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“Dinamiche di gruppo una revisione” è l'articolo conclusivo di un insieme di scritti che vanno dal
43 al 52 e tradotto in italiano nel 61, cioè “Esperienza nei gruppi”. In tali iscritti si racchiude la
TEORIA DEI GRUPPI bioniana, messa a punto sia dopo la seconda guerra mondiale quando Bion
comincia a lavorare con i reduci militari che soffrivano di quella che oggi potremmo chiamare di
DPTS, quindi traumi legati alla guerra su quelli chi viene effettuato l'esperimento di Northfield, sia
grazie all'esperienze alla Tavistock Clinic di Londra. In realtà, la questione della guerra è un tema
centrale del lavor di Bion, che partecipò in prima persona alla prima guerra mondiale, infatti, come
viene messo in luce dalla sua autobiografia- “la lunga attesa”- che sono due gli aspetti
fondamentali della vita di Bion che hanno influenzato il suo pensiero:
- La guerra
- L'essere nato in India (da una famiglia coloniale dell'aristocrazia britannica) che ha favorito
una visione ….della realtà. Difatti Bion ha una visione … della psicanalisi, mette insieme
scienza e …. , formando anche risposte esistenziali.
Dunque “Dinamiche di gruppo- una revisione” è l'articolo conclusivo di “Esperienze nei gruppi” ed
è un lavoro l’ eredità kleiniana (infatti in quegli anni Bion concludeva la sua seconda analisi con
Melanie Klein) specialmente riguardo le posizioni che l'autrice descrive come aspetti centrali della
vita mentale del bambino, anche se Bion ritiene che tali dimensioni mentali primitive possono
essere trovate nei gruppi.
Cosa ci insegna Bion sui gruppi? Innanzitutto, l'autore introduce due concetti fondamentali:
- il concetto di vertice psicoanalitico (o vertice gruppale) ovvero un modo di guardare la realtà
che si fonda su una visione pluralistica e psicosociale della stessa; Bion parla di vertice della
conoscenza con il quale è vista la teoria e la pratica psicanalitica che diventa, come scrive
l'autore, un “pensare psicoanalitico, una posizione che consente di accostarsi ad uno stato
mentale sconosciuto”
- il concetto di visione binoculare ovvero un'osservazione che prevede uno sguardo
contemporaneo sulle relazioni individuali e sulle relazioni di gruppo. Ciò è ricordato anche
da Corrao riprendendo l'immagine metaforica che Bion propone del mito di Edipo in
rapporto con la Sfinge: Edipo è infatti metafora dell'analisi individuale e la Sfinge simbolo
dell'analisi di gruppo, figura misteriosa … sulla conoscenza.
Per quanto riguarda i gruppi, Bion parte dell’eredità frediana, sottolineando che Freud vede il
gruppo come una ripetizione di rapporti con oggetti parziali, per cui i gruppi si avvicinano a modelli
di comportamento di tipo nevrotico; mentre nella visione bioniana si avvicinano a modelli di
comportamento di tipo psicotico. Ciò significa che per Bion, nel gruppo, si riattivano dimensioni
fondamentali del funzionamento mentale del bambino, Bion le descrive nel gruppo. Infatti quando
l'individuo entra nel gruppo regredisce a dimensioni di natura psicotica, tanto che, per Bion, il
gruppo è un insieme di persone che si trova allo stesso stato di regressione.
Quindi quali sono i concetti, oltre a quello di vertice psicoanalitico e di visione binoculare, che sono
centrali nella teoria dei gruppi bioniani?
Innanzitutto, è necessario chiedersi cosa sia un gruppo. Il gruppo è un tutto, è un’unità (the group
has all) che è diverso dalla somma delle singole parti e quindi i membri di un gruppo producono dei
pensieri che vanno al di là del singolo e si creano configurazioni nuove;
Un altro concetto fondamentale è quello di valenza; per capire meglio ricordiamo che per Bion il
gruppo fa parte della mente dell'individuo, la mente è un insieme di gruppi e di relazioni. Questa
capacità viene chiamata dall'autore valenza, termine che deriva dalla chimica, e che sta proprio ad
indicare la capacità e la disposizione dell'individuo di combinarsi in maniera istintiva con l'altro.
Vediamo, quindi, che Bion fa anche un interessante lavoro sul linguaggio, ovvero “smantella” il
linguaggio psicoanalitico sostenendo la necessità di un linguaggio per il gruppo, che è una
configurazione diversa, per cui è impossibile utilizzare i termini che provengono dalla psicoanalisi
individuale;
In un gruppo si produce una mentalità di gruppo ovvero dei processi psichici nuovi con un assetto
specifico comune. Bion definisce la mentalità di gruppo come “il serbatoio comune a cui
affluiscono anonimamente i contributi di tutti e attraverso il quale si possono gratificare gli impulsi
e desideri”. La mentalità di gruppo può essere in conflitto con i desideri dei singoli, ovvero un
individuo può avere un desiderio, un impulso, ma dal momento in cui entra nel gruppo viene
assorbito dalla mentalità dello stesso. La dimensione organizzativa del gruppo è la cultura gruppale.
Il gruppo adotta in un dato momento una cultura e questo è l'aspetto legato al compito.
Il gruppo in termini di funzionamento mentale si muove sempre su due livelli il gruppo di lavoro e
il gruppo di assunto di base. Questi aspetti non sono legati all'attività, a ciò che il gruppo fa, ma
descrivono dimensioni di funzionamento mentale, sono cioè progetti psichici del gruppo. Per quanto
riguarda il gruppo di lavoro possiamo dire che:
1. ogni gruppo si riunisce sempre per fare qualcosa: si tratta quindi dell'aspetto legato al
compito (in un gruppo clinico può essere la cura);
2. è la dimensione legata alla razionalità, quindi ancorata alla realtà;
3. dimensione legata a ciò che potrebbe essere l’Io del soggetto;
4. si basa su efficienza, compito e collaborazione, che permettono al gruppo di evolvere.
Per quanto riguarda gli assunti di base:
1. essi sono delle fantasie inconsce comuni e onnipotenti che ci raccontano una scena, sono
meccanismi di difesa inconsci collettivi che si attivano all'unisono per proteggersi da quelle
dimensioni regressive che si attivano quando si entra a far parte di un gruppo; tali
meccanismi di difesa proteggono sia da angosce psicotiche (da quelle che Winnicott
definisce angosce primitive ovvero l'andare in pezzi) sia difensive anche dello stesso
compito del gruppo, che è la conoscenza, che per Bion è sempre un'esperienza dolorosa
perché è un apprendere dalle nostre esperienze emotive. Entrare in contatto profondo con le
proprie emozioni comporta sempre una certa dose di dolore mentale;
2. Sono dimensioni legate all'emotività;
3. Ostacolano il raggiungimento del compito del gruppo di lavoro;
4. Questi meccanismi rispondono a domande inconsce del tipo “qual è l'identità del gruppo?
che senso ha questo gruppo?” Il gruppo risponde inconsciamente trovando delle conclusioni
condivise ovvero gli assunti di base. Tali risposte cambiano sicché in alcuni momenti può
predominare un assunto di base, in altri momenti altri;
5. Sono espressione fisiologica del gruppo: ovvero gli assunti di base, in termini emotivi, sono
espressione biologica del gruppo.
Bion ha individuato 3 assunti di base fondamentali: dipendenza, attacco-fuga e accoppiamento.
1. Assunto di base di dipendenza. È l'assunto di base più primitivo e riguarda una fantasia
inconscia comune che è quella di dipendere da qualcuno idealizzato (il leader) o da qualcosa
(un'idea) e quindi di essere privo di iniziativa e privo di autonomia. il clima che descrive
bene questo assunto di base un clima depressivo (ricordiamo che il clima, l'atmosfera di un
gruppo sono fondamentali per comprendere cosa sta accadendo in un gruppo in termini
emotivi, quali sono le emozioni che circolano nel gruppo). In questo caso vige la dipendenza
dal leader e sfiducia nel gruppo, con sentimenti di voracità (di affetto da parte del leader)
colpa e depressione. Esempi di gruppi in assunto di base di dipendenza possono essere il
rapporto medico/paziente. In un gruppo terapeutico tale assunto può manifestarsi in uno
schema rigido in cui il gruppo immagina che solo il terapeuta deve svolgere tutto il lavoro.
2. Assunto di base attacco-fuga o lotta-fuga, esiste un pericolo reale o immaginario dal quale
bisogna difendersi. Attacco e fuga sono sempre dimensioni compresenti. Il clima vigente è
di tipo persecutorio, con sentimenti di rabbia e odio che possono esprimersi in una lotta
implicita o esplicita (per esempio non esserci, l'essere assenti, il gruppo è capeggiato dagli
assenti che in questo modo agiscono la lotta). Il leader viene individuato in una personalità
paranoide che sferri l'attacco, infatti è importante la dimensione dell'azione, nel senso che il
gruppo cerca un leader che traduce in azione l'attacco-fuga.
3. Assunto di base di accoppiamento. È presente la fantasia di partorire qualcosa all'interno del
gruppo che salvi lo stesso, una sorta di Messia, il gruppo delega ad una parte dello stesso la
creazione di un qualcosa di specifico. Quindi il clima dominante è quello di attesa, speranza
e fiducia. È tuttavia importante che queste speranze non si realizzano mai.
All'interno di un gruppo, i 3 assunti di base sono sempre compresenti, anche se in alcuni momenti
ne predomina uno piuttosto che un altro; quando c'è un assunto di base prevalente e gli altri sono
silenti, essi restano sullo sfondo, sono comunque operanti e giacciono nel sistema proto-mentale
ovvero un sistema, un'organizzazione in cui il fisico e lo psichico sono in uno stato indifferenziato.
Il sistema proto mentale è un contenitore, una matrice da cui nascono tutta una serie di fenomeni
dove non c'è distinzione tra mente e corpo, tra sé e l'altro, si tratta di un funzionamento mentale di
tipo primitivo. Infatti scrive Bion “rappresento il sistema proto mentale come un qualcosa in cui il
fisico e il mentale si trovano in uno stato indifferenziato. È da questa matrice che nascono quei
fenomeni che in un primo tempo appaiono come sentimenti correlati solo temporalmente; è da
questa matrice che hanno origine gli stati propri degli assunti di base che pervadono in alcune
occasioni e dominano la vita mentale del gruppo. Data che è un livello in cui il fisico e il mentale
sono indifferenziati, si capisce perché quando da questo prende origine un sentimento di angoscia,
esso può manifestarsi tanto in forma psichica quanto in forma somatica. I fenomeni proto-mentali
sono inoltre una funzione del gruppo e devono essere studiati in questa sede”. Questi fenomeni
descrivono quindi emozioni caotiche, sensazioni informi che vivono dentro l'individuo e arrivano a
caratteristiche trans-individuali. Questo sistema, area del pre-simbolico, descrive un modo di
funzionare della mente che consente di comprendere bene l'emotività di un gruppo che è caotica
(per esempio, non si capisce bene se parlo io o un altro, perché sono in preda all'angoscia). Il
carattere del gruppo è immerso nell’ assunto di base, ma anche il leader del gruppo di lavoro quindi
ha come compito quello di rendere pensabile l'assunto di base, il conduttore vive, sente e attraversa
l'assunto di base dopodiché lo pensa e condividere la rappresentabilità dell'assunto di base col
gruppo attraverso l'interpretazione.
