Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
gabriellagiudici.it/le-teorie-della-personalita/
November 15,
2017
γνῶθι σαυτόν
Eraclito
Indice
1. Una definizione
2. La personalità (o Io) nella psicanalisi
2.1 I meccanismi di difesa
2.1.1 La sublimazione
2.1.2 La rimozione
2.1.3 La proiezione
2.1.4 Le formazioni reattive
2.1.5 La razionalizzazione
1. Una definizione
2/29
La personalità è un’organizzazione più o meno durevole di forze nell’ambito
dell’individuo.
Ma il comportamento, per quanto coerente, non è la stessa cosa che la personalità (vedi lo
studio di Richard Lapiere sulla percezione americana degli asiatici nel 1934, NDR) la
personalità sta dietro al comportamento e all’interno dell’individuo. Le forze della
personalità non sono risposte ma disposizioni alla risposta […]. Le forze della
personalità sono primariamente bisogni (spinte, desideri, impulsi emotivi) che variano
da un individuo all’altro per quanto concerne la qualità, l’intensità, il modo di
gratificazione e gli oggetti del loro attaccamento, e che interagiscono con altri bisogni in
modelli armonici o contrastanti.
Lungi dall’essere un dato iniziale che rimanga costante e agisca sul mondo circostante, la
personalità si evolve sotto l’influenza dell’ambiente sociale e non può mai venir
isolata dalla totalità sociale nella quale si manifesta.
Secondo la presente teoria, gli effetti delle forze ambientali nella formazione della
personalità sono in generale tanto più profondi quanto più presto esercitano la loro
influenza sulla storia di vita dell’individuo. Le influenze principali sullo sviluppo della
personalità si manifestano nel corso dell’educazione del bambino, in quanto condotta in
un ambiente di vita familiare. Ciò che accade a questo livello è profondamente influenzato
da fattori economici e sociali [T. W. Adorno, La personalità autoritaria, 1949].
3/29
La definizione di Adorno mette l’accento sul carattere fluido, dinamico della
personalità, descrittacome:
4/29
Secondo Freud, la personalità è il risultato – il punto di equilibrio raggiunto – del conflitto
che oppone coscienza e inconscio, Es e Super-Io e delle modalità attraverso cui l’Io
costruisce le proprie relazione con gli altri.
Per il padre della psicanalisi, la componente originaria della vita psichica è infatti l’Es
(o principio di piacere), il complesso di pulsioni e desideri che preme per esprimersi e
che lo psichiatra interpreta essenzialmente come energia erotica o libido. Ad esso si
oppone il Super-Io, sede dei valori etici e del codice morale interiorizzati attraverso
l’educazione in senso ampio, cioè l’inclusione dell’individuo nel sistema di regole, visioni,
comportamenti del suo ambiente (la socializzazione, l’inculturazione, in termini socio-
antropologici).
Dal conflitto tra l’istintualità primitiva dell’Es e i divieti posti dal Super-Io emerge l’Io (o
principio di realtà): la funzione psichica che ha il compito di mediare, trovare un
equilibrio tra le due istanze opposte, vale a dire di decidere se, quando e come
autorizzare l’espressione delle pulsioni individuali. E’ proprio il tipo di equilibrio che
l’Io riesce a stabilire a determinare lo stato psichico e a decidere se il suo funzionamento
sia normale o patologico.
Freud ha usato il mito di Edipo per spiegare la natura conflittuale dello sviluppo della
personalità e dell’identità di genere. Secondo Freud, la conquista della maturità
psicologica e dell’identità sessuale richiedono un duro lavoro che caratterizza l’età
infantile, durante la quale lo sviluppo della personalità procede parallelamente allo
spostamento dell’area del piacere sessuale da un’area erogena ad un’altra. Ciò
avverrebbe perché l’energia psichica, che Freud chiama libido, tende a scaricarsi su zone
erogene il cui valore altamente simbolico rappresenta proprio il grado di equilibrio
psichico o maturità dell’Io conquistato dal bambino ad ogni tappa del proprio sviluppo.
