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ALZHEIMER

La Malattia di Alzheimer rappresenta la metà circa di tutti i casi di


demenza ed è seguita, come frequenza, dalla demenza vascolare (VD).
La scoperta della malattia di Alzheimer, risale all’inizio del 1900 quando il dr.
Alois Alzheimer e il dr. Gaetano Perusini descrissero per la prima volta il
caso di una donna, Auguste D., ricoverata a Francoforte presso un ospedale
psichiatrico per una sindrome in cui a disturbi di tipo psichiatrico si associava
un quadro di demenza. Alla morte della signora l’autopsia evidenziò delle
particolari alterazioni nel cervello, mai osservate in precedenza (i medici le
definiscono “placche amiloidi” e “gomitoli neurofibrillari”).
Perusini morì durante la Prima Guerra Mondiale dopo aver descritto,
insieme ad Alzheimer, altri casi simili a quelli di Auguste D; da allora una
malattia senza nome, ovvero inserita nell’ambito delle demenze, cominciò
ad essere chiamata dapprima malattia di Alzheimer-Perusini, in seguito più
semplicemente malattia di Alzheimer.
Le caratteristiche della signora erano: una forte gelosia verso il marito,
persecuzione, allucinazioni uditive, perdita della memoria e
disorientamento nello spazio.
26 NOVEMBRE 1901

MEDICO: Come si chiama?


PAZIENTE: Auguste.
MEDICO: Cognome?
PAZIENTE: Auguste.
MEDICO: Come si chiama suo marito?
PAZIENTE: Ah, mio marito?
MEDICO: È sposata?
PAZIENTE: Con Auguste.
MEDICO: Signora D.?
PAZIENTE: Sì, sì, Auguste D.
Alla fine non fu più possibile alcuna forma di comunicazione con la malata.
Aloise Alzheimer
La patologia è caratterizzata dalla formazione di placche senili, che sono
accumuli extracellulari di un peptide chiamato ‘beta-amiloide’. Questi
accumuli sono inizialmente visibili nell’ippocampo, poi si estendono a tutta la
corteccia. La malattia è caratterizzata anche da degenerazioni neurofibrillari,
con conseguente accumulo di proteine tau nei neuroni. Queste microfibrille
comprimono i neuroni e ne inibiscono il funzionamento assonale.
TAC
PET

deficit di up-take in sede temporo-parietale


Anatomia patologica

1. L’encefalo si presenta atrofico e il peso è ridotto,


2. le circonvoluzioni sono assottigliate,
3. le scissure ed i solchi allargati con ampliamento dei ventricoli
laterali.
5. Diffusa rarefazione neuronale (soprattutto nel sistema dei grandi
nuclei colinergici del nucleo basale di Maynert);
6. Dendriti più corti e meno ramificati
7. Presenza di placche senili o amiloidee;
8. Degenerazione neurofibrillare.
Quadro clinico

• La malattia ha un inizio insidioso con decorso cronico


progressivo.
• All’inizio la sintomatologia è sfumata tanto da non poter
stabilire con certezza il momento di inizio.

Pazienti affetti dalla malattia vivono in media 8 anni, anche se


alcuni sopravvivono anche 20 anni dalla diagnosi.
Studi recenti

Non in tutti i pazienti la presenza di queste strutture è associata ai sintomi


della demenza: placche amiloidi sono state trovate anche nel cervello dei
"superager", adulti arrivati a 90 anni con la memoria di un cinquantenne.
Non è chiaro se il loro accumulo sia una delle cause o piuttosto l'effetto.
FASE INIZIALE
CAMPANELLI D'ALLARME

È necessario un approfondimento quando si ha di fronte una lieve perdita della


capacità di ricordare avvenimenti o fatti recenti, che progredisce gradualmente
e alla quale si associano alterazioni della personalità e deficit delle altre
funzioni cognitive. In alcuni casi la malattia si manifesta con una difficoltà
nella denominazione degli oggetti oppure con un impoverimento del
linguaggio e il ricorso a frasi stereotipate (utilizzo di brevi frasi fatte e
tendenza a ripetere, senza consapevolezza, le ultime parole o i suoni uditi).
Le capacità di ragionamento e di giudizio risultano impoverita, spesso
precocemente, cosicché il paziente manifesta un ridotto rendimento
lavorativo e può essere incapace di affrontare e risolvere problemi anche
semplici relativi ai rapporti interpersonali o familiari. I caratteri
premorbosi della personalità (cioè i tratti caratteriali precedenti la malattia)
sono spesso esagerati: compaiono atteggiamenti ossessivi, aggressività,
sospettosità; in altri casi, invece, vi è un cambiamento della personalità,
per cui soggetti solitamente controllati e misurati diventano impulsivi,
intrattabili e talvolta anche violenti.
Altre volte il sintomo che si associa al disturbo di memoria può essere
rappresentato dalla difficoltà nella guida dell’automobile. Questo
sintomo è dovuto alla difficoltà che i pazienti con malattia di
Alzheimer manifestano nel collocare gli oggetti nello spazio e
nell’avere una visione unitaria di ciò che li circonda.
-un paziente aveva danneggiato una fiancata della propria auto poiché
nella manovra per collocarla in garage non riusciva a prendere
correttamente le misure;
-Un altro paziente, in passato provetto meccanico per hobby, non era
stato in grado di aggiustare la gomma forata della bicicletta.
LIEVE

Sintomi cognitivi
• difficoltà ad imparare cose nuove
• difficoltà di memoria, soprattutto per episodi recenti
• disorientamento temporale (confondere i giorni della settimana)
• disorientamento spaziale (perdersi fuori casa)
• anomia (difficoltà nel reperimento delle parole)
• difficoltà nell’eseguire compiti complessi
Sintomi non cognitivi
• ansia e depressione,

negazione di malattia
• apatia, abulia (mancanza di volontà)
• irritabilità

deliri (generalmente di tipo persecutorio)
Deficit funzionali
• necessità di supervisione o minimo aiuto nel vestirsi e nell’igiene
personale
• difficoltà nello svolgimento delle attività lavorative e nella vita
sociale
• difficoltà nelle attività domestiche (es. far funzionare gli
elettrodomestici)
MODERATO

Sintomi cognitivi
• si accentuano i disturbi di memoria recente e remota
• difficoltà ad orientarsi anche in luoghi conosciuti
• afasia: difficoltà sia nel produrre discorsi articolati sia nel
comprendere
• agnosia: difficoltà nel riconoscere gli oggetti, amici e parenti o
avere falsi riconoscimenti
• aprassia: difficoltà ad eseguire azioni complesse o che richiedono
una programmazione delle sequenze motorie
Sintomi non cognitivi
• peggiorano i disturbi comportamentali
• compaiano “vagabondaggio” e “affaccendamento” (la
persona non riesce a stare ferma)
• compaiono disturbi dell’appetito (inappetenza) e del sonno
(insonnia)
Deficit funzionali
• incapacità a svolgere alcune attività indipendenti fuori casa
(acquisti, uso mezzi di trasporto)
• incapacità a cucinare o a svolgere altre faccende domestiche
• necessità di molta assistenza o supervisione per l’igiene personale
e la cura della persona
GRAVE