Possiamo individuare gli aspetti comuni a tutti gli assunti di base:
- tutti gli assunti di base implicano una dimensione della leadership ovvero la presenza di un
capo. Il capo è colui dotato di qualità personali che si adattano al gruppo (quindi il leader
che si adatta alle esigenze del gruppo grazie alla sua capacità di valenza, e non il contrario
come per Freud)-> il gruppo rifiuta qualsiasi capo quando il suo comportamento o le sue
qualità si muovono fuori dai limiti stabiliti gli assunti di base;
- Essi si oppongono allo sviluppo che è compito del gruppo di lavoro -> tutti gli assunti di
base lottano per valutare lo status quo delle cose, infatti sono meccanismi di difesa nei
confronti della conoscenza, che comporta dolore mentale (come rappresentato dalla figura
mitologica della sfinge, ritenuta portatrice di sventure). A tal proposito scrive Bion “non
conosco nessun’altra esperienza, che più chiaramente dell'esperienza di gruppo dimostri il
timore con cui viene considerato un atteggiamento interrogativo”.
- tutti gli assunti di base si caratterizzano per un linguaggio particolare, il linguaggio non
viene usato in termini simbolici, ma in termini di azione. Infatti, scrive Bion, “il linguaggio
è degradato ovvero invece di esserci un linguaggio come modalità di pensiero, il gruppo di
assunto di base usa il linguaggio come modo di azione.” Si potrebbe, però, dire che i metodi
di comunicazione usati dal gruppo di assunto di base meritano quel … di linguistica
universale che Croce attribuì all'estetica: ogni gruppo umano, a livello degli assunti di base,
capisce istantaneamente qualsiasi altro gruppo indipendentemente dalle diversità di cultura,
di linguaggio e di tradizioni. ( mito della torre di Babele, costruzione di una torre che è
considerata della divinità come una minaccia della sua sovranità, una sorta di punizione ->
distruzione della torre e confusione delle lingue -> interpretazione: storia dello sviluppo del
linguaggio in cui predomina un assunto di base di dipendenza).
- Vi è l'assenza della dimensione temporale, che è prerogativa del gruppo di lavoro, per cui è
una dimensione vincolata dalla realtà (per esempio il gruppo si chiede quando e dove ci sarà
una prossima scissione); mentre nei gruppi di assunto di base la divisione temporale è legata
all’emotività, quindi scrive Bion, “i gruppi di assunto di base non si non si disperdono e non
si riuniscono”;
- l'attività regolata dall'assunto di base non richiede al singolo alcuna capacità di
cooperazione, una dipende dalla presenza, nell'individuo, della valenza;
- gli assunti di base non prevalenti in un dato momento giacciono in un sistema proto-
mentale.
Come abbiamo detto, in “ dinamiche di gruppo- una revisione”, Bion parte dall'eredità freudiana e
da ciò che Freud ha insegnato della vita gruppale. A tal proposito risulta di fondamentale
importanza il testo del 1921 “psicologia delle masse e analisi dell’Io” che affonda le proprie radici
in ambito sociale, come si comprende dalla frase di apertura del testo stesso, infatti, scrive Freud
“nella vita psichica del singolo l'altro è regolarmente presente come modello, come oggetto, come
soccorritore, come nemico e pertanto la psicologia individuale è al tempo stesso fin dall'inizio
psicologia sociale.” La psicanalisi, dunque, è una psicologia generale a pieno titolo. La questione
teorica, nonché l’eredità freudiana, , alla base del testo, riguarda l'indagine su cosa sia una massa, in
che modo la massa influenzi l'individuo, quali sono le caratteristiche psicodinamiche della massa e
come cambiano l'identità e i rapporti all'interno della stessa.
È necessario sottolineare innanzitutto, che nella sua trattazione Freud si occupa di legami libici: il
gruppo si fonda cioè sul legame libidico e in particolare sulla prima forma di legame d'amore che è
l'identificazione ovvero quel processo psichico per cui si assimila dell'altro un qualcosa e in base a
questo nuovo assimilato avviene una trasformazione. A tal proposito, scrive Freud, “i legami
emotivi costituiscono l'essenza della psiche collettiva”. Per mostrare il destino di tali investimenti
libidici, Freud analizza il rapporto del gruppo con il capo; Il capo è colui che raccoglie una
formazione specifica che l'ideale dell'io. Quindi ogni individuo cede una parte del proprio ideale
dell'io al leader, in questo modo crea una condizione per un'identificazione comune. Quindi
possiamo dire che la massa è una moltitudine di individui che hanno assunto come ideale dell'io, lo
stesso oggetto e in virtù di questa condivisione si sono identificati tra loro. Si avrà quindi un
riduzione del funzionamento dell'io, che è sottomesso ad un'istanza esterna (come accade nella
dipendenza … e nella dipendenza dell'ipotizzato).
Ma come si arriva alla vera e propria socialità? A questo proposito è importante il testo del 1951
“totem e tabù” in cui Freud ci spiega il passaggio dall'orda primitiva al gruppo sociale. Un gruppo
di fratelli si coalizza contro il padre tiranno, odiato ed invidiato , lo uccide e ci fu un pasto
cannibalesco; in questo modo si intuisce un totem, si interiorizza la norma (cioè ciò che il padre
imponeva), si istituisce il tabù dell'incesto, nasce la …. e si interiorizza la norma e il divieto. Nasce
così la socialità (ricordiamo che per Freud la sessualità si oppone alla cultura e quindi l'ingresso
nella civiltà determinerà la frustrazione dei propri istinti). Per Freud avranno una dicotomia
sessualità-cultura, per Bion narcisismo-socialismo. Con Freud si riconosce quindi che il gruppo
fonda processi psichici specifici, è … di una realtà psichica specifica in termini di relazione,
legame e realtà psichica. Nel gruppo, infatti, ci sono una serie di fenomeni che vanno al di là del
singolo, idea, questa che sarà sicuramente sviluppata da Bion e da vari filoni di pensiero.
Volendo fare un confronto tra i capisaldi delle teorie e sui gruppi di Freud e Bion possiamo
individuare diverse divergenze:
La prima differenza riguarda l'idea di gruppo:
- Freud si occupa di masse, di gruppi sociali, quindi gruppi in senso antropologico;
- Bion si occupa di gruppi clinici- terapeutici.
- Freud arriva il gruppo sociale partendo dall'individuo: la società si costruisce quando
l'individuo rinuncia al soddisfacimento delle sue pulsioni;
- Bion parte dal gruppo nel senso che nella psiche dell'individuo è presente un'organizzazione
gruppale; la realtà specifica del gruppo precede il soggetto e lo struttura;
- per Freud i gruppi si avvicinano a modelli di comportamento di tipo nevrotico;
- per Bion a modelli di comportamento di tipo psicotico.
Un'altra differenza riguarda la natura dei legami nei gruppi:
- per Freud sono legami libici, legami emotivi;
- per Bion la natura dei legami è svariata (emotivi nei gruppi di assunti di base, cooperati nei
gruppi di lavoro).
Un'altra differenza importante riguarda le concezioni sulla leadership:
- per Bion il leader da una parte è leader dell'assunto di base, dall'altra leader del gruppo di
lavoro (ricordiamo che il guardare al gruppo in termini di leadership fa parte dell'eredità
freudiana); il leader nasce dal basso, nasce dall'assunto di base e incarna in maniera
inconsapevole e senza pensiero, la dimensione emotiva del gruppo; il leader del gruppo di
lavoro deve lavorare sulla consapevolezza degli assunti di base, deve pensare agli assunti di
base; La capacità di leadership non è solo del terapeuta, ma di tutto il gruppo ( a questo
proposito Corrao afferma che il gruppo è un dispositivo democratico, il che implica che la
funzione di esperto è del gruppo; il conduttore di un gruppo garantisce questa funzione,
nonché l'evoluzione del gruppo). Il leader è al polo ricevente di ciò che la Klein definisce
identificazione proiettiva: il leader agisce una parte che va al di là della leadership a causa
del materiale il gruppo alloca nella sua mente.
- Per Freud il leader nasce per qualità individuali, come il carisma, incarna una … edipica, di
potere; Nella sua visione il gruppo non è un dispositivo democratico per cui il leader è quasi
un essere superiore, un padre potente: non è il leader che si adatta al gruppo, come per Bion,
ma viceversa.
- Per Freud, nel gruppo le emozioni dell'individuo diventano straordinariamente intense,
mentre si riduce la capacità intellettiva;
- Per Bion non vi è una tale riduzione, anzi nel gruppo è possibile un'attività intellettiva di
alto livello unitamente però, alla consapevolezza e alla negazione delle emozioni del gruppo
di assunto di base.
P.S.: Per Freud (i due principi regolatori dell'apparato psichico) il pensiero nasce come esigenza di
modulare la scarica motoria, che serve sia per modificare la realtà,i sia per liberare la psiche da un
accumulo di stimoli.
Freud Bion
che cos'è il sogno per Freud? Il sogno è una che cos'è il sogno per Bion? il sogno è una
soddisfazione, in forma allucinatoria, di un trasformazione da esperienze emozionali
desiderio inconscio; per cui il sogno grezze a dati disponibili al pensiero.
rappresenta un compromesso tra desiderio
rimosso e istanza rimuovete.
Il sogno è la via regina per accedere Il lavoro onirico è per Bion soltanto un piccolo
all’inconscio; infatti, il contenuto latente (il aspetto di un processo continuo che è il
vero significato di un sogno) viene celato dal sognare; questo processo è sempre presente
lavoro onirico che attraverso alcuni nella vita mentale ed è quel processo che vede
meccanismi, come la condensazione e lo in atto la funzione Alfa, ovvero quel processo
spostamento, conduce al contenuto manifesto di trasformazione di una sensorialità in
che è il modo in cui il sogno ci appare. (un immagini disponibili alla vita mentale. In
importante concetto introdotto da Freud è questo senso, quindi, il lavoro onirico è solo
quello di raffigurazione plastica: il sogno ci una piccola parte, mentre sogniamo
attraverso immagini). continuamente.
L'interpretazione del sogno consiste nello Per Bion l’interpretazione del sogno è una co-
svelamento di un significato che è iscritto costruzione di un significato comune tra
nell'incontro, attraverso le libere associazioni terapeuta e paziente, per cui l'attenzione non
del sognatore si decodifica il significato sarà un rivolta alla rimozione o alla censura,
manifesto del sogno per giungere a quello ma a come il sogno prende corpo nella seduta
latente, svolgendo, quindi, un lavoro che va in rispetto alle dimensioni razionali.
direzione opposta a quello onirico.