Il culmine dello sviluppo psicosessuale è la fase genitale alla quale si perviene a partire
dall’adolescenza, la cui caratteristica più importante è la comparsa dell’interesse per una
relazione reciprocamente gratificante con gli altri.
Il momento più critico dello sviluppo infantile si situa dunque proprio nella fase fallica e
nel tentativo infantile del suo oltrepassamento per approdare alla fase genitale, che è in
ogni caso un traguardo dell’età adulta. E’ durante la fase fallica, infatti, che il bambino
vive un passaggio edipico che, se irrisolto, si fissa in un vero e proprio complesso di
Edipo (nella bambina in un complesso di Elettra che ha però caratteristiche diverse). La
5/29
fase edipica è caratterizzata dall’attrazione sessuale del bambino per la madre e
dal timore della riprovazione del padre che il maschio vive come ansia di
castrazione.
La crisi edipica
Il caso più semplice si struttura, per il bambino di sesso maschile, nel modo seguente: egli
sviluppa assai precocemente un investimento oggettuale per la madre, investimento che
prende origine dal seno materno e prefigura il modello di una scelta oggettuale del tipo
“per appoggio”; del padre il maschietto si impossessa mediante identificazione. Le due
relazioni per un certo periodo procedono parallelamente, fino a quando, per il rafforzarsi
dei desideri sessuali riferiti alla madre e per la constatazione che il padre costituisce un
impedimento alla loro realizzazione, si genera il complesso edipico.
L’identificazione col padre assume ora una coloritura ostile, si orienta verso il
desiderio di toglierlo di mezzo per sostituirsi a lui presso la madre. Da questo momento
in poi il comportamento verso il padre è ambivalente; sembra quasi che l’ambivalenza,
già contenuta nell’identificazione fin da principio, si faccia manifesta. L’impostazione
ambivalente verso il padre e l’aspirazione oggettuale esclusivamente affettuosa riferita
alla madre costituiscono per il maschietto il contenuto del complesso edipico nella sua
forma semplice e positiva.
E’ proprio per tenere sotto controllo queste pericolose pulsioni che il bambino finisce
per vivere mediatamente, cioè attraverso il padre, la gratificazione sessuale
ricercata con la madre, identificandosi con il genitore del proprio sesso e
interiorizzandone gran parte dei valori, dando forma al super-Io. L’interiorizzazione
del divieto per eccellenza (che Lacan chiamerà, infatti, Legge) e la prima frustrazione del
desiderio vissuta dal bambino costituiscono quindi il primo elemento della costruzione
dell’Io, non solo perché attraverso la dinamica edipica la personalità infantile sviluppa
l’identità di genere, ma soprattutto perché l’emergere del super-Io e dei primi limiti
posti alla libido del bambino dà forma alla possibilità stessa della vita relazionale,
impossibile nella precedente fase di onnipotenza egocentrica del bambino, ancora privo
di senso di realtà o Io.
Oltre all’elaborazione del conflitto edipico, un ruolo fondamentale nella costruzione della
personalità individuale è giocato, secondo Freud, dai meccanismi di difesa, strategie
psichiche che l’Io mette in campo per controllare il disagio e i conflitti generati dalle
proibizioni riguardanti l’Es, pulsioni sessuali e aggressive incompatibili con la vita sociale
[vedi sotto Introduzione alla psicanalisi].
mappa
7/29
La psicanalisi
2.1.1 La sublimazione
Si ha sublimazione quando l’io trasforma le energie sessuali e aggressive in motivi
socialmente accettabili che ne mascherano completamente le origini e la
motivazione: la pulsione sessuale può essere canalizzata in amore per l’arte o in
filantropia, le pulsioni aggressive possono essere sublimate nell’agonismo sportivo o
nell’attività dello spaccare la legna.
2.1.2 La rimozione
Tutti i meccanismi di difesa mettono in
atto, in qualche modo, una rimozione in
quanto ci impediscono di esprimere
direttamente e in modo non mascherato i
nostri impulsi.
