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PSICOLOGIA DELL'INVECCHIAMENTO

CORSO AGING PSYCHOLOGY


IUSVE

Dott.ssa Maria Lucia Caniglia

Psicologa Esperta in
Neuropsicologia
Il concetto di Riserva

A partire dalla fine degli anni ’80 numerosi studi hanno infatti dimostrato
come i cambiamenti patologici nella demenza di Alzheimer non producano
necessariamente manifestazioni cliniche. La non diretta relazione fra il grado di
severità del danno cerebrale – sia esso acquisito, o dovuto all’invecchiamento,
o all’insorgenza della patologia degenerativa – e le sue manifestazioni
cliniche, ha portato a proporre e a adottare la nozione di riserva.
La riserva cerebrale o «soglia» indica la quantità del danno che il cervello può
accumulare prima di tradursi in espressione clinica. Questo modello presuppone
l'esistenza di un limite fisso che, una volta raggiunto, inevitabilmente annuncia la
comparsa delle manifestazioni cliniche. Una sorta di resilienza del nostro cervello.
Il primo studio in cui si utilizzò il termine di «riserva», risale a Katzman et
al. (1988). Gli autori, esaminando post-mortem il cervello di 137 anziani,
hanno trovato che c'erano alcuni individui con una discrepanza tra i danni
patologici presenti e la loro manifestazione clinica.
Si notò che individui senza manifestazione clinica avevano un cervello più
pesante e una più grande quantità di neuroni. Questo risultato ha portato gli autori
a proporre che l’assenza di manifestazione clinica poteva essere dovuta a una
maggiore «riserva» grazie alle dimensioni del cervello e alla maggior presenza di
neuroni. Quindi individui con una circonferenza cranica più larga, un volume
cerebrale più ampio, una più forte densità sinaptica manifestano più tardi i deficit
associati ai processi degenerativi rispetto ad individui con valori inferiori rispetto
ai suddetti indicatori, grazie a un substrato neurale sufficiente per supportare un
funzionamento non patologico.
La riserva cognitiva fa riferimento a differenze di natura qualitativa rispetto
a come l’individuo gestisce le sue risorse. Si tratta dell’abilità del cervello
di improvvisare e trovare modi alternativi per completare un lavoro. La sua
capacità di compensare i danni per poter funzionare in modo adeguato. Due
individui a parità di riserva cerebrale possono infatti distinguersi nel modo
di reagire ai danni cerebrali. In altre parole, se due individui hanno una
medesima quantità di riserva cerebrale, l’individuo con più riserva cognitiva
può tollerare delle lesioni più estese prima che appaia un disturbo clinico
rispetto all’altro individuo.
Molta di questa riserva cognitiva è influenzata da fattori ambientali che possono
essere sviluppati e ampliati nel corso della vita.
Gli aspetti che influenzano la nostra riserva cognitiva sono:
- LIVELLO DI SCOLARITA'
- LA SOCIALITA'
- STILE DI VITA
- ATTIVITA’ FISICA
Cosa succede nel cervello a livello anatomico?

• Riduzione dei dendriti e delle sinapsi


• Riduzione della plasticità neuronale
• Riduzione del numero e della funzionalità dei recettori

Ridotta sintesi neurotrasmettitori

Aumento sclerosi cerebrale

Ridotto flusso sanguigno
A causa di questi cambiamenti associati all’età, il cervello può funzionare
un po’ meno bene. Gli anziani possono reagire e svolgere compiti in modo
leggermente più lento, ma a parte il tempo, riescono a portare a termine tali
compiti con precisione.
Manifestazioni funzionali dell'invecchiamento fisiologico
a livello cognitivo

- Rallentamento psicosensoriale e motorio, il quale si traduce in un


allungamento tempi di reazione
- Rallentamento nel processare le informazioni
- Aumento della componente cristallizzata dell'intelligenza
- Graduale compromissione delle capacità fluida
- Graduale compromissione delle capacità di apprendimento. Un fattore
fondamentale per contrastare in parte il deterioramento mentale resta quello della
stimolazione e dell'esercizio.
- difficoltà a ritenere nuove informazioni e nozioni apprese da poco tempo
- flessione delle abilità visuo-spaziali: in termini pratici ciò implica una ridotta
capacità di discernimento delle distanze, della disposizione degli oggetti nello
spazio, della velocità di spostamento degli oggetti stessi.
- riduzione delle abilità visuo-prassiche con conseguente difficoltà di
coordinamento tra la visione e la esecuzione dei movimenti.
Dal punto di vista pratico, queste variazioni, associate ad una riduzione dei tempi
di reazione, compromettono alcune attività motorie tra cui in particolare la guida
dell’automobile.
- invece le memorie episodica e semantica non presentano riduzioni
significative
- non vi sono evidenti alterazioni del linguaggio
Modifiche Comportamentali

E' possibile osservare nell’età senile alcune turbe comportamentali, tra cui le più
frequenti sono rappresentate da alterazioni del ritmo sonno-veglia, labilità emotiva e
tendenza alla depressione. Contrariamente a quanto comunemente si pensa, la durata
totale del sonno nel corso delle 24 ore si modifica di poco: gli anziani dichiarano di
dormire poco durante la notte, ma in genere compensano con alcuni sonnellini durante
il giorno.
Si modifica invece più sostanzialmente la struttura del sonno, con riduzione e
frammentazione del sonno REM.
Aspetto motorio

Sotto il profilo motorio l’invecchiamento del cervello comporta le seguenti


alterazioni:
- postura in lieve flessione, andatura incerta, a piccoli passi
- riduzione della forza, poiché i nervi tendono ad autoripararsi in modo più lento e
incompleto. Ciò porta l'anziano a sentire insicurezza, debolezza e instabilità.
Sensibilità dolorifica

La sensibilità dolorifica mostra una tendenza alla riduzione durante


l’invecchiamento. Questo fenomeno dipende da alterazioni del sistema nervoso
centrale e assume la massima evidenza in soggetti con grave atrofia cerebrale e
demenza senile. Dal punto di vista clinico la riduzione della sensibilità comporta
una descrizione anamnestica del sintomo dolore con termini vaghi e indistinti.
Anche molti quadri clinici gravi (infarto miocardico acuto, pancreatite, diverticolite,
ecc.) possono manifestarsi senza il sintomo “dolore”.
Organi di senso

ORECCHIO
Sotto il profilo funzionale si osserva:
- una ridotta sensibilità alle alte frequenze
- una ridotta percezione acustica (specie in presenza di rumore di fondo: effetto
“cocktail party”)
- una ridotta capacità di localizzazione dei suoni
- si manifestano inoltre disturbi posturali ed insicurezza ed instabilità specie nei
movimenti al buio.
OCCHIO
Sotto il profilo funzionale:
- la lacrimazione si riduce,
- la pressione endo-oculare aumenta
- la elasticità del cristallino diminuisce
- la percezione dei colori può essere alterata
- difficoltà di adattamento nel passaggio da ambienti luminosi ad ambienti bui
- ridotta discriminazione visuo-spaziale
Queste alterazioni morfologiche e funzionali favoriscono la comparsa di
tipiche patologie quali presbiopia, glaucoma, cataratta e degenerazione
maculare.
CUTE

- La cute appare sottile, rugosa, fragile depigmentata ed abitualmente secca.


