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CAPITOLO 1

Il Consumo
Teoria produzionista (19^ secolo) → la società dei consumi è un effetto del modo capitalistico di produzione.
Teoria antiproduzioniste → in seguito ad un incremento dei consumi nel 600-700.
1. Neil McKendrick → teoria consumis+ca (18^secolo)
- retrodatano la rivoluzione delle domanda nel 700;
- domanda come processo di sviluppo economico e culturale del capitalismo.
La nascita della società dei consumi è legata al consumismo, viene favorito da tecniche di vendita manipolaorie.
2. Colin Carpbell → teoria modernista (19^secolo)
- produzione e consumo hanno contribuito alla formazione della società dei consumi;
- il consumo vistoso è solo un caso;
- consumatore come “edonista”
Edonista = colui che si allontana dalla realtà, attaccandosi agli oggetti e staccandosene appena ne ha fatto
esperienza.
Edonismo = Dorian Gray (Dandy) orientamento al nuovo e al desiderio.
3. Jan de Vries → Teoria Scambista (17^-18^ secolo)
- riconcilia lo studio del consumo con quello dei processi produttivi
- fu l’opportunità di partecipare agli scambi monetari a segnare l’arrivo alla società dei consumi.
I limiti alle teorie antiproduzioniste
Viene messa in discussione l’idea di un evento storico che si caratterizzi come una “rivoluzione dei consumi”.
C’era consapevolezza che sia forme produttive capitaliste che fenomeni di consumo moderno si sono sviluppate
in ere diverse in base al luogo e tipi di beni.
- Sombart sostiene che già nel 300 si trovano le prime tracce di sviluppo di un nuovo tipo di società.
Lo sfruttamento delle colonie e il commercio internazionale sono stati fondamentali per lo sviluppo del
capitalismo, facendo crescere il numero di merci disponibili.
- Un altro elemento di sviluppo secondo Sombart è il “lusso”:
il lusso è in grado di creare mercati nuovi; è costituito da merce di un certo valore.
Le corti, le città, i lussi e le mode.
Le corti: sono state indicate da molto come fondamentali nello stimolare i consumi, soprattutto a partire dal
rinascimento.
McCracken sostiene che l’incremento dei consumi nel 500 sono riconoscibili al tentativo di Elisabetta I di
centralizzare il proprio regno utilizzando la grandezza della corte.
Le corti svolgono un ruolo propulsivo perché situate al centro di casse di risonanza importanti quali le grandi città
moderne.
L’urbanesimo si sviluppa tra 600 e 800 ed è connesso allo sviluppo del capitalismo.
La spettacolarizzazione delle merci (Rudy Laermans)
-700 nascita delle vetrine → negozi come palcoscenici di esposizione.
Le merci non vengono più riparate nei retrobottega ma vengono spettacolarizzate per attirare il cliente.
La moda
- i consumi voluttuari vengono disciplinati dal sistema della “moda”.
- Simmel sostiene che la moda sia spesso associata alla donna e alla figura femminile.
Tale associazione ha radici storiche-sociali. La donna si sente appagata e realizzata mediane la moda, rispetto altri
campi nella quale il suo appagamento è negato.
-moda come seno di appartenenza e appagamento per la donna.
La casa
Casa → spazio privato, dove non si lavora ma si consuma. Per gli uomini della borghesia dell’800, la casa doveva
essere un rifugio dalle pressioni del lavoro dove potevano esprimere il proprio sé.
CAPITOLO 2
Il Lusso
Il lusso, scrive Mandeville, “fa lavorare milioni di poveri” e porta “splendore alle nazioni”.
Successivamente il lusso viene de-moralizzato: esso favorisce il commercio e la produzione, e non può essere
facilmente classificato o giudicato su basi morali universali e oggettive.
Lo sviluppo storico della società dei consumi
Consideriamo la “società dei consumi” un tipo di società storica che si afferma progressivamente in occidente
dagli albori della modernità ad oggi.
800:
- diffusione dei primi grandi magazzini;
- diffusione prime forme di pubblicità.
900:
- diffusione di una gran quantità di beni ad uso domestico (frigorifero e TV);
- gli studi mettono a fuoco i cambiamenti strutturali nella vita quotidiana stimolati dalle innovazioni tecnologiche
diffuse dalla produzione di massa: cambiamenti tipici portati dall’autovettura o l’avvento del frigorifero e delle
lavatrici;
- nel periodo post-bellico sono diventati visibili alcuni importanti fenomeni transazionali come quello delle culture
giovanili che si sono considerate attorno ad alcuni consumi. Si tratta di consumi che diventano fenomeni di massa
a partire dagli anni 70, basti pensare all’ascolto musicale di dischi o cassette;
- dal secondo dopoguerra la casa si arricchisce di elementi tecnologici. Entriamo quindi in un’era post-bellica o
post-fordista, nella quale ci si allontana dall’idea di prodotti standardizzati e ci si avvicina all’idea di produrre
un’infinita varietà di prodotti. Tipico esempio è la produzione delle scarpe da ginnastica. Proprio in questa era le
classi medie acquistano potere e si fanno agenti del cambiamento.
