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La coppia perversa

Sadomasochismo e violenza Intesi come Attacchi a una realtà intollerabile

Stanley Ruszczynski

In questo paper esporrò il mio tentativo di sviluppare un’interpretazione psicoanalitica sulle


perversioni e sullo stato della mente perverso. Nella seconda parte, utilizzerò un esempio clinico
relativo ad una coppia in trattamento per mostrare come il sadomasochismo e la violenza possono
diventare soluzioni perverse all’intollerabilità della realtà.

Nei “Tre saggi sulla Sessualità” (1905), Freud ha concepito le perversioni come residui di parti di
spinte pregenitali che non sono state sublimate. Si verificò un importante sviluppo quando, nel suo
paper “A Child is being Beaten (1919) e “Feticismo” (1927), iniziò ad interpretare le perversioni
come caratterizzate da un’importante funzione difensiva, diretta principalmente contro la natura
del complesso edipico.
Oggi potremmo affermare che ad essere pervertita è la conoscenza della realtà, spesso associata a
relazioni oggettuali primariamente sado-masochiste. Il rinnegamento della realtà richiede sia una
scissione dell’io che un controllo sadico dell’oggetto.

La perversione, perciò, potrebbe essere meglio compresa da un punto vista psicoanalitico non
considerandola tanto una questione principalmente relativa al comportamento quanto un tipo
specifico di relazione oggettuale. Sarebbe più utile parlare di stato della mente perverso o
strutture psichiche perverse e focalizzarsi sulla natura delle relazioni oggettuali. Taluni stati della
mente perversa possono a volte essere agiti in modi ovvi e violenti come nei pazienti psichiatrici
criminali, ma possono essere presenti, sotto forme subdole e seduttive, anche in altri tipi di
pazienti. Fenichel, ad esempio, nel 1946, ha descritto come l’innamoramento, che non è certo una
perversione, può diventare perverso se l’unica fonte possibile di eccitamento consiste nel
sentimento della propria insignificatività a paragone della grandezza del partner. Ciò che è
cruciale è la qualità della relazione oggettuale (citato in Parsons 2000, p.46).

Le perversioni sessuali sono attività che derubano la sessualità per realizzare fini,
fondamentalmente distruttivi. Ciò che viene distrutto sono le relazioni con l’oggetto reale,
compresa la relazione sessuale (Caper, 1999). Il soggetto o il paziente, certamente nella loro
mente e spesso nella realtà psichica, è egli stesso vittima di questa violenza ed ostilità.

L’aggressività e l’odio sono gli elementi principali per comprendere la perversione. E’ appunto
l’aggressività o la distruttività che differenziano le perversioni reali dal fatto che persistano

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nell’adulto un’attività sessuale di tipo pregenitale ed infantile (Caper, 1999). Stoller lo rende
chiaro quando parla della perversione come ‘forma erotica dell’odio’. Nella maggioranza delle
perversioni si trovano – in forma estrema o nascosta, ma essenzialmente fantasmatica – ostilità,
vendetta, trionfo ed un oggetto disumanizzato. Una delle caratteristiche principali nella maggior
parte di tali condizioni è la presenza di qualcuno che fa del male a qualcun altro (Stoller, 1976),
anche se spesso vine oscurato dal trionfo della relazione oggettuale sado-masochista.

Il sadomasochismo, pertanto, viene richiesto per sostenere il rinnegamento della realtà ed è al cuore
della maggioranza delle perversioni. Da Freud in poi il sadomasochismo è stato interpretato come
un tipo di relazione oggettuale che difende contro la temuta perdita dell’oggetto e la paura della
perdita del senso del sé. Glasser (1985) ritiene che al centro della struttura perversa vi sia
un’organizzazione psicodinamica denominata “il complesso centrale” (‘the core complex’) di cui
l’aggressività è una parte integrante. Il ‘complesso centrale’, una normale fase di sviluppo che il
bambino deve attraversare, descrive la costante oscillazione tra il profondo desiderio per una
vicinanza strettissima con l’oggetto, solitamente la madre - una vicinanza al livello di fusione od
unione – e, quindi, una fuga atterrita da questo oggetto che viene visto come fonte di minaccia di
annichilimento del sé nel processo di fusione.

Questa minaccia di annichilimento può essere affrontata in due modi. Un modo è che la minaccia al
sé può condurre a un ritiro difensivo di tipo narcisistico. Tuttavia questo probabilmente produrrà
un senso di desolato isolamento ed abbandono, lasciando il sé (sia corpo che mente) come solo
focus dell’aggressività inizialmente diretta all’oggetto.
In alternativa o contemporaneamente, la minaccia di annichilimento da parte dell’oggetto che
inghiotte può provocare un’intensa aggressività auto-preservativa che, mentre finalizzata ad
assicurare la sopravvivenza del sé, implica la distruzione dell’oggetto, solitamente la madre.

Così entambe le manovre difensive, il ritiro narcisistico e l’attacco aggressivo all’oggetto primario,
producono, nella fantasia, la condizione di assenza della madre ed il terrore dell’abbandono.
Questo temuto abbandono probabilmente spingerà il paziente indietro verso una ricerca disperata
di vicinanza e fusione con l’oggetto. Angosce di inghiottimento possono quindi ri-emergere. In
questo consiste la natura circolare del complesso centrale.

E’ per questo che gli aspetti di personalità più infantili e primitivi che dominano il comportamento
adulto e le perversioni possono considerarsi come caratterizzate da una sottostante struttura
psicotica. Mervin Glasser scrive che “Il complesso centrale si verifica nell’ambito di un contesto
essenzialmente narcisistico” (Glasser, 1985). Già Freud aveva descritto la creazione di un feticcio
come “un allontanamento dalla realtà – un procedimento che dovremmo preferire di riservare alle
psicosi. Ed in realtà non sono molto diverse” (Freud, 1940). Chasseguet-Smirgel considera il

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comportamento perverso un attacco alla realtà ed un tentativo di creare una realtà sostitutiva (in
Leigh, 1998).

