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CAP 1: INTRODUZIONE ALLA GESTIONE ETICA D’IMPRESA

1. L'evoluzione dell'impresa nel XX secolo

L'impresa è un'organizzazione sociale finalizzata alla produzione economica di beni e servizi e, è un sistema
aperto cioè un sistema che dipende in misura elevata dall'ambiente esterno con il quale attua interscambi
continui.
[Il concetto di sistema è definito come un'entità concreta costituita da un insieme di parti in interazione
dinamica, organizzata in vista del raggiungimento di un complesso di fini]
Diventa indispensabile per ogni azienda ricercare assetti ed equilibri sempre nuovi; ogni impresa si trova
costretta ad attivare in maniera continuativa meccanismi di aggiornamento della propria realtà organizzativa.
In parallelo nasce anche la questione del ruolo che l'impresa ha, o intende avere, nella società. L'impresa,
infatti, può decidere di assumere un ruolo esclusivamente economico, limitandosi cioè alla sola produzione
di ricchezza nel rispetto delle regole proprie di mercati aperti, corretti e concorrenziali, oppure può scegliere
di svolgere un ruolo più esteso tale da fornire un contributo al progresso umano, civile e sociale del contesto
in cui opera. Di conseguenza è necessario chiedersi di che cosa l'impresa è responsabile e nei confronti di
chi? È responsabile di massimizzare i profitti e di generare valore solo per gli azionisti oppure è responsabile
di creare valore per tutti gli stakeholder? Sappiamo che l'impresa è chiamata a svolgere nella società un
compito essenzialmente di natura economica in contesti di competizione di mercato e che, assolve un preciso
mandato sociale. Ma se l'impresa assolve il suo ruolo economico avrà assolto anche il ruolo sociale che le
compete?
In passato, i comportamenti delle imprese in ambito sociale avevano connotati del tutto diversi; assumevano
principalmente la funzione di supplire o anticipare interventi pubblici carenti o tardivi ed erano percepiti
quasi unicamente dai loro destinatari diretti.
Oggi la relazione tra impresa e società è più evidente: se all'inizio la dimensione più importante era quella
finanziaria, nel tempo assunto rilievo quella competitiva, della quale attualmente la dimensione etico-sociale
è diventata parte fondamentale. L'obiettivo è quello di realizzare una strategia sensibile alle stanze sociali ma
attenta agli aspetti economici. Emergono così le nozioni di: cultura d'impresa, impresa cittadina,
responsabilità sociale d’impresa.
La cultura d’impresa è un insieme di valori, credenze, simboli e pratiche che definiscono il modo in cui
l'impresa realizza le sue attività. Costituisce un meccanismo di controllo che permette di guidare e formare
gli atteggiamenti e i comportamenti dei dipendenti.
L’impresa cittadina costituisce un elemento vivo dell'ambiente sociale. L'idea centrale è che l'attività
dell'impresa si svolge in una comunità che coinvolge l'ambiente che la circonda.
La responsabilità sociale dell’impresa ha diverse interpretazioni.
• La prima visione proposta e quella che si uniforma all'idea di Friedman secondo il quale la responsabilità
sociale dell'impresa si limita alla realizzazione del profitto più elevato possibile per i suoi azionisti nel
rispetto dei limiti posti dalla legge.

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• La seconda definisce la responsabilità sociale dell'impresa come il prestare attenzione all'insieme delle
parti interessate al governo delle sue attività.
Non avendo un'unica interpretazione si può però dire che la responsabilità sociale delle imprese significa che
se decidono di proprio iniziativa di perseguire obiettivi etico-sociali. Da diversi autori l'azienda è
riconosciuta come un'istituzione sociale che, attraverso lo svolgimento della propria attività economica,
determina conseguenze positive e negative sul suo ambiente di riferimento. Le finalità dell'impresa sono
passate dalla massimizzazione del profitto alla creazione di valore in senso ampio. Tutto questo ha prodotto
un progressivo allargamento degli interlocutori considerati, passando cioè da una visione che teneva conto
solo degli interessi dei portatori del capitale di rischio, la categoria degli stakeholder interni rilevante per
l'azienda, ad una visione che inserisce tra gli stakeholder interni anche i dipendenti, in quanto attori del
processo di creazione della ricchezza. Mentre tra gli stakeholder esterni si inseriscono anche il mercato la
società e tutti i gruppi di interesse.
[Stakeholder interni: proprietà, management e i dipendenti. Stakeholder esterni: possono essere di natura
competitiva come i fornitori, gli acquirenti e i concorrenti attuali e potenziali, o di natura non competitiva
come i sacchetti dell’ambiente macroeconomico, sociale e politico.]
Il ruolo dell'impresa si è quindi dilatato, per cui quando si parla di responsabilità sociale dell’impresa
Sciarelli fa riferimento non solo agli obblighi verso i diretti partecipanti al sistema aziendale ma anche ai
doveri verso la comunità con focus verso i problemi di salvaguardia dell’ambiente e promozione di una
migliore qualità di vita.
L'impresa quindi si trasforma da protagonista economico in protagonista sociale.

2. Le motivazioni alla base della Corporate Social Responsability (CSR)

Analizziamo i motivi della nascita della Corporate Social Responsability. I mutamenti della società e
dell'ambiente influenzano il modo di fare impresa, così come la trasformazione dei bisogni e delle preferenze
dei consumatori incide sulle decisioni relative alla produzione di beni e servizi. Al consumatore passivo si
sostituisce un soggetto capace di consumare in modo critico. Ciò significa che con le sue decisioni di
acquisto e con i suoi comportamenti contribuisce a costruire l'offerta di quei beni e servizi. Un'indagine
dell'Unione Europea ha segnalato come i consumatori europei fossero propensi a favorire lo sviluppo di
imprese impegnate nel sociale. Il consumatore italiano è propenso a pagare un prezzo più elevato per i beni
che acquista in cambio di garanzie relative all'attenzione alla responsabilità sociale (esempio la SA8000).

2.1. La società post-industriale

Il passaggio ad una società post-industriale ha avuto un ruolo fondamentale nel portare alla ribalta questioni
relative alla responsabilità sociale. Questa transizione deriva da:
• Superamento del Fordismo [il fordismo segna il superamento della produzione artigianale, quando negli
Stati Uniti cominciano a diffondersi nuove tecniche di meccanizzazione e nuovi principi di organizzazione

