ai
generi di linguaggio dominanti e che debbano essere istruiti in merito. Il tentativo di
negar loro questa possibilità significa avere scarsa considerazione degli studenti stessi.

Anche quando viene data loro la possibilità, i ragazzi non riproducono affatto le forme
dominanti in modo così diretto, ma gli elementi della negoziazione o della critica sono
sempre presenti ed usando forme e generi di media esistenti, gli studenti non assumono
automaticamente i valori che quei generi contengono, ma rilavorano attivamente la loro
conoscenza dei media
DEFINIRE LA PEDAGOGIA

Esistono diverse teorie dell’apprendimento che possono essere applicate nella ME:

- le teorie comportamentistiche ci possono aiutare a capire in che modo i ragazzi


acquisiscono le competenze tecniche e comunicative richieste per la produzione
dei media;
- le teorie evolutive ci consentono di comprendere in che modo la comprensione
dei bambini si sviluppa con l’età;
- le teorie delle “intelligenze multiple” permettono di mettere in luce ambiti di
esperienza che spesso vengono trascurati dalla formale disciplina scolastica.

Tali teorie, tra loro incompatibili, se utilizzate al momento giusto possono spiegarci
alcuni aspetti dell’insegnamento e dell’apprendimento.
Lo psicologo Vygotskij propone una sorta di teoria sociale della conoscenza e
dell’apprendimento, secondo cui lo sviluppo di “funzioni mentali più elevate”
dipende dagli strumenti linguistici e dai segni che mediano i processi sociali e
psicologici.
In questo senso, l’apprendimento è una questione di acquisizione di codici simbolici,
socialmente definiti.
Si tratta sia di una scoperta e una crescita spontanea, sia di una ricezione passiva di
idee trasmesse dall’insegnante; a proposito, Vygotskij distingue ciò che gli studenti
possono comprendere senza aiuto e ciò che possono apprendere solo con l’aiuto
degli altri.
La distinzione tra concetti “spontanei” e “scientifici” spiega la relazione tra le
conoscenze preesistenti degli studenti in tema di media e le conoscenze proposte dagli
insegnanti. I concetti spontanei nascono dagli sforzi mentali del bambino, mentre quelli
scientifici sono influenzati dagli adulti e nascono dopo un processo di insegnamento.

La ME va pensata come un mezzo di trasmissione di un nucleo di concetti scientifici che


consentiranno agli studenti di usare il linguaggio dei media in modo più cosciente e
responsabile il cui obiettivo è sia quello di rendere i bambini capaci di “leggere” e
“scrivere” i media utilizzando gli opportuni codici, sia quello di insegnare a riflettere sui
processi del leggere e dello scrivere.
La teoria di Vygotskij sottolinea il valore dell’acquisizione da parte dei ragazzi di
una sorta di “metalinguaggio scientifico”, grazie al quale potranno descrivere e
analizzare le funzioni del linguaggio dei media mediante l’autovalutazione e la
riflessione, attraverso cui imparano a rendere esplicita la conoscenza “spontanea”
implicita che hanno dei media.

L’analisi di Vygotskij sembra non tener conto degli interessi sociali in gioco nella
produzione e nella circolazione del sapere, e neppure considera il rapporto tra
linguaggio e potere sociale, o l’uso e le funzioni sociali del linguaggio nelle
situazioni quotidiane, compresa la scuola.
Nonostante la teoria di Vygotskij presenti dei limiti, essa propone un approccio
dinamico all’insegnamento e all’apprendimento in cui i ragazzi passano
alternativamente dall’azione alla riflessione.

In tale prospettiva, si può pensare al processo di apprendimento dei media come ad


un processo a tre livelli:

- implica il fatto che gli studenti rendano esplicita la loro conoscenza pregressa;
- permette loro di rendere sistematica tale conoscenza e di generalizzarla;
- li sprona a mettere in discussione le basi di questa conoscenza e a spostarsi al di
la di essa.

Ciascuno di questi tre livelli prevede una collaborazione con i compagni e con
l’insegnante. Tale approccio si basa su una relazione dialettica tra lo studio e l’uso
del linguaggio, tra analisi critica e la produzione pratica. Ciò comporta che gli
studenti acquisiscano una terminologia specialistica o metalinguistica attraverso la
condivisione di ciò che essi già sanno sui media.
Questo punto di vista coincide con quello di Cope e Kalantzis, fautori della
“multialfabetizzazione”, secondo cui l’insegnamento e l’apprendimento implicano
l’interazione di quattro fattori:

- la pratica contestualizzata (l’inserimento degli studenti in un gruppo di allievi


impegnati nell’applicazione di una concreta pratica come la lettura di un testo);

- l’istruzione diretta (la trasmissione diretta di informazioni da parte


dell’insegnante);

- il quadro critico (che permette ai ragazzi di prendere le distanze teoriche da quello


che hanno imparato per valutarne le dimensioni sociali e culturali, di criticarlo ed
estenderlo);

- la pratica trasformata.
Secondo alcuni sostenitori della ME, i ragazzi devono essere incoraggiati a mettere
da parte i loro giudizi soggettivi sui media per poter assumere un atteggiamento
obiettivo e analitico. Tale posizione ha portato altri a sostenere che la ME abbia
trascurato le questioni di valore culturale. Tuttavia, è molto difficile evitare che gli
studenti diano tali tipi di giudizi, per cui il punto sta nell’approfondire e articolare le
nostre discussioni su di essi, piuttosto che bandirli.
Così gli insegnanti possono usare in modo produttivo i giudizi soggettivi degli
studenti sui media e le osservazioni sulla loro quotidiana esperienza dei media come
fonte di ulteriori analisi e discussioni.
Oltre a condividere le proprie credenze i ragazzi possono confrontarle con quelle degli
altri e riflettere su ciò che le differenzia. Queste attività dovrebbero favorire nei
ragazzi la cosiddetta “auto-comprensione sociale”, ossia la capacità di comprendere
la loro collocazione nel contesto dei rapporti sociali e culturali, e incoraggiare un
approccio più critico sulle affermazioni comuni sugli “effetti” dei media. Esistono
molte strategie scolastiche applicabili in questi casi.

L’autobiografia dei media, ad esempio, prevede che i ragazzi raccolgano e


dimostrino lo sviluppo dei propri gusti e interessi in riferimento ai media e può essere
un buon punto di partenza per i corsi di ME.
Un’altra importante area di pratica è l’autovalutazione che gli studenti fanno del
proprio lavoro di produzione: i ragazzi vengono spronati a impegnarsi in un processo
di riflessione sul lavoro svolto.

In questi casi gli studenti devono riflettere sul processo produttivo alla luce delle
proprie interpretazioni e di quelle degli altri; attraverso questo processo sistematico di
riflessione scritta i collegamenti tra teoria e pratica si sviluppano e vengono esplicitati.

La scrittura, dunque, assume un’importanza particolare, dovuta almeno in parte alle


caratteristiche specifiche della comunicazione scritta, rispetto a quella parlata o a altri
metodi.
Il valore della scrittura deriva proprio dalla sua natura individuale e privata: funziona
infatti come una forma di dialogo con un altro immaginario o con se stesso.
Richmond sostiene che la riflessione auto-cosciente sulle caratteristiche del
linguaggio può essere sviluppata attraverso la “trasposizione” tra diverse modalità di
linguaggio.
Scrivere del parlare o parlare del leggere, ad esempio, può aiutare ad
esplicitare le qualità specifiche di queste diverse modalità e contribuire allo sviluppo
della comprensione di come funzionano i linguaggi.
Lo stesso si può dire del rapporto tra produzione dei media e scrittura, una forma
simile alla traduzione da un linguaggio all’altro.
Alla fine, gli studenti saranno in grado di rendere esplicite le proprie conoscenze,
sistematizzarle e metterle in discussione.

La scrittura auto-valutativa, però, presenta una serie di problematiche, tra cui il


fatto che essa viene spesso messa in atto solo con la finalità del giudizio d’esame.
Dunque, essa tende a essere considerata più come esercizio di autogiustificazione
finalizzato alla massimizzazione del voto d’esame che non come onesta riflessione su
ciò che è stato fatto.
MIUR Il PIANO
NAZIONALE SCUOLA
DIGITALE -SINTESI

Prof. AlbertoFornasari (PhD),


Dipartimento FOR.PSI.COM
alberto.fornasari@uniba.it
Nei documenti sul riordino dei Licei e degli Istituti Tecnici (2010), è possibile rintracciare
una chiara indicazione sulla necessità di fondare l’apprendimento degli studenti su attività
 d’ispirazione laboratoriale, perseguendo modelli costruttivisti, superando quelli
univocamente cognitivisti, ormai riconosciuti come obsoleti nel contesto internazionale
dell’istruzione e della formazione.

 Alla luce di ciò, parlare di competenze digitali significa quindi tenere in considerazione
alcune direttrici fondamentali. Primo, la necessità di collocare ogni ragionamento all’interno
 del quadro più ampio delle competenze, e dell’attività didattica.
 Secondo, chiarire che le dimensioni delle competenze digitali sono diverse: da strumento
 per la didattica a veicolo per lo sviluppo di competenze trasversali e attitudini, e infine
come nuova alfabetizzazione, di base attraverso il pensiero computazionale, e nella sua
 dimensione macro e applicata, associata ai grandi cambiamenti sociali, economici e nel suo
 rapporto con l’informazione e le regole.
 Parlare di competenze digitali impone un punto di partenza più ampio: significa prima
di tutto parlare di competenze, e quindi di percorsi didattici e piani pedagogici.
 Se l’obiettivo del nostro sistema educativo è sviluppare le competenze degli studenti,
invece che semplicemente “trasmettere” programmi di studio, allora il ruolo della
didattica per competenze, abilitata dalle competenze digitali, è fondamentale in
quanto attiva processi cognitivi, promuove dinamiche relazionali e induce
consapevolezza.

 Le competenze non si insegnano, si fanno acquisire, e il legame tra competenze e


nuovi ambienti di apprendimento è indubbiamente forte.
 Il paradigma su cui lavorare è la didattica per competenze, intesa come
progettazione che mette al centro trasversalità, condivisione e cocreazione, e come
azione didattica caratterizzata da esplorazione, esperienza, riflessione,
autovalutazione, monitoraggio e valutazione, è il paradigma educativo su cui
lavorare.
 Il primo passo è quindi fare tesoro delle opportunità offerte delle tecnologie digitali
per affrontare una didattica per problemi e per progetti.
 Molte delle competenze sono sviluppate durante lo svolgimento stesso del progetto.
 In questo quadro, le tecnologie digitali intervengono a supporto di tutte le dimensioni
delle competenze trasversali (cognitiva, operativa, relazionale,
 metacognitiva).
 Ma si inseriscono anche verticalmente, in quanto parte dell’alfabetizzazione del nostro
tempo e
 fondamentali competenze per una cittadinanza piena, attiva e informata, come
anticipato dalla
 Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio d’Europa e come ancor
meglio
 sottolineato da framework come 21st Century Skills (Competenze per il 21mo secolo),
promosso dal World Economic Forum.

 L’interpretazione di quali competenze sono utili e centrali al nostro tempo non può
essere disconnessa dalla fase storica nella quale i nostri studenti crescono, ed è quindi
in continua evoluzione.
 Framework come 21st Century Skills rappresentano quindi un importante anello di
congiunzione tra il quadro generale in cui l’educazione opera - didattica e competenze -
e la necessità di
 tradurre il ruolo, sia verticale che trasversale, delle competenze digitali.
 In questa visione, il digitale è sia Foundational Literacy (nuova alfabetizzazione di
base), con
 una sua importante e crescente verticalità, e sia veicolo cruciale per lo sviluppo delle
cosiddette
 Competencies e Qualities (Competenze e Attitudini).
 La visione di competenze digitali riprende il paradigma dell’educazione ai media e con i
 media, attraverso le dimensioni anticipate.
 Il digitale è infatti da una parte “nastro trasportatore”, media caratterizzato e non
neutrale attraverso cui sviluppare e praticare competenze e attitudini, all’interno di e
attraverso ogni disciplina;
 è “alfabeto” del nostro tempo - al cui centro risiede il pensiero computazionale - una
 nuova sintassi, tra pensiero logico e creativo, che forma il linguaggio che parliamo con
 sempre più frequenza nel nostro tempo;

 è, infine, ad un livello più alto, agente attivo dei grandi cambiamenti sociali, economici
 e comportamentali, di economia, diritto e architettura dell’informazione, e che si
 traduce in competenze di “cittadinanza digitale” essenziali per affrontare il nostro
tempo.

 Con particolare riferimento a quest’ultima dimensione, esistono esperienze molto


interessanti di mappatura e ricostruzione delle competenze, come il framework Web
Literacy curato da Mozilla Foundation e il lavoro effettuato da Media Smarts per il
Governo Canadese . Ad ulteriore sostegno per la costruzione di un modello concettuale,
esistono framework come DIGICOMP (A framework for developing and understanding
digital competence in Europe, 2013) che individua una lista di 21 competenze descritte
per conoscenze, abilità e atteggiamenti, comprese in 5 aree: Informazione,
Comunicazione, Creazione di contenuti,
 Sicurezza e Problem solving. Tali framework sono quindi utili per identificare le
competenze specifiche richieste, e in stretto contatto con la Information Literacy.
 Lo sviluppo delle competenze digitali degli studenti richiede quindi - anche nel nostro
Paese
 - una strategia dedicata, che, partendo da da una prima necessaria azione di indirizzo,
 attraverso l’identificazione di un framework chiaro e condiviso, aiuti le istituzioni
scolastiche nella progettazione didattica.

TECNOLOGIE
DIDATTICHE

Prof. Alberto Fornasari


Tecnologie didattiche
Riepilogo

Tecnologia come oggetto di apprendimento: la media


education

Cultura di massa

Media e infanzia: culture mediali

Competenze mediali e media/digital literacy


Riepilogo
• Riconfigurazione delle modalità espressive,
comunicative e di produzione della conoscenza
• I nuovi media digitali generano nuove pratiche mediali e
culturali, rivoluzionando il processo di produzione e
partecipazione ai media stessi.
• Amplificatori culturali.
• Con il termine medium si identificano i dispositivi
tecnologici digitali; è il mezzo che modifica e trasforma la
situazione comunicativa; sostituisce la comunicazione con
una esperienza mediata non diretta.
• Al medium si lega il concetto di interfaccia consente
produzione, manipolazione e negoziazione di simboli,
significati, identità e spazi.
Riepilogo
• La possibilità di agire attraverso l’interfaccia consente
l’attivazione di una “conversazione uomo macchina”,
esprimendosi in una forma di interattività compiuta.

• Tecnologia: dal greco techne e logos, ragionamento intorno


all’arte, alla tecnica.
• Dal dizionario Treccani: la tecnica è un insieme di procedimenti
usati per ottenere un risultato e la tecnologia intesa come
studio dei procedimenti tecnici nei loro aspetti generali e nel
rapporto con lo sviluppo della civiltà.
• Oggi la tecnologia è intesa come ricerca e rielaborazione
teorica sull’applicazione e uso di strumenti e procedimenti
tecnici a scopo pratico, per risolvere problemi, prendere
decisioni, scegliere strategie.
Tecnologie digitali
• Tecnologia digitale: letteralmente “dito” o anche “cifra”. Si
attribuisce la qualifica di digitale ai dispositivi che trattano
grandezze in forma discreta e si contrappone al termine
analogico che invece si riferisce a sistemi in cui a una
grandezza si fa corrispondere una rappresentazione
continua e ad essa proporzionale (Menichetti, 2016).
• Le tecnologie digitali sono definite disruptive innovation:
è considerata una rivoluzione tecnica ma anche e
soprattutto sociale. È un’innovazione che rende prodotti e
mercati di nicchia accessibili a tutti, intervenendo sulla
semplificazione del prodotto e diminuzione del prezzo.
Tecnologie digitali
• Paradigma della convergenza: il processo di
digitalizzazione ha fatto confluire libri, musica, immagini
nel computer ma si è assistito anche alla convergenza
della piattaforma computer con quella di altri media
tradizionali e telefonia.
• La convergenza è nei formati, nei dispositivi, nei
contenuti.
• Convergenza: “più che il paradigma della rivoluzione
digitale, è la spiegazione più plausibile del cambiamento
mediatico” (Jenkins, 2007). Stiamo entrando in un’era
nella quale i media saranno ovunque, e nella quale tutti i
media che noi utilizzeremo saranno in relazione tra di
loro” (Jenkins, 2007)
Tecnologie digitali
• Negli anni ‘90 si è sviluppata la disciplina dell’Interaction
design (ID), progettazione dell’interazione.
• Prime interfacce studiate sono state le WIMP – Windows,
Icons, Menus, Pointers.
• I paradigmi di interazione abilitati dalle tecnologie digitali:
• Ubiquitous computing: l’azionare diversi sistemi e
apparecchiature di calcolo senza la necessità di concentrarsi su
tasti, menu, barre di scorrimento. L’elaborazione delle informazioni
viene integrata negli oggetti e nelle attività quotidiane. Come
sostiene Weiser: “le tecnologie che incidono sulla società sono
quelle che non si vedono: si intrecciano nel tessuto della vita
quotidiana fino a confondersi” (Menichetti, 2016: 133)
Tecnologie digitali
• Pervasive computing: calcolo pervasivo, tecnologie a portata di
mano, ovunque (everywhere).
• Wearable computing: oggetti che possono essere indossati
(scarpe, collane, orologi) e che interagiscono con l’ambiente che li
circonda acquisendo informazioni sugli spostamenti, sui luoghi
visitati, facilitare la gestione dei trasporti.
• Tangible user interfaces: possibilità di interagire con i sistemi
digitali toccando oggetti fisici con esito sul mondo virtuale, esempio
il mouse o lo sfogliare pagine su un tablet.
• Attentive environments: l’ambiente interpreta e anticipa i bisogni
degli utenti.

