Sei sulla pagina 1di 6

FILOSOFIA 1

FROM: L’ARTE D’AMARE

L’amore è quella cosa che tutti desiderano pur ignorandone il significato. Molto
prima dell’avvento degli studi freudiani furono poeti ed eruditi a interrogarsi
sulle motivazioni che portano l’uomo a relazionarsi con i suoi simili. Il
sentimento amoroso mette in gioco una serie di fattori, da quelli fisiologici a
quelli inconsci, che è difficile spiegare razionalmente.

Spinto dal bisogno di dare un ordine alla materia caotica dei sentimenti, lo
psicoanalista tedesco Erich Fromm scrisse un saggio dal titolo L’arte di amare.
Con questo libro si proponeva di illustrare le dinamiche amorose,
approcciandole come se si trattasse di una forma d’arte. Pochi pensano che
l’amore si impari come una qualsiasi disciplina, preferendo la convinzione che
sia legato all’incontro con la persona giusta. Nel suo libro Fromm ribalta questa
credenza, affermando che solo dopo che si è imparato ad amare è possibile
incontrare la la persona giusta. L’amore è una scelta che richiede sacrificio, e lo
sviluppo della propria personalità è propedeutica a qualsiasi relazione autentica.
Amare è penetrare “il segreto dell’uomo” attraverso l’unione con l’altro, per
superare la barriera dell’isolamento.
L’arte di amare del 1956 si inserisce nel corpus dei suoi lavori come una
dissertazione su un sentimento che delude chiunque si lasci guidare dal puro
istinto.
Quasi tutti desideriamo rompere l’isolamento e instaurare relazioni, come
dimostra il peso che ha l’amore nell’arte e in qualunque forma di espressione
umana. Ma chi non conosce il significato profondo di questo sentimento spesso
commette errori nel viverlo. Il primo errore di cui Fromm parla è il tentativo di
uomini e donne di rendersi amabili: spesso si pensa infatti che l’amore consista
nell’atto di lasciarsi amare dal partner. Per diventare amabili gli uomini
inseguono il successo e il prestigio sociale, mentre le donne curano il proprio
aspetto alla ricerca di una perfezione ideale.

Un altro errore sta alla base dell’idea che ci si fa del sentimento amoroso.
Nonostante l’idealizzazione artistica, nella quotidianità dell’epoca vittoriana
l’amore romantico era raramente contemplato quando arrivava il momento di
sposarsi, e gran parte dei matrimoni erano basati sulla convenienza sociale o
economica. Una concezione che nel Novecento ha lasciato il passo all’amore
romantico per come lo conosciamo ancora oggi, ma che spesso non resiste oltre
la cosiddetta fase dell’innamoramento dei primi mesi di relazione.

Altro errore comune è quello di non operare una distinzione consapevole tra
innamoramento e amore. Come dice Fromm, l’entusiasmo che due amanti
provano nei primi tempi può non essere indice della profondità del loro
sentimento, ma solo dell’intensità della loro solitudine. Questo entusiasmo è
destinato a svanire presto, come tutto ciò che non è frutto di sacrificio. Chi
desidera amare deve persuadersi che non c’è nulla di più importante dell’amore,
che si tratti di denaro, potere o successo. Per poter amare davvero bisogna
quindi sviluppare delle precise qualità, che allontanino dal rischio di instaurare
relazioni dannose o fittizie. L’amore maturo, secondo Fromm, si realizza
nell’atto di donare e di donarsi, e non ammette la contaminazione con passioni
quali la gelosia, l’invidia, il possesso. Un individuo predisposto all’atto d’amore
“ha abbandonato i sogni narcisistici di onniscienza e onnipotenza”, e ha
sviluppato virtù come la premura, la comprensione e la responsabilità.

A proposito dell’amore Fromm parla anche di intimità e di desiderio,


sottolineando come spesso ci si illuda di entrare in profonda intimità con l’altro
solo attraverso il contatto sessuale. Quando in una relazione è presente un forte
desiderio, si rischia di illudersi di poter raggiungere una vera fusione anche
emotiva con il partner. Solo in pochi casi il desiderio scaturisce dall’amore, che
non è più soltanto erotico ma caratterizzato dalla tenerezza. Quando il desiderio
non è accompagnato dal sentimento amoroso, infatti, i due amanti a fine
rapporto si percepiscono più estranei di prima.