- vi è ridotta secrezione sudorale che compromette la termoregolazione
- I capelli imbiancano (ridotta produzione di melanina) ed appaiono più radi e
fragili; fenomeni degenerativi si osservano anche a carico delle unghie che
appaiono sottili, fragili, rigate e con crescita rallentata.
- Ridotta capacità di sintesi della Vitamina D, la quale favorisce la osteoporosi.
Sistema immunitario

- Le cellule del sistema immunitario agiscono in modo più lento. Queste cellule
identificano e distruggono le sostanze estranee come i batteri, altri microbi
infettanti e probabilmente le cellule tumorali.
- Alcune infezioni, come la polmonite e l’influenza, sono più comuni tra gli
anziani e provocano la morte con maggiore frequenza
- Con il rallentamento del sistema immunitario, le malattie autoimmuni diventano
meno comuni.
- I sintomi di allergia possono diventare meno gravi.
L'immaginazione

La creatività è la capacità di inventare. È il vedere ciò che non appare, il


poter descrivere ciò che non c’è ma potrebbe esserci. L'anziano ha una
grande potenzialità creativa, perché, distaccandosi progressivamente dal
mondo del concreto, si ritrova a poter creare ciò che non c’è.
Aspetti psicodinamici

rigidità tratti caratteriali


egocentrismo

labilità emotiva

ipersensibilità alla frustrazione


ferita narcisistica

centralità del corpo


ideazione prevalente su prossimità della morte



Aspetti psicosociali

Lutti

“Nido Vuoto”

Pensionamento: dal tempo libero al tempo vuoto


Riduzione dell’autonomia

Isolamento

Ristrettezze finanziarie

La relazione con i nipoti

I legami diventano ancora più importanti e per questo si fanno essenziali,


veri, senza finzioni, senza maschere.
La vecchiaia è l’età dei legami puri. L'anziano, oltre ai figli, ha anche i nipoti. È,
questo, uno strano rapporto, poiché i piccoli rappresentano l’unica realtà sulla
quale si crede ancora di poter incidere. Di fatto, quello di nonno è il titolo a cui
l'anziano tiene di più. Sente che il ruolo di nonno è l'ultimo dovere che ha, è
l'ultimo ruolo.
I desideri

Se il cuore è il motore del nostro corpo, i desideri lo sono per la nostra


mente.
Si è soliti pensare che i desideri appartengono ai giovani, agli uomini
impegnati, alle fasi dell’esistenza per le quali il futuro è la grande risorsa, il
tempo che verrà. In realtà gli anziani hanno altrettanto bisogno di
desiderare di quanto ne avevano nel passato, perché i desideri danno uno
scopo alla vita.
È certo che il loro contenuto cambia con l’età; i desideri dei vecchi sono
piccoli, e non necessariamente si legano al fare, al protagonismo, alle grandi
aspirazioni. Non sono i desideri dell’Homo faber, della voglia di fare, di
avere, ma il sogno che venga qualcuno a trovarti e che ti abbracci. Che un
lontano amico di passaggio si fermi e ti riporti con la memoria in un tempo
perduto e amato.
Normalità o patologia?

10 manifestazioni da tenere sotto


controllo

1) Perdita di memoria: E’ normale dimenticarsi, una volta ogni tanto, gli


appuntamenti, i nomi dei colleghi, i numeri di telefono di amici e ricordarseli più
tardi. Una persona con demenza potrebbe dimenticarsi queste cose molto spesso e
soprattutto non ricordarsele neppure a distanza di tempo. La perdita della memoria
riguarda soprattutto gli eventi successi di recente.
2) Difficoltà nelle attività quotidiane: A tutti può capitare di essere distratti e di
lasciare per esempio l’insalata nel lavello e di servirla soltanto alla fine del pasto.
Una persona con demenza può invece essere totalmente incapace di cucinare, oppure
dimenticarsi di mangiare.
3) Problemi con il linguaggio: A tutti può capitare di avere una parola “sulla punta
della lingua”. I malati di Alzheimer però possono dimenticare parole semplici, di uso
comune, oppure utilizzare una parola al posto dell’altra, rendendo così il proprio
discorso di difficile comprensione.
4) Disorientamento spazio temporale: Per un breve momento può essere normale
chiedersi: che giorno è oggi? Ma una persona con la malattia di Alzheimer, può
perdere completamente la dimensione spazio temporale: si può perdere in luoghi
abituali e non sapere più come tornare a casa.
5) Diminuzione della capacità di giudizio: I malati di Alzheimer non riconoscono
la presenza di un disturbo, né si fanno visitare. La mancanza della capacità di
giudizio li spinge spesso ad avere comportamenti insoliti, come il vestirsi in modo
inappropriato, per esempio con il cappotto in una giornata estiva.
6) Problemi con i concetti astratti: (es. denaro)
7) La cosa giusta al posto sbagliato: I malati di Alzheimer spesso ripongono gli
oggetti nei posti più strani: il ferro da stiro nel freezer, l’orologio da polso nella
zuccheriera e così via.
8) Cambiamenti nell’umore e nel comportamento: Tutti quanti siamo soggetti a
cambiamenti d’umore. Ma nei malati di Alzheimer questi cambiamenti sono
particolarmente repentini: possono passare dalla calma più totale alla rabbia più
esplosiva senza nessuna ragione apparente.
9) Cambiamenti di personalità: La malattia di Alzheimer comporta spesso
profondi cambiamenti di personalità: la persona può diventare estremamente
confusa, sospettosa, apatica, timorosa.
10) Mancanza di iniziativa: Una caratteristica tipica della malattia di Alzheimer è
la mancanza di iniziativa: la persona malata può diventare molto passiva e
richiedere molti stimoli esterni prima di agire.
Legge del 5x50