Sintomi cognitivi
• gravissima perdita di memoria (restano solo frammenti di ricordi)
• completo disorientamento spaziale, anche all’interno della propria
abitazione
• incapacità a riconoscere i volti dei familiari più stretti (prosopoagnosia)
• si può ancora conservare l’orientamento personale
• linguaggio incomprensibile, limitato ad una decina di parole, fino al
mutacismo (assenza completa di linguaggio verbale)
difficoltà a capire o interpretare gli eventi

Sintomi non cognitivi
• comportamenti stereotipati (affaccendamento, vocalizzazioni)
• agitazione, irritabilità
• inappetenza, alterazioni del ritmo sonno-veglia
Deficit funzionali
• incapacità a uscire fuori casa se non accompagnato
• difficoltà a camminare autonomamente; frequenti cadute, rigidità diffusa
• necessità di molta assistenza nelle attività di base della vita quotidiana
• difficoltà ad alimentarsi da solo
Quando la malattia raggiunge uno stadio avanzato, la maggior parte
della corteccia è compromessa.
Recentemente, soprattutto per focalizzare l’attenzione sulle fasi finali
della demenza, si parla anche di demenza terminale (durata 6-12 mesi),
che viene affrontata con “cure di tipo palliativo”. In questa fase la persona
è generalmente allettata, richiede assistenza totale, è incontinente. Vi è
generalmente difficoltà nella deglutizione e può essere necessario il
ricorso alla alimentazione artificiale.
LOST PROPERTY
CORTOMETRAGGIO

https://colibrimagazine.it/sociale-e-servizi/lost-property-la-tenerezza-un-
corto-animato-raccontare-lalzheimer/
Quando la memoria svanisce...consigli

La perdita progressiva della memoria: sorgono notevoli difficoltà


nell’apprendimento e il deficit di memoria porta a ripetere
continuamente domande ed attività già compiute. L’insicurezza,
la sensazione di perdita di controllo, la confusione, la
frustrazione, l’umiliazione e la vergogna sono sentimenti che
inducono la persona a nascondere la sua perdita di memoria,
fino ad arrivare a colpevolizzare qualcun altro.
Cosa fare

• Mantenere un atteggiamento positivo e rassicurante

• Tentare di distrarre la persona per evitare l’eccessiva


ripetitività

• Non considerare i suoi comportamenti come rivolti contro di


noi

• Evitare di sottolineare gli errori

• Utilizzare biglietti promemoria


• Costruire un ambiente adatto evitando inutili cambiamenti e
organizzando la casa in modo da poter rispondere ai suoi bisogni
cognitivi e di autonomia.

• Creare una routine


Terapie farmacologiche

I farmaci attualmente disponibili per attenuare i sintomi della malattia di


Alzheimer sono soprattutto gli anticolinesterasici (rivastigmina, donepezil,
eptastigmina e galantamina) e la memantina: i primi agiscono aumentando
la concentrazione cerebrale dell'aceticolina (una delle sostanze implicate
nei meccanismi di memorizzazione) e sono utili in fase iniziale; la seconda
riduce la stimolazione dei recettori NMDA del glutammato (un altro
neurotrasmettitore cerebrale) ed è indicata nelle forme intermedie e
avanzate della malattia.
Composti ad azione antipsicotica e sedativa possono, inoltre, essere talvolta
necessari in associazione agli anticolinesterasici per attenuare i disturbi
comportamentali, in particolare, l'agitazione e l'aggressività o l'apatia, che in
alcune fasi della malattia possono creare notevoli problemi di gestione a
familiari e caregiver, oltre che ai pazienti.
«Fu come un fulmine. L'avevo invitata a pranzo e non era stato facile fissare
un appuntamento nella sua agenda sempre pienissima di impegni. Avevo
scelto il Mandarin Oriental che si affaccia su Hyde Park, un posto di lusso e
lei con delicatezza materna, per farmi risparmiare, aveva chiesto di
mangiare alla caffetteria dell'hotel invece che al ristorante. Non è facile
neanche per una figlia decidere di che cosa parlare a tavola con una madre
abituata a discutere di affari internazionali con i leader del mondo.
Sapevo che recentemente aveva incontrato il comandante inglese del
nostro contingente nei Balcani: pensai di chiederle della situazione in
Bosnia e mi aspettavo già una lezione sulla ex Jugoslavia, uno dei suoi
monologhi pieni di dati. Ma all'improvviso si perse, confuse le guerre
balcaniche con altre guerre. Ero pietrificata: la guardavo mentre
stentava a trovare le parole e a coordinare i pensieri. Non potevo
crederci: aveva 75 anni ma avevo sempre guardato a lei come a una
persona senza età, inattaccabile dal tempo e forgiata nell'acciaio».
(dall'intervista a Carol, la figlia di Margaret Thatcher, sulla Malattia di
Alzheimer della mamma, 2008)
Film
STILL ALICE

Alzheimer precoce

https://www.youtube.com/watch?v=4Nl7EuuF928
DEMENZA VASCOLARE
La seconda forma più comune tra le tipologie di demenza è quella
vascolare. E' causata dalla diminuzione del flusso sanguigno destinato al
cervello. Costituisce circa il 10-15% di tutte le demenze ed è causata da
uno o più piccoli infarti o da infarti di grandi dimensioni. Ogni persona con
demenza vascolare può manifestare sintomi e decorso della malattia molto
diversi a seconda del danno vascolare alla base della demenza e delle aree
colpite.
I sintomi possono essere:
- deficit di memoria
- capacità alterate di ragionare, prendere decisioni, programmare,
concentrarsi, prestare attenzione
- difficoltà ad iniziare azioni o mansioni
- pensiero rallentato
- cambiamenti di umore e di personalità
- afasia.
DIAGNOSI

evidenza clinica di demenza (quadro tipico: fluttuazioni e


deterioramento "a scalini").
evidenze cliniche e di neuroimaging (TAC, RMN) di malattia
Cerebrovascolare

Fattori di rischio: Diabete, ipertensione, APOe4


Quadro patologico: Microangiopatia vascolare con atrofia
cortico sottocorticale
La prevenzione sembra per questa patologia particolarmente importante,
poiché il ruolo dei fattori di rischio nell’infarto cerebrale coinvolti
nell’insorgenza della demenza vascolare è abbastanza chiaro. A riguardo è
molto importante tenere presente: storia di pregressi TIA, anomalie del
ritmo cardiaco, ipertensione, diabete mellito, alti livelli di colesterolo, fumo
di sigaretta, esagerato utilizzo di alcool.
A differenza della Malattia di Alzheimer, la demenza vascolare (VD)
presenta le seguenti caratteristiche:
- esordio brusco
- progressione a scalini
- deficit "a scacchiera"
- consapevolezza della malattia (insight) da parte del soggetto e quindi
ansia e depressione
- conservazione relativa della personalità
- disturbi della deambulazione
Tipo di demenza Caratteri clinici salienti Neuroimaging Frequenza

Malattia di Alzheimer Atrofia temporo-parietale, 50‒60%


esordio insidioso con deficit mnesico e talora asimmetrica, alla TC e RM.
precoce coinvolgimento globale delle Ipoperfusione nelle stesse aree
funzioni cognitive. alla PET.
Possibile coesistenza di alterazioni
comportamentali all'esordio;
più frequenti nelle fasi intermedie e
avanzate.
Progressione graduale.