Pertanto vogliamo riferirci alle perversioni in termini di stati della mente narcisisti ed onnipotenti,
con una predominanza di angosce, difese e relazioni oggettuali più primitive. In tali siituazioni è
probabile che siano presenti intrusione ne e padronanza su l’oggetto piuttosto che una capacità di
preoccuparsi dell’altro e di intimità con lui. La qualità delle relazioni oggettuali sarà pertanto
probabilmente di tipo sado-masochista.

Henri Rey (1994) ha introdotto un concetto simile a quello del complesso centrale quando scrisse
del dilemma “claustro-agorafobico”. Il dilemma claustrofobico-agorafobico lascia nel paziente un
sentimento di non riuscire a trovare un posto sicuro. Quando è vicino al suo oggetto (o, nel
linguaggio kleiniano di Rey, quando, attraverso l’identificazione proiettiva si trova dentro
l’oggetto) e quindi dovrebbe potenzialmente essere al sicuro, si sente rapidamente intrappolato,
controllato e claustrofobico; non appena riesce a scappare da questo imprigionamento, viene però
rapidamente a sentirsi isolato ed agorafobico, e in uno stato di panico cerca di tornare alla
posizione precedente. Questa circolarità ci ricorda il modo in cui alcune nostre coppie di pazienti
non riescono a tollerare di stare insieme ma al tempo stesso non riescono nemmeno a separarsi.

Sia il complesso centrale che il dilemma claustrofobico-agorafobico possono essere intesi come i
risultati di un fallimento del processo di contenimento, che non ha permesso al bambino di
muoversi verso la tolleranza della separazione e differenziazione tipica della posizione depressiva.
Una questione cruciale è la causa del fallimento, ovvero se tale fallimento è principalmente il
risultato di un fallimento genitoriale/ambientale oppure il prodotto dell’invidia e negativismo
opprimente del bambino che attacca il contenimento offerto dall’ambiente genitoriale
sufficientemente buono.

Al fine di risolvere questo dilemma claustro-agorafobico, o il circolo vizioso del complesso centrale
si potrebbe cercare di sessualizzare il ritiro narcisistico o l’aggressività auto-preservativa. Questa
sessualizzazione crea la fantasia di trovarsi in una relazione oggettuale interpersonale, non più
nell’idea di essere inghiottiti od abbandonati. Tuttavia, questo intervento della sessualità nel
processo conduce al masochismo o al sadismo.

Se c’è stato un ritiro narcisistico, solo il sé rimane disponibile per l’aggressività inizialmente diretta
all’oggetto, così quando viene sessualizzato, conduce al masochismo. Il masochista ha un senso di
controllo sul grado della sua sofferenza; può anche avere la fantasia che può controllare le
minacce di annichilimento ed abbandono. Inoltre, può sentire che essendo indiscutibilmente non
aggressivo verso l’oggetto, è al sicuro dalla sua aggressività.

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Sessualizzare l’aggressività auto-preservativa, d’altro canto, porta al sadismo, ovverosia al desiderio
di far male e di controllare. Tuttavia ciò permette di preservare l’oggetto, che non è così più
minacciato di distruzione ma anzi vi è coinvolto, seppure in modo sadico.

In entrambe le situazioni la sessualizzazione agisce come una forza vincolante, che organizza e
rende sicura la relazione oggettuale. Quando questo si rompe, tuttavia, è probabile che vi sia una
riasserzione della violenza auto-preservativa, con nessun interesse da parte del soggetto per il
destino dell’oggetto mentre cerca ad ogni costo la propria sopravvivenza psichica.

Questa differenziazione tra aggressività e sadismo è cruciale per capire la modalità di relazione
oggettuale del paziente perverso o violento. Glasser (1998) afferma che il fattore di
differenziazione è l’atteggiamento verso l’oggetto nel momento in cui viene compiuto l’atto.
Scrive “Nell’atto aggressivo, il fattore cardinale è l’eliminazione, esclusione, distruzione –
sostanzialmente la negazione – dell’oggetto…..è irrilevante la reazione emotiva dell’oggetto, il
significato del comportamento per l’oggetto, in un senso il destino dell’oggetto in qualsiasi altro
contesto. Nell’atto sadico, al contrario, la reazione dell’oggetto è cruciale: lo scopo specifico è di
causare, crudelmente o sottilmente, la sofferenza dell’oggetto, fisica o mentale”.

L’atto aggressivo cerca l’equilibrio psichico ed è auto-preservativo; spesso è associato a paura;


l’atto sadico è finalizzato a causare tormento e sofferenza all’oggetto e solitamente non include
paura, è più probabile, invece, che la paura venga generata nella vittima del sadismo. Questi
fenomeni, certamente, non sono mai così nettamente differenziati nella realtà. Il dominio ed il
controllo sono aspetti essenziali sia dell’aggressività che del sadismo. Nell’aggressività vengono
ricercati solo per negare il pericolo mentre nel sadismo giocano un ruolo centrale nell’intrappolare
e coinvolgere l’oggetto.

Nel masochismo è sempre implicato l’inganno – un segreto disprezzo e desiderio di controllo è


nascosto dietro l’apparente umiliazione e sottomissione. Sotto al masochismo c’è sempre una
fantasia inconscia di padronanza onnipotente, che ricava una piacevole gratificazione dalla
sofferenza. Un sadico è sempre allo stesso tempo un masochista e viceversa.

Dal momento che si considera il sado-masochismo un aspetto centrale di tutte le attività perverse,
siamo portati a concludere che c’è, pertanto, sempre disprezzo, una rappresentazione distorta
(misrepresentation) e un attacco alla realtà negli stati perversi della mente e nell’atto sessuale
perverso. Il sado-masochismo e il rinnegamento della realtà sono strettamente legati.