L’Alzheimer Association stima che se si potesse ritardare di 5 anni l’onset della


malattia, si avrebbe una riduzione del 50% delle diagnosi di Alzheimer.
LE FUNZIONI COGNITIVE NELL'INVECCHIAMENTO
Breve Video
“Sposami”
realizzato per l'Alzheimer Fest 2019

http://www.bluemax.me/2019/07/26/video-del-giorno-sposami/
LA MEMORIA
La memoria è la capacità degli esseri viventi di ricordare
ciò che si è appreso
PROCESSO DI MEMORIZZAZIONE

Da uno stimolo esterno parte la PERCEZIONE


I dati vengono registrati dai SENSI
Avviene la CODIFICAZIONE dei dati
 C’è l’APPRENDIMENTO
I dati vengono riposti nella MEMORIA A BREVE TERMINE
Ma per durare nel tempo devono poi essere messi nella MEMORIA A LUNGO
TERMINE.
IL MODELLO DI Atkinson e Shiffrin nel 1968

1. SENSORIALE, legata ai sensi (uditiva, visiva, olfattiva, tattile…)

2. A BREVE TERMINE, nella quale si fissano le cose, ma per breve


tempo, se queste poi non vanno nella memoria a lungo termine, le
perdiamo

3. A LUNGO TERMINE, lo studio, la memoria autobiografica…


COSA RICORDIAMO PIU’ FACILMENTE

Ciò che è piacevole

Ciò che è spiacevole


Quello che facciamo più spesso
COSA DIMENTICHIAMO PIU’ FACILMENTE

Ciò che non ci interessa


Quello a cui non poniamo “attenzione”
1. MEMORIA SENSORIALE

Durante questa prima fase di memorizzazione le informazioni sensoriali


provenienti dall’ambiente esterno vengono trattenute per pochissimi
istanti: poco più di mezzo secondo per quanto riguarda le informazioni
visive e 3 o 4 secondi per quelle sonore. La creazione di un ricordo
inizia quindi sempre con la sua percezione: può trattarsi di
un’informazione visiva, di un suono, o di una sensazione tattile.

Il ricordo dell'olfatto e del gusto sono i due più evidenti ignorati dalla
memoria sensoriale
2. MEMORIA A BREVE TERMINE

può contenere solo poche informazioni alla volta.

Presenta alcune caratteristiche:

-BREVE DURATA (max 30 secondi),

-CAPACITA’ LIMITATA (George Miller parlò di capacità come


“memory span”, da 5 a 9.
In base al tipo di materiale immagazzinato si distinguono:

- MBT verbale

- MBT visuospaziale: mantiene e manipola immagini visive

- MEMORIA DI LAVORO: Indica un sistema cognitivo che permette il


mantenimento temporaneo e la successiva elaborazione di informazioni nel
cervello, una sorta di coscienza momentanea (le informazioni che una
persona sta elaborando in quel momento).
La memoria di lavoro

Mentre la memoria a breve termine mantiene poche informazioni, verbali o


spaziali per un tempo breve, la memoria di lavoro mantiene le
informazioni verbali o spaziali, al fine di poterle utilizzare per
l’esecuzione di compiti (quando per esempio si ascolta una lezione). Tale
concetto, connesso alla memoria a breve termine, è stato introdotto da
Baddeley e Hitch.

La memoria a breve termine subisce lievi cambiamenti, al contrario,


processi di elaborazione più complessi riscontrano significative
differenze dovute all’età.
3. MEMORIA A LUNGO TERMINE
Una volta che abbiamo deciso cosa ricordare, si manda nella memoria a lungo
termine, composta da più tipologie di memoria:

PROCEDURALE O IMPLICITA
Si manifesta in modo automatico, senza necessità di un
laborioso richiamo (camminare, ballare, andare in bici,
MEMORIA A LUNGO sciare..)
TERMINE
DICHIARATIVA O ESPLICITA
Necessita di uno sforzo attentivo per essere evocata

SEMANTICA
Conoscenza delle parole e dei concetti. I significati.
Le informazioni sul mondo, le nostre conoscenze.
La memoria del sapere.

EPISODICA
Conoscenza di fatti o eventi cui si è partecipato. Eventi
specifici (consente di rispondere a domande del tipo:
“qual'è l'ultimo film che hai visto al cinema?” “Cosa hai
fatto ieri sera”?)
Memoria Autobiografica

La memoria autobiografica non e’ concettualizzabile come un sistema di


memoria isolato, bensì come un’integrazione tra la memoria episodica e la
memoria semantica. I ricordi della memoria autobiografica si riferiscono non
ad eventi comuni (come ad esempio “ieri sono andato al cinema”) ma
esperienze di vita specifiche, rilevanti e fondamentali nella costruzione della
rappresentazione di se’ stessi, degli altri e del mondo.
Sembra che i problemi di oblio siano dovuti principalmente non tanto ad un
decadimento o ad una cancellazione della traccia mnestica, quanto al
mancato accesso delle informazioni, quindi a difficoltà di recupero.
Infatti: i test mnemonici di riconoscimento sono più facili dei test
mnemonici di richiamo.
IL RECUPERO O RICORDO

Può avvenire in modo VOLONTARIO o INVOLONTARIO.

VOLONTARIO, come nelle interrogazioni cerco di recuperare ciò che


so.
INVOLONTARIO, quando i ricordi riaffiorano per associazione di
idee.
Perchè si ricordano meglio i ricordi del
passato?

Si è riscontrato che gli anziani ricordino con maggior vigore episodi del
passato, soprattutto in età adolescenziale, piuttosto che episodi recenti.
Il ricordare con più facilità episodi accaduti quando avevano tra i 10 e i
30 anni, viene definito reminiscence bump. Tale aspetto è condizionato
dalla buona capacità di memorizzazione che si aveva quando era
avvenuto l’evento, in un momento, quindi, in cui il sistema cognitivo
era al massimo della sua efficienza.
La variabile significativa che stimola i ricordi è il fatto che fino all’età
adulta la vita è caratterizzata da eventi importanti e positivi in termini
di sviluppo sociale, relazionale e lavorativo, stimolando la
memorizzazione di determinati ricordi.