L’inconscio crea il sogno. Bion ribadisce la concezione del rapporto
inconscio/sogno, in quanto Freud … che con il
lavoro onirico si rendesse comprensibile il
materiale inconscio. Per Bion, invece, il
materiale inconscio deve essere sottoposto al
lavoro del sogno per renderlo idoneo
all'immagazzinamento. Infatti Bion scrive
“Freud dice che Aristotele afferma che il sogno
è il mondo in cui la nostra psiche lavora
durante il sonno; io dico che è il modo in cui
funziona quando è sveglia”.
Topograficamente il luogo del sogno è Topograficamente il sogno si colloca sulla
l'inconscio. barriera di contatto, luogo di trasformazioni.
La barriera di contatto
La funzione Alfa attraverso il suo funzionamento crea una barriera che Bion chiama barriera di
contatto, dove gli elementi Alfa si condensano, si legano tra loro in diversa misura (per esempio,
possono essere ordinati sequenzialmente ed avere l'aspetto di una narrazione o possono essere
ordinati logicamente, mentre gli elementi beta non hanno capacità di connessione). Bion immagina
la batteria di contatto come una membrana semipermeabile, luogo dove avvengono le
trasformazioni alfa da questa membrana e grazie alle funzioni Alfa che la rende possibile
producendo elementi Alfa, che si potranno generare meccanismi come quello della rimozione. La
barriera di contatto proteggere il funzionamento mentale perché relega gli elementi inconsci una
parte della vita mentale. (preservando il funzionamento mentale da uno stato inconscio della
sensorialità, come avviene per lo psicotico).
Quando non si crea tale barriera, come nella condizione psicotica, troveremo lo schermo beta che
descrive il fallimento della funzione Alfa ed è formato da un agglutinamento di elementi beta: in
questo caso non c'è distinzione tra conscio/inconscio, percezione/allucinazione e sonno/veglia. In
tale condizione si abolisce la capacità di dare significato alle emozioni e quindi avremo prodotti
patologici come allucinazioni, deliri e oggetti bizzarri.
La reverie materna
La possibilità nel bambino di costruire un apparato per pensare i pensieri deriva da due tipologie di
fattori:
- Fattori intrapsichici (tolleranza alla frustrazione)
- Fattori relazionali, come la reverie materna
Ma che cos'è la reverie? Il termine deriva dal francese rev, ovvero sogno, in sintesi possiamo dire
che la reverie è la capacità della madre di farsi un sogno sul bambino e sulle sue dimensioni più
tremende e angosciose, cioè farsi un sogno sugli elementi beta del bambino. In particolare, Bion
interpreta la reverie materna in termini di modello relazionale contenitore-contenuto sulla base
dell’identificazione proiettiva. (ciò significa che affinchè l’esperienza emozionale grezza, … sia
trasformata è necessario un contenitore sia intrapsichico, cioè che viene mosso dalla funzione alfa ,
sia relazionale, reverie materna).
In questa prospettiva Bion definisce la verità come uno stato mentale aperto alla ricezione di tutti gli
oggetti provocatori dell'oggetto amato; la capacità di reverie comprende la capacità di replicare tutte
le identificazioni provenienti dal bambino indipendentemente dal fatto che le avverta come buone o
cattive. Scrive Bion “è la capacità della madre di sviluppare una sorta di organo recettore”,
quest'organo metabolizza l’emozione grezza, i dati sensoriali grezzi e le esperienze di terrore che il
bambino vive per restituirle al bambino sottoforma di esperienze trasformate, digerite e
detossicizzate. Il bambino interiorizza così, non solo l'elemento emotivo trasformato, ma anche un
modello cioè tale capacità trasformativa. Per esempio, possiamo pensare al bambino che ha fame:
egli percepisce una sensazione spiacevole allo stomaco per cui piange, la madre accoglie questa
dimensione, tranquillizza il bambino, pensa che non sia nulla di devastante, tale dimensione di
terrore viene trasformata in qualcosa di tollerabile. Quando la reverie materna fallisce, il bambino
non reintroietta soltanto un contenuto inconscio non modificato, ma le paure primitive del bambino
saranno reintroiettate come un terrore senza nome, cioè angosce allo stato puro, quelle angosce
primarie descritte da Winnicott come l'andare in pezzi o il cadere per sempre.
Quando invece la reverie materna non fallisce il bambino insieme all'emozione bonificata, introietta
un modello, quindi una modalità del funzionamento mentale dell'apparato per pensare i pensieri. In
questo modo la madre non solo trasforma il contenuto, ma offre al bambino un modello per operare
sulla propria emozionalità.
In definitiva, per spiegare la funzione dell'apparato per pensare i pensieri, Bion offre un modello
relazionale contenuto-contenitore sulla base dell'identificazione proiettiva, per cui:
- gli elementi non tolleranti del bambino (contenuto) vengono allocati nella mente della madre
(contenitore).
- L'apprendimento dall'esperienza deriva dalla possibilità del contenitore, quindi della mente
della madre, di restare aperto, libero da rigidità nell'apprendere nuove esperienze (ciò che
negli scritti successivi Bion chiamerà rapporto con l'ignoto, ovvero disposizioni ad
alloggiare l'emozionalità dirompente).
Come sappiamo, il concetto di identificazione proiettiva, deriva dal lavoro di Melanie Klein;
tuttavia Bion nell'adoperare questo costrutto nel suo modello ne mette in luce aspetti differenti per
cui:
Per Klein l’identificazione proiettiva è:
- un meccanismo intrapsichico;
- un meccanismo patologico
- un meccanismo presente nella posizione schizo-paranoide
- ciò che viene espulso sono partiti pericolose di sè che vengono collocate nell'oggetto, che
viene, così controllato
- una fantasia mediante la quale il bambino alloca parti di sè nella madre, nel nel seno e serve
che, in qualche modo, la madre diventa parti cattive di sé
- vi è un'identificazione proiettiva eccessiva quando nel bambino manca la capacità di
tollerare la frustrazione per cui vi sono delle continue e realistiche iniziative per far provare
all'altro emozioni che il bambino non vuole provare.
Risulta, inoltre, necessario distinguere due tipologie di meccanismi che, ad uno sguardo superficiale
possono sembrare simili: la proiezione e l’identificazione proiettiva.
La metafora digestiva
Secondo Bion, lo sviluppo psichico in analogia con quello fisico che richiede un’alimentazione …,
richiede un funzionamento alimentare psichico. Infatti, scrive Bion, “possiamo dire che il latte è una
sostanza concreta che viene assorbita e digerita da un canale digerente, dal punto di vista psichico è
l'amore della madre, simile al latte, perché nutre psichicamente il bambino, ciò significa che esiste
un seno psicosomatico a cui corrisponde, nel bambino, una canale alimentare psicosomatico”.
Questo seno è ciò di cui il bambino ha bisogno per procurarsi non solo il latte, ma anche gli oggetti
interni buoni. In tale situazione, il bisogno del seno è una sensazione analoga al seno cattivo. Il
bambino, quindi, non sente di aver bisogno di un seno buono, ma di mandar via il seno cattivo.
Tuttavia, questa mancanza è fondamentale per lo sviluppo di un concetto, quindi del pensiero vero e
proprio che nasce dall’assenza e dalla capacità di tollerare questa assenza, la non-cosa. Ritornando
alla metafora della digestione, la componente psichica (amore, sicurezza e angoscia) richiede, come
quella somatica, un processo analogo alla digestione. Ma come avviene questa digestione? Grazie
alla capacità di reverie materna, che è uno stato mentale aperto a ricevere tutti gli oggetti
provenienti dall'oggetto amato, quello stato cioè capace di recepire le identificazioni proiettive del
bambino. La madre le detossicizza e le restituisce al bambino in forma digeribile, quindi pensabile.
La reverie, inoltre, è un fattore della funzione Alfa della madre. Se la reverie materna fallisce ci
sono 2 opzioni:
- se vi è una buona capacità di tollerare la frustrazione, l’identificazione proiettiva con una
madre incapace di reverie può essere tollerata;
- se questo tratto manca vi sarà l’evacuazione non solo degli elementi beta, ma dell'interno
apparato per pensare i pensieri.
La psicosi
La raccolta più importante di Bion sul tema è “Second though” (secondi pensieri) in cui Bion
raccoglie tutti gli scritti sui casi clinici, sul suo lavoro con pazienti psicotici e sul fallimento del
pensiero nella condizione psicotica. La psicosi, per Bion, non è un'etichetta diagnostica o una
categoria psichiatrica, ma un modo di funzionare della mente che coesiste con altre modalità, infatti
Bion parla di parte psicotica e parte non psicotica di personalità, ciò significa che tutti, nel corso
della vita, possono attraversare degli assetti mentali di tipo psicotico (ad esempio chiamo a casa e
mi rispondono degli estranei). Per Bion, la condizione psicotica è caratterizzata da fallimento del
pensiero, innanzitutto, ricordiamo che l’autore differenzia il pensiero (contenuto) dal pensare,
inteso come processo, la capacità di pensare si sviluppa essenzialmente grazie allo sviluppo di due
fattori, uno di natura innata che è la tolleranza alla frustrazione (tratto del funzionamento mentale
del bambino) e uno di natura relazionale che è la reverie materna (intuizione immaginativa della
madre rispetto alle emozioni del bambino e alle sue necessità). In una situazione fisiologica il
bambino esperisce delle situazioni o sensazioni spiacevoli, ad esempio, la fame: se la madre è
presente può soddisfare il bisogno del bambino, favorendo così l’unione tra le preconcezione e
l'esperienza percettiva; si avrà così la nascita della concezione (qualcosa di percettivo, come un
pensiero vero e proprio). In tale situazione il bambino potrà evacuare il seno cattivo in qualcosa di
reale, il seno esistente, garantendo così un modello di identificazione proiettiva ben riuscito.
Se però la madre è assente non si avrà l'incontro tra l'idea innata di seno (la preconcezione) e
l'esperienza dello stesso, per cui si avrà un cattivo, un non seno, un qualcosa da evacuare.
Ora se il bambino è dotato di una buona tolleranza alla frustrazione, l’invidia non avrà quota elevate
e di fronte all'esperienza di mancato incontro con il seno, il bambino potrà tollerare all'assenza e
quindi comincerà a farsi un'idea di un qualcosa che in passato aveva incontrato (il seno) e quindi
nascerà il pensiero, il bambino tollera il vuoto, la non cosa e essere in grado di trasformare questo
vuoto in un pensiero. Se invece, c'è un'intolleranza alla frustrazione, l'invidia e altre dimensioni di
distruttività hanno livelli molto elevati per cui il bambino non tollera questo vuoto ed evacua questa
sensazione nell'altro, si avrà così un'identificazione proiettive ipertrofica, quindi non un modello di
identificazione proiettiva funzionale in cui la madre trasforma i dati ingeriti del bambino in
qualcosa di tollerabile, in un modello identificazione proiettiva disfunzionale, il bambino evacuerà
non solo gli elementi beta, ma tutto l'apparato per pensare i pensieri; il bambino e evacuerà quindi
tutti gli strumenti che potevano garantirgli la nascita di un pensiero. Avremo, quindi, in questo caso
un fallimento della reverie per cui il bambino non sarà compreso nei suoi bisogni primari e
reintroietterà con quella paura di morire incombente che il bambino ha dalla nascita (legato per
esempio alla fame), alleggerita e trasformata dalla madre in una paura tollerabile, ma reintroietterà
un terrore senza nome, una sensorialità allo stato puro, qualcosa che non può essere contenuto nè
dal pensiero, nè dalla parola.
