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Fu allora che mi interessai al mondo della moda, ai suoi cambiamenti evolutivi e ai
mutamenti relativi al comportamento del consumatore. Volevo riuscire a capire come
una politica del genere potesse essere realizzata, a quali costi e con quali benefici.
Obiettivo del mio studio è quello di fornire un quadro interpretativo delle nuove
tendenze della moda, partendo da Zara, l’azienda che ha saputo “stravolgere” le regole
del gioco sfruttando un ciclo integrato tra produzione e distribuzione e dando vita a
quelle che sono state definite “collezioni vive”.
• Nel terzo capitolo si rivolge lo sguardo ad una nuova tendenza: l’ingresso delle
emozioni nel consumo. Prima l’acquisto era legato al beneficio che portava il
prodotto in sé, ora è fondamentale l’ingresso delle emozioni per avere un cliente
soddisfatto.
• Nel quinto capitolo si affronta la nuova tendenza della moda: la fast fashion. Non
solo trattando l’azienda che ha anticipando questa tendenza, quindi Zara, ma
tenendo conto anche della sua presenza in Italia.
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• Nel sesto, ed ultimo capitolo, si affronta la case history di Zara. Cercando di
unire tutte le informazioni raccolte precedentemente in un unico caso. Sono
stati approfonditi aspetti peculiari del modello Zara, quali la logistica, la
gestione dell’informazione, il processo distributivo, che hanno contribuito,
direi in maniera determinante al successo dell’azienda stessa.
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Capitolo 1
Il consumatore moderno
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La nostra società è molto complessa, piena di continui mutamenti che vanno a
condizionare sensibilmente il mercato e i consumatori stessi.
Oggi siamo nella nuova fase del postmodernismo, dove entrano in gioco nuovi fattori
che influenzano le scelte d’acquisto e il consumo, più incentrato nel vivere ogni
esperienza nella sua totalità.
Le aziende devono investire in ricerca per rispondere adeguatamente ai cambiamenti
del mercato e per non essere eliminate dalla concorrenza internazionale, sempre più
forte. Prima di affrontare il modo in cui queste novità investano il settore della moda,
vogliamo presentare un piano generale della situazione attuale del consumo, del
consumatore e di tutte le dinamiche connesse. Capire il consumatore e il suo modo di
agire significa per un’azienda presentare al mercato il giusto prodotto, soprattutto
presentarlo nella maniera più opportuna, prendendo in considerazione l’esigenza del
nuovo consumatore di vivere un’esperienza positiva nel momento dell’acquisto e del
consumo.
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1.1 SITUAZIONE ATTUALE E RICHIAMI DEL PASSATO
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Pensare che il consumo sia direttamente legato al reddito è qualcosa di ormai
superato, l’utente sa che può pretendere dal mercato, e vuole avere un’offerta
personalizzata che lo renda unico dagli altri, in quanto per lo più l’acquisto è legato
all’emotività e per questo deve essere accattivante e “catturare” il cliente.
In questa società i bisogni ormai saturi lasciano spazio ai desideri, i luoghi di
consumo diventano ibridi, non c’è più una netta separazione tra centri commerciali e
parchi divertimenti, né tra fruttivendolo e panificio.
L’avvento della nuova epoca, quella postmoderna, non deve intendersi come un
momento conclusivo della modernità, ma come inizio di un nuovo ciclo della storia,
sebbene il moderno continui ad influenzare alcuni dei nostri comportamenti.
La rivoluzione della tecnologia dell’informazione ha costituito un evento
eccezionale: ha drasticamente mutato il corso della storia, ha portando a compimento
la fase della modernità e ha innestando un nuovo ciclo.
Sul fronte del consumo si affaccia una nuova fase caratterizzata da alcuni aspetti
quali l’abbandono del binomio reddito-prezzo, il crescere della presunta irrazionalità
nelle scelte, la discrezionalità e l’autonomia del consumatore in constante
espansione, il disincanto e, insieme, un nuovo incanto per il mondo delle merci,
l’irrompere delle emozioni e dell’aspetto ludico, la fluidità e la leggerezza.
Nonostante l’era della modernità sia stata etichettata come la società dei consumi,
essa concedeva un’area marginale al consumo esasperato. Questa definizione è stata
usata più che altro per sottolineare l’aumento nel mondo delle merci.
Nella postmodernità, in cui ci troviamo da qualche tempo, il consumo assume
un’inedita centralità, caratterizzata da eterogenee tipologie, quindi risulta difficile
individuare un filo conduttore tra i diversi consumi.
