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Caso di isteria maligna: testo di Bollas  non sembra un isterico maligno puro: delirio erotico di essere

superiore agli altri in maniera erotica (papa sessuale); l’aspetto di onnipotenza nell’aspetto maniacale non è
completamente in linea con isteria maligna.

Le componenti isterico-istrioniche ci sono, perché le ritroviamo nell’erotizzazione, ma non troviamo un


meccanismo di difesa peculiare che è la regressione, troviamo l’onnipotenza che non propende per
funzionamento isterico, e l’organizzazione è prevalentemente psicotica.

Noi non daremmo isteria come diagnosi principale, forse siamo di fronte ad aspetti di episodio psicotico
(deliri franchi, forse allucinazioni, esame di realtà sgretolato)  sintomatologia del versante psicotico
(spettro schizofreniforme)

Elementi di onnipotenza definiti maniacali dall’autore: potrebbe essere reazione maniacale a depressività
scatenata da un evento che non ci sembra traumatico, una forma di conoscenza potrebbe scatenare una
reazione depressiva maniacale volta alla protezione o di autostima o del crollo. C’è un desiderio di
ricongiungimento con sé ideale in cui c’è la negazione (che combacia con la nostra idea psicotica) di un
introietto persecutorio non più tollerabile.

Il paziente non accetta le interpretazioni (è chiaramente maligno, usa gli altri per avere un tornaconto), le
vede come sfide e si compiace nello stravolgerle: il polo espressivo nello spettro psicotico non va proposto
perché nel migliore dei casi la rifiutano come gli antisociali e nel peggiore dei casi può essere una
destrutturazione. L’insight stesso che è una conseguenza dell’interpretazione non è un obiettivo in questo
caso.

Per quanto riguarda il versante isterico, considerando che è un paziente a basso funzionamento, bisogna
cercare di riportare il paziente ai dettagli, che significa pian piano avvicinarci a un ancoraggio simbolico.
L’eloquio ipo-dettagliato non è solo un modo di agganciare l’attenzione dell’altro ma anche di non
affrontare l’aspetto di razionale con cui se la paziente fa i conti si trova a dover imbrigliare il contenuto
emotivo e affettivo che potrebbe non essere gestito. Più le parole sono vaghe più con queste parole la
paziente può continuare a vivere il bisogno di emozioni intense positive o negative, più invece cerchiamo di
riportare a un piano dettagliato e razionale le parole e i pensieri più la paziente si deve confrontare con un
esame di realtà. Prima di iniziare qualunque interpretazione dobbiamo cercare di allenare la paziente ad
ancorarsi a concetti specifici, e facendo questo la aiutiamo in due modi:

- Esce dal corpo e va sul simbolico: tutto quello che per lei eccede va sul corpo (converte, non somatizza:
non sa come vincolare il surplus e fa parlare il corpo, non è la forclusione emotiva del paziente
alessitimico che spesso somatizza)
- Dobbiamo aiutare la paziente a usare la sfumatura delle parole per entrare nel dettaglio dell’evento e a
reincasellare la sua esagerazione emotiva dandole un senso e collegandola al simbolico. L’accesso al
simbolico c’è, ma non c’è l’aggancio rispetto al surplus affettivo che nel momento in cui scivola in
maniera impetuosa la riporta a triangolare e mettere in atto coazioni a ripetere che poi sono dolorose
nella sua vita
- Bisogna ancorare la parola giusta al concetto giusto in modo che anche l’affetto sia imbrigliato
- Parola benedizione: dire bene/bene dire cosa vuol dire?
- Condurre a una comprensione dettagliata del reale perché spesso i nessi logici vacillano: c’è un
overflow emotivo per cui un evento è utilizzato per vivere un’emozione per una disperata necessità di
provare un’intensa emozione. Bisogna distinguere l’evento da ciò che è suo. Dettagliando possiamo far
capire cosa è dell’amica, cosa per l’amica, e cosa suo  ricollocazione sul piano temporale degli eventi
TRANSFERT E CONTROTRANSFERT:

Transfert:

- Con il terapeuta maschio saranno seduttive (tr. erotico anche come resistenza)
- Con il terapeuta femmina saranno competitive
- Affrontati efficacemente con l’interpretazione

Controtransfert:

- Distanza difensiva o infantilizzazione


- Risposta alla seduttività del cliente (attento esame controtransferale)

Trattamento:

- Aspettativa che il terapeuta «comprenda tutto»


- Terapia come relazione esclusiva

Laddove la rabbia è molto sfumata nella paziente isterico-istrionica, e come nella depressione essa è rivolta
solo verso se stessi, nel borderline è rivolta tutta fuori ed è l’elemento cruciale che permette di fare
diagnosi differenziale.

