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PSICOLOGIA DELLA PERSONALITÀ

Definizione data etimologicamente


- Etrusco: phersu (immagine sulle slide: personaggio che indossa un berretto, una lunga barba e non
ha ben delineata la fisionomia del volto, si sospetta che questo personaggio all’interno delle
immagini funebri non permetta di essere visto; quindi si sospetta che questo personaggio che tiene
al laccio un cane che morde il condannato a morte, sia fondamentale perché da qui ci si interroga
su quella che nel mondo latino viene definita maschera)
- Latino: persona, maschera sagoma, ciò che ci distingue da qualcun altro. Molti interrogativi su
questa questione. Questo personaggio ha delle caratteristiche che sono visibili, quindi che lo
distingue da qualcun altro. Jung direbbe che la personalità è semplicemente la nostra maschera
sociale, è ciò che gli altri vedono di noi; ma se è ciò che gli altri vedono di noi, noi cosa siamo? Cosa
si nasconde dietro phersu? È interessante perché se andiamo nel mondo latino ci definisce la
personalità come ciò che recitiamo nella nostra vita; ma se è ciò che recitiamo nella nostra vita,
allora corrisponde comunque a una parte importante di noi, ma è ciò che ci corrisponde?
Oggi noi abbiamo 50 diverse definizioni: alla luce delle riflessioni dell’etimologia della parola, non esiste
comunque una definizione univoca, ancora oggi ci si interroga sulla definizione di personalità. In teatro
usiamo la maschera: fa si che il pubblico possa vedere subito le caratteristiche del personaggio che si recita,
ma la maschera rappresenta una tipizzazione.
Oggi cosa possono dirci i nostri teorici sulla personalità? Considerando che non esiste una definizione
univoca.
1. Jhon: personalità rappresenta le caratteristiche di una persona e queste caratteristiche sono
responsabili di modelli coerenti di sentire pensare e comportarsi. Voi già cogliete che ci stiamo
allontanando da quella che era la prima ipotesi: gli autori sostengono che esistono delle caratteristiche
distintive che ci permettono di dire chi sono io, responsabili di modelli coerenti. Si presuppone che
esista una coerenza in noi, nel nostro modo di pensare, di sentire e di agire. Ma che tipo di coerenza è?
Esempio di una persona molto calma, la osservo e noto comportamenti che sono coerenti con quello
che io penso, che sia calma: noto il tono di voce pacato, risponde tranquillamente, stabile
emotivamente, non si agita, coerenza nel modo di agire nel senso che lo è oggi e lo sarà domani e lo era
anche ieri. Sarà stabile nel tempo e anche nello spazio, sono calma con voi, con la mia famiglia e con gli
amici, quindi a prescindere dal contesto. La caratteristica di stabilità che presuppone la coerenza ha a
che fare con il tempo e lo spazio.
Vediamo se questa definizione trova dei riscontri.
2. Umberto Galimberti: nucleo irriducibile di un individuo; insieme di caratteristiche che costituiscono il
nucleo fondante di un individuo irriducibile, questo nucleo è tale nella molteplicità e diversità delle
situazioni ambientali. Esempio, sono una persona coscienziosa, e la esprimo essendo puntuale
generalmente: sono puntuale con voi, ma anche nei confronti dell’amica che mi aspetta nel pomeriggio.
Quindi c’è un aspetto del mio nucleo fondante, in questo caso la puntualità che rimane stabile in tutte
le situazioni di vita.
Più che il cambiamento viene sottolineata la costanza: coerenza e stabilità nel mio modo di sentire pensare
e comportarsi
3. Caprara: altro autore di riferimento che introduce un elemento nuovo rispetto le definizioni precedenti.
Condivide che la personalità sia un’organizzazione, che da l’idea di una maggior dinamicità della
persona, di modi di essere, modi di conoscere di agire; unità coerenza stabilità e continuità. Ma la
novità è la progettualità alle relazioni: ci da l’idea del futuro, quindi abbiamo una prospettiva che non è
solo legata al presente, ma alla capacità dell’uomo di prevedere gli eventi, di immaginarsi il domani.
A quando risale lo studio della personalità?
Da sempre l’uomo si interroga ed è oggetto di attenzione allo studio dell’uomo la personalità, non si
chiamava così perché personalità è un termine moderno, ma da sempre l’uomo si interroga sull’uomo, sul
concetto di anima, mente, ragione, essere umana, dal V secolo AC tutta la filosofia va in questa direzione,
temperamento (uno dei più antichi), carattere. Personalità è un termine moderno ma che ci fa intravedere
che nella storia del pensiero c’è sempre stata, la filosofia è più un sapere, tentativo di cogliere la ragione e
l’emozione dell’uomo. La psicologia si nutre della filosofia che anticipa lo studio più scientifico della
psicologia.

TEMPERAMENTO, Ippocrate da Kos


Se andate nei reparti della neonatologia vedete che nelle culle i piccoli di pochi giorni si distinguono per il
temperamento: già mostrano differenze, e dobbiamo chiederci sono differenze di carattere, personalità o
temperamento?
337 AC, è il primo tentativo di classificare i temperamenti, dal greco temperatura (buona miscellanea tra
elementi) e Ippocrate riteneva che questi elementi sono responsabili del nostro temperamento. Cioè un
buon temperamento è frutto secondo Ippocrate di una buona mescolanza di determinati elementi organici,
perché lui elabora la prima teoria che possiamo chiamare somatico-costituzionale: la costituzione del
temperamento deriva dalla costituzione del corpo, abbiamo a che fare con un’origine intrinseca, ed è per
questo che i neonati così piccoli, non hanno appreso un modo per stare al mondo, ciò significa che il loro
modo di stare in culla, il loro pianto, dipende non dall’ambiente, ma dal temperamento, quindi da un
complesso di cause intrinseche, quindi organiche.
Classificazione dei 4 umori
- Buon temperamento: frutto della combinazione di sangue, bile nera, bile gialla e flegma. È il primo
tentativo di svincolare la malattia dagli interventi divini, di vedere la malattia come armonia. La
persona sana aveva un buon temperamento, era in armonia, aveva una buona miscellanea; mentre
la prevalenza di uno di questi umori, o l’eccesso o il difetto di uno di questi rappresentava la
presenza di uno di questi umori: sanguigno, collerico, flemmatico, melanconico. Qui abbi8amo a
che fare con la prima tipologia.
Abbiamo quindi distinto il temperamento dalla personalità
Il temperamento in epoca moderna Wundt riprende il concetto e va a condurre una ricerca sperimentale
per vedere quanto il neonato è rapido e manifesta una reazione più o meno intensa rispetto a degli stimoli
che lo rendono eccitabile; anche una semplice luce intensa davanti ai suoi occhi, andiamo a misurare
quanto tempo ci mette prima di piangere? Andiamo a vedere l’intensità del pianto?
Sono queste le ricerche sperimentali, Wundt con i suoi dati di ricerca nella seconda metà dell’800 va un po’
a riprendere e confermare ciò che Ippocrate aveva già sostenuto, ovvero i 4 umori.

CARATTERE
Secondo termine. Andiamo a vedere l’etimologia del termine e quando entra nella storia. Carattere viene
usato da Teofrasto di Lesbo, discepolo di Aristotele: contesto molto antico, uso che ne fece: ha scritto
un’operetta, che in alcune sue parti è rimasta fino a noi, dal titolo “I Caratteri”. È interessante perché
Teofrasto comincia ad osservare i suoi concittadini, non scientifica e sistematica, ma li osserva e comincia
ad individuare una serie di figure che sono rappresentative di ciò che ha osservato nei suoi concittadini e
comincia ad individuare questa tipologia: essere bugiardi, adulazione,... aggettivi che sono tutti negativi,
quindi hanno in comune l’essere negative: caratteristiche morali negative; questa è l’origine del termine.
Oggi tra carattere e personalità c’è differenza, anche se è tipicamente europeo utilizzarli come sinonimi,
anche se il carattere ha perso nella storia la sua accezione negativa a cui Teofasto aveva dato rilevanza.

ESSENZIALISMO e FINALISMO
Ci sono persone che sono più propense all’essenzialismo, altre al finalismo. Due prospettive diverse che noi
incontriamo nella psicologia della personalità.
- Essenzialismo: deriva da essenza, quindi l’essenza è quel nucleo fondante, è ciò che fa si che questo
sia un banco e non una cattedra. Chi è interessato all’essenzialismo è interessato a cogliere le
caratteristiche della personalità, a cogliere la struttura della personalità. Quindi qui avremo
un’attenzione alla struttura della personalità, alla sua struttura.
- Finalismo: il finalismo ha a che fare con il perché , quindi con il fine per cui io sono quella che sono,
quindi ha a che fare con un processo. Attenzione verso il processo di personalità, al processo più
dinamico. Convinzione che le ragioni dell’azione risiedono nello stato finale e non nell’essenza.
06/11
La scorsa volta dicevamo come anche per noi, per il nostro comune modo di pensare è più facile pensare
alla persona come qualcosa di immutabile, le caratteristiche con cui vi siete descritti riguardano alcuni tratti
di personalità. Alla luce delle teorie della personalità durante la storia andiamo a vedere dove si può
collocare questo interesse che tutt’ora appartiene al panorama contemporaneo.
Possiamo collocare questa attenzione alla struttura della personalità all’essenzialismo in epoca greca.
Da una parte si cerca l’essenza: cos’è che fa si che io sia quella che sono e non qualcun altro?
L’essenzialismo nasce dalla convinzione che la persona abbia caratteristiche immutabili e intrinseche,
vedremo per tutto il corso di come alcune teorie risentono di questa impostazione; dall’altra parte abbiamo
un’altra visione della personalità e in generale della vita: i finalismo. In psicologia non lo incontriamo con
questo nome, ma lo incontriamo come interesse verso il processo della personalità: quindi l’enfasi verso lo
stato finale a cui gli oggetti tendono è rappresentato in psicologia dall’interesse verso l’aspetto più
dinamico e motivazionale che caratterizza la personalità.
Incontriamo coloro che enfatizzano la struttura della personalità e il processo a cui facciamo risalire i
presupposti filosofici essenzialismo e finalismo. Voi conoscete molto bene Wundt, il fondatore della
psicologia con il primo laboratorio nel 1889; quindi possiamo fare risalire l’interesse alla struttura della
personalità, ovvero alle caratteristiche immutabili e intrinseche della personalità a Wundt, alla
scomposizione della personalità nei suoi elementi più semplici. Dall’altra parte vedete James il
pragmatismo americana, il funzionalismo che vede la personalità in termini di funzionamento della stessa.
Una cosa quindi è la struttura della personalità, i mattoni che la costituiscono alla base, un’altra cosa è il
funzionamento.
Oggi non possiamo pensare che il processo sia basato sulla struttura e la struttura possa giustificare il
processo di personalità. Esempio: Freud, voi avete ben presente qual è la struttura della personalità per lui,
una cosa è la struttura e un’altra è osservare il processo, che cosa viene messo in atto nella personalità e
questo in Freud ha a che fare con il funzionamento delle pulsioni.

Perché studiare la psicologia della personalità?


Questo corso dovrebbe insegnarvi a rispondere a queste domande. Al cos’è che fa si che io sia questa
persona? Cos’è che mi determina? Quali sono le mie caratteristiche? Come mai sono quella che sono? Cosa
è stato nella vita determinate per me? Perché ci sono persone che lottano con i sentimenti e alcuni invece
ci riescono? Perché alcuni riescono a contrastare la vita e altri affondano?
Alla luce di queste domande abbiamo la necessità di scomporre il terreno in aree su cui potere studiare
alcuni aspetti della personalità:
- Definire per ogni autore la struttura e il processo della personalità, funzionamento della
personalità, crescita e psicopatologia di riferimento della personalità

STRUTTURA
Abbiamo detto un po’ i mattoni della personalità, alla luce dell’impostazione filosofica dell’essenzialismo
coloro che sono interessati alla struttura della personalità sono interessati a cogliere gli aspetti più durevoli,
più stabili. Coloro che si descrivono attraverso degli aggettivi hanno questa impostazione, questa teoria
implicita; perché nel momento in cui mi descrivo come calma, paziente, estroversa, ritengo che la calma la
pazienza e l’estroversione mi appartengono come aspetti durevoli e stabili nel tempo e in situazioni diverse.
Se io mi descrivo calma significa che io ho l’esperienza di essere calma non solo in questo contesto, ma in
tutti i contesti della mia vita. Caratteristiche pressoché stabili perché è possibile che io sia in un contesto
particolare nervosa, ma questo non fa si che io non mi reputi calma. Tenete presente che questo aspetto è
speciale per la psicologia perché rende possibile il prevedere i comportamenti: la scienza della psicologia
non vuole solo descrivere i comportamenti e comprendere, ma prevedere. Se non presupponiamo che la
persona sia nei suoi aspetti stabile, come facciamo a prevedere i comportamenti? Se mi reputo una persona
puntuale posso prevedere che in futuro io sia puntuale; la previsione è tipico dei tratti e qui collocheremo
autori come Heisen (?), modello dei Big Five, e gli orientamenti scientifici (anche qui dobbiamo capire che
cosa si intende per scienza).
Quando arriveremo a parlare dell’approccio ai tratti andremo a verificare l’esistenza di caratteristiche
comuni di una popolazione, perché ci sarà la necessità di comparare i dati per potere creare una teoria
della personalità.
Ma come vengono organizzati questi elementi di base? C’è chi sosterrà che la nostra organizzazione della
personalità è gerarchica con alcuni tratti centrali e prioritari rispetto tratti secondari, ma non tutti sono
d’accordo; incontreremo diverse strategie per descrivere la struttura, possiamo osservare? Prendere nota
dei termini con cui una persona parla di sé o dell’altro (approccio lessicale, aggettivi con cui vi siete descritti
appartengono al lessico). Deve essere chiaro che la struttura della personalità non è così semplice
circoscriverla e concettualizzarla e all’interno delle concettualizzazioni ci sono modi diversi di farlo e diverse
strategie che vengono messe in atto.
- Approccio ideografico: qualcosa che è proprio dell’individuo. Cioè cerco delle caratteristiche ma
ritengo che quelle caratteristiche siano tipiche della persona, per cui la mia attenzione è ai tratti di
personalità ma che sono del tutto personali. Per cui significa che quando incontrerò la persona
potrò usare i tratti, ma in un modo del tutto personale, calato sulla persona: un vestito in cui la
stoffa è sempre quello, ma ben tagliato sulla persona. È l’approccio di Rogers, attenzione alla
persona, al singolo (Allport: va a preservare le caratteristiche del singolo, la personalità nella sua
individualità).
- Approccio nomotetico: (nomos:legge) cerchiamo la legge, vuol dire che cerchiamo qualcosa che ci
accomuna, una classificazione delle caratteristiche della personalità, dei tratti comuni che
giustificano l’interesse per una tassonomia, non per le caratteristiche individuali, ma una
classificazione.
Sono due modalità completamente diverse. Io posso dire “ogni uomo è uguale agli uomini per certi aspetti,
d’altra parte ogni uomo è diverso da chiunque” sono prospettive diverse, lavoreremo dal generale al
particolare: da un’attenzione all’individuo, ad un’attenzione ad una popolazione per potere costruire la
nostra teoria della personalità che permetta una tassonomia dei tratti che si possa applicare a tutte le
persone.

PROCESSO DI PERSONALITÀ
Ha a che fare con il processo, qualcosa di dinamico in movimento, che muta. Ci interrogheremo sull’aspetto
dinamico motivazionale, cercheremo di spiegare come funziona la personalità nella sua processualità, cosa
motiva la persona umana, quali sono i processi che intervengono nella costituzione del sé. ad esempio
incontriamo teorie differenti: cos’è che vi motiva ad essere qui? Quali sono i processi che mettete in atto e
come funzionate? Autori che ritengono che siamo spinti a ricercare il piacere (Freud) a sfuggire il dolore, a
ridurre la tensione, modelli degli incentivi (vado a lezione perché so che riceverò qualche rinforzo positivo
per superare l’esame) che ci aiutano a mobilitare una serie di azioni atte a raggiungere quell’obiettivo;
modelli legati all’autorealizzazione (teorie umanistico esistenziale) siamo portati a dare senso alla vita, e
alla ricerca del nostro senso mettiamo in atto una serie di processi. Teorie cognitive (Bandura) l’uomo è in
grado di autoregolarsi ed anche questo influenza l’uomo nel funzionamento. Qualità e processi cognitivi
che giustificano che io mi comporto in un certo modo piuttosto che in un altro.

CRESCITA DI PERSONALITÀ
Come siamo diventati? Sono vicina alla bambina che ero o sono lontana? Ho una percezione di continuità o
discontinuità? Cos’è che cambia e cosa non cambia? Quali sono gli eventi che hanno dato luogo a
cambiamenti della personalità? Freud ci dice che nella crescita della personalità l’età cronologica scandisce
lo sviluppo della personalità attraverso le fasi. In questo contesto dobbiamo tenere presente un altro
interrogativo: in che misura siamo quello che siamo? In che misura quello che siamo è dovuto al nostro
patrimonio genetico e quanto è dovuto all’ambiente? Qui possiamo collocare quel grande dibattito tra
natura e cultura. (studi sulla genetica molecolare sui gemelli omozigoti e eterozigoti). Non possiamo non
tenere presenti le basi biologiche (l’altra volta abbiamo visto che il temperamento appartiene ai neonati,
ciò significa che come Ippocrate riteneva è dovuto a qualche determinante intrinseca, non appresa).
Quanto la cultura ci appartiene e fa si che io sia quella che sono? Contenitore molto ampio, è innegabile
che noi respiriamo la cultura di appartenenza, è possibile che alcuni tratti della cultura ci accomunano. La
famiglia è determinante, l’ambiente è fondamentale per lo sviluppo della personalità.
PSICOPATOLOGIA DELLA PERSONALITÀ
Andremo a definire in base alla teoria di riferimento che cosa ne pensano i nostri autori. Quando una
personalità viene definita sana o disturbata, quale è il significato del termine sanità; qual è la natura e le
cause di un disturbo della personalità, vedremo come per Kelly (?) la personalità possa non risultare più
adattiva, e pertanto ansia e altri elementi ci portano a definire una personalità adattiva o non adattiva. (per
Freud la persona regredisce fino al momento del trauma perché non l’ha ancora risolta)

CAMBIAMENTO DI PERSONALITÀ
Questo termine è fondamentale per gli psicologi. Questo concetto aleggia a livello trasversale dovunque
nello specifico ritengono che una volta definito il disturbo di personalità dobbiamo tenere presnete il modo
con cui noi vogliamo intervenire sul disturbo, quindi quelle che chiamiamo terapie sono il cambiamento.
Quindi sono le terapie che i nostri autori ci propongono. Esempio di Rogers: terapia fondata sul cliente, in
che modo le persone cambiano? Perché a volte resistono al cambiamento e sono incapaci di cambiare e
altre volte è fluido? In che modo avviene il cambiamento (ci sono fattori utilizzabili per raggiungere il
cambiamento). (Freud libere associazioni, analisi dei sogni, del transfert e controtransfert)

I nostri autori saranno contestualizzati all’interno di queste 5 grandi aree. Alla fine del corso avremo un
quadro di riferimento di Rogers, Kelly, Bandura e Michels, Freud… saranno confrontati su queste aree.
Comportamentismo e neo comportamentismo: come si collocano gli approcci comportamentali? Per Pavlov
la personalità cos’è? È ciò che vedo dell’altro, ma ciò che vedo è il comportamento che è la risposta,
crescita e sviluppo come modelli di rinforzo.

STUDIO SCIENTIFICO DELLE PERSONE (capitolo 2)


Io non tratto la scientificità o meno dello studio delle persone, ma voglio chiedevi una cosa, a che scienza ci
riferiamo? A quella galileiana con il metodo scientifico? O quella di Einstein, probabilistica? All’interno dello
studio scientifico è chiaro che alla base di quello che io penso della scienza devo predisporre anche alcuni
elementi per potere approcciarmi allo studio della persona e esistono infatti alcuni metodi di cui noi ne
analizzeremo 2
1. RACCOLTA DEI DATI
All’interno dei dati particolarmente interessanti per lo studio della personalità. Dati significativi per lo
studio di una personalità test su quello che pensa lui, osservazione di tutti i comportamenti, colloquio sulla
sua storia sulle sue esperienze, ma sono dati attendibili? Perché io posso presentarmi come voglio o con la
mia maschera.
Americani studiosi della personalità usano LOTS (Life Osservation Test Self). Resoconto verbale sui dati della
vita, interessante sarebbe sapere informazioni sulla famiglia, la carriera scolastica,… osservazione che deve
essere realizzata attraverso determinati canoni perché siano scientifici, quello che io potrei osservare
rientra in un’osservazione casuale e poco scientifica, i dati osservativi possono facilmente creare una serie
di equivoci è vero che potrebbe essere molto ricco quello che osserviamo, ma potrebbe falsare la realtà del
bambino. Procedure standardizzate, test, dati che sono più oggettivi, perché mentre quelli di prima
possono essere più soggettive, questi dati sono oggettivati e standardizzati e ci confrontiamo con un
campione di persone, come una popolazione; collochiamo qui gli esperimenti di laboratorio.
Dati Self: sono i dati che ci provengono dal soggetto che stiamo studiando, cioè auto descrizioni, occhio
perché non sono sempre attendibili (ma Rogers ci insegna che non è la realtà che ci interessa, ma ciò che la
persona pensa di sé) se partiamo da questo presupposto viene meno l’attendibilità.
[Osservation, Self, Life, Test] i nostri studi sulla personalità utilizzano diverse tipologie di dati (L,O,T,S)
implica una procedura molto lunga e brigosa per i teorici, quindi nei nostri autori di riferimento non
troverete mai tutti e 4 i dati. I nostri teorici si riferiscono a uno o 2 dati nello specifico, con quale criterio
scegliere un tipo di dato piuttosto che un altro?
2. STRATEGIE DI RICERCA
Quali sono le strategie privilegiate di ricerca? Una diffusa strategia è quella clinica, lo studio dei casi:
Rogers, Freud,… ricerca clinica e metodo scientifico, metodo correlazionale.
Studio dei casi clinici: raccolta di informazioni i dati privilegiati sono i dati S e l’obiettivo è esaminare nel
dettaglio, approccio è quello psicanalitico e fenomenologico esistenziale (Rogers).
Studi di laboratorio: sapete che l’obiettivo è fornire una relazione causale tra due variabili, una dipendente
e l’altra indipendente. Il fulcro è che A → B e B è causa di A, l’esperimento è lo strumento più potente e il
setting è il laboratorio. Esempio voglio studiare in laboratorio la relazione che esiste tra la mia stanchezza e
l’umore, nel senso che voglio sapere se la mia stanchezza va ad influire sul mio umore, umore è
dipendente, stanchezza è indipendente, in laboratorio dovrò creare una situazione in cui il soggetto è posto
di fronte a stanchezze di tipo diverso (esercizio fisico, annoiarlo, test logici da sfinirlo) e nel frattempo vado
a misurare l’umore perché poi dovrò confrontarlo con il livello di stanchezza.
Ricerca correlazionale: non cerchiamo relazioni causali, ma correlazioni, il che vuol dire che le due variabili
hanno un qualche tipo di relazione ma noi non possiamo definirne la natura. Posso dire che il mio umore ha
a che fare con la mia stanchezza, ma non so dire se esiste una relazione causale tra le due variabili, allora
uso quella correlazionale. Esempio quanto influiscono i programmi televisivi o i videogame sull’aggressività
del bambino? Metto in atto per vedere se esiste una relazione tra le due variabili, raccolgo i dati (tempo
davanti alla TV, osservo durante la ricreazione il comportamento del bambino). Correlazione positiva: al
crescere delle ore giornaliere davanti alla TV cresce l’aggressività, non sono in grado di dire se è uno che
provoca l’altro, ma mi fermo a riflettere sui dati che sono correlati.
Usare metodo descrittivo/sperimentale/correlazionale.

