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FATTORI RELAZIONALI E PSICOLOGICI DELLA SESSUALITA’:

NORMALITA’ E PATOLOGIA

In questo articolo affrontiamo il tema della sessualità soprattutto nelle sue componenti psicologiche
e relazionali. Nella prima parte faremo un breve capitolo sullo sviluppo psicosessuale, dall’infanzia
all’età adulta, toccando i vari punti nodali descritti dalla psicoanalisi. In seguito un breve
capitolo sul desiderio sessuale e poi sulla relazione sessuale adulta e poi un capitolo
sul significato del sintomo sessuale, che si può manifestare all’inizio, durante una
relazione, oppure solo in alcuni tipi di relazione.

LO SVILUPPO PSICOSESSUALE

A differenza di quanto avviene nel mondo animale, dove il comportamento sessuale è qualcosa di
meramente istintivo e dipende appunto da cicli biologici, nell’uomo i fattori ambientali e psicologici
hanno la preminenza.
Attraverso una visione che tenga conto della persona nel suo insieme, sia nelle sue componenti
fisiologiche, sia in quelle psicologiche, poteremmo considerare la sessualità, non solo come un
programma di accoppiamento finalizzato alla riproduzione, ma anche come un “programma
biologico orientato a favorire la costituzione ed il mantenimento dei legami di coppia” (In Bara –
“Manuale di psicoterapia cognitiva.” Bollati Boringhieri. Torino).

In questa impostazione il sesso verrebbe studiato dal punto di vista “relazionale”, cioè come uno dei
possibili modi per incontrarsi con un’altra persona, fare conoscenza attraverso una modalità ricca e
complessa che prevede l’attivazione del sistema “biologico”, “cognitivo”, “emozionale” e
“comportamentale” dell’individuo.

La “relazione di attaccamento” è appunto una peculiarità del tutto umana che l’individuo
sperimenta per tutto il corso della sua vita; in particolare è la relazione “madre – bambino”, come la
psicoanalisi ha messo in luce, quella che in grado di condizionare tutto lo sviluppo psicosessuale del
soggetto.

La psicologia e in particolare la psicoanalisi hanno scoperto come la sessualità sia una specie di
“punto nodale” attorno al quale ruota tutta la vita emotiva dell’individuo e di come le prime
esperienze infantili siano in grado di pregiudicare la sessualità dell’individuo adulto e talvolta
l’organizzazione stessa della personalità.

Come affermato dello stesso Freud infatti: “il compiersi della funzione sessuale normale
presuppone un decorso molto complicato, ad ogni tappa del quale può inserirsi un disturbo” (
Freud, S. “inibizione, sintomo e angoscia vol. 10 pag. 238 tr. It. Boringhieri, Torino,1979).

E’ la sessualità infatti quella che permette al bambino di sperimentare il piacere della suzione e
quindi fin dalle primissime fasi della sua vita, di investire affettivamente e sessualmente la propria
madre .

Le pulsioni sessuali che il bambino vive verso la propria madre alimentano un conflitto psichico che
culmina in quel famoso “complesso edipico”, ormai da tutti conosciuto, almeno per sommi capi.

In una fase successiva il bambino cercherà di reprimere, e quindi di superare, queste pulsioni
sessuali verso il proprio genitore, all’inizio ciò verrà fatto per il timore di una punizione,
successivamente per evitare di sentirsi in colpa.
Se tutto queste processo viene compiuto senza incidenti, il bambino sarà in grado scindere la
pulsione sessuale da quella affettiva e sarà così in grado di amare i propri genitori senza che ciò
attivi contemporaneamente la spinta sessuale.

La linea affettiva e quella sessuale si riuniranno, molto più avanti, nell’adolescenza, dove per la
prima volta l’individuo sarà in grado di dirigere su una stessa persona queste due correnti. È l’inizio
della sessualità genitale adulta.

Alcuni autori mettono l’accento sul fatto di come tutto questo processo incida sulla propria identità
sessuale.

Se da bambini ci si riconosce innanzitutto come dei “maschietti” o delle “femminucce”,


successivamente è il rapporto sessuale con l’altro a permettere di confermare o di rassicurarsi sulla
propria “identità sessuale” che è parte integrante del proprio Sé.

In particolare l’uomo, rispetto alla donna, sembra avere più bisogno di trovare conferme rispetto
alla sua virilità che spesso è associata al numero dei rapporti sessuali che riescono ad attuare. Se
nella fase adolescenziale questo bisogno di conferme trova una spiegazione nei cambiamenti
biochimici, morfologici e psicologici di questa fase, successivamente sarebbe la qualità della
relazione sessuale a qualificare un rapporto come adulto.

