Le emozioni hanno profonde radici neurobiologiche, e sono un’esperienza soggettiva dotata di significati in rapporto ai
desideri ed agli interessi personali, ma hanno anche una valenza sociale e relazionale e sono influenzate dalla cultura di
appartenenza, dal sesso, dall’età e da una molteplicità di variabili.
Secondo William James un’emozione è la percezione che il soggetto stesso ha delle proprie reazioni neurofisiologiche a
causa di un evento specifico. Le emozioni sono state per molto studiate e l’interesse per il loro studio si è affermato con
il cognitivismo.
PROSPETTIVE TEORICHE NELLO STUDIO DELLE EMOZIONI
La svolta cognitivista fu sul tema delle emozioni. La prospettiva teorica comportamentista aveva tenuto a lungo lontano
dall’ambito accademico lo studio dell’emozione, in quanto considerata esperienza soggettiva non misurabile.
L’esperimento di Shacter e Singer (1962) è considerato il punto di partenza dello studio scientifico sulle emozioni.
Questi autori sono considerati i primi ad avere introdotto una dimensione “genuinamente psicologica” nello studio
sperimentale delle emozioni, proponendo quella che è nota come teoria cognitivo attivazionale o teoria dei due fattori:
l’emozione sarebbe la risultante dell’interazione tra una componente di attivazione fisiologica dell’organismo e una di
natura psicologica. Le componenti hanno diversi rapporti di interdipendenza, ma sono distinte e presenti.
LE TEORIE DELL’APPRAISAL
Le teorie cognitiviste, considerano la valutazione (appraisal) degli eventi un aspetto centrale del processo emotivo . Le
teorie dell’appraisal hanno messo in evidenza quanto le emozioni siano intrecciate con i processi di pensiero. Tali teorie
possono essere distinte in due:
Un approccio che enfatizza le differenze tra le emozioni in rapporto agli eventi che le producono, esistono
alcune emozioni di base o principali a cui corrispondono contenuti o classi di eventi.
Gli studiosi del secondo approccio chiamati anche “componenzialisti”, chiesero ai soggetti di ricordare episodi
emotivi o di prendere in esame brevi storie, hanno evidenziato numerosi componenti del processo emotivo. La
valutazione avviene tramite una sequenza gerarchica organizzata di controlli valutativi dello stimolo
Il primo controllo di valutazione riguarda la novità dello stimolo rispetto alle proprie aspettative. Il secondo controllo
concerne il rapporto tra lo stimolo e i bisogni o scopi dell’organismo. Si tratta di un controllo valutativo che richiede
capacità cognitive più elevate. Un ultimo controllo detto della compatibilità con le norme sociali e l’immagine di sé è
proprio soltanto degli esseri umani.
Un contributo importante proviene da Frijda (1986-2000) il quale sottolinea il rapporto tra emozione ed interessi
personal ida un lato, e lo stretto legame tra emozione e azione dall’altro lato. L’autore mette in luce come le emozioni
non compaiono nel vuoto, bensì siano la conseguenza di una valutazione del soggetto in relazione ai suoi interessi
personali, le emozioni sorgono in risposta alla struttura di significato in una certa situazione che assume per un certo
individuo. La valutazione di una situazione secondo Frijida, predispone l’individuo all’azione poiché non solo le
emozioni sorgono in relazione a un nostro successo o a un nostro fallimento comportamentale, ma, a loro volta, ci
inducono ad agire in un certo modo.
LE TEORIE DELLA PSICOEVOLUZIONISTICHE
E’ merito di Darwin il primo tentativo scientifico di studiare le emozioni mettendone in evidenza la funzione di
assicurare la sopravvivenza dell’individuo e della specie. Darwin pose due questioni fondamentali; la prima riguarda la
modalità di espressione delle emozioni negli esseri umani e negli altri animali; la seconda riguarda l’origine delle
emozioni stesse. Lo studioso sottolineò come le espressioni emotive mettevano in evidenza la continuità tra i
meccanismi del comportamento umano adulto e quelli degli animali e dei bambini. Darwin inoltre prese posizione a
favore dell’universalità delle espressioni emotive. L’idea dell’universalità di alcune emozioni pose di fatto le basi per la
distinzione tra emozioni primarie o di base ed emozioni non primarie o complesse. Inoltre i movimenti facciali e
corporei sono importanti perché promuovono l’articolarsi dei primi scambi comunicativi nell’interazione tra il bambino
e la madre assicurando le basi per la costruzione del legame affettivo. Un ambito approfondito è quello relativo
all’espressione facciale e concerne la questione se questa sia universale o soggetta all’influenza culturale. Ekman diede
avvio ad importanti ricerche sulle espressioni facciali, egli affermò che tutti gli esseri umani producono e riconoscono le
espressioni facciali di un set di emozioni fondamentali o di base: felicità, paura, tristezza, collera, sorpresa, disgusto.