Demenza Infarti singoli in aree strategiche 15‒20%


vascolare ischemica esordio acuto (subdolo nella forma (ad esempio infarti talamici, lobo
sottocorticale) spesso con sintomi temporale infero-mediale), multipli in
"focali" e progressione "a gradini". aree di confine, lacune dei gangli della
Compromissione irregolare delle varie base, lesioni estese della sostanza
funzioni cognitive. bianca periventricolare alla TC o RM.
Alla PET ipoperfusione irregolare.
DEMENZA FRONTO TEMPORALE
La demenza Fronto-temporale è caratterizzata da un precoce disturbo
delle funzioni esecutive, definite come capacità di pianificare,
organizzare e regolare un comportamento mirato a raggiungere un
obiettivo, disturbi del ragionamento e del linguaggio in assenza di
gravi disturbi di memoria. Si presenta con cambiamenti di
personalità che possono precedere l’insorgenza della sintomatologia
neuropsicologica: il comportamento diventa anomalo nelle
situazioni sociali, nella condotta e nelle scelte personali.
La persona diventa disinibita nel linguaggio e nei comportamenti
manifestando condotte socialmente inappropriate, iperoralità,
comportamenti ossessivo compulsivi, apatia, irritabilità, depressione,
giocosità, euforia, deliri, difficoltà di critica e giudizio.
DEMENZE FRONTOTEMPORALI CON VARIABILI
COMPORTAMENTALI

La variabile comportamentale è una delle caratteristiche più diffuse della


demenza frontotemporale. I sintomi si manifestano con cambiamenti nel
comportamento e nella personalità, uniti a possibili cambiamenti emotivi e
difficoltà di giudizio. Ad esempio, possono emergere difficoltà nel mantenere
l’autocontrollo o nel gestire la propria aggressività, con tendenze
all’irritabilità. Spesso le persone che ne sono colpite non sono consapevoli
di questi cambiamenti o dimostrano poca considerazione rispetto all’impatto
che il loro comportamento provoca sugli altri.
Con il progredire della malattia, è possibile osservare sempre meno
coinvolgimento nelle attività quotidiane e una tendenza a chiudersi in se
stessi. La degenerazione cerebrale può anche causare comportamenti
eccessivi – ad esempio la smoderatezza nel bere o mangiare, la tendenza a
parlare di continuo e a dire cose oscene o imbarazzanti, l’impulsività e la
disinibizione. Alcune persone possono diventare molto apatiche mentre altre
diventano disinibite.
La malattia di Pick può comparire tra i 40 e gli 80 anni, ma più
frequentemente l’esordio è presenile, e con una frequenza leggermente
maggiore nel sesso femminile. Da un punto di vista anatomopatologico è
presente atrofia dei lobi frontali e temporali, associata alla presenza, visibile
a livello microscopico, di ammassi intracellulare della proteina Tau, noti
anche come corpi di Pick. In base alla localizzazione della degenerazione
neuronale corticale, si possono osservare quadri clinici diversi.
Se l’atrofia è prevalentemente frontale possiamo avere:
- una sindrome apatica: depressione, apatia, abulia, mutismo;
- una sindrome disinibitoria: agitazione psicomotoria, ipersessualità;
- una sindrome ossessivo-compulsiva: ripetizione di parole e gesti (rituali
mentali e motori), ansia generalizzata e angoscia panica.
Se invece l’atrofia è prevalentemente temporale, può comparire una
sindrome di KluverBucy, caratterizzata dalla tendenza ad esplorare per via
orale oggetti, anche non edibili; dall’irresistibile impulso a prestare
attenzione e a reagire ad ogni stimolo visivo; da ipersessualità. I deficit
cognitivi, che solitamente compaiono dopo le manifestazioni
comportamentali, riguardano soprattutto il dominio della memoria e del
linguaggio. Le abilità visuospaziali, invece, contrariamente a ciò che accade
nella malattia di Alzheimer, possono essere a lungo risparmiate. Ovviamente
con il progredire della demenza, il deterioramento cognitivo diventa diffuso.
DEMENZE FRONTOTEMPORALI CON DECLINO DELLE
CAPACITÀ DI COMUNICAZIONE

Afasia primaria progressiva: si manifesta con cambiamenti nella capacità


di parlare, leggere e scrivere. Le persone che ne sono affette comprendono
ciò che sentono o leggono, ma il loro vocabolario e le risorse per esprimersi
sono sempre più limitati, costringendoli a parlare in modo stentato e
sgrammaticato, usando parole sbagliate, magari in assonanza con quelle che
vorrebbero pronunciare. Ma sembrano conservare il significato delle parole.
i primi sei casi sono stati descritti nel 1982 dal neurologo e neuropsicologo
Mesulam, che ha individuato i caratteri necessari per effettuare la diagnosi
di PPA:
- i sintomi sono stabili per almeno due anni dall’inizio della malattia
- per i primi due anni la sintomatologia comportamentale è assente
- non ci sono segni di demenza generalizzata
La PPA è caratterizzata da un disturbo isolato del linguaggio, con
progressiva difficoltà a trovare le parole, aumento della pausa tra una
parola e l’altra, balbuzie e infine afasia non fluente. Può esserci aprassia
ideomotoria e bucco-facciale.
È conservata la capacità di svolgere le attività quotidiane e la
consapevolezza della malattia.
Demenza semantica: anche in questo caso le aree cerebrali colpite sono
quelle deputate al linguaggio. Tuttavia, a differenza dell’afasia prima
progressiva, le persone con demenza semantica parlano, leggono e scrivono
fluentemente e correttamente da un punto di vista grammaticale ma non
sanno più chiamare le cose con il loro nome, non afferrano il significato
delle parole e non riconoscono più rumori e oggetti.
L’esordio della malattia è classicamente caratterizzato da un importante
deficit del linguaggio, che è fluente ma con parole prive di significato.
Sono frequenti le parafasie semantiche e l’ecolalia. È anche presente
una compromissione delle abilità di riconoscimento di oggetti o facce.
Le altre funzioni cognitive per molto tempo sono conservate. Possono
esserci disturbi del comportamento (compulsività, disinteresse, apatia).
DEMENZE FRONTOTEMPORALI CON DISTURBI MOTORI
PROGRESSIVI

Sindrome corticobasale: caratterizzata dalla perdita delle cellule nervose e


dalla riduzione di più aree del cervello tra cui la corteccia cerebrale e i gangli
della base. Provoca una perdita progressiva dei movimenti e insorge
tipicamente intorno ai 60 anni. Il sintomo principale è l’inabilità di utilizzare
mani o braccia per svolgere movimenti. I sintomi possono insorgere
dapprima solo in una parte del corpo, per poi estendersi nel tempo anche
all’altra parte.
Paralisi sopranucleare progressiva: detta anche Sindrome di Steele-
Richardson-Olszewski, caratterizzata da una perdita progressiva e
selettiva di neuroni responsabili del controllo dei movimenti oculari,
dell’equilibrio, della parola e della deglutizione. Le persone con questa
malattia solitamente si muovono lentamente, cadono spesso, perdono la
capacità di espressione facciale, e hanno rigidità nel corpo, soprattutto
nel collo e nella parte superiore del corpo. Tali sintomi sono simili a
quelli della malattia di Parkinson.
Un sintomo caratteristico di questo tipo di demenza è la difficoltà a muovere
gli occhi, soprattutto nel guardare verso il basso, e costringono la persona a
uno sguardo fisso. Possono anche emergere alterazioni di comportamento.