La sessualità, infatti, non è per definizione “predatoria” e non può essere intesa come funzione solo
di scarico della tensione, ma anche di reciprocità affettiva (Fornari F, 1975, Genitalità e cultura.
Feltrinelli, Milano)

Non è questa la sede per approfondire le problematiche psicosessuali descritte dalla psicoanalisi, ci
basti rilevare in che misura la sessualità umana è in grado di incidere sulla vita intrapsichica e
relazionale dell’individuo, fin dalle primissime fasi della sua vita.
Infatti, con le parole dello stesso Freud, si può affermare: “Dalla sessualità infantile emerge la
sessualità normale dell’adulto attraverso una serie di processi evolutivi, di combinazioni, scissioni
e repressioni che non si svolgono mai con perfetta compiutezza e lasciano per ciò dietro di sé le
disposizioni al regredire della funzione sotto forma di stati patologici.” (Freud, “l’interesse per la
psicoanalisi – vol. 7 pag.263 in “Opere” tr. It. Boringhieri, Torino, 1979).

ASPETTI PSICOLOGICI DEL DESIDERIO SESSUALE

Secondo la psicoanalisi il desiderio erotico e sessuale che contraddistingue l’età adulta, si sviluppa a
partire dalle relazioni, o meglio dalle cure materne che il bambino vive nel periodo della sua
infanzia. Le cure materne, a partire dagli studi di Freud, rappresentano il prototipo dell’esperienza
del piacere del contatto fisico e della stimolazione delle superfici del corpo. È a partire da queste
esperienze che il soggetto imparerà ad esprimere l’amore attraverso la ricerca di un contatto fisico e
quindi attraverso il desiderio erotico.

Nel suo saggio “Relazioni D’amore” normalità e patologia (1995) Otto Kernberg si chiede quali
siano le caratteristiche del desiderio erotico dal punto di vista della psicoanalisi. L’autore coglie
alcuni elementi principali:

1. In primo luogo vi è la ricerca del piacere orientata verso l’altra persona che si
manifesta con il desiderio di penetrare e di essere penetrati, è un desiderio di fusione,
finalizzato a oltrepassare la barriera di contatto e di essere un tutt’uno con l’altro,
diventando così una sola cosa. Infatti il Se e l’altro diventano concetti superati dal momento
in cui si crea la sensazione di essere un tutt’uno con l’altra persona. Entrambi i membri della
coppia diventano contenitore e contenuto, maschile e femminile. realizzando uno stato di
estasi e di trascendenza che non ha eguali con nessun altra manifestazione umana. l’autore
ricorda anche che se la gratificazione erotica provocata dalla stimolazione ritmica di certe
parti del corpo e dal desiderio di penetrazione non è al servizio del desiderio di fusione e di
ricerca del piacere dell’altra persona, questo piacere si trasforma in qualche cosa di
meccanico;
2. Un’altra caratteristica importante del desiderio erotico è proprio l’identificazione con
l’eccitazione sessuale e l’orgasmo del partner, allo scopo di godere di due esperienze
fusionali complementari. Interessante come l’autore ci dica che in questo momento di
fusione il soggetto vive la sensazione di appartenere ad entrambi i sessi, come se venissero
superate le barriere, di solito invalicabili, tra i due sessi. Questa identificazione con l’altro
permetterebbe inoltre di superare la rivalità con l’altro sesso e di gratificare le rispettive
fantasie omosessuali;
3. Violare i confini del corpo dell’altra persona mette in gioco anche un sentimento di
aggressività contro l’altra persona, una aggressività piacevole perché contenuta dalla
relazione amorosa. Il desiderio erotico, spiega ancora l’autore comprende quindi la fantasia
di arrendersi e di essere ridotti in schiavitù dall’altro e di essere padroni dell’altrui destino;
4. Un’altra caratteristica, secondo Kerneberg del desiderio erotico è il senso di trasgressione e
di sfida implicito in ogni incontro sessuale. È come se, nel momento dell’incontro
sessuale, venissero abrogate le norme sociali che proteggono l’intimità del proprio corpo e
di quello dell’altro, mentre alla fine dell’incontro le persone si rivestono e si ritorna alle
normali convenzioni sociali;
5. L’autore si concentra anche su un altro aspetto che è quello della idealizzazione del corpo
dell’altro. l’autore fa riferimento a varie ricerche nell’affermare che l’idealizzazione del
corpo della donna possa essere legata al vissuto e all’eccitazione del bambino nei confronti
del corpo materno. La stessa cosa avverrebbe nella donna, anche se in modo meno evidente,
in questo caso l’idealizzazione del corpo maschile si sviluppa all’interno di una relazione
sessuale gratificante;

Il desiderio può essere considerato come la motivazione di tutti i comportamenti dell’uomo; si tratta
di un sentimento complesso, variabile e contraddittorio.

Al fine di definire il limite tra normalità e patologia, il Manuale Diagnostico e Statistico dei
Disturbi Mentali (DSM-IV) sottolinea che, nel parlare dei disturbi del desiderio sessuale, non è
suffiiciente che vi sia una qualche inibizione della motivazione a vivere la sessualità, ma è anche
necessario che questa anomalia sia causa di: “notevole disagio o difficoltà interpersonali.”