13/10/16
IACP: Istituto Centrato sulla persona di Roma (scaricare dalla piattaforma i materiali)

ROGERS
- Teoria fenomenologica: la teoria è definita così, per cui dobbiamo chiederci che significato ha il
termine fenomenologia, ma allo stesso tempo anche il termine esistenziale. Perché la teoria
fenomenologica è esistenziale? Che significato ha per me l’esistenza? All’interno di una prospettiva
umanistica, perché al centro c’è l’umano. La fenomenologia ha a che fare con il fenomeno, ciò che
appare, non abbiamo a che fare con la realtà, ma con la realtà percepita dal soggetto; l’accento è
verso la soggettività, non esiste la verità nella mia verità, non esiste la realtà, ma la mia realtà, non
è l’esperienza, ma la mia esperienza, l’aspetto fenomenologico è il dato che appare al soggetto;
Kant diceva che non possiamo andare oltre al fenomeno, perché esiste una realtà oltre al
fenomeno che noi non percepiamo: quando incontreremo la percezione come processo
fondamentale della struttura della personalità dovremo tenere presente l’aspetto fenomenologico.
- Approccio esistenziale: esistenza che significato assume all’interno di una prospettiva umanistica?
La nostra cultura ha sempre contrapposto l’esistenza all’essenza. L’essenza cos’è? Da una parte i
principi primi e immutabili e dall’altra il fluire della vita, l’esistenza, diventare con il flusso
dell’esistenza stessa con il processo: noi scegliamo di essere ciò che diventiamo
Temi come la libertà dell’uomo, l’angoscia e la responsabilità sono temi esistenziali. Kierkegaard,
come anticipatore di questa visione esistenziale dell’uomo, accentua il divenire; questo è
presupposto per evitare teorie preconfezionate e guardare il fluire della vita: nella relazione con
l’altro non possiamo tenere presente nessuna verità perché la verità e la verità dell’altro, così come
appare all’altro. Anche nell’approccio esistenziale vi è un continuo diritto alla soggettività e alla vita
e alla soggettività
- Prospettiva umanistica: ha a che fare con l’uomo, al centro c’è il cliente la persona, l’uomo.
Nell’approccio della prospettiva umanistica convergono molti autori che hanno in comune un
aspetto fondamentale: vogliono riportare al centro dell’indagine il soggetto nella sua interezza,
nella sua globalità; cioè a differenza delle teorie che abbiamo definito riduzionistiche [Freud che
aveva ridotto l’uomo nella sua visione antropologica ad un insieme di pulsioni;
comportamentismo], riducono l’uomo al suo aspetto; questi Maslow, Rogers, e gli altri negli anni
40/50, il movimento del potenziale umano riportano al centro il soggetto, l’uomo nella sua
globalità, ci si concentra nell’altro, abbiamo fiducia nelle sue risorse; qui riecheggia anche Buber.
Comprendiamo che cosa Rogers ci offre nella sua teoria, non nasce come teoria, ma da una clinica, 25 anni
di psicoterapia che convergono in una teoria, Rogers fa ipotesi che verifica sperimentalmente, è il primo a
registrare quello che succede nel colloquio e lo rende pubblico; Rogers ha insegnato in centinaio di
università, è stato adottato in Italia dai cattolici perché molto vicino ai valori del cattolicesimo. Non
possiamo non considerare ciò che Rogers dice. È l’espressione di quello che è il personale che coincide con
il professionale: il personale è il professionale e il professionale è personale, vuol dire che se noi andiamo a
vedere la vita di Rogers possiamo intravedere quella che è la sua teoria
a. Famiglia molto unita: due elementi importanti nella sua vita, il duro lavoro e la dimensione del
sacro, la dimensione dei valori è molto importante
b. Natura: elemento significativo.
c. Rogers diventa un appassionato di agricoltura scientifica, qui nasce l’interesse per la scienza.
Chimica e scienza.
d. Studia agraria e li abbandona per quelli storici e religiosi
e. Diventa pastore
f. Esperienza in Cina per 6 mesi in cui confronta le culture occidentali e orientali, nella sua filosofia di
vita si sentono alcune soggezioni alla vita orientale: nella propria attività l’interesse religioso è
secondario → cambia ancora
g. Cambiamento: abbandona gli studi religiosi e si laurea in psicologia e si interessa alle materie
psicopedagogiche; comincia a sentire che certi problemi lo hanno sempre affascinato
h. Si laurea e formazione presso l’istituto per bambini in difficoltà e apprende l’impostazione
psicoanalitica ed apprende il comportamentismo. Riflette sull’incompatibilità di due concezioni così
diverse (Freud e le vedute statistiche della Columbia)
i. Comincia la sua esperienza nella clinica e il tentativo di incontrare la persona.
TEORIA:
1942 esce il primo testo “Psicologia della contemplazione”; nel 1945 fonda il Centro di Counseling, miniera
di dati su cui confrontarsi; 1947 APA, 1951 anno della terapia centrata sul cliente; 1962 con Maslow fonda
la psicologia umanistica esistenziale; 1969 crea un altro centro studio della persona e l’istituto della pace
(premio Nobel per la pace, è il maestro delle relazioni, ma anche dell’umanità in ogni ambito ha portato a
una grande rivoluzione nella relazione: medico-paziente; allievo-alunno; scuole dei genitori,… quindi non
solo nell’ambito psicologico, ma nell’ampio ambito delle relazioni umane).

STRUTTURA DELLA PERSONALITÀ


Organismo: Rogers avrebbe potuto parlare di persona, di essere umano, di soggetto, ma parla di
organismo. Perché suscita il contatto con il corpo, con questo tutto che è più della somma delle singole
parti; l’organismo è un tutto, è un’unità psicofisica, anticipa la visione biopsicosociale; l’organismo è un
tutto che non si può separare e questo tutto vive in un campo fenomenico, campo che è la realtà del
soggetto, dell’organismo [campo fenomenico, campo esperienziale, campo orgamismico] per accentuare il
legame tra realtà e organismo, per identificare quella realtà come realtà del soggetto. L’organismo vive
nella sua realtà e nel campo fenomenico e qui ci sono tutte le esperienze che fa l’organismo, tutte quelle
esperienze che potenzialmente sono in grado di essere apprese.
Distinguiamo
- Esperienze Simbolizzate, dall’organismo. Simbolizzazione è sinonimo di consapevolezza, sono
esperienze consce e sono tali perché vengono percepite: la percezione è quel processo che è molto
soggettivo, diverso in ciascuno di noi, perché io percepisco qualche cosa della realtà, ma non è mai
una fotografia della realtà, per cui è la percezione che ancora sottolinea la soggettività
dell’esperienza.
- Esperienze non simbolizzate: esperienze che fa l’organismo ma per qualche motivo non vengono
simbolizzate, definite non consce (anche se il termine non è rogersiano, ma appreso all’istituto for
child). Non sono esperienze concettualizzate, non sono oggetto di consapevolezza.
- Esperienze subcepite: sono esperienze che l’organismo vive e sente, ma che vengono impedite per
qualche motivo e non arrivano alla soglia della consapevolezza. L’organismo sente che succede
qualcosa che io sento, ma non sono in grado di capire quello che sta succedendo. È un po’ come
dire che ci sono i bambini che corrono in bicicletta, ma continuano a correre finché la mamma non
li ferma: l’organismo magari ha percepito un po’ di dolore, ma in quel contesto quella percezione
non è stata simbolizzata. Esperienze che ritroviamo nel campo fenomenico.
Concetto del Sé
Una porzione del campo fenomenico è rappresentata dal sé.
Il sé è importante: fa parte del campo fenomenico in cui c’è un organismo che appartiene e vive all’interno
di questo. Il sé è una porzione del campo fenomenico, delle nostre esperienze che hanno a che fare con ciò
che sono io; tutte quelle esperienze che mi permettono di potermi riconoscere, ciò che sono io, che è in
me. Il neonato vive in un campo indifferenziato, non comprende ciò che sono io o ciò che sei tu, il piccolo
gradualmente impara a differenziarsi e capire che il seno della madre è altro da sé, invece il pollice è parte
di sé: differenza fisica che diventerà poi un’esperienza verbale e poi psicologica: dall’esperienza si traggono
alcune informazioni su ciò che sono io.
Rogers è stato uno dei primi a circoscrivere lo studio del sé, oggi si parla di più sé.
1959 scrive…→ elemento importante nell’esperienza del cliente; approccio fenomenologico, sto con
l’esperienza dell’altro e colgo che l’altro sta cercando il vero sé e comincia l’indagine.
Comincia lo studio intorno al sé: lo strumento per indagare il sé non è sufficiente la parola del cliente, e
quindi usa la tecnica di Stevenson, del Q-sort: abbiamo 100 carte, le diamo al cliente e ogni carta contiene
una affermazione che riguarda varie caratteristiche di personalità e il soggetto dispone queste carte in
modo tale che ci siano quelle che maggiormente lo rappresentano, a quelle che per niente lo
rappresentano. Esercizio slide: descrivete voi stessi sulla base di queste affermazioni lungo un continuum
che va da 1 a 5, e quindi decidere quali affermazioni vi appartengono.
Sono assertivo? Mi appartiene? Assertività: è tra passività e aggressività, non sono passivo e non sono
aggressivo nella relazione con l’altro, non ho bisogno di aggredirti per affermarmi e non ho neanche
bisogno di annullarmi, posso semplicemente manifestarmi per quella che sono, nel rispetto mio e tuo.
Alla luce di questo possiamo avere molti dati sul concetto di sé, ma io posso chiedervi anche, mi descrivete
il vostro ideale di sé? interessante vedere come siete oggi a quello che vorreste essere, siete vicini o siete
lontani? Abbiamo bisogno di misura e dati quantificabili per fare ricerca; questo è un buono strumento per
cominciare a capire qualcosa sul concetto del sé e all’ideale del sé.
1. Descrizione quantitativa su cui fare ricerca: numeri attraverso i quali la persona si percepisce
2. Correlazione tra concetto di sé percepito prima e dopo la terapia: quindi vogliamo andare a vedere
se esiste o no il cambiamento, se veramente le 3 condizioni di cambiamento sono oggetto di
indagine, cambia qualcosa nella personalità? Andiamo a somministrare il q-sort prima della terapia
e dopo il percorso, andiamo a vedere cosa cambia in termini di consapevolezza, di autrealizzazione,
di realizzazione delle proprie capacità personali.
3. Sé ideale e sé reale: congruenza e incongruenza tra i due. Quando sono molto lontano la tendenza
attualizzante (self actualisation) risulterà più difficile rispetto a quando l’immagine di sé è più vicina
e più simile a ciò che desidero diventare.
La ricerca di Rogers utilizza altri strumenti: il differenziale semantico che non trattiamo e l’Adjective
CheckList (ACL). Quindi abbiamo queste 3 tecniche in Rogers (q-sort, ACL e differenziale semantico)
l’approccio è sempre fenomenologico, sono sempre auto descrizioni, quindi la massima espressione
dell’approccio fenomenologico, chiediamo alla persona quali sono gli aggettivi che meglio la descrivono.
Bassa correlazione: se alla fine della terapia misuro gli stessi dati, significa che è tutto da rifare.
Configurazione concettuale organizzata, fluida: la fluidità ci da l’idea che non sia statico ma fluido; coerente:
l’elemento che potrebbe arricchire il concetto di sé deve essere coerente con il sé stesso, perché il sé ha
bisogno di coerenza, di congruenza per cui nel cambiamento e nella fluidità di questa configurazione
concettuale necessitiamo di caratteristiche coerenti, di relazioni dell’IO, ciò che sono io insieme con i valori
che io mi attribuisco (sono degno di lode, di amore?). Valori connessi all’io e non solo le caratteristiche
dell’io.
Interazioni ambientali: relazioni con gli altri (famiglia, amici, scuola,…) e tutti coloro che incontriamo nella
nostra vita che assumono un significato particolare per noi.

PROCESSO
Siamo di fronte a una filosofia ottimistica nei confronti dell’uomo: l’uomo ha le sue risorse e dobbiamo
avere fiducia nelle risorse dell’altro. Rogers non lo dimostra ma sostiene che in ognuno di noi c’è un flusso
sotterraneo che porta all’autorealizzazione, non ha bisogno di postulare risorse motivazionali, l’unica
motivazione è la tendenza che noi abbiamo a compiere un cammino costruttivo nella nostra vita, ad
adattarsi agli eventi a compiere scelte migliori per noi, nella nostra vita. Scrive nel 1965 “forza intrinseca”
→ per sviluppare un cammino che sviluppa tutte le potenzialità in modo da favorire la sua conservazione e
il suo arricchimento: non è solo una tendenza attualizzante in cui l’uomo mantiene il suo sé, ma lo
arricchisce.
Tendenza attualizzante lo troviamo nel libro in Un modo di essere: ha a che fare con le potenzialità che sono
presenti nella vita dell’uomo. Rogers scrive che la tendenza attualizzante può essere contrastata o
pervertita, ma non può essere distrutta senza che si distrugga l’organismo stesso: non possiamo distruggere
la Tendenza Attualizzante, ma può essere distorta nella vita, può essere contrastata dall’ambiente in cui si
vive, ma non distrutta.
“…Le condizioni in cui queste persone si sono sviluppate sono state così sfavorevoli da fare sembrare le loro
esistenze anormali, pervertite, scarsamente umane, eppure si può fare affidamento alla tendenza
direzionata che alberga in loro, la chiave per capire il loro comportamento è che esse stanno lottando con le
uniche modalità che sentono di avere a disposizione per muoversi verso la crescita e il divenire. Per le
persone senza problemi i risultati possono sembrare bizzarri e futili, ma essi sono i disperati tentativi della
vita di diventare se stessa.” Questa è la base dell’approccio centrato sulla persona. Il fulcro è nella tendenza
attualizzante, che è la tendenza presente nell’organismo. Ci sono esperienze nella vita in cui la tendenza
attualizzante viene ostacolata, non si può distruggere la TA, ma la mancata realizzazione della TA è dovuta
ad influenze limitanti e devianti dell’educazione (formazione scolastica, stile genitoriale, gli insegnati e la
formazione) e fattori di pressione sociale, quello che ci allontana alla tendenza attualizzante dell’organismo.
Esempio mamma mi ha insegnato che le bambine buone non piangono, io allora per amore (c’è bisogno di
amore e stima dell’altro) io cercherò di non piangere e sorridere, ma sento del dolore il mio organismo
sente la tristezza, ma mi impedisco di sentire quella tristezza e mi impedisco di fare scendere le lacrime
perché le bambine buone non piangono; è possibile che durante la scuola elementare io abbia incontrato
altre persone significative e che abbiano involontariamente rinforzato quello che già io avevo appreso: le
bambine buone non devono piangere. Ma il mio organismo ha bisogno di piangere, perché nella vita ci sono
anche esperienze dolorose, allora la mia tendenza attualizzante viene distorta, si frappone qualcosa tra il
campo organismico e il mio sé, perché il mio sé è stato costruito in un certo modo e io che devo essere
congruente con il mio sé e quindi non permetto ad esperienze incongruenti di passare, e quindi vado verso
la rigidità del mio sé, la categorizzazione: non posso piangere, non devo farlo. Può anche capitare che senta
un’enorme tristezza, ma che non voglio sentirla perché le bambine non possono piangere, e allora cosa
faccio? Faccio un’esperienza che riguarda la subcezione: sento che c’è qualcosa che non va, una leggera
tristezza, ma non posso sentirla e allora dico che sono un pochino giù di tono. Quindi altero la mia
esperienza, la modifico in modo tale che la mia esperienza possa essere accettata dal mio concetto di me
stessa e io non devo essere triste; quindi posso accettare di essere giù di tono, ma non di essere triste:
l’esperienza viene alterata. → meccanismi di difesa di Freud. T.A. viene distorta da pressioni sociali (scuola
e altro) giustifichiamo in questo modo l’attenzione di Rogers alla relazione, chiunque l’altro sia!

CONGRUENZA E COERENZA
L’organismo per funzionare in deve mantenere la coerenza del sé e la congruenza tra il sé e l’esperienza
(esperienza organismica). La maggior parte delle modalità del comportamento sono in coerenza con il sé,
sono coerente quando ciò che penso è congruente con ciò che sento, e ciò che penso è congruente con il
mio comportamento.
1. Coerenza del sé
2. Coerenza del sé con l’esperienza
Tutti noi abbiamo esperienza di ruoli diversi nella vita: siamo figli, studenti, fratelli/sorelle, professionisti..
ricopriamo vari ruoli nella vita. Come vi percepite come figli? Come amici? Che tipo di studente sei?
Definitevi da 1 (molto d’accordo) a 5 (molto in disaccordo) per ogni affermazione.
TABELLA SLIDE: differenza tra il numero più alto in ogni riga e quello più basso, e poi somma della
discrepanza. Risulta un numero tra 0 e 20, 0 è la congruenza massima che non coincide mai con la realtà;
alla luce dell’essere figlio/amico/studente siete più vicini alla congruenza che alla discrepanza; persone
molto discrepanti sono quelle che noi definiamo frammentarie, mentre saranno armoniche quelle più
congruenti.
Esempio di prima sulla tristezza è incongruenza tra sé e la mia esperienza, sento una gran tristezza e non mi
permetto di esprimerla: questo esempio rappresenta la discrepanza tra il concetto di sé (io sono buona e
non devo piangere) e l’esperienza di dolore che il mio organismo fa. L’individuo è adattato, maturo e
funzionante se le esperienze che l’organismo fa nel campo fenomenico sono simbolizzate, sono aperta
all’esperienza: questa è la capacita che ha l’organismo con un concetto di sé flessibile di potere accogliere
l‘esperienza e simbolizzarla, cioè percepirla.
Le esperienze simbolizzate che costituiscono il sé rispecchiano l’esperienza dell’organismo, non ho bisogno
di frapporre tra me e la mia esperienza qualcosa che fa da impedimento. Esempio: faccio l’esperienza della
tristezza e mi impedisco di essere triste, l’esperienza non è simbolizzata e non rispecchia fedelmente
l’esperienza dell’organismo.
Esiste un sé così come lo percepiamo, esiste una esperienza dell’organismo; una persona coerente è una
persona che non ha bisogno di fare esperienze subcepite e non consce, ma ha la possibilità di simbolizzarle
perché la discrepanza è sinonimo di incongruenza. Nel campo ci sono 3 tipi di esperienze (simbolizzate, non
simbolizzate, non consce, e subcepite: non sono triste, sono un po’ giù di tono, in questo modo distorgo
l’esperienza del mio organismo).
- Madre che si ammala quando il suo unico figlio lascia la casa: il malessere è rappresentativo
dell’incongruenza: desiderio di trattenere il figlio, ma non posso farlo perché non sarei una buona
madre, nego il desiderio, non lo verbalizzo neanche, faccio finta di non sentire.

Abbiamo visto struttura e processo fin’ora.

CRESCITA E SVILUPPO DELLA PERSONALITÀ


Ruolo del genitore e dell’ambiente circostante. Per una crescita sana abbiamo bisogno di un ambiente
accogliente, caldo perché abbiamo bisogno di accettazione e di amore incondizionati, quindi se siamo stati
fortunati nella vita e abbiamo avuto genitori accettanti incondizionatamente “ti voglio bene per come sei”,
allora vuol dire che la tendenza attualizzante va nel sentiero migliore.
Abbiamo due bisogni universali, costanti, che abbiamo anche adesso (quanto stiamo male nelle situazioni in
cui sentiamo che non siamo riconosciuti come persone?):
1. Necessità di essere considerati riconosciuti positivamente e incondizionatamente: bisogno di
considerazione positiva che è accentuato nei primi momenti idi vita, l’esperienza che noi abbiamo
fatto nella soddisfazione di questo bisogno si riverbera nell’autoconsiderazione: nel momento in cui
ho fatto esperienza di essere accettato in famiglia potrò riconoscermi positiva, così come è stata la
mia esperienza.
2. Bisogno di auto considerarsi: dall’esperienza positiva del bisogno di considerazione io mi
considererò positiva, degna di amore, degna di lode.
Il bambino fa propri giudizi di valore, esempio in cui lui tira i capelli a lei e lei piange, il bambino da piccolo si
misura istintivamente il bene e il male, poi si confronta con l’ambiente, in primis con mamma e papà che lo
sgridano: questo bambino si sente dire “non devi tirare i capelli” da una parte rinuncia a quella che è la sua
tendenza per appropriarsi di un valore, che è il valore dell’altro, quindi ciò che lui riteneva un bene diventa
un male.

Molte ricerche in questo campo sul ruolo della famiglia, sugli stili genitoriali.
1949: ricerca già negli anni 50 che avviene nella direzione di correlare e comparare gli atteggiamenti
parentali tolleranti/democratici e quelli rifiutanti/autoritari. C’è un termine che non usa Rogers ma i suoi
“discepoli” che è autostima.
➔ Termine dell’autostima: non si trova in Rogers questo concetto, ma quando noi lavoriamo
sull’autostima oggi andiamo proprio a recuperare quello che dice Rogers.
SINTESI
Struttura di personalità: organismo, campo fenomenologico, esperienze (simbo, non simbo, subcepite);
concetto di Sé. processo di personalità: T.A. ricerche botaniche, coerenza congruenza, relazioni con
l’ambiente. Crescita e sviluppo: l’uomo ha bisogno di amore e stima e di auto considerarsi.

27/10
5 aree che abbiamo visto: struttura, processo di personalità, crescita e sviluppo, psicopatologia e
cambiamento della personalità.

PSICOPATOLOGIA
Qual è l’origine della psicopatologia per Rogers? Non troveremo diagnosi, ma un concetto di malattia che
ha la sua interpretazione in questo rapporto fenomenologico esistenziale.
Rogers scrive“la potenzialità per la consapevolezza del funzionamento può andare così tenacemente storta
tale da rendere una persona estraniata dall’esperienza organismica” la potenzialità ha a che fare con
l’autorealizzazione, o meglio tendenza attualizzante. Alberga in ognuno di noi e giustifica la potenzialità
della natura umana può andare tenacemente storta; noi sappiamo che non sempre la tendenza
attualizzante compie un cammino costruttivo, non può essere distrutta, ma può essere distorta.
Può essere distorta la tendenza attualizzante
➔ Estraneazione dall’esperienza organismica: la persona è estraniata dall’esperienza organismica, ha
a che fare con tutto ciò che è potenzialmente suscettibile di emergere alla consapevolezza del
soggetto (il campo fenomenico raccoglie tutte quelle esperienze simbolizzate, non simbolizzate o
subcepite) nel momento in cui questa potenzialità viene tenacemente storta abbiamo a che fare
con un’alienazione dell’organismo rispetto a ciò che esperisce l’organismo stesso, estraneazione e
distorsione dell’esperienza. Esempio: io sono una persona che mi considero perfetta, il mio sé è
organizzato intorno a questa convinzione, ma nella vita ci sono esperienze che non vanno a
confermare la mia convinzione di essere perfetta, e ovviamente non sono in grado di accogliere
questa esperienza perché non la riconosco e arrivo a modificare l’esperienza, a razionalizzarla,
attribuendo il fallimento dell’esperienza non a me, ma all’altro pur di difendere la mia convinzione:
non sono in grado di accettare l’esperienza; per qualche motivo la nego o la distorgo e arrivo a
estraniarmi.
“Si può diventare autolesionistici, come nella nevrosi; incapaci di affrontare la vita, come nella psicosi;
infelici e divisi, come nei malaggiustamenti che hanno luogo in ciascuno di noi. Perché questa divisione?
Come può essere che una persona lotti consapevolmente per uno scopo, mentre tutta la sua direzione
organica è in contrasto con questo?” raggiungo l’obiettivo, ma il mio organismo, la mia dimensione
organismico va in una direzione diversa, abbiamo qui a che fare con la psicopatologia, con quello che noi
definiamo una incongruenza. Persone che lottano per uno scopo, mentre la dimensione organismica va in
un’altra direzione.
➔ Motivo e origine della psicopatologia: ha a che fare con la distorsione della tendenza attualizzante e
la estraneazione dell’esperienza organismica ha a che fare con quelle condizioni di valore che ci
allontanano dalla nostra vera natura, da quelle condizioni di valore che noi introiettiamo dalla
famiglia e dall’ambiente che ci allontanano dall’esperienza più profonda ed organismica. Quindi
abbiamo a che fare con la discrepanza e l’incongruenza tra sé e esperienza organismica. Bambino
che per amore dei genitori rinuncia al suo metro per potere adottare il metro altrui, ma alla lunga
sistematicamente i giudizi di valore dell’altro allontana il bambino dalla propria esperienza. Ciò che
è bene per il bambino può essere male per il genitore, rinuncia al suo metro di giudizio: passaggio
dal sé flessibile al sé rigido.
Giudizi di valore che vengono introiettati dal bambino, ma che per Rogers sono alterazioni della tendenza
attualizzante, l’allontanamento “ho voglia di piangere ma non posso piangere, perché i bambini bravi non
piangono”. Questa perversione della tendenza attualizzante è il fulcro della psicopatologia per Rogers,
l’individuo dunque diventa alienato, l’alienazione equivale alla estraneazione, quindi abbiamo costrutti
introiettati e rigidi, la rigidità è una caratteristica che emerge più volte, il sé si fa rigido e limitato, abbiamo a
che fare con la necessità della psicoterapia. La psicoterapia deve ripristinare l’uomo che deve diventare il
proprio organismo: a fronte della discrepanza tra sé e l’esperienza, dovremo recuperare quelle condizioni
che rendono possibile alla tendenza attualizzante per la sua massima fioritura, la nostra apertura alla
tendenza attualizzante affinché il sé da rigido diventi flessibile, e pertanto l’uomo deve diventare il proprio
organismo e lo diventerà quando è in grado di aprirsi all’esperienza e non ha bisogno di negarla ed
alterarla: posso permettermi di essere triste davanti a voi, posso permettermi anche di sbagliare, non ho
bisogno di negare l’esperienza del qui ed ora. Questa è la flessibilità: quindi la psicoterapia recupera
l’esperienza organismica senza inganno e distorsioni: perché noi siamo molto bravi ad ingannarci, a
raccontarci belle cose su di noi. La psicoterapia è un processo in cui ci sono una serie di elementi che
possono aiutare a prendere conoscenza di tutte le sfaccettature di noi.
Dobbiamo tornare all’esperienza sensoriale e viscerale, dobbiamo tornare all’esperienza organismica,
quindi avrò bisogno di permettermi di sentire le emozioni, che in questo momento non mi permetto di fare
perché sono molto rigida → Sentire l’esperienza organismica, ciò di cui ho bisogno che magari per anni ho
allontanato da me e ho negato.
Esempio rispetto discrepanza tra sé ed esperienza organismica: slide dello studente che ha paura a salire le
scale, che cosa significa questa paura? Potrebbe sembrare che questo ragazzo abbia paura di salire le scale,
ma sono proprio le scale dell’università, quindi possiamo immaginare che abbia a che fare con la
concezione del sé relativamente al ruolo dello studente. Qui l’estraneazione dall’esperienza organismica sta
nel fatto che per questo studente è più facile accettare una paura incomprensibile, piuttosto che accettare
l’esperienza più profonda del sé: è quella del suo organismo in cui “mi sento inadeguato” non posso
accettare di essere inadeguato e preferisco ammettere paure incomprensibili come quella di salire la scala
perché questa non è in contraddizione con il suo sé.
Su questo sfondo concettuale collochiamo anche il cambiamento della personalità