Negli ultimi anni sullo studio delle espressioni facciali si è affermato un nuovo punto di vista che ha sottolineato come
queste abbiano prima di tutto una funzione sociale. Questa concezione introduce una prospettiva situazionista. In questa
prospettiva, una espressione è funzione del contesto, il medesimo sorriso può assumere significati diversi a seconda
della situazione in cui è prodotto. Alla concezione psicoevoluzionistica si rifanno anche Oatley e JohnsonLaird. La loro
teoria delle emozioni è nota come teoria cognitivo -comunicativa, dove le emozioni sono stati mentali che hanno la
funzione di coordinare processi relativamente indipendenti e dirigere l’attenzione degli individui, esse sono soluzioni
formate e razionale per affrontare i problemi di vita di ogni giorno. Gli autori sostengono l’esistenza di quattro emozioni
primarie (felicità, collera, paura, tristezza) le quali possiedono caratteristiche che le rendono interessanti dal punto di
vista evolutivo, le emozioni di base sono presentate anche in funzione delle prime relazioni socio affettive.
Per Liotti assumere una prospettiva psicobiologia dello studio delle emozioni significa presupporre che alcuni processi
emotivi derivino da sistemi intrinseci al cervello, precedenti allo sviluppo della conoscenza di sé e capaci di prodursi
indipendentemente da essa. I processi cognitivi per Liotti, hanno un grande ruolo nell’innesco dell’esperienza emotiva;
l’influenza di tali processi sulle emozioni umane riguarda, invece, la loro modulazione o regolazione, una volta
innescate. Inoltre le emozioni sono collegate a sistemi motivazionali a base innata, di regolare non solo le condotte, ma
anche le emozioni in funzione di scopi e valori. I sistemi motivazionali a base innata vengono denominati da Liotti
come “sistemi motivazionali interpersonali”. Ognuno dei cinque sistemi motivazionali interpersonali sarebbe attivato e
disattivato da precise condizioni. Tali sistemi (SMI) hanno la caratteristica di regolare le emozioni attraverso tipiche
sequenze, a seconda che il conseguimento dello scopo del sistema sia ostacolato o facilitato.
Nell’ultimo quindicennio diffondendo un approccio di studio nuovo, noto come “neuroscienze affettive”, che ha iniziato
a studiare le emozioni in prospettiva interdisciplinare, allo scopo di individuare i meccanismi neurali delle emozioni in
interazione con i sistemi fisiologici, sia in soggetti normali sia in persone affette da alterazioni comportamentali.
Contributi importanti provengono da Damasio, partendo dalla scoperta che danni alla corteccia prefrontale provocano
disturbi notevoli alla sfera emotiva ed accusò Cartesio del grave errore di avere separato corpo e anima.
LE TEORIE SOCIOCULTURALI
Esistono due posizioni distinte. Una posizione di estremo ostruzionismo sociale enfatizzando il ruolo dei fattori
culturali e linguistici; l’altra di moderato ostruzionismo che si caratterizza per essere maggiormente interlocutoria ed
empirica, e indaga specificità e costanti culturali relativamente ad aspetti particolari delle emozioni.
Lutz ha studiato alcune emozioni che non hanno equivalenti in tutte le culture. Egli ha descritto e scoperto un’emozione
fago che viene tradotto come compassione, amore, tristezza. Il termine indica la profondità di una relazione, il dolore di
una separazione e la necessità di assistenza e aiuto da parte della persona verso cui si prova fago.
Harrè (1986) ha approfondito l’emozione amae, tipica della società giapponese, che consiste nel sereno e felice
abbandono a una condizione di dipendenza da altri. Gli studi sulla costruzione culturale delle emozioni, si sono spesso
confrontati con il costrutto proposto da Markus e Kitayama di Sé indipendente e Sé interdipendente, si tratta di due
interpretazione del Sé che prendono forma in culture differenti; come quelle occidentali di stampo individualista in cui
viene promossa l’affermazione di sé, e quelle orientali in cui viene data estrema rilevanza allo sviluppo del Sé in
connessione con l’altro.
L’enfasi sugli aspetti socioculturali, con lo studio di affetti particolari, come fago e amae, mette in evidenza il ruolo
centrale del linguaggio nella costruzione sociale delle emozioni. Johnson- Laird e Oatley (1989) ritengono sia possibile
distinguere tre livelli diversi: quello delle emozioni, quello dei concetti emotivi e quello del linguaggio delle emozioni.
