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CAPITOLO 1 : TEMI, PROBLEMI E PROSPETTIVE DELLA PSICOLOGIA

DELL'INVECCHIAMENTO

Psicologia dell'ivecchiamento: nasce intorno agli anni ‘80 per la necessità di comprendere i
cambiamenti correlati all'età e l'aumento della speranza di vita.

Gerontologia: riguarda lo studio generale dell'invecchiamento e problemi correlati

geriatria: si interessa agli anziani a livello medico, alle patologie.

psicogerontologia: studio della stabilità/cambiamenti psicologici nell'invecchiamento. In base a


quest'ultima si può classificare :

- psicologia dell'invecchiamento : studia i cambiamenti comportamentali che avvengono con l'età nella
prospettiva dell'arco di vita.

- psicologia della vecchiaia : descrive i problemi di natura biologica, sociale, psicologica di questo
stadio della vita.

- psicologia delle differenze di età : confronta gruppi di diverse età, giovani verso adulti, verso anziani,
verso grandi vecchi.

1920primi studi, Botkin attraverso lo studio su 3000 anziani fornisce le prime differenze tra
invecchiamento normale e patologico

Pavlovnota che gli animali più anziani hanno capacità di apprendimento superiore ai giovani

L'avanzare dell'età : fenomeno affascinante, veloce e complesso, fatto di cambiamenti a più livelli con
influenze biologiche, comportamentali, sociali, ambientali che interagiscono tra loro.

COSA VUOL DIRE INVECCHIARE :

invecchiare : insieme di processi che hanno luogo in un organismo vivente e che con il passare del
tempo ne diminuiscono la probabilità di sopravvivenza. Una vita più agiata , migliori condizioni
igieniche, un'alimentazione corretta, conoscenze mediche hanno favorito l'allungamento della speranza
di vita permettendo agli studiosi di occuparsene. L'invecchiamento va distinta dalla malattia,
l'invecchiamento porta cambiamenti universali e non reversibili ma non è necessariamente invalidante.
La malattia può essere curata, alleviata, ritardata, colpisce solo una parte della popolazione ma è
invalidante. L' invecchiare a seconda del punto di vista considerato (biologico, psicologico, sociale)
assume significati diversi.

Livello biologico: processo non volontario, opera in modo cumulativo con il passare del tempo
comporta modificazioni cellulari (per incidenti, infezioni, intossicazioni ambientali).

Età biologica: posizione che la persona assume rispetto alla speranza di vita a seconda della
funzionalità dei suoi organi vitali. È un indicatore dello stato di salute e funzionalità dell'organismo.
Età psicologica: età soggettiva che ognuno sente di avere e che viene determinata dalle risposte date
alle richieste dell'ambiente. A seconda del livello del funzionamento una persona può essere considerata
psicologicamente giovane o anziana indipendentemente dall'età cronologica.

Età sociale: determinata dalla posizione sociale raggiunta a una data età rispetto alla media, per la quale
si raggiunge la posizione.

Oggi si assiste al fenomeno del "nonno boom", contrapposto a quella delle "baby boom" che segna il
periodo successivo alla seconda guerra mondiale.

Il ruolo dell'età cronologica

Alcune persone adulte possono apparire più giovani rispetto all'età cronologica, creando una non
corrispondenza tra la età dimostrata ed età cronologica. Il cambiamento legato all'età non è causato
dall'età cronologica in sé ma da diversi fattori, in ambito scientifico per convenzione si parla di età
anziana per riferirsi all'ultima parte dell'arco di vita. Attualmente si possono distinguere:

-giovani anziani (tra i 64 e i 74 anni)

-anziani (75/ 85 anni)

-grandi vecchi (85/ 99)

-centenari

Le tracce dell'invecchiamento

L'uomo da sempre ha tentato di combattere l'invecchiamento, alla ricerca dell'eterna giovinezza.


Purtroppo l'invecchiamento porta con sé il mistero del divenire. Vi sono tuttavia fattori che favoriscono
una migliore qualità della vita/ salute. È stato dimostrato che alcuni fattori psicologici, sociali,
comportamentali, allungano la vita, per esempio: astensione fumo, esposizione al sole moderata, check-
up regolari, dieta bilanciata, esercizio fisico costante...