La riduzione del desiderio e dell’attività sessuale, in effetti può venire per svariati motivi che hanno
a che fare con una libera scelta ideologica, religiosa, o di altra natura, come il caso dell’individuo
che tende a sopprimere il desiderio in attesa di incontrare un partner soddisfacente.
AMORE SESSUALE MATURO

Kernberg (1995) ritiene che l’amore sessuale maturo sia composto da alcuni fattori che definiscono
la relazione nei suoi tre aspetti principali: “relazione sessuale,” “relazione affettiva verso
l’altro” e “investimento sulla coppia.” Vediamoli meglio nel dettaglio così come Kerneberg li ha
descritti.

“Eccitazione sessuale trasformata in desiderio erotico per un’altra persona”; Per fare
comprendere questo aspetto, l’autore cita Balint (1948) a proposito della tenerezza che deriverebbe
dalla prima infanzia: “la richiesta di attenzione e gratitudine prolungate, perpetue, ci costringe a
regredire alla forma arcaica di amore tenero, o forse a non uscirne mai”. A proposito del desiderio
erotico e della tenerezza l’autore l’autore spiega come questo desiderio possa essere descritto come
una “spinta regressiva” verso lo stato di fusione con la persona amata al fine di rivivere l’unità
simbiotica con la madre.

Un altro aspetto importante è: “la tenerezza che deriva dall’ integrazione delle componenti
libidiche e aggressive con una predominanza della prima, associato alla capacità di tollerare
l’ambivalenza che contraddistingue ogni rapporto affettivo.”
L’autore precisa che questa tenerezza implica la capacità di preoccuparsi dell’altro, la capacità di
riconoscerlo come essere separato da se, ma nello stesso tempo simile a se.

Un terzo aspetto è quello della: “identificazione con l’altro e della capacità di relazione
empatica.” Con questo termine si fa riferimento ad una relazione nella quale gli interessi, i desideri,
i sentimenti e i difetti dell’altro hanno la stessa importanza dei nostri (Balint, 1948).
L’autore descrive ciò anche come una forma matura di idealizzazione, associato ad un profondo
impegno nei confronti dell’altro e della relazione.

IL SIGNIFICATO DEL SINTOMO SESSUALE

Mentre in un altro articolo abbiamo parlato della disfunzione erettiva (impotenza psicogena), qui
trattiamo del sintomo sessuale e del suo significato a seconda del periodo di insorgenza.

Possiamo innanzitutto dire che la sessualità, all’interno di un rapporto di coppia, qualifica o


squalifica la relazione stessa infatti la mancanza di questa tende a qualificare la relazione come
relazione di parentela basata su bisogni “pregenitali,” (Baldaro Verde et al, 1984)

Valgono anche in questo caso le parole di Freud (1908) “Un matrimonio iniziato con una ridotta
capacità di amare di entrambi i coniugi soccombe ancora più rapidamente degli altri ad un
processo di sgretolamento”.

Oggi la moderna medicina tende a trattare il sesso secondo un’impostazione fisiologica e


psicologica insieme. Talvolta è per esempio possibile che le problematiche “organiche” e
“psicologiche” agiscano in sinergia determinando il classico “circolo vizioso” dove il possibile
deficit organico determina una reazione psicologica molto spesso di ansia e di insicurezza che
“rinforza” il disturbo stesso e talvolta lo automantiene anche quando lo stesso deficit organico è
stato superato.

È ormai quindi riconosciuto che i disturbi sessuali devono essere trattati secondo una visione
“psicosomatica”, o meglio, secondo un modello di studi che tenga conto del soggetto nei seguenti
aspetti:

biologico;
psicodinamico (conflitti intrapsichici ed inconsci);
cognitivo-comportamentale (effetto di apprendimenti, valutazioni e comportamenti);
relazionale (effetto di una determinata modalità comunicativa all’interno della coppia).
Fermo restando il fatto di un approccio multicasuale, dove cioè le disfunzioni sessuali possono
essere provocate da un gran numero di fattori e che quindi l’intervento può rendersi necessario a più
di un livello, ci occuperemo , in questo capitolo, dei fattori psicologici in grado di determinare i
disturbi sessuali.

Cominciamo con il dire che i fenomeni fisiologici (biochimici, nervosi ecc…) che si attivano in
risposta ad uno stato di eccitazione sessuale possono funzionare adeguatamente soltanto se il
soggetto è in uno stato di calma e serenità.

Come spiega Kaplan (1976), l’individuo per un buon funzionamento sessuale, deve essere in grado
di abbandonarsi all’esperienza erotica, deve cioè essere capace di rinunciare temporaneamente al
controllo sull’ambiente.

Situazioni di stress, di ansia, o come vedremo meglio in seguito, di problematiche psicogene di


vario tipo sono in grado di compromettere la reazione sessuale (e quindi anche il piacere sessuale)
allo stesso modo dei problemi di natura organica.