“L’amore è possibile solo se due persone comunicano tra loro dal profondo del
loro essere, vale a dire se ognuna delle due sente sé stessa dal centro del proprio
essere”. Condizione imprescindibile per vivere una relazione appagante è infatti
la capacità di stare da soli, senza avvertire il bisogno di appoggiarsi a qualcuno.
A volte è anche necessario accettare di scontrarsi con la persona amata: in
conflitti per Fromm sono positivi perché “producono una catarsi, dalla quale
entrambi i soggetti emergono con maggiore esperienza e maggiore forza”. Per
amare è necessario essere integri, coraggiosi e riflessivi, ma soprattutto
consapevoli che dare è la più grande espressione di forza. Questo atto di
massima generosità, tuttavia, non riguarda le cose materiali, ma la parte di sé
che può aiutare il partner a crescere emotivamente e nel corso dell’esistenza.
Jung propose un influente sistema di idee psicologiche che egli chiamò
“psicologia dei complessi" o “psicologia analitica”. Fu Yung a introdurre il
termine complesso; per complesso egli intende gruppi di contenuti psichici che
passano nell'inconscio dove continuano un'esistenza relativamente autonoma
influendo sulla condotta, e questo influsso se può essere negativo può anche
assumere Valenza positiva quando diventa la ragione di nuove possibilità di
creazione di successo Ebbene Young mise in evidenza che il tempo di reazione,
cioè il tempo che trascorre tra la presentazione della parola e la risposta del
soggetto, muta da parola a parola e di fronte alle differenti parole è anche
diverso l'atteggiamento dell'individuo. Ulteriori indagini lo portano a quella che
è forse la sua scoperta fondamentale cioè all'inconscio collettivo. l'inconscio
personale consiste fondamentalmente di complessi mentre l'inconscio collettivo
è fatto di archetipi. Secondo Jung ciascuno di noi possiede una controparte
associata al sesso opposto rispetto a quello di appartenenza. Questa componente
gioca un ruolo cruciale nel nostro funzionamento psicologico e relazionale,
secondo variabili strettamente correlate al grado in cui entrambe le controparti
si integrano ed esercitano la loro funzione nella vita di tutti i giorni.La
controparte femminile insita nell’uomo, come il suo opposto, presenta una
funzione mediatrice agendo come una sorta di ponte che unisce il Sé e
l’inconscio. Jung nominò Anima la componente femminile presente nell’uomo,
mentre impiegò il termine Animus per rappresentare il suo opposto. La
concezione junghiana di Anima si differenzia nettamente dall’equivalente
semantico che attribuiamo a questo termine in ambito religioso o filosofico.
Allo stesso modo, Anima e Animus non rappresentano la mente nella sua
totalità; Jung impiega entrambi i termini per riferirsi a due tra i tanti archetipi
della psiche. Durante tutto l’arco di vita Anima e Animus agiscono come una
guida che orienta la persona nell’esplorazione di sé stessa e del mondo che la
circonda, talvolta ostacolando il benessere individuale a causa di meccanismi
disfunzionali dettati dalla scarsa consapevolezza della propria natura.Jung ha
sottolineato la complementarietà tra conscio e inconscio e il ruolo che gli
archetipi rivestono nelle dinamiche psichiche. Nello specifico, l’Anima presenta
una funzione mediatrice tra la psiche intesa in senso ampio, che secondo
l’autore possiede una natura prevalentemente inconscia, e l’Io. L’Anima
rappresenta pertanto la componente femminile dell’uomo e l’atteggiamento che
l’individuo rivolge verso l’interno, al contrario del concetto di Persona con cui
Jung indica l’atteggiamento verso l’esterno. Il concetto di Anima si rifà al
concetto di base della psicologia junghiana basato sulla complementarietà tra
conscio e inconscio. Secondo questo principio nessun uomo può considerarsi
tanto virile da non possedere qualità femminili e lo stesso vale per il genere
maschile. In entrambi i casi la componente controsessuale deve essere integrata
in quanto la rimozione dei tratti dei due archetipi non permette all’individuo di
vivere la propria essenza in modo unitario e complementare. In particolare
l’Anima rappresenta l’archetipo dell’emotività, dell’accoglienza e della
creatività e può apparire nei sogni personificata sotto forma di moglie, madre o
figlia in base alla figura femminile su cui si proietta nelle diverse fasi di vita.
L’Animus è invece l’archetipo maschile presente nella psiche della donna e
rappresenta ciò che la unisce al mondo dello spirito. Questa componente
emerge nei sogni e nelle fantasie personificate nell’archetipo del dio o dell’eroe
e si attiva quando la coscienza limita o rifiuta gli istinti inconsci e, prendendo il
sopravvento, porta la persona ad annullare il proprio lato femminile dedito
all’amore e al calore umano, facendo prevalere l’aggressività e l’indole litigiosa
tipica della mascolinità. Anima e Animus si costituiscono a partire dalle prime
esperienze di vita, nel secondo caso dapprima utilizzando come modello il
padre o il fratello, per poi plasmarsi sulle proiezioni degli uomini che la donna
incontra nella propria storia di vita. Oltre alle problematiche legate all’identità,
la mancata integrazione di queste componenti è spesso oggetto di lavoro in
psicoterapia soprattutto durante le sedute familiari o di coppia. Nel secondo
caso, ad esempio, è utile rielaborare le esperienze di vita tenendo conto delle
quattro componenti che costituiscono il rapporto tra i partner. Il fine ultimo è
favorire il processo di individuazione mediante l’integrazione degli archetipi del
sesso opposto e la conseguente riduzione dei meccanismi conflittuali basati
sulla proiezione che rendono difficile raggiungere un buon equilibrio a livello
individuale e relazionale.