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del lavoro enunciati dall'ingegnere Taylor. A Ford spetta il merito di aver pensato il processo
manifatturiero come un congegno meccanico. Le macchine sono disposte in linea, i beni vengono prodotti
in grande quantità, il livello di specializzazione è elevato e i ritmi di produzione sono costanti.]
• L'aumento della produzione di beni immateriali e di servizi
• Le nuove forme di impresa connesse al lavoro intellettuale ed all'economia della conoscenza
Con il termine “post-industriale” si intende una società che non è più caratterizzata per la produzione
manifatturiera in grande serie di beni materiali, ma per la produzione intellettuale in grande serie di beni
immateriali, informazioni, valori, simboli, estetica. È un tipo di società in cui, ai valori di standardizzazione,
specializzazione e sincronizzazione subentrano:
1. L'intellettualizzazione: se nel passato le attività venivano svolte manualmente oggi c'è una prevalenza
di attività intellettuale.
2. L'etica: la società post industriale produce più trasparenza e meno burocrazia. Si è approfondita l'idea da
un lato di incoraggiare i soggetti ad agire eticamente e dall'altro incorporare l'etica nelle strategie
salvaguardando gli equilibri aziendali.
3. La qualità della vita: si è passati da una situazione in cui l'impresa gestiva la produzione tramite il
controllo ad una situazione in cui l'impresa non può che gestire tramite la motivazione in parallelo con
l'evoluzione da un approccio product oriented ad un approccio market oriented
I sistemi sociali che affrontano la transizione dalla società industriale a quella post industriale sono
caratterizzati da:
I. Complessità, dovuta alla numerosità e alla varietà delle componenti socio-sistemiche così come alla
relativa imprevedibilità delle relazioni tra attori e componenti;
II. Flessibilità, intesa come capacità progressivamente assunta dal sistema o dai singoli di sapersi adattare a
situazioni mutevoli.
Il passaggio ad una società di tipo post industriale ha avuto come conseguenza un progresso dei bisogni di
tale società per effetto di un aumento del benessere.
[A mutare il ruolo sociale dell'impresa secondo Sciarelli, sono stati una serie di motivi concomitanti tra cui:
° il compimento del processo di ricostruzione e di sviluppo economico con l'affermarsi di esigenze
ambientali. ° la maturazione di una cultura più attenta ai problemi della società. ° il crescere della
complessità dell'ambiente economico sociale per effetto della globalizzazione dei mercati, e del ridursi del
potere locale. ° la maturazione di un atteggiamento di ricerca di valori superiori e sovrannaturali dopo i
guasti del consumismo e dell'eccessiva economia del benessere]
In questo contesto di rinascita economica viene riconosciuto il ruolo sociale dell'impresa: solo una società
che ha soddisfatto i bisogni materiali primari può porsi il problema della ricerca di una migliore qualità di
vita e soddisfare i bisogni immateriali. Bisogna però distinguere tra i paesi più avanzati e i paesi
sottosviluppati. Nei paesi più avanzati le maggiori responsabilità sociali attribuiti all'impresa sono derivate
dal superamento della soglia dello sviluppo economico e sociale, e dall'attenzione rivolta agli aspetti sociali.
Mentre in passato le esigenze di una rapida crescita hanno condotto ad attribuire meno rilevanza alle
conseguenze negative di questa crescita, oggi la collettività pone maggiore attenzione verso i problemi quali

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l'inquinamento atmosferico e la minaccia ai diritti di informazione e la realizzazione di prodotti pericolosi.
Nei paesi in via di sviluppo invece, le problematiche etico sociali non sono affatto poste alle aziende, le quali
restano estranee a comportamenti socialmente responsabili e continuano ad operare perseguendo obiettivi
che trascurano totalmente la dimensione etica dell'agire d’impresa.

2.1.1. L'impresa sostenibile e la qualità sociale

Il passaggio ad una società post industriale ha portato anche un mutamento della percezione del rapporto tra
impresa e ambiente. Fino alla fine degli anni ’60, tra queste due realtà non emergeva un processo di conflitto
ma una convivenza e reciproca noncuranza.
Fu dagli anni ’70 che si cominciarono a percepire gli inconvenienti che l'umanità avrebbe affrontato nel caso
di una crescita incontrollata. Nel 1972 un rapporto de “Il Club di Roma” [il Club di Roma è un'associazione
non governativa di scienziati, economisti, uomini di affari, attivisti dei diritti civili, alti dirigenti pubblici
internazionali e capi di Stato di tutti i cinque continenti. La sua missione è agire come catalizzatore dei
cambiamenti globali individuando i principali problemi che l'umanità si troverà ad affrontare nei diversi
scenari possibili.] lanciò l'allarme sulle pericolose conseguenze ambientali del processo di crescita. Il
rapporto rilevava che la crescita dei beni materiali non teneva conto di due problemi: l'esaurimento delle
risorse e il degrado ambientale. Dopo alcuni anni, le preoccupazioni si sono trasformate in una riflessione più
globale sulle condizioni che lo sviluppo economico deve rispettare perché le generazioni future non si
trovano penalizzate dalle scelte di oggi. Tale riflessione poggia sul nuovo concetto di sviluppo sostenibile,
illustrato dalla Commissione Bruntland nel 1987: “per sviluppo sostenibile si intende uno sviluppo in grado
di soddisfare i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere la capacità di quelle future di soddisfare
i propri”.
Altra tap a fondamentale è la Conferenza di Rio del 1992. In occasione del vertice della terra di Rio, i paesi
sviluppati si impegnarono ad aumentare il numero di aiuti pubblici destinati ai paesi in via di sviluppo per la
salvaguardia dell’ambiente. Nel corso degli ultimi anni il rapporto tra il sistema ambientale ed il sistema
delle imprese è divenuto sempre più problematico e complesso. A causa del maturare dei problemi legati
all'esaurirsi delle componenti naturali si è delineato un rapporto conflittuale. Inizialmente le imprese hanno
incontrato ostacoli nell'aumentare strategie aziendali che tenessero conto del rispetto di nuovi vincoli e nuove
regole a causa della scarsa dimestichezza ad operare secondo criteri eco-compatibili. Attualmente ci si trova
nella fase della convivenza sinergica tra il sistema delle imprese e il sistema ambientale. In tale fase si creano
nuove opportunità economiche per le attività già in essere e la creazione di nuove opportunità di business. Le
aziende scoprono l'ambiente come valore economico e sociale. Inoltre in questa fase vi è l'affermazione di
valori di etica ambientale nella cultura aziendale parallelamente con il riconoscimento di un valore di
mercato per i prodotti e le attività eco-compatibili. Vi è una piena acquisizione di una propria etica
ambientale.

2.2 La globalizzazione

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La globalizzazione è un fenomeno che negli ultimi decenni ha prodotto conseguenze importanti in tutti gli
ambiti della società, rivoluzionando il modo di agire delle imprese. Essa si sostanzi a nella formazione di un
unico mercato globale nel quale circolano in modo più o meno libero beni servizi persone e capitali. Per il
mondo economico ciò rappresenta un'occasione per ottenere una distribuzione ottimale delle risorse. È
derivato quindi un cambiamento nel paradigma organizzativo e produttivo delle aziende. La conseguenza più
evidente della globalizzazione è stata la delocalizzazione degli stabilimenti produttivi nei paesi dove il costo
della manodopera risulta più ridotto. Questo fenomeno È stato molto discusso per le conseguenze che esso
produce nel mercato del lavoro sia nelle economie dei paesi sviluppati sia in quelli emergenti. Al
trasferimento dei processi produttivi sono riconducibili scandali che hanno coinvolto imprese multinazionali,
che hanno assunto comportamenti eticamente inaccettabili.
In questo è stato essenziale il ruolo dei cittadini nella loro duplice veste di consumatori ed elettori e dunque
di soggetti in grado di influenzare le scelte delle imprese, per mezzo delle proprie scelte di acquisto e
consumo e tramite i propri rappresentanti politici.
I fattori che hanno originato la globalizzazione possono essere distinti in due categorie: fattori politici e
fattori tecnologici. _ sul fronte dei driver di tipo politico è bene chiarire che il fenomeno della
globalizzazione ha avuto inizio come conseguenza di scelte politiche riconducibili alle iniziative di
liberalizzazione attuate da molti Stati dopo la fine della seconda guerra mondiale. Alla fine della seconda
guerra mondiale, a Bretton Woods politici di più di 20 paesi presero decisioni inerenti l'assetto economico
postbellico. Era condivisa la convinzione che un commercio libero e aperto potesse contribuire al benessere
mondiale e ridurre la probabilità di nuovi conflitti armati.
Questo processo di liberalizzazione del commercio e degli investimenti internazionali fu accompagnato da
politiche di privatizzazione e liberalizzazione in molti Stati industrializzati del mondo occidentale. Con il
collasso dei paesi del blocco sovietico, si verificò un ulteriore ridimensionamento delle barriere commerciali
che ha permesso di intensificare gli scambi e gli investimenti internazionali. _ anche i progressi in ambito
tecnologico hanno contribuito all'affermazione del fenomeno della globalizzazione. Gli sviluppi nel settore
delle telecomunicazioni e in quello dell'information technology hanno portato alla riduzione dei costi delle
comunicazioni, grazie allo sviluppo della rete Internet. La disponibilità di sistemi di trasporto di massa
efficienti a prodotto un aumento senza precedenti della mobilità di individui, merci e capitali.