Menichetti, 2016
Evoluzione delle tecnologie
• Il processo di ripensamento tecnologico ha favorito,
principalmente, il passaggio dalla monomedialità̀, che
caratterizza la forma narrativa tradizionale, alla
multimedialità, che invece consente un’integrazione e
interazione a livello sensoriale, linguistico e tecnologico
tra la parola, il suono e l’immagine, favorendo la gestione
di nuovi canali comunicativi
• I paradigmi attraverso i quali gli strumenti della
comunicazione rendono possibile l’integrazione e la
concettualizzazione delle esperienze e conoscenze sono:
il paradigma della scrittura tradizionale, che si presenta
chiuso, lineare e razionale; quello dei prodotti
massmediali e multimediali caratterizzati da circolarità,
immersività̀ e flessibilità.
Evoluzione delle tecnologie
• Secondo Henry Jenkins il cambio essenziale dei media
deve essere rintracciato nel concetto di partecipazione:
definisce la nuova cultura partecipativa (partecipatory
culture) come “la cultura in cui fan e altri consumatori
sono invitati a una attiva partecipazione nella creazione e
circolazione di nuovi contenuti” (2006: 257).
• Aspetto della “remixabilità” dei media e dei contenuti
mediali, tipica della cultura digitale, risponde al paradigma
della convergenza mediale, intesa sia come processo
tecnologico che culturale (Jenkins, Deuze, 2008: 7).
Storie, idee, immagini, conoscenze e contenuti sono,
dunque, ri-mediati attraverso la scrittura mediale, dando
origine a nuovi testi e generando nuove forme di
espressione culturale.
Evoluzione delle tecnologie
• La prima fase dell’evoluzione tecnologica nell’ambito della
comunicazione è rappresentata dalla scrittura.

Codifica dei linguaggi in un sistema di segni trasmesso su


supporti fisici. Consente l’immagazzinamento dei suoni della
lingua parlata, per consentirne un uso duraturo nel tempo,
permettendo, inoltre, la razionalizzazione delle esperienze e loro
rappresentazione.
Scrivere obbliga a potenziare le capacità di analisi e riflessione.
Evoluzione delle tecnologie
• I pregi della scrittura rispetto alla oralità sono:
• la capacità di esternalizzare e potenziare la memoria;
• Separare nel tempo e nello spazio il lettore dallo
scrittore redendo più trasmissibile e riproducibile la
comunicazione;
• Stabilire un testo univoco e immodificabile per i posteri.
• La seconda fase dell’evoluzione tecnologia nell’ambito
della comunicazione si ha nel XV secolo con l’invenzione
della stampa a caratteri mobili realizzata dal tipografo
Johannes Gensfleisch della corte di Gutenberg.
• Il libro a stampa è stata la tecnologia caratterizzante
dell’epoca moderna in quanto ha contribuito alla
realizzazione della società moderna.
Evoluzione delle tecnologie
• Marshall McLuhan ha individuato delle innovazioni
apportate dal libro a stampa rispetto alla cultura
chirografica del manoscritto:
• Stabilisce la fissità monumentale dell’informazione
• Produzione di numeri elevati di copie identiche
• Reintroduzione della separazione tra lettore e autore
• Con la stampa è possibile garantire l’accesso alla cultura
ad un numero più elevato di persone.
• Con la nascita del libro moderno si assiste a un cambio
nella modalità̀ di scrittura (rispetto ai manoscritti): c’è una
maggiore attenzione alle regole ortografiche, l’uso di un
sistema più logico della punteggiatura, la divisione del
testo in paragrafi.
Evoluzione delle tecnologie
• Il libro ha reso l’accesso alla lettura più semplice e rapido,
ha cambiato le forme di lettura, non più pubblica bensì
individuale, con conseguente miglioramento e diffusione
dell’alfabetizzazione e dell’educazione.
• La tecnica della stampa ha anche influenzato le
strutture cognitive dell’uomo: ogni testo scritto occupa
non solo uno spazio fisico ma anche logico e concettuale
nella mente.
• La stampa ha modificato la modalità di approccio alla
informazione e alla formazione, portando alla nascita
della figura dell’autore e del lettore/pubblico e alla
forma di organizzazione e diffusione del sapere dal
centro alla periferia (Ferri, Moriggi, 2018).
Evoluzione delle tecnologie

• Una terza fase dell’evoluzione tecnologica nell’ambito


della comunicazione vede una ridefinizione dello spazio
della scrittura e lettura con la testualità digitale, con i
social network, internet e il web.
• Gli strumenti offerti dalle tecnologie digitali generano un
sistema di risorse elettroniche capaci di interagire tra loro
attraverso dei collegamenti ipertestuali, quindi una
tipologia di informazione ipermediale.
Evoluzione delle tecnologie
• I contenuti ipermediali sono il risultato dell’unione
dell’ipertesto e del multimediale, sono, infatti, realizzati in
vari formati (video, audio, testo, ecc.) e collegati tra loro
tramite link elettronici.
• L’ipertesto consente di selezionare una specifica parola e
di ricevere informazioni aggiuntive a riguardo attraverso
un clik e questo permette di instaurare una testualità
aumentata.
• L’ipertesto trasforma amplia la tradizionale forma
narrativa, lineare, chiusa e sequenziale (tipica del libro)
rendendola più dinamica, reticolare e aperta,
componendo le informazioni in un modo del tutto nuovo
più vicino al processo di elaborazione delle idee
dell’essere umano (Landow, 1997).
Evoluzione delle tecnologie
• L’ipertesto si ha a partire da un testo che viene
scomposto, atomizzato, e ogni parte viene poi saldata con
altri testi, immagini, video, audio, audio visuale, testi, ecc.,
attraverso dei nodi, rendendo il testo ipertestuale più
interattivo, lasciando cioè libertà al lettore/fruitore/autore
la possibilità di personalizzare il proprio percorso
(Landow, 1997).
• L’ipermedia modifica la gerarchia e l’ordine interni del
testo cartaceo e trasforma anche il rapporto tra autore e
lettore.
• Il lettore non è più passivo nei confronti del testo ma
diventa un lettore attivo, in quanto è lui che rende attiva
la trama dell’ipertesto.
Evoluzione delle tecnologie
• Ripensamento della scrittura nei termini della scrittura
collaborativa: collaborazione tra scrittore, lettore,
tecnologi, videomaker, musicista, editore…
• La scrittura in collaborazione, il social reding e il social
writing, resi possibili dai nuovi media digitali, comporta un
accesso più democratico anche al sapere, alla cultura alta
(accesso alle università).
• Emerge la figura del prosumer: moderna figura
dell’utilizzatore del web che non si limita al consumo
passivo dei contenuti dei siti e blog ma partecipa
attivamente alla loro produzione.
Attività

Trovare la teoria del complotto più inverosimile, cercando di


capire su quali basi logiche o apparenti prove si basa
(youtube è un buon archivio di documenti di tale tipo ma ci
sono anche numerosi siti specializzati).
Il difficile consiste nel provare a mettere in dubbio non tanto
video o testi più strampalati ma quelli apparentemente
credibili e convincenti.
Cultura di massa
• Società di massa: le società occidentali diventano di
massa quando grandi masse di contadini hanno iniziato
ad inserirsi nei sistemi produttivi industriali

• Produzione industriale di massa e consumo di massa


di beni e servizi.

• Scolarizzazione di massa
Cultura di massa
• Mezzi di comunicazione di massa hanno contribuito a
creare un patrimonio di conoscenze collettive denominato
cultura di massa.

• Cultura di massa si inserisce tra la cultura colta e la


cultura popolare (bassa e volgare) andando a creare una
cultura terza.
• Per cultura di massa intendiamo soluzioni
preconfezionate, risorse simboliche e linguistiche
stereotipate e semplici, per questo consumabili da
tutti.
Cultura digitale
• Cultura digitale come insieme di cambiamenti che hanno
riguardato l’agire collettivo, l’agire individuale.
• Diffusione sociale e geografica di nuovi saperi pratici e
nuovi ambienti, reali e virtuali.
• La cultura digitale è un insieme di contenuti, relazioni
simboliche, conoscenze ed esperienze che inaugurano un
mondo di azioni e significati.
• È una cultura perché è trasmissibile, accumulabile,
capace di auto-trasformarsi e adattarsi alle esigenze
tecniche e sociali.
• È caratterizzata da prossimità digitale
• Le basi della cultura digitale sono: partecipazione,
digitalizzazione e ri-uso
TECNOLOGIE
DIDATTICHE
Media education
• Media education è un ambito disciplinare volto
all’acquisizione di competenze relativamente ai media,
secondo Rivoltella.
• David Buckingham, padre della media education,
definisce la media education come: processo di
insegnamento e apprendimento centrato sui media e la
media literacy ne costituisce il risultato.
• La media education infatti si propone di sviluppare delle
competenze ampie che siano in relazione non soltanto
alla carta stampata ma anche ad altri sistemi simbolici
legati alle immagini e ai suoni. Capacità di leggere e
scrivere i media.
Media education
• La media education intende sviluppare una
comprensione critica e una partecipazione attiva.
• La media education diversa da education technology

• Perché la media education?


• I media forniscono rappresentazioni o immagini del
mondo, quindi forniscono versioni selettive del mondo.
• Ogni medium ha un testo: i testi sono i programmi, i film, i
siti internet che sono trasferiti attraverso diverse forme di
comunicazione.
Media education
• Media come l’agente di socializzazione più significativo
nella società contemporanea.

• Tutto ciò rende i media il passatempo più significativo dei


bambini e dei ragazzi

• Media education come soluzione


Media e infanzia
• Due punti di vista sul rapporto tra bambini e media:
• media come distruttori dell’infanzia: posizione di Neil
Postman, secondo cui i nuovi media stiano distruggendo
l’infanzia; pensiero caratterizzato da determinismo tecnologico,
ovvero tecnologie capaci di produrre cambiamenti sociali senza
considerare il modo in cui viene utilizzata o senza considerare
le rappresentazioni che propone. L’infanzia va dunque protetta
dall’influenza negativa dei media.
• media come liberazione per i bambini: posizione di Don
Tapscott, il quale sostiene che la rete ponga l’utente in una
posizione attiva, la rete è democratica, interattiva, crea
community, per questo considerati come forma di
accrescimento e liberazione. Secondo Tapscott i ragazzi sono
naturalmente saggi e sete di conoscenza.
Media e infanzia
• Cambiamento della posizione sociale dei bambini
• Cresce l’interesse da parte del mercato nei confronti
dell’infanzia: bambini come consumatori.

• Gli sviluppi tecnologici hanno comportato:


• Una proliferazione dei media con cambiamenti nei comportamenti
d’uso da parte dei ragazzi
• Facilità di accesso che consente di avere un ruolo più attivo,
ovvero come produttori culturali
• Internet è decentralizzato, chiunque può pubblicare qualsiasi cosa
e chiunque può accedervi,
Media e infanzia
• I media incoraggiano diverse forme di attività da parte del
pubblico: i bambini sono considerati dalle industrie dei
media come consumatori sofisticati, esigenti e
consapevoli dei media.

• Implicazione in ambito educativo:


• Cresce l’urgenza di programmi sistematici di
insegnamento.
• Media definiscono le esperienze dell’infanzia
• Convergenza mediale fa emergere la necessità di studiare diversi
mezzi e linguaggi
• Divario tra contesto scolastico e extra-scolastico
Media e infanzia
• i media sono inevitabilmente inseriti nelle reti del potere
sociale, economico e istituzionale, per questo i bambini
devono comprendere le logiche complesse e
contraddittorie secondo cui i media operano.
• La scuola deve cercare, in un’ottica di media education, di
partire dagli strumenti conoscitivi di cui il bambino è in
possesso.
Evoluzione della media education
La media education è caratterizzata da un continuo
dibattito su metodi e obiettivi fondamentali, vediamo un
resoconto dell’evoluzione storica della media education:
• La media education prende l’avvio in Gran Bretagna nella
prima metà del XX secolo, l’approccio è del discernere e
resistere (dagli anni ’30 agli anni ’50): il critico letterario
Leavis e il suo allievo Thompson nel libro “Culture and
environment: the training of critical awareness” (1933)
formulano le prime proposte per l’insegnamento sul tema
dei mass media nella scuola. Obiettivo: preservare
l’eredità letteraria insieme alla lingua.
Evoluzione della media education
• Cultural studies e arti popolari anni ’60: nel lavoro sui
cultural studies di Raymond Williams e Richard Hoggart si ha
un recupero del valore dei media inquadrandoli da un punto di
vista etnografico: non esiste una cultura alta e una popolare
separata; approccio inclusivo teso a preservare gli stili di vita e
le identità culturali dei diversi gruppi sociali attraverso la
testimonianza dei media.
• Screen education e demystification anni ’70: Esponente di
questo approccio fu Len Masterman che aprì la strada ad una
disciplina basata sullo studio dei linguaggi, della semiotica (che
garantivo oggettività e rigore analitico) e delle ideologie per
comprendere la natura artefatta dei testi dei media e mostrare
come le rappresentazioni mediatiche rinforzassero ideologie
dei gruppi dominanti nelle società.
Evoluzione della media education
• Ultimo sviluppo della media education, della new media
education si è avuto con lo sviluppo dei computer e delle reti.
L’approccio è della preparazione e dell’empowerment, anni
‘90: i nuovi media cambiano la percezione del mondo,
cambiano il modo in cui ci si rapporta ai gruppi sociali.
Necessaria prospettiva centrata sullo studente che parta cioè
dalla conoscenza e esperienza che i giovani hanno dei media
affinché siano capaci di prendere delle decisioni in modo
consapevole.
• La media education quindi assume la forma di preparazione
non più protezione. l’obiettivo è di sviluppare uno stile di
insegnamento apprendimento che sia più riflessivo in cui gli
studenti possano riflettere come lettori e scrittori di testi
mediatici e comprendere i fattori sociali e economici in gioco e
intraprendere la produzione creativa dei media.
Obiettivi della media education
• Gli obiettivi principali della media education sono:
• Diventare critici: sviluppare una coscienza critica negli
studenti attraverso un processo di analisi critica dei testi
mediali.
• da un punto di vista didattico bisogna spronare i ragazzi a prendere
coscienza della complessità e della diversità di ciò che piace dei
media e riconoscere la base sociale dei giudizi di gradimento e valore.
• Educare al pensiero critico: educare a interrogarsi sui fondamenti
logici o empirici su cui si basa una qualunque affermazione “Il solo
educare i giovani a valutare l’affidabilità di una informazione reperita
su internet è ormai una “emergenza” che la scuola non può eludere”
affermazione di Calvani.
• Insegnare a prendersi il giusto tempo per l’analisi e la ponderazione; e
fornire strumenti per farlo in modo corretto ed efficace
Obiettivi della media education
• Diventare creativi: quando parliamo di creatività
parliamo di una visione personale, un autentico sé che
trova espressione.
• Le nuove tecnologie accrescono il riconoscimento della dimensione
sociale e collaborative della produzione creativa, delle relazioni tra
espressione creativa e capacità tecnica e l’importanza della
riflessione e dell’autovalutazione.
• Espressione del sé attraverso la produzione permette di far
emergere un sé costruito e rappresentato.
• La produzione dei media costituisce un’opportunità per lo sviluppo
di abilità sociali e comunicative.
• Importanza della scrittura per la produzione dei media: i prodotti
mediali sono infatti costruiti secondo delle convenzioni generiche e
linguistiche.
Obiettivi della media education
• Acquisizione di competenze tecniche e linguistiche.
• Gli studenti sono già in possesso di conoscenze del
linguaggio mediale, sono lettori veloci anche se non sono
ancora scrittori, quindi la conoscenza che hanno è
passiva e deve essere resa attiva per poterla usare.