Come nell’ossessivo abbiamo la porta dell’affettività chiusa e della razionalità aperta ed è lì che sembra
stare il problema, ma in realtà è solo la strada per poter passare attraverso il problema, nell’isterico-
istrionico è il contrario, ma l’affettività è solo la porta per passare al vero problema che è la cognizione:
l’unico strumento che le manca per gestire un flusso emotivo che non le manca e non è soppresso, ma
troppo libero, per cui vanno le persone isterico-istrioniche vanno guidate nella gestione di questo.

Vuole sentirsi importante, il preferito, speciale: l’affetto è il problema ma anche la porta di accesso, quindi
rispondiamo cercando di agganciarci alla cornice cognitiva, un significante per il significato.

Inizialmente la facciamo sentire speciale, altrimenti non riesce a farci entrare: se non erotizzo il legame non
riusciamo a entrare, non mentendo ma favorendo una forma di comunicazione per cui la paziente crede di
essere speciale. I pazienti spesso ci chiedono il loro stesso veleno. In parte è speciale e in parte no: bisogna
introdurre un po’ di frustrazione e farle accettare la parte di sé non desiderabile con cui è arrabbiata (inizia
un lavoro sulle parti negative del sé e degli altri).

Tutte queste dinamiche diventano fortissime e quasi tragiche con il borderline.

Fettel: uno dei principali fautori del non includere il disturbo isterico-istrionico nella sezione dedicata al
modello ibrido del DSM ma farlo confluire con il borderline

BORDERLINE:

DSM-5:

Pattern pervasivo di instabilità delle relazioni interpersonali, dell’immagine di sé e dell’umore e una


marcata impulsività, che inizia nella prima età adulta ed è presente in svariati contesti, come indicato da
5 (o più) dei seguenti elementi:

1. Sforzi disperati per evitare un reale o immaginario abbandono


2. Pattern di relazioni interpersonali instabili e intense  Le relazioni non sono una scelta o un piacere
ma una necessità, come nel caso delle pazienti isterico-istrioniche: quello borderline è un paziente che
teme le relazioni profonde, viscerali e simbiotiche, ma le desidera al contempo  per certi aspetti è
come lo schizoide: la prima ferita è simile, ma lo schizoide fa una scelta diversa. Tra mangiare ed essere
mangiato nel dubbio lo schizoide dice no e si ritira in un mondo suo che lo isola ma gli permette di
sopravvivere, il borderline invece non ce la fa e sceglie di mangiare ed essere mangiato (relazione
cannibalica  passionalità ma anche aggressività)
3. Alterazione (instabilità) dell’identità  Soprattutto nell’immagine di sé che è fluttuante  diffusione
dell’identità, tipica dell’organizzazione borderline in generale e del disturbo borderline nello specifico,
nel non sapersi identificare e nemmeno direzionare. Il paziente nel tempo oscilla in differenti
concezioni di sé: il paziente ad alto funzionamento soffre molto di questo (dire “io non so chi sono” è
molto doloroso ed è dato dall’adesività all’altro dettata da una profonda impulsività e dal farsi
trascinare dagli eventi)
4. Impulsività in comportamenti dannosi per il soggetto
5. Ricorrenti comportamenti, gesti o minacce suicidarie; gesti auto-mutilanti
6. Instabilità affettiva dovuta a una marcata reattività dell’umore  sono pazienti a nervi scoperti
7. Sentimenti cronici di vuoto  è difficile da coniugare in prospettiva psicodinamica relativamente vera
a meno che non mettiamo dei caveat: c’è un vuoto, ma consiste in un momentaneo svuotamento che
non ha nulla a che vedere con il vuoto narcisistico (in cui l’altro è un oggetto). È il vuoto di chi ha
buttato tutto fuori e non ha dentro niente momentaneamente, è dettato dalla diffusione d’identità per
cui a un certo punto il borderline non sa più chi è. “Sono solo, perdo di significato e quindi
momentaneamente mi sento vuoto”: è un paziente estremamente empatico, quindi in realtà non può
essere vuoto ma si riempie quando ha qualcuno vicino, ma non è qualcuno che gli dice bravo, non è la
ferita all’autostima quella che svuota il paziente borderline (come il paziente narcisista, che è
apparentemente vuoto senza l’altro ma in realtà l’altro è solo un oggetto, sostituibile da qualsiasi altra
forma di plauso, consenso e ammirazione  nutrimento dall’esterno, non in contatto con il vero sé)
bensì un nutrimento più vincolato all’affetto, c’è comunque una rappresentazione dell’altro che un po’
lo tiene in vita. L’affetto è scisso e quando cambia di stato il borderline non ce l’ha più, ma non è il
vuoto del narcisista che non fa in tempo ad arrivare a un obiettivo perché non si può fermare sennò
collassa tutto. Il borderline fa di tutto per assicurarsi che l’altro non scappi (è come un uccellino stretto
tra le mani perché non scappi, che stringendo distrugge gli affetti e fa sì che si allontanino). Affetto in
psicologia non è pulsione, che si può spostare e cambiare oggetto (nel narcisista addirittura l’oggetto è
la proiezione del sé); Freud fa una metafora tra aspetto somatico e rappresentativo e la distingue
dall’istinto. Invece l’affetto è la non trasmutabilità della pulsione: se abbiamo affetto per una persona,
quella persona diventa insostituibile. Per questo queste persone cambiano con gli sconosciuti persone
conosciute e care, perché laddove ci sono affetto e legame quella persona non è più sostituibile, quindi
c’è una sorta di dipendenza anche minima e parziale, ma se quella persona se ne va c’è una
rappresentazione interna che non viene più nutrita e allora deve affrontare una fase depressiva perché
sia mantenuta parzialmente in vita dentro ma non è più nutrita da un affetto esterno che era
insostituibile. Quindi per il borderline è cruciale parlare di affetti e insostituibilità: l’affetto è
fondamentale e la persona non riesce a spostarlo subito, per quanto l’organizzazione sia primitiva, e
viene distrutto da ogni abbandono reale o immaginato. Purtroppo, lo vediamo anche quando non
rispondiamo al telefono: tu non ci sei quindi mi hai abbandonato, dov’eri?
8. Rabbia inappropriata e intensa, o difficoltà nel controllarla  caratteristica fondamentale non volta al
piacere ma disperata, spesso volta a prevenire un abbandono immaginato (anche solo un sogno)
9. Ideazione paranoide transitoria, associata allo stress, o gravi sintomi dissociativi

CONSIDERAZIONI PSICODINAMICHE:

Knight: incapacità di programmare realisticamente e di gestire impulsi primitivi; eccesso di pensiero


primario
Grinker: rabbia; difficoltà nelle relazioni interpersonali; assenza di un’immagine coerente

Gunderson: pensiero simil-psicotico; automutilazioni; tentati suicidi dimostrativi

Kernberg: 1 debolezza dell’Io (non tolleranza dell’ansia e non controllo degli impulsi, mancanza di canali
sublimali evoluti); 2 eccesso di pensiero primario; 3 difese specifiche (scissione, idealizzazione primitiva,
identificazione proiettiva, diniego, onnipotenza/svalutazione); 4 relazioni d’oggetto patologiche
interiorizzate come effetto della scissione

COMPRENSIONE PSICODINAMICA:

1. Stile di attaccamento preoccupato/ansioso o disorganizzato


2. Deficit di mentalizzazione (attaccamento insicuro o disorganizzato)
3. Focus sul tema dell’abbandono
4. Dolore insopportabile che può essere avvertito sul piano fisico
5. Incapacità di concepire se stessi e gli altri come agenti mentali
6. Autostima fragile, sensazione di vergogna e svalutazione
7. Caregiver spaventato o spaventante