Una rappresentazione distorta (misrepresentation) della realtà deriva da un meccanismo psichico


piuttosto specifico in cui è possibile che versioni contraddittorie della realtà coesistano
contemporaneamente. (Steiner, 1993). Freud ha introdotto questa comprensione della coesistenza

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di realtà antagoniste nel suo studio sul feticismo, ma il meccanismo descritto può essere esteso. Il
feticcio è un sostituto del pene della madre che il bambino una volta credeva che la madre
possedesse. Questa è una credenza che non vuole abbandonare, anche quando posto innanzi alla
realtà materiale, perché gli fa emergere angosce di castrazione. Freud afferma anche che il
bambino crede fortemente che non vi siano differenze tra sessi. Per accomodare questo assunto
dopo che il bambino viene posto di fronte alla sua osservazione della differenza nella realtà, il
bambino può giungere a mantenere contemporaneamente la credenza che la madre ha un pene
continuando tuttavia ad essere anche consapevole che ne è sprovvista. Il feticcio in effetti prende il
posto del pene ora mancante. Questo avviene quando si verifica, come afferma Freud, “una ferita
nell’io che non guarisce mai ma aumenta nel tempo. Le due opposte reazioni al conflitto
persistono come un punto centrale di una scissione dell’io” (Freud, 1940).

Diversi scrittori hanno utilizzato la delineazione di Money-Kyrle di tre fondamentali fatti della vita
per comprendere questa relazione perversa con la realtà. Questi tre fatti della vita sono “il
riconoscimento del seno come oggetto supremamente buono, il riconoscimento del rapporto dei
genitori come atto supremamente creativo, e il riconoscimento dell’inevitabilità del tempo fino
alla morte.” (Money-Kyrle, 1971).

Il primo fatto, ossia che la fonte della bontà necessaria per l’iniziale sopravvivenza del bambino
viene dal di fuori (solitamente la madre) sfida l’onnipotenza e il narcisismo e richiede la tolleranza
della dipendenza e della gratitudine. Nella posizione schizo-paranoide, il meccanismo della
scissione e l’identificazione proiettiva possono permettere che continuino illusioni di onnipotenza
e di auto-sufficienza narcisistica. Nel corso dello sviluppo, tuttavia, inizia a realizzarsi una
qualche integrazione tra il desiderio onnipotente di auto-sufficienza e l’attaccamento e la
dipendenza. E’ a questo punto che la realtà potrebbe essere sentita come troppo minacciosa e così
viene adottata una difesa perversa tale da permettere una parziale accetazione di questa realtà, la
credenza nell’auto-sufficienza però viene conservata e rimane influente. La realtà dell’altro viene
rinnegata.

Aspetti di questo rinnegamento della separazione e della dipendenza entrano spesso a far parte della
struttura psichica dei matrimoni caratterizzati da abuso e violenza. In tali matrimoni sembra
esservi una relazione tra due persone separate, ma invece uno o solitamente entrambi i partner si
relazionano in modo narcisistico, per cui, come risultato dell’identificazione proiettiva, l’altra
persona viene effettivamente vista come niente più che un’estensione del sé. Questa è una
relazione perversa perché la separazione viene negata e viene tenuta una posizione narcisistica ed
onnipotente che nega la realtà separata del partner. Quando si sente che questa visione viene
sfidata dal comportamento separato di uno dei partner, il narcisista si potrebbe sentire molto
minacciato, perché viene richiesto un abbandono dell’onnipotenza e una tolleranza alla
separazione e alladipendenza. Se viene sentito come intollerabile, può seguire una reazione

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violenta che è sia un’espressione del sentimento di minaccia al sé narcisistico sia un mezzo per
cercare di ricatturare l’altro. Così come nella comprensione del complesso centrale, l’aggressività
e il sado-masochismo emergono come vie per gestire la reazione alla e la paura della separazione.

Il secondo fatto della vita fondamentale per Money-Kyrle è quello della realtà vera della situazione
edipica. Questo implica in primo luogo, la capacità di tollerare di sapere l’esistenza della relazione
sessuale dei genitori e di tollerare di esserne escluso; in secondo luogo, tollerare la differenza
generazionale tra gli adulti e i bambini; e in terzo luogo, di riconoscere le differenze tra i sessi che
include la scoperta che i bambini nascono da un rapporto eterosessuale.

La realtà di questi fatti può essere negata dalle soluzioni offerte da alcune perversioni sessuali.
Molte perversioni sono un attacco contro la coppia sessuale genitoriale la cui separazione nel
triangolo edipico non può essere tollerata e la cui potenzialità procreativa è invidiata. Le
differenze tra generazioni sono ignorate nella pedofilia e nell’abuso sessuale infantile. Il rapporto
omosessuale può essere interpretato nella situazione clinica come un tentativo di negare le
differenze tra i sessi e di negare che la nuova vita è il prodotto della relazione tra questi due sessi.

Le soluzioni sado-masochiste possono essere cercate come una difesa contro il riconoscimento della
separazione e della differenza e come un attacco allo sviluppo psichico verso una possibile
integrazione. La perversione e la distorsione dell’amore e dell’odio nel sado-masochismo
comportano il pericolo di altre differenziazioni, come crudele e gentile, buono e cattivo, giusto e
sbagliato, anche essere pervertito e invertito (reversed). Quello che è buono diventa cattivo. Di
conseguenza abuso, crudeltà e violenza possono essere giustificati.