La psicosi può essere letta in termini di fallimento della funzione Alfa infatti quando la funzione
Alfa è alterata o assente, gli elementi beta non possono essere elaborati e trasformati in elementi
Alfa, quindi, in quelle rappresentazioni utilizzabili per il pensiero e il sogno per cui l'individuo si
troverà a vivere in un mondo di sensorialità pura. Infine, data l'assenza di elementi Alfa, non sarà
possibile la formazione di una barriera di contatto, ma solo uno schermo beta: non vi sarà, quindi,
distinzione tra conscio/inconscio, percezione/allucinazione, mondo interno/mondo esterno e tra
sonno/veglia.
In tale condizione, si abolisce la capacità di dare significato alle emozioni e quindi si avrà la
formazione di prodotti patologici, come allucinazione, deliri e creazione di oggetti bizzarri che sono
particelle distaccate dalla mente e proiettate in un oggetto esterno, che raccoglie queste parti di sé.
Questo oggetto reale non seguirà più, per il suo funzionamento, le leggi della natura, ma segue quei
principi del funzionamento mentale. L'esempio più noto riportato da Bion è quello del grammofono
che spia (delirio persecutorio): tale oggetto esterno acquista le caratteristiche di quelle particelle
proiettate di sè che hanno caratteristiche sensoriali (in questo caso la vista perché il grammofono
spia). La struttura di questi oggetti è caratterizzata da tracce di Io e Super-Io, cosa che li distingue
dagli elementi beta.
Forma di pensiero concreto (concezione) intrisa di sensorialità (com’era il bacio? Umido).
Linking
Il link, o legami emotivi, sono emozioni che si legano agli oggetti, infatti le emozioni non possono
essere mai slegate da una relazione. Il legame quindi è una disposizione mentale di relazione con
l'oggetto e descrive una condizione in cui persone (o parti di esse) sono unite in una relazione; in
particolare il legame, il link può avvenire tra due esperienze emozionali, tra due immagini o tra un
oggetto e un'emozione (ad esempio, amo il mare).
Bion individua 3 tipi principali di legami emotivi:
- L= love- amore
- H= hate- odio
- K= knowless- conoscenza
Tali legami emotivi hanno anche il corrispettivo negativo (-L, -K, -H). In particolare, Bion
sottolinea che amore e odio non sono l'uno il negativo dell'altro, non sono da intendere in termini
opposti in quanto l'odio è comunque un legame emotivo molto forte per cui nel momento in cui il
legame L si scioglie non avremo H, ma avremo il cinismo. La conoscenza, K, è legame emotivo …
perché c'è sempre un soggetto che cerca di conoscere un oggetto, ovvero fa proprio parte
dell'individuo questa disposizione della conoscenza, alla ricerca della verità. Il negativo di K è la
menzogna, in quanto la conoscenza è l'apprendimento delle proprie esperienze emotive più
profonde e ciò, come spiega Bion, comporta sempre una certa dose di dolore mentale, con la
menzogna si cerca di evitare tale dolore per cui si attacca il pensiero e si falsifica l'esperienza
emotiva, con conseguente crollo dell'apparato per pensare i pensieri.
Gli attacchi al legame, infatti, riguardano quella dimensione che è la parte psicotica della
personalità, che attraverso un movimento distruttivo (invidia, arroganza e superbia) distrugge
l'incontro con l'oggetto e in questo modo si preclude l'accesso all'emozione, secondo un movimento
di anti-emozionalità:
Legami Anti-legami (che sono sempre connotati in termini difensivi)
Love (L) Cinismo (-L)
Knowless (K) Menzogna (-K)
Hate (H) …, bigottismo, paura del diverso (-H) -> … dalla dimensione
distruttiva con una moralità eccessiva
Appendice di Guntrip
Quali sono i fattori della funzione Alfa? Attenzione, sistema di annotazione/memoria, scissione,
identificazione proiettiva, oscillazione PS->D e formazione del simbolo. La funzione Alfa
costituisce, quindi, l'operazione cosciente di tutti questi fattori tra loro. In questo modo l'esperienza
… e immediata è trasformata in qualcosa di utilizzabile per pensare.
Quali effetti ha il processo di digestione sulle esperienze immediate? Esso deve in qualche modo
sottrarre loro il carattere dell'immediatezza per mezzo della formazione di immagini alle quali viene
conferito il senso di “essere passate”. Esse diventano “ricordi”, immagini di esperienze passate
immagazzinate per essere utilizzate nell’incorporazione di esperienze future. Ciò non accade
quando le esperienze sono gravate da paura o da dimensioni distruttive: in questo caso, esse
rimangono vive come copri estranei contro i quali si ha bisogno di protezione e l'unico metodo per
fare ciò sembra consistere nel trasformare in cose inanimate, introiettate per poi essere evacuate per
mezzo delle proiezioni. Scrive Bion, “il timore suscitato della paura, dall'odio, dall'invidia è
talmente grande che dei passi vengono compiuti al fine di cancellare ogni coscienza di avere dei
sentimenti, obiettivo ed effetto sono di dare …… la possibilità quelle che nella vita successiva
vengono chiamate comodità materiali senza che vi si accompagni il riconoscimento di un oggetto
vivente che quasi esse scaturiscono”.
La distruzione della coscienza di avere dei sentimenti depersonalizza l’Io e rende possibile la
depersonalizzazione degli oggetti. Quando sia l'Io che gli oggetti sono ridotti a “cose inanimate”
non ci può essere la funzione del comprendere. Ha così inizio la formazione di una personalità
infantile schizoide con tutte le sue incapacità di sentire e di avere e con tutta la sua abilità ad
introiettare e proiettare ciò che non può essere compreso, avvicinato se non per via della paura e
dell'odio. In queste condizioni la funzione alfa non può operare, il pensiero orientato alla realtà non
è possibile e viene posta la base per stati paranoidi e per i disturbi del pensiero schizofrenico.
Se le paure premature sono forti, determinano il tentativo di evitare l'esperienza del contatto con gli
oggetti viventi e ciò si ottiene mediante l'inversione della funzione Alfa.
La teoria bioniana degli elementi alfa e beta sembra realizzare anche un approccio originale al
problema degli oggetti interni e può gettare luce sulle differenze di opinione tra la Klein e Fairbairn
circa la natura delle prime interiorizzazioni. La Klein sostiene che un buono sviluppo dell'Io si
fonda necessariamente sull’interiorizzazione dell'oggetto buono; Fairbairn sostiene, invece, che il
lattante non ha bisogno di interiorizzare l'oggetto buono e che delle buone relazioni oggettuali sono
sufficienti a promuovere un buon sviluppo dell’Io. Ciò sembrerebbe corrispondere al punto di vista
di Bion, secondo cui, l’esperienza non disturbata viene “digerita” e trasformata in pensiero e
memoria che vanno a costruire la batteria di contatto; Bion sostiene che un danno alla barriera di
contatto deriva dall’inversione della funzione Alfa, colpisce la struttura associata alla funzione Alfa,
cioè l’Io. Egli ritiene, quindi, che la funzione Alfa normale comporta uno sviluppo naturale dell'io.
D'altra parte Fairbairn sostiene che ciò che viene interiorizzato è l'oggetto cattivo o l'oggetto
frustrante dal quale l’oggetto cattivo viene scisso. Ciò implica che la formazione di oggetti interni è
un processo patologico, cosa illustrata dalla visione bioniana degli elementi beta come risultati di
un'esperienza indigeribile in quanto disturbata dalla paura e quindi giacente nella psiche come una
cosa in sé suscettibile soltanto di essere introiettata, proiettata e agita. La visione bioniana, secondo
cui la barriera di contatto degli elementi Alfa può essere distrutta e secondo cui gli oggetti bizzarri
possono … in oggetti bizzarri, suggerisce che la creazione di oggetti cattivi interni è un processo
contrastato dallo sviluppo normale dell’Io sano.
Foulkes e la gruppoanalisi
L'eredità freudiana sulla psicodinamica dei gruppi, pur rappresentando il punto di partenza per lo
studio sui fenomeni gruppali, si … dando origine a tre filoni fondamentali:
- Psicoanalisi di gruppo (Bion. …): il gruppo è centrale. Il terapeuta è immerso nell’assunto di
base, ma è colui che mantiene il contatto con la realtà. Egli deve sempre mantenere
l'attenzione su due livelli del gruppo: quello conscio e quello inconscio, evitando di
focalizzarsi su un unico individuo, una … sul gruppo tutto.
- Psicoanalisi in gruppo (filone statunitense con Burrows, Wolf), il gruppo non è al centro
dell'interesse, ma sfondo e dispositivo del setting. Questi autori trattavano con più individui
insieme, con un approccio che è simile alla psicoanalisi individuale (terapeuta direttivo).
- Psicanalisi mediante il gruppo (by the group) (con Foulkes). Foulkes è definito l’inventore
della gruppoanalisi che, come egli spiega, “non è una psicanalisi di un individuo in un
gruppo, ma una forma di psicoterapia pratica, di tutto il gruppo nei confronti del gruppo
stesso, compreso il conduttore”.
Anzieu
Per quanto riguarda Anzieu è possibile mettere in rilievo diversi aspetti portanti della sua
teorizzazione:
- I soggetti umani vanno a gruppi nella stessa misura in cui entrano in un sogno. Dal punto di
vista della dinamica psichica, il gruppo è un sogno, ciò implica che il gruppo come il sogno
e il sintomo, è l'associazione di un desiderio inconscio e di una difesa;
- In virtù dei desideri messi in comune dai partecipanti di un gruppo, un altro concetto
fondamentale è quello di illusione gruppale, ovvero uno stato psichico, condiviso da tutti i
membri, che si basa sull'idea di essere in un buon gruppo,” noi stiamo bene con un buon
gruppo e un buon conduttore”, che sostiene una sorta di illusione narcisistica;
- L'idea del gruppo come di un “Io-pelle”, il gruppo è visto come un involucro di pelle
psichica che assicura una funzione di contenimento, confine e di protezione;
- Il concetto di fantasia di gruppo è ciò che regola gli scenari di realizzazione del desiderio
comune. Il fantasma è, per Azieu, tutto ciò che emerge dal gruppo come una
rappresentazione che mette in scena diversi personaggi e dà volto a dinamiche funzionali e
difensive;
- Il concetto di imago che è qualcosa di più evoluto e strutturato, è realtà storica
transindividuale.