- I partner più disperati sono i narcisisti (si sentono una nullità, svuotati) e borderline (mangiati, abrasi,
scarnificati a morsi), che sono distruttivi in modi diversi
- Il fallimento evolutivo sta nel non avere costanza dell’oggetto: in terapia ci sono rappresentazioni molto
labili che avranno bisogno di essere rassicurate spesso da una presenza esterna.
Nella fase di separazione-individuazione (Mahler) la costanza dell’oggetto viene raggiunta tra i 3-4 anni,
ma qui questo aspetto fallisce: la separazione è intrapsichica e permette di percepirsi come separato
dall’altro, quindi entro i 2 anni c’è una fase di esplorazione e sperimentazione, entro i 3 anni segue la
fase di riavvicinamento e parallelamente anche di maturazione della costanza dell’oggetto grazie
all’avvicinamento e al ritrovo del caregiver. Se io ti ritrovo, posso alimentare in me una
rappresentazione costante di te che resti autonoma anche di fronte alle piccole frustrazioni (se non mi
rispondi al telefono non penso che non mi vuoi più e che quella relazione va male, ma che forse hai da
fare e sei fatto così, e so che mi vuoi bene anche se a volte non mi rispondi). Invece, nel borderline ogni
volta vengono messe in dubbio la presenza e la rappresentazione in cui è chiusa la matrice relazionale
che accomuna quell’affetto, da cui deriva uno stato di angoscia.
- La persona bulimica sembra che mangi qualunque cosa, ma il cibo è affetto, quindi si riempie di affetto
sapendo che è un surrogato, tant’è vero che poi sta male e lo vuole vomitare; anche il paziente
borderline mangia in qualsiasi modo le persone che sono oggetto del suo affetto
- La fase di riavvicinamento propedeutica alla formazione dei processi che permettono la costanza di
quell’antico oggetto d’amore (la mamma, il papà, le persone intime e vicine e poi tutti gli altri) è fallita,
quindi immaginiamo un genitore fortemente disfunzionale (abusi fisici, sessuali, relazionali costellano le
biografie di questi pazienti): nessuno come i pazienti con disturbo borderline non ha subito abusi
rispetto agli altri quadri psicopatologici, a eccezione dell’antisociale che è peculiare in termini di abusi
fisici (abusi relazionali nel caso del narcisista). Immaginiamo un genitore borderline a basso
funzionamento, dispotico o sadico, per cui il messaggio incoerente è coerente solo nella punizione del
ritorno e nello scoraggiamento dell’emancipazione: il genitore dice “non andare”, il bambino per una
sua spinta biologica, fisiologica ed evolutiva si allontana, se il bambino va via il genitore sta male e
quando torna non lo vuole più (“sei voluto andare via, e là stai”), dopo un po’ come se niente fosse lo
riaccoglie, poi il bambino va via di nuovo e il genitore “ancora vai via, maledetto che mi abbandoni così”
e quando torna di nuovo “stai da solo”. Sono terribili la punizione e il non accoglimento dopo la fase di
esplorazione per la costruzione di una base sicura dopo una spinta naturale della vita per cui noi siamo
separati dall’altro e scegliamo da persone libere di tornare. È un dono continuamente rifiutato. È un
fallimento gravissimo che porta molta rabbia e frustrazione e nuclei dissociati del sé, perché è difficile
immaginare che il genitore che alimenta la fase di allontanamento poi sia lo stesso che ti abbraccia
nella fase di ritorno.
- Meccanismi di difesa: forte scissione come meccanismo patognomonico, a volte anche dissociazione,
che salverà la parte di genitore buono che altrimenti sarebbe troppo corrosa da un’elaborazione
depressiva insostenibile per un bambino per cui c’è una parte buona ma anche una cattiva che lo odia
quando se ne va e non gli permette di ritornare. Il bambino potrebbe depressivamente accogliere il
fatto di avere un genitore sadico che però ha delle parti buone: forse è più facile tenerlo diviso, e
questo salva al momento ma compromette un funzionamento adulto. Capiamo allora la rabbia e i
disperati tentativi di preservazione da un abbandono, anche perché quando si torna non possono
esserci distacco o separazione altrimenti non può esserci un riavvicinamento: sarebbe una catastrofe.

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