Nella prospettiva della costruzione culturale delle emozioni a partire dall’infanzia e attraverso il linguaggio vengono
appresi i significati contestuali dell’esperienza e della regolazione delle emozioni.
CONCLUSIONI
In sintesi c’è d’accordo nella comunità scientifica rispetto ai seguenti punti:
Le emozioni possiedono profonde radici neurobiologiche e affondano il loro significato nella storia evolutiva
della specie in rapporto alla funzione di adattamento che hanno svolto nel corso dei millenni;
Le emozioni sono un’esperienza soggettiva
Le emozioni possiedono una dimensione sociale e relazionale
Le emozioni sono influenzate dalla cultura di appartenenza che fornisce regole di esibizione o di espressione, e
suggerisce le pratiche di socializzazione anche attraverso il linguaggio verbale.
CAPITOLO 2
PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO EMOTIVO
LA TEORIA DIFFERENZIALE
L a teoria differenziale, sostenuta principalmente da Izard, sostiene l’esistenza di un certo numero di emozioni innate
universali, detto set di emozioni primarie di base. In generale il set comprende in modo costante la paura, la collera, la
gioia, la tristezza e il disgusto. Le emozioni non di base, dette miste, comprendono un elevato numero di stati emotivi
come la vergogna, la colpa, l’imbarazzo, l’orgoglio, l’odio e così via. Esse si presentano in relazione all’emergere della
consapevolezza di sé e quindi solo a partire dalla fine del primo anno di vita. Le emozioni primarie emergono già
strutturate come totalità, sulla base di un programma maturativo innato che dà luogo alle espressioni emotive
riconoscibili. Izard aderisce a un’ipotesi forte del feedback facciale: enfatizzando il legame espressione-emozione,
sostiene che il feedback o corporeo o muscolare, e le espressioni facciali contribuiscono a generare specifiche
esperienze emotive. La natura innata dei comportamenti espressivi propri di ogni emozione primaria pone, secondo
Izard il sistema emotivo nella condizione di funzionare, in modo indipendente da quello cognitivo. La concordanza
espressione/ esperienza emotiva consente di fare conoscere i propri bisogni al caregiver o adulto di riferimento che, può
riconoscere i segnali del piccolo e attivarsi sul piano dell’accudimento. Nel corso del primo anno di vita le emozioni,
aumentano gradualmente in complessità proprio grazie alla crescita cognitivo- linguistica del bambino. L’emergere di
nuove emozioni accresce la complessità dell’esperienza emozionale che include tre livelli:
Il primo livello (0-2 mesi) riguarda l’esperienza sensorio- affettiva e copre i primi due mesi di vita
caratterizzati dalla presenza di emozioni primarie.
Il secondo livello (3-9 mesi circa) riguarda l’esperienza percettivo- affettiva, il bambino è maggiormente in
grado di esplorare l’ambiente che lo circonda.
Il terzo livello (9- 24 mesi) è quello dell’esperienza cognitivo- affettivo, si sviluppa dal nono mese dove si
acquisisce il carattere della consapevolezza di sé.
Dopo i due anni i bambini iniziano ad imparare le modalità di regolazione delle emozioni; nel corso del terzo anno di
vita cominciano a essere in grado di esagerare le manifestazioni delle emozioni provate, ma anche di mascherarne
l’esperienza interna sulla base di precise regole sociali. I punti deboli della teoria differenziale è una concezione
dell’emozione come totalità chiusa, come “pacchetto preformato”.
LA TEORIA DELLA DIFFERENZIAZIONE
Si ritiene che le emozioni siano il risultato di un processo di differenziazione da uno stato iniziale di eccitazione. Il
superamento della condizione di eccitazione indifferenziata avviene grazie all’indicenza sociale e culturale. La prima
studiosa sostenitrice di questo approccio è stata Bridge. Secondo l’autrice, durante i primi tre mesi dallo stato di
eccitazione si differenziano uno stato negativo sconforto e uno positivo di piacere. In seguito, fra i tre e i sei mesi dallo
stato emotivo negativo si differenziano la collera, il disgusto e la paura; fra i sei e i dodici mesi dallo stato positivo
derivano il giubilo e l’affetto verso gli adulti. Tale impostazione è ripresa da Soufre che si rifà alla teoria cognitiva-
attivazionale di Sachacter e Singer, detta anche teoria dei due fattori; questa teoria concepisce l’emozione come la
risultante tra l’interazione tra una componente di attivazione dell’organismo e una di natura psicologica. Secondo
Soufre, nel neonato sarebbe possibile distinguere uno stato di maggiore o minore eccitazione, che si differenzierebbe in
stati emotivi o di sconforto e di piacere. Nel processo di differenziazione sarebbero individuabili fin dalla nascita tre
percorsi principali distinti:
Il sistema piacere – gioia, nei primi due mesi di vita il piccolo produce un sorriso, che è funzione di eventi
interni che segnala una condizione di benessere. Dai tre mesi si può parlare, per Soufre , di emozione di
piacere in relazione alla comparsa del sorriso sociale.