Demenza frontotemporale con parkinsonismo: possono includere


problemi di equilibrio, movimento e rigidità del corpo simile a quelli della
malattia di Parkinson. Possono anche emergere alterazioni di
comportamento o deficit di linguaggio.
Demenza frontotemporale con sclerosi amiotrofica laterale (SLA): i
sintomi includono sia alterazioni di comportamento e linguaggio e sia un
progressivo indebolimento muscolare tipico della sclerosi amiotrofica
laterale. All’inizio possono emergere solo i sintomi di una o dell’altra
malattia; successivamente i sintomi di entrambe le malattie emergono con
progressiva gravità.
L’ESORDIO E LA PROGRESSIONE

Nei primi stadi di tutte le forme di demenza frontotemporale, la


memoria a breve termine e la capacità di orientarsi nello spazio sono
essenzialmente meno compromesse rispetto alla malattia di Alzheimer.
Inoltre la demenza frontotemporale ha spesso un esordio più precoce
rispetto all’Alzheimer; circa il 60% dei casi si verifica in persone di 45-
64 anni. La malattia è progressiva e terminale. Il suo decorso medio è
variabile dai 5 ai 10 anni, ma in alcuni casi può anche protrarsi per oltre
20 anni.
Le più recenti scoperte scientifiche in ambito genetico riguardano
l’isolamento di alcuni geni associati alla demenza fronto-temporale, che
possono influenzare la suscettibilità alla malattia. La più recente scoperta
vede protagonisti i ricercatori Rosa Rademakers, della Mayo Clinic degli
Stati Uniti e Bryan Traynor, del National Institutes of Health, i quali, in
maniera indipendente, hanno entrambi individuato una mutazione in un
gene nel cromosoma 9, il gene C9ORF72. Questa mutazione è la più
comune causa familiare identificata non solo per la DFT, ma anche per la
sclerosi laterale amiotrofica.
La scoperta è risultata particolarmente significativa perché ha individuato
un collegamento genetico fra due malattie che clinicamente appaiono
molto differenti tra loro e può quindi fornire informazioni chiave per
nuove strategie terapeutiche; nella sclerosi laterale amiotrofica il
deterioramento è prevalentemente a carico dei muscoli, mentre nella
demenza fronto-temporale sono il comportamento e la personalità a
cambiare drasticamente.
Tutte queste entità istopatologiche hanno in comune il fatto di essere
caratterizzate, all’interno del quadro clinico, da significativi
cambiamenti del comportamento, della condotta sociale, della
personalità e da precoci disturbi del linguaggio.
RICAPITOLANDO

E' caratterizzata da un iniziale disturbo delle funzioni esecutive (definite


come capacità di progettare e regolare un comportamento mirato a
raggiungere un obiettivo), disturbi del ragionamento e del linguaggio in
assenza di gravi disturbi di memoria. Essa si manifesta con cambiamenti
di personalità che possono precedere l’insorgenza della sintomatologia
neuropsicologica: il comportamento diventa anomalo nelle situazioni
sociali, nella condotta e nelle scelte personali.
Di frequente la persona diventa disinibita nel linguaggio e nei
comportamenti manifestando condotte socialmente inappropriate,
iperoralità, comportamenti ossessivo compulsivi, apatia, irritabilità,
depressione, giocosità, euforia, deliri.
DEMENZA DEI CORPI DI LEWY
Per molti anni questo particolare tipo di demenza è stato considerato una
forma di malattia di Alzheimer con associati disturbi del comportamento e
sindrome parkinsoniana. Successivamente studi anatomopatologici hanno
dimostrato la presenza di lesioni corticali, i cosiddetti corpi di Lewy. Si tratta
di corpuscoli che si trovano all’interno della cellula nervosa, descritti per la
prima volta nel 1912 da F.H. Lewy, medico anatomopatologo.
Anche se è possibile trovare queste lesioni nella malattia di Alzheimer,
tuttavia in assenza di placche senili e di aggregati neurofibrillari, la sola
presenza dei corpi di Lewy identifica una sindrome clinica autonoma
rispetto alle altre forme di demenza degenerativa primaria.
Quadro clinico

- insorgenza di un deterioramento cognitivo progressivo fluttuante


- prevalente deficit dell’attenzione
- allucinazioni visive
- deficit visuo-spaziale
- sindrome extrapiramidale
- disordini del sonno REM
Inizialmente il deficit di memoria può essere lieve, ma nel tempo peggiora
rapidamente. Gli stadi di grave compromissione funzionale vengono
raggiunti in un periodo variabile da uno a cinque anni.
E’ una demenza che ha delle analogie con la malattia di Alzheimer e il
morbo di Parkinson, essa però si caratterizza per la progressiva difficoltà di
attenzione e problemi all’apparato motorio, allucinazioni ed episodi
confusionali. Durante lo stadio iniziale la memoria è ancora ben conservata.
Tuttavia fin dall’inizio insorgono difficoltà nella programmazione,
nell’organizzazione, nell’adattabilità e nella motivazione.
A differenza del morbo di Parkinson, il quale nelle fasi successive della
malattia può anche portare alla demenza, nella demenza a Corpi di Lewy il
decadimento cognitivo si manifesta fin dall’inizio, ossia ancora prima dei
disturbi di movimento.
PARKINSON
Le strutture coinvolte nella malattia di Parkinson si trovano in aree profonde
del cervello, note come gangli della base (nuclei caudato, putamen e
pallido), che partecipano alla corretta esecuzione dei movimenti. La malattia
di Parkinson si manifesta quando la produzione di dopamina nel cervello
cala consistentemente. I livelli ridotti di dopamina sono dovuti alla
degenerazione di neuroni, in un'area chiamata Sostanza Nera.
Il quadro sintomatico del Parkinson varia molto da persona a persona, con
manifestazioni che possono variare sensibilmente per tipo e frequenza:
- Impaccio nei movimenti (bradicinesia, acinesia): man mano che il tempo
avanza risulta sempre meno facile compiere movimenti fluidi. I malati
hanno l’impressione che i loro arti siano «come paralizzati» e soffrono
spesso di crampi dolorosi.
- Rigidità
- Tremore a riposo: all’inizio il tremore a riposo (che compare nel 75% dei
malati) è unilaterale.
- Instabilità posturale: Una conseguenza pericolosa di questo danno è
rappresentata dalle cadute.
- Altri sintomi frequenti del Parkinson sono: alterazioni psichiche (ad es.
depressioni), le anomalie del ciclo sonno/veglia e le turbe del sistema
nervoso vegetativo (regolazione della pressione sanguigna, digestione e
regolazione della temperatura).
Tipo di demenza Caratteri clinici salienti Neuroimaging Frequenza

Demenza Atrofia frontale o frontotemporale alla 2‒9%


frontotemporale precoci disturbi comportamentali TC o RM.
(disinibizione, perdita del controllo Ipoperfusione frontale alla PET.
sociale, iperoralità, stereotipia),
alterazioni dell'affettività (apatia,
disinteresse, ipocondria,
somatizzazioni) e precoci disturbi del
linguaggio

Demenza Fluttuazione dei disturbi (sia cognitivi Atrofia corticale aspecifica alla TC 7‒25%
a corpi di Lewy sia dello stato di veglia), presenza di o RM.
allucinazioni visive ben strutturate, Ipoperfusione occipitale alla PET.
segni extrapiramidali e frequenti
cadute.
Degenerazione Aprassia ideomotoria asimmetrica, Atrofia corticale frontotemporale e Rara
cortico-basale afasia precoce, disinibizione e segni sottocorticale striatale alla RM.
frontali, distonia di un arto,
parkinsonismo.