Inoltre la propensione a tenere vivi i propri ricordi è influenzata da una


particolare caratteristica dell’individuo, chiamata leopardismo (per
ricordare l’amore che il poeta Leopardi aveva per il ritorno al passato) o
sensibilità alla memoria.
Misinformation effect

Un effetto da considerare, causato dal processo


dell’invecchiamento, riguarda la veridicità degli eventi
raccontati. Loftus, Miller e Burns hanno introdotto il paradigma
del misinformation effect.
E' stato riscontrato che durante il recupero di un ricordo, alcune informazioni
producono una distorsione dell’evento, dovuta alla difficoltà di collegare i
vari contenuti delle informazioni con il loro contesto, rendendo gli
anziani sicuri dell'accuratezza del ricordo, anche qualora ciò non sia mai
avvenuto.
Memoria Procedurale

La memoria procedurale non richiedendo un accesso consapevole da parte


dell’individuo alle informazioni si è dimostrato come tale memoria
rimanga indenne con l’avanzare dell’età, anche se in presenza di
patologie cognitive degenerative
Memoria Prospettica

La memoria prospettica permette di “programmare le azioni future e di


rievocarle nel momento in cui devono essere compiute.” Essa si divide
in memoria prospettica basata sul tempo ("devo prendere una medicina
alle ore 20.00") e in memoria basata sugli eventi ("quando suona la
sveglia devo prendere la medicina").
Il ricordarsi di compiere un’azione comporta un piano complesso che
Brandimonte (1991) ha distinto in fasi:

- formazione delle intenzioni;

- ricordare che cosa fare;

- ricordare quando farlo;

- ricordarsi di compiere l’azione nel modo stabilito;

- ricordarsi di avere compiuto l’azione per non ripeterla.

E' un tipo di memoria che risente dell'avanzare dell'età.


FATTORI CHE OSTACOLANO LA MEMORIA

Si ricordano le cose a cui si presta attenzione, ma ci sono molti fattori


che influiscono e non ci fanno ricordare:

1. LO STRESS, LA STANCHEZZA

2. ll CONTRASTO: si fatica a ricordare ciò di cui non si è convinti.

3. I DISTURBI DELL’ATTENZIONE: se non si presta attenzione non


si memorizza.
4. L’ANSIA: in uno stato d’ansia o emotività, si possono avere vuoti di
memoria.

5. La MOTIVAZIONE: se non si è interessati si fatica a ricordare.

6.L’INCOMPRENSIONE: se non si capisce si fatica a memorizzare.

7.LA MANCANZA DI ORGANIZZAZIONE: è importante organizzare


il materiale da ricordare.
Dunque nell’invecchiamento primario non tutte le componenti della
memoria subiscono un declino all’unisono. La performance di
memoria declina con l’avanzare dell’età, tuttavia tale decadimento
dipende dal compito di memoria assegnato: mentre la performance
degli anziani si abbassa notevolmente per alcuni compiti, per altri il
declino è lieve o nullo. La memoria semantica, al contrario della
memoria episodica, conserva maggiormente i suoi processi fino ai 55-
60 anni, cominciando a decadere a partire dai 65 anni.
A riguardo Rönnlund, attraverso uno studio compiuto su mille persone dai
35 agli 80 anni, dimostrò come negli anziani, la prestazione in prove di
memoria semantica, come il vocabolario, migliora con l’avanzare
dell’età.
Con l’avanzare dell’età diminuiscono anche risorse importanti come la
velocità di elaborazione e la capacità di inibizione:

- Velocità di elaborazione: è generalmente testata con prove in cui viene


chiesto di dare una risposta il più velocemente possibile o di dare il
maggior numero di risposte entro un determinato limite di tempo.
L’allungamento dei tempi di reazione è dovuto alla difficoltà di decisione
rapida.
- Inibizione: la prestazione cognitiva degli anziani sarebbe influenzata da una
maggiore difficoltà a selezionare le rappresentazioni appropriate per i fini
dell’attività da svolgere e a inibire le rappresentazioni percettive, mnestiche
e le risposte non pertinenti all’attività. Birren sostiene che con l’aumentare
dell’età si sviluppa e cresce sempre di più un deficit inibitorio, tale per cui
risulta maggiormente difficile ignorare le informazioni non pertinenti.
La memoria nell’invecchiamento non patologico: ricapitolando

➢ Calo poco significativo nella capacità della MBT: Gli studi hanno dimostrato che
la riduzione è strettamente legata al tipo di compito proposto: laddove si richiede
una ricerca attiva in memoria (compiti di rievocazione) le prestazioni sono
sicuramente peggiori rispetto ai compiti di riconoscimento. Ciò ha indotto alcuni
autori a pensare che le difficoltà amnestiche dell’anziano si situino a livello di
recupero dell’informazione e non di codifica. Numerose sono le variabili che
possono influire sulle prestazioni mnestiche: il livello di istruzione, il tipo di
professione, lo stile di vita, l’esercizio relativo a quella funzione, il tipo di compito
(artificiale oppure legato a situazioni di vita quotidiana), il contenuto del compito.
➢La WM presenta un funzionamento peggiore (Craik et al., 1990).

➢La memoria procedurale e la memoria semantica (concetti, significati, regole)


appaiono integre;

➢ La MLT per eventi vicini peggiora (m. episodica), la MLT per eventi lontani è
preservata;

➢È presente il fenomeno della reminiscenza: Si tratta del lasciarsi andare


spontaneamente alla emersione di ricordi, anche molto remoti. E’ una funzione
importante per il benessere psicologico della persona anziana e per il
mantenimento della sua identità. Rinforza il senso di identità ed è un momento
elaborativo su aspetti importanti della propria esistenza.
L'ATTENZIONE
“Il miglioramento dell'attenzione costituisce il presupposto
per il training di altre funzioni cognitive ed ha un
significato fondamentale nel trattamento dei disturbi
della memoria.”

(A .Mazzucchi)
L'attenzione è quella funzione che permette di indirizzare la maggior parte
dell'energia che ci permette di elaborare l'informazione verso un solo
stimolo. In questo modo si evita di disperdere energia per analizzare
materiale non rilevante, e si migliora l'elaborazione del materiale di
interesse. Sappiamo bene tutti, per esperienza personale, che non è
sempre facile mantenere a lungo l’attenzione su qualcosa; che ciò
diventa tanto più difficile quanto più numerosi sono gli stimoli, ma
anche quando gli stimoli sono poco attraenti e interessanti.
L’attenzione su uno stimolo ha comunque sempre una durata limitata
(circa 20 minuti) e, man mano che si invecchia, questo tempo di
concentrazione si abbrevia fisiologicamente e diventa sempre più
difficile filtrare gli stimoli quindi si diventa più “distraibili”.
L'attenzione può essere:

-selettiva: sapersi concentrare su caratteristiche che catturano la nostra


attenzione, non badando a stimoli che ci distrarrebbero fortemente
("distrattori forti"); capacità di ignorare informazioni non rilevanti.