Il sistema circospezione- paura, nel periodo neonatale il bambino produce pianto in relazione a stimoli che
catturano l’attenzione per tempi eccessivamente lunghi o in modo eccessivamente intenso. Si crea reazione o
disagio che è il precursore della paura, destinata a comparire intorno ai sette mesi.
Il sistema frustrazione/rabbia, in epoca neonatale nelle situazione di impedimento della motricità nel piccolo è
riscontrabile una reazione generalizzata. Tale reazione evolve nella frustrazione nella prima parte dell’anno di
vita, dopo i sei mesi compare la rabbia.
Le emozioni fondamentali emergono in passaggi ben precisi. Per Soufre lo sviluppo emotivo avviene in relazione a
periodi critici che comportano salti o riorganizzazioni tra una fase e l’altra.
Gli studi empirici condotti dall’autore individuano una sequenza evolutiva delle emozioni in rapporto sia allo sviluppo
cognitivo sia a quello socio affettivo. Egli propone un modello dello sviluppo emotivo articolato in otto fasi principali:
Nel primo periodo i bambini sono vulnerabili agli stimoli esterni. Il sorriso endogeno è indicatore di uno stato
precursore del piacere.
Il secondo periodo , fino ai tre mesi circa, il bambino è sensibile agli stimoli esterni, ma ancora poco
apprezzato sul piano cognitivo.
La terza fase è presente la comparsa del sorriso sociale non selettivo, cioè non ancora rivolto verso il
caregiver. Fra i 3 e i 6 mesi si costituiscono i primi schemi cognitivi.
Nella quarta fase che va dai 7 ai 9 mesi si ha un notevole sviluppo psicologico. Soufre colloca in questa fase la
comparsa di emozioni vere e proprie.
La quinta fase dai 9 ai 12 mesi è il periodo dell’attaccamento e dello stabilirsi di profondi rapporti emotivi fra
il bambino e le persone che si prendono cura di lui. In n questo periodo l’espressione delle emozioni si fa più
sfaccettata e raffinata, con variazioni dell’umore, ambivalenze emotive.
La sesta fase dai 12 ai 18 mesi, è quella dell’esplorazione. Compaiono emozioni che richiedono la
consapevolezza di sé ovvero lo sviluppo dell’autocoscienza.
Nelle fasi successive il bambino(7 e 8) il bambino ha il compito emotivo di mantenere il senso di autonomia
di fronte all’angoscia da separazione.
Un altro studioso in questo campo è Micheal Lewis. Egli definisce gli stati emotivi come un rapporto a una condizione
indifferenziata iniziale di tipo bipolare, che include uno stato negativo di sconforto e uno positivo di appagamento.
L’espressione delle emozioni riguarda i cambiamenti superficiali, potenzialmente osservabili, nel viso, nella voce,
influenzati dal contesto. L’esperienza emotiva fa riferimento all’interpretazione e alla valutazione della situazione,
delle proprio stato emotivo e delle espressioni emotive. L’autore propone un modello evolutivo dell’insorgenza delle
emozioni dalla nascita ai tre anni. Nel periodo neonatale il bambino presenta tre condizioni emotive: l’appagamento
che deriva dalla gioia, l’interessa da cui deriva la sorpresa, lo sconforto che è alla base della tristezza. A partire dai due
anni il bambino interiorizza regole sociali e culturali che portano all’emergenza di ulteriori emozioni, dette anche
morali.
LA TEORIA COMPONENZIALE
La teoria componenziale sullo sviluppo emotivo è stata proposta da Scherer. L’autore applica allo sviluppo emotivo il
modello che abbiamo esposto in base al quale le emozioni variano secondo alcune dimensioni. Leventhal e Scherer
individuano tre distinti livelli di elaborazione degli eventi: senso motorio , schematico, concettuale.
Il livello senso motorio è costituito da un insieme di programmi espressivi- motori innati e da sistemi di attivazione
celebrale.