Paralisi Paralisi sopranucleare dello sguardo, Atrofia della porzione anteriore del Rara
sopranucleare instabilità posturale con cadute, corpo calloso alla RM.
progressiva disartria, deficit di attenzione e deficit Ipoperfusione corteccia frontale alla
cognitivo di tipo sottocorticale. PET.
PARKINSON
CORTOMETRAGGIO

https://www.youtube.com/watch?v=dMXyqVmapRI
DEMENZE RARE
- Atrofia corticale posteriore (PCA): conosciuta anche come Sindrome
di Benson, è considerata una variante atipica dell’Alzheimer (AD).
Rispetto ad altre forme di demenza, spesso colpisce in età precoce (a
partire da 40 anni) provocando un’atrofia della parte posteriore della
corteccia cerebrale, con conseguente progressiva interruzione
dell’elaborazione visiva complessa. In alcuni casi, la PCA può
manifestarsi insieme ad altre forme di demenza, come la demenza a
Corpi di Lewy e la malattia di Creutzfeldt-Jakob.
- La Corea di Huntington viene definita come un’affezione ereditaria
degenerativa del sistema nervoso centrale che determina una distruzione dei
neuroni in particolare a livello dei gangli della base e della corteccia
cerebrale. E' caratterizzata da declino intellettivo e movimenti irregolari ed
involontari degli arti e dei muscoli facciali.
Decorso

1) Lieve e progressiva riduzione della performance intellettiva (ad esempio


difficoltà ad affrontare compiti nuovi o anche usuali mansioni in ambito
lavorativo, o lievi difficoltà di memoria) e alterazioni comportamentali.
Queste ultime possono includono momenti di depressione, irritabilità, ansia
ed apatia.
2) Nello stadio intermedio, il quadro clinico è caratterizzato dalla corea ossia
da movimenti involontari veloci, aritmici e afinalistici. I movimenti possono
essere appena percettibili oppure molto violenti che interessano tutti i
segmenti corporei e risultano particolarmente disabilitanti.
3) Nelle fasi avanzate il quadro neurologico è caratterizzato da una
marcato rallentamento, dalla rigidità e dalla presenza di posture
distoniche. I pazienti necessitano di aiuto nelle attività della vita
quotidiana, come la deambulazione, la capacità di vestirsi o di
alimentarsi. Anche il linguaggio diventa molto problematico. I pazienti
possono mantenere un grado significativo di lucidità e quindi
comprendere la loro condizione percependo lo stato di realtà.
- Sindrome di Gerstmann-Straussler-Scheinker: di natura ereditaria, è una
malattia neurodegenerativa i cui sintomi includono perdita dell’equilibrio e
scarsa coordinazione muscolare. I sintomi della demenza si presentano negli
ultimi stadi della malattia.
- CADASIL è un acronimo che sta per “Cerebral Autosomal Dominant
Arteriopathy with Subcortical Infarcts and Leukoencephalopathy”,
cerebropatia autosomica dominante a infarti lacunari sottocorticali e
leucoencefalopatia. Il termine fu coniato nel 1993 quando se ne scoprì la
causa genetica. Prima di allora la malattia era conosciuta sotto il nome di
“demenza ereditaria multi-infartuale”.
CADASIL è, infatti, una malattia con un elevato fattore di ereditarietà
associata alla mutazione genetica che colpisce il gene NOTCH3. È
caratterizzata da una progressiva occlusione delle arteriole cerebrali che
causano ictus ischemici e lesioni cerebrali che compromettono il
funzionamento del SNC. Si tratta di una malattia così rara che risulta
sconosciuta anche a molti medici.
Nonostante la bassa casistica, recentemente la malattia ha attirato
l’interesse sia in ambito clinico che di ricerca in quanto può nascondersi
dietro patologie molto più frequenti, come gli attacchi ischemici.
Infatti, come scrive la Dott.ssa Anna Bersano, che lavora presso l’Unità
Operativa di Malattie Cerebrovascolari della Fondazione I.R.C.C.S.
Istituto Neurologico “Carlo Besta” di Milano, si ritiene che circa l’1-5%
degli ictus possa essere associato a CADASIL.
Nell’80% dei casi, il principale sintomo della CADASIL si tratta proprio
dell’ictus, ma essa può manifestarsi anche attraverso emicranie, disturbi di
memoria, decadimento cognitivo, convulsioni, manifestazioni psichiatriche
e disturbi dell’umore. A volte, la CADASIL può evolvere in un
deterioramento cognitivo progressivo, caratterizzandosi di fatto come una
forma di demenza su base vascolare multi-infartuale che può causare anche
gravi disabilità.
La CADASIL è una condizione lenta e progressiva con una variabilità
molto alta a livello individuale. E’ caratterizzata da 5 sintomi principali:
attacchi ischemici transitori (TIA) e ictus ischemici ricorrenti; declino
cognitivo, emicrania con presenza di aura; disturbi dell’umore; apatia. È
una malattia che può presentarsi a varie età nella persona adulta. L’età
media di inizio degli eventi ischemici è di 47 anni, con un esordio variabile
dai 20 ai 70 anni (Opherk et al 2004). Al momento non esiste una terapia
risolutiva o un trattamento specifico che consente di guarire dalla
CADASIL; esistono invece trattamenti che permettono di gestirne i
sintomi.
VIDEO Novilunio

https://novilunio.net/la-demenzia-ad-esordio-precoce/
IL PROCESSO DIAGNOSTICO
Tutti i cambiamenti, che compromettono sempre di più l’autonomia del
paziente fino ad interferire sul normale svolgimento delle attività
quotidiane di cura personale, sulla attività lavorativa e sulle relazioni
interpersonali, devono essere documentati da una storia clinica. Questa
consiste nella raccolta del maggior numero di informazioni riguardanti
l’esordio della malattia (quando sono stati notati i primi sintomi e quali
sono stati) e l’impatto dei disturbi sulle attività normalmente svolte dal
soggetto. La storia clinica è costituita da una Anamnesi.
1) Anamnesi:
- L’anamnesi familiare è volta ad accertare l’eventuale presenza della
ricorrenza familiare di un disturbo cognitivo
- L’anamnesi fisiologica indaga abitudini di vita (alimentazione, alcol,
tabagismo, abuso di sostanze stupefacenti, ecc.).
-L’anamnesi patologica remota mira a reperire informazioni relative a
eventuali malattie contratte in passato (trauma cranico, malattie
professionali, ecc...);
- L’anamnesi patologica prossima è volta all’analisi dei disturbi recenti e
mette in luce l’esordio della sindrome clinica.
- L’anamnesi farmacologica riveste particolare importanza per escludere
eventuali stati confusionali da farmaci o effetti indesiderati da
polifarmacoterapia.
- L’anamnesi neuropsicologica valuta la modalità di esordio dei disturbi
cognitivi, le caratteristiche temporali (epoca di esordio, andamento di
evoluzione), la presenza di deficit focali di linguaggio, di altri deficit focali
corticali o sottocorticali, di disturbi comportamentali.
- La valutazione delle abilità funzionali nelle attività della vita
quotidiana (di base-ADL e strumentali complesse-IADL) è parte
integrante della valutazione complessiva del paziente.
-L’anamnesi psichiatrica, infine, accerta eventuali precedenti di
patologia psichiatrica e la comorbilità con depressione o psicosi.
- L’anamnesi neurologica indaga la presenza di deficit motori o
sensitivi e la loro correlazione temporale con i disturbi cognitivi.
- La valutazione della comorbilità riveste importanza non solo al
momento della diagnosi, ma anche durante tutto il decorso della
demenza ed è un importante fattore predittivo di mortalità
2) Esame obiettivo
- L’esame clinico generale