Parlando di disturbi sessuali psicogeni è però necessario precisare che non vi è una coincidenza
diretta fra uno specifico disturbo e l’organizzazione della personalità sottostante.

Una disfunzione erettiva, per esempio potrebbe segnalare la presenza di un quadro depressivo come
anche una reazione di evitamento, di tipo ansioso, verso il sesso o verso il coinvolgimento emotivo
nella relazione di coppia.

Il sintomo sessuale, secondo Freud, verrebbe considerato come una difesa contro l’angoscia che
come sappiamo emergerebbe di fronte ad uno stato di pericolo.

Il conflitto è molto spesso inconscio, possono essere inconsce le ragioni che portano al sintomo
sessuale, quale la paura di essere respinti, non accettati per quello che si è, o la possibilità di avere
troppo bisogno dell’altro, che è sentita come una minaccia per la propria integrità.

In accordo con Baldaro Verde e Pallanca (1984) si può riconoscere nel disturbo sessuale una
“disconferma” della relazione amorosa.

In questa prospettiva il disturbo sessuale non è più una “malattia” del portatore, ma “un problema di
relazione, una malattia della coppia, una comunicazione che l’uno fa all’altro, il cui significato
dobbiamo cercare di comprendere” (J. Baldaro Verde, G.F. Pallanca, 1984).
Gli autori assumono che vi siano diversi significati nel sintomo sessuale psicogeno a seconda
del periodo di insorgenza; ben diverso per esempio è il caso di un sintomo sessuale che compare
in un ragazzo durante le sue prime esperienze sessuali, piuttosto che quello che si presenta
all’interno di una relazione di coppia consolidata.

• Un sintomo sessuale che si presenta nella fase delle prime esperienze, può molto spesso essere
determinato dal fatto che, come accade spesso, il primo rapporto sessuale è, per il maschio, del tutto
o in parte insoddisfacente a causa di paure, ansia da prestazione; in particolare l’emozione di
trovarsi di fronte a qualcosa a lungo desiderato può far scaturire nell’uomo reazioni di impotenza o
eiaculazione precoce.
Secondo diversi autori il primo rapporto sessuale non è finalizzato alla “ricerca del piacere”, ma
servirebbe a confermare la propria identità in un momento particolarmente critico quale quello
adolescenziale.
“Le aspettative reciproche legate al primo rapporto sessuale sono spesso riassunte da un più o meno
esplicitato obbligo di ricercare e offrire piacere. L’uomo non si sente tale se non porta la donna
all’orgasmo e la donna si sente meno donna se non lo raggiunge!” (J. Baldaro Verde, 1990).
Il primo rapporto sessuale sarebbe quindi una sorta di “sperimentazione” che consentirebbe
all’individuo di confermarsi sessualmente come soggetto “adulto”.
Molto spesso inoltre il primo rapporto sessuale avviene in un momento psicologicamente critico per
la vita dell’individuo cioè la prima o seconda adolescenza.
In questa fase si vivono dei cambiamenti morfologici, biologici e psicologici che non hanno
paragoni in nessuna altro momento della vita.

• Il sintomo sessuale che compare all’interno di una nuova relazione dopo un periodo senza
problematiche sessuali con altri partner metterebbe in evidenza la paura della dipendenza erotica
nei confronti di un’altra persona cosicché possono scattare meccanismi difensivi che spingono il
soggetto a ritenere che sia troppo pericoloso “lasciarsi andare”.
Paradossalmente sembra proprio la relazione sulla quale si vorrebbe investire maggiormente quella
che, su un altro piano, potrebbe scatenare quei meccanismi difensivi che, se il soggetto non è in
grado di riconoscere e di disinnescare, possono avere una ripercussione proprio sul piano sessuale.
Dal punto di vista psicologico si può ritenere che il soggetto non sia in grado di affrontare il rischio
legato ad una relazione dalla quale potrebbe derivare dolore.
In tutti questi casi, dopo che il paziente è stato rassicurato sul fatto che non vi sono problemi di
natura organica, è senza dubbio indicato un intervento psicologico o psicoterapeutico in grado di
riconoscere e risolvere quel disagio emotivo sottostante che ha appunto causato il sintomo sessuale.
• Il sintomo sessuale che compare all’interno di una relazione consolidata dopo un periodo di
rapporti soddisfacenti. In questo caso il sintomo può rappresentare la rottura di un equilibrio della
coppia che può essere causato da vari fattori. Facciamo due esempi che si possono incontrare nella
pratica clinica: Talvolta la nascita di un figlio può comprometere la stabilità della relazione
portando per esempio il maschio ad allontanarsi della compagna perché inconsciamente si pone in
rivalità con il figlio e si sente minacciato nel suo bisogno di conferme e rassicurazione. Un sintomo
sessuale che compare proprio quando la relazione si sta consolidando rappresente il timore di un
investimento sul rapporto che evidentemente aumenta con il consolidamento del legame. Un
esempio clinico è quello di Giovanna che esprime una reazioni di fuga dal rapporto e dall’intimità.