Il livello schematico è caratterizzato dalla costruzione di schemi che consentono al bambino una rappresentazione
concreta delle situazioni emotive. Gli schemi vengono registrati come memorie delle esperienze emotive. La persona di
fronte a un preciso stimolo risponde in modo automatico.
Il livello concettuale , prevede ch eil bambino sia in grado di riflettere sulle proprie risposte all’ambiente, di individuare
le regole emotive appropriate e di usare strategie efficaci sul piano comportamentale.
LA TEORIA FUNZIONALISTA E LA STORIA DEI SISTEMI DINAMICI
L a prospettiva funzionalista, rappresentata da Barrett e Campos sottolinea la natura funzionale delle emozioni nella
regolazione delle interazioni individuo- ambiente. Lo sviluppo emotivo infatti è visto come intreccio tra l’individuo e
l’ambiente. Le emozioni si configurano come bidimensionali, in quanto processi interattivi tra individuo e ambiente;
inoltre hanno la caratteristica di essere relazionali perché sono da mettersi in rapporto a determinate situazioni, infine
sono significative per le implicazioni di natura adattiva sull’organismo stesso. Le emozioni hanno anche la funzione di
informare circa il raggiungimento di desideri e scopi. Lo stesso evento- stimolo può produrre emozioni diverse a
seconda del contesto particolare e degli scopi del bambino in un certo momento. Infine l’approccio sostenuto da
Camras si inspira alla teoria dei sistemi dinamici elaborata da Fogel e Thelen .
Secondo Camras le espressioni facciali del primissimo periodo di vita non prodotte in modo accidentale, ma non
specifiche e distinte sarebbero la manifestazione di uno stesso affetto a valenza negativa con differenti intensità.
LA COSTRUZIONE DEI LEGAMI DI ATTACCAMENTO MADRE BAMBINO
La teoria dell’attaccamento si è affermata attraverso i lavori di Bowlby . La costruzione del legame si realizza grazie
agli scambi frequenti tra il bambino e l’adulto che si prende cura di lui in modo continuativo privilegiato, adulto che
nella maggior parete dei casi e d elle culture è la madre stessa, figura di attaccamento. Bowlby ritiene che esista un
periodo privilegiato per la costruzione del legame di attaccamento, detto periodo sensibile. Queste fasi, che coprono i
primi due-tre anni di vita vanno da un periodo di pre attaccamento, in cui i segnali del bambino sono diretti
indistintamente agli adulti con cui interagisce, a una fase in cui il bambino mostra preferire uno o più adulti per
ricevere protezione e conforto. Nel periodo finale , dai 18 mesi, si realizza la formazione di rappresentazioni interne
della relazione. Nella costruzione del legame oltre alle caratteristiche del bambino entrano in gioco le caratteristiche
della madre. Due in particolare sono state fatto oggetto di approfondimento: la sensibilità materna e la responsività
materna . Questi elementi si intrecciano negli scambi interattivi e portano alle differenze individuali negli stili di
attaccamento, attraverso la metodologia osservativa della Strange Situation Procedure (SSP). L’applicazione della SSP
ha consentito di individuare quattro tipologie di attaccamento madre- bambino:
L’attaccamento sicuro;
L’attaccamento insicuro- evitante
L’attaccamento insicuro- ambivalente
L’attaccamento disorganizzato
Esse sono state collegate al comportamento materno del primo anno di vita del bambino.
EMOZIONI E ATTACCAMENTO
Le madri dei bambini sicuri sono particolarmente coinvolte nella relazione con loro, sono più responsive ai segnali
emotivi e alle richieste verbali dei loro figli. La scarsità e responsività materna è invece maggiormente associata alla
costruzione di un legame insicuro. Le madri dei bambini insicuro-evitanti sarebbero meno sensibili e più caratterizzate
da rifiuto, mentre quelle dei bambini con attaccamento insicuro- ambivalente sarebbero imprevedibili.
Il MOI secondo Bowlby si configura come una struttura interna cui il bambino si rappresenta mentalmente la relazione
di attaccamento e i partner coinvolta in essa e quindi, in ultima analisi, si rappresenta se stesso e l’altro. Se il MOI del
bambino contiene un’aspettativa positiva nei confronti della madre, il bambino metterà in atto strategie attive per
cercare la vicinanza, il contatto. Se , al contrario il MOI contempla un’aspettativa di risposta parziale(evitamento) o
imprevedibile ( ambivalenza), il bambino srà portato ad attivare strategie secondarie di disattivazione amotiva, o di
iperattivazione emotiva per preservare il legame.