Parlare di bisogno e di utilità oggi è un concetto superato. Questi aspetti lasciano
spazio al desiderio.
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Si può acquistare un bene all’interno del variegato sistema di codici con cui si
comunica la propria identità, per affermare il proprio status ma anche per esprimere i
propri stati d’animo, il proprio sistema di valori o i personali stili di vita, per
segnalare l’appartenenza a un gruppo o, al contrario, unicità e distintività.
La componente ludica e giocosa (che sta prendendo sempre più importanza nella
contemporaneità) si riflette nelle scelte di consumo, così come viene apprezzata
sempre più l’ironia. Oggi si va verso la ricerca del piacere, che non è la mera
soddisfazione di un bisogno. Ora il consumatore è più selettivo, più informato, più
attento alla qualità ed è molto importante non deluderlo.
Nella modernità il consumatore era sinonimo di materialismo, isolamento e
solitudine, nella postmodernità tutto questo cambia, si consumano simboli, si parla
coi prodotti, si investe in nuove forme di socialità.
Nella società postmoderna complessità e turbolenza sono due aspetti fondamentali e
normali, che devono essere gestiti nella maniera più giusta, mentre nella modernità
questi fattori venivano considerati elementi di disturbo.
Il nuovo consumatore è un individuo flessibile, che fa delle scelte non uniformi, in
quanto ha al suo interno diverse identità, si destreggia nel mercato tra le varie
alternative per conseguire i suoi scopi. Grazie alla grandissima quantità di merci può
decidere di orientarsi progressivamente verso prodotti differenti della stessa
tipologia, non è quindi obbligato a mantenere un comportamento lineare. Anche se la
grande marca rimane il benchmark della qualità, il consumatore è consapevole di
poter trovare altrove delle soluzioni valide, considerando anche la forte sensibilità al
prezzo, inteso come spendere in maniera intelligente.
Il postmodernismo è caratterizzato da una razionalità diversa che richiama aspetti
ritenuti irrazionali, come il frivolo, l’emozione, l’apparenza, il piacere dei sensi,
l’intrusione del futile1.
1
G. Fabris; Il nuovo consumatore: verso il postmoderno. FrancoAngeli
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1.1.3 Fine dello status symbol
Certezze accumulate nel tempo hanno ormai perso di veridicità a causa del
cambiamento sociale e delle trasformazioni epocali che si sono verificate nell’offerta
e nella distribuzione dei beni. Ad esempio la presenza dello status symbol nella
mente dei consumatori, intesa come forma di uso non direttamente collegabile
all’utilità, con il tempo è venuta a mancare, o comunque rimane circoscritta a
segmenti socioculturali arretrati o ristrette categorie merceologiche, come la Ferrari2.
In passato trovavamo beni e servizi destinati a diversi strati sociali. I modelli di
consumo dei ceti più elevati diventavano oggetto di desiderio per la classe
sottostante. Quindi si pensava che si creasse un meccanismo di emulazione da parte
delle classi sottostanti, che “scippavano” la classe agiata della sua esclusività, e
segnando quindi l’abbandono di una categoria merceologica, perché non più
classificante la classe stessa (trickling down).
Per spiegare questo fenomeno ci sembra chiarificante un piccolo grafico:
“classe agiata”
“ classe inferiore”
Grafico 1. Effetto trickling down: la discesa dei beni lungo la piramide sociale e lo strato superiore
che si pone come modello di riferimento
2
Giorgio Armani dice della Ferrari: “non importa che sia una macchina costosa destinata ad
acquirenti molto ricchi. Il bolide con il cavallino rampante è prima di tutto un simbolo da amare,
seguire, coccolare… il fascino di uno stile”
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L’evoluzione del consumo vede una prima fase in cui è socialmente qualificante il
possesso del prodotto, si arriva poi a una stadio in cui diventa determinante
l’impossessarsi di una certa variante o di un modello più selettivo, e si passa infine al
momento della prosperità della marca.
Il consumatore postmoderno non va alla continua ricerca della promozione sociale,
non ispira i propri modelli a strati sociali che considera come punti di riferimento.
Gli stili di vita non si dispongono gerarchicamente, ma coesistono l’uno accanto
all’altro con pari dignità: l’ambizione è vivere meglio, contornarsi cioè di prodotti
che possano migliorare la qualità della vita e non che qualifichino in termini di
status.