FATTORI RELAZIONALI E PSICOLOGICI DELLA SESSUALITA’:


NORMALITA’ E PATOLOGIA

In questo articolo affrontiamo il tema della sessualità soprattutto nelle sue componenti psicologiche
e relazionali. Nella prima parte faremo un breve capitolo sullo sviluppo psicosessuale, dall’infanzia
all’età adulta, toccando i vari punti nodali descritti dalla psicoanalisi. In seguito un breve
capitolo sul desiderio sessuale e poi sulla relazione sessuale adulta e poi un capitolo
sul significato del sintomo sessuale, che si può manifestare all’inizio, durante una
relazione, oppure solo in alcuni tipi di relazione.

LO SVILUPPO PSICOSESSUALE

A differenza di quanto avviene nel mondo animale, dove il comportamento sessuale è qualcosa di
meramente istintivo e dipende appunto da cicli biologici, nell’uomo i fattori ambientali e psicologici
hanno la preminenza.
Attraverso una visione che tenga conto della persona nel suo insieme, sia nelle sue componenti
fisiologiche, sia in quelle psicologiche, poteremmo considerare la sessualità, non solo come un
programma di accoppiamento finalizzato alla riproduzione, ma anche come un “programma
biologico orientato a favorire la costituzione ed il mantenimento dei legami di coppia” (In Bara –
“Manuale di psicoterapia cognitiva.” Bollati Boringhieri. Torino).

In questa impostazione il sesso verrebbe studiato dal punto di vista “relazionale”, cioè come uno dei
possibili modi per incontrarsi con un’altra persona, fare conoscenza attraverso una modalità ricca e
complessa che prevede l’attivazione del sistema “biologico”, “cognitivo”, “emozionale” e
“comportamentale” dell’individuo.

La “relazione di attaccamento” è appunto una peculiarità del tutto umana che l’individuo
sperimenta per tutto il corso della sua vita; in particolare è la relazione “madre – bambino”, come la
psicoanalisi ha messo in luce, quella che in grado di condizionare tutto lo sviluppo psicosessuale del
soggetto.

La psicologia e in particolare la psicoanalisi hanno scoperto come la sessualità sia una specie di
“punto nodale” attorno al quale ruota tutta la vita emotiva dell’individuo e di come le prime
esperienze infantili siano in grado di pregiudicare la sessualità dell’individuo adulto e talvolta
l’organizzazione stessa della personalità.

Come affermato dello stesso Freud infatti: “il compiersi della funzione sessuale normale
presuppone un decorso molto complicato, ad ogni tappa del quale può inserirsi un disturbo” (
Freud, S. “inibizione, sintomo e angoscia vol. 10 pag. 238 tr. It. Boringhieri, Torino,1979).

E’ la sessualità infatti quella che permette al bambino di sperimentare il piacere della suzione e
quindi fin dalle primissime fasi della sua vita, di investire affettivamente e sessualmente la propria
madre .

Le pulsioni sessuali che il bambino vive verso la propria madre alimentano un conflitto psichico che
culmina in quel famoso “complesso edipico”, ormai da tutti conosciuto, almeno per sommi capi.

In una fase successiva il bambino cercherà di reprimere, e quindi di superare, queste pulsioni
sessuali verso il proprio genitore, all’inizio ciò verrà fatto per il timore di una punizione,
successivamente per evitare di sentirsi in colpa.
Se tutto queste processo viene compiuto senza incidenti, il bambino sarà in grado scindere la
pulsione sessuale da quella affettiva e sarà così in grado di amare i propri genitori senza che ciò
attivi contemporaneamente la spinta sessuale.

La linea affettiva e quella sessuale si riuniranno, molto più avanti, nell’adolescenza, dove per la
prima volta l’individuo sarà in grado di dirigere su una stessa persona queste due correnti. È l’inizio
della sessualità genitale adulta.

Alcuni autori mettono l’accento sul fatto di come tutto questo processo incida sulla propria identità
sessuale.

Se da bambini ci si riconosce innanzitutto come dei “maschietti” o delle “femminucce”,


successivamente è il rapporto sessuale con l’altro a permettere di confermare o di rassicurarsi sulla
propria “identità sessuale” che è parte integrante del proprio Sé.

In particolare l’uomo, rispetto alla donna, sembra avere più bisogno di trovare conferme rispetto
alla sua virilità che spesso è associata al numero dei rapporti sessuali che riescono ad attuare. Se
nella fase adolescenziale questo bisogno di conferme trova una spiegazione nei cambiamenti
biochimici, morfologici e psicologici di questa fase, successivamente sarebbe la qualità della
relazione sessuale a qualificare un rapporto come adulto.

La sessualità, infatti, non è per definizione “predatoria” e non può essere intesa come funzione solo
di scarico della tensione, ma anche di reciprocità affettiva (Fornari F, 1975, Genitalità e cultura.
Feltrinelli, Milano)

Non è questa la sede per approfondire le problematiche psicosessuali descritte dalla psicoanalisi, ci
basti rilevare in che misura la sessualità umana è in grado di incidere sulla vita intrapsichica e
relazionale dell’individuo, fin dalle primissime fasi della sua vita.