Per finire: affermiamo allora che la “società dei consumi” sia emersa gradualmente con il progressivo coagularsi di
una varietà di fattori che si sono declinati di volta in volta in forme più profondamente tecnologiche e innovative.
CAPITOLO 3
L’evoluzione del consumo
L’economia è stata la prima scienza sociale ad aver definito il ruolo del consumo nella società, stabilendo ciò che è
consumo e ciò che non lo è.
Il consumo viene visto come un esito naturale dei processi produttivi. Più produzione significa più ricchezza → più
consumo appare l’esito agognato del lavoro.
Nell’economia classica il consumo era quindi indicato come un’esigenza strutturale: per far crescere la ricchezza
di una nazione, occorreva che qualcuno consumasse abbastanza da stimolare la produzione.
Il consumo sovrano
La nuova teoria economica ha costruito i propri modelli di analisi considerando i consumatori come sovrani del
mercato. Da ogni consumatore partiva una domanda alla quale il mercato non può fare a meno di rispondere.
Postulata la sovranità nel consumatore, la scienza economica dominante non si interroga sulle ragioni delle loro
scelte, ma l’interesse verge proprio sulla possibilità di modellare i meccanismi che permettono l’equilibrio di
mercato.
Il consumatore neoclassico attua le proprie scelte di consumo in modo da massimizzare la propria utilità al costo
più basso possibili.
La teoria di Becker
Becker tiene fermo l’assunto che i consumatori si comportano in modo tale da massimizzare l’utilità. Tiene però
anche conto del fatto che l’utilità che una persona ricava da un bene è funzione non solo dei beni consumati ma
anche del proprio “capitale umano” variabile che a sua volta è costituita dal “capitale personale” e dal “capitale
sociale”.
Quindi: le scelte che vengono prese hanno occhio alle influenze sul capitale futuro e, quindi all’utilità futura e alle
scelte future.
Moda, stile e consumo vistoto
L’atteggiamento di acquisto è guidato dal valore economico attribuito dal consumatore al bene. Il valore delle
cose dipende dalla valutazione che ne da il soggetto e non dal valore materiale intrinseco . Tale valutazione è però
a sua volta condizionata dal contesto storico e culturale in cui ha luogo.
Nelle metropoli, l’individuo sente il bisogno di poter indossare vestiti che sappiano segnalare la sua identità, sia
come apparenza a un gruppo, sia come originalità e individualità.
La moda appare un mezzo per raggiungere entrambi gli obiettivi.
La nuova moda, dice Simmel, “appare solo alle classi superiori”. Non appena le classi inferiori cominciano ad
appropriarsene, le classi superiori si volgono da questa moda ad un’altra, con la quale si differenziano
nuovamente dalle grandi masse. Simmel identifica quello che poi sarà chiamato il “trickle-down effect” ovvero un
meccanismo di diffusione delle mode per sgocciolamento dall’alto verso il basso
Veblen e il consumo vistoso
Consumo virtuoso → fenomeno di consumo che sfugge dalla logica della massimizzazione dell’utilità al minor
costo.
Il consumo o spreco vistoso funge quindi da dispositivo di dimostrazione e riconoscimento di una posizione
elevata, fondato sulla consapevolezza che “ricchezza e potenza devono essere messe in evidenza poiché la stima
è concessa solo di fronte all’evidenza”.
Secondo Veblen, nelle metropoli industriali il concetto di consumo vistoso finisce per coinvolgere l’intera
popolazione: i gruppi inferiori non avrebbero mai fatto che imitare quelli superiori acquistando non appena
possibile le stesse merci, queste ultime avrebbero così perso il loro potere distintivo e sarebbero state
abbandonate dai gruppi superiori che avrebbero presto trovato nuovi oggetti capaci di testimoniare il loro
primato sociale e culturale.
Limiti alla teoria dell’emulazione di Veblen
Il modello dell’emulazione di Veblen presenta il limite di ridurre il consumo a una sola logica sociale.