2.2.1. Gli effetti della globalizzazione

Gli effetti prodotti dalla globalizzazione possono essere analizzati operando una distinzione sulla base dei
soggetti considerati: le imprese, i consumatori e i decisori pubblici.
La possibilità offerta dalla tecnologia di ottenere informazioni relative a forniture, qualità e prezzi e di
coordinare i vari processi della catena del valore all'interno e all'esterno dei confini di impresa ha permesso
la nascita delle grandi multinazionali che sono diventate attori economici e sociali influenti. Il loro potere

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dipende anche dalla loro mobilità che fa sì che esse possono acquisire le risorse necessarie alla produzione
laddove questi siano disponibili a condizioni più convenienti.
I rapporti tra impresa e mercato sono anch'essi cambiati. Mentre nello schema tradizionale l'impresa
raggiunge il consumatore attraverso una rete di intermediari, oggi essa può offrire il proprio prodotto
direttamente tramite Internet e gli ordini possono essere soddisfatti mediante spedizione individuali.
L'impresa alla possibilità di effettuare indagini presso la clientela e di conoscere il proprio mercato. La nuova
posizione ricoperta dalle imprese implica che queste, soprattutto se operano a livello globale, diventino
anche attori politici su vasta scala. Un interrogativo riguarda la reale convenienza di questa unificazione dei
mercati. La risposta sarebbe positiva se il grande mercato mondiale funzionasse il regime di concorrenza
autentica. Però la possibilità di utilizzare processi di delocalizzazione produttiva e mirata alla riduzione dei
costi, senza che ciò comporti reali benefici per i sistemi socio economici locali. Il decentramento produttivo
non ha creato condizioni per lo sviluppo locale né una ricaduta positiva sui redditi dei lavoratori; spesso
invece esso ha provocato situazioni di sottoccupazione. I grandi gruppi industriali, originari dei paesi
industrializzati, che dislocano nei paesi in via di sviluppo, vengono accusati di sfruttamento nei confronti di
questi ultimi. Il loro unico obiettivo sarebbe quello di ottenere il massimo profitto. Queste imprese
ostacolerebbero il processo di crescita dei paesi in cui installano le proprie filiali in diversi modi. Queste
società sono anche accusate di partecipare più o meno direttamente allo sfruttamento di manodopera
minorile, poco costosa e non tutelata, soprattutto in paesi asiatici. La globalizzazione dell'economia mondiale
viene anche utilizzata come argomento per invocare la flessibilità dei salari, in quanto una più ampia
liberalizzazione del mercato del lavoro viene ritenuta necessaria per consentire all’industria europea e
occidentale di affrontare la concorrenza nei mercati mondiali e tenere testa ai nuovi competitors dei paesi
asiatici. Così i paesi di nuova industrializzazione risultano attraenti non solo per il basso costo del lavoro ma
anche per la tolleranza in materia di norme di sicurezza e per l'assenza di norme a tutela dell'ambiente. I
paesi avanzati dovrebbero ottenere da paesi di nuova industrializzazione il rispetto delle medesime norme a
tutela del lavoratore e di rispetto dell’ambiente.
È stato anche osservato come attraverso l'aumento degli scambi e la mobilità del capitale, la globalizzazione
ha messo in contatto sistemi diversi sul piano dello sviluppo economico e dell'organizzazione sociale.
Secondo alcune teorie, la crescita di scambi commerciali e di libera circolazione dei capitali possono
contribuire a ridurre le disuguaglianze; per altre teorie questi fattori sono spesso all'origine di una crescita
delle disparità. L'apertura dei mercati inoltre spinge le imprese dei paesi industrializzati a rinnovarsi ed
essere più competitive.
Ai consumatori la globalizzazione offre la possibilità di scegliere tra una vasta gamma di prodotti, la quale
può essere esplorata senza impegno ed in modo approfondito, permettendo di prendere una decisione dopo
aver messo a confronto un'ampia varietà di offerte. La globalizzazione ha anche cambiato l'immagine del
consumatore, che oggi non è più un semplice utente ma un cliente esigente e informato. Il cliente-
consumatore sta diventando sempre più consapevole e sa di non essere più un fruitore passivo.
La globalizzazione influisce anche sull'azione dei governi. A causa dei cambiamenti che si sono sviluppati a
livello di individui, gruppi sociali e le imprese e ai crescenti scambi internazionali, i policy maker si

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troveranno a gestire nuove problematiche e a dover definire nuove regole. Le imprese sono esposte alla
concorrenza globale e domandano regole più leggere per svolgere le loro attività. Infine la globalizzazione
moltiplica su scala mondiale la visibilità e la denuncia di pratiche imprenditoriali in accettabili.
Una delle conseguenze più vistose della globalizzazione è il fenomeno della destrutturazione dell'attività
produttiva e della delocalizzazione delle imprese. Va così diminuendo la corrispondenza tra territorio e
impresa. In passato l'imprenditore che si fosse comportato male si trovava a dover rispondere direttamente
alla propria gente. Oggi può accadere che produrre profitto non equivalga a produrre benessere diffuso.
Dunque la logica di legittimazione dell'impresa, ipso facto, fonte di benefici sociali, cessa di essere credibile.
Da qui la richiesta che le imprese comunicano all'esterno il loro impegno nella gestione della responsabilità
sociale. In altre parole un'impresa che si impegna nel sociale e lo rende noto in modo trasparente ne trae un
differenziale competitivo.