• Ciò possibile attraverso la pratica, ovvero attraverso la


produzione stessa.
• L’apprendimento implica una relazione dialettica tra il fare
e l’analizzare, tra la teoria e la pratica.
Obiettivi della media education
• La tecnologia attuale facilita i processi di stesura e
ristesura dei testi.
• Imitazione come forma di apprendimento che necessita
di un alto livello di capacità critiche e analitiche.
• L’imitazione di un genere, di un testo, non riproduce le
forme dominanti in modo diretto in quanto emergono
sempre elementi della negoziazione, della parodia o della
critica.
• Gli studenti ri-lavorano attivamente e coscientemente la
loro conoscenza pregressa dei media.
La media literacy
• Primo riferimento alla alfabetizzazione verso la fine degli
anni ottanta come risultato di un tentativo di integrare la
media education nelle materie letterarie.
• La comunicazione implica una combinazione di diverse
modalità comunicative (visive, verbali) ma anche diverse
codici linguistici e diverse forme in cui il linguaggio viene
usato.
• Quando parliamo di media literacy intendiamo le
conoscenze, le capacità e le competenze richieste per
poter usare e interpretare i media.
La media literacy
• La media literacy è una forma di alfabetizzazione critica:
implica la capacità di analisi, di valutazione e di riflessione
critica.
• La media literacy comporta l’acquisizione di un
metalinguaggio come mezzo di descrizione di forme e
strutture di diverse modalità di comunicazione; prevede la
comprensione di contesti sociali, economici, istituzionali
della comunicazione, incidendo sulla esperienza e vita
delle persone.
• La media litercy prevede la capacità di usare e
interpretare i media ma implica la comprensione analitica
degli stessi.
La media literacy e alfabetizzazione
• Quando parliamo di alfabetizzazione nell’ambito della
media literacy si fa riferimento ad una analogia tra
linguaggio scritto e linguaggio audiovisivo.
• L’alfabetizzazione riferita alla media literacy è molto di più
di una alfabetizzazione funzionale (capacità di dare senso
a un programma o far funzionare una telecamera).
• L’alfabetizzazione non è una cassetta degli attrezzi
cognitiva che rende le persone capaci di comprendere e
usare i media.
• Quando si parla di alfabetizzazione bisogna considerare
anche la natura sociale della alfabetizzazione, ovvero
le diverse forme che acquisisce nelle diverse culture e
società.
Buckingham, 2006
La media literacy e alfabetizzazione
• I soggetti creano significati attraverso il loro
coinvolgimento nei network sociali o nelle comunità
interpretative e promuovono forme di alfabetizzazione.
• L’acquisizione dell’alfabetizzazione rende le persone
capaci di fare cose, di agire socialmente, quindi
l’alfabetizzazione riguarda la produzione di significati
simbolici.

• La media education e la media literacy devono


oltrepassare superare il funzionalismo tecnicistico e
orientarsi a comprendere che i giovani modificano il loro
stesso ambiente attraverso usi mediali dando vita a vere
e proprie culture (Menichetti, 2017).
La media literacy
• La media literacy quindi è la capacità di decifrare,
apprezzare, criticare e comporre ma richiede anche una
comprensione dei contesti sociali, economici e storici in
cui i testi mediali sono prodotti, distribuiti e fruiti
(Buckingham, 2006).
• Dimensioni della media literacy in rapporto ai ruoli dei
soggetti in relazione ai media:
• Lettore – comprensione carattere costruito dei messaggi mediali
• Scrittore – saper produrre un messaggio finalizzato al
raggiungimento di un obiettivo
• Fruitore – riconoscere le strategie messe in atto dai media
• Critico – riconoscere punti di vista e valori sottostanti al messaggio
• Cittadino – riconoscere modelli di comportamento nei prodotti
mediali
Menichetti, 2017
La media literacy
• Il modello cineliteracy – alfabetizzazione al linguaggio
cinematografico – fa riferimento alle immagini in
movimento.
• Il campo di studi viene analizzato in tre aree concettuali:
• Linguaggio delle immagini in movimento
• Produttori e pubblico
• Messaggi e valori
• Il modello propone un apprendimento progressivo che dà
poi forma all’insegnamento delle immagini in movimento a
età diverse e ai diversi livelli del percorso scolastico.
• Definisce anche le esperienze e attività che gli studenti
devono essere in grado di svolgere ad ogni livello e
definisce i risultati attesi.
Buckingham, 2006
La media literacy
• Nell’area relativa al linguaggio ci si aspetta che gli allievi
conoscano diversi elementi del linguaggio
cinematografico, l’interazione tra immagine e suono, la
struttura narrativa, il ruolo della tecnologia e l’evoluzione
dello stile del film.
• Nell’area relativa ai produttori e pubblico gli studenti
devono sviluppare una comprensione della produzione,
dell’organizzazione economica, del marketing e della
distribuzione delle immagini in movimento e dei modi in
cui il pubblico risponde.

Buckingham, 2006
La media literacy
• Area messaggi e valori
Primo livello:
• Identificare e parlare di diversi livelli di realismo (film
naturalistico/cartoni animati)
• Far riferimento al linguaggio cinematografico nell’esporre
proprie impressioni e preferenze (zoom, taglio, focus, etc)
Secondo livello:
• Identificare i modi in cui i film, video e tv mostrano cose
che non sono realmente accadute
• Analizzare le ragioni a favore o contro la censura,
classificazione in base all’età e fascia oraria
Buckingham, 2006
La media literacy
Terzo livello:
• Spiegare come gruppi sociali, avvenimenti e idee
vengono rappresentati nei film, nei video e televisione,
usando termini come stereotipi, autentici,
rappresentazioni
• Spiegare e giustificare giudizi estetici e opinioni personali
Quarto livello:
• Discutere e valutare testi dei film, video e televisione con
forti messaggi sociali o ideologici, usando concetti come
propaganda e ideologia
Quinto livello:
• Discutere e valutare messaggi ideologici nei testi a larga
diffusione
Buckingham, 2006
La media literacy
• Descrivere ed esporre esempi di diversi livelli di realismo
nei testi cinematografici, video e televisivi

• Livelli sviluppo bambino: comprensione del rapporto


televisione e mondo reale:
• All’inizio TV come scatola magica in cui vivono persone
minuscole
• Due anni: TV come mezzo che rappresenta cose che
avvengono altrove e comprensione del linguaggio della
televisione
• Tre-cinque anni: inizia la distinzione tra realtà e finzione
La media literacy
• Cinque- sette: distinzione tra diversi generi di programmi
a seconda di quanto vengano percepiti in modo realistico
• Otto-nove: bambini consapevoli delle possibili motivazioni
dei produttori televisivi
• Dieci-undici anni: formulano giudizi critici sulla qualità
della recitazione o realismo arredamento
• Nove-dodici anni: quindi i ragazzi sono in grado di portare
la loro cultura sociale a sostegno dei propri giudizi sulla
televisione; sono inoltre consapevoli che la televisione
non vuole essere realistica ma divertire e intrattenere.
• Ragionano sull’impatto ideologico della televisione e
potenziali effetti positivi o negativi delle immagini sul
pubblico.
La digital literacy
• Fine degli anni novanta – digital literacy
(alfabetizzazione digitale) definita come “l’abilità di
comprendere e utilizzare le informazioni in molteplici
formati a partire da un’ampia varietà di fonti quando sono
presentate attraverso il computer” (Menichetti, 2017: 141)
• L’Unione Europea nel 2000, nell’ambito della strategia
globale ovvero “diventare l’economia basata sulla
conoscenza più competitiva e dinamica del mondo in
grado di realizzare una crescita economica sostenibile”,
definisce digital literacy come “prerequisito per creatività,
innovazione, imprenditorialità” (CE, 2003:3)
La digital literacy
• Per avere digital literacy è necessario possedere la
padronanza degli strumenti fisici usati per organizzare il mondo
materiale, strumenti concettuali e cognitivi usati per
organizzare le informazioni, strumenti socio-economici o
istituzionali usati per strutturare o organizzare la
società.(Menichetti, 2017)
• Nel progetto europeo DigEuLit del 2005 la digital literacy è
stata definita come “consapevolezza, attitudine e abilità degli
individui nell’utilizzare in maniera appropriata strumenti e
servizi digitali per identificare, accedere, gestire, integrare,
valutare, analizzare e sintetizzare risorse digitali, costruire
nuova conoscenza, creare espressioni mediali e comunicare
con gli altri nel contesto di situazioni di vita specifiche con lo
scopo di consentire azioni sociali costruttive e riflettere sul
processo” (Menichetti, 2017: 142)
La digital literacy
• I nuovi media insegnano le abilità necessarie per usarli e
interpretarli (proprio come i libri hanno insegnato come si
legge e scrive)

• Uso dei videogame implica diversi processi cognitivi:


ricordare, testare ipotesi, prevedere e pianificare
strategicamente.
• Videogame come attività multialfabetizzante in quanto
coinvolge l’interpretazione di complessi ambienti
tridimensionali, lettura di testi, elaborazione di
informazioni uditive.
La digital literacy
• La partecipazione alle chat richiede abilità nel linguaggio
e nella comunicazione interpersonale, richiede
l’acquisizione di regole ed etichetta della comunicazione
online.

• La scuola, dunque, deve essere capace di stare al passo


con i cambiamenti degli orientamenti e delle motivazioni
dei ragazzi nei confronti dell’apprendimento per non
correre il rischio di diventare marginale.
• La scuola deve guidare i ragazzi nel mare delle
informazioni presenti nella rete.
La digital literacy
• La digital literacy deve consentire ai bambini e ragazzi di
valutare e usare le informazioni in modo critico per poterle
trasformare in sapere, devono essere messi nelle
condizioni di poter operare delle scelte per proprio conto,
di potersi proteggere e darsi una disciplina.

• L’alfabetizzazione digitale deve prevedere la produzione


creativa nel linguaggio dei nuovi media così come un
consumo critico (Buckingham, 2006)
La digital literacy
• Le aree che una digital literacy deve affrontare per essere
completa sono:
Produzione
• Le tecnologie usate per generare e diffondere materiale
sul Web
• L’importanza delle influenze commerciali e il ruolo della
pubblicità, della promozione e delle sponsorizzazioni
• L’uso di internet da parte dei singoli o di gruppi di
interesse come mezzo di persuasione e influenza
• Le relazioni tra web e altri media come la televisione e i
videogiochi

Buckingham, 2006
La digital literacy
Rappresentazione
• I modi in cui il web dichiara di dire la verità e in cui
stabilisce autenticità e autorevolezza
• La presenza o l’assenza di particolari punti di vista o
aspetti dell’esperienza
• Come i lettori possono formulare giudizi sull’affidabilità, i
pregiudizi e l’accuratezza, ad esempio paragonando i siti
web tra loro o con altre fonti
Linguaggio
• L’uso della retorica verbale e visiva nel design dei siti web
• Come i siti web vengono strutturati con finalità di
incoraggiare gli utenti a navigare in determinate direzioni

Buckingham, 2006
La digital literacy
• Come i siti web si rivolgono agli utenti
• I diversi tipi di interattività offerta, e i gradi di controllo e
feedback che permettono all’utente di interagire
Audiance
• I modi in cui gli utenti possono essere raggiunti da
richiami commerciali, sia in modo visibile che latente
• Come il web viene usato per raccogliere infromazioni sui
consumatori
• Come diversi gruppi di persone usano internet nella vita
quotidiana e per quali scopi
• Come gli individui o i gruppi interpretano particolari siti, e
il piacere che traggono dal loro uso.
Buckingham, 2006
Attività

Al sito eukidsonline.net potete trovare numerosi dati


relativi all’uso dei new media da parte dei bambini e
ragazzi, provenienti dal programma di ricerca EU
Kids Online, promosso dalla Commissione Europea.
Quali sono i nuovi trend nel consumo giovanile delle
tecnologie della comunicazione? Quali differenze vi
sono tra i ragazzi italiani e i loro coetanei di altri paesi
europei? E tra ragazze e ragazzi?
La classe capovolta. Innovare la
didattica con la flipped classroom.
Istruzioni per l’uso.

Prof. Alberto Fornasari,(PhD).


Docente di PedagogiaSperimentale
Dipartimento di Scienze della
Formazione,Psicologia,
Comunicazione.

alberto.fornasari@uniba.it
I docenti non sono più i depositari
del sapere. Sa astrarre concetti, sa come organizzare le informazioni disponibili
per arrivare ad un obiettivo utile della società e conosce la difficoltà
Chiunque equipaggiato di un insita nell’apprendere che vale molto di più di un semplice copia e
collegamento a internet può incolla di informazioni.
improvvisarsi sapiente e destituire
Può quindi l’insegnante riappropriarsi del suo ruolo e nello stesso
l’insegnante della sua caratteristica
tempo parlare un linguaggio più vicino a quello degli studenti?
più evidente: essere la fonte delle
informazioni. E’ possibile sfruttare tutte le informazioni che sono già accessibili
agli studenti tramite i diversi canali dell’era della comunicazione?

C’è tuttavia una competenza


specifica e unica dell’insegnante che
non può essere sostituita da
nessuna tecnologia moderna:
l’insegnante è anche educatore.
E’ possibile tornare ad essere
quelle figure di riferimento e
orientamento fondamentali nella
società civile, in modo da essere
una guida capace di insegnare ad
apprendere da soli?

E’ possibile che i ragazzi si sentano


più responsabili del loro
apprendimento?

L’insegnamento capovolto..è un
piccolo passo in questa direzione.
A volte siamo solo stanchi di
rispondere mille volte alla stessa
domanda o di dover ripetere qualcosa • E nel momento in cui questa goccia raggiunge il mare,
che abbiamo appena detto perché quando in video viene pubblicato su YouTube capisci ben
uno studente non era attento. Oppure presto che non solo hai trovato la soluzione a un piccolo
di dover riprendere un concetti perché problema, ma hai aperto la strada a un nuovo modo di
un alunno era stato assente. fare didattica, dalle incredibili potenzialità che è ancora
oggi solo agli inizi.

Allora dentro di noi ci arrabbiamo


perché vorremmo fare altro, fare
cose più gratificanti ma «mandiamo
giù il rospo» perché anche quello fa
parte del nostro lavoro.

Finchè non fai un piccolo video, una


piccolezza, dieci minuti di lavoro per
rispondere ad una particolare
domanda e lo fai vedere a chi ne ha
bisogno.
• Questo spazio temporale può essere utilizzato per rispondere alle
Negli Stati Uniti le principali università, loro domande, per organizzare lavori di gruppo e per tante alte
sempre all’avanguardia sotto l’aspetto attività nelle quali il ragazzo viene ad assumere il ruolo di
tecnologico, hanno cominciato da
alcuni anni a erogare dei veri e propri protagonista della sua formazione.
corsi on-line.
Il vero cambiamento però non si è avuto
all’università bensì nelle scuole
secondarie. L’idea dell’insegnamento
capovolto, tanto semplice quanto
rivoluzionaria, è quella di fare in modo
che i ragazzi possano studiare i video
prima della lezione.

Può sembrare banale ma questo


piccolo cambiamento permette di
liberare in classe un’incredibile
quantità di tempo.
L’insegnamento capovolto
consiste nell’invertire il luogo
dove si segue la lezione ( a casa
propria anziché a scuola) con
quello in cui si studia e si fanno i
compiti (a scuola anziché nella
propria abitazione.

Da alcuni anni gli studenti della


Woodland Park High School in
Colorado, e di molte altre scuole
nel mondo, seguono le lezioni a
casa tramite video realizzati dai
loro professori oppure presi da
Internet
Poi studiano e si esercitano in classe, in
piccoli gruppi, assistiti dagli insegnanti,
che possono così personalizzare i loro
interventi tenendo conto dei ritmi e
delle potenzialità di ciascuno.
Occorre precisare che l’uso di video-
lezioni non costituisce una novità in
ambito educativo e rientra nei
paradigmi della didattica
comportamentista.
Tuttavia se inquadriamo il problema
nella prospettiva delle classi capovolte
ecco che il capovolgimento
dell’insegnamento insieme alla risorse
didattiche multimediali in genere, può
diventare funzionale a una didattica di
tipo costruttivista-sociale
I materiali didattici possono essere
video, risorse multimediali, libri o
e-book .

Gli studenti studiano guardando i


video e consultando i materiali più
e più volte, ciascuno secondo le
proprie esigenze, prima e al di fuori
della scuola e non dopo, come nel
modello classico.

L’interattività on-line, inoltre


favorisce esperienze di didattica
personalizzata, avvicinandosi alle
esigenze delle ultime generazioni,
quelle dei digital natives.
La seconda parte del lavoro avviene
invece in classe, dove l’insegnante
propone e segue le attività
applicative al fianco degli alunni
piuttosto che dalla cattedra:
esercitazioni, laboratori, compiti,
risoluzione di problemi, studio di
casi, attività di approfondimento,
ecc.
• Si impiegherà tempo prezioso affinchè tutti, con la
Esempio. propria calcolatrice, abbiano eseguito i calcoli almeno
Si supponga, ad esempio, che gli una volta con i risultato che alcuni studenti saranno
studenti debbano usare la annoiati e altri rimarranno comunque indietro.
calcolatrice per calcolare la • Spesso è necessario fermare l’intera classe e aiutare gli
regressione lineare (metodo di studenti che hanno perso un passaggio. Tempo dopo sarà
stima per determinare la linea che necessario ripetere la spiegazione per gli alunni meno
approssima meglio una serie di attenti o che erano semplicemente assenti.
punti su un grafico) dopo aver
raccolto dei dati.