Se la definizione di stile di vita è “ modo di vivere dell’individuo che si esprime nelle
attività d’acquisto e consumo e nell’importanza che egli attribuisce a determinati
aspetti della propria esistenza”3, allora gli stili di vita si differenziano se l’individuo
spende di più per l’abbigliamento, per l’intrattenimento o altro.
C’è uno stretto legame tra l’individuo, i prodotti che acquista e il contesto sociale in
cui si colloca: al variare di questi elementi le scelte d’acquisto cambiano, talvolta in
modo radicale.
L’individuo forma, acquisisce e immagazzina progressivamente la conoscenza del
prodotto e della propria stessa personalità, al fine di impiegarla nelle sue scelte
d’acquisto. Gli individui raccolgono, elaborano e conservano le informazioni per un
successivo utilizzo.
Al prestigio subentra l’indagine di riconoscimenti sociali per la propria capacità di
scegliere dovuta a qualità personali, al buon gusto, ad una profonda conoscenza del
settore. La ricerca di autenticità, di coerenza con la/e propria/e identità sta ormai
divenendo un vero e proprio valore nella società postmoderna.
Ai vecchi simboli di status si sono sostituiti beni e prodotti che qualificano non in
termini di ricchezza o prestigio, ma di attualità culturale, e si riscontra anche un
interesse per i prodotti di eccellenza, disgiunti ormai da una connotazione di prestigio
sociale.
3
D. Dalli, S. Romani; Il comportamento del consumatore, Franco Angeli 2003
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1.1.4 Consumatore libero
Un nuovo atteggiamento di consumo è quello dello spendere bene, il good value for
money, in quanto consente non solo di valorizzare il proprio denaro, ma qualifica
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socialmente ed migliora l’autostima del soggetto. Non significa autoimporsi dei
limiti di spesa, piuttosto spendere anche molto, ma con intelligenza.
Oggigiorno si assiste ad una miniaturizzazione dei prodotti: essi sono cioè sempre
più leggeri e piccoli. Inoltre si va sempre più verso un’economia dei servizi, non si
scambiano più prodotti ma immagini, segni e messaggi. Quindi il valore d’uso tende
ad essere progressivamente oscurato dal valore simbolico/segnico del bene. Noi
acquistiamo gli oggetti non soltanto per i loro contenuti performativi ma per la loro
capacità di veicolare messaggi. Lentamente si perde la funzione di utilità soprattutto
per alcune categorie merceologiche.
Un prodotto diventa simbolo attraverso la pubblicità, in quanto è capace di
trasformarlo in significati.
In un mercato come il nostro, ormai saturo, i bisogni sono stati per la maggior parte
soddisfatti, quindi diventano protagonisti i desideri, che sono meno prevedibili e
facilmente prevedibili.
Gli economisti hanno sempre parlato in termini di razionalità nell’acquisto, ma
vediamo che la maggior parte delle azioni del consumatore sono guidate dalle
emozioni. Queste rappresentano un’alterazione della nostra affettività che si
presentano improvvisamente come reazione ad uno stimolo esterno: la pubblicità, la
vetrina, il packaging, il prodotto. Quasi ogni acquisto d’impulso è guidato dalle
emozioni, che possono essere di natura molto differente, dalla gioia all’angoscia. Le
marche hanno capito l’importanza delle emozioni e stanno puntando molto su esse, e
stanno cercando di far nascere veri e propri sentimenti, che a differenza delle
emozioni hanno una persistenza temporale maggiore. Le marche debbono essere in
grado di suscitare esperienze altamente emotive, riuscendo a dialogare con le
emozioni del consumatore con l’incisività ed l’immediatezza con cui,
tradizionalmente, hanno saputo comunicare con altri livelli della vita affettiva e
mentale. Ma questo argomento così complesso e affascinante verrà trattato in
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maniera più esaustiva nel terzo capitolo quando affronteremo il mondo del marketing
esperienziale, del lovemark, della shopping experience.
I dati indicano che c’è una crescente insoddisfazione del consumatore riguardo beni e
servizi, dato che le imprese hanno insufficiente attenzione verso il cliente, non
riescono a creare una relazione tra le due parti. È una straordinaria opportunità che si
rischia di perdere, in quanto la soddisfazione del consumatore rappresenta una nuova
frontiera di grande complessità per l’impresa, assolutamente cruciale ai fini della sua
redditività.