Ad esempio, il lapsus è per Freud una lieve psicopatologia, nella quale un pensiero
rimosso, torna a manifestare la sua presenza. Un esempio tratto da Psicopatologia
della vita quotidiana (1901):
«E’ per me una noia (gioia) ricordare i meriti del mio stimato predecessore» [Freud
in Psicopatologia della vita quotidiana, illustrando il lapsus di un professore alla sua
prolusione di insediamento].
9/29
Esempi di atti mancati offerti da Freud, sono il caso di
Jones che per qualche ragione aveva lasciato per
alcuni giorni sulla scrivania una lettera senza spedirla.
Quando si decise a spedirla, se la vide respingere
perché aveva dimenticato di scrivere l’indirizzo; la
portò di nuovo all’ufficio postale ma non riuscì ad
inviarla perché aveva dimenticato l’affrancatura. Prese
atto, a quel punto, delle ragioni della propria riluttanza
ad inviare la lettera. Un altro esempio è quello di chi
arrivato davanti alla porta di casa di una amico
fraterno, si cerchi in tasca le chiavi di casa, a significare
che là si sente proprio come a casa.
Il meccanismo della rimozione agisce anche quando il soggetto allontana dal pensiero
cosciente contenuti psichici dolorosi, instaurando un sistema durevole di difese contro di
esso da cui emerge solo il sintomo della nevrosi. Ecco perché il malato non può
raggiungere da solo la consapevolezza delle cause del suo disturbo, ma deve essere
curato con un metodo che gli consenta di far riemergere (a partire dai sintomi) le cause
del suo disagio. Il sintomo isterico è dunque la causa “mascherata” del disturbo,
spetta al terapeuta interpretare i “segni” del malessere psichico e rintracciarne la
causa rimossa dalla coscienza.
2.1.3 La proiezione
La proiezione
consiste nell’attribuire le proprie
qualità o desideri ad un’altra
persona. Ad esempio, chi è in
collera con il proprio datore di
lavoro, può attribuirgli intenzioni
aggressive e convincersi che è lui ad
essere arrabbiato (cioè che è lui ad
essere aggressivo), non viceversa.
10/29
In questo modo, il soggetto che si La paura dell’”uomo nero”
vede vittima, trova
giustificazione ai propri sentimenti aggressivi.
E’ uno dei meccanismi di difesa più densi di implicazioni sociali, particolarmente studiata
dall’allievo di Freud, Carl Gustav Jung che ha definito l‘ombra la parte oscura della
personalità, presente in ognuno di noi, ma negata e proiettata sugli altri (i criminali, gli
stranieri, gli ebrei, ecc.) o su qualche elemento esterno (il demonio), la cui
rappresentazione come esterna/estranea a noi ha funzione di rassicurazione.
11/29
Il moralismo del pervertito
Un esempio ci è offerto dal raccontino zen che narra del viaggio lungo un fiume di due
monaci buddisti, durante il quale incontrano una ragazza che chiede loro di essere presa
a bordo. Attraversando le rapide la ragazza cade nel fiume e si pone ai religiosi il
problema di come aiutarla, stante il divieto assoluto per il monaco buddista di toccare
una donna. Uno dei due, si toglie allora rapidamente il mantello e tuffatosi in acqua aiuta
la ragazza a guadagnare la riva. Tornato sulla barca, però, l’altro non la finisce più di
discutere se abbia fatto bene o male a salvare la ragazza (formazione reattiva: il desiderio
sessuale si esprime attraverso un’ossessiva repulsione). Il salvatore risponde allora che,
si, lui ha toccato la ragazza, ma l’ha anche lasciata sulla riva, mentre il compagno la porta
ancora in braccio (la pulsione, apparentemente rimossa, è centrale nella dinamica del
monaco accusatore, mentre si mostra superata-sublimata nello spirito religioso del
monaco salvatore).