Nel modello tradizionale si inizia la


lezione spiegando alla classe il
metodo. Alcuni studenti capiranno
subito e altri avranno bisogno di
istruzioni dirette su come fare il
calcolo.
• Quando i ragazzi si abituano a guardare a casa i video, ci
si ritrova con una classe che ha già una formazione di
L’alternativa è quella di creare un base e rimane così più tempo per la didattica
semplice video di pochi minuti che laboratoriale, la raccolta dei dati, la collaborazione e
mostri la procedura per
immettere i dati ed eseguire una l’approfondimento.
regressione lineare.
Questo sarà un tutorial
costantemente disponibile.
Gli studenti più bravi nella materia
non avranno bisogno di guardare
più volte il video, mentre gli altri
potranno eventualmente
guardarlo nuovamente ripetendo i
passaggi più difficili con
calma.
L’insegnamento capovolto
permette la creazione di un nuovo
tipo di classe in cui il tempo risulta
completamente riorganizzato.
Viene ridotto il tempo impiegato
nella lezione frontale e nella
correzione dei lavori assegnati a
casa in quanto gli esercizi si fanno
principalmente in classe.

• Https://youtu.be/3Iuq7hBxT2w
Si dedica l’inizio della lezione a
rispondere ai dubbi sui video visti
autonomamente a casa e la quasi
totalità del tempo ad attività
pratiche. • https://youtu.be/3Iuq7hBxT2w
https://youtu.be/hopFm2XaCxc
Dove trovare i
migliori video?

https://youtu.be/8gi
LaKe6JuE
Esempio A casa, però, anche il ragazzo che a scuola era convinto di
Supponiamo di voler insegnare ai nostri aver capito si accorgerà che scrivere una poesia non è così
ragazzi alcune regole per scrivere una semplice come gli era sembrato durante la spiegazione del
poesia; il procedimento classico è il docente.
seguente:
Da solo, dopo qualche tentativo, potrebbe stancarsi o
scoraggiarsi.
1. spiegazione del concetto di poesia e Così il metodo può essere rovesciato in questo modo:
dello sviluppo della poesia in
letteratura 1. visione a casa di un video che mostra quali sono le
2. esempi di scrittura poetica fondamentali idee per scrivere una poesia, con esempi
pratici
3. esercizi a casa di scrittura poetica
2. esercizi in classe di scrittura poetica
4. interrogazione su quanto appreso
3. verifica delle competenze
Il capovolgimento è importante
perché i ragazzihanno bisogno
dell’aiuto del docente soprattutto
nel momento in cui svolgono il
compito e questo differente
approccio porta anche a una
distensione dei rapporti alunno-
insegnante.
. Riepilogando…..
Cos’è la flipped classroom? • 6. Un modo per fare gruppo

1. Una classe che accresce e •


valorizza il tempo in cui studenti 7. Una classe in cui i contenuti della disciplina sono
e insegnanti sono a contatto. archiviati in modo permanente per un’eventuale
revisione, per i recuperi e per gli anni successivi
2. Un ambiente coinvolgente nel

quale gli studenti si prendono la
8. Un luogo in cui tutti gli studenti possono godere di un
responsabilità del proprio
apprendimento. insegnamento personalizzato ed esprimere le proprie
caratteristiche e potenzialità
3. Una classe in cui l’insegnante
non è il sapiente in cattedra, • 9.
bensì la guida affianco del Un ambiente che permette agli studenti di viaggiare ala
ragazzo. massima velocità in quanto il docente non è più il collo di
bottiglia delle informazioni e del sapere.
4. Un misto tra istruzione diretta 10. Un luogo dove i ragazzi più bravi possono essere
e apprendimento costruttivista incentivati ad aiutare quelli meno bravi
5. Una classe in cui gli studenti
assenti non sono lasciati
indietro.
Cosa non è la flipped classroom ? • 5. Studenti che passano tutto il tempo in classe davanti a
un computer
1. Sinonimo di video online. La
maggior parte delle persone associa • 6. Studenti che lavorano da soli
l’espressione «flipped classroom» al
video, ma le attività di apprendimento
più significative si hanno in classe
durante il lavoro in presenza
dell’insegnante.
2. Un modo semplice per rimpiazzare
gli insegnanti con i video.
L’insegnante resta la guida
fondamentale per lavorare.
3. Un corso on-line
4.Un’idea per sostituire la lettura con
la visione di filmati, poiché anche la
lettura può far parte del materiale
assegnato prima della lezione.
Preparare i video e allestire
una videoteca.

Prof. Alberto Fornasari,(PhD).


Docente di PedagogiaSperimentale
Dipartimento di Scienze della
Formazione,Psicologia,
Comunicazione.

alberto.fornasari@uniba.it
Ogni insegnante conosce il livello
dei propri alunni e prepara il Come spiega Henry JENKINS, già direttore del MIT alla prima
percorso di insegnamento, dagli generazione interamente hi–tech mal si adatta il modello di
apprendimento analogico dei genitori.
argomenti propedeutici a quelli
curricolari, adattando i contenuti
alle esigenze della classe e
I bambini vengono abituati già dal primo anno di vita ad una
modulando gli interventi in base agli
cultura partecipativa. LEGGERE, RIPETERE, STUDIARE, E
obiettivi raggiunti e da raggiungere. TRASCRIVERE Può ANNOIARE QUESTI GIOVANI CERVELLI
TECNOLOGICAMENTEE MODIFICATI.

Il vecchio materiale didattico , però,


fatto di libri e fotocopie, non è
certamente lo strumento più
coinvolgente per i cosiddetti nativi
digitali.
I BAMBINI VENGONO ABITUATI Già
DAL PRIMO ANNO DI VITA AD UNA
CULTURA PARTECIPATIVA .
Pensiamo a come altri cartoons
come Peppa Pig e tanti altri, sono
orientati alla condivisione e ai
rapporti informali e paritari.

Questi personaggi imparano


sempre dall’esperienza informale e
quando vanno a scuola non
incontrano mai dei sapienti , ma
sempre adulti che, partendo da
un’esperienza li stimolano al lavoro
di gruppo.
• Come procedere allora per scegliere o creare i
video adeguati al progetto didattico della propria
Insomma all’orizzonte si profila un scuola?
modello didattico orizzontale dove
l’insegnante è il facilitatore e non
l’intermediario della conoscenza.
Rupert Murdoch afferma spesso che
la scuola rappresenta oggi l’ultimo
ostacolo alla rivoluzione digitale,
perché non ha ancora compreso
l’enorme potenzialità culturale dello
strumento audiovisivo accessibile e
condiviso.
Fortunatamente non è più necessario • Progettare un video.
essere degli esperti per realizzare dei • La Pennsylvania State University ha elaborato le linee
video. guida per la realizzazione di video efficaci
Volendoli reperire dalla rete alla Khan • 1) video di dieci minuti al massimo. E’ possibile spezzare I
Academy ,un sito americano ricco di siti contenuti in più parti.
scientifici adatti per il flipped learning. • 2) Considerre l’opportunità di utilizzare spezzoni di video
già pronti, come documentari e filmati che sono già
pensati per essere coinvolgenti.
• 3) Focalizzare ongi video su un solo argomento evitando
ogni divagazione.
• 4) Per preparare un buon video fondamentale è
Essi possono essere utilizzati in tutto
preparare la scaletta dell’argomento di cui si vuole
il mondo e anche in Italia, grazie ai trattare.
sottotitoli tradotti nella nostra lingua.
Sono inoltre corredati da esercizi https://it.khanacademy.org/
conclusivi che consentono di verificare
se si è capito l’argomento.
Ad esempio possiamo registrare_
la spiegazione sulla base di una presentazione
power point ;
la navigazione di un sito web;
altri filmati;
E’ possibile preparare un video
utilizzando il proprio cellulare, la nostra soluzione di un esercizio excel;
registrando mentre si spiega ad la scrittura di un testo in word;
esempio, l’argomento alla lavagna.
Oppure si può utilizzare un software l’utilizzo di un particolare programma.
che permette di fare screencasting .
Uno screencasting consiste nella
registrazione di tutto quello che si https://screencast-o-matic.com/home
visualizza sullo schermo in
contemporanea alla registrazione
della nostra voce, e a scelta, anche
della nostra persona utilizzando la
web cam.
Ora che il materiale didattico è pronto e
abbiamo le nostre lezioni in formato Con Screencast O Matic si possono salvar nel formato FLV che
digitale, non resta che metterle on-line garantisce un’ottima qualità.
sul nostro sito web.
Youtube durante il caricamento richiede circa una decina di
E’ possibile utilizzare diverse minuti e la compilazione di alcuni campi descrittivi molto
piattaforme come Vimeo o Youtube. importanti.
La pubblicazione di un video è molto
Un video, infatti, può essere mantenuto privato e
semplice:
accessibile solo a chi possiede il link, che può essere dato
1)Creazione di un proprio account sul agli studenti, oppure può essere reso visibile e ricercabile in
sito di streaming scelto , ad esempio tutto il mondo.
YouTube. E’ possibile creare delle
sezioni in cui suddividere i contenuti.
2) Salvataggio del filmato in formato
compatibile per il web . YouTube è in
grado di importare qualunque tipo di
file.
Una volta pubblicato il video,
qualcuno potrebbe obiettare: ma • Capovolgere l’insegnamento, però, richiede un
cosa cambia con il video? Ora i
ragazzi hanno solo uno strumento altro piccolo cambiamento delle nostre abitudini:
in più per studiare. Vale la pena il video infatti va fatto vedere prima della lezione
allora investire così tanto solo per e non durante la lezione , in modo che i ragazzi
fornire uno strumento in più?
arrivino a scuola già preparati e pronti per la
In realtà quanto fatto è significativo seconda e più interessante fase del flipped
perché:
learning.
Abbiamo creato un sito dove i
ragazzi possono trovare le
consegne complete in qualunque
momento.
Abbiamo dei video che, come già
detto, sono uno strumento molto
più coinvolgente degli strumenti di
testo e possono essere guardati e
riguardati dagli studenti …
compresi quelli assenti .
• https://youtu.be/cECymCi4EFw
Educare alla
responsabilità e fare
media education

• https://youtu.be/TQ8jgCn8EfQ
https://youtu.be/qYnmfBio
mlo
• Cosa ne pensano i ragazzi……
• https://youtu.be/TQ8jgCn8EfQ
Studio individuale, svolgimento
dei compiti e fase di
interiorizzazione dei contenuti

Prof. Alberto Fornasari,(PhD).


Docente di PedagogiaSperimentale
Dipartimento di Scienze della
Formazione,Psicologia,
Comunicazione.

alberto.fornasari@uniba.it
Il semplice fatto che i ragazzi
possano studiare un argomento Sarà necessario solo poco tempo in classe per riepilogare e
autonomamente e su un video riprendere l’argomento, in confronto ad una normale lezione dove
prima di venire a lezione comporta tutti gli studenti partono da zero;
degli interessanti vantaggi:
se la lezione si fa in una classe dove c’è un computer o se i ragazzi
i ragazzi avranno già in mente fruiscono di un dispositivo che gli permetta di guardare il video,
quello che si farà a lezione; possono recuperare autonomamente il tema trattato evitando
che il docente ripeta tutto l’argomento alla classe solo per poche
persone.
alcuni di loro avranno dei dubbi e
saranno in grado di fare delle
domande precise sull’argomento ;

qualcuno di loro avrà già capito


perfettamente l’argomento e potrà
essere d’aiuto per spiegare a chi è
più in difficoltà (peer learning)
La parte più interessante
dell’insegnamento capovolto sta
proprio in questa seconda fase,
perché all’improvviso ci si trova con
molto tempo a disposizione da
utilizzare per attività di ogni tipo.
Possiamo portare in aula lo studio
individuale, lo svolgimento dei
compiti e la fase di interiorizzazione
dei contenuti.

Si possono finalmente aprire le


porte alla didattica per
competenze.
La lezione frontale , ex cathedra, si
basa sulla trasmissione del sapere. • Nella scuola italiana vige ancora il primato della
Certamente si può fare lezione parola sull’azione.
frontale in modo accattivante,
interattivo, ma sostanzialmente non
cambia l’idea del docente come fonte
autorevole nella propria materia
d’insegnamento e di alunni che
assorbono i contenuti seduti in
ascolto.
Grazie alla ricerca pedagogica, ora
sappiamo che l’apprendimento è un
processo attivo : lo studente deve
essere protagonista nella
costruzione dei significati .
Spesso nella aule scolastiche , invece di
mettere gli studenti di fronte ai
problemi, si preferisce lavorare sul
racconto di come si potrebbe fare per
risolverli.

Se non metto l’alunno di fronte al


problema, non sviluppo e non controllo
la sua competenza operativa, bensì la
sua rappresentazione metacognitiva.
Il docente assume quindi un ruolo
diverso: non è più il depositario della
conoscenza ma il facilitatore, colui che
non ti permette di scoraggiarti di fronte
alla difficoltà.

Gli studenti sono più motivati se


chiamati a risolvere problemi , a
sviluppare intuizione e a usare
creatività e riflessione: tutte attività
che richiedono la presenza di una guida
al proprio fianco , ed è questo il nuovo
ruolo del docente nelle flipped
classroom .
Nella lezione frontale capita
spesso di dover zittire la
classe per spiegare ad una
persona un concetto
richiesto.

Nelle flipped classroom il


gruppo di lavoro consente di
velocizzare le attività,
permettere l’apprendimento
collaborativo, ed è
fondamentale per imparare
per imparare ad aiutarsi e a
confrontarsi con gli altri
Una dei timori che l’insegnante
deve presto abbandonare nella
pratica di questa metodologia
è l’apparente sensazione di non
aver il controllo della
situazione.

Non dobbiamo temere che


parlino tra loro in apparente
confusione : troveranno
gradualmente un equilibrio e
svilupperanno la tanto
desiderata capacità di lavorare
in gruppo.
Per avere suggerimenti e info
di nostri colleghi che già hanno
sperimentato questo metodo
possiamo collegarci al sito:

http://www.flipped-learning.it
Esempi di successo:
TEDEd http://ed.ted.com
E’ una raccolta di video prodotti da
insegnanti, corredati da una serie di
strumenti che consentono agli altri docenti di
personalizzarli.

Edmodo http://www.edmodo.com
Si tratta di un eccellente compromesso tra e-
learning e social network.
Ci si può iscrivere da insegnante o da
studente, semplice e accattivante
nell’interfaccia utente.
L’insegnante ha la possibilità di creare le
classi virtuali, biblioteche, assegnare compiti
e valutarli.
Gli studenti ricevono sul loro device una
notifica per ogni nuovo avviso, compito,
valutazione.
http://www.flippedclassroomrepository.it
Esempi di successi nazionali
ScuolaInterattiva
http://www.youtube.com/us
er/ScuolaInterattiva
Si tratta di un canale
youtube di mappe
concettuali per apprendere
• Oilproject
Insegnalo.it
l’indirizzo è • http://www.oilproject.org
http://www.insegnalo.it • Si definisce la «più grande scuola online
Piattaforma dove i docenti
possono proporre i propri gratuita in Italia. Video, lezioni testuali
corsi anche a pagamento ed esercizi su decine di argomenti.
• OVO
Innovascuola • http://www.ovo.com
http://www.innovascuola.com
• Un ricca raccolta di video didattici brevi
indicizzati per temi talvolta
sovrapponibili a quelli scolastici (storia,
scienza, economia, arte).
Un’attività settimanale
di studio a casa su • Un’ora di laboratorio con esperimenti da
filmati e siti web come relazionare su scheda
appunti scritti sul
quaderno (30-60 minuti) • Die ore di lavoro in classe, con attività di gruppo
da svolgere nel week- e prove individuali
end o comunque prima
della prima lezione
settimanale • Tenendo conto del lavoro proposto , i gruppi
potranno essere più o meno numerosi.
• Le prove individuali ogni tanto sono necessarie,
soprattutto per esercitare l’esposizione orale
dei contenuti secondo uno schema in
precedenza fornito all’alunno.
Suggeriamo di creare • Gli alunni cercheranno il proprio nome e
per ogni classe un porteranno il proprio zaino al tavolo
mazzetto di biglietti con assegnato cominciando a documentarsi
i nomi degli alunni. sul lavoro da svolgere.