- divisa: prestare attenzione a più compiti contemporaneamente;


- sostenuta: attenzione protratta nel tempo;

- spaziale: capacità di orientare la nostra attenzione nello spazio

Gli anziani hanno difficoltà maggiori rispetto i giovani, tanto più il


compito richiede loro controllo e/o velocità
Con l’invecchiamento sorgono problemi nell’attenzione, in particolare:

• L’attenzione divisa è meno efficiente (Craik, 1977) soprattutto se legata


alla WM (Salthouse & Fristoe, 1995);

• Nell’attenzione sostenuta è presente una maggiore distraibilità


(Parasuraman, 1998)
IL LINGUAGGIO
Il linguaggio è un sistema di comunicazione che permette di trasmettere
informazioni da una persona all’altra ed è una delle funzioni cognitive più
complesse in cui l’attenzione, la memoria e l’integrità dei recettori uditivi
giocano un ruolo importante al punto che le abilità linguistiche possono
essere considerate dei buoni indicatori dello stato generale
dell’invecchiamento cognitivo dell’anziano.
- comprensione del linguaggio: Il processo dell’invecchiamento comporta un
declino lento rispetto alla comprensione del linguaggio parlato (anche a causa
delle ridotte capacità attentive). Tuttavia è emerso che sia le persone anziane
che hanno problemi di udito, sia gli anziani senza tale deficit, utilizzano le
informazioni di contesto al fine di comprendere al meglio il discorso. La
ricerca di Wingfield ha dimostrato infatti l'importanza del contesto nella
comprensione.
Ovvero presentando una lista di parole casuali e quindi senza un supporto del
contesto, si ha un effetto negativo sulla performance degli anziani, dovuta
alla lentezza dell’elaborazione delle parole e pertanto, della comprensione
di esse. Il contesto aiuta ad elaborare più velocemente e in modo
automatico.
- produzione del linguaggio:Con l’avanzare dell’età si possono riscontrare
difficoltà a recuperare i nomi (anomia), parafrasie, fenomeni sulla punta
della lingua;

Rimangono invece preservate le competenze narrative (il narrare un evento


passato).
EMOZIONI
Paradosso dell’invecchiamento. Nonostante all’aumentare dell’età ci siano dei
cambiamenti a livello fisico e cognitivo, l’elaborazione degli aspetti emotivi
rimane efficiente o può addirittura migliorare. All’aumentare dell’età, infatti, le
emozioni vengono regolate in maniera più efficiente. La maggior consapevolezza
che il tempo che resta è limitato, motiverebbe l’anziano a dare priorità alla
ricerca di significati emotivi positivi agli avvenimenti, a rielaborare vicende
negative del passato in chiave positiva rispetto ai giovani, a prediligere ricordi
positivi ai fini del loro benessere. Evitano così inutili conflitti.
MOTIVAZIONE
Cause dello stile attributivo disfunzionale dell’anziano

- Ambiente demotivante e controllante: figli o caregiver che attribuiscono


insuccessi a mancanza di impegno o abilità e che frenano la motivazione.

- Sostituzione

- Stereotipi
LA PERSONALITA'
« Faber est suae quisque fortunae »

La Persona è artefice del proprio processo di invecchiamento:

- adottare buone abitudini comportamentali;

- coltivare i propri interessi;

- porsi sempre nuovi obiettivi, fare progetti;

- mantenere buone relazioni sociali.


BENESSERE E INVECCHIAMENTO
Negli ultimi anni, il campo d’interesse, si è allargato ad aspetti relativi alla
qualità della vita e al funzionamento psicologico ottimale, anche in età
avanzata. L’obiettivo è quello di individuare le forze e le virtù di ciascun
individuo, promuovendo risorse e potenzialità.
Il modello che maggiormente rappresenta questo approccio è quello di Ryff che
delinea il benessere psicologico secondo alcune dimensioni:

1) Autoaccettazione: riconoscere e accettare le proprie qualità sia positive che


negative avere sentimenti positivi per la vita;

2) Crescita personale: vedere se stessi in continuo sviluppo;

3) Relazioni positive con gli altri;

4) Autonomia, autodeterminazione e indipendenza;


5) dominio sull’ambiente: come senso di padronanza e competenza nel
gestire l’ambiente;

6) scopo di vita: avere un senso di direzionalità, sensazione che la propria


vita passata e presente abbia un significato.
IL BEN -SSC

Adottando un’ottica multidimensionale, è stato standardizzato uno strumento


di valutazione-comprensione del benessere psicologico percepito: il Ben-
SSC.

Il Ben-SSC permette di esaminare i seguenti aspetti:

- soddisfazione personale: relativa alla propria vita passata, a ciò che si è


realizzato, includendo anche difficoltà e dispiaceri incontrati e alla propria
vita attuale;

- strategie di coping: affrontare piccoli o grandi problemi quotidiani;


- competenze emotive: riconoscere e comprendere le emozioni proprie e altrui
e la soddisfazione di avere e gestire delle soddisfacenti relazioni sociali.
A riguardo sono nati interventi di potenziamento (ES. DEL LAB-
IEMPOWERMENT EMOTIVO-MOTIVAZIONALE). Tali interventi
si focalizzano sul potenziamento di componenti come: competenze
emotive, la soddisfazione di vita, la resilienza e la pratica di un pensiero
ottimista. Lo scopo di questi interventi è favorire il passaggio da una
condizione di languishing (assenza di benessere) al flourishing
(prosperità) ossia un’espansione delle proprie potenzialità e degli scopi
di vita.
VADEMECUM INVECHIAMENTO ATTIVO LAB-I PADOVA

http://labi.psy.unipd.it/sites/default/files/Vademecum
%20buone%20prassi%20invecchiamento%20LAB-I.pdf
<<Non occorre alcuna abilità per invecchiare, ma
occorre abilità per saperla affrontare>>.

Johann Wolfgang Gothe


INVECCHIAMENTO PATOLOGICO
Borgna....sull'Alzheimer

“Ci sono alcune cose che dovremmo ricordarci di fare quando la vita ci porta
anche solo per un attimo dinanzi ad una persona con demenza: guardarla
negli occhi con tenerezza, tenerla vicina, darle la mano, sorriderle,
sondare...ma non la memoria cronologica, la memoria dei fatti, dei nomi e dei
numeri, che angoscia e lacera il cuore, ma la memoria vissuta, la memoria
involontaria, la memoria emozionale, dalla quale rinascono i ricordi, le
schegge dei ricordi, che hanno dato un senso alla vita, alla propria vita e a
quella degli altri...”
Cortometraggio
Ti ho incontrata domani
Di Marco Toscani

https://www.youtube.com/watch?v=vwzoE6RKGrQ
Maurice Ravel, pianista e compositore francese, autore del famosissimo
"Boléro", sviluppo una forma di demenza precoce. I primi sintomi
comparvero a 52 anni e colpirono principalmente il linguaggio ma Maurice
continuò ancora per anni a comporre e suonare. Le ultime opere risalgono al
1933, 6 anni dopo l'esordio dell'afasia.
Di lui scrisse l'amico Igor Stravinsky "I suoi ultimi anni furono crudeli, perché
stava gradualmente perdendo la memoria e alcune delle sue capacità di
coordinamento e ne era del tutto consapevole."
IL PAZIENTE HM