Il terzo fatto della vita di Money-Kyrle è connesso alle realtà del tempo che passa, della perdita ed
infine della morte. Affrontare e piangere la morte fanno parte della vita reale che può essere
avvertita come intollerabile e quindi rinnegata. La promiscuità ed una ricerca continua di
conquiste sessuali potrebbero essere usate come false rassicurazioni di fronte alle realtà del tempo
che corre fino alla morte. Ricorrere alla dimensione atemporale del mondo fantasmatico, sia esso
romatico o vile, potrebbe essere un altro modo attraverso cui negare e superare questo particolare
fatto della vita. Si potrebbe considerare che il paziente perverso cerca di rifiutare la realtà
fondamentale della propria mortalità. Se vengono negate le differenze in questo caso potrebbe
essere negata la differenza tra la vita e la morte.

E’ interessante che nel suo paper sul feticismo Freud riferisca di due pazienti entrambi incapaci di
affrontare la realtà della morte del padre. Glasser ha scritto che “ciò che offre una soluzione
diversa tra i perversi e gli psicotici è….la presenza del padre. Con un padre presente, il bambino
può trovare una soluzione all’inconciliabile conflitto degli opposti, proprio del complesso centrale,
grazie alla possibilità di rivolgersi al padre quale oggetto alternativo” (Glasser, 1985).

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La negazione dei fatti della vita e un attacco alle capacità della mente a tollerali è alla base di alcune
perversioni ed atti violenti che possiamo riscontrare in alcuni pazienti. L’aggressività prodotta dal
terrore del complesso centrale o come risultato del dilemma agorafobico-claustrofobico viene
rivolto contro l’oggetto ma è anche diretto contro la mente del paziente che produce relazioni
oggettuali sado-masochiste.

Anche se non vi è nessun accordo tra gli scrittori sul perché alcuni pazienti trovino soluzioni
perverse ed altri no, c’è accordo sul fatto che la distruttività del carattere è una componente
cruciale della personalità perversa. La distruttività influenzerà non solo la natura delle angosce che
dovranno essere risolte ma anche la natura delle difese. Non c’è accordo se questa eccessiva
potenza distruttiva sia costituzionale oppure sia il risultato di deprivazione genitoriale/ambientale.

Taluni pazienti agiscono queste soluzioni perverse in azioni marcatamente perverse o violente. Altri
no, ma i loro stati mentali e le loro relazioni oggettuali saranno pesantemente influenzate dalle
soluzioni perverse. Qual è la differenza tra i pazienti che agiscono le loro fantasie e coloro che non
lo fanno? Potrebbe essere costituzionale, in quanto alcuni pazienti sarebbero più portati ad
esprimersi attraverso il corpo. Potrebbe essere connesso ad un fallimento del contenimento
nell’infanzia che ha portato ad una difficoltà a muoversi verso la posizione depressiva e verso una
capacità a simbolizzare – certi pazienti sono in grado di trasformare le loro soluzioni perverse in
fantasie e sogni, altri possono solo agirle.

O potrebbe avere a che fare con la forza dell’istinto di morte, che, quando è al suo massimo, attacca
e distorce le capacità di percezione e giudizio, creando quella che Chasseguet-Smirgel ha definito
la ‘realtà sostitutiva’ del paziente perverso. Questo non è il momento per discutere questo
controverso concetto, usato da Freud e Klein. Nella situazione clinica lo trovo tuttavia un costrutto
molto utile (vedi Segal, 1993, e Feldman, 2000) soprattutto quando la si considera una forza
distruttiva psicologica. Feldman scrive che ‘ciò che è mortifero (a proposito dell’istinto di morte)
è il modo in cui il significato, specificamente le differenze, vengono attaccate così come ogni
processo evolutivo viene ritardato o indebolito.’ (Feldman, 2000). Ciò è particolarmente utile
quando pensiamo agli attacchi perversi contro i fatti della vita e alle relazioni sado-masochiste.

Se interpretiamo lo stato della mente perverso come una mente che rifiuta di tollerare i fatti della
vita, allora ci stiamo riferendo ad un’organizzazione psichica primitiva e stiamo
fondamentalmente descrivendo uno stato della mente narcisistico. Il trionfo e l’onnipotenza che
sono soliti essere presenti nelle attività perverse o negli stati mentali perversi possono essere visti
come un’espressione di questo narcisismo o come un tentativo di acquisire un recupero
narcisistico.

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Sullo sfondo di questa relazione tra narcisimo e stato della mente perversa, prenderò in
considerazioni alcuni dei concetti che ho applicato al lavoro clinico di coppie in trattamento
psicoanalitico. Mi riferisco al sado-masochismo spesso presente nelle relazioni oggettuali di quelle
coppie che vengono in trattamento. Questo non viene sempre manifestato fisicamente, ma è uno
stato della mente ed un tipo di relazione oggettuale che influenza il senso di se stessi della coppia
e della loro reciproca relazione.

Ogni coppia lotta costantemente per gestire la tensione presente nel corso di tutta la vita tra il
legittimo tentativo di incontrare i bisogni e desideri individuali e, al tempo stesso, di soddisfare
quello che è richiesto per sostenere la loro relazione. Gestire questa inevitabile tensione, richiede
che entrambi i partner tollerino l’inevitabile e necessaria oscillazione tra, da un lato, una relazione
di tipo narcisistica, in cui ci si relaziona all’altro attraverso l’identificazione proiettiva che nega la
separazione, la dipendenza e la gratitudine, e, dall’altro lato, un modo più maturo di relazionarsi,
in cui l’altro viene valutato come separato ed autonomo e per il quale ci si preoccupa.

Questa oscillazione fa necessariamente ed inevitabilmente parte dell’esperienza di ogni persona e,


quindi, anche quella di ogni coppia, in cui questa oscillazione probabilmente è amplificata. La si
potrebbe considerare come un costante viaggio, in entrambi le direzioni, dalla posizione
depressiva alla posizione schizo-paranoide, e dalla posizione schizo-paranoide alla posizione
depressiva. Ciò è necessario per la crescita e lo sviluppo. Ogni nuova esperienza, ogni nuovo
apprendimento, ogni crisi o trauma, inevitabilmente farà emergere le angosce, difese e relazioni
oggettuali proprie della più primitiva posizione schizo-paranoide. Una volta che il nuovo
insegnamento è stato assimilato ed integrato, o una volta che la crisi diventa contenibile e più
tollerabile, l’angoscia diminuisce, le difese diventano più flessibili e al persona ri-stabilisce una
posizione più depressiva dominata dalle relazioni oggettuali (Britton, 1998).