All’inizio di ogni ora ,


prima di qualsiasi altra • L’idea di cambiare ogni volta compagno
cosa l’insegnante
metterà sui banchi i di lavoro non viene sempre accolta con
cartoncini con i nomi entusiasmo dagli alunni
raggruppati • Dobbiamo essere in grado di
casualmente in modo
sempre diverso. argomentare la nostra scelta didattica di
fronte ai ragazzi con la dovuta chiarezza.
Nel mondo del lavoro
nessuno fa più nulla da
solo. E le aziende
verificano nei colloqui di
selezione del personale
proprio i soggetti più
portati al team working.
• In mancanza di un proiettore si possono
L’attività in classe può stampare le istruzioni su strisce di carta e
essere preceduta da 5 consegnarne una per gruppo.
minuti di chiarimenti sul
filmato. • Quando si chiede ai gruppi di lavorare su
documenti di più pagine è necessario preparare
delle fotocopie.
• E’ bene consegnare tali documenti in cartelline
Mentre i ragazzi di plastica o buste trasparenti per riutilizzarle
prendono posto poi in altre classi e negli anni successivi.
l’insegnante proietta la
descrizione dettagliata
del lavoro.
proponiamo
gruppo devono le attività
essere di
valutate almeno nel 50% dei
casi , pena la perdita del loro • Ad esempio, a ogni risultato corretto può
valore educativo. corrispondere un certo numero di punti
proporzionali alla difficoltà del test.
Suggeriamo di inserire nella
descrizione del lavoro anche
il metodo di calcolo del voto
che è necessario sia il più • Al punteggio più alto ottenibile potrebbe essere
semplice e trasparente assegnato il voto 10 e tutti gli altri potrebbero
possibile. essere calcolati in proporzione.

• Questo sistema viene molto ben accettato dagli


studenti!!!! (anche in caso di insuccesso)
Mettiamo tutto online: i
compiti assegnati e le attività
proposte in classe ogni giorno.

Così le pareti delle nostre aule


diventeranno trasparenti a
tutto il mondo e ogni
insegnante potrà migliorare il
proprio stile didattico
attingendo dalle migliori
pratiche dei colleghi.
Ed eviteremo le
derive…dei nuovi
paradigmi..non
educativi….

Grazie per
l’attenzione!!!!!!!
LABORATORIO DI
TECNOLOGIE
DIDATTICHE
Introduzione alle OER (Open Educational
Resources)
• Le OER (Open Educational Resources) utilizzate nelle
pratiche didattiche, sono state definite dalla OECD
(Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo
Economico) nel 2007 come: “materiali digitalizzati offerti
liberamente e apertamente per gli educatori, studenti e
auto-didatti da utilizzare e riutilizzare per l’insegnamento,
l’apprendimento e la ricerca”.
• Le OER si inquadrano nel contesto delle Digital
Openess, materiali scientifici di cui si può liberamente
usufruire in rete e che possono a loro volta essere di due
tipi: Open Access e Open Content.
Introduzione alle OER (Open Educational
Resources)

Open Access Open Content


Sono materiali il cui Sono materiali il cui
contenuto può essere contenuto può essere
copiato e non modificato riadattato e ridiffuso (se
non è coperto da specifici
Copyright).
Il concetto di Open
• Per poter definire le OER è necessario partire da un brevissimo
excursus che ha portato al loro sviluppo fino ad arrivare agli
strumenti e a come questi si contestualizzano nelle pratiche
didattiche attuate dei docenti e l’impatto che hanno sulla
formazione degli studenti/utenti.

• Il termine “open” è diventato componente binomica di concetti,


strumenti, modelli dello scenario pedagogico attuale, come la
“e” di electronic lo è stato dallo sviluppo della tecnologia in poi.
• L’approccio Open intende superare le barriere istituzionali,
economiche, giuridiche e tecnologiche che pongono
inevitabilmente dei limiti alla formazione per tutti.
• L’Open Distance Education permette di ridurre la distanza tra
quelle Università che organizzano il distance learning e quelle
istituzioni che organizzano esclusivamente corsi in presenza.
Il concetto di Open
• Questo fenomeno si è sviluppato a partire dagli anni
sessanta e settanta in risposta alle necessità educative
degli adulti volti a recuperare anni di formazione o con
necessità di ricollocamento nello scenario lavorativo.
• La formazione a distanza nella sua evoluzione ha
attraversato la sperimentazione e l’utilizzo di molte
tecnologie e di almeno tre generazioni di teorie
pedagogiche:
• Comportamentismo cognitivo – mass media
• Costruttivismo – conferencing, comunicazione di gruppo
• Connettivismo - Web 2.0, social network
Il concetto di Open
• I termini che accompagnano l’aggettivo “aperto” sono
diversi e definiscono concetti tra i più disparati:
educazione, contenuti, accesso, risorse, apprendimento.
• L’apertura si identifica come gratuità di fruizione e
possibilità di modifica tale da rendere lo strumento
efficace per un determinato target.
• Yuan e Powell (2013) delineano gli aspetti legati al grado
di “apertura”, facendo riferimento a: Open Curriculum,
Open Assessment, Open Platform e Open Learning.
• La diffusione dei contenuti aperti rende necessaria una
maturazione dei modelli pedagogici e di insegnamento-
apprendimento legati all’uso di essi.
Il concetto di Open
• OECD (2007) afferma: “sharing knowledge is a good thing
to do”.
• Secondo Banzato la filosofia Open è presentata dalle
comunità OER e MOOC come chiave che consente un
passaggio dai modelli tradizionali di pensare e
organizzare la conoscenza e la formazione, basati sui
testi a stampa e interazioni in presenza a modelli di
organizzazione della conoscenza in termini
esclusivamente digitali, dove i materiali sono aperti,
accessibili e modificabili e gli studenti organizzati in
comunità libere di social networking.
Il concetto di Open
• Il concetto di Open Learning è quello più strettamente
legato allo strumento dei MOOC.
• Tale concetto nasce nel ‘900, con precursori quali John
Dewey e il suo pensiero progressista volto all’apertura
dell’apprendimento, e con la filosofia formativa, che va al
di là dei limiti istituzionali con spazi dialogici, partecipativi,
democratici, in riferimento alle riflessioni e alle
teorizzazioni di Ivan Illich e Paulo Freire.
• L’Open Learning caratterizza anche una realtà con finalità
politiche, istituzionali, tecniche e filosofiche, finalizzate
all’ampliamento dei siti di formazione e degli ambiti di
apprendimento formale.
Le OERs
• Progetto Merlot avviato nel 1996 presso la California state
University è stato il primo sito web che ha messo a
disposizione i materiali didattici liberamente disponibili in
rete.
• Nel 1998 David Wyley, applicando alla produzione di
contenuti di apprendimento la stessa logica del software
open source, ha introdotto il concetto di Open Content.
• Nel 2001 il movimento OERs è stato riconosciuto in tutto il
mondo dopo che il MIT (Massacchussets Institute of
Technology) ha annunciato che avrebbe pubblicato on-
line i materiali di apprendimento di tutti i suoi corsi.
Le OERs
• Il termine è entrato in uso in una conferenza ospitata
dall’UNESCO nel 2002, che ha primariamente diffuso la
definizione di OER come “la fornitura aperta di risorse
educative, abilitate dalle tecnologie dell’informazione e
della comunicazione, per la consultazione, l’uso e
l’adattamento da parte di una comunità di utenti per scopi
non commerciali”.
• Tra il 2005 e il 2008, il movimento OER ha continuato a
crescere, fino alla Conferenza UNESCO tenuta a Parigi
nel 2012 , da cui sono emerse delle linee guida per vari
settori di inferenza del tema: HE, staff accademico,
governance accademica, studenti, assicurazione della
qualità didattica.
Le OERs
• Il termine OER si utilizza per includere risorse che si
identificano come oggetti che implicano un accesso flessibile
alla conoscenza e che possono essere considerati “risorse
educative aperte” relativamente a diversi ambiti quali quelli:
tecnologico ed economico.
• Le guidelines dell’UNESCO propongono i seguenti
suggerimenti per i docenti delle istituzioni di HE:
• sviluppare competenze per valutare l’impatto delle OER;
• prendere in considerazione la pubblicazione aperta dei propri prodotti
scientifici;
• assemblare, adattare e contestualizzare i materiali già esistenti;
• cercare supporto istituzionale per lo sviluppo delle competenze in
materia di OER;
• creare la rete e comunità di pratiche sul tema;
• incoraggiare la partecipazione degli studenti.
OERs e MOOC

I MOOC – Massive Open Online Courses – sono dei


corsi aperti, ovvero chiunque può usarli per apprendere;
sono online, ovvero chiunque può accedere in internet;
sono gratuiti; sono dei corsi offerti dalle università,
quindi garantita qualità didattica.
I MOOC come strumento di supporto alla
didattica
• Il notevole sviluppo che i MOOC hanno acquisito nelle
prassi formative delle maggiori università del mondo
(Oxford, Stanford, Duke, Berkeley, Harvard) ha
conseguentemente determinato il nascere di tratti
differenziali tra le varie tipologie offerte.
• Per distinguere i modelli iniziali da quelli odierni sono
state formulate due categorie:
• xMOOC: si riferisce al modello di formazione industriale
• cMOOC: si paragona al modello connettivista dell’apprendimento
con accentuazione delle relazioni tra pari.
I MOOC come strumento di supporto alla
didattica
• I cMOOC, ed in particolare le sue categorie sottostanti, si
fondano sui principi della pedagogia connettivista.
Downes (2011), infatti, spiega come un corso
connettivista conservi in se la caratteristica di concepire il
fruitore come se fosse immerso in una comunità di
professionisti praticanti.
• Il corso connettivista diviene una forma di comunità che
ha come obbiettivo il pieno apprendimento del discente.
• Secondo Downes e Siemens, il tratto caratteristico delle
strategie di apprendimento proposte consiste in un
impegno attivo degli utenti e non nel trasferimento delle
conoscenze dall’educatore al discente in modo formale,
l’educatore quindi ha il ruolo di facilitatore.
I MOOC come strumento di supporto alla
didattica
Alla base del suo pensiero, Downes pone quattro principi
fondamentali:
• Aggregation: il corso MOOC risulta essere un punto di
partenza poiché fornisce agli studenti varie risorse
esterne da apprendere, da consultare o da utilizzare. La
conoscenza viene in questo modo distribuita.
• Remixing: nella fase successiva, dove si dovrà ordinare il
materiale, i contenuti messi a disposizione richiedono di
essere classificati in categorie, oppure per argomenti. Lo
studente può mettere a disposizione attraverso blog o
Twitter ed altre comunità, le proprie elaborazioni in modo
da poterle condividere con i cittadini di tutto il mondo.
I MOOC come strumento di supporto alla
didattica
• Repurposing: in questa fase bisogna fare in modo che
siano gli utenti stessi a partecipare attivamente alla materia
in modo dinamico.
• Feeding Forward: questa fase ha l’obiettivo di incentivare gli
studenti a condividere il loro lavoro con tutti gli altri utenti.
Le caratteristiche dell’approccio connettivista consistono nel:
• Self-directed learning: studente immerso nelle informazioni,
apprende in modo autonomo e inromale avendo competenze
nella comunicazione e nella creazione dello user created
content.
• Presence: quanto maggiore è l’intensità della presenza dei
singoli soggetti, più forti saranno i legami tra le persone
coinvolte.
I MOOC come strumento di supporto alla
didattica
• Garrison, Anderson e Archer (1999) hanno sostenuto che
l’apprendimento completo avviene se esistono tre
dimensioni, che constano in:
• Presenza Cognitiva, volta a assicurare la profondità del processo
educativo;
• Presenza Sociale, che consiste nella comunicazione dei
partecipanti;
• Presenza del Teaching, la quale indica la peer tutoring, nonché le
dinamiche di insegnamento reciproco tra insegnante ed allievo.
• Il fine è quello di stimolare negli studenti la capacità di
aggregazione delle informazioni e delle risorse gestite
autonomamente.
Piattaforme MOOC e best practice
• Nello scenario attuale dei MOOC, le piattaforme
disponibili si riconoscono in tre modelli di produzione
definiti sulla base di aspetti economici e gestionali
differenti:
• il modello nazionale o centralizzato: caratterizzato da un’economia
di scala generata dalla diffusione dei materiali scientifici, attraverso
la riduzione dei costi di produzione in equilibro con l’aumento del
numero di risorse sviluppate.
• Il modello industriale: con piattaforme gestite da aziende private,
come Blackboard e FutureLearn. Il modello si basa su iniziativa
editoriale privata, e si finanzia con gli investimenti delle singole
aziende che regolano la produzione, la promozione e la
condivisione/vendita di materiali.
Piattaforme MOOC e best practice
• Il modello accademico: promosso da università singole o associate,
come Federica e EduOpen. Le università producono contenuti
didattici finalizzati all’erogazione attraverso le piattaforme LMS. Il
centro del finanziamento è rappresentato dalle università stesse,
che possono sviluppare corsi MOOC autonomamente o in
collaborazione con altri centri accademici.
Le best practice di piattaforme ospitanti corsi MOOC a livello
internazionale presenti in rete:
• Coursera: è una piattaforma MOOC creata nel 2011, i cui padri
fondatori sono stati i docenti di informatica Andrew Ng e
Daphne Koller della Stanford University. Coursera ha
incominciato la sua attività nel 2012 con la collaborazione della
Università di Stanford, l’Università di Princeton, l’Università del
Michigan e l’Università della Pennsylvania (BBC News, 2012),
a cui si unirono altri dodici atenei nel mese di luglio dello stesso
anno (Lewin, 2012) e successivamente da altri 17 nel mese di
settembre.
Piattaforme MOOC e best practice
• edX: è un’iniziativa di formazione online no-profit la cui
piattaforma MOOC è stata fondata dal MIT e dall’Università di
Havard. La stessa offre corsi online gratuiti e MOOC erogati
dal MITx, HavardX, BerkeleyX, UTx e da molte altre università
(edX, 2014). EdX, in associazione a Google, ha creato il
portale mooc.org, con il fine di creare, tramite la piattaforma
MOOC, corsi per istituzioni, enti ed aziende, con l’intenzione di
formare un vero e proprio contenitore di conoscenze.
• Iversity: società di Berlino fornisce sia corsi che lezioni online
(MOOC). Rappresenta una piattaforma educativa ideata dagli
studiosi Jonas Liepmann e da Hannes Klopper nel 2008. Nel
2011 è stata tramutata in una società per azioni e dal 2012 si è
trasformata in fornitore specializzato di MOOC in Europa.
Piattaforme MOOC e best practice
• Khan Academy: organizzazione educativa no-profit
creata nel 2006 da Salman Khan. Le video lezioni
affrontano un ampio raggio di discipline quali:
matematica, storia, finanza, fisica, chimica, biologia,
astronomia e economia. I corsi sono destinati
principalmente a studenti delle scuole superiori.
• Udacity: organizzazione educativa creata nel 2011 da
Sebastian Thrun, David Stavens e Mike Sokolsky.
Secondo il pioniere Thrun, il nome Udacity simboleggia il
valore dell’azienda dell’essere audaci per voi, per lo
studente (Thrun, 2014). Udacity è nata da un esperimento
dell’Univesità di Stanford, nonché il portale che offre corsi
scientifici, ma anche di Design e business divisi per livelli
di difficoltà di apprendimento universitari.
Piattaforme MOOC e best practice
EduOpen – piattaforma open source basata sul LMS Moodle –
è composta da una rete di 14 atenei che offre corsi a livello
universitario tenuti da esperti del mondo accademico italiano
riguardanti numerose aree disciplinari.

L’Università di Foggia, capofila del progetto, ha realizzato 25


corsi MOOC, sul portale sono al momento presenti 10 di
questi.

EduOpen ha come scopo:


• Diffondere l’innovazione attraverso la creazione di un
ecosistema italiano di MOOCs;
• Implementare una strategia di internazionalizzazione;
• Attivare una strategia di ricerca-azione prolungata
Progettazione MOOC
• Al centro di una nuova progettazione didattica sono
state poste nuove prerogative quali:
• la possibilità di valorizzare gli aspetti sociali della rete,
• le nuove forme di apprendimento collaborativo,
• l’introduzione di nuovi materiali online durante i corsi face-to-face,
• la valorizzazione di tutte le forme di mediazione didattica.
• Si rende necessario stare al passo di vari cambiamenti
che coinvolgono le metodologie, i contesti di rifermento, le
emergenze educative, l’ingresso nel mondo del lavoro,
nonché i cambiamenti che coinvolgono le stesse
tecnologie
Progettazione MOOC
• Fino alla metà dello scorso secolo, essere altamente
qualificato nella propria disciplina poteva bastare a
insegnare bene, mentre ad oggi questo non è più
sufficiente.