2.1.5 La razionalizzazione
Il meccanismo di razionalizzazione
interviene quando il soggetto
soddisfa un desiderio o timore
inconscio, ma ne offre una
spiegazione socialmente
accettabile che maschera il
motivo reale.
12/29
3. La personalità nelle teorie neoanalitiche
Si tratta delle teorie elaborate dai primi
psicanalisti, allievi e colleghi di Freud che
si riunivano inizialmente nello studio di
Freud, dove avevano dato vita alla Società
Psicoanalitica Viennese (1902).
Nel 1913 lasciò la SPV anche Jung (1875-1961), lo psichiatra svizzero allievo prediletto di
Freud, il quale, oltre a considerare la psicanalisi astratta e priva di spessore storico (lo
sviluppo psichico di un aborigeno australiano obbedirebbe per Freud alle stesse
dinamiche “edipiche” proprie dell’individuo della società borghese patriarcale), negò la
natura sessuale dell’Es.
13/29
La sua ricerca lo portò ad incontrare Freud con il quale iniziò una intensa
collaborazione che si interruppe nel 1913
quando le divergenze erano ormai
insanabili. Jung infatti disconobbe la tesi
che l’energia umana sia di natura
sessuale. Secondo Jung, l’energia psichica
implica un’energia legata ai processi vitali di
cui quella sessuale è solo un esempio.
Per Jung, tutta l’energia psichica deriva dai conflitti che si vengono a creare fra i vari
elementi della personalità. Il fine dello sviluppo della personalità è quello di evitare di
attribuire troppa importanza a un unico aspetto e di ottenere, invece, un equilibrio o
integrazione fra i vari elementi (nel Sé).
14/29
Nell’immagine sottostante è rappresentato il complesso modello junghiano della
struttura della personalità. Al centro della coscienza si trova l’Io, che contiene i
pensieri consci, i ricordi e i sentimenti; il centro dell’esperienza individuale che
fornisce la sensazione di continuità e identità.
Secondo Jung, infatti, a causa della nostra comune ereditarietà evolutiva e delle strutture
cerebrali, noi ereditiamo la predisposizione a rispondere in un determinato modo a certe
esperienze. Questi temi universali, definiti archetipi, forniscono essenzialmente una
“memoria” collettiva della nostra ascendenza evolutiva. Ne sono un esempio
l’archetipo madre-figlio, che guida su basi innate le madri a proteggere i figli e
l’archetipo di Dio che porta le persone che si trovano in condizioni ambigue o dense di
pericoli a creare l’immagine di una divinità onnipotente.
L’incontro con se stessi è una delle esperienze più sgradevoli alle quali si sfugge
proiettando tutto ciò che è negativo sul mondo circostante. Chi è in condizione di vedere
la propria ombra e di sopportarne la conoscenza ha già assolto una piccola parte del
compito.
Altri due temi universali sono l’anima, l’archetipo femminile, e l’animus, l’archetipo
maschile che rappresentano l’immagine interiore del femminile e della virilità presente
ad ogni individuo. Dal punto di vista sessuale, Jung, come Freud, è convinto che uomini e
donne abbiano dentro di sé elementi bisessuali che necessitano di essere integrati,
piuttosto che negati.
15/29
La struttura più importante del sistema junghiano è il Sé, non il semplice equivalente
dell’io freudiano (e del principio di realtà), ma una dimensione alimentata dalle
esperienze della nostra vita e dall’autocoscienza volta a tenere in equilibrio e ad
armonizzare in modo sempre più elevato parti opposte della personalità [per
approfondimenti, vedi Aldo Carotenuto, Identità e ipseità. Il principium individuationis.
Le crisi personali creano uno squilibrio fra gli atteggiamenti estroversi e quelli
introversi, ma una crisi può essere benefica se il nuovo equilibro trovato è ad un livello
più elevato di equilibrio e di armonia. Il processo di individuazione, cioè di costruzione
della soggettività individuale, è dunque un percorso non facile che merita però la
sofferenza (umanizzante) che comporta.