In realtà è possibile spostarsi alla posizione depressiva solo se è stata ragionevolmente risolta
la situazione edipica e si è acquisita la capacità di tollerare alcuni dei fatti della vita descritti da
Money-Kyrle (1971). Tutti questi fatti della vita sono probabilemente centrali nella vita di ogni
coppia – dipendenza ed attaccamento, essere inclusi ed esclusi, sessualità e figli, e l’inevitabilità
dell’invecchiamento e morte di un partner prima dell’altro. Qui c’è il confine tra la separazione e
lo stare insieme, tra la vicinanza e la distanza, e tra i bisogni di due persone e i bisogni della loro
relazione. E’ in questo territorio di confine, se si dimostra intollerabile, che le dinamiche del
dilemma del complesso centrale o del dilemma claustrofobico-agorafobico possono essere
provocate ed emergere relazioni oggettuali sado-masochiste.

Potremmo interpretare i concetti del complesso centrale e del dilemma claustrofobico-agorafobico


come conseguenza dell’incapacità a gestire questo spostamento tra una relazione di tipo
narcisistico ed una di tipo più maturo. La vicinanza viene sentita più come intrusione e minaccia al

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sé, e la separazione e il riconoscimento dell’altro più come abbandono. La vera intimità si basa
fondamentalmente sulla capacità di riconoscere, valutare e preoccuparsi dell’altro separato da sé.
Dove la separazione dell’altro viene vissuta come minacciosa ed abbandonica, può essere
affrontata attraverso un’intrusiva colonizzazione psichica dell’altro per mezzo di onnipotenti
identificazioni proiettive. Questo a sua volta puù produrre una paura di essere inghiottiti. Di qui
abbiamo il dilemma agorafobico-claustrofobico così come ci potrebbe apparire in una relazione di
coppia da cui ci si difende attraverso soluzioni sado-masochiste.

Ora vi illustrerò questi concetti attraverso l’esposizione del caso di una coppia, tuttora in
trattamento, mostrando come hanno adottato le soluzioni perverse per gestire ciò che hanno
trovato psichicamente intrattabile.

Esempio clinico
Ho visto John e Jane in una psicoterapia di coppia una volta alla settimana per circa due anni. Sono
una coppia attraente, di professionisti di buon livello culturale, entrambi trentenni, si conoscono da
tre anni e convivono da due anni circa. Non sono sposati.

Sono venuti in trattamento per discussioni e lotte sempre più violente, a volte lotte fisiche, anche se
queste manifestazioni violente sono state per lo più di Jane che colpiva John o gli lanciava contro
oggetti. Anche John però stava iniziando a picchiare sempre di più Jane; divenne infatti molto
preoccupato per la sua violenza perché aveva paura di poter perdere il controllo che fino ad ora era
invece riuscito a mantenere. Jane sembrava molto meno preoccupata della violenza che c’era tra
loro due. Penso che sia il livello del suo narcisismo che le rende così difficile riconoscere
pienamente la profondità del problema tra di loro – preferisce vedere tutto il problema in John. Lo
fa nonostante lei sia la più violenta, fino a cacciarlo a calci fuori dal letto, e a volte, nel mezzo di
una discussione, chiude se stessa e John in una stanza e inizia a distruggere libri e materiale
musicale chiedendo a John di prometterle di fare qualcosa che lei vuole, su cui lui però non è
d’accordo.

Dalla diagnosi ho saputo che la coppia non aveva quasi nessun rapporto sessuale e che c’era stato
poco sesso sin dall’inizio. Nella diagnosi ho anche appreso che non molto tempo prima che
venissero in trattamento Jane aveva avuto una relazione sessuale con il migliore amico di John.

Entrambi nella fanciullezza hanno vissuto la rottura delle rispettive famiglie. Da piccola, con il
padre spesso assente per motivi di lavoro, Jane si è dovuta prendere cura della madre che era
malata cronica e che infine morì quando Jane aveva 13 anni. Lei e la sorella minore sono state
cresciute dal padre e dalla zia Il padre educava le due figlie con regole ed aspettative molto severe,
a cui le ragazze non potevano controbattere e a cui dovevano semplicemente obbedire. Anche se il
padre sembrava avere l’interesse delle figlie in mente, Jane e la sorella sentivano di non avere altra

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scelta che fare esattamente quello che egli voleva senza discutere né protestare. Perciò non
sorprende se, appena ventenne, Jane lasciò famiglia e paese per venire a vivere a Londra.

John era figlio unico e fu mandato in collegio a 7 anni perché i suoi genitori viaggiavano a causa del
lavoro del padre. A 9 anni i genitori divorziarono e quindi iniziò a trascorrere le vacanze con amici
o spostandosi tra le due case dei due genitori divorziati. Entrambi i genitori si sentivano minacciati
dalle visite di John all’altro genitore e lo bombardavano di domande sull’altro. Entrambi i genitori
supponevano che il figlio preferisse stare con l’altro genitore ma nessuno dei due gli ha mai
chiesto veramente cosa preferisse o come si sentisse. John dice che ha sempre sentito che i suoi
genitori si relazionavano a lui in base ai loro interessi, angosce e idee piuttosto che cercare di
capire quali fossero i suoi vissuti o le sue preoccupazioni. In particolare lo infastidiva, così disse,
che i suoi genitori credessero sempre che lui fosse più felice con l’altro genitore, e non gli dessero
nessuna possibilità di dire loro che spesso non era felice con nessuno dei due.