• Per questo motivo il tema della progettazione assume un


ruolo di preponderante importanza, assieme alla nascita
di nuove figure professionali o di professionalità avanzate
all’interno dell’ambito accademico.
Progettazione MOOC
• Dal principio del termine a oggi si sono susseguite diverse
denominazioni fino ad arrivare al concetto di progettare
per apprendere (design for learning), apparentemente
più consono alle esigenze didattiche attuali anche perché,
come afferma Wenger (1998, p. 229) “l’apprendimento
non può essere progettato: può essere solo progettato
per – e ciò ne facilita la comprensione o la frustra”.
• Si progetta, infatti, per obiettivi, per problemi, per
competenze, per contenuti, per concetti.
Progettazione MOOC
Come può definirsi il progettare per apprendere?
• Secondo Ghislandi (2014) il progettare per apprendere
“è il processo in cui si definiscono tutti gli elementi
dell’ambiente di apprendimento (curriculum, syllabus,
materiali didattici, metodologie, ambiente tecnologico,
modalità di comunicazione, feedback e valutazione degli
studenti, monitoraggio del progetto), tenendo conto dei
fattori di contesto (caratteristiche degli studenti: età,
dispersione geografica, lingua, scolarità, competenze),
dell’ambiente (risorse umane, infrastrutturali,
tecnologiche), degli obiettivi da raggiungere
(eventualmente partecipati)”.
Progettazione MOOC
• Tali fattori che caratterizzano il design for learning, contestualizzati
nello scenario dei MOOC risultano di fondamentale importanza per
una proficua gestione del corso:
• Il syllabus è il “biglietto da visita” del corso, lo strumento finalizzato ad attrarre
primariamente l’attenzione e la curiosità degli utenti.
• I materiali e le modalità di comunicazione risultano altrettanto importanti per
ovviare al fenomeno di drop-out dei corsi, spina del fianco della formazione a
distanza e dell’e-learning in generale.
• Nel contesto della rete, lo sviluppo di percorsi che avranno un numero
di utenza illimitato ha bisogno di uno sguardo nuovo, che però non
perda mai di vista l’obiettivo dell’apprendimento.
• La progettazione dei MOOC, ad esempio, prevede la
compartecipazione di diverse figure professionali quali: il videomaker
che deve lavorare con gli occhi di un insegnante nel montaggio delle
videolezioni, il docente che deve improvvisarsi “attore”, e
all’evenienza anche grafico, nell’immaginare infografiche che
catturino l’attenzione dell’utente, l’istructional design, che si trova a
mediare tra le varie figure professionali con l’obiettivo della
produzione finale del corso
Progettazione MOOC e design thinking
• Il design thinking prevede il coinvolgimento e la collaborazione
di diversi attori che favorisce il dialogo all’interno del team di
sviluppo, insieme alla indagine su un percorso nuovo.
• Il design thinking come supporto metodologico per i processi
di sviluppo partecipativo.
• Il design thinking nasce nel campo della progettazione
ingegneristica e poi applicato anche nello scenario educativo.
• L’obiettivo è quello di valorizzare una competenza trasversale:
la capacità di ideare e co-progettare soluzioni innovative e
personalizzate (Limone & Pace, 2015, p. 110).
• Persegue la scia del modello user-centered per la
progettazione.
Progettazione MOOC e design thinking
Le fasi per la produzione dei corsi MOOC secondo il
percorso del Design Thinking:
• Comprendere - Scoperta del tema e familiarizzazione
con l’argomento: es. benchmarking dei corsi Mooc erogati
su piattaforme internazionali e dei relativi criteri di
progettazione a cura del team allargato; indagine sulla
letteratura di settore relativa all’opinione degli utenti in
rapporto ai processi di fruizione.
• Esplorare - Conoscenza dell’ambiente e delle interazioni
che vi avvengono: es. brainstorming con i docenti dei
singoli corsi e confronto sulle possibilità di progettazione
didattica del percorso e dei materiali multimediali;
redazione dei documenti-guida per la progettazione del
corso.
Progettazione MOOC e design thinking

• Raccogliere i punti di vista - Emersione di punti di vista


alternativi per una migliore comprensione del problema, in
vista della fase ideativa: condivisione dei documenti di
progettazione didattica con il docente e raccolta – per
singola area disciplinare – di ipotesi e proposte legate
all’uso delle risorse multimediali; confronto tra le ipotesi
del docente, quelle degli esperti in progettazione didattica
• Ideare - Raccolta di ogni genere di idee, secondo un
processo creativo libero: definizione degli elementi di
sviluppo del corso e dei singoli materiali, attraverso un
confronto tra le diverse componenti del team; ideazione
degli elementi didattici, mediali, comunicativi
Progettazione MOOC e design thinking
• Prototipare - Generazione di prototipi o modelli che
aiutino ad esplorare le idee emerse nella fase di
ideazione: redazione di linee guida per lo sviluppo di corsi
Mooc; proposta di sviluppo dei primi materiali didattici da
parte di un ristretto numero di docenti, con il supporto del
team di sviluppo; proposta di implementazione della
piattaforma a cura del team di ricerca e di sviluppo.
• Testare - Sperimentare le soluzioni proposte per
determinare le idee efficaci o le ipotesi migliorative: test
delle linee guida, alla luce delle risorse/percorsi sviluppati
seguendo gli elementi di progettazione indicati; test
ricorsivo delle interazioni e delle modalità di
collaborazione.
Struttura MOOC
Macro progettazione

a
r
g
o
m
e
n
t
Obiettivi o
Macro progettazione
Macro progettazione
La macroprogettazione prevede l’individuazione e l’esplicazione
di due elementi base di un progetto: le finalità generali e gli
obiettivi. Quello che ne deriva è la cornice del progetto.
La macroprogettazione, nel suo sviluppo, segue dei passaggi
definiti:
• individuazione degli obiettivi, passando da: un fase
decisionale che tratteggia i tempi, le risorse a disposizione, la
metodologia utile per la seconda fase (quella di
micriporgettazione) in caso di sopraggiunti elementi critici del
sistema; una fase valutativa, che fornisca indicatori utili a
prevedere la validità del processo e finalizzati alla verifica di
efficienza ed efficacia dello stesso;
• analisi del contesto, che si realizza secondo tre livelli di
indagine: strutturale, culturale, dei bisogni.
Macro progettazione
• Titolo: fornire un titolo del corso
• Nome docente e contatti
• Argomento: descrizione sintetica dell’argomento,
descrivere contenuti, teorie e concetti chiave
• Obiettivi: definire gli obiettivi di apprendimento
(competenze/conoscenze da acquisire)
• Approccio didattico: descrizione metodi di insegnamento
• Struttura: descrizione della struttura del corso (titoli delle
singole videolezioni)
• Materiali didattici integrativi: materiali di approfondimento
• Strumenti di autovalutazione: prove come questionari
Micro progettazione
Micro progettazione

Week 2
What Constitutes a
Balanced Meal?
Micro progettazione
La fase operativa della macroprogettazione si traduce nella
microprogettazione, in cui il progetto si realizza a livello di
esecuzione.

L’azione si configura nel rispetto dei seguenti passaggi:


individuazione delle azioni da realizzare in relazione alle
risorse umane (il chi);
articolazione temporale delle fasi da seguire (il quando);
individuazione delle metodologie di intervento (il come);
la composizione dell’ambiente formativo (il dove);
la pianificazione dei costi;
la valutazione dell’efficacia (Ferrari, 2012, p.223).
La progettazione dei contenuti per i
MOOC
• Nella didattica in rete un aspetto molto importante
riguarda quello della valutazione.
• La valutazione deve fungere da strumento didattico utile
ad agevolare il processo di apprendimento dello
studente e ad incrementare la sua motivazione.
• Attraverso la valutazione da parte dell’insegnante, lo
studente può ricevere degli stimoli che lo spingano a
migliorare o a prendere coscienza dei propri errori.
• I metodi di valutazione tra pari (peer-assessment) e di
auto-valutazione (self- assessment), sono metodi di
grande innovazione: promuovono la collaborazione e la
creazione di comunità di apprendimento online.
Micro progettazione
Per videolezione
• Quale è l’argomento trattato?: definizione dell’argomento
trattato nella videolezione
• Quali e quanti materiali saranno utilizzati (pdf, immagini,
power point, infografica, filmati, drammatizzazioni)?
• Quale la durata prevista per il video? (tra i 3 e i 7 minuti)
Per attività
• Quale argomento intende approfondire?
• Quali e quanti materiali?
Micro progettazione
• Per valutazione
• Quale strumento di valutazione desidera utilizzare?
(questionario, project work..)
• Quale forma di valutazione prevede? (autovalutazione, tra
pari)
• Se si tratta di questionari a risposta chiusa indicare: Da
quanti quesiti è composto il test di valutazione: es. 15
Quante opzioni di risposta ci sono: es. 3
Qual è la percentuale di risposte corrette necessarie
per il superamento della prova: es. 70%
TECNOLOGIE
DIDATTICHE

Prof. Alberto Fornasari


alberto.fornasari@uniba.it
Riepilogo digital literacy
• “Gli adolescenti devono imparare come integrare la
conoscenza da più fonti, tra cui musica, video, database
online e altri media. Hanno bisogno di pensare in modo
critico alle informazioni che possono essere trovate quasi
istantaneamente in tutto il mondo. Hanno bisogno di
partecipare ai tipi di collaborazione che le nuove
tecnologie di comunicazione e informazione consentono,
ma richiedono sempre di più. Considerazioni di
globalizzazione ci portano verso l'importanza di
comprendere la prospettiva degli altri, sviluppando una
base storica e vedendo l'interconnessione dei sistemi
economici ed ecologici” (Bertram, 2002)
Riepilogo digital literacy
• “Se fosse possibile definire in generale la missione
educativa, si potrebbe dire che il suo scopo fondamentale
è garantire che tutti gli studenti traggano vantaggio
dall'apprendimento in modi che consentano loro di
partecipare pienamente alla vita pubblica, alla comunità,
[Creativa] e vita economica” (New London Group, 2000:9)
• Secondo il New Media Consortium (2005) la literacy del
XXI secolo è "l'insieme di capacità e abilità in cui
l'alfabetizzazione uditiva, visiva e digitale si
sovrappongono. Includono la capacità di comprendere il
potere delle immagini e dei suoni, di riconoscere e
utilizzare quel potere, di manipolare e trasformare i media
digitali , distribuirli in modo pervasivo e adattarli facilmente
a nuove forme "
Riepilogo digital literacy
• Le tecnologie nella nuova cultura digitale sono considerati
come supporti che aiutano, facilitano i giovani nelle loro
competenze chiave come scrittori e lettori.
• Gli studenti hanno bisogno anche di skill di ricerca:
sapere come accedere ai libri o agli articoli, prendere
appunti e integrare fonti secondarie; valutare l'affidabilità
dei dati; leggere mappe e grafici; dare un senso alle
visioni scientifiche; capire quali tipi di informazioni
vengono trasmesse dai vari sistemi di rappresentazione;
distinguere tra realtà e finzione, fatto e opinione; costruire
argomenti e prove marziali (Jenkins, 2006)
Riepilogo digital literacy
• Gli studenti hanno bisogno di sviluppare inoltre delle
competenze tecniche: hanno bisogno di sapere come
accedere, cercare, utilizzare vari programmi, mettere a
fuoco una telecamera, modificare filmati, fare alcune
programmazioni di base e così via.
• Infine gli studenti devono sviluppare una comprensione
critica dei media, comprendere il modo in cui questi
strutturano le nostre percezioni del mondo; i contesti
economici e culturali entro cui i mass media sono prodotti
e girati; i motivi e gli obiettivi che modellano i media che
consumano; e pratiche alternative che operano al di fuori
del mainstream commerciale.
Le 11 skills del XXI secolo
• Un aspetto da considerare quando si parla di literacy del
XXI secolo è che le nuove competenze dei media
dovrebbero essere viste come abilità sociali, come modi
di interagire all'interno di una comunità più ampia, e non
semplicemente come capacità individuale da utilizzare per
l'espressione personale. (Jenkins, 2006)
• Per partecipare attivamente al nuovo panorama mediale
la scuola deve promuovere l’acquisizione di abilità sociale
e competenze culturali.
• A tal proposito sono state individuate undici abilità che
bisogna possedere nel XXI secolo:
• Gioco – capacità di sperimentare con l’ambiente
circostante
Le 11 skills del XXI secolo
• Simulazione - la capacità di interpretare e costruire
modelli dinamici dei processi del mondo reale
• Performance - la capacità di adottare identità
alternative ai fini dell'improvvisazione e della scoperta
• Appropriazione - la capacità di campionare e remixare
contenuti multimediali in modo significativo
• Multi-tasking - la capacità di analizzare il proprio
ambiente e spostare l'attenzione su dettagli salienti su
base ad hoc
• Cognizione distribuita - la capacità di interagire in
modo significativo con strumenti che ampliano le nostre
capacità mentali.
Jenkins, 2006
Le 11 skills del XXI secolo
• Intelligenza Collettiva - la capacità di mettere insieme
le conoscenze e confrontare le note con gli altri verso
un obiettivo comune
• Giudizio - la capacità di valutare l'affidabilità e la
credibilità di diverse fonti di informazione
• Transmedia Navigation - la capacità di gestire il flusso
di storie e informazioni attraverso più modalità
• Networking - la capacità di cercare, sintetizzare e
diffondere informazioni
• Negoziazione - la capacità di viaggiare attraverso
comunità diverse, discernendo e rispettando più
prospettive, e afferrando e seguendo serie alternative di
norme Jenkins, 2006
Consumo mediale e skills
• Competenze strumentali: dal campione intervistato
emerge che l’80% sa come salvare una foto e il 65% sa
cambiare impostazioni del proprio profilo
• Competenze informative: emergono meno diffuse la
competenze per la gestione critica delle informazioni
online, infatti solo il 42% degli intervistati ritiene facile
verificare se le informazioni che ha trovato online sono
vere, e il 68% confida nella propria capacità di scegliere le
parole chiave più efficaci per impostare le ricerche online
• Competenze sociali: è una competenza tra le più diffuse,
infatti il 78% degli intervistati afferma, infatti, di sapere
quali informazioni è opportuno condividere online e quali
no, e l’80% sa come rimuovere qualcuno dalla lista dei
propri contatti online
Consumo mediale e skills
• Competenze creative: il 66% dei ragazzi intervistati
afferma di saper creare e condividere online video e
musica, meno della metà (48%) sa come editare o
apportare modifiche a testi, immagini, video online creati
da altri
• Competenze mobili: l’85% sa come installare una app
sul cellulare o sul tablet, poco più della metà (56%) sa
come tenere sotto controllo i costi di utilizzo delle app sul
cellulare o come fare acquisti in-app.
• Ciò che emerge dall’indagine è che persistono delle
disuguaglianze nelle competenze digitali dei ragazzi,
infatti non imparano da soli e in modo naturale ad usare le
nuove tecnologie. Mancano le competenze cruciali quali
quelle critiche e creative, in particolare nei bambini 9-10
Literacy e competenze
• La literacy non riguarda solo le competenze tecniche
neutrali ma fa riferimento ad un set di abilità
regolamentate culturalmente e socialmente e che produce
legittimazione o delegittimazione dei contenuti del sapere.
(Stella, Riva et al., 2014)
• Diversi modelli/classificazioni delle competenze/abilità
necessarie per operare in modo efficace con le nuove
tecnologie:
• Modello di Warschauer (2003) distingue tra:
• Computer literacy: conoscenze minime di hardware, software,
sistema operativo e navigazione internet
• Information literacy: competenze funzionali per la gestione delle
informazioni ricavate dalla rete
Literacy e competenze
• Multimedia literacy: capacità di gestire, comprendere e produrre
un ambiente multimediale in cui i vari codici e linguaggi
interagiscono
• Computer-mediated communication literacy: capacità e
competenze necessarie pa la comunicazione efficace online
(mandare mail, chattare, messaggiare)
• Estzer Hargittai (2007) ha proposto un altro modello che
considera le competenze/incompetenze diffuse tra i
soggetti:
• Elaborazione di modalità sicure ed efficaci di comunicazione con gli
altri
• Capacità di contribuire alla discussione di gruppo, condividendo i
contenuti
Literacy e competenze
• Conoscenza e uso di specifici strumenti
• Conoscenza di ciò che disponibile online
• Abilità nel trovare i contenuti
• Efficienza nella navigazione
• Abilità nell’accesso alle fonti e credibilità dei messaggi
• Competenze rispetto alla privacy online
• Competenze rispetto a questioni di sicurezza
• Capacità di richiesta di assistenza
• Adattare e personalizzare le informazioni
• I modelli visti mostrano che per l’uso dei media sono
necessarie competenze relative all’accesso, alla analisi,
alla valutazione e partecipazione.
Competenza digitale
• La Raccomandazione Europea del 18.12.2006 indica le otto
competenze chiave indispensabili ad ogni cittadino per la
realizzazione e lo sviluppo personale e sociale, la cittadinanza
attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione.
• Tali competenze sono da sviluppare in un’ottica di lifelong
learning.
• La competenza digitale rientra tra le otto competenze chiave
ed è definita come il “saper utilizzare con dimestichezza e
senso critico le tecnologie della società dell’informazione per il
lavoro, il tempo libero e la comunicazione. Essa è supportata
da abilità di base nelle TIC: l’uso del computer per reperire,
valutare, conservare, produrre, presentare e scambiare
informazioni nonché per comunicare e partecipare a reti
collaborative tramite internet” (Menichetti, 2017).
Competenza digitale
• La competenza digitale dunque presuppone una solida
consapevolezza e conoscenza della natura, del ruolo e
delle opportunità delle TIC, consapevolezza dei rischi, di
come le tecnologie possano coadiuvare la creatività e
l’innovazione
• Le abilità necessarie comprendono la capacità di cercare,
raccogliere e trattare le informazioni e di usarle in modo
critico e sistematico; usare gli strumenti per produrre,
presentare e comprendere informazioni complesse, usare
le tecnologie a sostegno del pensiero critico, creatività e
innovazione
• L’uso delle TIC comporta un’attitudine critica e riflessiva
nei confronti elle informazioni disponibili e uso
responsabile dei mezzi di comunicazione interattivi.
Menichetti, 2017
Competenza digitale
• Midoro per la competenza digitale distingue due piani:
1. Capacità di operare nel mondo dei documenti digitali
per affrontare compiti e risolvere problemi. Fa
riferimento alle diverse literacy:
• Media litracy: analizzare, comprendere interpretare
criticamente i media
• Information literacy: trovare, valutare, selezionare le
informazioni
• Visual literacy: interpretare immagini
• Technology literacy: scegliere e usare le tecnologie in
modo funzionale agli obiettivi