Inizialmente furono le grandi imprese a capire la potenzialità di questo aspetto, ma
entro breve tempo si è estesa anche alle piccole imprese. Soddisfare il cliente
significa avere una persona fedele, quindi un consumatore che spende di più, più
incline ad acquistare i prodotti dell’azienda; senza considerare che egli è meno
sensibile al prezzo e si fa parte attiva di un passaparola positivo. La soddisfazione
non è legata alla qualità oggettiva, ma da come viene soggettivamente percepito il
prodotto, secondo le aspettative che si creano intorno ad esso.
Nel passato era sufficiente fabbricare buoni prodotti, quindi furono inseriti
nell’offerta servizi di vario genere. Oggi neanche questi sono più sufficienti e si
affaccia l’esigenza e l’aspettativa da parte del consumatore di vivere un’esperienza
globale, che coinvolga i sensi, il cuore, la mente di cui il prodotto acquistato
rappresenta solo un tassello.
Le tecnologie attuali permetterebbero all’azienda di creare una relazione
interpersonale, mentre le aziende sono ancora avare nell’uso Internet. Questo media
consente un’organizzazione orizzontale delle informazioni: la fidelity card e lo
scanner permettono di organizzare e raccogliere una quantità esponenziale di dati sul
consumatore e i suoi modelli di consumo.
Forse il compito più importante per chi produce e chi vende è di mantenere in
sintonia prodotti e servizi con l’evoluzione dei gusti, con le richieste e le esigenze del
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consumatore. Queste infatti sono in continua evoluzione e quindi il consumatore
deve essere monitorato e seguito con molta attenzione, per mantenere attuale la
marca e il prodotto, mediante un lavoro continuo. Bisogna quindi saper leggere il
mercato e saperlo interpretare: infatti capire che sta emergendo un nuovo trend
sociale e non solo una moda significa anticipare un grande cambiamento.
Solitamente si pensa alla vita delle marche come la vita di un essere umano, destinate
cioè alla scomparsa. Ci sono marche però che mantengono nonostante gli anni la loro
leadership. Questo avviene perché hanno mantenuto inalterato il dialogo, la sintonia
con il consumatore che cambia, e sono state capaci di mutare con esso senza
comunque perdere la propria fisionomia. Innovarsi non significa farlo solo dal punto
di vista tecnologico, dato che un’area molto importante di intervento è rappresentata
dalla comunicazione. Mutando i significanti, i significati della marca devono restare
sostanzialmente invariati, pena la perdita della propria identità. Nella marca si va ad
intervenire sugli elementi periferici mantenendo inalterati quelli basici.
Grazie alle nuove tecnologie si abbattono i confini temporali e fisici, quindi il
consumatore è libero di acquistare dove e quando vuole senza doversi spostare da
casa, riuscendo anche a trovare il miglior prezzo nel mercato, e potendo attuare il
confronto dei prezzi e la qualità in maniera più semplice.
Prima il rapporto cliente-impresa era di tipo paternalistico, anche perché i mezzi di
comunicazione erano lenti e costosi. Oggi possiamo ribaltare la situazione, grazie
all’interattività. L’e-consumatore4 è esigente, selettivo, sensibile al prezzo, curioso,
scaltro, pragmatico e proattivo, cioè in una parola postmoderno. Pensare che in una
società globalizzata, come quella in cui viviamo, prodotti di successo in un Paese
possano andar bene in un altro , è un grande errore che alcune imprese hanno fatto.
È necessario infatti un adattamento del prodotto, perché i gusti e le preferenze
derivano dall’evoluzione socio-culturale, dalla storia che il paese stesso ha alle
spalle. Oggi si deve pensare più a merci e marche che si coniugano e si adattano alle
esigenze delle culture dei singoli paesi. La marca va tradotta non solo dal punto di
vista linguistico ed iconico, ma anche nei suoi significati simbolici e valoriali,
cercando di mantenere comunque una propria identità e fisionomia.
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G. Fabris; Il nuovo consumatore: verso il postmoderno. FrancoAngeli
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1.1.7 Tendenze della postmodernità
Diciamo che nella nuova era ci spingiamo verso due tendenze molto differenti tra
loro:
1. Individualismo: è centrato egoisticamente sul proprio interesse e benessere
personale, sul culto della personalità, dove il proprio benessere è
contrapposto all’interesse collettivo.
2. Individualità: si esprime con il rifiuto del conformismo e dei condizionamenti
sociali, preteso alla propria crescita personale e all’autorealizzazione.
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