Grazie a lui è cambiata la storia della neuropsicologia moderna. Ma non ha mai


potuto ricordarlo
Henry Molaison è stato uno dei più famosi pazienti amnesici nella storia delle
neuroscienze. Nato nel 1926 a Brooklyn e morto nel 2008. Il signor Molaison era
affetto da una grave forma di epilessia, forse a causa di una caduta da bicicletta
risalente alla sua infanzia. Nel 1953 fu preso in cura dal dottor William Scoville, il
quale riuscì a localizzare l’origine dei suoi attacchi epilettici nel lobo temporale
mediale. Il dottore decise di operare Molaison, asportando 8 centimetri di entrambi i
lobi temporali mediali, compresi i due terzi anteriori dell’ippocampo, le cortecce
entorinale e peririnale e l’amigdala.
L’intervento ebbe un esito positivo, per quanto concerne l’epilessia. Gli attacchi
epilettici si ridussero notevolmente. Purtroppo, fu subito chiaro che H.M. non
sarebbe stato più lo stesso. H. M. risultò affetto da una grave forma di amnesia.
Non riusciva a riconoscere i dottori e gli infermieri che aveva conosciuto pochi
minuti prima, non riusciva a ricordare ciò che aveva mangiato nel momento
stesso in cui aveva finito di mangiare. Qualsiasi cosa facesse veniva cancellata
dalla sua memoria nel momento esatto in cui era stata compiuta. La memoria
dichiarativa riferita al passato era tuttavia intatta. Ricordava la sua infanzia, la sua
adolescenza.
Molaison era quindi affetto da una grave amnesia anterograda: era capace di
ricordare tutto il suo passato, ma non riusciva a ricordare ciò che era successo
dopo l’intervento. H.M. era incapace di ricordare le vicende della vita di ogni
giorno, i gesti appena compiuti, le parole appena pronunciate, i discorsi appena
ascoltati. Cancellava dalla sua mente qualsiasi episodio immediatamente dopo il
suo accadimento.
Sembrava che i medici, insieme al tessuto cerebrale, avessero rimosso la sua
capacità di formare nuovi ricordi (memoria anterograda, relativa alle informazioni
acquisite dopo l’insorgenza del disturbo). Il deficit di memoria ha naturalmente
inciso moltissimo sulla vita di H.M., condizionandola in molti aspetti. Ad esempio,
poco tempo dopo l’intervento, la sua famiglia traslocò, ma egli non fu mai in grado
di trovare da solo la strada di casa, né ricordava il nuovo indirizzo, continuando a
fornire quello precedente. Non riusciva ad imparare dove fossero riposti gli oggetti
che usava quotidianamente.
Ad esempio sua madre doveva ricordargli ogni volta dove fosse il tosaerba,
anche se lo aveva usato il giorno precedente. Quando, nell’aprile del 1955,
all’età di 29 anni, nel corso di una valutazione psicologica gli fu chiesto che
giorno fosse egli rispose che era un giorno di marzo del 1953 e che aveva 27
anni. Era come se il tempo si fosse fermato per H.M. ed egli era a mala pena
consapevole di aver subito un intervento chirurgico.
Nel 1953 entra nella sua vita la dottoressa Brenda Milner. È lei che seguirà H.M.
fino alla morte di quest’ultimo. Purtroppo, come ha raccontato in seguito la
dottoressa, Henry non riuscì mai a riconoscerla davvero. Continuò a presentarsi a
lei come se fosse il primo giorno in cui l’avesse vista. Tuttavia, nonostante la sua
sfortunata condizione, Henry fu di grandissimo aiuto per la ricerca scientifica.
Brenda Milner, studiando il caso di H.M. capì che la capacità di immagazzinare
ricordi è legata a una funzione cerebrale specifica, situata nella parte mediale dei
lobi temporali.
In passato, infatti, si credeva che aree come l’ippocampo e il lobo temporale
mediale non fossero la fase finale del processo di immagazzinamento dei ricordi.
Grazie agli studi su H.M, si è capito che la perdita di strutture come il lobo
temporale mediale, ma soprattutto l’ippocampo, distruggono la possibilità di
rendere la nuova memoria a breve termine nuova memoria a lungo termine.
Inoltre, venne fatta una scoperta fondamentale anche per quanto concerne la
memoria procedurale. H.M. era in grado di diventare sempre più abile nei
compiti di memoria procedurale, pur svolgendoli come se fosse la prima volta ad
ogni esercizio.
Brenda Milner

Pioniera nel campo delle neuroscienze cognitive, considerata da molti la fondatrice


della neuropsicologia, Brenda Milner ha dato un contributo fondamentale alla
comprensione delle basi cerebrali che sottendono al funzionamento della memoria
umana. “La gente pensa che, essendo molto anziana, dovrei assumere il ruolo di
professoressa emerita. Be’, non ne ho alcuna intenzione. Sono una ficcanaso,
sapete, una persona molto curiosa”.
La neuropsicologa anglo-canadese Brenda Milner, 103 anni, tuttora in vita, non ha
lasciato che lo scorrere del tempo potesse condizionare la sua vita.
Ancora oggi lavora attivamente presso il dipartimento di Neurologia e
Neurochirurgia della McGill University di Montreal, dove oltre 70 anni fa ha avuto
inizio la sua carriera. Membro della Royal Society e dell’Accademia nazionale
delle Scienze, in quasi settant’anni di carriera ottiene oltre venti lauree honoris
causa e riceve svariati riconoscimenti.
Il PAZIENTE PHINEAS CAGE