Menichetti, 2017
Competenza digitale
2. Capacità di partecipare al processo di costruzione di nuova
conoscenza. Questo piano fa riferimento alla possibilità di
risolvere i problemi; condividere informazioni, e conoscenza
in ambienti di apprendimento e spazi collaborativi; fare
ricerca; usare il pensiero critico.
• Il concetto di competenza digitale rinvia ad un concetto
articolato e poco circoscrivibile. Ciò è dato dalla natura della
competenza digitale e dalle dimensioni pedagogicamente
significative che racchiude.
• La natura della competenza digitale:
• Multidimensionale
• Trasversale
• Storicamente connotata
Menichetti, 2017
Competenza digitale
• Indipendente dai prodotti
• Declinabile nei vari contesti d’uso

• Le dimensioni pedagogiche racchiuse nel concetto di


competenza digitale sono:
1. Dimensione tecnologica – insieme di abilità che
permettono di assumere un atteggiamento flessibile ed
esplorativo dinanzi alle nuove tecnologie; capacità di
risolvere problemi tecnologici; capacità di scegliere la
tecnologia più appropriata per ogni esigenza; capacità
di distinguere tra reale e virtuale e usare le tecnologie
quando possono apportare un reale contributo.
Competenza digitale

2. Dimensione cognitiva – capacità acquisita attraverso


l’uso delle tecnologie di risolvere problemi di diversa
complessità e in diversi contesti; capacità di analizzare
l’informazione, selezionarla, dimostrando di sapresi
orientare nel mare delle informazioni presenti nella rete;
capacità di comprensione del testo multimediale e di
rappresentazione attraverso uso di grafici; capacità di
organizzar e sistematizzare i contenuti nel proprio
ambiente digitale; capacità di sviluppare risorse e di
avvalersi di risorse open da modificare e riusare.
Competenza digitale
3. Dimensione etica – uso consapevole ed etico delle
tecnologie; fa riferimento al sapersi porre in relazione
con gli altri interlocutori presenti nella rete nel rispetto e
tutela di se stessi e degli altri; in questa dimensione
ritroviamo aspetti legati alla privacy, netiquette e
socioquette; il soggetto competente sa che la propria
traccia in rete rimane visibile a distanza di tempo e
quindi necessità di creare delle identità digitali
differenziate e adeguate ai diversi contesti; bisogna
sapersi attivare in rete considerando i diversi riferimenti
culturali e concettuali dei soggetti e quindi saper
adeguare la comunicazione alle singole interazioni;
essere consapevole dei rischi che si possono correre.
I modelli DCA e DCQ
• A seguito della Raccomandazione europea si sono
sviluppati dei modelli strutturati secondo le tre dimensioni
(etica, tecnologica e cognitiva) della competenza digitale,
come il Digital Competence Assessment e la sua
evoluzione il Digital Competence and Quality (modello
per lo sviluppo di competenze nella scuola in
assicurazione della qualità).
• Questi modelli, in particolar modo il DCQ, offrono un
framework (una mappa, cornice, una tassonomia) delle
competenze digitali che i docenti possono usare per:
• definire i progetti didattici per lo sviluppo delle competenze,
• individuare gli strumenti di verifica,
• Progettare interventi per conseguimento obiettivi
Competenze digitali a scuola: il modello
DCA

Da Calvani, Fini, Ranieri, 2009


Competenze digitali a scuola: il modello
DCQ

Da Menichetti, 2017
Il modello DCQ
• Il modello DCQ offre un livello di dettaglio che lo rende
facilmente operativo.
• Obiettivo del DCQ è realizzare un sistema integrato e
sostenibile per lo sviluppo delle competenze digitali degli
studenti in assicurazione della qualità (ottica sistemica no
episodica)
• Struttura ad albero: Distinguere
hardware da
T1: gestire dati, Comprendere software
applicazioni, dove si trovano i
collegamenti dati…
Dimensione Comprendere
tecnologica architettura pc
T2: scegliere la
tecnologia
Competenza adeguata
digitale

C1: comprendere
Dimensione e schematizzare
cognitiva
testi digitali
Menichetti, 2017
La struttura della rubrica

Aspetto Traguardi Evidenze che si

Indicatore
Dimensione

Criterio
strutturale della formativi in base vogliono osservare
su cui si costruisce
competenza a cui valutare la lo strumento di
(come si prestazione valutazione (quali
scompone? (cosa deve evidenze
Quali sono gli saper fare osservabili mi
per…? In base a consentono di
aspetti che rilevare il grado
considero nel cosa posso
di presenza del
valutare una apprezzare la criterio di giudizio
certa prestazione?) scelto?)
prestazione?)

Castoldi, da “L’educatore” a.2006/2007 n.5


DCA e DCQ a confronto

Aspetti in comune Differenze


Padronanza critico-cognitiva Il DCQ a livello tecnologico
più attenzione ad altri device
digitali; a livello cognitivo si
prendono in esame strumenti
del pensiero computazionale
e della robotica educativa; a
livello etico maggiore
rilevanza alla competenza
relativa la cittadinanza
Verifica competenze
• La verifica delle competenze degli studenti è un aspetto
complesso in quanto complesso è il costrutto di competenza:
• Michele Pellerey definisce la competenza come “capacità di far fronte
ad un compito, o a un insieme di compiti, riuscendo a mettere in moto
e ad orchestrare le proprie risorse interne, cognitive, affettive e
volitive, e a utilizzare quelle esterne disponibili in modo coerente e
fecondo” (Castoldi, 2006: 7).
• La valutazione della competenza rimanda ai compiti autentici
in contesti reali: valutare una competenza in situazioni
aderenti al mondo reale.
• Tali situazioni si caratterizzano per la loro autentica valenza
operativa e contestualizzata che prende le distanze dallʼapplicazione
rigida e ripetitiva di formule in contesti artificiali (interrogazione orale,
test a scelta multipla) tipica del sistema tradizionale di valutazione
(Rossi, Pascucci, Giannandrea, Paciaroni, 2006)
Progettazione
Progettazione della competenza trasversale digitale
richiede la definizione di obiettivi:
• in grado di intercettare tutte le dimensioni
• Siano operazionalizzati
• Non siano ambigui
• Siano misurabili
• Adeguati al livello della classe
• Definiti nel tempo
Progettazione
Scheda obiettivi-verifica Scheda obiettivi-attività

Collegare gli obiettivi ad un piano di


Collegare gli obiettivi agli strumenti di
attività organizzato in più lezioni e fasi
verifica
a cui corrispondono le azioni didattiche
Prevedere test orientativi ad inizio
unità didattica
Per ogni obiettivo si prevedono il
numero di lezioni necessarie e per
Compiti autentici come prove di
ogni lezione le azioni didattiche che
verifica in itinere
vanno descritte in tabella
Progettazione: ciclo di Kolb

Esperienza
concreta -
fare

Sperimentazi Osservazion
one attiva - e riflessiva -
progettare riflettere

Concettualizz
azione
astratta -
imparare
Apprendimento competenza digitale
• Per poter apprendere le competenze è necessario, quindi,
che il percorso sia iterativo, a spirale, in quanto
l’acquisizione della competenza prevede una
trasformazione dei saperi e dei comportamenti e la
costruzione attiva da parte del soggetto che apprende

• Cicli di apprendimento – creazione e ricreazione in cui


le competenze sono attivate di fronte a problemi/compiti
reali e ripensate attraverso fasi di metacognizione
• Le situazioni problematiche possono crescere di difficoltà
• Didattica laboratoriale utile per interventi didattici con
tecnologie
Attività
Prova a testare le tue competenze digitali.
Scegli un tema che sai essere un tema socialmente
controverso (es. immigrazione, razzismo,
globalizzazione) e digita su un motore di ricerca quel
tema. Dopo aver visitato i primi dieci link che ti
vengono segnalati, sapresti indicare di che fonte si
tratta (associazioni, partiti, istituzioni, enciclopedie,
ecc.)? Sapresti dire quale opinione propone il sito
(favorevole, contraria, neutra)?
TECNOLOGIE
DIDATTICHE
Progettare interventi di media education
• Primo aspetto nella educazione ai media da considerare è
la relazione tra giovani e media – comprendere la
situazione di partenza dei ragazzi e ciò che gli insegnanti
hanno individuato come problema (quale è il problema
individuato? In quali aspetti possiamo cogliere la
problematicità?)
• Si passa poi alla individuazione/elaborazione di una
strategia per la risoluzione e la distinzione dei pericoli e
dei rischi – in questo modo viene messo in discussione
ciò che si pensa possano essere le difficoltà e le capacità
dei giovani (quali i pericoli per insegnante? Quali rischi i
ragazzi possono affrontare?)
Da Falconi, Tirotta 2012
Progettare interventi di media education
• Si passa alla conoscenza più approfondita degli studenti con
cui si lavora attraverso una osservazione di ciò che gli studenti
fanno
• Bisogna concepire un metodo adeguato e adatto agli obiettivi e
agli studenti – chiarire cosa si intende svolgere con i ragazzi e
prevedere un momento di debriefing per riflettere sulle
produzioni mediali, sui consumi e sugli apprendimenti (quale
metodo più utile per realizzare il mio lavoro? Quali effetti
produce?)
• Valutazione degli effetti educativi degli strumenti usati –
immaginare il tipo di cambiamento che si vuole provocare e
proporre agli studenti; valutazione anche dell’azione e la
portata dei cambiamenti operati sulla relazione giovani-media –
comprendere se lo studente ha maturato competenze
trasversali per un uso consapevole dei media.
Da Falconi, Tirotta 2012
Le cinque pedagogie dell’educazione ai
media
• Thierry De Smedt ha individuato cinque pedagogie
dell’educazione ai media:

1. Pratica/produzione dei media – agli studenti viene


richiesto di realizzare trasmissioni radio, annunci, brevi
film, testi – in questo modo sono messi in condizione di
essere dei produttori
2. Decostruzione dei messaggi a partire dalla scelta di un
medium, analisi in profondità, per scoprire i meccanismi
di significazione, come i contenuti creino significato
(Roland Barthes)

Da Falconi, Tirotta 2012


Le cinque pedagogie dell’educazione ai
media
3 Insegnare concetti - attraverso le lezioni frontali fornire
dei contenuti tratti da altre discipline (economia,
antropologia, sociologia) il cui insegnamento risulta utile
per l’analisi dei media.
4 Processi introspettivi – gli studenti avviano delle
riflessioni sulle proprie percezioni, sui modi in cui i
media modificano bisogni, sentimenti, generano
inquietudini..
5 Gioco e problem solving – giochi di simulazione, ruolo,
attività che non propongono solo produzione mediale
ma che pongono un problema da risolvere.

Da Falconi, Tirotta 2012


Progettazione
• Nell’intervento di educazione mediale, il sociologo Leffi ha
individuato alcuni aspetti importanti:
• Privilegiare l’azione rispetto alla parola – coinvolgimento
in attività che stimolino la curiosità e rappresentino degli
spunti di riflessione.
• Tenere aperti i diversi canali espressivi – l’educatore deve
cogliere gli elementi utili per lo sviluppo dell’intervento
educativo a partire dalle diverse modalità comunicative
usate dai ragazzi.
• Dalla prescrittività alla esemplarità – il docente come
esempio per i ragazzi, deve essere capace di coinvolgerli
facendo riferimento anche a personaggi significativi per
loro.
Da Falconi, Tirotta 2012
Progettazione
• Offrire esperienze – le attività realizzate nel corso
dell’intervento educativo devono realizzare esperienze
significative
• Ricorrere a temi e situazioni che generano carica emotiva –
elementi narrativi della quotidianità, temi del viaggio,
avventura…
• Punto di partenza il desiderio.

• Gli interventi di educazione ai media si costruiscono attraverso


un costante processo di indagine, investigazione delle
esperienze individuali e di gruppo.
• Problema o curiosità diventano il punto di accesso al mondo
dei media, quindi si attiva l’esplorazione, la scoperta,
l’identificazione..
Da Falconi, Tirotta 2012
Progettazione
• Negli interventi di educazione ai media punto di partenza
non sono le conoscenze ma si parte dal senso comune
per poter dare significato ai contenuti e alle forme del
consumo e del piacere mediale
• Gli studenti in questi percorsi svolgono un ruolo attivo e
responsabile, contribuiscono alla costruzione di un
prodotto conoscitivo in cui tutti si riconoscono, diventano
partecipanti attivi di un percorso di scoperta e di
attribuzione di senso e significato.
• La capacità di produzione di contenuti costituisce una
parte fondamentale dell’attività di educazione ai media,
non solo per le possibilità di coinvolgimento dei ragazzi,
ma anche per lo sviluppo di competenze sui linguaggi e
senso critico.
Da Falconi, Tirotta 2012
Digital storytelling come pratica
narrativa
• I Digital Storytelling sono brevi storie di carattere
personale o accademico che i digital storytellers
trasformano in video della durata di pochi minuti,
aggiungendo la propria voce a immagini, titoli, effetti e
transizioni che scorrono sullo schermo, a volte
accompagnati da suoni o musica.
• La potenzialità è nella possibilità di coniugare due mondi
fra loro molto diversi: da un lato storie, fiabe, racconti,
narrazioni autobiografiche, dall’altro i nuovi media, gli
strumenti tecnologici innovativi, computer, macchine
fotografiche, telecamere e software come programmi di
editing, di elaborazione delle immagini o dei suoni.
Digital storytelling come pratica
narrativa
• Strumenti come web logs, youtube, flicker, social network,
etc., permettono la condivisione da parte degli utenti di storie
personali, di interpretazioni personali della realtà, ma anche di
commentare e ampliare tali storie attraverso personali
narrazioni.
• Lo scopo della narrazione, nonostante i passaggi e le
trasformazioni che hanno coinvolto le pratiche narrative ed
espressive, rimane quello di comunicare significati.
• La narrazione può essere considerata, come suggeriscono
Petrucco e De Rossi, un “medium creato dalla mente” per
poter rappresentare, comprendere e riflettere sulle esperienze
e sugli eventi (2009: 24).
Digital storytelling come pratica
narrativa
• La narrazione è un atto conoscitivo e comunicativo che
si svolge in due momenti: - riappropriazione del
vissuto; - condivisone della conoscenza acquisita.
• I racconti sono categorie della conoscenza che ci
permettono di capire e di ordinare il mondo.
• Secondo Bruner il pensiero può assumere due forme:
• Logico-scientifica: è il ragionamento logico, lineare e
sequenziale.
• Narrativa: ha una modalità di funzionamento non
lineare e reticolare. Può essere concepito come
modalità cognitiva attraverso cui si struttura l’esperienza
e si costruisce l’interazione con il mondo sociale.
Digital storytelling come pratica educativa
• La narrazione permette di attivare veri e propri processi di
costruzione di nuove conoscenze e quindi di
apprendimento: l’organizzazione dei contenuti in una
narrazione ordinata li rende sicuramente maggiormente
fruibili e facilmente utilizzabili dai destinatari finali.
• Ohler afferma che l’uso dei DST, oltre a sviluppare
competenze tecnologiche, facilita lo sviluppo del pensiero
critico e migliora l’esposizione scritta e le capacità
espressive.
• Sviluppo del pensiero creativo: il processo di creazione
di una storia digitale stimola e attiva il processo creativo,
abilita le competenze tecnologiche e il talento nella
produzione mediale, al fine di sviluppare una personale
modalità espressiva.
Digital storytelling come pratica educativa
• Levelt propone un modello a tre tappe:
• Soggetto sceglie i contenuti e li organizza in un intreccio;
• La storia assume una veste linguistica;
• Raccontare la storia.
• L’attività di inventare storie richiede abilità cognitive, come
selezionare informazione, conoscenze, compararle,
revisionarle, e competenze linguistiche.
• Promuove la competenza narrativa: capacità di costruire
storie coerenti e coese; capacità di prevedere e stabilire
relazioni tra le informazioni sia di tipo causale che
temporale; capacità di intrecciare nella storia il piano degli
eventi e delle emozioni.
• Promuove media literacy
Digital storytelling come pratica educativa
• Robin mette in risalto le diverse competenze che la
metodologia può mettere alla prova e consente di
migliorare :
• Research skills – documentare la storia attraverso la
ricerca del materiale e analisi delle informazioni
• Writing skills –formulare il proprio punto di vista
sviluppando una sceneggiatura e uno storyboard
• Organization skills – gestire obiettivi del progetto
• Technology skills – imparare a servirsi di strumenti come
telecamere, fotocamere, microfoni…
• Presentation skills – decidere il modo per presentare la
storia, pensando al possibile pubblico
Digital storytelling come pratica educativa
• Interview skills – trovare soggetti da intervistare e stabilire
domande da porre
• Problem-solving skills – imparare a prendere decisioni per
il superamento degli ostacoli
• Assessment skills – acquisire capacità di analizzare
criticamente il proprio e altrui lavoro
Digital storytelling a scuola
• Piano Nazionale Scuola Digitale – PNSD – documento
pilastro della Buona Scuola (L. n. 107/2015), tra gli
obiettivi: aumentare la presenza di risorse tecnologiche
nella scuola; promuovere e sostenere le competenze
degli studenti nell’uso in modo efficace ed efficiente le
tecnologie.
• Commissione Europea e OECD (2014) richiede la
predisposizione di contesti e percorsi di media education.
• Digital Storytelling come risorsa usabile nella scuola per
sostenere la media literacy.
Strategie di intervento DST
• Invenzione di storie durante il gioco di finzione: i
bambini interpretano i personaggi in un contesto definito,
interagiscono, svolgono azioni, mettono in scena una
storia che potrà diventare digitale.
• Invenzione intenzionale della storia: avviene fuori dal
gioco, sotto la guida dell’insegnate.
• Invenzione dapprima orale e poi trascritta
• Uso di domande aperte capaci di fornire una macro-guida che
faciliti il processo di invenzione
• Uso di forme semplici di storyboard
• Conduzione storytelling in piccoli gruppi
• Uso metodo storycrafting
Strategie di intervento DST