16/29
Watch Video At: https://youtu.be/qWGGxGptLTY
Esercitazione
17/29
Prendo le distanze da me perché non voglio avere niente a cui spartire con me,
da condividere con chi come me non fa nulla per correggersi : sono il mio nemico, il più
acerrimo.
Carceriere di me stesso con la chiave in tasca invoco libertà ma per adesso so che questa
cella resterà sprangata a triplice mandata dall’interno : sono l’anima dannata messa a
guardia del mio inferno.
Reprimo ogni possibile “me”, inflessibile, inarrestabile nel mio restare fermo immobile,
segno i giorni scorrere sul calendario, faccio la vittima, il mandante ed il sicario..
Sono l’Uomo Nero che turbava i sogni quando li facevo, credevo di esser libero ma non
mi conoscevo come adesso ed ego non mi absolvo neanche quando mi confesso dei
peccati che ho commesso – e guido un autodafè –
In cattiva compagnia soprattutto se sto solo, negativo come i G in una picchiata, prendo il
volo, salgo, stallo e aspetto il peggio, che non sta nella caduta ma nell’atterraggio come
dice Hubert. Malato immaginario più di quello di Molière, sono il mio gregario e mi
comporto da Salieri e non chiedermi il perché, che come il Tethered quando perdo il filo
poi non mi puoi più riprendere..
Caro amico non ti scrivo, non ti cerco e non ti chiamo mai, batti un colpo se ci sei e se stai
ascoltandomi, strappami da questo mio torpore atarassico, mi son perso dentro un parco
che è giurassico e non trovo vie d’uscita : vieni a prendermi o precipito, scivolo come
Maximillian verso il buco nero del fastidio: nel tedio per me non c’è rimedio e me ne
accorgo perché sono sotto assedio mentre tu mi fai l’embargo.
Critico, m’arrampico su cattedre che non mi spettano e mi accorgo solo dopo un attimo
che esagero : ma come al solito il danno fatto è irreparabile, la storia è irreversibile, la
mia memoria è labile e lavabile..
18/29
Secondo la teoria psicanalitica classica, l’Io (o principio di realtà) ha il compito di mediare
tra le pulsioni sessuali e aggressive dell’Es e le proibizioni dia
Super-Io. Gli psicologi dell’Io, al contrario, ritengono che la
funzione dell’Io sia soprattutto quella di affrontare il mondo
esterno. Per questa ragione, rivolgono la loro
attenzione soprattutto ai processi di adattamento alla realtà
per un sano funzionamento della personalità.
Uno degli psicologi dell’Io più noti è Erik Erikson, allievo di Anna
Freud noto soprattutto per i suoi scritti sul ciclo della vita nei Erik Erikson (1902-
quali, a differenza di Freud, secondo cui l’influenza esercitata dai 1994)
genitori durante l’infanzia costituisce la causa più profonda dello
sviluppo della personalità, attribuisce un ruolo rilevante alla società che modella la
personalità nel corso della vita.
19/29
Prendiamo la quarta sfida psicosociale che il bambino affronta tra i 7 e gli 11 anni: si
tratta della messa alla prova delle proprie capacità nel mondo esterno, oltre la casa
familiare, nel confronto con i propri coetanei. In questo momento il bambino può
apprendere di non aver controllo su ciò che gli accade, di non essere capace a svolgere i
compiti che gli altri affrontano con facilità sviluppando un senso di impotenza attraverso
il quale impara a non essere bravo, competente, capace e a rispondere con sfiducia alle
prove e alle sfide dell’età scolare [vedi Abbas Kiarostami, Compiti a casa]. La
conseguenza dell’impotenza appresa può essere la riduzione dell’autostima e
l’adozione di una postura incline alla depressione.