CAMBIAMENTO
È possibile un cambiamento di personalità? Se si, abbiamo bisogno di alcuni dati oggettivi per dimostrare i
cambiamenti di personalità, è uno studio scientifico: abbiamo bisogno di dati, vogliamo andare a vedere se
effettivamente la persona può cambiare, è stato il primo a registrare ciò che avveniva in un colloquio di
aiuto, somministra test. Quali sono le condizioni che rendono possibile il cambiamento? Per Rogers sono
indispensabili 3 elementi: comprensione empatica; accettazione incondizionata; congruenza. Terapia
incentrata sul cliente, metodo non direttivo perché il cambiamento avviene all’interno della terapia
incentrata sul cliente: non è paziente, ma cliente.
Cliente: soggetto capace di dirigere la sua vita, per cui non abbiamo la necessità di sostituirci all’altro, e
dirigerlo verso una direzione: l’altro ha il miglior rispetto di sé. Il cliente non è il malato, è solamente la
persona che in quel momento necessita di ritornare alla sua esperienza organismica, ai fondamenti
dell’esperienza, il terapeuta non ha bisogno di fare diagnosi e dimostrare competenza, ma ha un ruolo di
accompagnare questo processo.
La ricerca di Rogers comincia in questo contesto da una domanda: cos’è che funziona nelle varie
psicoterapie? Ci sono terapie che rappresentano modelli differenti, ma che funzionano ugualmente; quindi
a prescindere dal pensiero, che cos’è che funziona? Analizza ciò che succede nelle varie terapie, cognitivo,
social cognitivo,… ed arriva a concludere che nel momento in cui avviene un’evoluzione costruttiva siamo in
presenza di certi atteggiamenti particolari: anche in orientamenti di pensiero lontani dall’approccio
fenomenologico esistenziale.
Quali sono gli atteggiamenti fondamentali nella psicoterapia? Perché ci sia modificazione costruttiva
abbiamo bisogno che
- Due persone sono in contatto psicologico: la condizione indispensabile è il contatto psicologico,
immaginiamo di incontrare l’altro in un ambiente in cui posso prestare la mia attenzione nei suoi
confronti.
- La prima condizione, la premessa è che siamo di fronte ad un cliente che è in una condizione di
incongruenza (sennò altrimenti non avrebbe bisogno del terapeuta) e il terapeuta è in uno stato di
congruenza. Il cliente viene perché sperimentano uno stato di incongruenza.
- Terapeuta è fondamentale che sia congruente, cioè una persona armonica con sé e con l’altro:
deve prova
- Il terapeuta deve provare sentimenti di considerazione positiva ed incondizionata nei confronti del
cliente: accettare incondizionatamente l’altro.
- Capacità di comprendere empaticamente l’altro.
- Comunicazione almeno parziale della comprensione empatica e della considerazione positiva che
ha il terapeuta nei confronti del cliente: nel colloquio d’aiuto io mi permetto di essere me stesso e
portarti ciò che io penso relativamente a quello che sta capitando tra me e il cliente.
Tre atteggiamenti, che non sono 3 in quanto implicano che siano in contatti e che il cliente sia
incongruente, ma generalmente gli atteggiamenti fondamentali che emergono si riducono a accettazione
incondizionata dell’altro, congruenza e comprensione empatica.
Atteggiamenti particolari sono le condizioni fondamentali per l’evoluzione costruttiva della personalità.
Rogers scrive “Quando certe condizioni, AUTENTICITA’, EMPATIA, RICONOSCIMENTO POSITIVO
INCONDIZIONATO, sono presenti, le forze attualizzanti prendono il sopravvento, la negazione e le
distorsioni dell'esperienza diminuiscono e la persona arriva ad essere nella consapevolezza quello che è
nell'esperienza, più precisamente un organismo umano pienamente funzionante.”
Prendono il sopravvento nel momento in cui mi sento accettata, mi sento compresa, nel momento in cui ho
davanti a me una persona congruenti. Sono sufficienti queste condizioni affinché comini a muoversi il
processo, e quindi arriveremo poi a quella che è l’esperienza di un organismo umano pienamente
funzionante.
Autenticità come condizione fondamentale, la congruenza., Rogeres ci sta dicendo che il primo errore nelle
relazioni è sentire una cosa e dirne un’altra: ci sono delle dimensioni (pensiero, sentire e agire) la persona
congruente e autentica è in armonia con queste dimensioni che simbolizza le esperienze e si permette di
portarle alla consapevolezza.

Autenticità: essere sé stessi


Accettazione incondizionata: rispettare l’altro e accettarlo in ogni caso, qualunque cosa faccia
Empatia: capire le sofferenze e le gioie dell’altro, soffrire e gioire con lui.

1. AUTENTICITÀ
Genuinità è la condizione di chi riesce ad essere se stesso con gli altri. Mica tanto facile perché a volte è più
facile mascherarci e presentarci in un altro modo. Rogers scrive che è la più basilare delle condizioni che
promuovono la crescita essa non significa che il terapeuta deve comunicare al proprio cliente i proprio
problemi e sentimenti” quindi la condizione di chi riesce ad essere se stesso, in questo caso il terapeuta nei
confronti del cliente non implica che io porti tutta la mia vita, ma significa che il terapeuta è in contatto con
i propri sentimenti ed è pronto ad esprimere ogni emozione persistente all’interno del rapporto, significa
che non ha la tentazione di nascondersi dietro la sua professionalità, non ha bisogno di dimostrare la sua
competenza, ma ha bisogno di portare se stesso nella sua relazione. È quella condizione che mi permette di
stare con l’altro, ma sono anche a contatto con l’esperienza che io sento nel momento in cui l’altro sta
parlando delle sue emozioni del suo mondo e del dolore. Integrazione ha che fare con la congruenza, con la
consapevolezza: esperienza resa consapevole e questa può anche essere espressa; quando questi 3
elementi vengono espressi siamo in presenza dell’autenticità.
È capace il terapeuta di entrare in un rapporto personale e soggettivo: non abbiamo a che fare con
protocolli, ma abbiamo bisogno di portare la nostra attenzione all’altro e alla sua esistenza, al suo mondo
personale: entrare nel mondo fenomenico dell’altro. Quindi rapporto sostanziale e soggettivo, non come
tra scienziato e i suoi studi, relazione tra persona e persona, rapporto egualitario: non ho niente da
insegnarti.

2. ACCETTAZIONE INCONDIZIONATA
Grande bisogno della natura umana, abbiamo bisogno di essere considerati positivamente, alla luce della
considerazione positiva che riceve dall’altra il bambino a sua volta cosa farà? Si considererà positivo. È un
bisogno che permette alla tendenza attualizzante di rifiorire e quando il terapista sperimenta un
atteggiamento positivo accettante qualunque cosa gli si presenti, il cambiamento ha maggiori probabilità di
accadere. Attenzione all’altra: non è un’accettazione condizionata, ma totale cioè che non dipende da nulla,
sono disposta ad accettarti, questo non significa che devo condividere le tue scelte di vita, ma ti accetto e ti
comprendo. Il terapeuta da valore al suo cliente come persona, quasi allo stesso modo di un genitore con il
figlio, senza tenere conto del suo particolare comportamento in quel momento.

3. COMPRENSIONE EMPATICA
Significa comprendere empaticamente il mondo fenomenologico del cliente come se fosse nostro senza
mai perdere la qualità del come se. Aspetto fondamentale: sentire il mondo dell’altro come se fosse tuo, ma
non lo è, è dell’altro. Non dobbiamo mai dimenticare il come se perché se sentiamo le grandi emozioni, il
grande dolore del mondo dell’altro, possiamo essere d’aiuto? Rischiamo di perderci nel mondo dell’altro,
ma con il come se posso permettermi di sentire quello che tu senti, ma non dimentico che è il tuo dolore e
non il mio, è come se fosse il mio, ma non lo è.
Esempio sono in un colloquio di aiuto, sento ciò che sente l’altro ed il vantaggio è che
1) Il cliente si rende conto di quegli aspetti dell’esperienza di cui egli stesso è scarsamente conscio;
esempio se una persona non esprime il suo dolore, ma tu riesci a cogliere alcuni elementi che ti
fanno capire che sta provando il dolore, quindi descrivendogli i suoi atteggiamenti porto lui a
rendersi conto di quegli aspetti dell’esperienza di cui è scarsamente conscio.
Attenzione concentrata sull’altro, ma non perdiamo di vista il nostro mondo. Empatia non è uno stato, è un
processo, un momento e non è propriamente semplice. Altro aspetto della comprensione empatica:
significa che voi stessi vi mettete da parte, l’altro mi sta parlando del suo dolore, io non posso sentire il mio
dolore; ma questo va fatto solo da persone molto sicure di sé che sanno che non si perderanno nel mondo
dell’altro per quanto sia strano e bizzarro; possono permettersi di stare nel mondo dell’altro senza rischiare
i perdersi, ed è per questo che la formazione per noi non è mai finita.
Dobbiamo liberare la tendenza attualizzante che per qualche motivo è stata distorta, il cliente è capace di
dirigere la propria vita nella direzione migliore per lui, perché è la tendenza attualizzante che lo muove, è la
forza intrinseca che c’è dentro di lui. Gli obiettivi sono tutti autodeterminati dentro di lui, non siamo noi a
dirgli “secondo me devi andare in quella direzione” ma gli obiettivi sono già dentro di lui; guai se
dimentichiamo che la tendenza attualizzante è dentro il cliente stesso; fiducia che l’altro possa compiere un
cammino costruttivo nella vita. Abbiamo a che fare con un organismo che potenzialmente potrebbe fare
molto, ha tutte le risorse per farcela è un po’ instabile, ma può farcela. Tutto il pensiero positivo americano
degli ultimi decenni nasce da qui.

La psicoterapia rogersiana aiuta l’individuo a crescere, non è focalizzata sul problema, ma sulla crescita, su
quegli aspetti che rendono possibile la crescita dell’individuo.

DATI SCIENTIFICI
Dati su cui Rogers ha costruito la sua teoria della personalità. Rogers dimostra che:
1. [...] durante la terapia alcuni sentimenti, che sono stati precedentemente negati alla coscienza, sono
sperimentati e assimilati nel concetto di sé; quindi durante la terapia il soggetto arriva in uno stato di
inconcgruenza e durante la terapia diventa più congruente, più integrato (si permette di sentire ciò che
prima non si permetteva di sentire, si permette di provare quello che prima si negava)
2. Durante la terapia il concetto di sé diviene più congruente al concetto di “sé ideale”: se il mio sé ideale è
molto lontano rispetto al mio sé reale vivo in uno stato di incongruenza e di poco benessere perché
sono troppo lontana dalla donna che avrei voluto essere, sono poco soddisfatta e non mi sento degna.
Rogers dimostra che durante la terapia il sé reale diventa più congruente con il sé ideale.
3. Durante e dopo la terapia il comportamento del cliente diviene più socializzato e maturo; ha a che fare
con l’apertura all’esperienza, io mi apro all’esperienza e quindi diventa più socializzato
4. Durante e dopo la terapia il cliente accetta in misura maggiore se stesso, e ciò è correlato con un
aumento nell’accettazione degli altri.
Strumenti che Rogers utilizza per dimostrare tutto questo:
STUDI EMPIRICI: Relationship Inventory compilato dal cliente, per andare a vedere quanto il cliente sente
quegli atteggiamenti del terapeuta (se io sento che il terapeuta sia congruente, accettante ed empatico.
Quindi somministro un questionario e chiedo al mio cliente se il terapeuta, secondo il cliente, ha sentito e si
è reso conto di quello che il cliente prova, andiamo a verificare se la percezione del cliente è correlata alle 3
percezioni particolari del terapeuta. E alla luce di questo questionario Rogers dimostra che il terapeuta è il
fattore più significativo, nel senso che è colui che determina il clima fondamentale del rapporto. Si
potrebbe fare una ricerca correlai zonale: andiamo a vedere se il cliente si accorge se sono empatica, vado
a vedere se il suo sé si è integrato con il suo sé ideale, se i clienti sentono tutto (accettazione
incondizionata, comprensione empatica e congruenza) i clienti mostreranno mutamenti più accelerati
rispetto chi non se ne accorge, atteggiamenti che sono definiti fondamentali e determinanti il cambiamento
(i 3 del terapeuta).
A fronti di grandi problematiche è più difficile che si accorga degli atteggiamenti del terapeuta, pur tuttavia
anche in queste esperienze qualcosa rimane.
Altri strumenti usa Rogers per andare a verificare il mutamento della personalità
- MMPI: somministriamo all’inizio e alla fine, andiamo a vedere che cosa cambia durante il processo,
quali sono i mutamenti che avvengono prima e durante e dopo la terapia
- Test proiettivi
- Diminuzione grado di ansia (test e osservazione)
- Aumento autocontrollo
Indicatori fondamentali che vengono analizzati.
03/11/16

TEORIA COGNITIVA DELLA PERSONALITÀ


GEORGE A. KELLY

Nonostante non sia molto conosciuto in Italia è fondamentale per la psicologia della personalità; il titolo
teoria cognitiva della personalità non è preciso, perché la teoria di Kelly, per certi versi, può essere definita
una teoria cognitiva, ma come vedremo è molto di più di una teoria cognitiva: fondatore del costruttivismo,
parleremo dell’epistemologia costruttivista. → teoria dei costrutti personali, ambiente accademico in cui
domina da una parte il comportamentismo e da un punto di vista clinico la psicoanalisi; tradotto nel 2004 in
Italia, in America lo troviamo negli anni 50. Kelly rappresenta in questo ambiente un filone originale del
pensiero.
PCP: psicologia dei costrutti personali.

VITA:
- Laurea in Fisica e matematica: formazione molto precisa e lineare, legata a questo ambito,
abbandona l’idea di diventare ingegnere e affronta l’ambito sociologico, pedagogico fino a
diventare psicologo.
- Insegna psicologia e tecniche teatrali: connubio di psicologia e teatro.
- Programma di cliniche viaggiante: in Kansas Kelly con la sua equipe → esperienza clinica, approccio
fenomenologico
Dichiara che non vuole essere un accessorio alle teorie cognitive, ma emozionale. Tentativo di sbarazzarsi di
ogni forma di etichettamento: per Kelly è importante evitare di collocare la sua teoria all’interno di un
modello già preconfezionato, la teoria da molte suggestioni in ambiti disparati, oggi andiamo a vedere
questi aspetti della teoria di Kelly, andiamo a vedere perché viene chiamata teoria cognitivista, ma lui non
vuole esserlo, possiamo intravedere l’importanza dell’interpretazione, il cognitivo ha a che fare con i
processi cognitivi che mettiamo in atto per cui possiamo già cominciare a capire che abbiamo a che fare con
una teoria pura.
COSTRUTTIVISTA : la realtà è una costruzione personale del soggetto, è la mia realtà, accento è l’accento
alla fenomenologia, non esiste una realtà data, oggettiva, ma esiste la mia interpretazione sulla realtà. Se
esiste la mia interpretazione ciò significa che io sono un agente attivo, sono in grado di dare significato alla
realtà. Galimberti scrive che siamo portatori di senso, significhiamo l’esperienza: l’esperienza è tale alla luce
del significato che io do, non esiste il dato puro, l’oggetto.
FENOMENOLOGIA: accento alla soggettività, il valore del soggetto già trovato con Rogers, se non esiste il
dato puro e non esiste l’oggetto se non in relazione al soggetto, la conoscenza è una conoscenza relativa
alla modalità con cui il soggetto interpreta la realtà: aspetto relativo al soggetto. Ciò significa che siamo
molto lontani dall’approccio realistico, abbiamo a che fare con costruzioni da parte del soggetto, schemi e
forme a priori, che vengono applicate al dato sensoriale. Quindi dobbiamo chiederci quali sono le lenti che
indosso: ognuno di noi ha delle lenti attraverso cui guarda il mondo.
ESISTENZIALE: attenzione all’esistenza, al divenire idea della processualità nelle varie sfaccettature, il fluire
della vita.
COMPORTAMENTALE: tipicamente americano, ha a che fare con l’agire, che cosa posso fare per cambiare il
mio modo di pensare. Se il focus è centrato sui costrutti personali, sui nostri schemi mentali, sulle nostre
lenti colorate, la domanda è io che cosa posso fare (piano comportamentale) per modificare le mie lenti
attraverso le quali guardo la realtà. Queste lenti sono modificabili, l’aspetto è quello dinamico.

Da un punto di vista antropologico Kelly sostiene che l’uomo (la persona, il terapeuta, il cliente) si comporta
in maniera simile allo scienziato: la metafora che usa è uomo come scienziato. Funzioniamo in modo simile
all’uomo di scienza. Lo scienziato sperimenta le sue ipotesi e le conferma per creare una teoria, da un senso
ai fenomeni e agli eventi: valuta la realtà e ne da un senso e una spiegazione, un buon scienziato e una
buona teoria deve essere in grado di controllare gli eventi e prevederli. Siamo lontani dalla concezione
classica della scienza e della teoria assoluta: una buona teoria non è quella vera, ma quella utile ed è utile
se è in grado di prevedere gli eventi e controllare il fenomeno; un buon scienziato deve essere in grado di
allontanarsi dalla sua teoria nel momento in cui è errata.
Uomo come scienziato: anche noi cerchiamo un senso alla realtà, come scienziati siamo dei teorici della vita
e cerchiamo un senso.
Ognuno di voi ha una teoria sulla vita, e ognuno interpreta gli eventi sulla base della teoria della vita su cui
si poggia e questa teoria poggia su alcune nostre ipotesi che ci siamo fatti nella vita e alcune sono state
confermate dall’esperienza, e queste hanno irrobustito la teoria di riferimento; alcune volte le ipotesi non
sono state confermate e quindi la teoria è sempre in fase di rifacimento. La nostra teoria che poggia sulle
ipotesi deve venire sperimentata nella realtà: ciò significa che per Kelly siamo portati ad una dimensione
futura, siamo protesi al futuro, le nostre ipotesi sono ipotesi che anticipano la realtà e quando incontriamo
la realtà non facciamo altro secondo Kelly che verificare sperimentalmente le nostre ipotesi. L’uomo
dispone della capacità di dare un significato alla realtà di dare un significato alle sue ipotesi, di valutare la
bontà delle sue ipotesi, modificare la sua teoria di riferimento ed è capace di astrarre. È proattivo, non
subisce l’ambiente, ma da significato alla realtà.

CICLO DELL’ESPERIENZA
Ognuno di noi ha una teoria di riferimento, e ogni teoria anticipa gli eventi, noi ci approcciamo
all’esperienza già con l’anticipazione, attendiamo la verifica empirica sperimentale, attraverso l’esperienza
diretta noi andiamo a confermare o disconfermare l’anticipazione dell’evento. Nel momento in cui
confermiamo l’anticipazione, andiamo a confermare l’intera teoria che si va costruendo; nel momento in
cui l’esperienza disconferma le mie anticipazioni, dobbiamo andare a rivedere i miei costrutti, le
anticipazioni ciò significa che non devo valutare che le mie anticipazioni non sono così buone, e quindi non
sono così utili: non sono in grado di anticipare un maggior numero di fenomeni.
La teoria di Kelly è molto astratta.

COSTRUTTI COME STRUTTURA DELLA PERSONALITÀ


I costrutti sono chiavi di lettura che rendono il mondo intelligibile, significa che tutti noi disponiamo di
costrutti, secondo Kelly, alcuni semplici e altri complessi, di differente forma ma ci permettono di
discriminare e dire che questo è bianco e questo è nero, se non avessi i costrutti di riferimento che mi
permettono di definire cosa è bianco e cosa è nero il mondo sarebbe caotico e indifferenziato: chiavi che mi
permettono di dare significazione alle esperienze; se io non possedessi il concetto di bianco e di nero non
potrei dare significato all’esperienza che sto facendo. Un altro aspetto:
- Costrutto non è un pensiero o una sensazione, ma è tutto è un atto di conoscenza, sono le lenti che
noi indossiamo, forme a priori di cui disponiamo. Può avere la forma di un’emozione, per questo
non può essere un cognitivista, perché un cognitivista direbbe che l’emozione è determinata dal
pensiero.
Un costrutto come si forma?
È un modo a fronte del quale le cose sono costruite come simili e al tempo stesso diverse da altre, il criterio
è quello di somiglianza e di contrasto. Per formare un costrutto abbiamo bisogno di almeno 3 elementi: 2
sono simili e allo stesso tempo diversi dal terzo. Ogni costrutto è caratterizzato da un polo di somiglianza e
uno di contrasto, esempio, posso io dare significato del bianco se non ho fatto l’esperienza di ciò che bianco
non è? Posso avere l’esperienza del rispetto se non ho fatto l’esperienza nella vita di ciò che il rispetto non
è? È fondamentale per Kelly il negativo, perché da senso al positivo; presocratici sostenevano che è come la
vita che non ha senso senza la morte: abbiamo bisogno del negativo per dare un senso al positivo. Il criterio
con cui io costruisco un costrutto nella vita è osservare la regolarità nella vita e le somiglianze, ma nello
stesso tempo ho l’esperienza di ciò che non è rispetto che da senso a ciò che non è rispetto per me. Io ho
l’idea del rispetto, mi sono creata il costrutto perché so che cosa non è rispetto, ma ciò che non è rispetto è
troppo vago, non vuol dire nulla, ho bisogno di esplicitare anche quello che non è rispetto, cioè i poli di
somiglianza e di contrasto per comprendere i miei costrutti personali, perché ognuno di noi elabora a
proprio modo i costrutti, ad esempio GENTILE- qual è il polo di contrasto per voi? Cattivo, sgarbato,..
ognuno di noi costruisce a modo proprio il costrutto e lo costruisce alla luce delle somiglianze e delle
differenze che ha scorto nella vita. Questa è la capacità che ha l’uomo di astrarre, ha la capacità di cogliere
ciò che è simile e ciò che è dissimile.

Ho un costrutto ben posizionato che io ritengo importante per me, che è quello dell’aver cura dell’altro, il
mio avere cura ha un campo di pertinenza molto ampio; perché in qualche modo io posso prendermi cura
di voi, dell’amica, del marito, ha un focus di pertinenza massima, il mio prendermi cura ha la massima utilità
nel momento in cui io sono in un setting particolare, e conduco un colloquio d’aiuto. Quindi il focus è la
massima utilità dei costrutti, il costrutto può avere un ambito molto ampio.
Per comprendere la personalità dell’altro devo comprendere i costrutti dell’altro e il modo in cui l’altro usa i
costrutti, nel suo ambito di applicabilità e nel suo focus: quindi non incontriamo l’empatia, ma abbiamo
bisogno di conoscere i costrutti dell’altro, di entrare nella struttura di significato, nel modo con cui la
persona interpreta la realtà e l’interpretazione avviene attraverso i costrutti di riferimento.

ALTERNATIVISMO COSTRUTTIVO
All’interno della psicologia dei costrutti personali vige l’alternativismo. Le alternative sono le possibilità e
quindi il cambiamento, ha proprio a che fare con le modalità alternative ugualmente valide per interpretare
la realtà, la mia teoria non è migliore della vostra e la vostra non è migliore della mia se entrambe sono utili
per noi; ci sono modalità ugualmente valide, tutte le possibili interpretazioni possono essere valide e
rivedibili, modificabili, non siamo costretti dalle circostanze, nessuno è vittima della propria autobiografia.
Allora chiediamoci, noi, nella nostra teoria sul mondo, nei nostri costrutti personali siamo imprigionati o
siamo in paradiso e ci permette di sentirci bene ed essere a nostro agio anche con la realtà? Il nostro
sistema di costrutti può essere sia limitante sia darci la libertà di significato.
➔ Determinismo: ma non siamo del tutto liberi perché non possiamo fare una scelta al di fuori dei
nostri punti di riferimento.
➔ Libertà: siamo liberi perché diamo significati agli eventi
Siamo liberi, ma siamo anche limitati, è per questo che fare leva sull’alternativismo costruttivo per il
cambiamento della personalità è fondamentale, perché questo sistema di costrutti ci limita molto e
abbiamo la necessità di rivedere i nostri costrutti mettere mano alle nostre esperienze; abbiamo bisogno di
creare altre parole per dare significato alla realtà, se uso solo bianco e nero è chiaro che mi sento
imprigionata e getto nuova luce all’esperienza e non vedo nuovi colori.