Infatti, con le parole dello stesso Freud, si può affermare: “Dalla sessualità infantile emerge la
sessualità normale dell’adulto attraverso una serie di processi evolutivi, di combinazioni, scissioni
e repressioni che non si svolgono mai con perfetta compiutezza e lasciano per ciò dietro di sé le
disposizioni al regredire della funzione sotto forma di stati patologici.” (Freud, “l’interesse per la
psicoanalisi – vol. 7 pag.263 in “Opere” tr. It. Boringhieri, Torino, 1979).

ASPETTI PSICOLOGICI DEL DESIDERIO SESSUALE

Secondo la psicoanalisi il desiderio erotico e sessuale che contraddistingue l’età adulta, si sviluppa a
partire dalle relazioni, o meglio dalle cure materne che il bambino vive nel periodo della sua
infanzia. Le cure materne, a partire dagli studi di Freud, rappresentano il prototipo dell’esperienza
del piacere del contatto fisico e della stimolazione delle superfici del corpo. È a partire da queste
esperienze che il soggetto imparerà ad esprimere l’amore attraverso la ricerca di un contatto fisico e
quindi attraverso il desiderio erotico.

Nel suo saggio “Relazioni D’amore” normalità e patologia (1995) Otto Kernberg si chiede quali
siano le caratteristiche del desiderio erotico dal punto di vista della psicoanalisi. L’autore coglie
alcuni elementi principali:

1. In primo luogo vi è la ricerca del piacere orientata verso l’altra persona che si manifesta con il
desiderio di penetrare e di essere penetrati, è un desiderio di fusione, finalizzato a oltrepassare la
barriera di contatto e di essere un tutt’uno con l’altro, diventando così una sola cosa. Infatti il Se e
l’altro diventano concetti superati dal momento in cui si crea la sensazione di essere un tutt’uno
con l’altra persona. Entrambi i membri della coppia diventano contenitore e contenuto, maschile e
femminile. realizzando uno stato di estasi e di trascendenza che non ha eguali con nessun altra
manifestazione umana. l’autore ricorda anche che se la gratificazione erotica provocata dalla
stimolazione ritmica di certe parti del corpo e dal desiderio di penetrazione non è al servizio del
desiderio di fusione e di ricerca del piacere dell’altra persona, questo piacere si trasforma in
qualche cosa di meccanico;
2. Un’altra caratteristica importante del desiderio erotico è proprio l’identificazione con
l’eccitazione sessuale e l’orgasmo del partner, allo scopo di godere di due esperienze fusionali
complementari. Interessante come l’autore ci dica che in questo momento di fusione il soggetto
vive la sensazione di appartenere ad entrambi i sessi, come se venissero superate le barriere, di
solito invalicabili, tra i due sessi. Questa identificazione con l’altro permetterebbe inoltre di
superare la rivalità con l’altro sesso e di gratificare le rispettive fantasie omosessuali;
3. Violare i confini del corpo dell’altra persona mette in gioco anche un sentimento di aggressività
contro l’altra persona, una aggressività piacevole perché contenuta dalla relazione amorosa. Il
desiderio erotico, spiega ancora l’autore comprende quindi la fantasia di arrendersi e di essere
ridotti in schiavitù dall’altro e di essere padroni dell’altrui destino;
4. Un’altra caratteristica, secondo Kerneberg del desiderio erotico è il senso di trasgressione e di
sfida implicito in ogni incontro sessuale. È come se, nel momento dell’incontro sessuale, venissero
abrogate le norme sociali che proteggono l’intimità del proprio corpo e di quello dell’altro, mentre
alla fine dell’incontro le persone si rivestono e si ritorna alle normali convenzioni sociali;
5. L’autore si concentra anche su un altro aspetto che è quello della idealizzazione del corpo
dell’altro. l’autore fa riferimento a varie ricerche nell’affermare che l’idealizzazione del corpo della
donna possa essere legata al vissuto e all’eccitazione del bambino nei confronti del corpo materno.
La stessa cosa avverrebbe nella donna, anche se in modo meno evidente, in questo caso
l’idealizzazione del corpo maschile si sviluppa all’interno di una relazione sessuale gratificante;

Il desiderio può essere considerato come la motivazione di tutti i comportamenti dell’uomo; si tratta
di un sentimento complesso, variabile e contraddittorio.

Al fine di definire il limite tra normalità e patologia, il Manuale Diagnostico e Statistico dei
Disturbi Mentali (DSM-IV) sottolinea che, nel parlare dei disturbi del desiderio sessuale, non è
suffiiciente che vi sia una qualche inibizione della motivazione a vivere la sessualità, ma è anche
necessario che questa anomalia sia causa di: “notevole disagio o difficoltà interpersonali.”