2.3. La new economy

La new economy ha avuto un impatto importante sui rapporti economici, sulla vita dei consumatori e delle
imprese. Segna il passaggio dalla produzione di beni materiali alla produzione di idee. Dalla tecnologia del
calcolo si è passati alla tecnologia delle comunicazioni. Attorno al computer si è creata una rete di milioni di
utenti. Ma la new economy segna veramente l'avvento di una terza rivoluzione industriale?
ROBERT J. GORDON tenta un confronto con la seconda rivoluzione industriale del 1860-1900, utilizzando
la ricerca degli storici economici. Egli illustra come le invenzioni e la loro diffusione, aumentando il reddito
pro capite e il benessere, abbiano contribuito nella trasformazione degli standard di vita degli americani alla
fine dell’ottocento. In confronto l'accesso a Internet andrebbe considerato come un'invenzione di secondo
livello. Secondo Gordon, Internet non potrebbe neanche essere paragonato all'impatto emotivo del primo
contatto elettronico avvenuto all'inizio degli anni 20 e con la televisione alla fine degli anni 40.
Prospettiva diversa hanno Chandler e James Cortada. CHANDLER sostiene che l'età dell'informazione
quella che stiamo cioè vivendo attualmente, scaturirebbe proprio dalle infrastrutture tecnologiche sviluppate
nell'età dell'industria, all'inizio di questo secolo. Emerge così una tesi: la continuità tra la più recente
evoluzione dell'Information Technology e alcune istituzioni fondate nel XVIII secolo, come il servizio
postale, telegrafo e radio. Esse rappresentano l'infrastruttura che ha consentito al mondo occidentale di
raggiungere i livelli di eccezionale sviluppo degli ultimi decenni.

3. Cenni storici sulla Corporate Social Responsability (CSR)

Il concetto di Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI) o Corporate Social Responsability (CSR), nasce negli
Stati Uniti intorno agli anni 20, quando l'opinione pubblica americana iniziò ad esercitare forti pressioni nei
confronti del mondo industriale per denunciare le condizioni abitative, di salute e sicurezza dei propri
lavoratori. Lo scopo era quello di indurre la classe imprenditoriale verso una nuova responsabilità orientata
allo sviluppo delle prime forme di Welfare aziendale. Inizialmente l'attenzione degli studiosi si concentrò

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sulla responsabilità degli uomini da fare, più che dell’impresa. Ad aprire il dibattito sulla responsabilità
sociale d'impresa furono Berle e Means. I due autori affermano che l'impresa capitalistica è un'istituzione
caratterizzata dalla separazione fra proprietà e controllo e che i manager hanno un potere decisionale
discrezionale.
Secondo Berle (1954) I manager agiscono nell'interesse degli azionisti. Diversa invece la posizione di Dodd
(1932), per il quale i manager opererebbero per conto dell'intera collettività, essendo l'impresa un'istituzione
economica al servizio della società.

3.1. Breve cronologia delle teorie di CSR

I temi della responsabilità sociale delle imprese sono stati approfonditi in modo particolare durante la
seconda metà del XX secolo.
Bowen, è riconosciuto come il padre della corporate social responsability, e sostiene che la responsabilità
sociale degli uomini d'affari si riferisce “agli obblighi dei businessman di perseguire quelle politiche, di
prendere quelle decisioni e di seguire quelle linee di azione che siano desiderabili in rapporto agli obiettivi e
valori della nostra società.” Da questa definizione deriva che i businessmen non devono trascurare i valori
socialmente accettati o anteporre i propri valori a quelli della società.
L'autore, riconoscendo che le grandi imprese sono centri vitali di potere che con le proprie azioni condiziona
la vita della società, ribadisce che i business Men non devono semplicemente subire gli effetti delle pressioni
sociali piuttosto invece scegliere di guidare le proprie azioni in senso sociale.
Negli anni 60 si afferma definitivamente l’espressione Corporate Social Responsability, I più significativi
contributi sono quelli di Davis e Frederick.
DAVIS sostiene che responsabilità e potere sono fortemente legati tra loro, che non può esistere
responsabilità senza potere e che un'erosione della prima rappresenta una corrosione del secondo. Anni dopo,
Davis e Blomstrom, teorizzarono l'esistenza di una relazione bidirezionale fra business e ambiente sociale.
Secondo DAVIS, l'ambiente sociale avanza delle richieste al business, il quale può scegliere di reagire
passivamente proponendo semplici risposte alle domande ricevute, oppure decidere di reagire però
attivamente elaborando risposte in grado di influenzare l'ambiente sociale e stimolare l'insorgere di nuove
domande. Di conseguenza l’impresa ha la responsabilità di contribuire alla promozione di alcuni valori
umani fondamentali per la società. Davis intuisce come alcune decisioni socialmente responsabili possano
essere giustificate dalla conquista della legittimazione sociale che può generare vantaggi competitivi per le
imprese. Egli attribuisce importanza all'elemento del volontarismo, sostenendo che la CSR comincia dove
finisce l’azienda.
FREDERICK invece, fornisce una diversa interpretazione di responsabilità sociale, ponendo l'accento
sull'importanza delle aspettative della comunità nei confronti dell'impresa, il cui ruolo sociale è considerato
fondamentale per la crescita del benessere collettivo. Egli individua sei precetti che sintetizzano la dottrina
sulla CSR elaborata tra gli anni 50 e gli anni 60:
I. Il potere comporta responsabilità

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III. Un'assunzione volontaria di responsabilità è preferibile ad un intervento pubblico e alla
regolamentazione
IV. Una responsabilità sociale volontaria implica che i responsabili aziendali riconoscano le legittime
richieste, i diritti e i bisogni dei gruppi sociali
V. La CSR richiede il rispetto delle leggi che governano il mercato
VI. Le imprese socialmente responsabili devono avere una visione finalizzata al conseguimento di profitti
nel lungo termine
VII. Se tutte le imprese adottassero comportamenti socialmente responsabili ci sarebbe una maggiore
stabilità economica, sociale e politica
MCGUIRE introduce per primo il concetto di corporate citizenship che diventerà la base della “business
ethics”.
WALTON (1967) parla per la prima volta di “volontarietà”: L'impresa dovrebbe agire in maniera volontaria
ed essere disposta a sostenere i costi non direttamente collegabili ad un diretto ritorno economico.
Durante gli anni 70 vengono approfonditi quattro filoni di studio:
Il primo filone cerca di identificare i requisiti che un'impresa deve possedere per essere considerata
socialmente responsabile. Si inserisce di nuovo Davis e anche Carrol. Il primo riprende il concetto della
volontarietà del comportamento socialmente responsabile affermando che la CSR inizia dove finisce la
legge.
Carrol, nel 1979 elabora la definizione quadri partitica di responsabilità sociale. Egli riconosce che l'impresa
ha prima di tutto responsabilità economiche, ossia di creare valore e generare profitto. Quindi gli unici
stakeholder che rilevano sono gli azionisti e l'unica funzione che l'impresa deve assolvere è quella di
produrre beni e servizi per il mercato. La società si aspetta anche che le imprese rispettino le leggi
evidenziando così le responsabilità giuridiche. Oltre a quanto richiesto dal sistema giuridico, l'impresa
all'obbligo di agire con equità, giustizia ed imparzialità. Questo comporta una chiara responsabilità etica.
L'ultima tipologia e definita responsabilità discrezionale, la quale implica che i manager, che decidono in
nome e per conto dell'azienda, facciano investimenti a favore della comunità.
Il secondo filone attribuisce particolare rilievo al contesto socio culturale in cui le imprese operano. Alla
base di questo secondo filone di studi ci sono i movimenti sociali che rivendicano il rispetto dell'ambiente,
la sicurezza sul lavoro e la tutela dei consumatori. Documento centrale è il rapporto del Comittee for
Economic Development del 1971. Il rapporto osserva come il contratto sociale tra le imprese e la società
stia cambiando ed introduce l'approccio dei tre cerchi concentrici nel quale:
- Il primo cerchio (il più interno) include la responsabilità dell'azienda di svolgere efficiente
mente la funzione economica.
- Il secondo cerchio (quello intermedio) riguarda la responsabilità a svolgere la funzione
economica nel rispetto dei valori e delle priorità sociali.
- Il terzo cerchio (il più esterno) comprende la disponibilità dell'impresa ad agire per lo
sviluppo della società facendosi carico di responsabilità più ampie.