Il 13 settembre 1848, una sbarra di ferro trafisse il volto e il cranio di


Phineas Gage, operaio del Vermont. Gage era addetto alla costruzione di
una ferrovia: era un uomo gentile e affidabile. Un giorno, mentre era
impegnato a intasare una carica di esplosivo con una barra di ferro, fece
inavvertitamente scoccare una scintilla: l’esplosione spinse indietro la barra,
che gli trapassò il cranio.
L’infortunio aveva lesionato il suo lobo frontale sinistro, mostrando come i danni a
specifiche parti del cervello possano influenzare personalità e comportamento. Quello
di Gage fu il primo caso di sindrome frontale riportato in letteratura. L’uomo
incredibilmente sopravvisse, ma da amabile e cordiale che era divenne blasfemo,
iroso, privo di freni inibitori. Le lesioni ai lobi frontali provocano disturbi di
personalità, mancanza di autocontrollo, incapacità di giudizio, disinteresse per le
opinioni altrui, indolenza. Il danno può derivare da lesioni (traumi, ictus), tumori,
infezioni o demenza.
Da questo celebre caso si è dedotto che il lobo frontale (la zona danneggiata
dall’incidente di Gage) è la sede delle nostre capacità esecutive, organizzative, di
adattamento sociale.
LE DEMENZE
Tra il 21 e il 25 settembre 2016, gli spettatori che si sono recati nei cinema
italiani aderenti al consorzio UniCi (Unione Cinema) si sono trovati di fronte a
un apparente errore: il film che cominciava sullo schermo non era quello per
cui avevano pagato il biglietto. Un imprevisto che ha creato sconcerto in sala.
Smarrimento, disorientamento: sono queste le sensazioni con le quali una
persona con Alzheimer è costretta a convivere. Per far avvicinare a questa
condizione, aiutando persone comuni a mettersi nei panni di una persona con
demenza, la Federazione Alzheimer Italia ha realizzato un esperimento nelle
sale cinematografiche italiane.
https://www.youtube.com/watch?v=1Wcy9bHtjXs
Identità personale e demenza

“Si deve cominciare a perdere la memoria, anche solo brandelli di ricordi,


per capire che in essa consiste la nostra vita. Senza la memoria la vita
non è vita. La nostra memoria è la nostra coerenza, la nostra ragione, il
nostro sentimento, persino il nostro agire”. Ognuno di noi ha una propria
storia di ciò che ha vissuto, un racconto interiore, la cui continuità, il cui
senso è la nostra vita. Questo racconto corrisponde a noi stessi, è la
nostra identità. Per essere noi stessi, dobbiamo possedere la storia del
nostro vissuto.
L’essere umano ha bisogno di questo racconto, per conservare (e sviluppare)
la sua identità, il suo sé”. Oliver Sacks.
«Noi siamo quelli che siamo per via di ciò che impariamo e di ciò che
ricordiamo»: è così che con questa frase lo psichiatra e neuroscienziato
Eric Kandel, premio Nobel nel 2000 per le sue ricerche sulla memoria,
sintetizza i suoi 50 anni di studi e di sperimentazioni.

La memoria è l’impalcatura che sostiene la nostra storia personale.


Dunque un malato di alzheimer è come se dovesse fare i conti con un
lento lutto di se stesso.
L’identità personale è un problema peculiare nella malattia di Alzheimer. Il
paziente demente perde parti della sua identità, parti di sé; tuttavia, a volte,
anche se temporaneamente, ritrova condizioni di coscienza di sé, facendo
ricorso alla sua creatività che non è altro che un modo per vedere, interpretare
il mondo esterno e per comunicare il mondo interiore, la sua soggettività:
quindi, mentre la parte cognitiva lentamente e progressivamente si estingue,
una parte dell’apparato psichico, quella che fa riferimento alla dimensione
affettivo-emotiva e alla creatività, in parte vive ancora. Un esempio di tutto
ciò sono proprio i disturbi comportamentali (che vedremo più avanti).
Attraverso una nuova riorganizzazione creativa cognitiva ed emotiva, il
demente cerca un nuovo modo di esistere, una nuova trama di sé, una
nuova memoria che, però, dà continuità a ciò che rimane della sua
identità. È questa la funzione della produzione fantasiosa dei falsi
ricordi: essi, attingendo a diversi frammenti mnemonici dell’esperienza
passata e agli stimoli dell’ambiente, “riempiono” le lacune mnesiche sia
del passato recente sia di quello meno vicino, nel tentativo di mantenere
la continuità del sé nel tempo, condizione essenziale per il senso di sé.
Gli stessi familiari ripetono con frequenza: "Non è più lui! Non è più
lei'."

Sì, è vero "Non è più lui! Non è più lei!".

Però la domanda corretta è questa: "Anche se non è più lui o lei,


giacché non è com'era prima, conserva ancora un'identità?
La Demenza

Si può parlare di Demenza quando la perdita delle funzioni cognitive coinvolge


la memoria e le altre funzioni (parlare, muoversi, pensare e ragionare,
riconoscere ed orientarsi) ed è così severa da interferire con in modo
significativo con le attività lavorative, sociali, relazionali e con la qualità della
vita.
A questi sintomi possono associarsi anche modificazioni del carattere,
dell'affettività e della personalità.
Definizioni

• Per demenza si intende un “decadimento globale delle funzioni cognitive,


progressivo, che interferisce con le attività sociali e lavorative” (American
Council of Scientific Affairs).
Criteri diagnostici
DSM IV

A. Presenza di deficit cognitivi multipli caratterizzati da:


(1) compromissione mestica (deficit delle abilità ad apprendere nuove
informazioni o a richiamare informazioni precedentemente apprese)
(2) uno (o più) dei seguenti deficit cognitivi:
(a) afasia
(b) aprassia
(c) agnosia
(d) deficit del pensiero astratto e delle capacità di critica (pianificare,
organizzare, fare ragionamenti astratti)
B. I deficit cognitivi dei criteri A1 e A2 interferiscono significativamente nel
lavoro, nelle attività sociali o nelle relazioni con gli altri, con un peggioramento
significativo rispetto al precedente livello funzionale
C. I deficit non si manifestano esclusivamente durante un delirium
Classificazione delle demenze

Esistono varie classificazioni delle demenze: in base alla sede della lesione
Corticali/Sottocorticali
Demenze primarie/secondarie

NB: Per demenza derivante da causa accertata (tumore, infezione, trauma,


ecc...).
Demenze primarie o degenerative

A) Demenze corticali B) Demenze sottocorticali

1) demenza di Alzheimer (AD) 1)Parkinson-demenza

2) demenze fronto-temporali 2) Demenza con corpi di Lewy


3) Paralisi sopranucleare progressiva
4) Degenerazione cortico-basale
5) Malattia di Huntington
Demenze secondarie

A) demenza vascolare ischemica


B) disturbi endocrini e metabolici (ipo e iper-tiroidismo, ipo e iper-
paratiroidismo, malattie dell’ asse ipofisi-surrene -s. di Cushing, m. di Addison-,
encefalopatia portosistemica in corso di epatopatia, insufficienza renale cronica,
ipoglicemia, disidratazione)
C) malattie metaboliche ereditarie
D) malattie infettive ed infiammatorie del SNC (meningiti ed encefaliti –
batterica, neurosifilitica, micotica, virale, sclerosi multipla e m. demielinizzanti,
connettiviti, m. di Creutzfeld-Jakob, AIDS dementia complex)
E)stati carenziali
F)Sostanze tossiche (alcol, metalli pesanti, farmaci)
G) Processi espansivi intracranici
H) Miscellanea (traumi cranici, sindromi paraneoplastiche)
Dal film “Rughe”
Cosa gli dici per farlo sorridere?