TEORIA PCP
Questa è stata solo un’introduzione per capire che cosa Kelly propone, parla di postulati e corollari: la
teoria di Kelly si declina attraverso un postulato e 11 corollari. Postulato è un’affermazione a priori.
POSTULATO FONDAMENTALE: “I processi di una persona sono psicologicamente canalizzati in funzione dei
modi attraverso i quali essa anticipa gli eventi”
➢ Processi: divenire, motivazione, teoria dinamica, l’attenzione va verso il procedere della persona,
questi processi
➢ Canalizzati: processi che non navigano nel vuoto, ma navigano in reti, sono processi che in qualche
modo sono inseriti in una struttura. Ci da l’idea che esistano delle reti già tracciate e canalizzati in
funzione della modalità attraverso la quale essa anticipa gli eventi
➢ Essa: la persona
➢ Anticipa gli eventi: il fine è l’anticipazione degli eventi, la fine è la predizione. Un altro aspetto
originale di Kelly è la dimensione del futuro: la persona è portata a una dimensione che non è il
presente o il passato, ma si prefigura scenari possibili dettati da questi processi che sono già
canalizzati, che scorrono già nelle vie. Questi processi sono i costrutti.
Ci sono alcuni aspetti che vengono dedotti da questo postulato
1. Corollario della costruzione: nella traduzione italiana parliamo di interpretazione se fossimo fedeli
dovremmo parlare di costruzione della realtà, siamo all’interno della psicologia costruttivista. La
persona anticipa gli eventi, la nostra teoria è buona nel momento in cui riesce ad anticipare il
maggior numero di eventi, ma come si crea questa anticipazione? Costruendone le repliche, io cioè
osservo tra gli eventi di vita qualcosa che si ripete; il mio costrutto sulla gentilezza ha a che fare con
la mia osservazione nella vita di eventi che ho scorto e mi hanno fatto elaborare il mio costrutto
legato alla gentilezza, ho scorto la differenza con altre esperienze personali e quindi il mio costrutto
ha il polo di somiglianza e poli di contrasto.
2. Corollario dell’individualità: base della psicologia delle differenze individuali, c’è qualcosa tra noi
che ci fa simili e nello stesso tempo differenti, non è la realtà che ci fa simile, non è il partecipare
tutti a questa lezione, ma è il significato che noi diamo a questa esperienza, ciò significa che è il
modo con cui costruiamo gli eventi che ci rende differenti, quindi per conoscere la personalità
dell’altro non abbiamo bisogno di sapere le esperienze che ha fatto nella vita, ma il significato che
ha dato alle esperienze di vita, abbiamo bisogno di conoscere quei canali attraverso i quali scorrono
i processi psicologici dell’altro.
3. Corollario dell’organizzazione: non abbiamo a che fare con solo i costrutti, ma con un insieme di
costrutti (costrutto è un atto di conoscenza che ci permette di rendere la realtà intellegibile) esiste
un sistema di costrutti che è rappresentato da alcuni elementi, all’interno di questo sistema
l’incompatibilità è ridotta al minimo, ciò significa che ognuno di noi ha sviluppato costrutti, alcuni
superordinati e altri subordinati, alcuni sono nucleari e altri periferici. Abbiamo una grande
organizzazione: abbiamo una rete di tracciati all’interno della quale ci sono relazioni ordinali tra i
vari costrutti. Nel mio sistema di costrutti ci saranno costrutti nucleari (qualcosa di fondante nella
nostra vita), e periferici (facilmente modificabili). Nel mio sistema di costrutti non posso facilmente
modificare quello nucleare, ma è più facile modificare la periferia dei miei costrutti: ho l’idea del
lavoro in sé, questo significato che do del lavoro oggi è fondante, superordinato, posso modificare
più facilmente l’idea che io ho del mio lavoro e quindi l’idea che ho io del mio lavoro è subordinato
all’idea del lavoro in sé: più facile modificare i costrutti subordinati, senza intaccare le relazioni con
quelli superordinati, ha a che fare con il sé. i nucleari sono quelli più resistenti e più difficili da
rivedere. Quindi esiste una relazione all’interno dei costrutti, chiamasi sistema costruttivo.
4. Corollario della dicotomia: ci sono 2 possibilità, il sistema dei costrutti di una persona è composto
da un numero finito di costrutti dicotomici, sono i due poli che abbiamo visto: da una parte il polo
di somiglianza e dall’altro il polo di contrasto. Necessariamente i costrutti devono avere entrambi i
poli, esempio tutti qui sono bravi, la rete in cui mi sto muovendo è legata al costrutto essere bravi,
ma non mi dice niente perché ho solo un polo esplicitato che è il polo della somiglianza, ho bisogno
di fare emergere il polo negativo, la dicotomia è la rete tracciata all’interno del quale scorre il mio
processo in questo momento. Tutti è un’espressione inesatta, perché per avere un costrutto non è
possibile valutarlo solo su un polo positivo, perché dobbiamo fare emergere anche un polo
negativo.
5. Corollario della scelta: ci muoviamo in questa rete già tracciata, possiamo scegliere attraverso la
rete e i due poli, all’interno del costrutto scegliamo per sé, ognuno sceglie per sé, la libertà di
scelta, a modo suo l’alternativa attraverso la quale riesce a prevedere le maggiori opportunità per
l’estensione e definizione del suo sistema. Ognuno ha la sua teoria, abbiamo però bisogno di
estenderla e convalidare la nostra teoria, non possiamo rimanere attaccati alla teoria di 10 anni fa,
perché altrimenti significa non avere dato significato alla nostra esperienza, dare significato
significa estendere il proprio sistema: convalidare, rendere più specifico, arricchirsi di un nuovo
significato. La nostra teoria per certi aspetti è stata modificata ed estesa al punto che mi permette
di prevedere i diversi fenomeni. Definizione del sistema significa rendere più accurato, capacità di
differenziare i fenomeni, ad esempio se io ho davanti un piatto ricco di alimenti di cui non conosco
nemmeno il nome, posso avere capacità di differenzazione? Sapere dare nome agli odori e alle cose
che sto assaggiando può rendermi capace di una migliore accuratezza? Il musicista nella musica
sente la melodia e da significato diverso rispetto una persona che non ha una preparazione
musicale.
6. Corollario dell’esperienza: il sistema varia e viene modificato, abbiamo detto che un buon
scienziato deve abbandonare la teoria se è sbagliata, deve riconoscere i punti deboli, quindi deve
variare a seconda del modo con cui lui costruisce la replica, e quindi torniamo all’interno
dell’esperienza e significato che diamo all’esperienza
7. Corollario della modulazione: le variazioni del sistema sono limitate dalla permeabilità dei miei
costrutti. Alcuni costrutti sono permeabili altri impermeabili, la permeabilità mi permette di
ammettere elementi nuovi, è un costrutto che mi permette di accedere ad una nuova significazione
della realtà; se è impermeabile sarò rigidamente inserita all’interno del mio costrutto e gli elementi
nuovi non verranno assimilati, la rigidità del sistema nasce anche dal fatto che ci sono molti
elementi che sono impermeabili. Le variazioni del sistema costruttivo, secondo Kelly sono limitate
dalla permeabilità dei costrutti.
8. Corollario della comunalità: le persone sono diverse dalle altre per il modo con cui interpreta la
realtà, ma potremmo trovare anche persone simili, nella misura in cui costruiamo l’esperienza in
modo simile a come l’altro costruisce l’esperienza, il modo con cui costruiamo l’esperienza è ciò che
ci fa simile e ci rende originali e unici.

Kelly ha elaborato la REP test: per elicitare i costrutti personali, necessitiamo di griglie, strumento per
potere elicitare i costrutti personali, non tutti hanno la consapevolezza dei propri costrutti, di quei canali
attraverso cui passano questi processi.
Quello che voi farete emergere vi rappresenta, avrò bisogno di 3 elementi per potere elicitare i costrutti
due dei quali sono simili e diversi dalla terza, per fare questo Kelly utilizza i costrutti di ruolo: alcune
persone che nella nostra vita rappresentano un ruolo e vi chiederò di queste 3 persone per quali aspetti
due sono simili e diverse dalla terza. Esempio Zia Olga è avara, Kelly dice che “non si può chiamare bastarda
una persona, senza fare della condizione di bastardo anche una dimensione della propria vita” quindi non
importa che zia Olga sia o no avara, è importante cercare di comprendere che essere bastardo o essere
avaro è una rete all’interno della quale scorre il mio processo.
- Identificare le figure rilevanti per voi
- Poi si andrà a chiedere le caratteristiche di somiglianza e contrasto
- Non usare costrutti eccessivamente permeabili (essere donne) e eccessivamente impermeabili
perché è poco significativo.
- Non ripetere i nomi all’interno della categoria, mantenere gli stessi numeri che ci sono scritti.
- Poi vi indico dei numeri e voi andate a recuperare i nomi relativi che avete segnato, andate a
considerare le persone: per qualche aspetto due delle persone che avete identificato sono simili tra
di loro e nello stesso tempo sono diverse dal terzo. Pensate qual è l’aspetto per cui due di loro sono
simili e diverse dalla terza e cominciate ad elicitare il costrutto (elemento di somiglianza tra le due)
e il contrasto (elemento che le differenzia dalla terza). La differenza non è logica, ma psicologica
non è che io metto sono gentili e sono sgarbati, questa è una differenza logica, ma a noi serve
quella psicologica, perché io ho visto che ciò che non è gentilezza è freddo o maleducato è il modo
con cui io vedo che l’altra persona è dissimile (io e mia madre siamo simili per l’aspetto
dell’apprendimento, e allo stesso tempo siamo dissimili da mio padre per l’aspetto pratico).
Il test da queste informazioni, ovvero poli emergenti e poli impliciti o polo negativo differente, le griglie
permettono di organizzare le relazioni ordinali che si formano nel sistema dei costrutti. Il test è complesso e
molto lungo, questo è un punto di partenza per potere verificare il sistema dei costrutti. Kelly scrive che noi
ci attendiamo che il soggetto facendo il test rilevi quei canali in cui scorrono le sue esperienze, questo è
quello che doveva emergere dall’esperienza, i costrutti di riferimento che sono stati elicitati sono quei
costrutti grazie ai quali date significato alla realtà; per cui non è interessante sapere se l’insegnante che vi
piace è proprio così, ma è interessante sapere che il costrutto che avete utilizzato sollecitato
dall’insegnante che vi piace è il vostro costrutto e il vostro processo, è la vostra lente con cui guardate la
realtà. Assumiamo che i costrutti che esprimiamo verbalmente sono quelli applicati in situazioni
interpersonali, alla gente con cui io non ho mai avuto fino a quel momento a che fare: sono costrutti che
noi utilizziamo a livello interpersonale.
Cosa potremmo vedere dalla REP test? Potremmo vedere se il sistema cognitivo è semplice o complesso,
oppure potremmo andare a vedere la forma dei costrutti o anche il contenuto dei costrutti. Il sistema si
differenzia da altri per forma e contenuto. Kelly ritiene che la REP sia un ottimo strumento per potere fare
emergere il contenuto dei costrutti; Bieri sostiene invece che possa essere interessante andare a verificare
se il sistema di costrutti che possiedo è semplice o complesso. Voi potete ben capire che il sistema
complesso essendo molto ampio, mi da più possibilità di dare nuovi significati alla realtà; se io possiedo un
sistema cognitivo semplice, ovvero se io possiedo una rete molto semplice di tracciati e mi muovo sempre
all’interno della stessa rete è chiaro che il mio sistema mi permette una limitata differenziazione della
percezione dei fenomeni. Interessante perché potremmo andare a vedere genitori con un sistema cognitivo
complesso, se sono in grado di potere influenzare in qualche modo il sistema cognitivo dei figli.

10/11/16
PROCESSO DI PERSONALITÀ
Che motivazione ha una persona per George Kelly? Non necessita di avvalersi di nessuna teoria
motivazionale, non c’è bisogno di postulare la motivazione nella vita delle persone, perché le persone sono
i processi: noi siamo i nostri costrutti e i costrutti sono processi in movimento e dinamici, per cui
l’organismo è consegnato subito al mondo psicologico vivo e battagliero: nel momento in cui affrontiamo la
vita diamo senso alle cose, costruiamo i nostri costrutti. Siamo in nostri processi, cogliamo fin da piccoli la
regolarità del mondo per darne un senso, attraverso un criterio di somiglianza e differenza. Alla luce di
questo e alla luce del postulato di Kelly non esistono motivazioni pull e non esistono motivazioni push:
siamo lontani da quella tendenza attualizzante di stampo rogersiano perché la persona è un continuo
processo e un continuo tentativo di costruire la vita stessa.
All’interno di costruzione del processo di personalità incontriamo degli stati che Kelly definisce di
transizione → hanno a che fare con le emozioni: ANSIA, OSTILITÀ, MINACCIA e PAURA.
Emozioni sono una risposta particolarmente intensa ad uno stimolo, di breve durata che ha delle
ripercussioni a livello fisiologico, di particolari esperienze. Siamo molto lontani con Kelly da questo
significato, perché per lui ha a che fare con uno stato di cambiamento dei costrutti personali. Transizione da
in effetti l’idea di passaggio e cambiamento: l’emozione è la spia della necessità di rivedere il nostro sistema
dei costrutti. Ciò significa che il nostro sistema va ampliato e rivisto perché non è più utile e ha dato prova
ad una serie di fallimenti e ha dato modo di mettere mano al proprio sistema dei costrutti. Le emozioni
sono quindi positive e significative di un cambiamento
a. ANSIA
È la consapevolezza che gli eventi che ci stanno di fronte giacciono per lo più al di fuori del campo di
pertinenza del nostro sistema di costrutti. Ciò significa che in questo momento il nostro sistema dei costrutti
non è in grado di dare senso a quella realtà, siamo in ansia quando non è più prevedibile il nostro sistema di
costrutti, non è più in grado di anticipare la realtà, quando gli eventi cadono al di fuori del nostro campo di
pertinenza del nostro costrutto di riferimento. Ad esempio: dopo 40 anni mi trasferisco in Oriente, quali
ripercussioni potrebbe avere questo per un sistema dei costrutti che è nato e si è costruito e rivisto
all’interno di un contesto culturale occidentale. Ho bisogno di rivedere ancora il mio sistema di costrutti:
l’ansia ha a che fare con il mio sistema di costrutti in cambiamento. Dagli stati di transizione abbiamo a che
fare con diagnosi che li definisce transitiva, cioè di passaggio, il sistema va reso più funzionale alla vita.
b. OSTILITÀ
È lo sforzo continuo di estorcere prove e validazioni a favore di un tipo di previsione sociale di cui è già stato
riconosciuto il fallimento. La persona persevera nell’estorcere prove e validazioni a favore di un costrutto
fallimentare, di una previsione sociale di cui sappiamo già che la previsione porta al fallimento. Esempio:
penso di te che tu sia una persona con determinate caratteristiche, per cui pensando di te questo anticipo
anche il tuo comportamento, sono ostile nel momento in cui sono di fronte a una realtà, ad una serie di
comportamenti, che non va a confermare quello che io penso di te. Quindi vuol dire che vado alla ricerca
nella realtà di dati che vanno a comprovare che quello che io penso è vero, è un po’ come dire che l’ostilità
per Kelly è quel meccanismo che farà si che tu sia quello che io voglio che tu sia: per me tu sei così, ho delle
prove fallimentari, non le registro e continuo a perseverare utilizzando costrutti che sono di per sé
fallimentari, voglio estorcere dati a favore di quello che io penso. Alla lunga questo sistema di costrutti è
destinato al fallimento completo perché lo stato di ostilità non può essere continuativo. Ciò significa che
anche l’ostilità mi permette di mettere mano a quei costrutti di riferimento, a quella modalità con cui io
interpreto quella realtà.
c. MINACCIA e PAURA: si possono mettere insieme perché apparentemente si, anche se dalla
definizione si nota una grande differenza.
Mi sento minacciata quando sono consapevole di un imminente e ampio cambiamento nelle strutture
nucleari (hanno a che fare con la nostra identità, con la definizione di ciò che siamo, le strutture nucleari
hanno a che fare con la struttura del sé, anche se Kelly non parla del Sé come un’entità, ma ha anche fare
con qualcosa su cui radico la mia vita). Le strutture nucleari devono essere cambiate ed ho la
consapevolezza, ed è un evento ampio. Mentre nella paura la consapevolezza è sempre imminente, ma è
una paura circoscritta ad un evento. Quindi possiamo vedere l’intensità emotiva che differenzia la paura
dalla minaccia: uno ampio e immanente cambiamento, l’altro è un cambiamento circoscritto alle strutture
nucleari, a ciò che è fondante la mia vita. Esempio: secondo Kelly la minaccia potrebbe nascere da un
evento di vita che irrompe improvvisamente, per cui il mio sistema di costrutti non è più valido e non può
più tenere presente questo aspetto della vita, ad esempio la morte di qualcuno. Solo se la morte potrebbe
essere quell’evento di cui non dispongo il costrutto, potrebbe rendermi consapevole che devo cambiare il
mio sistema di costrutti, a meno che qualcuno non abbia già, nei processi psicologici con cui interpreta la
vita dato senso alla morte. La minaccia è imminente e molto più ampia e va a mettere mano in modo più
ampio ai miei costrutti nucleari, mentre la paura è circoscritta a un evento: la vita e la morte sono
dimensioni molto più ampie rispetto ad un evento che non riesco ad interpretare.
Il processo di personalità implica anche questi stati di transizione e le emozioni così come sono state
interpretate nella teoria dei costrutti sono significativi e interpretativi della necessità del cambiamento
della personalità.

CRESCITA E SVILUPPO
Immaginiamo di trovare una giustificazione sulla crescita dei nostri sistemi di costrutti, ciò significa che se
andiamo a vedere il bambino piccolo dovremmo giustificare la crescita e sviluppo della personalità secondo
il sistema dei costrutti. nel processo di personalità dicevamo che non avevamo bisogno di teorie di
personalità perché l’organismo è consegnato al mondo già battagliero. Pensate al bambino che nella fase
preriflessiva e preverbale è già in grado di osservare l’ambiente ed è in grado di capire le azioni buone che
portano la mamma felice e quelle non buone in cui la mamma si arrabbia. Il bambino è già un processo di
per sé e attraverso la capacità di astrarre è in grado di categorizzare il mondo della famiglia. Kelly non
userebbe il termine categorizzare (cognitivisti) ma direbbe che è in grado ci costruire la sua realtà, il piccolo
è in grado di dare senso a quegli eventi in modo molto semplice e poco riflessivo, alla luce di ciò che
osserva.
[Con l’aumentare dell’età aumenta anche di per sé l’esperienza; ma non è l’esperienza, il significato
dell’esperienza ha un suo significato all’interno dell’epistemologia costruttivista non è detto che aumenti
l’esperienza anche il sistema dei costrutti sempre più articolato e complesso → non sempre all’aumentare
dell’età aumenta l’esperienza e aumenta la capacità di previsione dei sistemi dei costrutti] questo dipende
dal significato che noi diamo all’esperienza, il senso che io do. Non è la realtà, ma l’interpretazione della
realtà ed è per questo che due persone che fanno lo stesso percorso potrebbero essere completamente
diverse, perché diversi sono i significati che hanno attribuito al medesimo percorso, e quindi Kelly scrive:
attenzione che quello che conta è l’apprendimento, che costituisce l’esperienza, che significato do, in che
modo opero in me dei cambiamenti e alla luce degli stimoli dell’esperienza.

Quindi all’interno della crescita e sviluppo della personalità abbiamo a che fare con:
Costrutti preverbali: quei costrutti che il bambino usa prima dello sviluppo del linguaggio, ad esempio
costrutto diffuso è quello sto bene/sto male, sorrido perché sto bene, piango perché sto male;
sazio/affamato; sicuro/pericoloso.
Il sistema dei costrutti nell’infanzia è molto semplice ed è auspicabile che con l’età questo sistema dei
costrutti diventi più complessi. Nei costrutti preverbali potremmo avere anche costrutti inconsci, che non
hanno nome: non do un nome, non ho consapevolezza. Aspetto che c’è in Kelly anche se non è ben
strutturato. Ci sono anche costrutti culturali, esempio del trasferimento da Occidente a Oriente: potremmo
essere accomunati da costrutti simili noi che abitiamo nello stesso ambiente, oggi potremmo dire quanta
fatica facciamo a confrontarci con costrutti culturali diversi dai nostri.
Andiamo a sottolineare come lo sviluppo dell’età nel tempo va a sottoporre continuamente il io sistema di
costrutti ad un sistema di validazione: crescendo io continuamente sottopongo il mio sistema di costrutti ad
una verifica. Siamo tutti scienziati e abbiamo tutti una nostra teoria su come funziona il mondo, il tempo ha
messo a prova il nostro sistema di costrutti e la nostra teoria, ed è fallimentare mantenere una teoria a
fronte di una serie di fallimenti. Kelly dice che è da buon scienziato sostituire una teoria che non è più
validata dalla realtà: quando il mio sistema di costrutti non da più anticipazioni e non è più utile è da
cambiare. Jung direbbe che ci sono vecchi principi di coscienza che vanno lasciati e non sono più utili oggi, è
inutile perseverare ed estorcere prove quando quel sistema dei costrutti si è già dimostrato fallimentare;
quindi è il caso di ampliare e rivedere: “la successione degli eventi nel tempo sottopone il mio sistema di
costruzione”.

PSICOPATOLOGIA
È facile comprendere che a livello psicologico abbiamo a che fare con un sistema di costrutti disturbato, il
sistema è disturbato quando non è più in grado di interpretare la realtà e dargli un senso, e le mie
anticipazioni sulla realtà sono fallimentari. A livello psicopatologico continuiamo a persistere nell’utilizzare
quei costrutti che sono fallimentari e sono già stati invalidati; perseveriamo perché è difficile cambiare e ci
inquieta e quindi tenacemente continuiamo a perseverare e spesso facciamo gli stessi errori alla luce dei
costrutti che hanno già dimostrato di non possono essere validati dalla realtà. Ho bisogno altri strumenti e
un’altra modalità di interpretare la realtà. Andiamo allora a vedere che cosa rappresenta un sistema di
costrutti disturbato: secondo Kelly ha a che fare con una difficoltà di applicare dei costrutti a nuovi eventi,
nella mia vita ho a che fare con eventi e i miei costrutti o sono eccessivamente permeabili o eccessivamente
impermeabili, quindi gli eventi non hanno un senso . inoltre un sistema di costrutti è disturbato quando
usiamo i costrutti non in modo corretto e funzionale alla mia realtà, nella modalità di utilizzo dei costrutti
posso incontrare costrutti troppo ristretti o troppo allentati, e ancora la terza modali si costrutti disturbati è
l’organizzazione complessiva del sistema, per cui APPLICAZIONE UTILIZZO e ORGANIZZAZIONE. Abbiamo
queste possibilità che rappresentano un disturbo: il sistema potrebbe essere troppo contratto o troppo
dilatato, significa che gli eventi non sono differenziati nella realtà, e quindi vi è la necessità di modificare il
mio sistema dei costrutti. come avviene la modificazione del mio sistema di costrutti nel momento in cui c’è
la necessità della revisione?
Esempio della vicina di casa che ci impedisce di dormire a causa dei suoi rumori, musica,… e noi non
possiamo fare niente per impedire che succeda, abbiamo una sorta di paralisi del sistema di costrutti, lei
pensa che è inutile che glielo dica perché mi prendono in giro e altro. Di fronte a questa realtà abbiamo un
sistema rigido che non permette altre valutazioni, per cui questa persona, alla luce di un sistema così rigido,
si impedisce di potere agire nella realtà, perché l’anticipazione è che tanto non la capiranno mai, anche se
ci va a parlare: processi canalizzati in vista dell’anticipazione degli eventi, anticipo la realtà e pertanto non
faccio nulla. La rete su cui corrono questi processi sono insensibili e menefreghisti: siccome i miei vicini
sono insensibili e menefreghisti, io continuo a lamentarmi e sopportare in malo modo questa situazione.
Questa persona per potere agire nella realtà avrà bisogno di nuovi costrutti, e per avere nuovi costrutti
dovrò agire, perché le sue ipotesi siano verificate, perché le sue ipotesi solo una volta nella realtà
diventano teorie e quindi avremo bisogno di mettere questa persona nella condizione di agire.
Il cambiamento avviene in questo modo, l’azione avviene in questo modo: intanto dobbiamo ricostruire il
sistema dei costrutti, il cliente (o paziente) deve sperimentare costruzioni alternative a quella che ha creato
il disturbo: nel cambiamento di personalità, in vista di un processo di costruzione, la persona deve
sperimentare costruzioni alternative, la bontà di nuove ipotesi e quindi andiamo a vedere in che modo
avviene tutto, tenendo presente che in questo setting particolare il terapeuta è il supervisore e il paziente è
uno studente ricercatore. Il terapeuta è l’esperto nei problemi di metodo, in grado di indicare i passi che lo
studente può compiere per testare nuove ipotesi: il supervisore ha bisogno dello studente ricercatore che è
in difficoltà per tutta una serie di cose che ci siamo già detti, ad esempio rimane impigliato nella rete delle
medesime ipotesi e continua a mettere in gioco i medesimi costrutti fallimentari, per cui è bloccato il suo
sistema. Tutto questo avviene attraverso un laboratorio: Kelly insegna tecniche teatrali, che è un ambiente
protettivo, di una presenza di sperimentazione, di offrire nuovi elementi e di rendere disponibili dati di
convalida: sarà il supervisore a realizzare queste possibilità cioè di dare la possibilità alla persona di
sperimentare nuovi costrutti, nuovi significati da dare alla realtà. → tecnica dell’autocaratterizzazione.
Tracciate un breve profilo di voi come se questa descrizione fosse fatta da un caro amico che vi conosce
molto bene, quindi scrivere in terza persona e narratevi:
[Chiara è una persona simpatica e molto socievole con cui si può parlare di tutto]
L’immagine che avete dato di voi qual è? Per Kelly l’immagine e la realtà sono la stessa cosa, ciò che voi
avete raccontato di voi in queste breve righe è ciò che per voi è importante e significativo e già è un modo
di identificare i vostri costrutti relativi a ciò che voi siete. Su che cosa vi siete concentrati? I costrutti
fondamentali con cui voi descrivete voi stessi. Si intravede anche ciò che io vorrei cambiare di me, ci
potrebbero essere elementi che vi fanno dire dove state andando, non è la verità oggettiva, ma esiste la
verità narrata: Kelly è interessato a come le persone si presentano e questo è estremamente
fenomenologico, la vostra realtà, per voi quelle parole hanno più senso di altre, e questo ha a che fare con i
vostri costrutti profondi.