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Il terzo filone analizza le motivazioni che portano l'impresa ad assumere comportamenti socialmente
responsabili. WOOD, nel 1991, individuò tre fattispecie di aspettative:
- Le aspettative poste su tutte le imprese in quanto istituzioni economiche sociali. Le
imprese, oltre alla funzione economica, sono chiamati a svolgere anche un ruolo
sociale; un loro comportamento socialmente responsabile può comportare la perdita
della propria legittimazione sociale e conseguenze negative in termini di risultati
economici
- Le aspettative poste su una specifica impresa in virtù del suo core business. Le
imprese sono responsabili solo dei problemi determinati o determinabili dalle
proprie attività. Si parla di responsabilità pubblica: l'impresa deve risolvere solo le
questioni sociali derivanti dal suo operato.
- Le aspettative poste sui manager. I manager nel processo decisionale dispongono
della discrezionalità manageriale, sulla base della quale scelgono di agire rispettando
i propri principi etici. Sono quindi personalmente responsabili delle loro scelte.
Il quarto filone evidenzia la necessità di sviluppare adeguate politiche aziendali capace di contemplare
obiettivi sociali. L'impresa deve essere in grado di attivare meccanismi che le permettono di anticipare e
rispondere alle istanze sociali provenienti dall'ambiente esterno. Molti autori iniziano a parlare di
Corporate Social Responsiveness, come di un concetto contrapposto alla Corporate Social Responsability.
Va ricordato FREDERICK, che afferma che il concetto di Corparate Social Responsability, definito
CSR1, viene superato dalla Corporate Social Responsiveness, chiamata CRS2. Si può così riassumere: la
Corporate Social Responsability (CSR1) è un concetto teorico che si riferisce agli obblighi sociali che
l'impresa volontariamente decide di accettare, mentre la Corporate Social Responsiveness (CRS2) È una
risposta di carattere pratico che corrisponde alla capacità di risposta alle problematiche sociali e coinvolge
la sfera organizzativa e manageriale dell’azienda.
Gli anni 80 sono caratterizzati da tre correnti di pensiero:
1. La stakeholder Theory
2. Gli studi di business Ethics
3. La Corporate Social Performance
1- La teoria degli stakeholder di Freeman, individua i soggetti verso i quali le imprese devono essere
responsabili. Freeman identifica gli stakeholder in tutti coloro che hanno diritti, interessi o aspettative verso
l'azienda, perché possono essere influenzati dalle decisioni manageriali e che, a loro volta, possono
condizionare i risultati di tale decisione.
2- Il filone di studi sulla business ethics, O etica degli affari, si sviluppa per fornire una giustificazione al
fatto che le imprese decidono di assumersi volontariamente ed attivamente determinate responsabilità.
3- Contemporaneamente si afferma il concetto di Corporate Social Performance (CSP). La CSP È orientata
ai risultati e cerca di misurarli nel modo più appropriato: bisogna definire se essa va misurata oggettivamente
utilizzando precise metriche di riferimento, oppure soggettivamente in relazione alle attese degli stakeholder.

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Parallelamente nel corso degli anni 80, proseguono gli studi sulla Corporate Social Responsability. Si
svilupparono alcune contestazioni tra cui:
• L'elaborazione di definizioni vaghe: in che modo un'impresa con la sua attività, può incidere
positivamente nel sociale? Come valutare un comportamento socialmente responsabile? Come
misurare la responsabilità sociale di un’impresa?
• L'esistenza di un Trade off, tra i vari tipi di costi e ricavi sociali ed economici: il miglioramento
delle condizioni economiche sociali di un'impresa può comportare il peggioramento di quelle di
un’altra.
• La preoccupazione che la responsabilità sociale d'impresa fosse solo una bella operazione di
marketing per migliorare l'immagine aziendale nei confronti dell'opinione pubblica senza una
sostanziale ridefinizione delle strategie aziendali.
Durante gli anni 90 il concetto di CS R si arricchisce con altre tematiche: la stakeholder theory la business
ethics, la corporate citizenship e la misurazione delle performance sociali.

3.2. La relazione tra i concetti di CSR e CFP

Il rapporto tra responsabilità sociale d'impresa e prestazione finanziaria dell'impresa (Corporation’s Financial
Performance) ha subito un'evoluzione che può essere suddivisa in 3 fasi:
1. Nella prima fase, collocata negli anni 50 e 60, prevale l'impostazione classica secondo cui il
rapporto tra CSR e CFP è esclusivo, ossia si sostiene che l'impresa è un'entità economica creata per
il solo scopo di scambiare merci e servizi per ricavare un profitto. Le aziende si concentrano sul loro
fine istituzionale di produrre ricchezza, questo genera vantaggi per tutta la società in quanto
l'impresa opera in modo tale da ottimizzare ridistribuzione delle risorse. Principale esponente di
questo orientamento è Friedman. Secondo questo approccio i costi sostenuti per tenere in
considerazione gli aspetti sociali dell'attività dell'impresa sono del tutto superflui e illegittimi.
2. La seconda fase, collocabile tra gli anni 70 e 80, e quella inclusiva, in cui cioè CSR e CFP non si
escludono a vicenda ma anzi coesistono fino ad arrivare alla sovrapposizione dei due concetti in
alcuni casi. Sebbene nel breve termine l'impegno in attività di CSR possa incidere sui profitti
dell'impresa, nel lungo periodo questa comporta dei benefici per tutti i soggetti della società. L'idea è
espressa da Wallich e McGowan sull'egoismo illuminato, per cui aziende e società si trovano in un
rapporto di interdipendenza relativamente al proprio benessere, ossia alle une non possono
prosperare se non prospera l'altra e viceversa. L'interazione tra la sfera sociale ed economica è
necessaria ed utile.
3. Infine il rapporto tra CSR e CFP si è evoluto fino ad arrivare, negli anni 90, ad un'integrazione dei
due concetti. Le imprese ottengono migliori risultati economico finanziari se si comportano in modo
socialmente responsabile poiché questo consente di migliorare la propria immagine, aumentare la
fidelizzazione della clientela, ridurre il rischio di essere coinvolti in azioni legali e boicottaggi da
parte dei consumatori.