20/29
Tuttavia, né Jung né gli analisti dell’Io, rigettarono la
premessa principale di Freud, secondo cui la personalità è
l’espressione di strutture e processi che si trovano all’interno
della persona. Di conseguenza, la teoria freudiana, quella
junghiana e la psicologia dell’Io possono essere definite
come teorie intrapsichiche. [vedi la critica alla psicanalisi
della scuola di Palo Alto o della “pragmatica della
comunicazione”]
21/29
Sono le prime esperienze sociali con chi si prende cura di lui a stabilire se gli sforzi
del bambino di superare il senso di inferiorità diventeranno uno stimolo alla crescita o
assumeranno la forma di una lotta per la superiorità. Il nevrotico è mosso ad agire
dall’ipercompensazione, dal momento che cerca di dominare e sopraffare gli altri
per potenziare il proprio Sé. La persona sana cerca di migliorare in quanto
individuo per portare il proprio contributo al bene comune.
Così quando la circolazione del sangue è minacciata, il cuore lavorerà con un aumento di
forza che prende da tutto l’organismo, si ingrosserà assumendo un volume maggiore di un
cuore che lavora normalmente. In modo simile l’organo psichico, sotto il peso della
pochezza, della debolezza, del senso d’inferiorità, tenterà con sforzi vigorosi di dominare
questo sentimento e di eliminarlo.
Secondo Adler, lo sviluppo dell’interesse sociale, vale a dire del bisogno di contribuire al
miglioramento della realtà in cui si vive, è un aspetto essenziale di un sano processo di
maturazione. Gli interessi sociali consentono all’individuo di superare l’auto-
assorbimento e di subordinare i fini personali al benessere collettivo.
22/29
infondono un senso di insicurezza cronica rispetto al bisogno di ricevere una
gratificazione dei propri bisogni interpersonali. Poiché il bambino si sente insicuro
quando esprime sensazioni di angoscia e di ostilità nei confronti di chi si prende cura di
lui e da cui dipende, questi sentimenti permangono anche nell’età adulta.
1. L’adulto nevrotico che ha bisogno soprattutto di amore si avvicina agli altri e cerca
in ogni modo di piacere e così facendo sacrifica la propria crescita personale in cambio
di affetto.
3. Una terza soluzione nevrotica è quella di muoversi contro gli altri, sfruttandoli
aggressivamente per ottenere quello di cui si ha bisogno.
Sia Adler sia Horney hanno enfatizzato il ruolo che i bisogni interpersonali frustrati
nell’infanzia svolgono nel determinare comportamenti disadattivi negli adulti ed
entrambi hanno studiato con attenzione la qualità delle relazioni sociali.
23/29
6. La personalità nelle teorie umanistiche
Il movimento che portò alla psicologia umanistica
iniziò nei primi anni ’60. Come reazione alla teoria
freudiana, gli psicologi umanistici formularono
un’ipotesi molto più positiva delle motivazioni di
base. Secondo questi autori, gli esseri umani sono
motivati principalmente a crescere e a realizzare le
proprie potenzialità. Dobbiamo a Kurt Goldstein
(1939, 1940) la prima formulazione teorica Secondo
Goldstein, il comportamento normale produce uno
stato di tensione
di diventare sempre più quello che si è, di diventare ciò che si è capaci di diventare.
In analogia a quanto aveva detto due secoli prima Jean Jacques Rousseau e in contrasto
con quanto aveva sostenuto Freud, questi teorici ritengono che gli esseri umani siano
fondamentalmente buoni e che la loro psiche si ammali quando viene loro
impedito di seguire inclinazioni naturali.
24/29
Gli psicologi umanistici rifiutano la premessa freudiana secondo cui il comportamento
adulto è inevitabilmente il prodotto di esperienze passate e ritengono, più
ottimisticamente, che la personalità possa modificarsi anche in età adulta.
Abraham Maslow e Carl Rogers sono i più noti rappresentanti dell’approccio umanistico.
Maslow ha puntato soprattutto sulle caratteristiche della personalità che consentono
l’autorealizzazione. Rogers, al contrario, si è occupato soprattutto degli eventi che
impediscono l’autorealizzazione e degli effetti che tali eventi producono sullo sviluppo e
sul funzionamento della personalità.
