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Appunti per Max

Riflessioni personali di Lorenzo Piombo

Opererei una distinzione tra empatia e identificazione

Nel senso che il processo di identificazione consiste nel ri-conoscersi simili o addirittura coincidenti
in uno o più oggetti che sono oggetti reali e individuali (inteso come persone) ma anche oggetti
simbolici collettivi (l’esempio dei riti o dei culti è calzante: ma non solo: ci si identifica, ad esempio,
con tutti coloro che aspirano a dimensioni condivise: la pace, la giustizia ecc, e ciò da luogo a rituali
collettivi quali le manifestazioni ecc che hanno molto in comune con i riti religiosi).

1.Nella identificazione opera un moto interno di trasferimento di emozioni, a volte in modo


massivo, coinvolgente, spesso convogliato in agiti comuni.
I soggetti coinvolti in un dinamismo di identificazione tendono a muoversi nella medesima
direzione, in una condivisione partecipativa in cui si sente di “appartenere” reciprocamente ad un
insieme metaindividuale. Ci si identifica in una città, in un paese, in una squadra di calcio, in una
idea politica o religiosa ecc, e ci si muove sentendo di appartenere a quella determinata comunità
di persone.
Nell’identificazione il soggetto si specchia nell’altro e si riconosce attraverso l’immagine dell’altro
scoprendo che l’altro è simile, quasi identico, al sé, e in tal modo conferma la propria id-eità, la
propria con-sistenza che lo lega all’altro in quanto compartecipe di un’unica entità. Si resta tenuti,
coesi, posseduti, pertinenti-appartenenti ad un’unica parte (ad-pertinere), che è allo stesso tempo
una meta-entità dalla quale si è appartenuti. Si è cosa altrui: il sé si riconosce come oggetto-di-
altri. L’identità ci riconosce soggetti a un rapporto di proprietà, in cui apparteniamo ad altro-da-
noistessi.
Tale è una delle componenti della relazione amorosa, in cui ciascuno sente di appartenere all’altro,
in un piacevole abbandono fiducioso.
Tale è la dinamica della relazione filiale, dove il bimbo ancora privo di pensiero (e di parole: in-
fante) può abbandonarsi nelle braccia dell’altro (la mamma, il papà, la persona da cui si fa tenere
in braccio).
Nella identificazione il soggetto vede coincidere la propria autopsia (auto-optomai: guardo me
stesso, mi autoosservo) con la eteropsia (guardo gli altri come-se guardassi me stesso, poiché mi
trovo simile, id-entico agli altri).
La identificazione si struttura prevalentemente come fenomeno metacognitivo, risultato di un
apprendimento progressivo che riguarda i processi di coscienza del sé nella relazione con il mondo
esterno, e si declina in esperienze permanenti o puntuali. Il pathos che accompagna l’esperienza
identificativa è fenomenologicamente derivato (secondario) alla natura dell’esperienza, e può
declinarsi nella più ampia varietà di stati d’animo, anche in dipendenza dalle vicende proprie delle
appartenenze a metaidentità (sistemi diadici, gruppali, comunitari).

2.Il sentimento empatico è un pathos primario, fenomenologicamente non derivato da esperienze.


Nella vulgata corrente l’empatia viene definita come una “capacità”, cioè come qualcosa di cui di
può essere più o meno capaci. L’abilità connessa a questa capacità consiste nel vestire i panni di
un altro vivente (non necessariamente umano), e come per incanto, grazie ai panni-dell’-altro
poterne percepire emozioni, stati d’animo, pensieri. Secondo alcuni, in chiave prestazionale, ne
scaturirebbe una particolare destrezza nel coinvolgere l’altro (o gli altri) in forme di
comunicazione. Questa prerogativa sarebbe utilizzabile nelle strutture sociali miranti al
convincimento: propaganda politica, commerciale, ma anche seduzione.
Sarebbe opportuno distogliere dalla definizione di empatia ogni tipo di pratica mirante al
condizionamento di altri, per qualunque scopo. Pratiche di dominio o condizionamento possono
essere basate su comunicazioni che utilizzano dinamiche identificative, e perfino strutture
empatiche, ma rientrano nella dimensione dell’empatia allo stesso modo che una testata atomica
rientra nella fisica quantistica.
Si tratta di utilizzi, dove il campo appropriato ad una riflessione è quello dell’etica.
Tornando all’empatia, direi che essa muove dall’abbandono della percezione “autoptica” del sé,
dunque dalla apertura delle afferenze percettive all’altro, che è altro-da-sé in modo totale.
L’empatia non muove dalla identificazione (che è ri-conoscimento nell’altro) ma all’opposto dal
riconoscimento della totale alterità dell’altro.
Nel sentimento empatico il soggetto parte dall’altro-in-sé
Ma allo stesso tempo il soggetto, al cospetto dell’altro, riconosce la id-eità dell’altro. La diversità
dell’altro, o delle parti dell’altro in cui non ci si identifica, anziché porre distanza, suscitano un
moto partecipativo. Nell’empatia sorge una sorta di apprendimento: prendo dall’altro ciò che egli
è, senza sottrarglielo, lo faccio mio. Anche se non riesco a capire (erklaren), posso offrire com-
prensione (verstehen).
L’empatia, più che una capacità, mi appare essere una qualità del soggetto. Non per altro
biologicamente il suo essere sostenuta da cellule specializzate indicherebbe una sorta di
ontogenesi evolutiva.
L’empatia mi sembra consustanziata in un’etica che Emmanuel Levinas compendia in alcuni scritti
come responsabilità nella quale il soggetto esce da sé e incontrandosi con l’altro si libera dal sé
che lo imprigiona. Nella “Traccia dell’altro” Levinas declina il soggetto in perenne bilico tra la
dimensione della tenerezza e quella della responsabilità. Ma egli vede specificamente nella
dimensione del “femminile” il riconoscimento dell’alterità. Che ha a che fare con la “ambigua
contemporaneità” tra presenza e assenza, e, aggiungo io, con la “precarietà” del femminile come
primo mondo dell’esistenza, abitazione prima del nostro corpo vivente, terra matrice accogliente
dalla quale emigriamo alla nascita, e il cui eco cerchiamo per tutta la vita.
Ecco se c’è una definizione sintetica e calzante di empatia, suggerisco di assumere ciò che Levinas
attribuisce al femminile in quanto “accoglienza ospitale”.
Una dimensione che portiamo in quanto umani, ma soprattutto in quanto viventi di ogni specie
animale.

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