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3.3. Le teorie normative

La principale classificazione delle teorie elaborate in materia di responsabilità sociale e quella delle teorie
normative. Queste teorie si incentrano sugli stockholder (azionisti), sul contratto sociale e sugli
stakeholder (portatori di interessi).
I. La visione basata sugli stockholder è definita classica e viene fatta risalire a Friedman, per il quale la
sola responsabilità dell’impresa è generare, nel rispetto delle leggi, il massimo profitto per gli azionisti.
Questa corrisponde anche con l'unica e vera responsabilità sociale attribuibile all’impresa: “usare le sue
risorse e dedicarsi ad attività volte ad incrementare i propri profitti a patto che essa rimanga all'interno
delle regole del gioco”. Il profitto, dunque, è l'unico indicatore rilevante per misurare l'efficienza sociale.
Gli stockholder, cioè gli azionisti, sono gli unici interlocutori a cui l'impresa deve tener conto, ed il
conseguimento di profitti e l'unico scopo esistenziale per l'impresa. Un comportamento del genere
implica l'intervento in ambiti di competenza del governo della pubblica amministrazione e
un'intromissione da parte delle imprese potrebbe rivelarsi distorsiva. Il limite di questa prospettiva sta nel
fatto che non si considera l'efficienza dell'impresa come organizzazione ma si limita alla sola efficienza
reddituale.
VIII. La visione basata sul contratto sociale fa riferimento ad un concetto riferibile all'approfondimento
dell'idea di” corporate citizenship”. L'azienda cioè può essere "a good corporate citizen" e sentirsi così
parte integrante della comunità. Secondo Sciarelli il diritto di cittadinanza dell'impresa presuppone che
al pari delle persone fisiche, anche le imprese siano cittadini di una comunità e abbiano l'obbligo di
concorrere a risolvere i problemi sociali. Oltre ad essere responsabili delle conseguenze positive e
negative derivanti dal loro agire economico, hanno il dovere di contribuire al miglioramento della
società. La cittadinanza di impresa è il modello più avanzato di imprenditoria responsabile. Se l'impresa
dimostra di rispettare gli impegni presi otterrà un ampio consenso dalla comunità. Gli stakeholder
saranno soddisfatti e riconosceranno i meriti del suo operato. La CSR E quindi una parte sostanziale di
questo contratto sociale, in quanto permette di regolamentare i rapporti tra l'impresa e la società e di
individuare le azioni sociali da intraprendere. Il tema della responsabilità rimanda ad un patto tra
l'impresa e la società. La società vede nell'impresa una risorsa da salvaguardare sviluppare. Il bene
dell'impresa e il bene del contesto sociale sono tra di loro strettamente interconnessi.
IX. La visione basata sugli stakeholder viene fatta risalire a Freeman il quale con il termine stakeholder,
identifica tutti i soggetti da cui l'impresa dipende per sopravvivere e tutti gli individui o gruppi di
individui che possono influenzare o essere influenzati dall'attività aziendali. Questa teoria si basa su due
presupposti:
• L'ambiente esterno condiziona la capacità di sopravvivenza dell’impresa
• Il consenso degli stakeholder e la precondizione per il conseguimento di buoni risultati
economici e l'ottenimento di un vantaggio competitivo rispetto ai competitori.

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L'impresa quindi deve soddisfare le attese dei molteplici stakeholder, in quanto il responsabile non solo nei
confronti degli azionisti ma anche verso tutti gli altri portatori di interesse: Dipendenti, governi locali,
comunità locali, amministrazioni pubbliche. Secondo questa impostazione, la CSR si configura come una
sorta di governance allargata multi-stakeholder.

3.4. La dimensione sociale dell’impresa

È opportuno soffermarsi sul ruolo che l'impresa dovrebbe avere all'interno della società. Si ripropone la
contrapposizione tra un'impostazione classica e le posizioni più progressiste. Per quanto riguarda il primo
orientamento torniamo a citare Friedman, il quale all'inizio degli anni 70 scriveva che "il vero dovere
sociale dell'impresa e ottenere i più elevati profitti producendo così ricchezza e lavoro per tutti nel modo più
efficiente possibile”.
L'impresa dovrebbe dunque operare per massimizzare il proprio profitto e questo si traduce
nell'ottimizzazione del benessere della società. Nel tempo della società post fordista, risulta difficile
sottoscrivere tale affermazione poiché sono divenuti evidenti i limiti delle teorie di ispirazione classica.
Dunque mentre il profitto continua ad essere condizione necessaria perché l'impresa sia legittimata gli occhi
della società, essa non è più sufficiente. È divenuto quindi indispensabile realizzare un'integrazione tra il
sistema dei valori economici tradizionali dell'impresa, espressi dalla quantità di produzione e profitti, e il
sistema di valori socio politici quali la centralità della persona dell'ambiente e la qualità della vita. L'impresa
deve cioè essere accreditata nella società civile alla stregua del buon cittadino, per ottenere fiducia delle
parti. Il ruolo sociale prevalente di un'impresa rimane quello di far bene il proprio mestiere: questo significa
che l'impresa deve crescere e produrre sviluppo promuovere l'innovazione realizzare formazione e creare
lavoro. In questo senso impresa e società costituiscono un binomio inscindibile.
Nelle aree in cui le imprese operano, il reddito prodotto, la competitività, la capacità di investire,
contribuiscono a generare sviluppo. Proprio questo sviluppo si è rivelato determinante per creare lavoro,
innalzare gli standard di vita e sviluppare tecnologie. Di fronte alla necessità di raggiungere risultati positivi,
i manager si trovano al centro di una rete di pressione interessi. Tali interessi sono rappresentati da diversi
gruppi e si fondono con le caratteristiche personali e l'esperienza del singolo manager. Le decisioni possono
riguardare l'assunzione di diversi tipi di responsabilità verso il sistema degli attori sociali. Queste
responsabilità, secondo il modello operativo proposto da Carroll (1991), si possono ricomprendere in 4
categorie:
• Responsabilità filantropica
• Responsabilità etica
• Responsabilità legale
• Responsabilità economica

TIPO DI ASPETTATIVE SOCIALI COMPORTAMENTI


RESPONSABILITA’
Filantropica Essere un buon cittadino • Dare supporto alla comunità
• Migliorare la qualità della vita

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• Svolgere attività di volontariato
Etica Essere allineati con i valori della • Rispondere allo spirito delle leggi
società • Fare ciò che è giusto
Legale Obbedire alle leggi Essere ligi alle norme:
• Ambientali
• Di tutela del consumo
• A salvaguardia dei lavoratori
Economica Essere profittevole • Adottare oculate scelte economico-
strategiche

L'insieme di queste responsabilità definisce l'ambito delle decisioni di responsabilità sociale d'impresa. La
rappresentazione esplicita dei diversi tipi di responsabilità, permette di porre in luce le possibili aree di
conflitto tra le diverse categorie che compongono la CSR, così come chiarisce la possibilità di instaurare
circoli virtuosi di sviluppo sociale ed economico. Un'impresa che si impegna a favore della comunità e
contemporaneamente persegue obiettivi di business, può conseguire diversi vantaggi come:
- Migliorare la propria reputazione
- Acquisire la leadership ed affermare il proprio prestigio anche in arie non proprie
- Creare spazi di consenso verso le sue scelte presenti e future
- Generare motivazione e senso di appartenenza nei propri collaboratori
- Conoscere nuove modalità e strumenti di gestione che potrà applicare al proprio interno: istituzione
di forme di coinvolgimento degli utenti.
- Aggiungere credito alla percezione che la comunità sociale del mondo imprenditoriale nel suo
insieme
- Aiutare a ridurre la potenziale minaccia alla coesione sociale contribuendo a contenere fenomeni di
emarginazione povertà
Le imprese che vogliono condurre l'attività di successo a lungo termine devono tenere conto delle aspettative
dei cittadini e la loro sensibilità per la qualità della vita e le aspettative di giustizia sociale.