TERAPIA DEL RUOLO STABILITO


Kelly scrive che una persona è ciò che fa, bisogna mettere la persona nelle condizioni di agire, e quindi in
questa terapia sollecitiamo il paziente ad assumere nuovi punti di vista.
➢ Andiamo a vedere quando un individuo cambia il proprio nome. Cosa capiterebbe a cambiare il
nome? Ci sarebbero implicazioni nel mio modo di pensare e di agire. La terapia incoraggia le
persone a rappresentare se stessi in modo nuovo, a comportarsi in modo nuovo, a costruire in
modo nuovo e diventare una persona nuova. Il nuovo che viene ripetuto ha a che fare con una
nuova modalità di rappresentarsi, non sono più io, sono qualcun altro.
MORENO: ha a che fare con la tecnica della drammaterapia, quindi andiamo a vedere cosa succede a teatro
quando una persona recita un ruolo diverso da quello che è nella realtà. Kelly racconta che in questo
gruppo di studenti c’era uno con delle grosse problematiche, mette in scena una parte in cui lo studente
problematico recita il guerriero austriaco durante la guerra, scopre che alcune persone sono in grado da
esprimersi in qualche ruolo,…: questo ragazzo vestendo i panni di un soldato austriaco sia riuscito ad
esprimersi con una tale veemenza da non essere comprensibile se non per il fatto che andiamo a mettere in
gioco altre parte di noi.
In questa terapia le persone non si esprimono completamente, perché è un gioco di ruoli: fai finta di essere
qualcun altro per oggi. Quel “fai finta” è molto protettivo, perché non sono io, posso sperimentare un
modo nuovo di agire e comportarmi e di sentire e quindi agisco.
Esempio Kelly presenta una persona che si lamenta ripetutamente ed è terrorizzata di non amare suo
marito: ipotizziamo. Lei ha la rigidità dei costrutti, non si permette nemmeno di pensare al fatto che non
ama suo marito. Nella terapia del ruolo stabilito chiediamo, se tu non amassi tua moglie o tuo marito, cosa
faresti? Se fosse davvero questa la realtà? “si immagini che per qualche minuto lei non ami più suo marito e
che non ci sia nessun dubbio in merito, cosa penserebbe? Cosa farebbe oggi?”Andiamo ad esplorare delle
anticipazioni possibili alla luce di nuovo costrutti che stiamo inserendo: partiamo dal suo terrore e dubbio e
andiamo a vedere la possibilità che questo sia proprio la realtà, e potremmo mettere la persona nella
condizione che non sarebbe poi così terribile, oppure potremmo mettere la persona nella concezione che
ami proprio suo marito, alla luce del significato che da a questa nuova esperienza.
Come avviene la terapia del ruolo stabilito: Kelly si avvale di una serie di team che lavora per raccogliere
informazioni sui costrutti delle persone. Usa il Q-SORT per andare a cercare un’impronta fenomenologica
per avere informazioni sulla persona, l’autocaratterizzazione che vi ho proposto, la griglia di repertorio, il
REP TEST per andare ad elicitare i costrutti, il colloquio clinico. Questi sono gli strumenti attraverso i quali
Kelly raccoglie info sulla persona e solo formula il copione: inizia la recita per cui vestiamo i panni di
qualcun altro, è un copione di un nuovo personaggio, che non sarà tanto lontano dalla persona, sarà per
certi aspetti diverso, ma plausibile agli occhi del cliente. Quindi alla luce di quello che è stato raccolto e
tutte le info su di sé, una volta colto l’elemento disturbante all’interno dei costrutti vado a creare il copione.
Il copione va poi messo in scena, all’interno dello studio-laboratorio, quindi tutta una serie di role-playing
sotto il supervisore, e dopodiché la persona con il suo copione dovrà sperimentare la bontà del nuovo
copione in famiglia o con gli amici.
Si consiglia di utilizzare e mettere in scena il copione almeno per due settimane, perché abbiamo bisogno di
dati su cui riflettere, cioè facciamo esperienza e diamo significato all’esperienza, andiamo a vedere le
conseguenze pratiche del nuovo personaggio che tu incarni in questo momento: si chiede alla persona di
leggerlo il copione almeno 3 volte al giorno, role playing durante le sedute e lo scopo è quello di fare
sperimentare al paziente costrutti diversi dai suoi, e soprattutto le reazioni che i suoi nuovi comportamenti
ottengono da parte delle persone con cui è in relazione. Potremmo scoprire cose nuove nel momento in cui
mettiamo in atto comportamenti nuovi: si cerca di liberare il paziente dalle catene semantiche con cui si è
incatenato da solo, restare ciò che si è non è né interessante né molto eccitante. Per cui la terapia del ruolo
stabilito ruota intorno al nuovo comportamento, alla luce della validazione delle ipotesi andremo a
convalidare nuove teorie di riferimento.
I pazienti sottoposti alla teoria del ruolo stabilito riportano a Kelly: “mi sento come se fossi così realmente”.
Ultima frase da il senso che la persona non ha sentito una minaccia per il sé: la persona si è permessa di
sperimentare nuovi modi di pensare sentire perché sapeva che stava recitando; è funzionale la recita
perché è protettiva, perché il cambiamento è inquietante e la persona che sta recitando lo fa in modo più
spontaneo; abbiamo a che fare con un livello molto basso di meccanismi di difesa che potrebbero essere
messi in atto dalla persona nel momento in cui intravede un cambiamento importante.

KELLY SCRIVE: IL CLIENTE NON VA DAL TERAPEUTA PER VEDERLO SINCERO, MA PER RICEVERE AIUTO.
Questo giustifica il fatto che per Kelly l’agire sia fondamentale, ritiene che non sia così fondamentale
l’empatia, ma dobbiamo conoscere i processi psicologici dell’altra persona e individuare le problematiche
del sistema dei costrutti disturbato e mettere la persona nelle condizioni di agire in modo diverso: questa è
la terapia del ruolo stabilito.

Quali sono le affinità con Rogers e quali le divergenze?

TEORIE DEI TRATTI


Andremo a vedere cosa sia un tratto, che funzionalità ha questo costrutto dei tratti, come vengono
individuati, per cui quali sono gli strumenti e dovremo riflettere sulle implicazioni sulla base della
concettualizzazione della persona in base a questi tratti.
Allport, Cattel e Eysenck con i loro modelli di personalità e sono modelli che ancora oggi esercitano un loro
interesse per la psicologia della personalità contemporanea. Vedremo come Cattel anche oggi è utilizzato
nel mondo della selezione del personale.
EYSENCK
Capitolo che prende le distanze dalla visione fenomenologica esistenziale di Rogers, dalla visione della
terapia cognitivista di Kelly e abbiamo a che fare con l’interesse per quella che è la scienza.
Scienza della personalità è possibile? Noi necessitiamo di misure scientifiche e oggettive, una visione
scientifica della personalità → interesse verso l’approccio scientifico. Obiettivo condiviso e rappresentativo
di Cuttel e Eysenck e anche in seguito dal modello dei Big Five, che appartengono all’approccio ai tratti.
Obiettivo è che se vogliamo costruire una scienza della personalità dobbiamo costruire una tassonomia:
sistema di classificazione della personalità. Ciò significa che i tratti sono necessari per:
1. Descrivere la personalità
2. Spiegare la personalità
3. Prevedere i comportamenti alla luce dei tratti di personalità (tipico della scienza).
Non ci accontentiamo di descrivere la personalità, ma vogliamo trovare il motivo per cui quella persona
sente in quel modo, si comporta in quel modo, il compito della scienza della personalità deve essere in
grado di prevedere il comportamento.
Se l’obiettivo è descrivere, spiegare e prevedere il tratto di personalità cominciamo subito a delineare il
rapporto tra comportamento e tratto.
Esempio, descrivo il mio amico/a con degli aggettivi “il mio amico è simpatico”, per potere affermare
questo devo avere messo in atto un processo: classifico il suo comportamento alla luce di ciò che osservo, e
ho potuto affermare perché è mediamente simpatico alla luce delle mie esperienze con persone che sono
più o meno simpatiche. Quindi quello che io vedo di lui e mi fa dire che è simpatico è una serie di
comportamenti (sorride, fa battute, ha piacere a stare con gli altri,…). Il comportamento svela il tratto, è
rappresentativo della personalità, secondo gli psicologi di questo approccio i tratti determinano il
comportamento, e il comportamento non risente della situazione esterna, ma è semplicemente lo
svelamento del tratto: sono aggressiva, ma la mia aggressività qualcuno sostiene che è dovuta al fatto che
sono cresciuta in un ambiente aggressivo; i nostri autori sostengono che la mia aggressività è determinata
dal tratto, sono aggressiva perché ho un tratto di personalità che si esprime in un comportamento
aggressivo. Quindi la relazione tra tratto e comportamento è rappresentativa e funzionale all’idea di
spiegare e prevedere il comportamento, uso i tratti per descrivere la personalità. Potrei fermarmi qui,
Allport si ferma qui, Eysenck e Cattel usano i tratti per spiegare la personalità: sono aggressiva perché ho
quel tratto, oppure ho quella predisposizione a comportarmi in un determinato modo. Se il tratto ha potere
causale sul mio comportamento io sono in grado di prevedere il comportamento dell’altro; se somministro
un test e andiamo a vedere la puntualità che è una caratteristica della coscienziosità come tratto, alla luce
del maggiore livello che alcuni di voi raggiungono in merito al comportamento della puntualità, io sono in
grado di prevedere quanti di voi la prossima volta arriveranno in anticipo o in ritardo. Quindi descrizione,
spiegazione e previsione alla luce del rapporto comportamento tratto.
Quando parlo di tratto parlo di una dimensione interna che ha radici e si fonda su un aspetto
neurobiologico.

TRATTO
Definizione manuale: sono disposizioni psicologiche, è una predisposizione a livello psicologico che
determina forme coerenti nel modo di comportarmi, di pensare e sentire → il presupposto è che esiste nel
comportamento una certa coerenza e stabilità, ciò significa che non potete comprendere i teorici dei tratti
se non prendete come presupposto che i comportamenti sono stabili nel tempo e nello spazio, quindi se io
sono ansiosa, lo sono con voi, con gli amici e in famiglia. → coerenza transituazionale, ovvero il mio modo
di comportarmi sentire e stare è pressoché stabile in ambienti differenti; c’è una stabilità longitudinale,
sono in ansia, quindi il mio tratto è l’ansia, ma oggi lo sono così come lo ero ieri, un anno fa e 10 anni fa.
Quindi la stabilità e la coerenza è un presupposto per definire un tratto, il tratto determina forme coerenti
del mio modo di comportarmi, di pensare e sentire. Presupposto che è condiviso da tutti e 3 i teorici
- Allport: tratto è una tendenza, che vuol dire che in certe situazioni potrei non sentire l’ansia ma
nulla toglie che in realtà sono così, quindi c’è una tendenza che determinante, generalizzata e
anche generalizzata e questo fa di Allport un teorico che si discosta molto dall’impostazione di
Cattel e Eysenk. Ritiene che ci siano modi coerenti e stabili dell’adattamento dell’individuo
all’ambiente.
- Eysenck: i tratti sono pressoché stabili, caratterizzate da consistenza e la ripetuta messa in atto di
determinate azioni che indica una certa regolarità nel comportamento e nel mio modo di pensare,
sentire e comportarmi.
- MacCrae e Costa: modello dei Big 5, sostengono il costrutto dei tratti e la concettualizzazione; sono
tendenze suscettibili alla variazione nei diversi individui, presuppongono anche che io mi comporti
in maniera diversa, tuttavia il mio comportamento è pressoché stabile, le mie configurazioni
sentimenti e azioni sono pressoché stabili nel tempo e nello spazio.

DIFFERENZA TRA TRATTI STATI E ATTIVITÀ


Allport, 1938 è il padre della psicologia della personalità. Lui si chiede se la sua ansia sia un tratto o uno
stato di ansia? Differenza tra tratto, stato e attività. Allport ci porta una serie di esempi di gentilezza,
prepotenza, stabile nel tempo e nello spazio: le persone si descrivono con degli aggettivi. Questi aggettivi
sono tratti nel momento in cui sono pressoché stabili nel tempo e nello spazio, nel momento in cui la mia
gentilezza è contestualizzata, per cui solo ora sono gentile con voi ma di solito non lo sono, allora la mia
gentilezza non è un tratto della mia personalità, ma è uno stato e quindi è relativo nel tempo ed è
contestualizzato, mentre il tratto è un carattere generalizzato. Eccitazione, infatuazione sono
contestualizzate, non sono costanti, anche l’ansia potrebbe essere uno stato e non un tratto. Potrebbero
esserci situazioni che sollecitano un determinato tratto, polemica di Michel del 68 che comincia a demolire
la teoria dei tratti, cioè dire che un tratto potrebbe ripetersi in certe situazioni che nella vita incorrono
frequentemente, ma questo non appartiene ai nostri teorici dei tratti, loro ritengono che non è la
situazione che elicita il tratto, ma è il tratto che provoca quel comportamento. → il comportamento svela la
nostra personalità, perché la nostra personalità è costituita da tratti. Il tratto non è un atteggiamento,
anche se potrebbe essere simile, l’atteggiamento inoltre è sempre nei confronti di… cioè ha sempre a che
fare con un oggetto, il tratto invece non risente dell’oggetto a cui si riferisce.
Come faccio ad individuare se la mia ansia è uno stato, un disturbo o un tratto? Se vi disturba la vita vi
compromette aree di funzionamento., quindi è un disturbo. È una risposta ad una specifica situazione? Se si
è uno stato. È transitorio o permanete? Provoca una compromissione significativa? Se si è un disturbo. Se è
generalizzata è un tratto. Se voi andate a vedere il DSM V, definizione è permanente e provoca una
compromissione significativa in qualche area, in quale area? Degli affetti? Lavorativa? Ci sono aree in cui
non siamo più in grado di condurre una vita perché l’ansia disturba lo svolgimento.
VALIDITÀ EMPIRICA DEI TRATTI
Criteri grazie ai quali i nostri autori hanno costruito una teoria scientifica dei tratti:
1. Consistenza cross situazionale: vado a individuare un comportamento che si ripete in situazioni
diverse cioè al di là delle situazioni, il mio comportamento non dipende dalle situazioni (balbetto,
arrossisco e sudo sia ad una festa sia con i colleghi).
2. Concordanza auto-etero nelle valutazioni: vi somministro un questionario di personalità e poi vado
a coinvolgere i vostri amici e la vostra famiglia, vado a vedere che tipo di concordanza esiste con la
valutazione che fanno di voi i vostri amici e famigliari → i nostri autori nelle ricerche hanno trovato
una buona concordanza tra autovalutazione e eterovalutazione, ciò significa che le persone
riconoscono generalmente i tratti che fondano la loro personalità.
3. Stabilità temporale: abbiamo una mole di dati frutto dei questionari che dimostrano che i giudizi
che un individuo da sui tratti di personalità che possiede sono pressoché identici nel tempo, quindi
c’è concordanza tra l’ansia di oggi e quella che ho sperimentato negli anni precedenti.
ELEMENTI CHE COMPONGONO LA PERSONALITÀ
I nostri autori vogliono individuare i tratti della personalità, bisogna chiedersi come sono correlati i tratti tra
loro, quindi abbiamo a che fare con un numero di tratti che si organizzano nella personalità in un
determinato modo. I nostri autori presuppongono una struttura gerarchica della personalità: la personalità
è costituita da tratti ampi e sovra ordinati che sono all’apice della struttura della personalità gerarchica e
quindi troviamo all’apice tratti ampi che sono di seconda battuta tendenze abitudinali e queste tendenze
abitudinali si rivelano sulle abitudini comportamentali che a loro volta si riverberano nelle relazioni
specifiche. Significa che quello che noi vediamo dell’altro è l’ultimo livello, è rappresentativo di abitudini
comportamentali tendenze abitudinali e a ritroso andiamo a vedere il tratto sovraordinato. Il fattore più
importante. Esempio, abbiamo un tratto di base, tendenze abituali, abitudini comportamentali e azioni
specifiche che possono variare pur mantenendo una stabilità. Sono socievole, per cui non vedo la tua
socievolezza, ma la tua socievolezza si riverbera in alcune tendenze di tratto e sono il fatto che amo
chiacchierare, sto in compagnia, tendenze che si esprimono nelle mie abitudini di uscire con gli amici,
queste sono le abitudini comportamentali, finché non arrivo nella mia struttura gerarchica ad individuare i
comportamenti specifici e ciò che osservo dell’altro, cos’è che io vedo di te che mi fa pensare che tua sia
socievole? Vedo che sei sempre in giro con gli amici, sei andato al cinema,… a livello di reazioni specifiche di
tratto colgo e osservo comportamenti rappresentativi del tratto di appartenenza. → il comportamento
svela il tratto.
Tutti i teorici sostengono questo: che la nostra personalità è strutturata in tratti gerarchizzati. Il secondo
concetto che vi do è che ci sono tra i nostri autori quelli che prediligono un approccio nomotetico e quelli
che prediligono un approccio idiografico. Coloro che vogliono creare una scienza della personalità avrano
un approccio nomotetico, perché dovranno interessarsi non del particolare, ma del generale, hanno
bisogno di cogliere le dimensioni che sono misurabili quantitativamente. Le concezioni nomo tetiche sono
rappresentative di Eysenck, Cattel, teoria dei Big Five, mentre quelle idiografiche sono caratteristiche
soprattutto di Allport. Criterio di comunanza e criterio di singolarità; Allport critica la concezione nomo
tetica perché per lui esistono dei tratti di personalità in noi determinati da strutture neuro fisiche, ma questi
tratti sono organizzati in modo del tutto personali e non sono quantificabili e quindi non possiamo pensare
di avere dimensioni comuni di tutte le persone; mentre qui abbiamo la tassonomia, la legge principio tipico
della scienza.
APPROCCIO IDIOGRAFICO: centrato sull’unicità dell’individuo, lo scopo lo abbiamo visto in Rogers e Kelly,
metodo clinico è rappresentativo di tale approccio, Qsort e tutti quelli strumenti rappresentativi
dell’approccio fenomenologico, unità di indagine è il singolo individuo e qui si colloca Allport.
APPROCCIO NOMOTETICO: individua delle leggi del comportamento, definisce differenze individuali utili
per costruire tassonomie, e metodi scientifici rigorosi (analisi fattoriale e molte variabili correlate),
strumenti quantitativi, e la popolazione non è l’individuo, ma è la popolazione, quindi abbiamo a che fare
con una media della popolazione. Quindi se io sono in ansia e l’ansia è un mio tratto io mi colloco all’interno
di una media della popolazione.
Presentiamo quello che Allport sostiene della scienza, è possibile una scienza della personalità? Così
secondo quella fisica galileiana. Allport scrive che l’individuo è un’organizzazione interamente coerente e
unica: mette in imbarazzo la scienza, la personalità è un concetto astratto e universale, è un capitolo
interessante e ha a che fare con un concetto universale, è molto particolare e individuale → dobbiamo
spostarci dal generale al particolare. La scienza non è degli individui, e qui Allport prende le distanze
dall’approccio nomotetico, ma la sua posizione è tra l’idiografico e il nomo tetico; tenendo presente che per
lui è fondamentale difendere l’individuo nella sua validità, andiamo a vedere come si individuano i tratti.
- Dal lessico: noi usiamo molte parole che esprimono i tratti di personalità, il nostro linguaggio è ricco
e voi stessi per descrivervi avete usato una serie di aggettivi rappresentativi dei tratti. Quindi il
primo strumento per identificare i tratti quello dell’analisi del linguaggio e questo è
rappresentativo della modalità con cui Allport lavora.
- Questionari: strumento che usa Cattel e Eysenck, abbiamo bisogno di domande che facciano
emergere affermazioni sui comportamenti delle persone, perché attraverso i dati che otteniamo dai
questionari relativi ai comportamenti possiamo andare a misurare il tratto sottostante. Ma come si
fa dai miei comportamenti a risalire nella gerarchia e individuare il tratto più ampio? Quando io ho
tutti i dati devo sottoporli all’analisi fattoriale perché altrimenti ho un numero di variabili troppo
ampia; i nostri teorici usano l’analisi fattoriale di primo ordine e di secondo ordine, è necessario
ridurre il numero di variabili coinvolte, trovare i costrutti ipotetici latenti. Esempio della
socievolezza: uso il mio tempo per uscire con gli amici e mi riconosco essere attiva e propositiva
nelle situazioni, questo è un elenco che potrebbe emergere da un questionario, io ho bisogno di
potere ridurre queste informazioni ed andare a cogliere dall’espressione di questi comportamenti il
costrutto di riferimento e quindi attraverso l’analisi fattoriale andare a dire che questi
comportamenti sono rappresentativi della socievolezza.
Analisi fattoriale è strumento molto prezioso per fare ricerca, per lavorare sulle variabili oggetto di
valutazione: i nostri ricercatori usano l’analisi fattoriale in modo diverso, e quindi il numero dei tratti nei
modelli sono diversi è un po’ acerbo di teorie dei tratti e non c’è condivisione sul numero dei tratti di
personalità che definiscono la personalità, proprio perché ci sono decisioni soggettive da parte degli autori,
usano l’analisi fattoriale in modo diverso.

Esempio di Allport: abbiamo davanti a noi alcune abitudini o tendenze che esprimono dominanza,
socievolezza, attitudine al comando.. 7 unità, che sono troppe per fare ricerca, per ridurle dobbiamo
cogliere in queste 7 quali sono quelle unità che sono dipendenti tra loro, che al crescere di una cresce
anche l’altra, riducendo: possiamo andare ad isolare il tratto originario, di queste 7 3 potrebbero essere
espressione di un complesso e 4 di un altro complesse. Legge della parsimonia: bisogna essere parsimoniosi
e cercare di ridurre al massimo il numero delle variabili per potere creare i profili di personalità. Alto livello
di dominanza, che è espressione di un’abitudine comportamentale si accompagna alla socievolezza, alla
loquacità e all’attitudine al comando. → lavoro dei nostri ricercatori è trovare il tratto sottostante

Gordon W. Allport: è espressione dell’approccio idiografico e la struttura della personalità è unica pur
rappresentativa di determinati tratti e per lui abbiamo bisogno di una teoria della personalità che spieghi la
variabilità della condotta delle persone, ciò significa che c’è coerenza, ma anche variabilità, nel
comportamento dell’altro ma è giustificata dai tratti, ma nello stesso tempo Allport riconosce l’importanza
della situazione: la persona ha un comportamento variabile e non si comporta sempre allo stesso modo.
Quindi Allport, da buon teorico dei tratti, usa per identificarli il lessico naturale. Il punto di partenza di
questo studio lessico-grafico lui identifica 400.000 termini, è una sorta di vocabolario della personalità,
quindi andiamo a raccogliere tutte le parole e man mano a ridurre il numero perché è possibile che le
parole siano rappresentative di un medesimo tratto. Un tratto secondo Allport si identifica per frequenza
delle manifestazioni che ha a che fare con quello che abbiamo definito stabilità e coerenza cross
situazionale (osservo una persona e osservo il medesimo comportamento nelle medesime situazioni),
intensità delle reazioni, se io osservo il tratto della dominanza dovrò andare ad osservare la modalità con
cui la persona si rapporta sul lavoro, se il suo comportamento è rappresentativo della dominanza, poi
andiamo a vedere come è in famiglia e andiamo a vedere se il modo con cui si relaziona è uguale; e gamma
di situazioni. Quindi vado a vedere quanto è frequente un comportamento (nello stesso colloquio di lavoro
tu alzi la voce frequentemente, e anche in altre situazioni vedo che alzi la voce); intensità è l’intensità con
cui alzi la voce, gamma di situazioni riguarda situazioni differenti.
Cosa hanno in comune i 3 autori? Concordano tutti e 3 che i tratti sono disposizioni interiori e originarie,
non risentono dell’ambiente. Ma si discostano sulle strutture e i componenti dei diversi tratti, Allport in
modo particolare, pur condividendo alcuni assunti di fondo.