I 3 limiti:
1. Il primo limite è dato dal fatto che il suo modello di consumatore si fonda sull’emulazione e sull’invidia intese
come pulsioni transculturali, senza tener conto che la cultura di consumo moderna si è espressa anche nella
costruzione di particolari orientamenti emotivi e morali;
2. Il secondo limite è imputabile all’enfasi sul paragone invidioso che non permette di concepire l’imitazione come
mimesi e identificazione;
3. Un terzo limite è evidenziato da una dimensione sociale nella quale sono solo le pratiche di consumo “esibite”
ad apparire sociali, mentre quelle “private” risponderebbero a una sorta di utilità preculturale.
CAPITOLO 6
Consumismo e promozione
La pubblicità commerciale può essere considerata una delle forme culturali dominanti nelle società capitalistiche
contemporanee. Difficilmente i consumatori riescono a sottrarsi ai messaggi pubblicitari, compresi quelli che
offendono il loro senso del pudore.
Utilizza forme di maschilità e femminilità con il solo scopo di far risultare più gradito un prodotto.
La retorica anticonsumistica
Tale retorica è stata molto influente dal II dopoguerra. Secondo tale retorica il consumo ha portato un
impoverimento spirituale per cui i consumatori ricorrerebbero all’uso di beni materiali quali surrogati di altre
tradizionali forme di soddisfazione.
Si diffonde l’idea di un “consumatore vorace” cioè colui che lavora in modo smodato per procurarsi i soldi per
acquistare sempre nuove merci. C’è quindi una minaccia/critica alla cultura materiale, che minaccia l’autenticità
del soggetto che si vuole forte e autonomi.
L’apologia al consumo
Alla fine del 600 difensori del libero mercato sostengono che il consumo fosse una forza civilizzatrice e
pacificatrice.
Il consumo viene definito dai suoi primi sostenitori come “la ricerca attiva di gratificazione personale mediante i
beni materiali”.
La pubblicità
La pubblicità commerciale ha il compito di associare il consumo a una serie di aspirazioni individuali positive:
felicità, socialità…
La pubblicità spesso vuole alleggerire il consumatore di quel residuo di senso di colpa suscitato dal consumo.
La “marca” funziona in modo simile al “mito”. La marca è il simbolo che può evocare una serie di significati che
fungono da cornici introduttive o affettive.
La pubblicità contemporanea difficilmente si ammanta di nazionalismo militante e raramente sfrutta le
insicurezza delle persone. Vi è la tendenza ad attirare l’attenzione prestando immagini sempre positive o gioiose.
CAPITOLO 8
Consumi e contesti
Il consumo è una questione di gusti, ma i gusti non sono l’unica cosa che conta per comprendere i nostri desideri.
Il tempo libero
I primi grandi magazzini furono i pionieri della trasformazione dei consumatori tradizionali in consumatori
moderni.
L’avvento di magazzini, fiere/esposizioni mondiali spostarono l’accento dell’acquistare all’”andare per comprare”.
Caratteristica comune è che tutti i nuovi canali distributivi sono ad entrata gratuita
Sarebbe proprio l’entrata gratuita ad aver cospirato contro i consumatori. Tali luoghi diventano zone per passare
il tempo libero, fare una passeggiata con amiche, passare del tempo in un ambiente lussuoso, confortevole e
fantasioso.
La casa e i consumi culturali
La casa rimane l’ambito più articolato e complesso in cui si realizzano le pratiche di consumo quotidiane.
Alle tradizionali librerie e beni si affiancano beni di nuovo orine più tecnologici. La tv svolge un ruolo molto
importante con la quale è possibile isolarsi dal resto. Programmi offrono lo spunto per continuare una discussione
in famiglia.
La mcdonalizzazione
Ritzer sostiene che la “cultura del consumo” ha un effetto “disintossicante”
Ritzer trova 4 elementi caratterizzanti il mondo alla McDonald:
1. Efficienza: enfasi sul risparmio del tempo e quindi sull’individualizzazione dei mezzi più rapidi ed economici per
ottenere dati fini;
2. Calcolabilità: comporta una esaltazione della quantificazione, quindi una sostituzione della quanlità con la
quantità;
3. Prevedibilità: ricerca continua della replicabilità e della standardizzazione dei prodotti;
4. Controllo: controllo su tutte le fasi di produzione, con progressiva sostituzione dell’uomo con l’uso delle
macchine.
Quella che si è venuta a creare sembra una situazione simile a quella che si è già assistita in passato con il
“fordismo”.
Ritzer nota come le caratteristiche della mcdonalizzazione si sono diffuse in tutto il mondo anche in altre imprese
“omogeneizzando” progressivamente il mondo (bennetton, Hard Rock Cafe), portando a un “consumo che non
offre più sorprese”.

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