• Contesto non valutativo


• Tempo disteso e rilassato che consenta momenti di
riflessione, revisione e discussione su quanto fatto
• Predisposizione di spazi e materiali per esplorazione e
sperimentazione
• Dimensione sociale del lavoro – lavoro in gruppi
• Definizione dei contenuti intorno a cui costruire la storia
Strategie di intervento DST
Il processo didattico si compone dunque di tre fasi:
• Fase di preparazione: i bambini sono sollecitati a
recuperare o consolidare o acquisire le conoscenze dei
contenuti coinvolti nel tema della storia e delle
competenze tecnologiche richieste
• Fase di invenzione e costruzione della storia: gioco
finzione che facilita l’invenzione della storia, la storia
nasce spontaneamente durante l’attività ludica;
invenzione intenzionale.
• Definizione della tecnologia incide sulla modalità inventiva
• Fase di revisione: riascolto della storia, discussione e
modifica
Il Center for digital storytelling e i 7
elementi di Lambert

• Il Center for digital storytelling definisce la digital story


una breve video narrazione in prima persona creata
combinando voce registrata, immagini fisse e in
movimento e la musica o altri suoni; inoltre definisce la
figura del digital storyteller come “chiunque abbia il
desiderio di comunicare l’esperienza di vita, idee o
sentimenti attraverso l’utilizzo di storia e media digitali”.
Il Center for digital storytelling e i 7
elementi di Lambert
• Joe Lambert e Dana Atchley hanno individuato 7
elementi alla base di ogni digital storytelling.

• 1) Punto di vista: le storie dovrebbero essere personali e


autentiche e mantenere in ogni parte la prospettiva
dell’autore, , esprimendo le sue intenzioni e i suoi
obiettivi.
• 2) Dramatic Question: bisogna esporre qualcosa che
valga la pena di essere raccontato e proporre all’inizio
della storia domande non banali e sorprendenti a cui si
darà risposta alla fine del racconto.
Il Center for digital storytelling e i 7
elementi di Lambert
• 3) Contenuto emotivo: una storia deve possedere
contenuti emotivi coinvolgenti.
• 4) Voce narrante: i contenuti emotivi sono legati alla
scelta di raccontare la storia con il proprio punto di vista,
scegliendo di commentare i momenti salienti della
narrazione utilizzando la propria voce.
• 5) Colonna sonora: essa segue e supporta la storia e va
ad anticipare quello che accadrà.
• 6) Economia della selezione: richiama ad una “pulizia”
degli elementi utilizzati e a non usare una
sovrabbondanza di immagini e parole.
Il Center for digital storytelling e i 7
elementi di Lambert
• 7) Ritmo della narrazione: è necessario un ritmo
adeguato alle modalità narrative della storia: è legato
all’economia e a quanto velocemente o lentamente
prosegue la storia. La vitalità è elemento fondamentale
per una buona storia.
L’approccio creativo di Ohler
• Ohler individua 5 fasi operative per la costruzione di
narrazioni digitali:
• Story planning: ideazione, mappatura e scrittura della
storia, organizzazione di uno storyboard condiviso.
• Pre-production: produzione di una lista di media,
reperimento e/o produzione di media grezzi, avvio
dell’editing dei media grezzi e creazione di media nuovi
e originali.
• Production: chiusura del lavoro di editing dei vari media
(voce, video, immagini), assemblaggio in un prodotto
finale, revisione creativa del prodotto finale.
L’approccio creativo di Ohler
• Post-production: combinazione e aggiunta di transizioni,
effetti, titoli di coda, testo, revisione finale ed esportazione
dei files.
• Performance: Presentazione delle storie in classe e nella
comunità scolastica, distribuzione e condivisione delle storie.
• Elabora il Visual Portrait of the Story (VPS) ossia una
rappresentazione grafica della storia. Tale mappa è costituita
da:
• Inizio
• Problema
• Cambiamenti
• Soluzione
• Fine
Strumenti per il
Digital Storytelling
Prof. Pietro Prosperi
Storie a fumetti e
animazioni
Creazione di storie a fumetti e animazioni

• PowToon
• Storyboard that
• Bitstrips
• ACMI generator
• Go Animate
• Voki
• Tellagami
PowToon
• Sito web
• Guida a PowToon realizzata con Prezi
• Versione free video max 5 minuti con limiti nella privacy, solo
38 motivi musicali, 11 stili, download non possibile
• Prezzo education (durata max 15 minuti) per versione
superiore $ 4,99 mensili o $ 8 mensili con possibilità di
associare fino a 60 studenti
Storyboard that
• Sito web
• Strumento per realizzare strisce di fumetti con telai composti
da 3 a 6 vignette;
• I fumetti sono personalizzabili con numerose scene,
personaggi e nuvolette di testo;
• Ogni elemento può essere riposizionato, ridimensionato,
tagliato e ruotato;
• Versione free con limitazioni rispetto a quella commerciale.
Storyboard that (esempio)
Bitstrips
• Sito web
• App disponibile per iOS e Android, che permette di creare
una vignetta da pubblicare su Facebook;
• Permette di creare una scena di un fumetto con un proprio
avatar personalizzato;
• L’avatar può essere abbinato a una location, personalizzato
con le espressioni del viso e completato con le nuvolette con
i testi.
Bitstrips
Go Animate
• Sito web
• Creazioni di animazioni video;
• Destinata a un utilizzo principalmente scolastico
• Non esiste una versione free, solo trial per 15 gg
• Costo per un solo docente $ 79 annui, per un docente e una
classe (30 alunni) $ 124 annui. Disponibili costi differenziati
per un numero superiore di utenti
Tellegami
• Sito web
• App per iOS (App Store);
• Con l’app da cellulare, crei un personaggio animato, lo
personalizzi, registri la tua voce e lo condividi;
• Esiste una versione free e una a pagamento per le scuole
(Tellegami Edu)
Storybooks
Creazione di storybooks

• Storybird
• StoryJumper
• The Incipit
• 20lines
• Boomwriter
• Piclits
• Little Bird Tales
Storybird
• Sito web
• Si possono creare facilmente storie visive quali poesie,
racconti o veri e propri libri illustrati;
• Inversione del procedimento di creazione di un libro illustrato:
si parte dalle immagini per arrivare al testo;
• Le immagini messe a disposizione sono realizzate da diversi
professionisti in illustrazione ed animazione
• Sia tutte le funzionalità che l’intero database è gratuito.
Storybird
• Le storie vengono lette, votate e commentate dagli utenti del
sito;
• A pagamento, le storie possono essere stampate come libri
illustrati, scaricate in pdf o trasformate in ebook;
• E’ un ottimo strumenti per raccogliere fondi (Fundraiser)
vendendo le opere realizzate dagli alunni (attualmente
disponibile solo per gli Stati Uniti).
Storyjumper
• Sito web
• Simile a Storybird;
• Consente di creare libri illustrati rivolti prevalentemente ai
bambini;
• Disponibilità di template e foto di esempio;
• E’ possibile caricare immagini personali;
• I libri creati possono essere condivisi o stampati con circa
$25,00;
• Può essere utilizzato anche per raccogliere fondi
(Fundraiser).
Storyjumper
The Incipit
• Sito web
• Piattaforma italiana con guide disponibili in italiano;
• Scrittura di racconti interattivi online;
• Ogni storia è divisa in 10 capitoli;
• Gli autori scrivono brevi storie con tre possibili diramazioni;
• I lettori leggono, votano l’alternativa e commentano;
• L’alternativa scelta guiderà l’autore nel prosieguo della
scrittura della storia;
• Esiste una classifica delle storie pubblicate e votate.
20lines
• Sito web
• Sito di scrittura collaborativa;
• Le storie sono lunghe massimo 240 righe (3400 parole);
• Storie da leggere in soli 5 minuti;
• Ogni utente può scrivere una propria storia o contribuire a
realizzarne una insieme ad altri scrivendo 20 righe in
massimo 20 giorni (corporate storytelling);
• Le storie possono essere commentate e condivise.
20lines
Boomwriter
• Sito web
• Interfaccia semplice e intuitiva, adatto per i bambini;
• L’insegnante si iscrive e crea gli account per gli studenti;
• L’insegnante scrive l’incipit e ogni alunno il proprio seguito;
• Ci sono tante sequenze quanti sono gli studenti;
• L’insegnante può monitorare il lavoro degli studenti,
correggerlo o rifiutarlo;
• Alla fine si votano le sequenze, la migliore viene adottata e il
lavoro prosegue creando ulteriori sequenze.
Boomwriter
• Guida per i docenti in inglese
• Guida per gli studenti in inglese
• L’esperienza di un insegnante con la proprio classe
Storie con immagini
testi e audio
Storie con immagini, testi e audio
• Permettono di scrivere facilmente delle storie con testi,
immagini, filmati e audio, anche a chi non ha conoscenze di
progettazione grafica e/o non ha padronanza di editor più
complessi.
• Le piattaforme utilizzano per comporre le storie i linguaggi
HTML e CSS;
• Le storie realizzate possono essere facilmente pubblicate
all’interno delle stesse piattaforme web o nei social network.
Creazione di storie con immagini, testi e audio
• Atavist
• Racontr
• Intertwine
• Shorthand
• PhotoSnack
• Voicethread
• 1001storia
• UtellStory
• Storybuilder
• Blendspace
• Google story builder
• The matic
Atavist
• Sito web
• Si possono realizzare storie attingendo materiali da diversi
media e trascinando i contenuti nella schermata di lavoro;
• La storia può essere definita nell’aspetto grafico e nel tema;
• Sono disponibili diverse versione free o a pagamento.
• Esempio
Racontr
• Sito web
• Permette di realizzare storie con testi, video, suoni e
animazioni multimediali;
• Elevata capacità di unire diversi tipi di contenuti;
• Le storie possono essere condivise sui social network.
• Per pubblicare o esportare un progetto occorre acquistare
dei crediti.
• Esempio
Racontr
Interwine
• Sito web
• Piattaforma italiana (startup innovativa);
• Obiettivo: realizzare un nuovo prodotto d’intrattenimento che
unisca le caratteristiche classiche dei libri alla comunicazione
digitale e ai social network;
• Possibilità di raccontare storie singole o collaborative (corporate
storytelling), si possono infatti continuare storie scritte da altri;
• Nelle storie possono essere inseriti: testi, video, immagini e gif.
Shorthand
• Sito web
• Consente di creare storie unendo testo, video e immagini;
• Le storie possono essere personalizzate con un template;
• Le storie sono esportabili e pubblicabili all’interno di siti web;
• Disponibili varie versioni da $ 1 per ogni storia creata a $ 750
mensili per le organizzazioni che pubblicano numerose
storie.
Storie con
riferimenti geografici
Creazione di storie con riferimenti geografici

• Google Tour Builder


• Odissey
• Maptia
Google Tour Builder
• Sito web
• Applicazione collegata a Google Maps;
• Consente di creare testi e immagini di qualsiasi località;
• Utile per scopi scolastici e per illustrare storie ambientate nel
mondo reale
Google Tour Builder (esempio)
Social storytelling
Storie come aggregati di social networks
e pagine web
• Storify
• Paper.Li
• Scoop.it
• Seejay
Storify
• Sito web
• Consente di realizzare storie e reportage aggregando
elementi presi dal web, come tweet ricercati per hashtag;
• Gli elementi sono personalizzati dall’autore;
• Le storie possono essere esportate, condivise sul proprio
blog o sui propri account Facebook e twitter.
Creazione di video
Creazione di video

• Youtube
• EDpuzzle
• Animoto
Youtube
• Sito web
• Permette di montare dei video, tagliando le scene,
aggiungendo le foto, l’audio, il testo e gli effetti di transizione;
• I video realizzati sono pronti per essere pubblicati;
• L’interfaccia è semplice e intuitiva.
Editor video di Youtube
EDpuzzle
• Sito web
• Software gratuito, richiede la registrazione;
• Il software si collega a Google Classroom o a Edmodo, dai
quali estrae i dati delle classi e degli studenti;
• Permette di:
– Realizzare video prelevandoli online e tagliandoli in base
alle proprie necessità;
– Registrare note audio;
– Inserire delle domande all’interno del video;
– Ottenere delle statistiche con le risposte date dagli studenti.
EDpuzzle
Animoto
• Sito web
• Consente di realizzare video online utilizzando le proprie
foto;
• L’applicazione è molto popolare grazie grande quantità di
effetti applicabili, alla originalità e alla semplicità d'utilizzo;
• La versione trial disponibile per 14 giorni con watermark.
Altri strumenti
Registrazioni dello schermo

• Camtasia
• Open Broadcaster Software (OBS)
• CamStudio
• Screencast-o-Matic
• Screenr
• Educreations
Camtasia
• Sito web
• Uno dei migliori e più semplici programmi di screencast;
• Permette di catturare l’intero desktop del computer, aree
personalizzate dello schermo;
• Consente di registrare, contemporaneamente, anche l’audio dal
microfono e le riprese della webcam;
• Al termine della registrazione i video possono essere montati
applicando effetti, rimuovendo le imperfezioni e ottimizzando il
formato;
• Software a pagamento, disponibile in prova per 30 giorni.
Open Broadcaster Software
• Sito web
• Software Open Source;
• Consente di registrare lo schermo e di creare registrazioni
combinate fra il desktop e la webcam;
• La registrazione può essere diffusa in streaming;
• Per una buona registrazione occorre un buon computer.
CamStudio
• Sito web
• Programma gratuito disponibile solo per Sistemi Operativi
Windows;
• Programma semplice e adatto anche per computer un po’ datati;
• Non dispone di tutte le funzionalità di analoghi software a
pagamento, permette comunque di arricchire le presentazioni
con frecce, scritte e piccoli effetti.
Strumenti alternativi alle diapositive

• Prezi
• Padlet
• Tiki Toki
• Visme
Prezi
• Sito web
• La presentazione digitale può essere paragonata a una
tradizionale realizzata con un enorme cartellone;
• Caratteristica principale: non linearità della presentazione;
• Non vengono utilizzate le diapositive, ma una tela di
dimensioni illimitate;
• La presentazione va da un punto a un altro della tela e
utilizzando lo zoom visualizza le diverse parti;
• Versione gratuita con alcune funzionalità ridotte (le
presentazioni pubblicate sono visibili a tutti).
Storie con giochi e animazioni

• Scratch

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