R.B.Cattel: è un chimico, impostazione scientifica alla personalità, le sue pubblicazioni hanno a che fare con
uno studio sistematico sulla personalità, anni 60, analisi scientifica della personalità, è l’autore che usa
l’analisi fattoriale con più modalità, è espressione dell’approccio nomo tetico, il modello della personalità è
un modello psicometrico, è il metro della psiche. Significa che abbiamo a che fare con misure per valutare
le differenze individuali, i dati significativi e il modello psicometrico quali sono? I dati che vi avevo
presentato all’inizio dell’anno erano dati LOTZ, erano particolarmente significativi per i ricercatori della
personalità. Qui abbiamo dati LQOT,cioè dati derivanti dagli eventi della vita reale, andiamo a valutare
anche ciò che dicono gli altri quindi i dati O di Observation in cui andiamo ad osservare la vota, dati Q in cui
andiamo a raccogliere l’autobiografia e andiamo a vedere micro situazioni in cui andiamo a vedere
determinati comportamenti, inoltre andiamo a somministrare moltissimi test, quindi abbiamo tantissimi
dati. Cattel li va a misurare insieme e trova una certa concordanza che permette a Cattel di identificare dei
tratti e creare un suo modello. Di questi tratti che lui identifica distingue tratti superficiali e tratti originari
quelli originari sono i più significativi, sono quelli rappresentativi le fondamenta della personalità, mentre
quelli superficiali sono quelli che noi osserviamo, ma non sempre sono rappresentativi di quel tratto di
appartenenza. Quindi lui nel suo modello distingue tratti cognitivi (?), tratti dinamici cioè motivazionali e
temperamentali che si riferiscono alla vita affettiva ed emotiva.
I tratti che ci caratterizzano per Cattel sono 16, ma andremo a vedere che non vi è una concordanza tra i
vari autori. E il test è il 16PF di Cattel, test tutt’oggi utilizzato nel mercato del lavoro. 16 tratti che ci
rappresentano, tratti bidimensionali:
1. Espansività: alto livello di espansività ci da l’espressione massima di un tratto, basso livello ci da
l’idea di una persona riservata
2. Stabilità emozionale: significa che se raggiungo un alto livello vuol dire che sono una persona
stabile, se sono in ansia raggiungerò un punteggio in questa scala molto basso (dalla stabilità
all’incapacità di gestire i sentimenti)
3. Dominanza (e dall’altra sottomissione)
4. Sorgenza: termine tradotto, ma difficile da capire, va dall’allegria alla serietà
5. Coscienziosità: una persona coscienziosa o opportunista
6. Audacia: dall’audacia alla timidezza
7. Sensibilità: diffidenza
8. Immaginazione
9. Astuzia
10. Apprensione
11. Impulsività
12. Tensione

12 tratti + 4 dimensioni (Q1, Q2,Q3,Q4). Troppi fattori di personalità è un profilo molto ricco ma nel
complesso molto difficile da gestire.
Batteria di item rappresentativi di queste scale, di quei tratti sottostanti che sono la fondamenta della
personalità → per Cattel quindi la struttura della personalità è caratterizzata da 16 tratti.

Sintesi fin’ora: stia,o parlando dell’approccio ai tratti, presupponendo nella persona una certa stabilità e
coerenza di condotta, stabilità e coerenza sono rappresentativi di alcune tendenze comportamentali che a
loro volta sono espressione di un tratto, i nostri teorici sostengono che la personalità è costituita da tratti
che si organizzano in modo gerarchico: l’obiettivo di questi autori è creare una tassonomia di tratti, costoro
rappresentano un approccio nomo tetico; la concezione tassonomica, la classificazione permette alla
psicologia della personalità non solo di descrivere il comportamento, ma di spiegarlo e prevederlo,
attraverso tutta una serie di strumenti e di dati che vanno ad individuare i comportamenti rappresentativi
di quel tratto. I nostri autori usano quegli aggettivi rappresentativi la personalità (lessico naturale) e molti
questionari e molti dati alla ricerca di quei comportamenti rappresentativi la personalità (autobiografie,
osservazioni che noi possiamo fare sugli altri e questionari). Cattel usa il 16PF creato sul suo modello che è il
modello dei 16 fattori, Cattel che usa l’analisi fattoriale di prim’ordine, presenta questo modello
psicometrico e i 16 elementi che caratterizzano la personalità. Viene usato nel mercato del lavoro perché è
importante che io conosca se un collaboratore che sia preciso, puntiglioso e cordiale: se questi tratti sono
predittivi e posso prevedere il comportamento, nella selezione del personale è chiaro che possono essere
molto utili.

H.J.Eysenck: ha l’obiettivo di costruire una teoria causale abbiamo a che fare con i tratti, vuole dimostrare
che i tratti esercitano un potere causale sul comportamento. Vi ricordate la relazione tra tratti e
comportamento? Avere una teoria causale vuol dire che il nostro comportamento dipende dal tratto, E.
vuole formulare una teoria verificabile e va a definire a livello teorico le basi biologiche di ogni tratto e
quindi se sono instabile, o così timida e timorosa in certe situazioni è perché possiedo il tratto
dell’introversione, e se lo possiedo ci saranno basi biologiche che giustificano il tratto che io possiedo. Il
modello di Eysenck è definito P.E.N. (Psicoticismo, Estroversione, Nevrotismo) passiamo dai 16 tratti di
Cattel a 3 grandi fattori, sempre dimensionali → estroversione: un livello alto indica estroversione e
dall’altra parte abbiamo l’introversione; nevroticismo è la persona che è instabile emotivamente, la
psicanalisi è lontana da questa visione, livelli molto alti di nevroticismo indicano una persona
emotivamente instabile; punteggi molto bassi indicano una persona emotivamente stabile. Nei primi anni
di ricerca E. aveva individuato questi due super fattori per l’ampiezza che li caratterizzano, quindi sono
concetti sovraordinati, in un secondo momento va ad aggiungere un terzo fattore che è lo Psicoticismo.
Estroversione secondo E. è caratterizzato da socievolezza, eccitabilità e vivacità: condivide l’impostazione
gerarchica della personalità, individua 3 grandi superfattori e costruisce la sua teoria su questi 3 grandi
fattori individuando l’espressione dei tratti; quindi se sono eccitabile, socievole e sempre attiva, sono
estroversa.
Nevroticismo: è labile emotivamente, frequenti ansie esperite e somatizzate; il nevroticismo come tratto è
caratterizzato da instabilità emotiva → aspetti attraverso cui il superfattore del nevroticismo si esprime
Psicoticismo: soggetto non empatico, insensibile e alla ricerca di sensazioni forti in opposizione a quelle
socialmente accettate. Quindi colloca qui la freddezza, l’egocentrismo e l’impulsività.
Come si misurano i 3 superfattori? Decine e decine di ricerche e di anni, le scale e i questionari elaborati da
Eysenck: ultimo è l’MPQ (?) che rappresenta la misurazione delle 3 scale + quarta scala LIE, è la scala della
falsificazione delle informazioni, un questionario contiene domande apparentemente ridicole che però
vogliono andare a vedere se quello che noi mostriamo di noi è reale o è più importante dimostrarsi diversi
da quello che siamo, è la scala di controllo.
Ad esempio item rappresentativi delle scale nella slide: NERO (scala to LIE); VERDE (scala nevroticismo);
ROSSO (scala estroversione).
CRESCITA E SVILUPPO PERSONALITÀ
Generalmente alla luce della ricerca di Eysenck i punteggi della scala PEN diminuiscono con il progredire
dell’età, quindi nello sviluppo della personalità i caratteri sono pressoché stabili possiamo affermare che
man mano che progrediamo con l’età nei maschi psicoticismo, nevroticismo e estroversione diminuiscono,
mentre alla luce dei dati delle ricerche il punteggio della scala L aumenta. E questo significa che per una
media della popolazione? Le femmine riportano punteggio maggiore nella scala del nevroticismo, e
inferiore nella scala P, quindi anche qui possiamo distinguere l’identità maschile e femminile alla luce dei
punteggi delle scale. Possiamo creare una tipologia di estroversi e introversi.
EPQ test per misurare il livello PEN, 16PF Cattel, non sono usati nello specifico per la clinica, ma possono
essere rappresentativi di personalità disturbate, quando questi soggetti si collocano con un alto livello, ad
esempio i soggetti nevrotici se misurati con l’EPQ di Eysenck sono coloro che riportano un punteggio molto
alto nella scala del nevroticismo e basso nell’estroversione; oppure gli antisociali abbiamo un alto livello di
nevroticismo, di psicoticismo ed estroversione; questionari usati più che nel mondo della clinica in quello
del mercato.

BASI BIOLOGICHE
Che potessero giustificare un tratto che ha un potere causale, lui voleva creare una teoria causale:
- Estroversi/introversi: dipende dall’eccitazione della corteccia; la formazione reticolare per cui gli
estroversi si trovano che hanno un livello di eccitazione molto bassa e inibiti nel sistema di
attivazione ventricolare ascendente, per cui gli estroversi devono cercare stimolazioni esterne, per
compensare l’inibizione del loro sistema reticolare. L’estroversione dipende dal fatto che il mio
sistema nervoso corticale è sotto eccitato e ho bisogno di stimolazioni, per cui esco spesso con gli
amici perché devo compensare la mia sottoattivazione. Mentre l’introverso è caratterizzato da
un’eccitazione del sistema corticale, pertanto non avrebbe bisogno di ulteriori giustificazioni
possiamo giustificare il fatto e predilige una vita solitaria. Quindi sono legati al sistema reticolare
sovra attivato o sotto attivato.
- Nevroticismo è attivato dal sistema limbico
- Posicoticisimo è attivato dalla attività ormonale
Struttura che ha portato a riflettere sulle strutture sottostanti dei tratti, modello PEN in cui abbiamo
strutture fisiologiche che sottostanno ai tratti, in questo caso estroversione e introversione sono
caratterizzate dall’attivazione della struttura corticale, alta o bassa attivazione limbica giustifica i livelli di
nevroticismo e la suscettibilità ormonale sottosta ad un livello di psicoticismo.
Grande confusione perché Eysenck e Cattel sono solo due dei teorici della personalità, ma uno propone 16
tratti l’altro 3 fattori e quindi il problema è se è possibile o no raggiungere un accordo? E la risposta sarà il
modello dei Big Five, anni 80,90, che ha raggiunto quel consenso e ha rappresentato l’accordo tra molteplici
approcci ai tratti.

24/11
Articolo di Caprara sui tratti e la politica da leggere.
L’ultima volta abbiamo visto la letteratura scientifica che propone alcune tassonomie, le più autorevoli sono
quelle di Eysenck e di Cattel, la lezione di oggi è dedicata al modello dei Big Five

MODELLO DEI BIG FIVE


Siamo di fronte ad una serie di autori che interpretano la personalità secondo un modello totalmente
diverso, rispetto l’approccio idiografico di Allport: usa rappresentazione della personalità che è molto ricca
e variegata, a salvaguardia della personalità di questi tratti; a differenza di Cattel e Eysenck che
rappresentano l’approccio nomo tetico, e quindi è bene ricordare il modello dei 16PF e il modello P.E.N. (3
grandi superfattori, ampi e bidimensionali). Al di là di altri modelli con cui ci si può confrontare il problema
è questo. Ma quanti e quali sono i tratti? Sono 3 o 16? C’è quindi bisogno di un modello condiviso che
potesse rappresentare l’unità, accordo che presentano questi autori che nasce da una ricerca che per
decenni si alimenta e va verso una direzione: trovare tra questi tratti quali sono i 5 fattori , va nella
direzione di trovare 5 fattori universali che tutti possiedono in grado diverso, ma tutti li possiedono questi
tratti Big.
Slide che recupera i 16 fattori di Cattel e i 3 di E. → il modello dei Big Five rappresenta un buon accordo tra
queste due strutture diverse. Siamo intorno agli anni 70/80.
- Descrivete la vostra personalità attraverso 5 aggettivi: simpatica, estroversa, solare, disponibile,
critica.
Alcune persone avranno sperimentato un po’ di fatica ad identificare 5 dimensioni, alcuni si possono essere
fermati a 2/3 dimensioni grandi di aggettivi qualificativi tipici del nostro linguaggio, gli studenti dicono che 5
sono troppe; quelli che descrivono più di 5 aggettivi è facile che siano tutti esplicativi di un unico costrutto,
ad esempio dell’estroversione (è come dire che l’estroversione si esplica attraverso tutta una serie di
comportamenti e caratteristiche) quindi riguardate gli aggettivi che avete proposto per vedere se questi
sono dipendenti o indipendenti tra loro → se potreste organizzarli in un sistema unico o no.
Quali sono questi Big? O.C.E.A.N.
1. Openess: apertura all’esperienza, quali sono gli aggettivi con cui mi sono descritta che possono
essere rappresentativi di questa dimensione.
2. Coscienziosità
3. Estroversione
4. A, gradevolezza
5. Nevroticismo
Sono dimensioni molto ampie, bipolari e sono dimensioni che secondo i fautori del modello tutti
possiedono: tutti noi qua in quest’aula a livello e grado diverso possiamo ritrovarci all’interno di questo
modello con gradi più o meno ampi → se non sono nevrotico sono stabile emotivamente se ho livelli bassi
di nevroticismo.
Andiamo a valutare queste dimensioni in modo specifico e andiamo a vedere che cosa misurano, che cosa
sintetizzano e quali sono i comportamenti rappresentativi dei tratti.
!!RICORDA!! quello che dicevamo l’altra volta: noi non osserviamo i tratti, ma i comportamenti
rappresentativi dei tratti, i tratti sono qualcosa di latente che però per i fautori del modello è la causa del
mio comportamento. Per tratti poi si intende una predisposizione ad agire in un determinato modo, a
sentire e pensare in un determinato modo → l’approccio ai tratti presuppone una concezione della persona
pressoché stabile nel tempo e nello spazio.
Dato per assodato tutto questo e inserendolo qui andiamo a vedere.
ESTROVERSIONE E GRADEVOLEZZA: valutano la sfera interpersonale perché abbiamo a che fare con la
relazione con gli altri. Qualità, quantità e intensità della relazione interpersonali; intensità e livello di
stimolazione → ci ricorda Eyseneck che ha individuato la base biologica dell’estroversione, la nostra attività
corticale è eccitata o inibita. L’estroversione, se voi avete scritto sono solare, loquace,.. avete raggiunto un
buon livello di estroversione, mentre la gradevolezza è il livello di sensibilità sollecitudine nei confronti
dell’altro: cooperatività, gentilezza,… se i tratti sono predittivi io mi aspetto da una persona che ha un alto
livello di gradevolezza mi aspetto una serie di comportamenti pro sociali.
COSCIENZIOSITÀ: valuta il livello individuale di organizzazione, persistenza, motivazione, soprattutto
quando è orientata ad un obiettivo.
NEVROTICISMO: se voi lo confrontate con Eysenck vi risulta che è la medesima, sono caratteristiche in cui
non si è capaci di regolare la propria emotività, per cui possiamo parlare di instabilità emotiva. Sono
incapace di controllare e moderare la mia emotività per cui sono spesso di malumore e spesso arrabbiata.
APERTURA ALLE ESPERIENZE: ha a che fare con quello che molti autori chiamano intelligenza. Ma qual è il
significato di intelligenza? È l’inclinazione a tenersi informati, ad acquisire conoscenza, atteggiamento
favorevole nei confronti della novità, è connessa alla creatività,… originalità ed anticonformismo.
Quindi andiamo ora a vedere le dimensioni di questi tratti, vediamo come questi tratti siano così ampi e
quali sono le dimensioni che concernano il tratto di riferimento.
Nevroticismo: a destra avete a che fare con una personalità che evidenzia un alto livello di nevroticismo,
mentre le caratteristiche di una persona stabile emotivamente ha a che fare con una persona calma. Una
vostra valutazione alla luce di questi aggettivi vi potrebbe dare in modo molto semplice dove vi collocate:
siete più verso il nevroticismo o verso la stabilità emotiva? Sta di fatto che dovreste collocarvi tutti voi, nel
senso che ognuno avrà individuato almeno uno di questi aggettivi.
Estroversione: da una parte l’estroversione, dall’altra introversione, livelli molto alti sono di una persona
affettuosa, socievole,… dall’altra parte una persona che ha livelli molto bassi di estroversione si definisce
introversa e quindi le caratteristiche sono riservato, sobrio, tranquillo,…
Apertura all’esperienza: da una parte abbiamo l’apertura e dall’altra la chiusura.
Gradevolezza: livelli molto bassi indicano una personalità cinica, non collaborativa,..
Coscienziosità e dall’altra mancanza di direzione.
Poche righe con cui descrivo Mr X e vediamo se riusciamo ad identificare i tratti di costui e collocarlo dentro
un fattore.
(coscienziosità: molto alto,…).
Livelli che sono stati posti dagli autori del manuale, quindi sono stati loro a collocare Mr X all’interno di
questo modello.
STRMENTI DI VALUTAZIONE DEL MODELLO: memorizzare alcuni nomi di riferimento
- Globerzon
- Mc Ray e Costa
Autori dei big Five e sostenitori della teoria dei Big Five: una cosa è sostenere l’esistenza dei Big Five e una è
sostenere la teoria dei Big Five, cioè posso usare i 5 fattori perché ritengo che i 5 fattori mi siano utili per
descrivere la personalità, e in questo caso sono una sostenitrice dei Big Five; posso invece sostenere il
modello dei 5 fattori e ritengo che questi 5 fattori universali siano la causa del mio comportamento, ciò
significa che se io sono socievole, allegra e predisposta alle relazioni è perché ho un alto livello di
estroversione e gradevolezza.
➔ Slide riguardo gli obiettivi dell’approccio ai tratti: obiettivo è essere in grado di descrivere,
prevedere.
Coloro che si fermano alla descrizione e basta della personalità sono Golbert e John che usano i 5 fattori per
descrivere la personalità, e si fermano qui. Altri costruiscono un modello e la teoria, ed è in questo contesto
che io vi presento il modello dei Big Five, per cui la nostra attenzione è verso Costen e Grey e a tutti gli anni
di sperimentazione e ricerche transculturali effettuate.
STRUMENTI:
- INVENTORY: aggettivi che si riferiscono ai Big Five. Esempio quello di Golberg è stato uno dei più
usati da quelli che sostenevano i BF e lo usavano per descrivere la personalità.
- EOP ive(?): questionario che va a misurare i Big Five, e quindi parleremo di quello di Costa e Grey,
dei Big Five question di Caprara e Barbaranelli in Italia che è la copia di quello americano.
Coloro che sostengono i 5 fattori che valenza danno ai Big Five? Ritengono che le persone e il loro modo di
sentire comportarsi no sono riconducibili esclusivamente a questo modello, mentre i sostenitori del
modello ritengono che tutti (a fronte di un campione della popolazione) possiedono i Big Five, quindi i Big
FIve sono costrutti ipotetici responsabili in termini causali delle nostre disposizioni, tutti noi abbiamo questi
tratti ed è chiaro che c’è una predisposizione di basi biologiche di un temperamento, predisposizione
intrinseca che non dipende dall’ambiente. Sostengono la reificazione: tendono a renderli realtà, sono così
perché sono estroversa, possiedo il carattere dell’estroversione.
Quindi abbiamo da una parte i sostenitori dei 5 fattori (Golmen e John) e dall’altra i sostenitori del modello
(Costa e MecGrey). Avere un modello della personalità cosa vuol dire? Vuol dire avere un tratto che ha un
potere causale sui nostri comportamenti, è il sogno di una psicologia della personalità: se io so che tu sei
estroverso io mi aspetto tutta una serie di caratteristiche e individuare il tuo livello di estroversione mi è
utile in tanti ambiti della vita; ciò significa che la nostra teoria offre una spiegazione scientifica al
funzionamento della personalità.
Abbaiamo a che fare con tendenze di base, predisposizioni ad agire e sentire che sono determinate le
nostre predisposizioni da questi 5 fattori che hanno una base biologica. Ci sono tanti processi che vengono
messi in atto.
Tendenze di base, adattamenti del carattere (che è quello che poi noi vediamo, perché ci siamo sempre
detti che non vediamo i tratti, ma vediamo i comportamenti), l’influenza esterna, l’ambiente non va ad
incidere sui tratti: la freccia non collega l’esterna al tratto; ma le influenze esterne sono riconosciute come
influenza sull’adattamento della personalità, del carattere. Sottolineo che a fronte della controversia tra
innatismo e ambientalismo voi avete colto come questo modello è più portato verso la predisposizione
innata di motivazione intrinseca.
PROVE A SOSTEGNO
Questo è un modello che raggiunge un grande consenso, anni 80 anche Rogers ne parla e ancora oggi è
usato, ma questo consenso deriva da cosa? Che cosa fa dire a Costa e McGrey che tutti possiedono i 5 Big
Five? Andiamo a vedere le più autorevoli prove a sostegno dell’universalità del modello:
1. Generazzibilità transculturale: molti studi a livello tra culture differenti, in lingue culture diverse.
Modello che è stato validato in culture e lingue europee e non. Esistenza anche in Giappone e in
Corea di queste 5 grandi dimensioni. Loro portano a favore di questo modello gli studi che sono
stati fatti a livello transculturale validato su un campione di popolazione.
2. Analisi fattoriale del lessico…: mole di confronto tra etero valutazioni e autovalutazioni; tra
questionari differenti (16PF, EPQ, INVENTORI, EOPI) porta a validare l’esistenza dei 5. Dimostra che
ogni linguaggio codifica in aggettivi i tratti della personalità, un pregio di questo modello è che usa
parole che noi nel comune modo di parlare usiamo.
3. Buon integrazione con le precedenti tassonomie: con il modello PEN e il 16PF di Cattel.
Recuperiamo i 5 grandi fattori con le sottodimensioni (caratteristiche rappresentative di quel tratto).
Andiamo a confrontare l’OCEAN con il 16 PF, se andiamo a leggere le 16 dimensioni e andiamo a vedere
quanto il modello dei 5 possa rappresentare una buona integrazione con questa; oppure possiamo anche
andare a confrontare il modello dei 5 con quelli trifattoriale di Eysenck. Il modello di Cattel ha una buona
integrazione con quello dei 5; quello di Eysenck si mantiene lo stesso substrato. → quindi abbiamo
dimostrato che il modello dei 5 ha una buona integrazione con il modello di Cattel e di Eysenck.
In Italia succede che non è sempre facile tradurre un modello e trasporlo in una cultura diversa, altro
fattore è se questi termini possano essere tradotti correttamente. Si dice che nella cultura orientale il
modello sia stato tarato su una popolazione di studenti che avevano contatto con l’America, per cui una
formazione molto più vicina all’America che alla cultura di appartenenza. In Italia la duplicazione del EOPI è
rappresentato dai Big Five questionair che è quello che oggi si trova nel mondo del lavoro, nella selezione
del personale.
Differenza tra i due questionari: americano e italiano. Al posto di estroversione si trova energia; la versione
italiana è molto più snella, composta da solo due sottodimensioni per cui è anche molto veloce
l’elaborazione del questionario, è molto più funzionale all’applicabilità del questionario. Energia,
gradevolezza→ amicalità, coscienziostità si mantiene, nevroticismo→ polo della stabilità emotiva, ma
rimane l’altro polo ampia e bipolare, apertura all’esperienza→ apertura mentale.
Secondo voi i 5 fattori sono semplicemente dei descrittori o fattori causali? Cioè fattori che influenzano il
corso della vita dell’individuo, hanno un potere causale sul mio modo di comportarmi, sentire e pensare? O
posso usarli solo come descrizione della personalità e magari equipararla ad altre? Secondo voi i 5 fattori
hanno una base biologica o sono influenzati da fattori sociali e dall’ambiente?
Costa e McGrey sostengono che ci siano basi biologiche; mentre i tratti come predisposizione si, ma
influenzati dall’esperienza, questa versione viene sostenuta da Golbert e John, che sono meno intransigenti
e meno deterministici. Quello che è capitato negli ultimi 15 anni è che si ritiene che i Big Five non
esauriscano la descrizione della personalità, la sperimentazione in questi anni va nella direzione di
identificare caratteristiche della personalità che andrebbero ad aggiungersi ai Big, ciò significa che la
personalità non sarebbe rappresentata da soli 5 fattori, ma 6,7,… altre dimensioni che non sono
contemplate da questi fattori. Cosa può mancare? L’etica ad esempio, l’onestà. Si sta cercando di tenere
presente i limiti di questo modello.
PUNTI FORZA E PUNTI DEBOLEZZA
È generalizzabile, tassonomie (ampio consenso) è un modello con uno schema di riferimento quindi ha una
letteratura scientifica alla base ed è predittivo, quindi ha un’applicazione in moltissimi ambiti. Il modello
16PF era un modello più complesso, possiamo avere qui una tassonomia e una classificazione: possiamo
confrontare le persone all’interno di questa tassonomia. Termini comprensibili e semplici, consente di
esaminare e valutare la personalità con termini che si usano abitualmente; i tratti sono predittivi: questo è
uno dei punti a favore che rendono spendibile il modello. Possiamo fare previsione alla luce dei tratti.
Limiti: non è poi così validato il fatto che tutti possiedono 5 e solo 5 fattori; fattore biologico da giustificare,
rigidità e unilateralità della visione. Traduzione dall’americano è difficile, non sono riconoscibili in tutte le
culture. Media della popolazione: difficoltà di passare da un livello generale a uno individuale, e
generalmente le persone si riconoscono in due/tre dimensioni. Mancano concetti come la spiritualità, il
charma,… in ogni caso abbiamo una grande diffusione di questo modello.
E questo modello raggiunge il massimo splendore nelle sue applicazioni: lavoro, scuola, istruzione, clinica,
tratti dei politici che colpiscono gli elettori.
Spendibilità del modello: possiamo riflettere insieme e condividere secondo voi se la psicologia del lavoro
può giovarsi di questo modello? In che modo lo utilizza, quale tratto e quale predittività del tratto potrebbe
essere funzionale nel mondo del lavoro? Oppure ci sono tratti predittivi di un buon stato della salute? Tratti
predittivi del successo scolastico? Clinica: possiamo intravedere l’aspetto psicopatologico, perché livelli
molto alti di nevroticismo potrebbe farci pensare a qualche tipo di disturbo.