La generale insoddisfazione che la donna avverte nei confronti del proprio ruolo
e la conseguente protesta verso una posizione inferiore è definita da Adler
(1870-1937) come protesta virile e può essere intesa come supercompensazione
del sentimento di inferiorità. Se inizialmente questo termine veniva riferito sia
all’uomo che alla donna, successivamente, con l’introduzione dei concetti di
aspirazione alla superiorità e alla sopraffazione, la “protesta virile” limita il
proprio significato alle manifestazioni delle donne che protestano contro il
proprio ruolo. La generale insoddisfazione che la donna avverte nei confronti
del proprio ruolo e la conseguente protesta verso una posizione inferiore è
definita da Adler (1870-1937) come protesta virile e può essere intesa come
supercompensazione del sentimento di inferiorità. Se inizialmente questo
termine veniva riferito sia all’uomo che alla donna, successivamente, con
l’introduzione dei concetti di aspirazione alla superiorità e alla sopraffazione, la
“protesta virile” limita il proprio significato alle manifestazioni delle donne che
protestano contro il proprio ruolo. La Psicologia Individuale rappresenta una
delle tre grandi teorie del profondo accanto alla Psicoanalisi di Freud e alla
Psicologia Analitica di Jung. Adler propone una teoria dell’uomo di tipo
olistica, teleologica e fenomenologia, rintracciando nella relazionalità l’essenza
del Sé/Stile di vita. L’uomo, considerato nella sua unità bio-psichica, non può
essere studiato se non in relazione al contesto di appartenenza, valutando il
modo soggettivo in cui le esperienze vissute vengono considerate e
memorizzate (finzioni), finalizzato al raggiungimento di una meta individuale
finale inconscia di autoaffermazione. La vita psichica umana è costituita da due
dimensioni fondamentali. Adler afferma che non sono il principio di piacere e
quello di realtà a guidare i comportamenti dell'individuo quanto piuttosto la sua
volontà di potenza in ogni fase del suo sviluppo l'individuo è guidato dal suo
desiderio di Una superiorità di una ricerca di somiglianza Divina dalla Fede nel
suo potere psichico particolare nello sforzo per la propria affermazione virile e
per superare il complesso di inferiorità accadono progetti di compensazione
quando qualche attività psichica è inferiore alle attese del compito da affrontare
Allora subentra una compensazione da parte di qualche altra attività che è
Superiore rispetto al compito, e la nevrosi è il sentimento di inferiorità
dell'individuo che, di fronte alla difficoltà, ripiega su se stesso ed esige dagli
altri comprensione costringendoli a porre su di sé le proprie attenzioni. L idea
centrale del sistema di Adler è dunque la volontà di potenza il riferimento
storico più immediato il pensiero di Nietzsche.

Potrebbero piacerti anche