Dopo il divorzio, sembra che il padre di John conducesse una vita sociale molto attiva, spesso
organizzando nei fine settimana feste in casa durante le quali John dovette assistere a orge a cui
partecipavano alcuni degli ospiti e qualche volta il padre stesso. In due o tre occasioni, nei primi
anni dell’adolescenza, un’ospite ubriaca sarebbe, per caso o volutamente, non è sicuro, entrata in
camera sua e avrebbe tentato di svegliarlo e sedurlo sessualmente. Si ricorda di essersi sempre
sentito terrificato da questa intrusione. Disse che la paura lo “congelava” ed escogitò di fingere di
dormire con la speranza che la donna se ne andasse. In realtà non venne mai sedotto ma la paura
che questa orribile esperienza potesse ripetersi gli risuonava nella testa ogni volta che andava a
trovare il padre.

Sembra ragionevolmente chiaro che né John né Jane abbiano vissuto l’esperienza di un genitore
contenitivo o di una coppia genitoriale funzionante. Un’atmosfera di vulnerabilità, conflitto,
sospetto ed una mancanza di confini con un’assenza di un oggetto recettivo e contenitivo ha avuto
come risultato che nessuno di loro avesse potuto elaborare e rendere sopportabile le proprie
angosce, paure e debolezze. In effetti è stato il contrario. Entrambi sono stati obbligati ad essere i
recipienti delle angosce e paure non elaborate dei propri genitori, un ribaltamento altamente
patogeno della consueta relazione contenuto-contenitore. Le angosce, difese e relazioni oggettuali
di John e Jane sono rimaste primariamente schizo-paranoidi, con al centro l’abbandono e
l’intrusione. Non sorprende pertanto che John e Jane abbiano ricreato una classica dinamica sado-
masochista nella loro relazione.

Jane è molto richiedente e controllante verso John, mentre al tempo stesso lo allontana. Non gli
permette di manifestare la sua posizione in nessuna discussione e insiste semplicemente che deve
fare come vuole lei, senza ribattere. E’ estrema nella sua intrusione, richiedendo di sapere tutto
sulla sua storia (soprattutto le sue ragazze precedenti), le sue finanze, le sue attività lavorative, ed

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amicizie. Sorride in modo ironico quando John cerca di proteggersi dai suoi assalti e gli dice in
modo sadico che non è un vero uomo perché se lo fosse la affronterebbe coraggiosamente. Il
livello della sua aggressività e provocazione a volte è eccezionale. Il suo atteggiamento è
costantemente sadicamente intrusivo. Nel controtransfert spesso sento una rabbia schiacciante e
mi suscita un sentimento di offesa quando respinge sprezzantemente John, così come me e la
terapia. Mi capita anche di provare disprezzo per la passività masochista di John.

Dietro il racconto di Jane c’è un terrore per la separazione, che rappresenta per lei psichicamente
una vita in cui è dominante la minaccia di abbandono, ma non permette che se ne parli e
licenziandolo come privo di significato ed irrilevante. Quando appare nel materiale e lo faccio
presente mi attacca per aver cercato di insidiarla. Nella sua mente divento distruttivo e sadico.

Il fatto che Jane voglia ora sposarsi ed avere figli con John, verso cui è così violentemente critica e
che non è affatto sicura che voglia stare con lei, dipende dal suo masochismo inconscio.
L’insicurezza e titubanza di John rispetto alla loro relazione suggerisca a Jane la presenza di una
figura che molto probabilmente la lascerà. A livello inconscio, è possibile che questa sia la madre
molto malata la cui malattia ha prodotto in Jane una costante minaccia di abbandono. Per questo si
aggrappa così disperatamente a John: vuole sposarlo o rinchiuderlo in una stanza al culmine di una
lotta. Certamente, invece, sta ricreando l’orrore di essere rinchiusa con un oggetto frustrante e non
disponibile, originariamente la madre. In un tentativo disperato di trionfare su questo aspetto
spaventosa, stabilisce una fantasia onnipotente e narcisistica in cui lei e John sono uguali e che
quello che lei vuole è ciò che vuole anche John; tra di loro pertanto non c’è nessuna differenza.
Colonizza John attraverso il processo dell’identificazione proiettiva.

A confronto, John è ritirato, parla a bassa voce e spesso lotta per trovare le parole. Di fronte ai suoi
assalti si ritira in uno stato di distacco congelato, incapace di parlare o risponderle in qualsiasi
modo. Inevitabilmente, questo ritiro provoca ulteriormente che Jane lo tenga sotto tiro. John non è
consapevole quanto sia provocatorio perché, come Jane, anche lui sta rispondendo in un modo che
anche per sé ha una finalità auto-preservativa. Tuttavia, la sua posizione passiva è estremamente
provocatoria per Jane e alimenta tutte le sue paure di venire abbandonata.

E’ interessante notare la storia dell’approccio sessuale da parte della donna ubriaca che John, nel
suo terrore, ha affrontata fingendo di essere avvolto nel sonno. Non c’è dubbio che avesse già
allora sviluppato nella sua infanzia un ben riuscito ritiro psichico attraverso cui ha cercato di
stornare l’orrore di essere avvicinato dagli altri.

John ha assunto una posizione estremamante masochista ed è straordinario come ciò istighi alcuni
dei comportamenti abusivi di Jane nei suoi confronti. Lui è privo di qualsiasi sentimento conscio
di aggressività o violenza verso Jane. Nel controtransfert sono emersi nella mia mente sentimenti

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di omicidi e vengono anche evocati, attraverso la identificazione proiettiva, in Jane. Tuttavia, le
risposte violente di John alla violenza di Jane lo hanno spaventato tanto da condurli alla ricerca del
trattamento.