Kaes
Uno dei concetti fondamentali dell'opera di Kaes è quello di apparato psichico gruppale che:
- informa di come funziona un gruppo e anche di come funziona l'individuo, in quanto
membro di un gruppo;
- come scrive l'autore è il risultato di un processo di “costruzione comune ai membri di un
gruppo di … e contenuti psichici”;
- Svolge, inoltre, un lavoro psichico particolare in quanto consente una funzione di legare e
trasformazione; infatti, esso assicura la mediazione e lo scambio delle differenze tra la realtà
psichica nelle sue componenti intrapsichiche e intersoggettive e gruppali e la realtà gruppale
nelle sue componenti sociali e culturali;
- Kaes si interroga, inoltre, su come trasformare il concetto di inconscio secondo un modello
gruppale. Egli propone il concetto di soggetto del gruppo, come soggetto dell'inconscio, ciò
significa che il soggetto si costituisce all'interno di una pluralità di legami intersoggettivi,
grazie a modalità di trasmissione psichica fissata da patti, alleanze e contratti inconsci.
Un esempio di ciò sono:
- Il contratto narcisistico descritto da Aulagnier che rappresenta la posizione attribuita a
ciascun soggetto da parte dell'insieme: un bambino, quindi viene al mondo con una sorta di
missione, prendere, cioè, il posto che gli è stato attribuito nel discorso simbolico del gruppo;
- Il patto denegativo è un'alleanza che si produce sottoforma di un diniego comune quando
interviene un elemento che produce trasformazioni tipo cambiamento catastrofico;
Diventano centrali non solo per Kaes, ma anche per certi autori della scuola francese (ad esempio,
Frainberg, Abrham e Torok), i concetti di:
- Trasmissione intergenerazionale ovvero la vita emozionale trasmessa e comunicata
attraverso l'elaborazione e il racconto da una generazione all'altra;
- Trasmissione transgenerazionale che riguarda la trasmissione della vita emozionale senza
elaborazione (elementi beta) attraverso l'identificazione. La trasmissione transgenerazionale
si organizza dal negativo, non solo da ciò che fallisce o manca nella metabolizzazione
psichica, ma anche da ciò che non è rappresentato o non è rappresentabile. A tal proposito,
Abraham e Torok parlano del fantasma allocato in una ferita, si tratta dell'investimento,
nell'inconscio del soggetto, delle formazioni inconsce di un altro che lo assilla come il
fantasma attraverso il mandato di un antenato.
- Un altro concetto importante introdotto da Kaes è quello del lavoro psichico
dell'intersoggettività, un lavoro psicoanalitico sui gruppi opera continuamente attraverso il
processo psichico dell'altro per poter reperire aspetti che non si riesce a produrre da soli (si
tratta del fenomeno del rispecchiamento in base al quale il proprio materiale rimosso viene
alla luce all'interno del gruppo, quando un altro partecipante … questi aspetti), ciò che è
momentaneamente, indisponibile per la mente dell'individuo può essere reso possibile grazie
al lavoro psichico …
Il sogno
Che cos'è il sogno? Il sogno un modo arcaico e intimo di comunicare, esso rimanda al primo
sviluppo del linguaggio infantile, alla sfera del preverbale, ad una comunicazione intima ed
essenziale, come qualcosa tra madre e bambino. Infatti, l'esperienza onirica ha radici nella vita
psichica dell'individuo a cominciare delle prime relazioni. Il sogno, inoltre, è un evento psichico che
contiene in sé un processo di significazione dell'esperienza. Freud definiva il sogno come una
soddisfazione di un desiderio rimosso in forma allucinatoria, quindi, come il sintomo, una
formazione di compromesso tra desiderio-rimosso e istanza rimovente. In questa prospettiva
l'interpretazione è uno svelamento di significato, un passaggio, da un contenuto manifesto a un
contenuto latente, ovvero si decodifica un testo per pensare ad un altro testo scritto nell’inconscio.
I modelli psicoanalitici più recenti vedono nell'interpretazione, non uno svelamento di significato,
ma una costruzione di senso, spostando in primo piano i processi comunicativi e relazionali. A
questo proposito possiamo ricordare il modello di Bion o quello di Ferro che considera l'onirico
come categoria dell'incontro analitico, prodotto nello stato di veglia dall'incontro tra la mente
relazionale dell'analista e del paziente, un accoppiarsi naturale tra le identificazioni proiettive e la
reverie che producono sviluppo emotivo.
Gruppo e sogno
Per prima cosa, di cosa trattano i sogni in un gruppo? Essi possono riguardare la storia e la vita del
gruppo, delle relazioni o possono essere un messaggio dell'individuo al gruppo, del gruppo al
gruppo o del gruppo all'individuo. All'interno di un gruppo, i sogni parlano tra loro attraverso
reticoli narrativi che … definisce costellazioni oniriche, ovvero sogni risognati dal gruppo, sogni
successivi che permettono all'analista e al gruppo di comprendere aspetti non pensati e non
simbolizzati.
Per quanto riguarda l'interpretazione, in un contesto gruppale, i vari autori sono concordi nel voler
privilegiare il sogno e il sognatore (facendo, quindi, un’analisi individuale del sogno), ma
nell'attenzione una collaborazione di tutti, un “atelier dell'ironico-interpretativo” come lo definisce
Resnik.
In un gruppo, quindi, ogni membro può riorganizzare, reinterpretare il sogno di un altro membro.
Importanti contributi sul rapporto tra sogno e gruppo provengono dalla scuola francese, in
particolare:
- Per Anzieu i soggetti umani vanno a gruppi nella stessa maniera in cui entrano in sogno. Dal
punto di vista della dimensione psichica il gruppo è un sogno. Il tema portante del discorso
di Anzieu è collegato al concetto di illusione gruppale che traduce l'idea che il gruppo viva
in funzione dei desideri messi in comune dei partecipanti: desideri associato alla difesa trova
nel gruppo e la possibilità di essere soddisfatto;
- Per Kaes il sogno è lavorato da una molteplicità di spazi e tempi, sensi e voci, è un crocevia
di più fatti, emozioni, pensieri, ovvero ha una struttura polifonica.
Importante è la funzione del “porta sogno” che ha una funzione …, porta, cioè, l’inconscio nel
gruppo, che risponde alla posizione del sognatore collocato nella topica e nell’economia del gruppo
tra spazi: lo spazio proprio, quello di un fantasma condiviso, quello del legame intersoggettivo
espresso dal transfert.
Come sottolinea …, il sogno rende conscio ciò che era inconscio nel gruppo ed è interpretazione e
costruzione di cui il gruppo benefica in una dimensione trasformativa. È dunque necessario, un
lavoro clinico con i gruppi, creare un contenitore per i sogni. Per F.., in una prospettiva
gruppoanalitica, la possibilità di poter narrare i sogni non è automatica, ma si apprende nelle prime
relazioni. Così come per sognare deve già esserci uno sviluppo psichico, che può consistere
nell’interiorizzazione della funzione contenitrice (alfa) come prerequisito, così per poter
comunicare e condividere i sogni deve esserci la sensazione di una possibile relazione che possa
contenere i sogni narrati.
Un esempio di tecnica di lavoro sui sogni in un gruppo è quella del Social dreaming di Lawrence,
che ha diverse caratteristiche:
- Nella matrice di social dreaming i partecipanti sono … a narrare e condividere i loro sogni, a
fare libere associazioni e ad individuare … attraverso sequenze, elementi comuni e ad
esplorare il loro possibile significato sociale:
- I sogni contengono molte informazioni sulle situazioni e i contesti in cui le persone stanno
vivendo;
- Non è previsto un lavoro sul transfert se non in relazione al sogno come prodotto del
gruppo, né su che funzione possano assumere i sogni nel gruppo (per esempio, funzione
difensiva o evacuativa);
- Per quanto riguarda il setting, generalmente i gruppi vanno da 6 a 70 persone in cicli di 3-6
giorni, o in interventi più lunghi.
Acting-out e Acting-in
Acting-out: azione in quanto ostacolo, blocco o sostituto di pensiero, modalità di scarica di un
individuo, di un desiderio troppo intenso, non rappresentabile;
Acting-in: azione come analizzatore di situazioni; l’agire è tentativo di comunicare in forma pre-
simbolica, l’unica di cui si dispone. In questo caso, quindi, l’acting è una strategia di
comunicazione, di interazione, alla presenza di qualcuno pronto ad accoglierla e comprenderla.
Psicodramma moreniano
Etimologicamente il termine psicodramma deriva dall'unione di due parole greche ovvero psiche e
drama, dove drama deriva dal verbo drao, ovvero “opero, agisco”, quindi, lo psicodramma è la
psiche in azione. Quindi lo psicodramma è un metodo di gruppo (anche se ne esistono versioni
individuali, sebbene meno diffuse) che utilizza la rappresentazione e la narrazione come mezzi di
espressione ed elaborazione di affetti ed emozioni.
Lo psicodramma nasce ad opera di uno psichiatra e sociologo rumeno, Moreno, che mise in luce
come il teatro e la rappresentazione avessero una dimensione terapeutica e catartica. Secondo
Moreno, nel momento in cui si rappresenta la massa in scena permette una sorta di abreazione delle
emozioni: c'è uno stato emotivo che si traduce in azione e attraverso la catarsi è possibile liberarsi
da un conflitto. Quindi, secondo Moreno, è la rappresentazione di per sè ad avere un potere
catartico e terapeutico. Infatti, la catarsi è conseguente ad un … emozionale in cui diventa possibile
rompere la resistenza del protagonista e quindi far emergere … emotivo di cui il protagonista
diventa cosciente, e può avviare un'azione di riparazione e trasformazione.
La catarsi è un costrutto fondamentale del teatro greco e in particolare della poetica di Aristotele,
secondo cui l'osservatore, guardando l'osservatore guardando la messa in scena di alcune emozioni,
si libera da “… passione” è quindi una catarsi che agisce sullo spettatore. Per Moreno, invece, la
catarsi, la vive per lo più il protagonista. Infatti, nella tecnica di Moreno, pur parlando di una catarsi
passiva o secondaria nel gruppo, esso resta sullo sfondo (ed è questa una delle differenze più
importanti tra lo psicodramma moreniano e quello psicoanalitico), ciò significa che Moreno usa il
gruppo come sfondo, in quanto la vera catarsi la vive il protagonista.
Lo psicodramma, per Moreno, è un allenamento, “un riaddestramento in ruoli” per apprendere e
creare nuovi modi di entrare in contatto con la propria spontaneità originaria, intesa come
necessario strumento per trasformare la realtà. Infatti, il ruolo è un’unità di comportamento,
un’unità di comportamento che l’individuo assume una volta che si trova in relazione con gli altri e
si apprende nel contesto sociale, si tratta, quindi, di ruoli fissi appresi a memoria, schematici e
ripetitivi, ed è proprio quando questi voli diventano fissi, rigidi che nasce la patologia, in questi si
imprigionano spontaneità e creatività.
Lo psicodramma assume, così, un'ideologia pedagogica essendo un addestramento alla spontaneità
attraverso l’assunzione di unici ruoli. assieme e sistematico.