15/12

LA TEORIA COGNITIVO-SOCIALE
Oggi la lezione verte sulla teoria cognitivo sociale , tutti dovremmo avere l’idea della concettualizzazione
della figura della personalità, processo di personalità, crescita e sviluppo, psicopatologia e cambiamento
secondo quella che è uno dei più grandi movimenti americani. Siamo in America, da non confondere con la
social cognition europea.
➔ Quanto i tratti siano indispensabili per descrivere la personalità
Michel: anni ’70, siamo proprio sicuri che siamo dotati di tratti e questi tratti rappresentano la nostra
predisposizione? Il nostro approccio disposizionale? Siamo sicuri che le nostre tendenze disposizionali ci
caratterizzano a prescindere dalla situazione? Siamo dotati di tratti che operano tutti nello stesso modo a
prescindere dalla situazione, oppure, tesi di Mischel, vi è una relativa stabilità nel nostro comportamento?
Ci vuole dire che siamo pressoché stabili, ma alla luce di determinate situazioni. La stabilità deve essere
quindi contestualizzata e giustificata da una situazione.
I risultati, quindi, che sono frutto di decenni di ricerche nell’ambito dell’approccio ai tratti certamente ha
permesso utili sintesi, ma Michel si interroga, siamo sempre nel 78, di come è possibile che la stessa
persona appaia la più sollecita, la più generosa, la più oblativa nei confronti dei propri famigliari e in altri
contesti la meno generosa, la meno sollecita e la meno oblativa di tutti. Abbiamo a che fare con una
peculiarità del comportamento che non è rintracciabile dalle tassonomie sui tratti. Dobbiamo prendere le
distanze dagli approcci disposizionali e quindi entriamo in un’altra prospettiva, per cui per comprendere
una persona dobbiamo comprendere l’interazione che avviene tra persona e ambiente: teoria
interazionista. Andiamo a vedere le ricerche di Mischel a favore di quello che stiamo dicendo → ricerca dei
bambini al campo estivo, osservati quotidianamente in 5 comportamenti in momenti diversi.
- Aggressione verbalmente: quante volte il bambino esercita aggressività verbale.
- Aggressività fisica
- Comportamento infantile
- Comportamento rinunciatario
- Atteggiamento pro sociale
A conclusione dell’analisi dei dati, Mischel ritiene che noi siamo caratterizzati da quella che viene definita
una firma comportamentale, vuol dire che ogni bambino presenta un profilo del tutto personale dei 5
comportamenti osservati a seconda delle diverse situazioni di vita: se anche due bambini diversi, la media
dei comportamenti aggressivi non ci dice molto sull’aggressività dei bambini; se andiamo a vedere nello
specifico possiamo sottolineare come in situazioni diverse abbiamo reazioni diverse; ad esempio quando
l’adulto ammonisce il suo livello di aggressività si abbassa, ma non ai livelli dell’altro bambino che risponde
in modo diverso all’ammonimento dell’adulto; e quindi ci sono risposte molto diverse dai bambini,
sollecitate dal contesto: per questo si dice di tenere in considerazione la relazione tra individuo e ambiente
perché il contesto sollecita risposte diverse.
Quindi ognuno di noi ha una firma comportamentale, comprendere la personalità significa comprendere
secondo Mischel la relazione che esiste tra persona, comportamento esibito e una situazione che elicita
quel comportamento. Generalmente sono aggressiva, ma lo sono solo in certe situazioni, quando mi sento
giudicata, questo è il mio profilo; profilo in difesa dell’individualità: se mi capita una situazione del genere,
allora esibisco un determinato comportamento. Il se..allora ci aiuta a distinguere le persone, se la persona è
in determinate situazione allora potrebbe elicitare comportamenti totalmente diversi rispetto i
comportamenti che elicita in altre situazioni.
A favore della variabilità (molteplicità di possibilità di essere nel mondo)pur tuttavia con una certa
coerenza, la coerenza è data dal fatto che esibiamo quel comportamento in quella determinata situazione
(quindi la relativa stabilità ha a che fare con la coerenza comportamentale che dipende dall’attivazione di
codifica del contesto). Attivazione di rappresentazioni mentali che vengono però codificate dal soggetto,
che per rispondere ad una determinata situazione codifica e processa le informazioni; quindi la
rappresentazione di codifica è legata alla capacità che ha l’uomo di fronteggiare la realtà; e il sociale è dato
dal contesto che attiva e stimola dei processi. In questo modo ho già introdotto la teoria cognitivo-sociale.

COSA È IL COGNITIVO E SOCIALE?

Il cognitivo ha a che fare con processi di codifica (di cui però parlerà il cognitivismo); la social cognition
parlerà di processi cognitivi, il cognitivo ha anche fare con il mentale con ciò che succede nella mia testa:
abbiamo a che fare con i processi, ci sono dei processi di elaborazione dei dati. La social cognition ritiene
che per comprendere la personalità dobbiamo comprendere anche il funzionamento di determinati
processi cognitivi, quindi dovremmo chiederci quali sono quelle capacità che ha l’uomo per affrontare la
realtà. Quindi avremo a che fare con le capacità distintive (che distinguono l’uomo dall’animale) che la
persona possiede nel momento in cui è in grado di adattarsi alla vita, non è solo un adattamento, ma anche
una capacità creativa dell’uomo di vivere nel modo migliore, che vuol dire non semplicemente adattarsi alla
realtà, ma molto di più. Il molto di più rappresenta per la social cognition tutte quelle abilità che fanno di un
uomo un uomo e lo fanno un animale unico.
Il sociale è l’ambiente, la situazione, questi processi cognitivi sono elicitati e si sviluppano in contesti
ambientali e sociali, non solo si sviluppano, ma sono attivati da elementi che provengono dall’ambiente:
non è possibile quindi comprendere l’uomo se non comprendiamo l’ambiente in cui è cresciuto, perché è
l’ambeinte che ha permesso lo sviluppo e l’attivazione di determinati processi. Quidni la SC coniuga il
cognitivo con il sociale.
È la corrente preferita dai nostri teorici, a livello di dati sono frutto di correlazione e analisi. Siamo negli anni
‘80, andiamo a vedere le proprietà distintive dell’uomo e la SC ritiene che l’uomo abbia della capacità
propriamente umane che permettono all’uomo di fronteggiare la realtà, quindi la realtà è fondamentale.
L’uomo che emerge è sicuramente un essere umano attivo, siamo lontani da quella legge stimolo-risposta
per cui rispondiamo solo all’ambiente; non solo rispondiamo, ma siamo attivi e proattivi e questa attività
dell’uomo secondo Mischel è rappresentata dalla capacità dell’uomo di risolvere i problemi, di trarre
vantaggio da una gamma di esperienze, un potenziale positivo e negativo: costruire attivamente il suo
mondo, siamo in grado di dare senso alla vita e costruire attivamente il proprio mondo. Questa costruzione
del mondo influenza gli altri, ma allo stesso tempo sono influenzata dagli altri e dall’ambiente. Fiducia
incontenibile nei confronti dell’uomo in questa teoria, perché l’uomo ha delle capacità straordinarie, la vita
ci impone continuamente di adattarci e di risolvere problemi, numerose sfide e siamo in grado di
affrontarle, di gestirle, di gestire i nostri problemi, le nostre emozioni.
Fiducia che è rappresentata da Banfdura con il termine agenticità, agentività→ personal agency, l’uomo è
agente: perché è in grado di operare nel mondo in base alle sue capacità, in base agli obiettivi che si crea,
persevera nell’impegno; è in grado di riflettere sulla propria esperienza, di darsi degli obiettivi nella vita. È
agente perché esercita influenza su di sé nel momento in cui capisce che è in grado di riflettere e di
autoregolarsi, ma nello stesso tempo esercitiamo influenza sugli altri, influenziamo l’ambiente, e l’ambiente
a sua volta influenza la nostra personalità.
Alla luce della teoria della personal agency, troviamo una concezione della mente che non è solo
autoriflessiva e auto regolativa, ma ance generativa, proattiva e creativa → ecco la fiducia nella mente
umana, la mente ha a che fare con il mio mondo interno, nel momento in cui riconosco che sono capace di
riflettere, ma ha anche a che fare con l’esterno nel momento in agisco e sono proattivo, non solo rispondo
ma creo significati e creo la mia interpretazione. Alla base della human agency, abbiamo una serie di
capacità distintive dell’uomo, ma cos’è che permette all’uomo di potere affrontare le situazioni della vita?
Di potere sopportare le frustrazioni?
1. Capacità di simbolizzazione: importante perché è rappresentata dalla capacità di utilizzare un
linguaggio, il linguaggio ha a che fare con un significato e un significante, ciò presuppone che
l’uomo si a capace di simbolizzazione, è capace di rappresentarsi la realtà attraverso dei simboli, è
per questo che ci portiamo dietro il passato perché è stato codificato e rappresentato; quindi
abbiamo a che fare con la nostra teoria, su come funzioniamo noi, la realtà, il mondo e l’altro
diverso da me. Questa teoria nostra è il frutto della nostra capacità di simbolizzare e rappresentare
la realtà; quindi viene definito il nostro modello.
2. Capacità di autoregolazione: nel senso che sono in grado di regolare i suoi comportamenti alla luce
delle azioni che compio: la mia azione viene valutata e nel momento in cui non sono soddisfatta
dalla mia azione io sono in grado di modificare la mia azione stessa, nel momento in cui non sono
funzionali al raggiungimento di quell’obiettivo. L’autoregolazione ha a che fare con standard interni
di prestazione: vuol dire che siamo molto bravi a valutare e criticare gli altri, ma i primi critici siamo
noi nei nostri confronti, siamo in grado di elogiarci; la critica di noi stessi avviene quando le nostre
azioni non corrispondono ai nostri standard di prestazione. Il mio standard di prestazione è sono
brava se raggiungo determinati aspetti: conforto la mia realtà con il livello che devo raggiungere per
potermi dire “sono brava”, nel momento in cui sono molto lontana dai miei standard, vuol dire che
passerò un momento di frustrazione perché gli esiti sono molto lontani dal mio “vado bene se”. La
valutazione che io sono in grado di compiere su di me in accordo con gli standard, mi permettono di
autoregolarmi e modificare quello che non funziona in modo da potere raggiungere un modello
molto accettabile dei miei standard.
3. Capacità di autoriflessione: siamo in grado di riflettere su di noi? si, lo sappiamo, lo fa anche il
bimbo piccolo: studi di sviluppo in cui il bambino si interroga se le sue azioni sono degne di lode o
di biasimo. Abbiamo tutti la capacità di riflettere su di noi, ma anche di riflettere gli altri e il mondo;
quindi è alla luce dell’autoriflessione che sono in grado di gestire noi e il nostro mondo emozionale.
4. Capacità di previsione: (già incontrato con Caprara) cioè la capacità di proiettarsi, il tempo che è
diverso del presente; abbiamo la capacità di rappresentarci degli scenari, abbiamo una fine, la
capacità di anticipazione Bandura.
La quinta capacità è l’elemento che giustifica lo sviluppo e la crescita
5. Capacità vicaria: abbiamo una grande capacità che è quella di apprendere attraverso
l’osservazione, il bambino non apprende solo nell’esperienza diretta, ma anche attraverso
l’osservazione. È una capacità che ci permette di estendere conoscenze e abilità, apprendiamo
abilità e competenze, tendenze affettive dagli altri; e ci permette anche di riflettere sugli esiti dei
comportamenti degli altri.
Per comprendere la personalità quindi dobbiamo capire questa struttura, il nucleo secondo Bandura sta in
queste capacità che fanno dell’uomo un uomo agentico; e queste capacità cognitive, vanno inserite
nell’ambiente; per questo è sociale. → determinismo triadico: per comprendere la personalità dobbiamo
comprendere l’ambiente, la personalità e il comportamento. Questi 3 fattori sono in relazione, è una
dinamica sempre mutevole, si influenzano reciprocamente.
Quindi siamo lontani dagli approcci disposizionali in cui avevamo a che fare con la persona determinava il
comportamento: aspetto che appartiene all’approccio più radicale dei tratti (Costa e MacCrae) in cui la
nostra persona determina il comportamento, la relazione è lineare; con Bandura la relazione è
unidirezionale, abbiamo a che fare con influenze reciproche. Dunque, personalità comportamento e
ambiente: chiedetevi in che modo la mia personalità determina il mio ambiente e il mio comportamento,….
È chiaro che queste influenze avvengono con rilevanza diversa nel corso della nostra vita, da piccoli
l’ambiente è fondamentale per la personalità, ma nella vita adulta avviene questo determinismo reciproco
triadico. Quindi per comprendere la personalità dobbiamo scardinare il comportamento dalla personalità
Sono aggressiva o ho un comportamento aggressivo? Bandura sostiene che il mio comportamento è una
cosa e la mia personalità è un’altra.
COME GIUSTIFICARE IL PROCESSO DI PERSONALITÀ?
Abbiamo a che fare con i mediatori cognitivi dell’azione, quindi che cosa ci aspettiamo, le nostre
convinzioni, le nostre teorie più o meno implicite, i nostri obiettivi e i nostri standard di valutazione,….
Questi mediatori cognitivi in una lettura lineare che facciamo per comprendere come avviene il processo di
personalità influenzano il nostro comportamento, ma è chiaro che il mio comportamento incontra la realtà:
alcuni miei comportamenti potrebbero essere elogiati dall’ambiente, quindi la SC recupera anche quello
che potrebbe essere il comportamentismo di Skinner (gratificazioni intese come riconoscimenti esterni, ho
bisogno di gratificazioni, non siamo delle monadi); il processo di personalità avviene nel confronto con la
realtà, sia in termini di gratificazioni, e di frustrazioni. Ma nello stesso tempo, alla luce della capacità di
autoriflettersi a seconda degli esiti, noi ci auto valutiamo; e nel momento in cui lo facciamo andiamo a
rinforzare o modificare alcune nostre convinzioni.
L’uomo può anche, alla luce della realtà interna/esterna, modificare il suo percorso professionale, quindi la
realtà, intesa come ambiente si riverbera sulla personalità, ma nel processo di personalità non dobbiamo
non tenere presente la capacità vicaria, quella che ha l’uomo di apprendere per osservazione: qual è la
fonte della mia convinzione? Qual è il motivo per cui io ho determinate aspettative? Quindi dobbiamo
andare a vedere la persona, ma anche chi ha stimolato i suoi comportamenti, chi ha osservato, qual è
l’ambiente che ha stimolato determinati ambienti cognitivi.
CRESCITA E SVILUPPO
Avviene attraverso l’osservazione, siamo abili ad osservare ed apprendiamo conoscenze, abilità e tendenze
affettive attraverso l’osservazione. Modellamento (da non confondere con il modellaggio) è ciò che
Bandura propone nel momento in cui sottolinea un processo di apprendimento che si attiva quando
osserviamo il comportamento di un altro e modifichiamo il nostro in funzione del modello che abbiamo
osservato: questo avviene perché? Perché siamo capaci di fare attenzione, cioè esistono processi cognitivi
di selezione di alcune informazioni; siamo anche in grado di trattenere le informazioni; ma siamo in grado
anche di riprodurle in un secondo momento, siamo in grado, attraverso il processo di simbolizzazione, di
passare dal modello alla realtà, e siamo in grado di motivarci.
Bambini hanno bisogno di buoni modelli, sono abili osservatori e sono in grado di riprodurre i
comportamenti che hanno osservato; ed osservano la conseguenza che il comportamento degli altri ottiene
nella realtà, io posso apprendere anche le conseguenze di quel comportamento che ho osservato;
possiamo apprendere anche le tendenze affettive (reazioni emotive dei modelli).
Andiamo a dimostrare questa osservazione, Bandura ricerca celebre funzionale a dimostrare come il
bambino osservando l’adulto apprende dei comportamenti: ricerca sperimentale, siamo sempre a Stanford.
- ESPERIMENTO BOBO DOLL: 3 gruppi, uno comportamenti aggressivi nei confronti del Bobo Doll, un
adulto invece ci gioca, terzo gruppo di controllo. Gruppo esposto all’aggressività aveva appreso
comportamenti aggressivi; non è vero che siamo aggressivi perché siamo frustrati, ma esibiamo
comportamenti aggressivi perché abbiamo osservato nel nostro ambiente comportamenti
aggressivi.
Grafico: modellamento dal vivo; modellamento filmato (quanto i film rappresentano uno stimolo per il
bambino che osserva). La ricerca prosegue e non si ferma alla Bobo, ma andiamo a dimostrare quanto un
bambino impara dalle conseguenze del comportamento del modello: un altro gruppo di bambini li
sottopongo a un adulto che presenta un comportamento aggressivo che però viene punito dall’ambiente,
non segue nessuna conseguenza; uno che viene premiato dall’ambiente; terzo gruppo nessuna
conseguenza. Si introducono poi 2 condizioni sperimentali, chiedo ai bambini di eseguire il comportamento
con ricompensa positiva.
ANALISI DEL GRAFICO: in assenza di incentivi dopo l’osservazione i bambini esibiscono comunque dei
comportamenti aggressivi, anche se vedono che il modello è punito, ma il modello che viene ricompensato
aumenta l’acquisizione. Presenza di incentivo affinché loro riproducano quel comportamento che hanno
visto e questo permette di fare una differenza tra prestazione ed acquisizione: anche se il modello è punito
il bambino che è incentivato a riprodurlo esibisce un livello di comportamento aggressivo notevole, quindi il
bambino vuol dire che è in grado di riprodurlo. Anche questo aspetto è un aspetto su cui si può riflettere a
livello educativo. Quindi le conseguenze influenzano l’esecuzione.

MARSHMALLOW TEST, sempre Stanford university.


Capacità di posporre la gratificazione, di attendere in vista di qualcos’altro. Abbiamo bambini che sono
sottoposti ad uno stress notevole, che è quello di posticipare la gratificazione per raggiungere gli obiettivi,
quindi i dati dei nostri teorici riportano questo: se aspettano e basta non ce la fanno, mentre se ricorrono a
quelle capacità cognitive che dicevamo, crea dentro di se un’alternativa per potere temporeggiare e
differire dai suoi obiettivi. Lo studio è longitudinale, andiamo a vedere quei bambini che tipo di adolescenti
sono: andiamo a vedere se è possibile correlare alcuni elementi dell’adolescenza con quella capacità di
differire la gratificazione. Quei bambini che sono riusciti a sopportare un tempo per potere raggiungere gli
obiettivi sono adolescenti che sono definiti più efficaci, più sicuri di sé, più degni di fiducia, capaci di
sopportare le frustrazioni, sono più competenti sul piano scolastico. A differenza di coloro che non avevano
resistito alla tentazione mostrano un profilo inquieto (timido, turbato dalle frustrazioni, bassa autostima, a
livello scolastico punteggi medio bassi rispetto quei bambini che avevano esibito questa capacità).
Capacità di differire la gratificazione è un indicatore di autocontrollo, sono in grado di realizzare il successo
personale e organizzativo in virtù del fatto che sanno perseguire gli obiettivi, sono tenaci e perseveranti.

Bandura, altra ricerca sperimentale, a parità di preparazione atletica e condizioni fisiche in sport vince chi
ha fiducia in sé: pensa che è più efficace, condizioni di autoefficacia pensano di potere vincere. I coach
allenano le persone per aumentare il senso di autoefficacia sulle ricerche di Bandura.
Percezione di autoefficacia: non è la realtà, ma è una convinzione, è la mia rappresentazione su di me, se
posso farcela o meno: sono in grado di portare avanti le azioni necessarie affinché io riesca a realizzare ciò
che mi prefiggo di realizzare? Sono in grado di realizzarmi? Se avete un livello di autoefficacia buono,
saprete realizzarvi, secondo Bandura. Nel funzionamento della personalità i giudizi di autoefficacia sono
importantissimi, la capacità di possedere quelle capacità che ci permettono di controllare anche quelle
azioni che ci permettono di raggiungere gli obiettivi, ovvero tutte quelle capacità che ci permettono di
incidere sul corso degli eventi; quella capacità che ci permette di essere attivi, di potere incidere nella
nostra vita e modificare la realtà. La ricerca mostra come la convinzione di efficacia personale influenza la
valutazione delle mie capacità in relazione all’assegnazione di obiettivi personali; posso scegliere ambienti,
persone. Il giudizio di autoefficacia è sempre contestualizzato, io posso sentirmi efficace come moglie, ma
non come insegnante. Posso avere livelli di autoefficacia a seconda dei domini specifici
mi precludo molte possibilità nella vita, non mi percepisco valida in quel contesto, quindi la
valutazione delle mie capacità risente del mio giudizio su di me, se sono capace in quel contesto.
Persone con alta efficacia tendono a scegliere compiti più impegnativi; se io mi sento auto efficace
non mi precludo possibilità di crescita e mi metto in gioco, ho un livello più alto di aspirazione, mi
impegno sopporto maggiormente la frustrazione perché so che posso raggiungere quegli obiettivi,
posso reagire positivamente ai fallimenti.
Ricerche che hanno correlato questi elementi con livelli di alta/bassa efficacia.
➢ Persone con bassa efficacia tendono a rifuggire, non perché non sono bravi, ma perché sentono di
non farcela, si percepiscono inefficaci; quel sentire è la percezione su di me che non sono in grado
di fare.
In Italia abbiamo Caprara (Università della Sapienza) ha pubblicato qualcosa sulla realizzazione. È
importante quanto questo costrutto dell’autoefficacia sia predittivo e abbia un valore predittivo perché se
io misuro il vostro livello di autoefficacia di studenti, sono in grado di capire quanto impegno metterete
questa prova, quali sono i risultati che otterrete in questa facoltà e sono in grado di predire quanti di voi
rinunceranno e quanti di voi continueranno.
Quindi voi potete ben capire che questo è un costrutto spendibile non solo al livello scolastico, ma sarebbe
importante conoscere il livello di autoefficacia: ambito della salute e del lavoro, ho un buon senso di
autoefficacia se penso a smettere di fumare, questo avrà correlazioni nei miei comportamenti.
L’autoefficacia non è l’autostima e non è neanche il concetto di sè: sono concetti simili. Il concetto di sé è
l’idea che ho io di me, l’autostima è il valore che io do a me stessa; l’autoefficacia è la condizione di essere
capaci in quel contesto di portare a termine determinati obiettivi ed è riferita ad un ambito cognitivo, è una
dimensione cognitiva, mentre l’autostima è una dimensione affettiva, un valore, orgoglio di me stessa. È
una dimensione cognitiva e si riferisce a specifici ambiti, e soprattutto si può sviluppare l’autoefficacia, ed è
più semplice sviluppare l’autoefficacia che l’autostima. → alzando i livelli di autoefficacia personale anche il
livelli di autostima aumenterà.

ESERCITAZIONE sulla regolazione delle emozioni, che è un aspetto fondamentale della realizzazione.
Tratto da Caprara. Quanto ti senti capace? È una percezione del sentirsi in grado di affrontare questa
situazione.
Se io individuo un livello molto basso in un determinato ambito posso andare a incrementare il mio livello,
in che modo? Con due domande, come mai ho un livello così basso di autoefficacia? Cos’è che ha
determinato di non essere in grado di affrontare? Poi come fare per incrementarlo e accrescere il livello.
Vediamo le fonti, che poi sono anche possibilità per incrementare:
1. Mie riuscite e miei successi, le esperienze dirette in cui ho mostrato a me stessa che sono in grado
di farcela e quindi i miei successi in quell’ambito hanno aumentato la mia fiducia, posso fidarmi di
me, ho fiducia.
2. L’esperienza vicaria, ho osservato i modelli: osservo qualcuno che è in grado di mostrarmi quali
sono i comportamenti funzionali a raggiungere quegli obiettivi. Si sceglie il modello, avviene nel
momento in cui sostengo che posso apprendere per osservazione
3. Persuasori: ho bisogno che qualcuno creda in me, non è il modello, è colui che è degno di fiducia e
di stima, che non è vicino a me, ma in virtù del fatto che gode della mia fiducia mi persuade che
posso farcela. Quindi il feedback in comunicazione sono fondamentali per migliorarsi; abbiamo
bisogno anche di una auto persuasione: devo convincermi che posso farcela.
4. Ho bisogno di condurre una vita non sottoposta a stress, perché è stato dimostrato che il mio livello
di autoefficacia è influenzato dai miei stati affettivi e fisiologici; a livello emotivo è una vita difficile e
quindi i livelli di autoefficacia risentono anche di questi stati affettivi e fisiologici: prima di prendersi
cura degli altri prendetevi cura di voi stessi.

