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CUSANO”
TELEMATICA,
ROMA
PSICOLOGIA
DEI GRUPPI
Prof.ssa
Miragliotta
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MODULO 1 – INTRODUZIONE ALLA PSICOLOGIA DEI GRUPPI
Il termine gruppo rimanda a partire dalla sua etimologia ad una intrinseca complessità
che impone di essere affrontata attraverso un approccio non riduttivo che accolga la
intervento.
Il termine gruppo infatti, rimanda etimologicamente (dal provenzale grop o dal germanico
kroppe) al nodo e alla matassa intesa come intreccio fitto e inestricabile. Il gruppo si pone
sin da subito anche come spazio intermedio tra l’individuale e il sociale, in una
dimensione sempre multipersonale, plurale, che rimanda alla condivisione e alla coesione
ma al tempo stesso alla diversità e alla competizione. Sempre sul piano immaginario e
Nonostante il gruppo sia un luogo costitutivo della socialità umana, e dunque essenziale
alla stessa natura umana, esso è al tempo stesso qualcosa di difficilmente pensabile.
Kaes (1976) definiva l’impensabilità del gruppo come la generale tendenza a definire le
confronti del gruppo può essere riconosciuta anche nello scarto tra la capacità che hanno
i gruppi di definire – e in alcuni casi di produrre – l’identità del singolo, e l’ansia della
fusionalità che esso genera, intesa come paura di perdere la propria individualità
dello sguardo e delle fantasie, una dimensione che rimanda cioè ad un pensare e un
In altri termini, lavorare con i gruppi non è soltanto un problema di tecniche attraverso
che si estrinseca nel continuo far riferimento a nuove e più complesse dimensioni del
Gli studi sul gruppo, sulle sue dinamiche, sulle sue potenzialità hanno proceduto infatti
attraverso sentieri paralleli che non di rado si sono incontrati e intrecciati. Ci si potrebbe
psicoanalitico), o sulla pregnanza della distinzione bioniana tra gruppo di base e gruppo di
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lavoro nella comprensione dei meccanismi difensivi gruppali che si attivano quando un
Le prime esperienze di uso dei gruppi in campo terapeutico avvengono all’inizio del ‘900
quando Pratt, un internista di Boston, nel trattare pazienti tubercolotici osserva gli effetti
benefici che il gruppo esercita sia sul morale sia sul decorso della malattia, il risultato
positivo porterà lo stesso Pratt a utilizzare il gruppo anche per trattare pazienti con altre
esperienze il gruppo non rappresenta il principale contesto di cura, solo tra gli anni
il gruppo in tal senso, e rappresenta uno dei fondatori della moderna terapia di gruppo.
sempre più diffuso del gruppo in campo analitico, e sarà sviluppato attraverso tre
Sebbene Freud non abbia approfondito in modo specifico il concetto di gruppo all’interno
del modello psicoanalitico, più volte nel corso delle sue elaborazioni teoriche si trovano
riferimenti alla natura delle relazioni in gruppo e alle modificazioni che si verificano nel
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gruppo costituiscono una dicotomia in cui l’individuo riveste una posizione di priorità
ontologica rispetto al gruppo, gli individui vengo prima e dopo formano un gruppo.
dell’individuo, una contaminazione del suo essere, che può assumere anche un carattere
radicale.
E’ importante qui ricordare che l’”irruzione” del sociale nella vita psichica degli individui
avviene secondo Freud soltanto tra il terzo e il quinto anno di vita, a seguito degli eventi
che strutturano la fase del complesso edipico e che esitano nella costituzione dell’istanza
tra desiderio e realtà, tra pulsioni derivanti dall’Es e vincoli morali e normativi provenienti
dal Super-Io, sono dunque fenomeni “tardivi” nel modello freudiano, che insorgono cioè
non nelle prime o primissime fasi di vita, ma solo secondariamente, quando il bambino ha
già sviluppato parte del funzionamento e delle caratteristiche psichiche che determinano
la sua personalità.
Altri modelli psicoanalitici, vedi M. Klein o di R. Spitz, avanzano invece l’ipotesi che la
formazione delle istanze dell’Io e del super-Io sia molto più anticipata, avvenga cioè fin
dalle primissime fasi dello sviluppo, introducendo quindi l’idea che il sociale possa influire
Come è noto buona parte dell’elaborazione di Freud dei concetti di gruppo e massa si
basa sul lavoro di G. Le Bon, un medico e sociologo francese che nel 1885 pubblica
Psicologia delle folle, un saggio che ruota intorno all’idea centrale che l’individuo nella
massa regredisce ad uno stato primitivo, intendendo con tale termine sia una condizione
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psicologica (assimilabile dunque alla follia), sia uno stadio di sviluppo (simile a quello
infantile), sia una condizione culturale (simile a quella dei popoli meno evoluti). I tre testi
sono Totem e tabù (1913), Psicologia delle masse e analisi dell’Io (1921) e Il disagio della
civiltà (1929). Più avanti in Introduzione alla psicoanalisi descrive la massa come
“un’unione di singoli che hanno assunto nel loro Super-io la medesima persona e si sono
identificati l’un l’altro nel proprio Io in base a questo elemento comune” (Freud, 1932).
Nei gruppi secondo Freud, così come avviene sul piano individuale attraverso il
quanto espressione della pulsione di morte – viene stornata verso l’esterno, ovvero verso
coloro che non appartengono al gruppo (Freud, 1929). In questo caso la pulsione proviene
dall’esterno e la differenza dentro/fuori gruppo serve solo a identificare verso chi dirigere
le pulsioni distruttive. Viceversa, in altre parti del suo lavoro invece Freud sembra far
scaturire l’aggressività da ciò che è diverso, e dunque da ciò che differenzia il me dal non-
me (Freud, 1921). In questo stesso lavoro Freud crea una profonda connessione tra
individuo e gruppo, gettando anche le basi per gli sviluppi più recenti del modello
psicoanalitico relazionale. Infatti, in Psicologia delle masse e analisi dell’Io (1921) Freud
considerazione più attenta, gran parte della sua rigidità. […] solo raramente, in
relazioni di tale singolo con altri individui. Nella vita psichica del singolo l’altro è
regolarmente presente come modello, come oggetto, come soccorritore, come nemico e
pertanto, in questa accezione più ampia ma indiscutibilmente legittima, la psicologia