3) Esami laboratoristico-strumentali
Il paziente che accede al CDCD dovrebbe aver effettuato un esame
radiologico di neuroimaging di base e uno screening ematochimico.
4) Test biologici
- Analisi liquorale: L’analisi standard del CSF non apporta specifiche
informazioni, ma può essere eseguita se si sospetta una causa
infiammatoria della demenza (es. vasculite), una patologia ematologica,
una malattia demielinizzante, neurosifilide, borreliosi, HIV-AIDS o cause
paraneoplastiche (Evidenza di classe II). Biomarcatori liquorali (A-B 42,
T-TAU e P-TAU) non dovrebbero essere considerati un test di routine e la
loro valutazione dovrebbe essere considerata aggiuntiva all'esame clinico.
- Analisi genetica: Si propone in caso di malattia di Alzheimer ad
insorgenza precoce oppure in caso di chiara ricorrenza familiare. È
importante che questa indagine sia affiancata da una opportuna
consulenza specialistica del genetista.
Strumenti di Valutazione
La valutazione delle funzioni cognitive

- Mini Mental State Examination


E’ sicuramente lo strumento più diffuso per la rapidità e facilità di
applicazione. Indaga sommariamente la memoria immediata e differita
di materiale verbale, il linguaggio, l’orientamento spazio-temporale,
l’attenzione, il calcolo e la prassia. E’ un buon strumento di screening
sulla cognitività globale ma non consente l’approfondimento di alcuna
componente e soprattutto non rende possibile una adeguata
differenziazione dei profili cognitivi
- Milan Overall Dementia Assesment ( MODA )
E’ una breve batteria testistica che fornisce una valutazione più articolata
di: attenzione, intelligenza, memoria, linguaggio, cognizione spaziale e
percezione visiva. Permette di differenziare le competenze nelle diverse
aree cognitive al fine di strutturare un intervento mirato ma anche di
ottenere un punteggio globale indicativo del livello di compromissione
complessiva. La sua somministrazione richiede un tempo approssimativo
di circa 30 minuti.
- Severe Impairment Battery (SIB)
Viene utilizzata con pazienti giudicati moderato-severi che non
riuscirebbero ad essere adeguatamente testati con gli strumenti
precedenti. Richiede un tempo relativamente breve di somministrazione
(20 minuti) ed è composta da richieste semplici che prevedono risposte
sia verbali che non verbali. Permette di valutare lo stato dell’attenzione,
dell’orientamento, il linguaggio, le abilità visuospaziali e prassiche. E’
uno strumento attendibile e permette valutazioni ripetute nel tempo,
prima e dopo gli interventi riabilitativi.
- Alzheimer Disease Assesmente Scale (ADAS)
E’ uno strumento solitamente non utilizzato in fase diagnostica ma utile
per valutare l’efficacia di un intervento terapeutico o riabilitativo.
Consente di sondare diverse funzioni cognitive (apprendimento
immediato e differito, riconoscimento, orientamento, prassie,
comprensione, qualità del linguaggio spontaneo). La somministrazione
richiede un tempo medio di circa 30 minuti.
Test for Severe Impairment (TSI), prove per la valutazione del
livello di deterioramento cognitivo utilizzate con soggetti molto
compromessi cognitivamente, di Albert e Cohen (1992).
Digit span (taratura Carlesimo et al, 2013)

• Test di Corsi (taratura Carlesimo et al, 2013)


• 15 parole di Rey (versione in MDB)
• Fig.complessa di Rey-Osterreith- recall (Cafarra et al. 2002)
• Memoria di Prosa (taratura Carlesimo et al, 2002)
• Trail Making Test (taratura Giovagnoli et al, 1996)
• Test delle Matrici Attentive (taratura Della Sala et al.,1992)
• Test di Stroop (taratura Caffarra et al, 2002)
• Denominazione visiva (Versione Sartori et al, 1988, 1992)
• Fluenza verbale fonemica (taratura Costa et al, 2013)oni,1987)
• Fluenza verbale semantica (taratura Costa et al, 2013)
• Frontal Assessment Battery (taratura Appollonio et. al, 2005)
• Matrici Progressive Colorate di Raven (PM-47)Versione in MDB
• Test dell’Orologio (Vers. Freedman, taratura Caffarra et al, 2011)
• Weigl’s Sorting Test (taratura Laiacona et al, 2000)
• Copia di disegni Spinnler e Tognoni (taratura Spinnler e Togn
Lo stato funzionale

- Activities of Daily Living (ADL) – Fornisce un punteggio indicativo


della capacità della persona di compiere in modo autonomo alcune
funzioni basilari della vita quotidiana (alimentazione, abbigliamento,
igiene personale, fare il bagno, uso dei servizi igienici, capacità di
spostamento).
- Insturmental Activities of Dailiy Living (IADL) – Analizza la
capacità di svolgere in modo autonomo attività complementari più
complesse di quelle analizzate dale ADL (uso del telefono, fare la
spesa, preparare il cibo, cura della casa, bucato, uso dei trasporti,
assunzione di farmaci, gestione del denaro).
- Disability Assessment for Dementia (D.A.D.)
- Barthel Index (stabilisce il grado di autonomia)
- Bedford Alzheimer Nursing Severity Scale (BANSS) (per le fasi
avanzate)
- Scala di Tinetti (rischio caduta)
- Physical Performance Test (PPT) (scrivere, simulare
l'alimentazione, indossare una giacca ecc)
- Direct Assessment of Functional Status (DAFS)
Sintomi non cognitivi

- UCLA Neuropsychiatric Inventory (NPI) – Consente di valutare


attraverso un colloquio strutturato con i caregivers più prossimi (operatori o
famigliari) lo stato psichico e comportamentale del soggetto in qualunque
fase della malattia. Viene rilevato inoltre l’impatto stressante che i sintomi
producono nelle persone che si prendono cura del malato.
- Scala dei Disturbi Comportamentali nella Malattia di Alzheimer
(Behave-AD) – Lo strumento rileva la presenza e la qualità dei sintomi
neuropsichiatrici che caratterizzano la demenza, in particolare di tipo
Alzheimer. E’ uno strumento che si presenta sotto forma di questionario e
che può essere compilato anche autonomamente dal caregiver.
- Cornell Scale, scala di osservazione dei sintomi depressivi in soggetti
con demenza severa, di Alexopulos et al. (1988).
- Geriatric Depression Scale (GDS)
- Scala per la valutazione dell’insight - CIR
- Cumulative Illness Rating Scale (CIRS): per la Valutazione della
comorbidità somatica
- Caregiver burden Inventory (CBI): per la Valutazione dei
caregivers
- Clinical Dementia Rating Scale: per la Valutazione complessiva
della gravità
I DISTURBI COMPORTAMENTALI NELLE DEMENZE
COS'E' QUELLO?
CORTOMETRAGGIO

https://www.youtube.com/watch?v=_YOqWqo9ctA
“Quando il cervello subisce dei cambiamenti che impattano la memoria,
il ragionamento, il linguaggio e le altre forme di comunicazione, il
comportamento diventa il metodo primario di espressione non verbale”
I disturbi comportamentali sono una grande causa di “stress” per chi
assiste, in particolare aggressività e vocalizzazioni.