La riduzione del desiderio e dell’attività sessuale, in effetti può venire per svariati motivi che hanno
a che fare con una libera scelta ideologica, religiosa, o di altra natura, come il caso dell’individuo
che tende a sopprimere il desiderio in attesa di incontrare un partner soddisfacente.
AMORE SESSUALE MATURO

Kernberg (1995) ritiene che l’amore sessuale maturo sia composto da alcuni fattori che definiscono
la relazione nei suoi tre aspetti principali: “relazione sessuale,” “relazione affettiva verso
l’altro” e “investimento sulla coppia.” Vediamoli meglio nel dettaglio così come Kerneberg li ha
descritti.

“Eccitazione sessuale trasformata in desiderio erotico per un’altra persona”; Per fare
comprendere questo aspetto, l’autore cita Balint (1948) a proposito della tenerezza che deriverebbe
dalla prima infanzia: “la richiesta di attenzione e gratitudine prolungate, perpetue, ci costringe a
regredire alla forma arcaica di amore tenero, o forse a non uscirne mai”. A proposito del desiderio
erotico e della tenerezza l’autore l’autore spiega come questo desiderio possa essere descritto come
una “spinta regressiva” verso lo stato di fusione con la persona amata al fine di rivivere l’unità
simbiotica con la madre.

Un altro aspetto importante è: “la tenerezza che deriva dall’ integrazione delle componenti
libidiche e aggressive con una predominanza della prima, associato alla capacità di tollerare
l’ambivalenza che contraddistingue ogni rapporto affettivo.”
L’autore precisa che questa tenerezza implica la capacità di preoccuparsi dell’altro, la capacità di
riconoscerlo come essere separato da se, ma nello stesso tempo simile a se.

Un terzo aspetto è quello della: “identificazione con l’altro e della capacità di relazione
empatica.” Con questo termine si fa riferimento ad una relazione nella quale gli interessi, i desideri,
i sentimenti e i difetti dell’altro hanno la stessa importanza dei nostri (Balint, 1948).
L’autore descrive ciò anche come una forma matura di idealizzazione, associato ad un profondo
impegno nei confronti dell’altro e della relazione.

IL SIGNIFICATO DEL SINTOMO SESSUALE

Mentre in un altro articolo abbiamo parlato della disfunzione erettiva (impotenza psicogena), qui
trattiamo del sintomo sessuale e del suo significato a seconda del periodo di insorgenza.

Possiamo innanzitutto dire che la sessualità, all’interno di un rapporto di coppia, qualifica o


squalifica la relazione stessa infatti la mancanza di questa tende a qualificare la relazione come
relazione di parentela basata su bisogni “pregenitali,” (Baldaro Verde et al, 1984)

Valgono anche in questo caso le parole di Freud (1908) “Un matrimonio iniziato con una ridotta
capacità di amare di entrambi i coniugi soccombe ancora più rapidamente degli altri ad un
processo di sgretolamento”.

Oggi la moderna medicina tende a trattare il sesso secondo un’impostazione fisiologica e


psicologica insieme. Talvolta è per esempio possibile che le problematiche “organiche” e
“psicologiche” agiscano in sinergia determinando il classico “circolo vizioso” dove il possibile
deficit organico determina una reazione psicologica molto spesso di ansia e di insicurezza che
“rinforza” il disturbo stesso e talvolta lo automantiene anche quando lo stesso deficit organico è
stato superato.

È ormai quindi riconosciuto che i disturbi sessuali devono essere trattati secondo una visione
“psicosomatica”, o meglio, secondo un modello di studi che tenga conto del soggetto nei seguenti
aspetti:

biologico;
psicodinamico (conflitti intrapsichici ed inconsci);
cognitivo-comportamentale (effetto di apprendimenti, valutazioni e comportamenti);
relazionale (effetto di una determinata modalità comunicativa all’interno della coppia).
Fermo restando il fatto di un approccio multicasuale, dove cioè le disfunzioni sessuali possono
essere provocate da un gran numero di fattori e che quindi l’intervento può rendersi necessario a più
di un livello, ci occuperemo , in questo capitolo, dei fattori psicologici in grado di determinare i
disturbi sessuali.

Cominciamo con il dire che i fenomeni fisiologici (biochimici, nervosi ecc…) che si attivano in
risposta ad uno stato di eccitazione sessuale possono funzionare adeguatamente soltanto se il
soggetto è in uno stato di calma e serenità.

Come spiega Kaplan (1976), l’individuo per un buon funzionamento sessuale, deve essere in grado
di abbandonarsi all’esperienza erotica, deve cioè essere capace di rinunciare temporaneamente al
controllo sull’ambiente.

Situazioni di stress, di ansia, o come vedremo meglio in seguito, di problematiche psicogene di


vario tipo sono in grado di compromettere la reazione sessuale (e quindi anche il piacere sessuale)
allo stesso modo dei problemi di natura organica.