4. Aspetti definitori

Al concetto di responsabilità sociale se ne affiancano altri come sviluppo sostenibile, integrità aziendale,
Triple-Bottom line. Si può riassumere le varie definizioni in un concetto come questo: "al fine di evidenziare
la propria gestione responsabile nei confronti della popolazione dell'ambiente in cui operano, le imprese
integrano nei propri interessi commerciali e nelle proprie operazioni gli aspetti sociali e ambientali su base
volontaria, ed estendono questa preoccupazione anche a tutti coloro che, identificabili sotto il termine di
stakeholder, portano interessi all'impresa stessa, cioè influenzano il suo comportamento o sono influenzati
da esso.” Viene messo in discussione il paradigma che afferma che la responsabilità sociale dell'impresa è
uguale alla generazione di profitto per l'azionisti e creazione di posti di lavoro. All'impresa si chiede di
generare profitti in altro modo:

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Tra le definizioni di responsabilità sociale si può ricordare quella del World Business Council on
Sustainable Development riassunta come il tentativo di un'azienda di contribuire allo sviluppo economico
sostenibile, tramite il coinvolgimento degli operatori, delle loro famiglie, della comunità locale e della
società con il fine di migliorare la qualità della vita. In quest'ottica la responsabilità sociale, viene associata
alla crescita economica e all'ecologia per contribuire allo sviluppo sostenibile. Il Canadian Centre for
Philanthropy, vede questo termine come un insieme di pratiche di gestione aziendale che massimizzano gli
impatti positivi e minimizzano quelli negativi legati alle proprie operazioni. La Corporate Social
Responsibility Newswire definisce invece la CS R come l'integrazione di tutte le operazioni di mercato e di
tutti i valori in cui sono rispettati gli interessi di tutte le parti coinvolte, includendo i clienti, i dipendenti, i
finanziatori e l'ambiente. Tutte queste definizioni sembrano ruotare attorno al concetto di Triple Bottom
Line che significa che le imprese dovrebbero sviluppare investimenti sostenibili e decisioni societarie
partendo dalla base (Bottom), perseguendo simultaneamente tre obiettivi (triple line):
1. Equità sociale
2. Qualità ambientale
3. Prosperità economica
Questi concetti richiamano l'attenzione e quello di sostenibilità, intesa come approccio finalizzato a
garantire sviluppo economico e il progresso sociale, sia per le generazioni attuali che per quelle future. La
triple Bottom line implica che le imprese adottino strategie sociali, ambientali ed economiche responsabili ed
integrate.
Per essere considerata sostenibile un'impresa deve dimostrare di essere responsabile dal punto di vista
sociale, ambientale ed economico. Una buona performance di sostenibilità è valutabile sulla base del rispetto
dei seguenti principi comportamentali:
I. L'adozione di una corretta corporate governance, cioè il sistema delle regole secondo le quali le imprese
sono gestite
X. La propensione ad investire in innovazione di prodotto e di processo per offrire soluzioni eco-efficienti
XI. L'acquisizione della leadership per guidare il proprio settore verso la sostenibilità e definire gli standard
di riferimento
XII. La definizione di modelli di business adottabili nei paesi in via di sviluppo per favorire la loro
crescita
XIII. La capacità di coinvolgere i governi, imprese, organizzazioni non governative e di aprire un dialogo
costruttivo con tutti gli stakeholder
La commissione europea, nel suo libro verde, sottolinea l'importanza della responsabilità sociale e rimarca
come questa debba andare ben oltre il mero rispetto della legislazione vigente, sostenendo che con questa via
si può arrivare ad una vera crescita aziendale. Questi aspetti positivi possono essere ad esempio la
trasparenza e il miglioramento delle condizioni di lavoro e l'impiego ottimale delle risorse umane.

5. L’etica

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Si è visto come il modello classico affermi che il mercato è costituito da imprese guidate dalla
massimizzazione del profitto, dove la performance è misurata esclusivamente dalla differenza tra costi ricavi.
Le condizioni ambientali e la qualità della vita sono il frutto del modello economico dominante che mantiene
costante il suo modello di riferimento.
L'impresa moderna deve dimostrare di essere consapevole del suo ruolo sociale e deve essere convinta che
bisogna operare con comportamenti corrispondenti ai principi e dei valori dell'etica in un quadro di regole
certe. Tre sono gli orientamenti negli studi sull'etica d’impresa:
1. Business Ethics: approccio moralista secondo il quale l'impresa deve agire in modo socialmente
responsabile perché ciò rappresenta un suo dovere morale. L'impresa diventi agente morale e del
diritto attribuisce una responsabilità penale all'impresa in quanto tale
2. Business and society: non esistono divisioni tra impresa e società entrambe costituiscono
sistemi che si strutturano reciprocamente l'impresa quindi si vede attribuire una responsabilità
morale. Tuttavia la società possiede una capacità autoregolatrice che esercita un controllo
sull'impresa che disubbidisce.
3. Social Issue Management: miglioramento della prestazione dell'impresa considerando le
rivendicazioni sociali contemporanee.
Si assiste ad un'ondata della business ethics che genera una vera business ethics industry. La dottrina ha
approfondito gli aspetti etici della gestione, fino ad individuare un avere propria banca di business ethics o di
etica aziendale, che cerca di indagare le ragioni in base alle quali un'organizzazione economica, persegua
comportamenti che possiamo definire etici. Ill termine business ethics si può tradurre come etica d'impresa,
etica aziendale ed etica degli affari. Da un lato la business ethics non tratta solo problemi etici legati a livelli
aggressivi micro sistemici, ma anche di comportamenti manageriali.dall'altro il termine affari evoca un senso
di discontinuità e di episodicità che mal si addice alle tematiche aziendali.
Secondo Rusconi:
• L'etica dell'economia riguarda l'applicazione dei principi dell'etica all'economia generale e dalla
politica economica
• La business ethics riguarda tutti i doveri etici di coloro che operano nell'ambito del business cioè
considera le operazioni economiche di chi agisce nel meccanismo di mercato
• L'etica aziendale o etica dell'economia aziendale e l'analisi del rapporto tra i principi della morale e
le scelte di chi gestisce il sistema azienda
• L'etica dell'impresa riguarda quelle particolari aziende che, rischiando sul mercato, cercano di
conseguire un equilibrio che permetta di remunerare tutti coloro che agiscono entro il sistema in
particolare i portatori di capitale di rischio
Sacconi, definisce la business ethics come lo studio dei principi, dei valori e delle norme etiche che regolano
le attività economiche più intense. La business ethics a fonda le proprie radici nel campo della filosofia e
riguarda l'applicazione delle teorie etiche normative alle istituzioni e dalle pratiche economiche. Sono tre i
livelli della Business Ethics:
1. Macro-etica che consiste nella valutazione morale delle istituzioni economiche di base