Fanno parte dello psicodramma moreniano diversi partecipanti:
- Il protagonista che è l’attore centrale;
- Il direttore che è il regista della rappresentazione e ha un ruolo direttivo, nel senso che è
colui che inizia ad allestire la scena e la dirige;
- Vi sono una serie di IO AUSILIARI, cioè una serie di partecipanti che accompagnano il
protagonista nella messa in scena dello psicodramma;
- Infine, vi è l’UDITORIO, il gruppo che viene ingaggiato soltanto nelle fasi finali di
restituzione.
Diverse sono le regole dello psicodramma moreniano; tra le più importanti ricordiamo:
- Il rappresentare usando la tecnica del COME SE, ovvero si mette in scena una
rappresentazione il cui gesto è simbolico, si invitano i soggetti a immaginare una storia, una
scena da rappresentare con l'immaginazione;
- Improvvisazione, si scelgono ruoli, personaggi da interpretare ecc.;
- Gli IO AUSILIARI, sono coloro che sulla scena giocano la parte di un altro significativo o
del doppio cioè il doppio di se stessi. Il loro ruolo ci consente di delineare un’altra
differenza fondamentale tra lo psicodramma moreniano e quello psicoanalitico. Per capire
bene possiamo immaginare una situazione in cui viene chiesto al protagonista di
rappresentare il rapporto con il padre, che nella realtà era stato severo e maltrattante, ad un
certo punto l’Io Ausiliario agisce in termini accoglienti, ma Moreno non è interessato a tali
trasformazioni.
Invece quando lo psicodramma diventa psicoanalitico, l’attenzione è diretta proprio a queste
trasformazioni; a tal proposito lo psicoanalista … sottolinea che “l’esercizio dello
psicodramma sta proprio nello scarto tra il tema immaginato e il tema che viene
rappresentato. Questo scarto ci dà l’idea della rappresentazione inconscia”.
Psicodramma psicoanalitico
Lo psicodramma inizia a diventare interessante per la psicanalisi quando un gruppo di psicanalisti
francesi ( in primis M…) negli anni 50, si rendono conto di quanto questa tecnica possa essere
d'aiuto nel lavoro con bambini e adolescenti, soprattutto in quelle situazioni in cui è presente un
difetto nell’area della simbolizzazione, lo psicodramma, proprio perché utilizza la rappresentazione,
può essere utile in quelle situazioni in cui ci sono dei difetti della simbolizzazione.
Come diventa psicoanalitica la tecnica psicodrammatica moreniana?
Nel momento in cui vi si introducono i concetti legati alla psicoanalisi classica, primo tra tutti il
concetto di transfert, lo psicodramma può essere considerato psicoanalitico solo quando tiene conto
dell’instaurarsi del transfert e della sua elaborazione.
In Francia abbiamo due modelli principali di psicodramma psicoanalitico:
- Lo psicodramma psicoanalitico individuale, utilizzato soprattutto negli ospedali in cui vi è
un'equipe di specialisti che lavorano con un singolo paziente;
- Lo psicodramma psicoanalitico di gruppo che si rivolge ad un gruppo di pazienti e viene
condotto generalmente da una coppia di co-terapeuti (a differenza del modello moreniano, il
gruppo viene pensato).
- Il modello di Kaes
Secondo l'autore lo psicodramma psicoanalitico si fonda su alcune dimensioni fondamentali:
1. Il lavoro dell’intersoggettività, si basa sul principio che ciò che psichicamente
indispensabile alla mente di un soggetto può essere rappresentato grazie alla mente
dell'altro, quindi se c'è un contenuto irrappresentabile per un soggetto, l'altro può
renderlo disponibile;
2. Il rapporto tra parola, gioco e gruppo, il conduttore attraverso la parola, istituisce delle
regole che rendono possibile il gioco, la drammatizzazione, la messa in scena, dopodiché
c'è nuovamente il ritorno alla parola. quindi non è importante sono l'azione, la
drammatizzazione, ma è importante l'articolazione tra linguaggio verbale e linguaggio
per immagini.
3. Lo spazio del preconscio, lo psicodramma si può collocare nello spazio del preconscio,
in quanto entrambi parlano per immagini.
Secondo Kaes il preconscio è l’area del legame e consente i processi trasformazione.
- Il modello di Shutzenberg
Definito come psicoanalista triadico, in quanto si basa su tre discipline: lo psicodramma classico
moreniano, la sociometria e la dinamica di gruppo.
Da Moreno prende l'accento dato alla liberazione della spontaneità e dei sentimenti, mentre della
psicanalisi usa la chiave interpretativa. Inoltre, nel suo lavoro, non solo l'individuo, ma anche il
gruppo acquista particolare importanza, infatti il gioco del protagonista è visto come un’estensione
come del vissuto del gruppo, anche se il fulcro delle dinamiche è iniziato all'apprendimento di ruoli
e ad una più generica presa di coscienza.
Interessante in questo modello, è l'introduzione dell'osservatore che aiuta il gruppo nella presa di
coscienza delle proprie dinamiche.
N.B.: In generale è possibile affermare che con lo psicodramma psicoanalitico più che guardare alle
dimensioni di creatività e spontaneità (come nello psicodramma moreniano), intese come
dimensioni trasformative, si guarda all'istituzione di un setting, alle regole, all'elaborazione di un
pensiero sull’ azione su quanto è stato rappresentato. In sintesi, le differenze tra psicodramma
moreniano e psicodramma psicoanalitico sono:
- … Trascura la dimensione della comprensione;
- Moreno non considera difese e resistenze;
- non pensa il gruppo;
- non dà importanza alle trasformazioni.
- Gruppi di formazione
Per quanto riguarda i gruppi di formazione possiamo individuare due contenitori e dispositivi
fondamentali: il gruppo esperienziale nella formazione degli operatori e in particolare dello
psicologo (che si basano su una domanda di apprendimento) e il gruppo di supervisione nelle
istituzioni di cura. (domanda di cura).
- Gruppo esperienziale nella formazione dello psicologo
Per lo psicologo in formazione, il gruppo esperienziale … di … all'apprendimento teorico
l'esperienza vissuta, dunque un apprendere dall'esperienza. Attraversare un'esperienza
psicodinamica di gruppo nella formazione permette di osservare … i … di gruppo nel loro
manifestarsi, le dinamiche dell'istituzione entro il quale il gruppo si inscrive e le peculiarità della
domanda di formazione dell'individuo e del gruppo istituzionale.
- Supervisione e intervisione di gruppo
In ambito psicodinamico un lavoro di supervisione nasce come lavoro sui casi difficili, in generale
la supervisione analitico implica che un analista in formazione sottoponga il proprio lavoro con un
paziente a un analista esperto, lavorando su dimensioni conoscitive, trasformative e terapeutiche.
Hiushelwood sottolinea che il lavoro di supervisione ha come compito quello di illuminare “le
macchie cieche”, “gli …”, ciò che non si vede di un caso problematico. Per quanto riguarda la
supervisione in gruppo, oggi più che di supervisione (esperto/…) si parla di intervisione, in quanto
non c’è una funzione esperta che risiede solo nel conduttore, ma è il gruppo a diventare l'esperto,
assumendo una funzione di supervisione (il conduttore è comunque fondamentale in quanto garante
del setting). Il capostipite del lavoro di supervisione di gruppo è Balint che inizia a introdurre il
lavoro di gruppo in ambito medico. … “gruppi Balint” lavoravano su casi difficili nelle loro
componenti oggettivo/relazionali; in particolare Balint centrò tutto il suo lavoro sulla discussione di
casi clinici in gruppo, in modo che ogni partecipante potesse vivere la relazione medico/paziente,
descritta dal collega che riportava il caso, intervenendo, associando liberamente, producendo
fantasie.
Nelle istituzioni psichiatriche, per la delicatezza del loro mandato istituzionale e per il forte impatto
emotivo che la malattia mentale ha sugli operatori, la supervisione può introdurre l'attività di
pensiero talvolta messa in scacco da meccanismi di difesa primitivi. Quindi l'oggetto della
supervisione si sposta dal paziente o dal gruppo di pazienti, all'istituzione in termini di relazioni e
rapporti tra le parti. Non, più, una supervisione “nell'istituzione”, ma “dell'istituzione”.
La teoria della tecnica
- Il transfert
In senso ampio il transfert designa quel meccanismo che trasferisce inconsciamente nel qui e ora
della relazione clinica impulsi, relazioni oggettuali, desideri, difese ecc., appartenenti ad una storia
collocata in un altrove.
L'eredità freudiana in merito è stata sintetizzata in “dinamica della traslazione” e “5 conferenze
sulla psicoanalisi”, in cui vi è il riconoscimento del transfert come fattore terapeutico. Tuttavia,
come sottolinea Manfredi la nozione freudiana di transfert è polifonica, nel senso che contiene un
insieme di significati che non si escludono tra loro; Essi sono:
- Il transfert è una resistenza in quanto si oppone alla prosecuzione della cura e come tale
deve essere interpretato;
- Il transfert è una falsa connessione, nel senso che un impulso viene trasferito da un oggetto
singolare alla figura dell'analista, il compito è quindi quello di correggere questo
spostamento;
- Il transfert è una ripetizione del passato nel presente.
Attualmente il concetto di transfert ha assunto un'estensione più ampia, includendo non solo la
riedizione del passato nel presente, che il paziente trasferisce all'analista, ma tutta l'organizzazione
dell'esperienza relazionale secondo modelli interni.
Nell'ambito della relazione analitica si possono manifestare diverse tipologie di transfert:
- Il transfert erotico in cui gli elementi seduttivi vanno esplorati ed elaborati insieme a
sentimenti di ostilità e collera primitivi;
- Il transfert psicotico in cui l'analista può per esempio sentirsi simbioticamente fuso con il
paziente, senza sapere più chi dipende da chi o sentirsi costretto a pensare totalmente al
posto del paziente;
- Il transfert narcisistico, che Kohut esprime come transfert-oggetto sè in cui, appunto, va ad
essere traslata una parte di sè per esprimere il bisogno di riprendere lo sviluppo arrestato o
deviato.
Nel transfer, inoltre, si esprime ciò che non è stato risolto. In questo senso viene sottolineato come
esso rappresenti non una semplice ripetizione, ma una collocazione di esperienze vissute, ma non
pensate in una nuova forma che permette una sperimentazione emotiva, che, a sua volta, consente di
rielaborare creativamente il passato.
Il controtransfert
Freud definisce il controtransfert come influsso di sentimenti inconsci del paziente sul medico. Più
comunemente si è passati dall'idea di considerare il controtransfert come un ostacolo al lavoro
analitico, un punto cieco, una resistenza riattivata da conflitti arcaici dell'analista, all'idea di
controtransfert come fonte di conoscenza. A tal proposito Winnicott, invita gli analisti a non
colpevolizzarsi per le loro reazioni negative spontanee derivanti dal carico emotivo che alcuni
pazienti richiedono ma, invece, utilizzare tali sentimenti negativi nell'interesse del paziente.
Il transfert nel gruppo
Nel gruppo il fenomeno del transfert assume una configurazione più complessa; se infatti da un lato
o vi sono i transfert operati da ciascun soggetto sugli altri partecipanti (quelli che … definisce
transfert laterale o transfert fraterno), dall'altro essi avvengono sempre in presenza di un contenitore
che sarà a sua volta investito.