Secondo Maslow, tutti sentiamo il bisogno di sentirci amati o apprezzati dagli altri ma,
finché ci troviamo in questa condizione, non possiamo passare a un livello superiore di
amore, che implica interesse e sollecitudine per il benessere degli altri. L’ultimo dei
bisogni fondamentali implica la stima: il bisogno di essere tenuto in alta considerazione
da sé e dagli altri.
Per riassumere, Maslow ha ipotizzato che sia i bisogni biologici sia quelli psicologici sono
fondamentali e pressanti. Noi non possiamo dedicare energie all’autorealizzazione finché
i nostri bisogni di base non sono stati soddisfatti.
25/29
Una volta che si sono affrontati i bisogni di base, emergono i metabisogni, che sono i bi‐
sogni di crescita per autorealizzarsi, per sviluppare completamente le nostre
potenzialità, che sono uniche.
A differenza dei suoi predecessori, Maslow ritiene che il vero campo di indagine
della psicologia umanistica sia lo studio di persone eccezionalmente sane. Per
comprendere l’autorealizzazione, Maslow ha compiuto delle ricerche su individui che, a
suo parere, avevano sviluppato al massimo le proprie potenzialità. I criteri di selezione
che ha adottato sono personali e si basano sulle impressioni ricevute, enfatizzando
l’assenza di psicopalologia e la presenza di tendenze ad autorealizzarsi . L’elenco
finale delle persone che si sono autorealizzate comprende gli amici, i conoscenti e
importanti figure storiche quali Albert Einstein, Albert Schweitzer, Eleanor Roosevelt e
Abraham Lincoln.
All’interno del campo fenomenico si sviluppa un’area che Carl Rogers (1902-1987)
Rogers chiama il Sé o il concetto di sé, il quale fornisce
Affermazioni come “non sono attraente”, “sono onesto”, “sono intelligente” sono tutte
esperienze del Sé e sono autovalutazioni. Sfortunatamente, è possibile che queste
affermazioni non siano corrette, perché il concetto di sé subisce pesantemente
l’influenza delle valutazioni formulate dalle altre persone, soprattutto dai propri
genitori. Rogers definisce queste valutazioni condizioni di valore.
Quando le esperienze reali sono sostituite da valori assunti da altri, si genera una
frattura tra una falsa valutazione e un’esperienza autentica di sé, ciò che genera
tensione e inquietudine nel soggetto. Il metodo terapeutico proposto da Rogers
propone di fornire condizioni non minacciose per ristabilire il concetto di sé.
27/29
7. Le teorie dei tratti
Le teorie dei tratti assumono l’ipotesi che certe
unità fondamentali della personalità, i tratti,
appunto, siano fondamentalmente innati. Per
questa ragione, il loro interesse si focalizza sulla
descrizione e sulla misurazione a fini
previsionali, non sull’origine delle caratteristiche
personali.
28/29
Sviluppate soprattutto negli Stati Uniti, paese in cui la psicologia ha sempre avuto una
marcata finalizzazione al controllo (si pensi a Skinner, Elton Mayo, Taylor), le teorie dei
tratti si sforzano di individuare gli elementi capaci di dare prevedibilità al
comportamento individuale, a partire da dinamiche interiori quali l’atteggiamento e la
Le teorie più note sono quelle di Gordon Allport, importante psicologo sociale ame‐
ricano, e Raymond Cattel. Allport ha sostenuto che l’esame di documenti personali —
lettere, diari e autobiografie — rivela la personalità e ha difeso la tesi secondo cui i tratti
sono le unità fondamentali della personalità, fondate su basi biologiche nel
sistema nervoso, e non già strutture ipotetiche.
La persona che possiede il tratto della sospettosità, ad esempio, vivrà molte situazioni
come potenzialmente pericolose. Il suo comportamento in tutti questi contesti sarà
equivalente dal punto di vista funzionale e cercherà di tenere lontano il pericolo.
Secondo Allport, sono solo i tratti decisamente caratteristici a rivelarsi importanti per
una persona. I tratti più incisivi predispongono ad esprimere queste caratteristiche con
una certa frequenza e intensità e in un’ampia gamma di situazioni.