Le persone con BPSD (in istituzione) sono a rischio di: ricevere


contenzione fisica ed essere sottoposti a trattamenti antipsicotici.
- nella demenza vascolare (VaD) la gravità della demenza non sembra
avere alcun impatto sulla frequenza dei BPSD, eccetto per apatia e
attività motoria aberrante;
- nella demenza a corpi di Lewy (LBD) la frequenza di deliri,
allucinazioni, disinibizione e disturbi del sonno aumenta con la severità
della demenza;
- nella malattia di Azheimer (AD) la severità della demenza è spesso
associata con un aumento della frequenza dei BPSD clinicamente
rilevanti.
I sintomi non cognitivi, BPSD, sono espressione del tentativo di
adattamento ai sintomi cognitivi ed al deficit di funzionamento che ne
consegue.
BPSD

• Modificazioni della personalità: è frequente che la demenza si


manifesti precocemente con alterazioni del carattere, generalmente nel
senso di un’accentuazione dei tratti caratteristici della personalità,
talvolta con la comparsa di caratteristiche opposte. Dal punto di vista
psicopatologico, si può interpretare:
− l’accentuazione di caratteristiche preesistenti come tentativo del
soggetto di riconfermare la propria identità,
− la comparsa di tratti opposti come tentativo di adattamento ad una
situazione mutata, con la ricostruzione di una nuova identità.
• Alterazione dell’umore: la depressione è il sintomo più frequente; si
possono osservare anche disforia, euforia, ansia spesso associata a fobie,
irritabilità.
• Aggressività: può essere verbale o fisica, diretta contro cose o contro
persone. In genere è espressione di rabbia, paura, frustrazione, talvolta
non immediatamente comprensibili, dovuti ad erronea interpretazione
delle situazioni o dei comportamenti altrui. Raramente il paziente rivolge
verso se stesso l'aggressività (autoaggressività). Il fatto di non
comprendere la propria situazione attuale disorienta il paziente, è questo
determina ovviamente ansia e spavento.
AGGRESSIVITA': COSA FARE?

Riuscire ad individuare la causa scatenante esatta aiuterà a trovare la


soluzione ottimale per il comportamento aggressivo: il malato
generalmente reagisce generalmente ad una situazione che gli incute
paura, senso di pericolo o di frustrazione. Può spaventarlo una
posizione sbagliata di chi lo assiste, o un atteggiamento che vive come
troppo dominante, autoritario. Altre volte, la causa va ricercata in un
insuccesso nelle attività di vita quotidiana: allacciare i bottoni di un
vestito, aprire i cassetti di un armadio: l’incapacità gli genera
un’insopportabile frustrazione.
Anche cambiamenti improvvisi dell’ambiente possono esserne causa:
rumori acuti e troppo forti, oscurità o luce eccessive, stimolazioni
allarmanti. In alcuni casi, l’aggressività può costituire il segnale che il
malato ha un problema fisico: dolore, stitichezza, un’infezione.

È fondamentale ascoltare attentamente il paziente, mostrare di volere


innanzitutto sentire quale sia il suo problema e solo successivamente
rispondere. Un tentativo di calmarlo a tutti i costi viene
immediatamente respinto dal paziente aggressivo, che reagisce a tali
tentativi come oppositivi e a lui ostili.
Spesso il paziente risponde con aggressività al fatto di sentirsi smarrito e
non ascoltato e rispettato nei suoi bisogni. Frequentemente i
comportamenti aggressivi del malato compaiono in concomitanza con
la richiesta di compiere alcune manovre assistenziali: l’igiene della
persona, il bagno, il vestirsi, lo svestirsi. Queste operazioni implicano
un contatto con il corpo della persona con demenza che può essere
vissuto come un’invadenza e una violazione: se infatti nel malato è
andato smarrito il concetto di lavarsi e se l’acqua non è più
riconosciuta, ma viene avvertita come qualcosa di estraneo e
incomprensibile, e così si può capire quanto difficile sia per il malato
lasciarsi fare una serie di cose, prive di senso per lui, sul proprio corpo.
Analogamente, il vestirsi prima e lo spogliarsi più avanti, divengono
manovre prive di significato per la persona con demenza che ne coglie
soltanto gli aspetti di invadenza e violazione nei confronti del proprio
corpo quando vengono eseguiti da altri.
Si può ricorrere alla distrazione del malato per compiere le manovre
necessarie a tali operazioni ammortizzando, se non eliminando in
buona parte, le sue reazioni aggressive. Occorre cioè fare leva sul
deficit dell’attenzione proprio della demenza: spostando, attirando
l’attenzione del malato su uno stimolo per lui piacevole, che gli
produce benessere, che lo interessa, diminuiamo la quantità di
attenzione a disposizione per seguire le manovre assistenziali che noi
dobbiamo compiere.
Per ogni persona con demenza esiste qualcosa di interessante e attraente: si
tratta di individuare uno o più di questi stimoli, farne tesoro e
impiegarli al momento opportuno: può trattarsi di una canzone dei
vecchi tempi, di una filastrocca, di un ricordo che il malato recupera
senza eccessiva fatica così da non badare a quei gesti o manovre che
stiamo compiendo su di lui. Oppure potremmo provare a dargli da
tenere in mano qualcosa che lo interessa. Anche non insistere,
rinviando a un secondo momento la proposta che ha provocato una
prima risposta irritata, può essere una buona soluzione.
• Affaccendamento: è l’aumento dell’attività motoria afinalistica, fino alla
manipolazione inconcludente di tutti gli oggetti che capitano sottomano.
L’irrequietezza motoria può sfociare in un incremento deambulatorio
continuo, senza scopo, con impossibilità di stare fermo. Tipica è la
“spinta verso casa” che si osserva quando il soggetto si trova in ambienti
non familiari e che lo induce a raccogliere tutto ciò che trova e a farne
fagotto per “andare a casa”. La spinta verso casa è una reazione
comprensibile tenendo conto del disorientamento spazio-temporale e dei
deficit mnesici.
- Vocalizzazione persistente: il soggetto dice o domanda le stesse cose più
volte o si lamenta in maniera continua. È conseguenza del deficit di
memoria e di capacità critica.
- Allucinazioni: Le allucinazioni sono percezioni sensoriali non
corrispondenti alla reale presenza di un oggetto esterno. Non rare le
allucinazioni ipnagogiche, soprattutto quando il ritmo sonno-veglia è
alterato. Le allucinazioni sono più frequenti nella demenza con corpi di
Lewy e rare nell'AD.
- Deliri: sono idee non corrispondenti al reale, ma fermamente ritenute vere
dal paziente. Non è possibile convincere il paziente della loro falsità. Il
carattere di immodificabilità è ciò che caratterizza il delirio. Quando un
paziente mostra un comportamento delirante è inutile cercare di
modificarlo. Esprimono spesso delle preoccupazioni comprensibili (il
delirio di latrocinio si collega al tema della perdita, spostato su oggetti
materiali e vissuto in chiave paranoica, anziché depressiva. Il malato non
ritrova gli oggetti di uso quotidiano a causa dei suoi disturbi di
memoria.
Ma non ricordando di soffrire di questo problema, non imputa il mancato
ritrovamento alla sua malattia ma al fatto che qualcuno possa aver rubato
le sue cose. Quindi va a nascondere le cose a cui tiene di più e di
conseguenza gli oggetti saranno sempre più introvabili; il delirio di
gelosia esprime il timore di perdere le persone care; il delirio di
nocumento/veneficio ed il delirio ipocondriaco si collegano al timore della
perdita della salute ed al timore della morte).
- sindrome di Capgras: convinzione che una persona familiare sia stata
rimpiazzata da una copia esatta;
− sindrome di Fregoli: (agnosia visiva): convinzione di riconoscere una
persona familiare in soggetti che, invece, sono estranei.
− delirio d’intermetamorfosi: convinzione che persone note si tramutano
fisicamente e psicologicamente in altri soggetti;
− delirio di “sosia soggettivo”: idea che un proprio sosia agisca in modo
indipendente da sé;
- il delirio di Cotard esprime la negazione del timore della morte. E'
caratterizzata dalla convinzione di essere morti o di avere perso tutti gli organi
vitali. Chi soffre di questa patologia arriva a negare totalmente di esistere.
DELIRI: COSA FARE?