Parlando di disturbi sessuali psicogeni è però necessario precisare che non vi è una coincidenza
diretta fra uno specifico disturbo e l’organizzazione della personalità sottostante.

Una disfunzione erettiva, per esempio potrebbe segnalare la presenza di un quadro depressivo come
anche una reazione di evitamento, di tipo ansioso, verso il sesso o verso il coinvolgimento emotivo
nella relazione di coppia.

Il sintomo sessuale, secondo Freud, verrebbe considerato come una difesa contro l’angoscia che
come sappiamo emergerebbe di fronte ad uno stato di pericolo.

Il conflitto è molto spesso inconscio, possono essere inconsce le ragioni che portano al sintomo
sessuale, quale la paura di essere respinti, non accettati per quello che si è, o la possibilità di avere
troppo bisogno dell’altro, che è sentita come una minaccia per la propria integrità.

In accordo con Baldaro Verde e Pallanca (1984) si può riconoscere nel disturbo sessuale una
“disconferma” della relazione amorosa.

In questa prospettiva il disturbo sessuale non è più una “malattia” del portatore, ma “un problema di
relazione, una malattia della coppia, una comunicazione che l’uno fa all’altro, il cui significato
dobbiamo cercare di comprendere” (J. Baldaro Verde, G.F. Pallanca, 1984).
Gli autori assumono che vi siano diversi significati nel sintomo sessuale psicogeno a seconda
del periodo di insorgenza; ben diverso per esempio è il caso di un sintomo sessuale che compare
in un ragazzo durante le sue prime esperienze sessuali, piuttosto che quello che si presenta
all’interno di una relazione di coppia consolidata.

• Un sintomo sessuale che si presenta nella fase delle prime esperienze, può molto spesso essere
determinato dal fatto che, come accade spesso, il primo rapporto sessuale è, per il maschio, del tutto
o in parte insoddisfacente a causa di paure, ansia da prestazione; in particolare l’emozione di
trovarsi di fronte a qualcosa a lungo desiderato può far scaturire nell’uomo reazioni di impotenza o
eiaculazione precoce.
Secondo diversi autori il primo rapporto sessuale non è finalizzato alla “ricerca del piacere”, ma
servirebbe a confermare la propria identità in un momento particolarmente critico quale quello
adolescenziale.
“Le aspettative reciproche legate al primo rapporto sessuale sono spesso riassunte da un più o meno
esplicitato obbligo di ricercare e offrire piacere. L’uomo non si sente tale se non porta la donna
all’orgasmo e la donna si sente meno donna se non lo raggiunge!” (J. Baldaro Verde, 1990).
Il primo rapporto sessuale sarebbe quindi una sorta di “sperimentazione” che consentirebbe
all’individuo di confermarsi sessualmente come soggetto “adulto”.
Molto spesso inoltre il primo rapporto sessuale avviene in un momento psicologicamente critico per
la vita dell’individuo cioè la prima o seconda adolescenza.
In questa fase si vivono dei cambiamenti morfologici, biologici e psicologici che non hanno
paragoni in nessuna altro momento della vita.

• Il sintomo sessuale che compare all’interno di una nuova relazione dopo un periodo senza
problematiche sessuali con altri partner metterebbe in evidenza la paura della dipendenza erotica
nei confronti di un’altra persona cosicché possono scattare meccanismi difensivi che spingono il
soggetto a ritenere che sia troppo pericoloso “lasciarsi andare”.
Paradossalmente sembra proprio la relazione sulla quale si vorrebbe investire maggiormente quella
che, su un altro piano, potrebbe scatenare quei meccanismi difensivi che, se il soggetto non è in
grado di riconoscere e di disinnescare, possono avere una ripercussione proprio sul piano sessuale.
Dal punto di vista psicologico si può ritenere che il soggetto non sia in grado di affrontare il rischio
legato ad una relazione dalla quale potrebbe derivare dolore.
In tutti questi casi, dopo che il paziente è stato rassicurato sul fatto che non vi sono problemi di
natura organica, è senza dubbio indicato un intervento psicologico o psicoterapeutico in grado di
riconoscere e risolvere quel disagio emotivo sottostante che ha appunto causato il sintomo sessuale.
• Il sintomo sessuale che compare all’interno di una relazione consolidata dopo un periodo di
rapporti soddisfacenti. In questo caso il sintomo può rappresentare la rottura di un equilibrio della
coppia che può essere causato da vari fattori. Facciamo due esempi che si possono incontrare nella
pratica clinica: Talvolta la nascita di un figlio può comprometere la stabilità della relazione
portando per esempio il maschio ad allontanarsi della compagna perché inconsciamente si pone in
rivalità con il figlio e si sente minacciato nel suo bisogno di conferme e rassicurazione. Un sintomo
sessuale che compare proprio quando la relazione si sta consolidando rappresente il timore di un
investimento sul rapporto che evidentemente aumenta con il consolidamento del legame. Un
esempio clinico è quello di Giovanna che esprime una reazioni di fuga dal rapporto e dall’intimità.

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