Lentamente, John sta divenendo consapevole di come la sua esitazione e ritiro provochino Jane così
come nella sua passività sia presente l’aggressività. Il suo rititro produrrà sempre una fonte di
rabbia e frustrazione in Jane, anche se John può ancora ribattere che è proprio da questa sua rabbia
che si allontana. Il suo sadico piacere nel provocarla è inconscio, ma è presente nell’atmosfera
della stanza di consultazione. Ancora, mi accorgo di sentire un sadico piacere quando la posizione
passiva di John rende Jane molto arrabbiata e frustrata. In questo caso abbiamo il sado-
masochismo classico in cui entrambi i partner sono sia sadici che masochisti nei loro
atteggiamenti e comportamenti.

Nel controtransfert, a volte mi ritrovo a lottare per non essere provocato da John o Jane ad essere
punitivo nei miei commenti. Questo dimostra quanto sia invischiante una relazione oggettuale
sado-masochista quale è questa in cui sarei potuto anche essere stato avviluppato. In altri
momenti, mi sento avviluppato nel mio ruolo analitico, sconfitto dal potere del sadismo
manifestato dalla coppia.

E’ interessante che strutturalmente vi sia una coincidenza tra l’affetto inconscio della coppia
coniugale e la relazione oggettuale. Credo che essa si basi, attraverso l’identificazione proiettiva e
introiettiva, sulla reciproca identificazione con l’aggressore interpretata sado-masochisticamente
nella relazione.

A livello evidente, Jane è identificata con il padre richiedente che insiste sulle proprie regole e non
permette che tali regole vengano messe in nessun modo in discussione. E’ anche identificata con
la madre bisognosa che può aver sentito come controllante e richiedente nella malattia e nel
bisogno della figlia. John è identificato con le figure genitoriali “assenti” e con le figure che si
tengono a distanza. Inoltre è identificato con la parte ansiosa di ciascuno dei suoi genitori entrambi
senza reciproca fiducia.

A livello meno evidente, almeno per la coppia, Jane proietta la sua vulnerabilità e paura di essere
dominata in John e attraverso i processi proiettivi deve tenerlo lontano così da non dover
affrontare la propria vulnerabilità. John proietta il suo sé più potente, così come la sua aggressività
ed intrusività, in Jane ed anche lui per mezzo dei processi proiettivi deve continuare a vederla in
questo modo, altrimenti dovrebbe divenire più consapevole della propria violenza ed aggressività.
Quando John ha iniziato a rispondere fisicamente alla violenza di Jane allora la coppia, soprattutto
John, è divenuta preoccupata della propria relazione ed è venuta in trattamento.

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E’ straordinario come John possa ben rappresentare per Jane la madre malata, assente e distaccata,
così come forse il padre piuttosto rigido e distante. Ugualmente, è impressionante come per John,
Jane possa ben rappresentare i genitori intrusivi e narcisiti più proccupati per se stessi che per lui.
Non è nemmeno difficile vedere anche come la sessualità di John possa essere un riflesso del suo
congelato terrore della donna ubriaca intrusiva che entrava nella sua camera da letto
richiedendogli del sesso, che non era in grado di dare. Questo coprirebbe la già stabilita paura
dell’intrusione emersa prima nella sua fanciullezza.

Tale rigida identificazione con l’aggressore può solo essere ottenuta tenendo l’altro in una relazione
sado-masochista, poiché darà inevitabilmente sollievo dal momento che l’altro sta portando
l’aspetto più disturbante del sé di cui il sé vuole sbarazzarsi. L’aggressività e il sadismo verranno
espressi dal controllo di tenere l’altro in quel dato stato psichico.

Dalle loro storie è possibile iniziare a capire il dilemma agorofobico-claustrofobico che


sperimentano entrambi. Entrambi hanno avuto l'esperienza di una figura parentale non
sufficientemente presente e contenitiva. La madre malata e prematuramente morta di Jane e i
genitori assenti e poi divorziati di John hanno condotto a un disperato bisogno di un oggetto
contenitivo e alla possibile ricerca di un ritiro difensivo narcisistico. Ugualmente, sono stati
esposti a un’eccessiva richiesta emotiva ed aspettativa da parte dei genitori. Jane è dovuta stare
dietro alla madre malata sin dai primi anni della fanciullezza e poi obbedire rigidamente alle
regole del padre. John ha dovuto trattare con le domande angosciose di ciascun genitore rivolte a
lui sull’altro genitore, ed inoltre ha assistito all’aperta promiscuità del padre. Sia Jane che John
potrebbero rimanere con un terrore per l’intrusione connessa alla vicinanza. E’ molto interessante
vedere quanto delle loro storie familiari e dinamiche originarie vengono ricreate e ripetute nella
loro attuale relazione.

Entrambi rimbalzano violentemente tra una paura della separazione, che viene sentita come
abbandono, e una paura della vicinanza, che viene sentita come intrusione. Questo ha come
risultato un circolo vizioso di intrusione e colonizzazione da parte di uno di loro e di rifiuto ed
abbandono da parte dell’altro.
Attraverso l’identificazione proiettiva Jane cerca di entrare dentro John e possederlo, negandogli
ogni separazione o differenza. Il migliore amico di lui divenne brevemente l’amante di lei (‘il
migliore amico’ di lei) a causa di ciò venne rotta l’amicizia tra i due uomini, che Jane sentiva
avrebbe potuto minacciarla. Tuttavia, come risultato della sua intrusione, Jane provoca in John
proprio quel distacco di cui lei è terrorizzata. Si sente così abbandonata da John e lo attacca
violentemente sia fisicamente che emotivamente, temendo inconsciamente per la sua stessa
sopravvivenza.

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La sua violenza nei confronti di John è inizialmente auto-preservativa: sta lottando per l’oggetto nel
quale ha proiettato se stessa e con il quale è narcisisticamente identificata. Quindi, quando lo vede
che si tira via da lei è terrorizzata di perderlo e così sessualizza il suo interesse per lui per legarsi a
lui e creare un’immagine di loro due “destinati” a stare insieme e sposarsi. A questo punto il suo
atteggiamento e comportamento violento diventano una fusione di aggressività e sessualità, e
quindi sadici.