20/12/16
SOCIAL COGNITION
L’ultima volta abbiamo sottolineato i due aspetti del cognitivo e il sociale e il ruolo che hanno nella
personalità, per comprendere la personalità dobbiamo comprendere la relazione che ha la persona con
l’ambiente, ma non è una relazione unidirezionale, ma bidirezionale, costrutto che qui si inserisce è quello
dell’interazionismo: quindi non sono teorie disposizionali, ma teorie interazioniste all’interno di un
processo che avviene. Per cui nella nostra vita siamo sempre nell’occasione di poterci aprire all’ambiente e
modificarci ed è anche una capacità di modificare la realtà. Per Bandura l’uomo è agentico, personal
Agency: uomo è proattivo (attivo e propositivo) illustre autore e ricerca sperimentale di questa corrente →
cosa è patologico per la social cognisition?
La patologia è una forma di apprendimento, noi apprendiamo la patologia, secondo questi autori
apprendiamo da modelli che o sono inadeguati o sono patologici. Questo presuppone quella capacità che
Bandura ci ha presentato quando ha illustrato la struttura della personalità: l’apprendimento vicario, cioè
l’uomo è in grado di apprendere per osservazione, allora ci si chiede quali sono i modelli che rappresentano
lo stimolo e la fonte. L’esposizione a modelli inadeguati o patologici è il risultato dell’esperienza diretta, si
intendono tutti quei processi cognitivi che abbiamo già individuato e che sono già presenti nell’uomo alla
luce delle sue capacità agentiche: l’uomo è capace di autoregolarsi, di autoriflettere e di monitorare
costantemente la sua azione, di crearsi delle aspettative. Quando parliamo di risultati delle esperienze
abbiamo a che fare con dei processi cognitivi che sono disfunzionali, ma che significa disfunzionali?
Esempio sulle ricadute della percezione di autoefficacia, Bandura le ha dimostrate, la SC ha dimostrato
come le condizioni e le percezioni di autoefficacia abbiano tutta una serie di ripercussioni in termini di
impegno, di sopportazione dello stress, di capacità di fare fronte agli impegni, di fronteggiare i pericoli e le
frustrazioni. Quindi possiamo intuire come la carenza di autoefficacia percepita secondo Bandura possa
portare ad una forma di patologia nel momento in cui la persona acquisisce una modalità di
comportamento che preclude una serie di azioni.
I processi cognitivi sono disfunzionali ad esempio, quale ruolo esercita la percezione di autoefficacia
nell’insorgere dell’angoscia? Sono in ansia per l’evento o perché percepisco di non essere in grado di
fronteggiare l’evento? La SC va nella seconda direzione: non è le’vento che mi crea ansia, è la mia
incapacità e il mio senso di non essere in grado di fronteggiare l’evento, mi aspetto che succeda di tutto e di
più e questo mi crea ansia. Ricerche vanno nella direzione di correlare autoefficacia e fobia: le fobie sono
molto frequenti e la ricerca che vediamo porta la fobia dei serpenti, quanto la nostra convinzione di non
essere efficaci relativamente a una situazione specifica come potrebbe essere avvicinarsi ad un animale
possa dipendere dal nostro livello di autoefficacia; se io alzo i livelli di autoefficacia relativa a quel contesto,
posso vincere la mia fobia? Mentre l’inefficacia rispetto ad esiti appaganti porta alla depressione. Bandura
dimostra di si. La terapia cognitiva della depressione ci mostrerà poi una serie di caratteristiche che
secondo l’impostazione cognitiva fanno della persona un depresso, qui nell’originalità della teoria abbiamo
a che fare con la depressione relativa ad un senso di insufficiente autoefficacia rispetto degli esiti appaganti:
un depresso che cosa si può aspettare? Esiti negativi a livello della negatività del suo pensiero. Quindi
autoefficacia molto bassa rispetto ad una previsione futura legata alla depressione; mentre per quanto
riguarda l’ansia abbiamo a che fare con un senso di inefficacia, non sono in grado di fronteggiare
quell’evento, non mi sento. In che modo se risultano patologici.
Obiettivo se vogliamo aiutare una persona, dobbiamo metterla nella condizione di alzare i livelli di
autoefficacia, ci sono alcuni modi di incrementare l’autoefficacia: la social cognition propone di creare
esperienze di padronanza: organizzare situazioni che possono avere una riuscita per il soggetto, che
possano portare a quello che viene definito il successo, solo con un’esperienza positiva diretta abbiamo la
possibilità di potere innalzare il livello di autoefficacia. Ma non sempre sarà possibile, e allora avremo
bisogno di alcuni modelli, di persone che ci mostrino come affrontare nel modo migliore quella situazione
che temiamo; e quindi l’obiettivo del cambiamento è quello di apprendere nuove competenze cognitive,
aprendo nuove strategie, nuovi comportamenti, nuove competenze emotive per potere affrontare quella
situazione.
La ricerca contemporanea ha correlato gli esiti di 3 diverse terapie:
- Un gruppo a livello sperimentale che presenta la fobia dei serpenti assiste al terapeuta che funge
da modello. Gruppo osserva il terapeuta che mette in atto una serie di azioni che il gruppo non
farebbe perché ha paura
- A differenza del primo in cui si chiede ai pazienti di riprodurre gradualmente, il secondo gruppo
osserva e basta.
- Gruppo di controllo.
Quindi abbiamo due dati, un gruppo che osserva, uno che osserva il modello e ha la possibilità di riprodurre
ciò che ha visto; quindi voi potete capire che il secondo gruppo ha evidenze empiriche superiori al secondo.
L’esperienza guidata e la padronanza guidata.
Altra ricerca interessante: correliamo gli esiti che raggiungiamo sottoponendo dei gruppi con problematiche
e usiamo il modellamento simbolico, il modello dal vivo con partecipazione guidata e la desensibilizzazione
sistematica, quindi 3 modalità per stimolare il cambiamento. Modellamento simbolico: il paziente non
osserva dal vivo, ma magari facciamo vedere dei filmati e guardiamo insieme alla persona tutte quelle
azioni che non riesce a fare; modellamento dal vivo: il paziente possa vedere dal vivo quello che lo turba e
affrontarlo; desensibilizzazione sistematica: in caso della fobia, paziente è in ansia e dobbiamo calmare
tutte le reazioni fisiologiche in atto, prima di rilassarlo stiliamo una lista dall’evento meno ansiogeno a
quello più ansiogeno, in stato di rilassamento chiediamo alla persona di immaginare la situazione,
induciamo la persona a immaginare di trovarsi nella situazione angosciante. Così sistematicamente
portiamo il nostro paziente ad immaginare la situazione che è per lui angosciante, sempre mantenendo uno
stato di rilassamento.
Ricerche: il modellamento dal vivo con partecipazione guidata è quello che ottiene esiti maggiori in termini
di ricaduta sul paziente, in termini di acquisizione di nuovi comportamenti e strategie, quindi cambiamenti
anche nei livelli di autoefficacia, rispetto quelle situazioni che lei temeva → indurre esperienze dirette.
Le tecniche di modellamento sono esperienze importanti che vengono usate non solo in ambito clinico, ma
anche in ambito educativo, a scuola ad esempio il peer tutoring: il tutor lo fa un tuo pari che eccelle in
quell’ambito e ti mostra come fare per potere eccellere, potrebbero essere classi miste, abbiamo bisogno di
modelli e poi abbiamo bisogno di potere gradualmente riprodurre ciò che vediamo e ciò che sentiamo e
quindi è efficace nell’ambio educativo e nell’ambito clinico. Secondo Bandura, per avere successo “uno non
può permettersi di essere realista” ha a che fare con una convinzione di se che prescinde ed ha a che fare
con processo mentale e cognitivo, come mi percepisco io e come percepisco la realtà.

SOCIAL COGNITION
Fin’ora abbiamo visto un approccio fenomenologico alla personalità, abbiamo i sostenitori dei tratti e del
modello dei Big Five. Ora recuperiamo le linee fondamentali di quello che è stato il cognitivismo e qual è
l’apporto del cognitivismo allo studio della personalità; quando abbiamo presentato Kelly e la psicologia dei
costrutti quando abbiamo insistito ul postulato fondamentale di Kelly che sottolinea come i nostri processi
scorrono in una via già tracciata, e come il scorrere tra le vie aveva a che fare con un qualcosa di cognitivo.,
l’attenzione a questi processi è ciò che viene messo in luce dall’approccio cognitivista. Anche la SC prende
spunto da ciò che presenta l’approccio cognitivi stico, ovvero la SC quando Bandura afferma che esistono
delle capacità tipicamente umane e che sono espressioni del cognitivo, anche lui ha già presente molti
aspetti di quello che è il funzionamento della mente, così come è stato proposto dall’approccio cognitivi
stico alla realtà.
L’approccio cognitivistico vuol dire che per comprendere la personalità dovremmo conoscere il modo con
cui processa le informazioni: dobbiamo andare ad individuare il modo con cui funziona, il processa mento
(ha a che fare con le informazioni che noi inseriamo in questo software) la metafora per eccellenza per il
cognitivismo proprio quella della cibernetica, dei PC: l’interesse di questo grande momento storico e di
riferimento è l’attenzione a quella che Skinner definiva Black box: troveremo anche tutto un linguaggio che
deriva dall’informatica, parleremo di imput e output e del modo con cui l’uomo acquisisce le informazioni,
quindi ha a che fare sicuramente con processi attentivi, di apprendimento, il modo con cui la persona
elabora le informazioni, in che modo noi codifichiamo alla realtà? In che modo diamo significato alla realtà?
Modo con cui conserviamo i ricordi, alla capacità che noi abbiamo di rimuovere o recuperare i momenti
dolorosi, direbbe Freud. Quindi abbiamo a che fare con tutta una serie di processi prettamente cognitivi.
1. Che cosa rappresenta la svolta cognitivista nello studio della personalità?
2. Che tipo di personalità emerge?
3. Ruolo delle emozioni: cercate di sottolineare che nel triangolo di Bandura la personalità è un
sistema di pensiero ed emozione insieme, qui il ruolo dell’emozione è molto diversa.
Andiamo a vedere che cosa succede → storia di Luca
Luca sta già selezionando delle informazioni: perché è attirato da questo gruppo di ragazzi? Luca rivolge
l’attenzione ad alcuni stimoli rispetto ad altri. Il cognitivismo è interessato alle modalità con cui funziona la
nostra attenzione, alla modalità con cui selezioniamo alcuni stimoli, solo alcuni stimoli arrivano al cervello,
non tutti→ economia cognitiva, dobbiamo selezionare. L’attenzione è selettiva: scelgo di potere selezionare
alcune informazioni con un criterio del tutto soggettivo.
Inferenza: in fondo noi non sappiamo se sono figli di papà, questa è la percezione che ha che fare con
l’inferenza; inferire vuol dire giungere a conclusioni a partire da alcuni stimoli.
Luca guarda una di queste ragazze: attribuzione di significato del tutto soggettiva, ma noi siamo interessati
a questo, cioè al modo con cui una persona processa le informazioni. Queste inferenze permettono a Luca
di passare da alcuni dettagli che lui osserva e poi va a pescare dalla sua esperienza e dai suoi schemi
mentali con cui osserva la realtà e poi appiccica a questa ragazza caratteristiche dal modo con cui questa
ragazza sorride, è un’inferenza arbitraria, perché va ad accedere ai significati delle memorie delle sue
esperienze. Inferenza arriva anche in altri punti, che ci permette di parlare della teoria implicita della
personalità: per Luca quella ragazza che compie quel gesto è generosa che ok, poi però è anche intelligente
(ognuno di noi ha la sua teoria ingenua della personalità, fa parte della velocità con cui processiamo le
informazioni, per cui prima ancora di andare a chiedere, perché siamo veloci, cogliamo alcune cose e poi le
colleghiamo con dei tratti che per qualche motivo, secondo noi sono collegati), per cui per me le persone
gentili sono anche intelligenti [psicologia sociale:parla delle prime impressioni delle persone, che hanno un
sacco a che fare con le teorie implicite della personalità].
Approccio cognitivi stico allo studio della personalità: parole fondamentali sono categorie (per la prima
volta parliamo di categorizzazione, Kelly che è ritenuto un precursore del cognitivismo non usava queste
parole), schemi mentali (siamo tutti dotati di schemi e la realtà stimola l’attivazione di determinati schemi),
sistemi di credenza (li abbiamo già incontrati con Bandura quando sottolineava l’importanza delle
convinzioni).
Tutti noi siamo dotati di schemi, più o meno accurati, consci o inconsci; abbiamo qui a che fare con un
inconscio cognitivo, cioè uno schema di cui noi non siamo consapevoli, e oggi si va in una direzione di
portare maggiore consapevolezza alle persone, affinché quelli schemi che non sono consapevoli, possano
essere valutati e identificati dalla persona, identificare gli schemi significa anche identificare quegli errori
che abitualmente facciamo nel processa mento delle persone.
Quindi la nostra capacità cognitiva è determinata dal modo con cui noi processiamo la realtà.

NEISSER
Considerato il padre del cognitivismo, il manuale della psicologia cognitiva è un po’ quello che da origine a
questa teoria: la metafora privilegiata è la personalità come sistema che elabora le informazioni, come
software e non hardware. Abbiamo a che fare con l’ambiente esterno: la realtà è uno stimolo che non va a
elicitare i miei schemi. La realtà elicita e stimola i miei schemi, fissiamo quell’esperienza e quello stimolo
all’interno delle nostre cornici mentali di riferimento pre esistenti, questa è la conoscenza: non facciamo
altro che identificare degli stimoli e selettivamente fissarli all’interno della cornice, e sono questi schemi
che guidano le nostre inferenze, aspettative e azioni. Il nostro comportamento quindi è dettato dal modo
con cui noi elaboriamo le informazioni: non è la realtà che ci minaccia, ma il significato che per noi quella
realtà è, non è altro che questo.
Avere degli schemi cosa significa? Immaginate che durante notte fonda vi svegli un rumore intenso,
qualcuno si riaddormenta, qualcuno si alza. Due modi differenti, alla luce dell’approccio cognitivi stico per
capire dobbiamo andare a vedere che tipo di pensieri si sono fatti questi due; è il tipo di pensiero che
determina l’emozione e il comportamenti e quindi andiamo a vedere l’interpretazione del rumore, è
differente perché differente è il loro comportamento, quindi la risposta emotiva e comportamentale ad uno
stesso evento è determinata quindi dalle interpretazioni che le persone fanno di uno stesso evento, quindi
la reazione emotiva è determinata dai pensieri.
PATOLOGIA
È interessante l’aspetto patologico della personalità e anche il cambiamento di personalità attraverso. La
personalità ha a che fare con il modo con cui la persona elabora le informazioni, e questo determina il
comportamento e la reazione emotiva, la mia ansia quindi è giustificata da un pensiero. Elaborazione
cognitiva che noi in continuazione facciamo e le reazioni emotive comportamentali.

IL RUOLO DEI PENSIERI: che cosa è patologico secondo voi? Nel momento in cui noi insistiamo su un
processa mento delle informazioni che determinano una risposta emotiva comportamentale, noi da un lato
vediamo i comportamenti, ma non vediamo il pensiero: è patologico che cosa? Abbiamo a che fare con un
difettoso processa mento emotivo: errori nel processa mento delle informazioni che giustificherebbero le
risposte emotive comportamentali che non sono più funzionali. Quando parliamo di patologia parliamo di
disfunzionalità, quindi risposte emotive e comportamentali disfunzionali, sono determinate da un processo
difettoso delle informazioni, errori mantenuti da cognizioni maldattive (esempio: devo sempre essere
perfetta, è realistico? No, è limitante e mi imprigiona e non mi permette più di potermi adattare alla realtà
eperchè devo essere sempre perfetta e non posso mostrarmi con i miei limiti).
ERRORI e processamenti che definiamo difettosi: non abbiamo bisogno qui di un terapeuta empatico, non
abbiamo bisogno dell’accettazione incondizionata dell’altro, ma abbiamo bisogno di un terapeuta molto
vigile e molto attento, perché dovrà identificare gli errori che commetto nel processa mento delle
informazioni, questo terapeuta, identificare quelli che sono i miei pensieri disfunzionali automatici: metto
in atto schemi che non sono consapevoli, non me ne rendo neanche conto; dopodiché il terapeuta non
deve solo identificare dov’è il problema nel processamento delle informazioni, ma deve anche mettermi
nella condizione di sostituire le mie cognizioni che sono maladattive con cognizioni più funzionali alla mia
vita. Con la terapia cognitiva io devo abbandonare i principi di coscienza obsoleti, che non sono più
funzionali al mio presente e apprendere nuove cognizioni più funzionali al mio presente. Quindi devo
continuamente sottoporre ad analisi e verifiche empiriche le mie convinzioni perché devo sostituirle.
MODELLO DELLA REPTA DI Ellys, espressione teoria cognitivo-comportamentale; il modello che viene
definito ABC rappresenta proprio questo:
abbiamo a che fare con un imput (evento attivante) che da lo stimolo per poter attivare dei pensieri per una
persona sono pensieri razionali, per un’altra sono pensieri disfunzionali, o non adattivi e sono questi
pensieri che vengono chiamate i believe, le credenze, che determinano delle reazioni; se i pensieri sono
razionali le mie emozioni e le mie relazioni sono definite adeguate, razionali, funzionali, adattive. Se invece i
miei pensieri sono irrazionali, le mie convinzioni su di me e sul mondo sono irrazionali, questo determina
una reazione emotiva e comportamentale distruttiva, disfunzionale, diasadattiva. Il cambiamento di
personalità implica che devo ristrutturare a livello cognitivo. La ristrutturazione cognitiva avviene in un
contesto: il terapeuta aiuta la persona ad abbandonare e identificare gli errori ed a acquisire una nuova
modalità. Questa ristrutturazione cognitiva, alla luce di questo meccanismo, darà origine a nuove emozioni
comportamentali, ciò significa che andiamo a lavorare su questi pensieri irrazionali, affinché la persona può
sostituire questi con nuovi pensieri che risultano più adeguati e funzionali al suo presente e daranno origine
a nuove reazioni, in questo caso sono adeguate e perfettamente funzionali al presente della persona.
Esempio, ESSERE ABBANONATI DALLA PERSONA CHE SI AMA, Albert Ellis e Aaron Beck, autori significativi
per l’aspetto patologico e cambiamento di personalità.
Abbiamo un evento di vita: essere abbandonati, evento che va a stimolare dei pensieri su di noi, sul mondo,
sulla realtà e sulle aspettative. Che tipo di pensiero mi faccio? Sono triste, ma non sono depresso, è una
tristezza che è contestualizzata, il cognitivismo ci dice che non è l’emozione che è consona e razionale, ma il
pensiero che è adeguato alla situazione → reazione adattativa all’evento stimolante. Nel secondo caso
abbiamo a che fare con stati emotivi negativi eccessivamente intensi e prolungati nel tempo, sono reazioni
che sono disadattive, che comportano reazioni comportamentali, determinati da un pensiero che abbiamo
identificato come irrazionale.

AARON T. BECK
Terapia cognitiva, ha pubblicato un manuale relativo alla depressione, sostenendo che gli affetti e il
comportamento di un individuo sono determinati dal suo modo di strutturare il mondo, nel caso della
depressione è andato a individuare il modo con cui il depresso struttura il mondo, per poter giustificare gli
stati depressivi e il comportamento rappresentativo di stati depressivi, quindi Beck sostiene che bisogna
correggere le credenze errate, cioè prima bisogna individuarle, poi correggerle; bisogna estinguere le
reazioni emotive inappropriate ed eccessive.
Andiamo a vedere la cognizione disfunzionale di un depresso:
LA MIA VITA è INUTILE: è una delle convinzioni centrali che ha la persona affetta da depressione. Presenta
3 caratteristiche: visione negativa su di se, sugli altri e sul mondo.
Sicuramente sento tristezza, passività nel comportamento e continuerò a stare sul divano perché
non ho motivazione a scendere, ma se continuo così confermo la mia convinzione e la rinforzo,
quindi alimento altra tristezza e continuo a stare sul divano. È un circolo vizioso che deve essere
interrotto per Aaron.
Per esempio se il depresso ha questa convinzione, cioè che la mia vita è inutile con tutto quello che
comporta tale convinzione, vediamo cosa succede con un’altra convinzione:
SE SONO CARINA NON MI ACCADONO COSE BRUTTE: messaggio dato dalla mamma e che poi viene
rinforzato alle elementari e negli anni; nel momento in cui accadono cose brutte è colpa mia perché non
sono stata carina. Posso avere due tipi di reazioni emotive molto diverse che sono giustificate da pensieri
diversi, elicitati dalla medesima convinzione. Perché un paziente mantiene i suoi atteggiamenti che
provocano sofferenza pur in presenza di prove oggettive positive? Provate a dire a un depresso che la vita
non è inutile, anche se vi impegnate a dimostrare che c’è della luce nella sua vita, che c’è qualcosa di
buono, lui non vede la luce che voi vedete. Perché? Perché compie degli errori: lui non vede la luce, ciò
significa che voi vedete ciò che lui non vede, e quello che lui non vede è mantenuto da tutta una serie di
errori che sta facendo nella realtà; il terapeuta cognitivo deve essere molto attento alla valutazione delle
parole per mettere in discussione e per individuare gli errori che può fare nel processa mento delle
informazioni, per esempio una grande inferenza arbitraria, qui abbiamo a che fare con inferenze arbitrarie
molto negative, cioè creo relazioni tra eventi che sono arbitrari ed a sfavore, oppure errori di attenzione
selettiva: estrapolo un particolare che va a favore della mia convinzione che la vita è inutile, e non vedo
nient’altro che quel particolare, quella luce che l’altra persona vede non è quel particolare estratto dalle
mie informazioni. Oppure generalizzazione eccessiva: non incontrerò mai.. generalizzazioni che non ti
danno mai la possibilità di dare un’alternativa e di modificare una possibilità che le cose non siano così,
oppure ingigantire e minimizzare, errore frequente che va nella direzione di mantenere le mie relazioni mal
adattive: minimizzo gli aspetti positivi di un evento e ingigantisco gli aspetti negativi, è un errore cognitivo.
Oppure personalizzare vuol dire che è tutta colpa mia, capitano cose nella vita → ogni evento è posto in
relazione a me; qui abbiamo a che fare con tutta la letteratura relativa agli stili attributivi: al modo con cui
io attribuisco una causa. La dicotomia: o è bianco o è nero, non vedo il grigio, anche questo è un grande
limite. È chiaro che il pensiero assolutistico non mi permette di disporre di categorie con cui ottenere delle
interpretazioni diverse della realtà: sono imprigionata nella mia rete. Devo individuare questi errori per
potere mettere in discussione che la mia vita non è poi così inutile, ma non posso mettere in discussione la
mia condizione se prima non vado ad identificare gli errori che commetto nel momento in cui dico che
nessuno saprà amarmi più nella vita.

Per concludere 3 elementi:


- Secondo il cognitivismo il modo in cui io sento emotivamente (le mie reazioni emotive e
comportamentali) sono il risultato di ciò che penso, e il risultato del mio modo di processare le
informazioni, delle mie convinzioni, dei miei believe e delle mie teorie sul mondo. Esempio: gli altri
sono pericolosi, è chiaro che avrò tutta una serie di reazioni emotive e comportamentali. Devo
sempre preoccuparmi di quello che gli altri pensano di me, perché devo essere perfetta: sono
convinzioni che voi cogliete che sono disadattive, e disfunzionali. Ellis dice che il dovere è
l’espressione della disfunzionalità, io devo, tu devi,… ma dove c’è scritto? Che devo sempre essere
carina e gentile?
Questo permette alla persona di sentire quella rabbia che potrebbe essere sana, di sentire quelle
emozioni che generalmente non si permette di sentire, sono emozioni sane (ansia e rabbia sono
emozioni sane) è l’eccesso e l’intensità emotiva che fa la reazione emotiva non proporzionata
all’evento, non adeguata al contesto.
- Un modo di pensare inadeguato (irrazionale, disadattivo, distorto,..) porta a problemi emotivi e
comportamentali, la patologia è l’espressione di portata maggiore di questo modello,
nell’interpretazione della personalità.
- Come possiamo stimolare un cambiamento di personalità? È possibile? Si, quindi andiamo a
sostituire i pensieri irrazionali con quelli razionali.

EPITTETO: frase che è espressione di una mentalità cognitivista, non sono le cose, ma l’interpretazione che
noi diamo della realtà, non è l’evento ma il significato che noi attribuiamo all’evento; se così è, è chiaro che
la capacità di analizzare e comprendere il pensiero è fondamentale per il nostro benessere.

Domande da cui eravamo partiti. Ruolo delle emozioni qual è? Il cognitivismo ci dice che le emozioni sono
reazioni determinate dal pensiero, la SC cosa ci dice? Ci dice che è una reazione esclusivamente
comportamentale viene distinta la personalità dalla sua componente comportamentale, quindi l’emozione
non è significativa distinguerla dal pensiero, Mischel ci dice che la personalità è un sistema organizzato di
cognizioni ed emozioni, ed è vero che il cognitivo e l’emotivo risento dell’ambiente, del comportamento,
ma essi determinano anche il comportamento e l’ambiente; è un tutt’uno la personalità con le sue reazioni
emotive. Un cognitivista direbbe che la personalità è l’interpretazione sulla realtà, la personalità cioè il
modo con cui interpretiamo la realtà determina le mie reazioni e i miei comportamenti, e quindi le mie
emozioni sarebbero scisse e distinte dal comportamento.

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