Le tecnologie assistenziali

Le tecnologie assistenziali si sono sviluppate per far fronte ad eventuali problemi che possono causare
dei limiti nella funzionalità fisica, motoria, sensoriale, cognitiva, limitando la buona qualità della vita
dell'anziano. Uno dei limiti della tecnologia assistenziale è legato al costo che questa comporta, alla
minore familiarità che l'anziano ha nell'utilizzarla, come accade con i sistemi elettronici nella casa che
richiedono un particolare impegno nel loro utilizzo. Favorire migliori condizioni di vita e di benessere
deve riguardare anche realtà più complesse come per esempio la città, per esempio: fermata
dell'autobus ravvicinate, segnaletiche chiare, illuminazione notturna per garantire sicurezza,
marciapiedi antiscivolo, semafori che rispettino il ritmo degli anziani durante l'attraversamento è
l'abbattimento delle barriere architettoniche.

Invecchiamento e malattia
La ridotta funzionalità del corpo che l’età può portare con sé provoca vulnerabilità e malattie croniche,
malattie degenerative e incidenti. Tra le principali cause di morte nell'invecchiamento vi sono:
problemi cardiovascolari, ictus, e malattie croniche, artrite, artrite reumatoide, osteoporosi,
ipertensione, diabete. Tra le malattie neurodegenerative croniche troviamo la demenza, il morbo di
Alzheimer, il morbo di Parkinson. Queste malattie croniche influiscono sulla funzionalità e sullo stato
generale di benessere, causando declino della salute mentale con ricadute su coloro che dell'anziano si
prendono cura. Nonostante la presenza di malattie anche croniche dell'invecchiamento, una
proporzione rilevante di anziani gode di buon margine di autonomia e di indipendenza. Tuttavia,
nell'età adulta avanzata il potenziale biologico degli esseri umani si indebolisce causando varie forme
di fragilità, definita come una riduzione delle riserve di cui l'individuo dispone e che lo rende più
vulnerabile all'ambiente e meno idoneo a gestire alcuni compiti quotidiani.

Gli anziani fragili e abusati

La dipendenza a cui sono sottoposti gli anziani a seguito di malattie, disturbi legati all'età, prevede
anche più vulnerabili a varie forme di abuso da parte di altri o di loro stessi. Tra le forme di abuso di
cui sono maggiormente vittima abbiamo:

 Gli abusi in ambito domestico da parte dei figli, coniugi e caregivers esterni alla famiglia

 Le forme di maltrattamento nelle strutture e nei servizi sociosanitari

 Raggiri, truffa da parte di persone esterne alla famiglia

L'abuso in ambito famigliare (più frequente) colpisce principalmente donne sopra i 65 anni e anziani
dementi o con Alzheimer.

I cambiamenti cognitivi

L'avanzare dell'età comporta cambiamenti a livello fisico, sensoriale ma anche cambiamenti nella
sfera cognitiva. Alcune abilità rimangono stabili nel corso della vita, altre si sviluppano e si
perfezionano, come le abilità verbali.

Cattell, Horn , 1966 Hanno distinto due componenti tra loro correlate: le componenti fluide, quali il
ragionamento, memoria, pensiero astratto che sono molto sensibile all'età, e quelle cristallizzate, abilità
legate all'esperienza accumulata che si mantengono stabili con l'età.

multidimensionalità e multidirezionalità dell'invecchiamento: si riscontrano anche a livello del cervello,


dove solo alcune aree appaiano sensibili all'avanzare dell'età, esempio corteccia prefrontale. Oggi
abbiamo prove della plasticità del cervello dell'anziano, nell'invecchiamento si assiste una sorta di
riorganizzazione funzionale che permette l'anziano di mantenere adeguati, se non altri, livelli di
prestazione nonostante il declino biologico.

Invecchiamento ed emozioni
Le emozioni sono la parte integrante della nostra vita psichica che determinano il nostro benessere e
motivano i nostri comportamenti. È festa nel cuore delle nostre relazioni sociali e la loro espressione
costituisce uno dei canali comunicativi che ci permette di funzionare nei contesti familiari, culturali e
sociali.

Carstensen, 2006 propone la teoria selettiva socia emotiva, per la quale all'aumentare dell'età le
emozioni vengono regolate in maniera più sofisticata. La maggior consapevolezza che il tempo che
resta è limitato, motiverebbe l'anziano a dare priorità alla ricerca di significati motivi positivi agli
avvenimenti, rielaborando le vicende negative della propria vita in chiave positiva.
Nell'invecchiamento aumenta la frequenza l'intensità dei contatti con gli amici più stretti, gli amici di
sempre, per il piacere di stare insieme e perché tali relazioni sono quelle più gratificanti.