https://www.youtube.com/watch?v=pk4SWqYJXMg
ALZHEIMER
La Malattia di Alzheimer rappresenta la metà circa di tutti i casi di demenza ed è
seguita, come frequenza, dalla demenza vascolare (VD).
La scoperta della malattia di Alzheimer, risale all’inizio del 1900 quando il dr. Alois
Alzheimer e il dr. Gaetano Perusini descrissero per la prima volta il caso di una
donna, Auguste D., ricoverata a Francoforte presso un ospedale psichiatrico per una
sindrome in cui a disturbi di tipo psichiatrico si associava un quadro di demenza. Alla
morte della signora l’autopsia evidenziò delle particolari alterazioni nel cervello, mai
osservate in precedenza (i medici le definiscono “placche amiloidi” e “gomitoli
neurofibrillari”).
Perusini morì durante la Prima Guerra Mondiale dopo aver descritto, insieme ad
Alzheimer, altri casi simili a quelli di Auguste D; da allora una malattia senza nome,
ovvero inserita nell’ambito delle demenze, cominciò ad essere chiamata dapprima
malattia di Alzheimer-Perusini, in seguito più semplicemente malattia di Alzheimer.
Le caratteristiche della signora erano: una forte gelosia verso il marito,
persecuzione, allucinazioni uditive, perdita della memoria e disorientamento
nello spazio.
26 NOVEMBRE 1901

MEDICO: Come si chiama?


PAZIENTE: Auguste.
MEDICO: Cognome?
PAZIENTE: Auguste.
MEDICO: Come si chiama suo marito?
PAZIENTE: Ah, mio marito?
MEDICO: È sposata?
PAZIENTE: Con Auguste.
MEDICO: Signora D.?
PAZIENTE: Sì, sì, Auguste D.
Alla fine non fu più possibile alcuna forma di comunicazione con la malata.
Aloise Alzheimer
La patologia è caratterizzata dalla formazione di placche senili, che sono accumuli
extracellulari di un peptide chiamato ‘beta-amiloide’. Questi accumuli sono
inizialmente visibili nell’ippocampo, poi si estendono a tutta la corteccia. La malattia
è caratterizzata anche da degenerazioni neurofibrillari, con conseguente accumulo di
proteine tau nei neuroni. Queste microfibrille comprimono i neuroni e ne inibiscono il
funzionamento assonale.
TAC
PET

deficit di up-take in sede temporo-parietale


Anatomia patologica

1. L’encefalo si presenta atrofico e il peso è ridotto,


2. le circonvoluzioni sono assottigliate,
3. le scissure ed i solchi allargati con ampliamento dei ventricoli laterali.
5. Diffusa rarefazione neuronale (soprattutto nel sistema dei grandi nuclei
colinergici del nucleo basale di Maynert);
6. Dendriti più corti e meno ramificati
7. Presenza di placche senili o amiloidee;
8. Degenerazione neurofibrillare.
Quadro clinico

• La malattia ha un inizio insidioso con decorso cronico progressivo.


• All’inizio la sintomatologia è sfumata tanto da non poter stabilire con
certezza il momento di inizio.

Pazienti affetti dalla malattia vivono in media 8 anni, anche se alcuni


sopravvivono anche 20 anni dalla diagnosi.
Studi recenti

Non in tutti i pazienti la presenza di queste strutture è associata ai sintomi della


demenza: placche amiloidi sono state trovate anche nel cervello dei "superager",
adulti arrivati a 90 anni con la memoria di un cinquantenne. Non è chiaro se il loro
accumulo sia una delle cause o piuttosto l'effetto.
FASE INIZIALE
CAMPANELLI D'ALLARME

È necessario un approfondimento quando si ha di fronte una lieve perdita della capacità


di ricordare avvenimenti o fatti recenti, che progredisce gradualmente e alla quale si
associano alterazioni della personalità e deficit delle altre funzioni cognitive. In alcuni
casi la malattia si manifesta con una difficoltà nella denominazione degli oggetti
oppure con un impoverimento del linguaggio e il ricorso a frasi stereotipate (utilizzo di
brevi frasi fatte e tendenza a ripetere, senza consapevolezza, le ultime parole o i suoni
uditi).
Le capacità di ragionamento e di giudizio risultano impoverita, spesso
precocemente, cosicché il paziente manifesta un ridotto rendimento lavorativo e
può essere incapace di affrontare e risolvere problemi anche semplici relativi ai
rapporti interpersonali o familiari. I caratteri premorbosi della personalità (cioè i
tratti caratteriali precedenti la malattia) sono spesso esagerati: compaiono
atteggiamenti ossessivi, aggressività, sospettosità; in altri casi, invece, vi è un
cambiamento della personalità, per cui soggetti solitamente controllati e misurati
diventano impulsivi, intrattabili e talvolta anche violenti.
Altre volte il sintomo che si associa al disturbo di memoria può essere
rappresentato dalla difficoltà nella guida dell’automobile. Questo sintomo è
dovuto alla difficoltà che i pazienti con malattia di Alzheimer manifestano nel
collocare gli oggetti nello spazio e nell’avere una visione unitaria di ciò che li
circonda.
-un paziente aveva danneggiato una fiancata della propria auto poiché nella
manovra per collocarla in garage non riusciva a prendere correttamente le
misure;
-Un altro paziente, in passato provetto meccanico per hobby, non era stato in
grado di aggiustare la gomma forata della bicicletta.
LIEVE

Sintomi cognitivi
• difficoltà ad imparare cose nuove
• difficoltà di memoria, soprattutto per episodi recenti
• disorientamento temporale (confondere i giorni della settimana)
• disorientamento spaziale (perdersi fuori casa)
• anomia (difficoltà nel reperimento delle parole)
• difficoltà nell’eseguire compiti complessi
Sintomi non cognitivi
• ansia e depressione,

negazione di malattia
• apatia, abulia (mancanza di volontà)
• irritabilità

deliri (generalmente di tipo persecutorio)
Deficit funzionali
• necessità di supervisione o minimo aiuto nel vestirsi e nell’igiene
personale
• difficoltà nello svolgimento delle attività lavorative e nella vita
sociale
• difficoltà nelle attività domestiche (es. far funzionare gli
elettrodomestici)

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