In un'ottica bioniana, il transfert confluisce nella dinamica degli assunti di base, configurazioni
transferali operanti in un campo comune. Dalla scuola francese, … individua quattro oggetti di
transfer in un contesto gruppale:
- Transfert centrale sul terapeuta o un conduttore, che raccoglie generalmente l'imago paterna;
- Transfert laterale sugli altri membri del gruppo;
- Transfer del gruppo sul gruppo, inteso come oggetto psichico che contiene dimensioni
particolarmente arcaiche;
- Transfert sul mondo esterno, sempre dalla scuola francese Kaes sostiene che sulla scena
gruppale, il transfert diventi diffratto, nel senso che il gruppo accoglie connessioni a più
livelli. Per comprendere meglio questo concetto, ci si può chiedere cosa trasformiamo in un
contesto gruppale: trasformiamo elementi nella sincronia (cioè tutto ciò che accende
all'interno del gruppo in un dato momento) ed elementi di diacronia (cioè tutto ciò che
appartiene al passato, come per esempio, elementi di interazione familiare). La situazione
gruppale accoglie tutti questi tipi di dinamiche ed è, in questo senso, che il transfert è
diffratto. Gli autori bioniani utilizzano invece il concetto di campo gruppale, tale costrutto
deriva dagli studi in psicologia sociale, in particolare dai lavori di Kurt Lewin che indica il
campo come un insieme di forze. Gli psicanalisti che adottano il concetto di campo, (come
l'italiano Ferro e i coniugi franco- argentini Baranget), lo intendono come qualcosa che va al
di là della relazione terapeutica, ciò significa che non si guarda più al … della relazione in
termini di dinamiche di transfert e controtransfert, ma si guarda ad un elemento terzo che
non è nè l'analista né il paziente, ma il campo emotivo- affettivo del gruppo, definito dai
Baranget “campo bipersonale”.
Il campo del gruppo comprende uno spazio evolutivo, mentale, relazionale, esperienziale,
uno spazio intrapsichico e intersoggettivo, ma anche transferale e transgenerazionale,
comprendendo, quindi, anche dimensioni culturali e istituzionali.
L’interpretazione
L'interpretazione è un'operazione di mediazione che consiste nel trasformare una forma di
espressione in un'altra più comprensibile, affinché le esperienze mentali e relazionali da ignote e
inesprimibili diventino pensabili.
Per Freud, come espresso ne “l'interpretazione dei sogni”, l'interpretazione è un processo di
svelamento che consente di realizzare l'obiettivo freudiano dell'analisi, ovvero “dove era l'Es, deve
subentrare l'io”. Più recentemente i modelli psicoanalitici vedono l'interpretazione non come uno
svelamento di significato, ma come una co-costruzione di senso. L’interpretazione, quindi, descrive
un'esperienza condivisa e ne sono prerequisiti l'ascolto, il lavoro di riflessione sulla propria
posizione, sui sentimenti che l'interpretazione mobilita nell'analista.
Bion ha mostrato come l’interpretazione sia collocabile in un modello trasformazionale. I contenuti
mentali, le esperienze emotive non elaborate devono trovare un contenitore in grado di digerirli e
metabolizzarli per trasformarli in pensieri; questa è ciò che Bion chiama funzione Alfa. Quindi il
processo psicoanalitico si fonda su una teoria delle trasformazioni: alcune trasformazioni sono
associate alla “conoscenza su qualcosa” (trasformazioni in K) che sfocia in una conoscenza
intellettiva, altre sono esperienze di profonda conoscenza esistenziale (trasformazione in O).
In generale l’interpretazione deve contenere l'idea di un messaggio non definito, che abbia come
obiettivo l'apertura dell'esplorazione di nuovi nessi e pensieri, dovrebbe essere, cioè, ciò che Bion
definisce interpretazione insatura.
A tal proposito Ferro propone la metafora di gioco dei lego: così come nel gioco dei lego, gli
elementi emotivi non servono a completare una costruzione, ma consentono l’aggancio ad altri
pezzi diversi.
In questo modo l'interpretazione diventa quella funzione del lavoro clinico e analitico tesa a creare
un sistema trasformazionale della realtà emozionale.
Per quanto riguarda l'interpretazione del gruppo, la capacità interpretativa non è funzione della sola
condizione, ma è una risorsa collettiva comune. Infatti, come sottolinea Corrao, ogni intervento nel
gruppo fatto da chiunque e da qualsiasi punto di vista, è un'interpretazione dello stesso gruppo.
Il setting
In termini generali è possibile definire il setting come una cornice sia materiale che psichica che,
grazie a condizioni stabili, contiene e allo stesso tempo fonda la relazione clinica. Infatti, attraverso
la definizione di regole, la relazione clinica prende forma nella propria specificità garantendo a
pensieri, fantasie, contenuti mentali, rappresentazioni, un contenitore con dei confini.
Il setting in psicanalisi
Gli scritti di Freud non trattano direttamente del setting, tuttavia in “Consigli sulla tecnica” vi sono
numerosi riferimenti alle condizioni da rispettare in analisi, come la regolarità spazio-temporale,
astinenza dall'analista (ovvero l’astenersi dal soddisfare desideri e richieste del paziente), la sua
neutralità (cioè l'analista assume un atteggiamento di ascolto neutrale, sospendendo il giudizio e
attivando l'attenzione fluttuante), misure che definiscono l'orario, l'uso del lettino e soprattutto la
regola delle libero associazioni che invita il paziente a sentirsi libero di esprimere ciò che viene alla
mente.
Come spiega Genovese l'assunzione di specifiche regole (setting) nel processo analitico ha per
Freud alcuni scopi fondamentali:
- Instaurare una condizione neutra che protegge dalla realtà esterna;
- Ridurre l'attività sensoriale e indurre la regressione a mantenere una sospensione dell'azione
per favorire l'emergere del materiale emotivo;
- Consentire lo sviluppo del transfert.
Una prima definizione di setting si deve a Winnicott che lo individua come dispositivo che
caratterizza la mente dell'analista e la conduzione del rapporto terapeutico; si tratta di uno spazio
fisso e disponibile che funge da holding, da ambiente di sostegno indispensabile fino a quando il
paziente riesce ad autosostenersi, da quel momento il setting diviene un elemento condiviso, un
luogo di incontro trovato e creato dalla relazione, proprio come avviene nel processo di continuo
adattamento che la madre compie nei confronti del bambino. Più recentemente, un contributo
importante sul tema deriva da Bleger (in particolare nel suo lavoro “psicanalisi del setting
psicoanalitico” del 1967) offre anche una lettura psicodinamica delle istituzioni. L'autore sottolinea
che in ogni situazione analitica è possibile distinguere due dimensioni:
- Un processo cioè un insieme di variabili che evolvono, si analizzano e si interpretano;
- Un setting cioè un insieme di variabili che restano costanti (ad esempio fattori spazio-
temporali) quindi un non processo che Bleger definisce setting muto per la sua immobilità
grazie alla quale ha la stessa funzione di che nello sviluppo ha la simbiosi madre-bambino. È
importante, quindi, dare importanza al setting, sottolinea Bleger, non solo quando esso si
rompe, ma quando rimane costante, perché è proprio sugli elementi invarianti che si
depositano le angosce psicotiche dell'identità, la parte più indifferenziata e … risolva delle
personalità, che l'autore definisce parte simbiotica di personalità, (quella che per Bion è la
parte psicotica di personalità).
Per quanto riguarda il contributo delle istituzioni, Bleger distingue due livelli di socialità:
- socialità per interazione, che è la socialità più evoluta che implica la comunicazione, la
differenziazione tra gli spazi psichici;
- Socialità sincretica meno evoluta che è la socialità indistinta che prevede un livello
sensoriale pre-verbale. È un livello primitivo di socialità che Bleger assimila alla
dimensione simbiotica tra madre e bambino.
Analizzando, poi, il rapporto setting-istituzione, Bleger individua in quest'ultimo un dispositivo
“sincretico” della personalità, in essa l'uomo soddisfa i bisogni di sicurezza, identità, appartenenza.
Il setting gruppale
In base agli obiettivi e ai contesti è possibile distinguere diverse tipologie di gruppo:
- i gruppi terapeutici (sia in ambito pubblico come le case famiglia, la comunità, centri di
riabilitazione; sia in ambito privato), si pongono obiettivi di cura, trasformazione e
cambiamento. Il concetto di cambiamento terapeutico ha avuto delle evoluzioni negli ultimi
anni: se esso, inizialmente, … in campo psicodinamico, si poteva definire come risoluzione
del sintomo, oggi può essere inteso come acquisizione di nuovi processi, raggiungimento di
una migliore relazione con la realtà, abbandono di funzioni distoniche a favore di soluzioni
maggiormente adattive.
Per Bion, in termini terapeutici, il gruppo produce trasformazioni di pensiero attraverso ciò
che Corrao ha definito funzione gamma, ovvero l'analogo gruppale della funzione Alfa,
quindi la funzione gamma produce trasformazione nei gruppi.
In un'ottica gruppoanalitica, i principali fattori terapeutici sono la coesione (che può essere
considerata l'analogo gruppale della relazione terapeutica; nello specifico essa è l'attrazione
dei membri del gruppo per il gruppo stesso), rispecchiamento e risonanza (per cui si lavora
ad uno di definizione identitaria attraverso similitudini e differenze).
Più in generale sono stati individuati come fattori terapeutici spontanei: l'universalizzazione
dei problemi, lo scambio affettivo, la condivisione.
Un'altra caratteristica fondamentale di gruppi terapeutici è l'omogeneità che può essere
relazione a diversi fattori:
1. sintomi, i gruppi saranno, quindi …, ovvero accomunati da una stessa diagnosi clinica
(tossicodipendenza, anoressia, alcolismo ecc.) o dalla stessa diagnosi medica (malattie
genetiche e tumorali ecc.);
2. categorie professionali o ruoli, per cui i gruppi saranno monotematici; quindi, per
esempio, per quanto riguarda le categorie professionali si potranno avere gruppi di
medici, insegnanti ecc, mentre per quanto riguarda i ruoli si potranno costruire gruppi di
genitori, uomini, donne ecc.
3. per quanto riguarda la struttura e la processualità (quindi spazi e tempi) dell'individuo,
un gruppo terapeutico generalmente si svolge 1 o 2 volte a settimana per circa un'ora,
un'ora e mezza. Il gruppo terapeutico può essere chiuso quando i partecipanti sono
sempre gli stessi, per cui, si avrà un inizio e una fine uguale per tutti, o aperto quando,
cioè, i nuovi pazienti prendono il posto di quelli che se ne vanno ed è una modalità
perlopiù presente nei gruppi terapeutici a lungo termine.