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2. Meso-etica, che si sostanze nella valutazione morale delle organizzazioni intermedie delle
imprese
3. Micro-etica che riguarda la valutazione morale delle scelte e dei comportamenti effettuati
dalle persone che operano all'interno dell'azienda in determinati ruoli professionali
La business ethics tende a prescrivere determinati modelli di comportamento definendo i principi etici da
seguire all'interno delle diverse organizzazioni questi principi sono:
Individuazione e graduazione dei valori etici da porre alla base della vita aziendale
Trasmissione dei valori etici identificati all'interno della struttura organizzativa
Corretta adozione nel processo decisionale dei valori etici identificati e condivisi
Sono molti gli aspetti gestionali che possono incidere sul raggiungimento degli equilibri economici,
finanziari e patrimoniali. Esiste dunque, per chi gestisce un'impresa un'etica da rispettare, e dall'altra parte è
difficile ipotizzare che gli individui abbiano una loro etica personale che seguono le loro agire quotidiano e
che non abbiano una morale nella vita professionale. Vengono individuati cinque visioni della Business
Ethics:
1. La prima visione, è sintetizzata nel principio business Is business, e vede nell'impresa scopi
economici volti al conseguimento del profitto
2. Nella seconda visione l'impresa deve impegnarsi a mantenere un comportamento etico
vincolato da quanto definito dalla normativa
3. La terza visione “good ethics means good business” presuppone una coincidenza tra l'operato
morale dell'azienda e l'ottenimento del vantaggio competitivo
4. Nella quarta visione, quella convenzionalistica, l'impresa deve agire in base agli standard di
moralità che risultano essere convenzionalmente accettati dalla comunità in cui opera. Il
problema è che in presenza di differenti valori etico sociali è difficile individuare cosa sia o
meno accettato e stabilire qual è la comunità a cui bisogna riferirsi
5. La quinta visione prevederebbe che i responsabili dell'azienda adottassero nel business gli stessi
standard di etica su cui essi fondano il loro comportamento individuale
L'utilitarismo ammette, nell'ambito della morale, l'utilità come criterio di giustificazione di una determinata
azione. Ipotizza che la validità etica di uno specifico comportamento dipende dal valore intrinseco delle
conseguenze cui essa conduce. Le scelte sono considerate solo a posteriori ed in base agli effetti che
producono, per cui un risultato finale positivo rende eticamente giusta la scelta che la determinata. La
deontologia presuppone che nell'uomo esiste una coscienza morale in grado di esprimere delle norme morali
universali che impongono doveri assoluti, da rispettare in quanto tali. Una scelta viene valutata non in base ai
risultati che produce, ma in funzione di regole, principi e valori che si pongono.
Esistono tre fasi che caratterizzano l'evoluzione della relazione tra etica e di impresa:
I. L'etica dopo l'economicità. L'azienda nella fase iniziale della sua esistenza si preoccupa di rispettare
norme giuridiche e di cogliere tutte le opportunità offerte dal mercato. L'etica non esiste.
XIV. L'etica come strumento per accrescere l'economicità.in questa fase di sviluppo e consolidamento
del business litica paga e protegge. Paga perché premi comportamenti socialmente responsabili, protegge

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la posizione competitiva acquisita. Il mercato, preferirà l'impresa etica rispetto ad aziende concorrenti
che cercano di guadagnare i vantaggi economici attraverso comportamenti scorretti.
XV. L'etica come requisito per rimanere sul mercato. Questa è la fase in cui adottare delle vere
strategie etico sociali è una condizione indispensabile per non rischiare l'estromissione dal mercato.

6. L'etica nel governo societario

Questioni etiche e sociali rappresentano un punto fermo ed imprescindibile per le dinamiche decisionali di
ogni impresa la cui condotta possa essere definita come socialmente responsabile. Non si parla più di
responsabilità economica e sociale come di due concetti separati, ma si parla di responsabilità globale come
unica forma di responsabilità dell'impresa che, per essere realizzata richiede l'applicazione di due principi:
L'efficienza che massimizza il valore creato dalla gestione
L’etica che rappresenta lo strumento per distribuire questo valore creato nel modo più equo, giusto e
trasparente
L'efficienza si misura in termini economici e questo implicherebbe la negazione dell'allargamento della
responsabilità sociale. Per arrivare alla produzione sinergica di valore economico e valore sociale e
necessario introdurre l'etica nel governo dell'impresa. Volendo analizzare i motivi che hanno contribuito a far
crescere il senso etico nell'impresa, emergono quattro fattori determinanti:
1. Fattori culturali, collegati al formarsi di una conoscenza collettiva più sensibile ai bisogni
sociali
2. Fattori di contesto, correlati all'emergere di valori più attenti all'ambiente e alla qualità
della vita
3. Fattori organizzativi, correlati alle modalità di gestione di strutture sempre più complesse
4. Fattori soggettivi, connessi con la sfera etica individuale
Ma fino a che punto l'etica entra nelle scelte gestionali l'etica si afferma come una funzione trasversale al
sistema aziendale e diventa condizione necessaria per l'implementazione e la realizzazione delle strategie
competitive si determina un cambio di prospettiva: da etica come onere accessorio ad etica come opportunità
strategica. Le condizioni per avere delle strategie etiche che permettano all'azienda di svilupparsi e
mantenersi in equilibrio economico, finanziario e patrimoniale sono collegati all'etica personale di tutti
coloro che, partecipano all'attività dell'azienda. L'etica nell'impresa e dell'impresa è deputata a indirizzare le
decisioni e le azioni intraprese per dare corpo alla gestione aziendale.
[Differenza tra etica nell'impresa ed etica dell'impresa: Con la prima si vuole far riferimento all'etica di
coloro che operano all'interno dell'organizzazione, ovvero al senso etico che contraddistingue comportamenti
individuali ai vari livelli della gerarchia. Con etica dell'impresa si vuole far riferimento al comportamento
dell'organizzazione nel suo insieme, caratterizzato da un patrimonio di valori accumulatasi nel tempo. È
intuibile che i Paolo Rieti aziendali si riflettono su quelli individuali. L'etica dell'impresa è sempre un'etica
secondaria che va diffusa e assimilata.]

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Il comportamento etico può essere appunto definito come quello che, nella vita dell'impresa, distribuisce
incentivi e costi tra tutti gli stakeholder secondo principi di correttezza, equità e giustizia.
Adottare comportamenti conformi ai principi ed alle regole di correttezza e di trasparenza costituisce un
punto di riferimento delle policy aziendali. Diventano sempre più numerose le imprese che autonomamente
si dotano di un sistema di regole volte a ribadire la compliance alle regole giuridiche. Dal lato dell'offerta dei
principi di good governance c'è la consapevolezza degli operatori dell'importanza di dotarsi di sistemi
affidabili che assicurino il rispetto delle regole di correttezza e di una serie di valori sociali e principi etici.
L'impresa deve apparire credibile ed affidabile e potenziale investitore e partner e al mercato. La trasparenza
e la correttezza hanno così assunto ruolo strategico. Nei paesi economicamente più avanzati la domanda di
trasparenza proviene dagli investitori istituzionali, che rivendicano l'accesso alle informazioni
sull'andamento economico e sulle regole di governance interne delle imprese in cui intendono investire.
Sarà il mercato stesso a punire l'impresa che non si adegua al sistema di valori autonomamente individuato.
Una social responsability si otterrà non solo attraverso la sanzione e l'ottemperanza forzata di meccanismi
imposti in modo coattivo, quanto con la reale accettazione e condivisione dei principi all'interno della singola
impresa.

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