Il suo continuo attaccamento a questo uomo che la frustra e la rifiuta è, certamente, il suo
masochismo. (E’ anche inconsciamente la natura della sua relazione con la madre e il padre).
Tuttavia, trionfa in questo masochismo perché è venuta inconsciamente a sapere che John è
terrorizzato di distruggerla e danneggiarla con la propria aggressività e così non può mantenerla in
quella posizione troppo a lungo senza provare una colpa insopportabile e la paura dell’abbandono.
La salva dalla sua posizione vulnerabile ritirando le risposte aggressive alla sua intrusione aprendo
di nuovo la porta perché Jane lo invada e colonizzi. Anche se l’aggressività passiva di John è
evidente nella relazione di coppia, egli ritorna molto facilmente alla posizione masochista, poiché
non è capace di tollerare di essere separato e non colonizzato da Jane senza sentirlo come un
abbandono causato dal suo stesso desiderio di uccidere. Per John la vicinanza è intrusione e per
Jane l’unica forma sicura di vicinanza è quella offerta dalla colonizzazione effettuata tramite
un’identificazione proiettiva intrusiva.

Una delle maggiori difficoltà nel lavoro con questa coppia è che ogni curiosità o interesse viene
vissuta da entrambi come fortemente intrusivo e violento. Questa esperienza della curiosità come
intrusione viene rappresentata dallo stile relazionale di John molto distaccato e chiuso e dal
bisogno di Jane che tutte le sue domande ricevano una risposta immediata ed affermativa, come se
un diverso punto di vista o il non sapere fosse totalmente intollerabile. Alternativamente, quando
assumo la ‘terza posizione’ di osservatore vengo vissuto come intellettuale e clinicamente freddo,
come se in quella posizione non fossi più un oggetto contenitore ma li avessi piuttosto
abbandonati.

Non sorprende di venire a sapere che questa coppia ha una vita sessuale estremamente povera.
Solitamente Jane è colei che cerca di prendere l’iniziativa sessuale ma John o non riesce a tenere
l’erezione o eiacula molto velocemente. Alternativamente, quelle volte in cui John tenta di
avvicinare Jane lei lo distanzia e lo sminuisce. Allontanano la possibilità di un rapporto sessuale
tra di loro poiché esso non solo richiederebbe il riconoscimento e la tolleranza della differenza ma
anche la necessità di creare un legame attraverso la differenza. Inoltre richiede che il rapporto
sessuale venga vissuto come creativo e amorevole piuttosto che intrusivo e nato da un desiderio di
dominio.

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La sessualità è intrecciata sia con l’amore che con l’odio, sia con l’istinto di vita che con quello di
morte. In condizioni normali, l’elemento aggressivo dell’odio è sotto il controllo dell’amore. Il
rapporto sessuale pertanto viene vissuto come creativo e riparatore, suscitando poca o nessuna
colpa e quindi vissuto come non solo piacevole ma anche buono. In assenza del primato
dell’amore sull’odio, come per John e Jane, in cui l’istinto di morte è dominante, il rapporto
sessuale viene considerato un atto aggressivo e può manifestarsi o in una sessualità perversa di
tipo violenta, o, sotto l’influenza della colpa come nel caso di John e Jane, può essere assente.

Nel transfert, per entrambi, sono una figura molto pericolosa la cui curiosità e desiderio di capire
viene sentita come ostile ed aggressiva. Jane ha affermato che ho un interesse perverso per la loro
relazione, e chiede perché non posso semplicemente lasciarli così come sono. Creano
un’atmosfera in cui mi immagino facilmente che potrei passare un’intera seduta senza dire una
singola parola e lasciarli riempire l’intero tempo – cercano di colonizzare la terapia e cancellare il
mio pensiero e la mia presenza separata. La comprensione richiede la tolleranza e il legame tra
diversi punti di vista. Questo non è ancora possibile per John e Jane che non sembrano al
momento di aver bisogno di capire quanto semplicemente piuttosto che i loro punti di vista
vengano accettati. Tuttavia, con una certa sorpresa vengono regolarmente alle sedute e lentamente
stiamo iniziando a intravvedere la natura reciproca della loro interazione. Questo è iniziato ad
accadere grazie al fatto che entrambi stanno appena iniziando ad accettarsi come
contemporaneamente vittima e carnefice, entrambi sadici e masochisti nella relazione con l’altro.

Tuttavia, come per la maggioranza dei pazienti perversi, e ancora di più quando si tratta di una
coppia, la parte perversa della personalità può distorcere e disturbare ciò che abbiamo appreso. Per
entrambi, ritornare ad un narcisismo più onnipotente, un narcisismo negativo nel caso di John, può
quindi apparire una soluzione di fronte al terrificante problema di considerare la possibilità di
tollerare la separazione e la differenza (perché sarebbe abbandono), o una possibile intimità
(perché ciò sarebbe intrusione e colonizzazione). Questa soluzione, tuttavia, sarebbe una soluzione
perversa.

In questa presentazione ho delineato il mio tentativo di comprendere gli stati perversi della mente e
le relazioni oggettuali perverse, al centro dei quali c’è un rinnegamento dei fatti della vita
sostenuti dalle relazioni sado-masochiste. Descrivo quindi una coppia borderline in trattamento
che adotta soluzioni sado-masochiste per stornare il possibile spostamento psichico verso un
riconoscimento e una tolleranza della differenza e della separazione, entrambi essenziali per la
salute mentale e la costruzione di relazioni oggettuali mature.

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Bibliografia essenziale
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Rey J. H. (1994). Reparation. In Magagna J. (Ed). Universals of Psychoanalysis in the Treatment
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Stolorow R.D (1975). The Narcissistic function of the Masochism (and Sadism). International
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