I gruppi di sostegno o di counselling (in cui la domanda di aggregazione è istituzionale) che hanno
obiettivi di narrazione e crescita emotiva personale e interpersonale; supporto a situazioni specifiche
di difficoltà (per esempio legati a momenti di transizione) e sono dunque a tempo limitato. La
relazione clinica si basa essenzialmente sul sostegno e l'empatia, riservando un ruolo marginale
all'interpretazione;
I gruppi di formazione, (come gruppi esperienziali nelle istituzioni educative e formative, o la
supervisione) hanno come obiettivi la conoscenza, la trasformazione, l'acquisizione di competenze
rispetto a oggetti o processi, come, per esempio, la capacità di riflessione sullo stesso processo
formativo, sulle dinamiche interpersonali.
I gruppi, poi, si distinguono per la composizione; a tal proposito De Marè distingue gli small group
costituiti da 7-9 persone (come quelli a funzione analitica); i median group, gruppi intermedi che
possono essere costituiti da un numero di partecipanti che varia dai 20 agli 80; il large group che
possono superare anche le 80 unità.
De Marè sostiene che il problema del piccolo gruppo è quello di “arrivare ad emozionarsi”, mentre
il problema del gruppo allargato è quello di “arrivare a pensare”. Ciò perché nei gruppi allargati vi
sono fenomeni massicci di regressione, la paura della dissoluzione dell’identità, dell'individualità
del partecipante, per cui si attivano difese come il disinteresse, la passività e l'ironia. Per quanto
riguarda la configurazione spaziale, per quanto riguarda i piccoli gruppi, è generalmente una
disposizione a cerchio o a ferro di cavallo; mente con gruppi più numerosi è utile disporre le sedie a
spirale per indicare che il gruppo non ha un inizio né una fine. Per i gruppi con i bambini e
adolescenti, è utile creare gruppi con soggetti che abbiano più o meno la stessa età; generalmente i
gruppi vengono formati distinguendo le fasce di età: 0-3/3-6/6-10/10-18.
Ovviamente le tecniche utilizzate variano in relazione all'età dei partecipanti; per esempio con i
bambini più piccoli si possono usare disegni o la scatola dei giochi, (contenente animali, adesivi
plastilina) (ricordiamo che per la Klein ognuno aveva la propria scatola dei giochi, oggi invece, essa
appartiene all'intero gruppo); mentre con i preadolescenti risultano essere molto utili le tecniche
come lo psicodramma, la narrazione, il racconto e la costruzione di storie.
Osservazione e resoconto
Storicamente, l'interesse per l'osservazione psicanalitica comincia negli anni 50 con Anna Freud
nelle Homsted War Nurseries che accoglievano orfani di guerra. Winnicott rileva, poi, l'importanza
del setting e dell'atteggiamento psicanalitico dell'osservatore. I lavori di Bick si ricordano per la
possibilità di guardare all'osservazione come uno strumento formativo.
Il modello psicodinamico fornisce una lettura dei fenomeni in termini di relazioni transferali e
controtransferali; l'osservatore è coinvolto nella costruzione del campo osservato attraverso il
coinvolgimento del proprio mondo interno; la sua posizione, quindi, è contemporaneamente
centrale e partecipe.
Per quanto riguarda il resoconto, come sistematizzato dava da Carli e Paniccia, è uno dei momenti
centrali: dell'intervento in quanto consente allo psicologo clinico di pensare. In particolare, secondo
Carli, il resoconto è una trasformazione dell'esperienza emotiva del lavoro del clinico in una
rappresentazione formale, nel momento in cui il clinico trova una parola, una rappresentazione
dell'intervento, attiva una trasformazione.
Adolescenza
Psicodinamica dell’adolescenza
I lavori psicodinamici sull'adolescenza cominciano a fiorire intorno agli anni 60/70, grazie
all'evolversi di modelli precedenti.
Avvicinarsi all'adolescenza in un'ottica psicodinamica, significa affrontare diversi tipi di processi,
come l’ irruzione della sessualità, le trasformazioni del corpo con il corrispettivo riattivarsi di
fantasmatiche edipiche e pre-epiche, i meccanismi di difesa con le loro variazioni, la strutturazione
identitaria e il rapporto tra l'adolescente e il gruppo di pari.
Diversi autori e modelli hanno contribuito ad un'analisi sulla psicodinamica adolescenziale:
- Freud, pur non avendo trattato in modo specifico dell'adolescenza, nel terzo dei “ tre saggi
sulla teoria sessuale” (1905), la definisce come una ricapitolazione delle vicende della
sessualità infantile in cui si riorganizzano le pulsioni parziali sotto il primato della genitalità;
inoltre a causa dell’ esplosione pulsionale tipica dell'adolescenza, e necessario un
cambiamento degli investimenti oggettuali, mentre altre quote libiche tornano all’Io
destabilizzato, in un investimento narcisistico. Freud, quindi, tratta il processo
adolescenziale muovendosi su un'asse pulsionale;
- Questa dimensione è ripresa dai coniugi Laufer che sostengono che il compito evolutivo
principale dell'adolescente sia quello di organizzare definitivamente la propria sessualità
integrando, nell'immagine del sé, quella del corpo sessuato. Gli autori, inoltre, introducono il
concetto di breakdown evolutivo ( simile a un crollo psicotico) che consiste in un rifiuto
inconscio del proprio corpo sessuato e di una rottura traumatica (che può essere più o meno
grave) dell'equilibrio precedentemente raggiunto;
- Blos (psicologo dell’Io americano) considera l'adolescenza come un secondo processo di
separazione-individuazione il cui scopo è l'acquisizione di autonomia, quindi uno dei
compiti evolutivi specifici dell'adolescenza è il distacco dagli oggetti interni, prima fonte di
sicurezza, poi disinvestiti a favore degli oggetti esterni. Blos, quindi, nel suo contributo sullo
studio dell'adolescenza, non si muove su un'asse pulsionale, ma su un'asse identitario, in
quanto viene riconosciuto come compito evolutivo principale dell'adolescenza, il
consolidamento dell'identità;
- Questa dimensione viene ripresa da Anna Freud (psicologa dell’Io) che considera come
fondamentale, nella ridefinizione dell'identità adolescenziale, il riassetto delle difese; Anna
Freud mise in evidenza i principali meccanismi di difesa tipici dell'adolescenza:
1. difese contro i legami oggettuali infantili, come lo spostamento della libido, ritiro della
libido su di sè, regressione;
2. difese contro gli impulsi del corpo, primo fra tutti l'ascetismo, come per esempio, le
restrizioni anoressiche come tentativo di controllare il corpo;
3. difese contro le punizioni a livello del pensiero attraverso le intellettualizzazione, con
rimugini , discussioni interminabili ecc.
Un altro meccanismo di difesa che sicuramente domina il mondo adolescenziale e l'acting- out o
passaggio all'atto, che rappresenta un freno al pensiero. Possiamo distinguere due livelli dell’acting-
out:
1. un livello di agito all'interno di un contesto terapeutico, in questi casi molti autori parlano di
acting-in, in quanto l’agito è portato in uno spazio che ne permette un lavoro e
un'elaborazione (per esempio portare il proprio fidanzato in seduta);
2. un secondo livello di acting-out è quello che riguarda le condotte come gli attacchi al corpo
(DCA, autolesionismo) o attacchi alla realtà esterna (vandalismo).
A tal proposito, Blos distingue:
- Acting-out femminile che ha come oggetto per lo più gli attacchi al corpo ed è improntato
sulla sessualità, non esempio può essere nel realizzarsi di una serie di gravidanze ripetute
non desiderate;
- Acting-out maschile che ha come oggetto per lo più gli attacchi alla realtà esterna ed è,
quindi, maggiormente improntato sull’aggressività.
Tutte le dimensioni dell’acting-out, se correttamente elaborate, fanno comprendere che esso … è,
cioè, un linguaggio pre-simbolico e pre-verbale che l'adolescente usa per comunicare quegli stati
interni a cui non riesce a dare parola;
- Sul versante psicosociale, Erikson considera centrale il processo di acquisizione di identità,
definito in relazione al suo corrispettivo patologico, ovvero la … d'identità e la crisi
d'identità;
- Winnicott, nel 65, descrive l'adolescenza con la metafora del “dibattersi nella bonaccia”,
(dove la bonaccia è una situazione caratterizzata da assenza di vento e mare calmo, metafora
della calma apparente dell'adolescenza, della sua dimensione di attesa e sospensione) in cui
sintetizza i bisogni dell'adolescente che oscillano tra lo sfidare l'ambiente, evitare le false
soluzioni e il sentirsi reali, bisogni che l'adolescente manifesta con continue sfide ai genitori
e alla società, i quali dovrebbero rispondere in maniera “sufficientemente buona” adottando
una posizione simile alla preoccupazione materna primaria, che permette al bambino di
sperimentare i propri bisogni e di sviluppare in maniera autentica il proprio Sè;
- Meltzer vede l'adolescenza come un processo simile, ad un lutto da elaborare in quanto vi è
un disinvestimento delle figure genitoriali arcaiche, una perdita del proprio sé infantile e
della propria identità, (spesso sovrainvestiti), che comporta sentimenti depressivi, di
svalutazione e di colpa. Un altro vissuto caratterizzante l'adolescenza è la confusione a causa
della perdita dell'onnipotenza e della conoscenza magica infantile;
- dal versante cognitivo Piaget mostra come l'adolescente … accesso al pensiero astratto. La
conoscenza diventa diviene … quindi non più mera accumulazione dei fatti, ma conoscenza
come fonte di ricerca su se stessi.
Winnicott mettendo in luce come il gruppo di pari, in alcuni casi, abbia dimensioni protettive, di
sostegno, mentre in altri casi amplifichi i meccanismi di difesa primitivi, come la scissione, la
produzione e l'espulsione per cui il gruppo è utilizzato per dare sfogo, per esempio, a condotte
antisociali, diventando, come scrive Winnicott, un aggregato di isolati (cioè lo stare isolati tutti
insieme); Per cui nascono le bande, i branchi, in cui si cancellano gli oggetti, si disorganizzato le
relazioni, l'azione si sostituisce al pensiero per cui il gruppo perde quella funzione di possibile
elaborazione della sofferenza e dei processi emotivi adolescenziali. (Secondo i Laufer il gruppo di
pari può avere ………………………………………… l'adattamento sociale; possiamo pensare
all'importanza di riconoscersi nei valori, negli interessi, moda e idoli, nel linguaggio, slang, del
gruppo).
Il gruppo dei pari, inoltre, ha funzioni differenti per maschi e femmine, infatti, i gruppi maschili
sono più orientati all'esplorazione e all'avventura per verificare l'autonomia dalle figure genitoriali,
mentre i gruppi femminili sono più organizzati intorno ai simboli e alle parole per elaborare la
nascente femminilità attraverso il confronto o la differenza con la figura materna.
Vi sono, poi, alcune questioni problematiche che si possono riscontrare come disagio
dell'adolescente:
- L'adolescente che tende a rimanere in famiglia e non trova autonomia all'esterno;
- L'adolescente che tende ad entrare in maniera più veloce possibile nell'adultità;
- L'adolescente isolato;
- L’adolescente che ha problemi nel gruppo dei coetanei.