Un tratto cardinale viene espresso con tanta coerenza da influenzare quasi ogni azione
compiuta dall’individuo che lo possiede. Ad esempio, probabilmente conosciamo tutti
una persona che contraddice sempre, qualsiasi cosa venga detta e che solleva sempre
delle obiezioni quando si dice qualcosa. Se ci si comporta in un certc modo, quasi
sempre vorrà l’esatto contrario. Secondo Allport, tuttavia, sono poche le persone che
presentano dei tratti cardinali.
Sono più ricorrenti i tratti centrali, come la diffidenza, che vengono manifestati con
forte ma non totale, coerenza. Per quanto non siano cosi generali come i tratti cardinali, i
tratti centrali sono molto caratteristici nel comportamento di una persona.
Secondo Allport, la maggior parte delle persone può essere descritta con discreta
precisione ricorrendo a un numero sorprendentemente ristretto di tratti centrali, pro‐
babilmente da cinque a dieci. In una ricerca compiuta sulle lettere scritte da una donna,
Allport (1965) trovò che la sua personalità poteva venire descritta da otto tratti centrali:
litigiosa-diffidente, centrata su di sé, indipendente, drammatica, artistica, aggressiva,
cinica e sentimentale.
Raymond Cattel è noto soprattutto per aver sviluppato l’analisi fattoriale, una tecnica
empirica di rilevazione dei tratti, che distingue in originari e superficiali. I tratti originari,
nuclei fondamentali della personalità, fungono da poli di attrazione per le caratteristiche
29/29
secondarie, dando coerenza generale al comportamento.
Esercitazione
1. Illustra le ragioni per le quali, secondo Freud, la coscienza si difende dall’inconscio.
2. Spiega la differenza tra il disagio psichico affrontato dalla psicanalisi nella sua fase
classica (Freud) e le forme del disagio contemporaneo [serviti delle letture di Recalcati,
Adorno, Galimberti]
3. Illustra la fondamentale differenza tra la teoria della personalità di Freud e quelle della
psicanalisi post-freudiana, confrontandola brevemente con la visione di Alfred Adler.
4. Spiega che cos’è l’ipercompensazione e quale ruolo gioca nella personalità nevrotica
secondo Alfred Adler.
6. Secondo Galimberti, nell’adolescente oggi «non si verifica più quel passaggio naturale
dalla libido narcisistica (che investe sull’amore di sé) alla libido oggettuale (che investe sugli
altri e sul mondo). In mancanza di questo passaggio, bisogna spingere gli adolescenti a
studiare con motivazioni utilitaristiche, impostando un’educazione finalizzata alla
sopravvivenza, dove è implicito che «ci si salva da soli», con conseguente affievolimento dei
legami emotivi, sentimentali e sociali». Commenta questa affermazione, soffermandoti
sugli aspetti psicologici della mancanza di motivazione (intrinseca) allo studio.
8. Illustra l’affermazione di Jung secondo la quale «l’individuazione non ha altro scopo che
di liberare il Sé, per un lato dai falsi involucri della Persona, per l’altro dal potere suggestivo
delle immagini inconsce» [usa Carotenuto].
9. Recalcati evidenzia una duplice tendenza presente nella società contemporanea: «da
una parte l’individuo staccato dalla comunità, atomizzato, ridotto a pura maschera sociale,
prodotto di una identificazione solida, disinserito dai legami per un eccesso di alienazione ai
sembianti sociali; dall’altra parte, la spinta della pulsione che rifiuta la castrazione simbolica
e la sua necessaria canalizzazione sublimatoria per imporsi come una spinta sadiana al
consumo dell’oggetto, come esigenza imperativa di ottenere un godimento senza passare
dall’Altro». Spiega cosa intende.
10. Galimberti scrive che «la mancanza di un futuro come promessa arresta il desiderio
nell’assoluto presente». Definisci le passioni tristi e spiegane il legame con l’assenza di
futuro.
30/29