È possibile intervenire sui deliri, ma per ottenere risultati discreti bisogna


innanzitutto cercare di capire quale sia la loro origine:
1) Delirio come tentativo di ricostruzione di una realtà solo parzialmente
percepita, ricordata e rappresentata, a causa dei disturbi cognitivi: talvolta
il delirio può nascere da un’errata interpretazione della realtà, situazione che
spesso si verifica nei malati di AD, che sono cognitivamente compromessi su
almeno tre livelli di elaborazione cognitiva necessari per la comprensione
della realtà: la percezione, il ricordo e la rappresentazione.
La "costruzione" della realtà è l’unico modo che l'uomo ha per relazionarsi
con essa.

2) Delirio come metafora del paziente per rappresentare se stesso e la sua


situazione a se stesso, e per comunicarla agli altri: Con il delirio la
persona rappresenta i propri disagi. Bisogna adeguarsi al paziente
piuttosto che attendersi che sia il paziente ad adeguarsi alla realtà. Il
caregiver dovrà ascoltare il paziente per capire i significati del paziente,
veicolati col linguaggio del suo delirio, e rispondergli utilizzando il suo
stesso linguaggio, esattamente come ad uno straniero bisogna parlare
nella sua lingua.
3) Delirio come meccanismo di difesa: Il delirio può infine avere anche
un ruolo diverso da quello dell’autorappresentazione e della
comunicazione. Esso permette di approfittare dei problemi di memoria
per coprire realtà angoscianti a cui il paziente non saprebbe come
far fronte perché non ha più sufficienti risorse mentali per far fronte a
realtà particolarmente dolorose. Per questo insieme di ragioni il
comportamento delirante non va ulteriormente contrastato, ma
piuttosto deve essere rispettato.
Gli elementi del delirio costituiscono il linguaggio che l'operatore stesso
dovrà usare rispondendo al paziente, con l'obiettivo di risolvere i
suoi timori, volgere in positivo un vissuto sgradevole, condividere le
sue gioie e mantenere integre le sue difese.
Oliver Sacks, celebre neurologo, professore alla New York University
School of Medicine, è morto nel 2015 e qualche anno prima aveva
festeggiato i suoi ottant’anni pubblicando sul New York Times, un
elogio della vecchiaia, da lui vissuta come l’inizio di una nuova era.
Sacks è divenuto famoso anche come autore di molti libri che
mescolano l’esperienza fra pazienti affetti da danni neurologici alle
vicende autobiografiche e alla sensibilità dello scrittore. I titoli più noti
sono Risvegli (che nel ’90 divenne un film con Robin Williams e
Robert De Niro, candidato a tre Oscar) e L’uomo che scambiò sua
moglie per un cappello.
Queste alcune sue parole tratte dal suo elogio alla vecchia:
“Durante gli ultimi due giorni sono stato in grado di guardare alla
mia vita come se la osservassi da un’altitudine, come una sorta di
paesaggio, e con un profondo senso di connessione tra tutte le sue
parti. Ma questo non significa che con la vita ho chiuso. Al
contrario, mi sento intensamente vivo, e voglio e spero che nel
tempo che mi resta sarò in grado di approfondire le mie amicizie, di
dire addio a coloro che amo, di scrivere ancora di più, di viaggiare
se ne avrò la forza, di raggiungere nuovi livelli di comprensione e
consapevolezza interiore.
Sono diventato progressivamente cosciente, nel corso degli ultimi 10
anni, della morte tra i miei contemporanei. La mia generazione è
sulla strada d’uscita, e ogni morte l’ho sentita come un distacco,
come se mi avessero strappato di dosso una parte di me. Non ci sarà
più nessuno come noi quando ce ne andiamo, non c’è mai stato
nessun essere umano uguale ad un altro. Lasciano dei vuoti che non
possono essere riempiti, e questo è il destino – il destino genetico e
neurale – di ogni essere umano, quello di essere un individuo unico,
come unica è la ricerca del suo percorso, il suo modo di vivere la
sua vita, il suo modo di morire la sua morte.
Non riesco a fingere di non avere paura, ma il sentimento
predominante è la gratitudine. Ho amato e sono stato amato; ho
dato tanto e ho avuto qualcosa indietro; ho letto e viaggiato e
pensato e scritto. Ho avuto uno scambio con il mondo, lo scambio
speciale di chi scrive e chi legge”.
RICAPITOLANDO

Innanzitutto capire la natura del delirio ( a. comprensione lacunosa della


realtà, b. necessità di rappresentare se stessi o di esprimere problemi non
altrimenti comunicabili con funzioni cognitive carenti, c. meccanismo di
difesa)
a. Fornire al paziente gli elementi mancanti che gli permettono di
formarsi una migliore interpretazione della realtà
b. Utilizzare i medesimi elementi del delirio del paziente per aiutarlo ad
elaborare il problema che egli cerca di esprimere
c. Rispettare le convinzioni erronee, sapendo che queste rispondono ad
esigenze emotive altrimenti non gestibili in presenza dei gravi deficit
cognitivi
• Misidentificazioni: La misidentificazione è un tipo particolare di delirio
che viene spesso confuso con un comportamento allucinatorio. Il paziente
tratta stimoli non viventi (figure, fotografie, immagini televisive,
immagini riflesse allo specchio, bambole, ecc.) come se fossero reali. Si
tratta di false convinzioni basate su stimoli reali, ma che vengono
interpretate in maniera scorretta. Oppure non si riconoscono nello
specchio e pensano che ci sia qualcun altro nella stanza, (per questo è
importante prestare attenzione all’arredamento).
− “phantom boarder”: presenza di estranei (fantasmi) che vivono nella
propria casa
− picture sign”: la televisione come “ vissuto concreto” con cui il paziente
si misura ed interagisce
•Fenomeno del “sundowning”: caratterizzato dal peggioramento della
sintomatologia al tramontare del sole e comunque in tutte le situazioni di
passaggio da una buona illuminazione ambientale ad una illuminazione
scarsa. E’ legato ad alterata percezione ambientale che provoca aumento
della confusione fino a generare illusioni e allucinazioni.

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