Labouvie-vief, 2003: teoria cognitivo affettiva sostiene che gli anziani ottimizzano i loro stati
emotivi, come risposta alle maggiori difficoltà a vivere le emozioni in un'ampia gamma di sfumature.
Gli anziani tendono a regolare le emozioni più frequentemente e spontaneamente rispetto ai giovani per
adeguarsi alle norme sociali e valoriali, evitando inutili conflitti. Più che cambiamenti con l'età si
avrebbe una maggiore modulazione delle emozioni che spiegherebbe l'aumento della regolazione
emotiva, la maggiore stabilità dell'umore, la diminuzione della risposta psicofisiologica che è la ridotta
ricerca di sensazioni.

Stress invecchiamento: come gestisce lo stress l'anziano

Situazioni critiche di stress: distacco dalla vita lavorativa con il pensionamento, perdita di persone care,
insorgenza malattie croniche, problemi fisici. Secondo Aldwin in tarda età si assiste a un passaggio da
stress episodici, tipici dell'età adulta, stress cronici che possono influenzare i processi di coping,
capacità di risolvere problemi.

Labouvie-Vief,1996  gli anziani usano una combinazione di strategie di coping focalizzate sulla
regolazione delle emozioni e sulla maggiore accettazione del proprio stato, come controllo e soluzione
degli eventi stressanti, naturale conseguenza dell'avanzare dell'età.

Anziani asessuati?

Contrariamente alle credenze comuni che identificano nell'invecchiamento la fine della vita sessuale,
gli anziani si interessano ancora al sesso. Nonostante il declino biologico e i conseguenti cambiamenti
nel sistema endocrino vascolare, la ridotta funzionalità degli organi sessuali, gli anziani non sono
affatto asessuati. L'interesse per l'attività sessuale nell'invecchiamento sembra in relazione ai seguenti
fattori:

o stato di salute, fisico e mentale: malattie croniche influenzano negativamente l'attività sessuale e
aumenta la frequenza di problemi sessuali sia negli uomini che nelle donne. Inoltre le pressioni
disturbi cognitivi hanno un impatto nel negativo sulla libido.

o Credenze personali e aderenza allo stereotipo del vecchio asessuato: il credere di non potere
avere un comportamento sessuale, e ritenere non legittime le passioni e l'innamoramento così
come il cedere a pressioni sociali e religiose sono tutti fattori che possono influenzare
l'atteggiamento degli anziani verso la sessualità e l'affettività.

o Come il sesso è stato vissuto, anche in termini di frequenza, nell'età adulta. Chi riferisce un'alta
frequenza di attività sessuale da giovane mostra un minor declino sessuale da vecchio.

Gli anziani che vogliono restare attivi:il life long learning

Gli anziani manifestano la voglia e la determinazione di restare attivi. Il diritto alla vita piena, ricca a
livello relazionale, sociale e anche lavorativa è propria di ogni età . Se l'invecchiamento della
popolazione viene letto come una sfida, può anche rappresentare una grande opportunità di crescita e di
miglioramento sociale. Pur non negando che gli anziani siano più fragili dei giovani, essi sono pur
sempre portatori di risorse. Un'indagine italiana evidenzia come essi non vogliono fare i nonni a tempo
pieno, sentirsi parcheggiati. Oggi il significato dell'età è cambiato radicalmente. Gli anziani sono in
grado di apprendere anche abilità complesse, inoltre i lavoratori anziani sono generalmente più
competenti, hanno un atteggiamento più positivo, più esperienza.

LLL (life long learning) considera il fatto che ogni generazione è portatrice di distinti sapere abilità
che se comunicati condivisi porta una crescita delle competenze individuali, dando valore aggiunto alle
persone stesse, alle organizzazioni e alla società. L'unione europea sta avviando iniziative per la
diffusione e lo sviluppo della LLL come progetto Cross Ages per una partecipazione attiva delle
persone anziane attraverso la definizione di un modello integrato di apprendimento basato sul sostegno
e la valorizzazione dello scambio intergenerazionale.

La fine della vita e il morire

La sfida forse più importante che la persona anziana e i suoi famigliari devono gestire è il limite della
vita, la morte. Quando l'individuo diventa anziano e si rende conto di non essere immortale e che la sua
aspettativa di vita è finita senza la realtà di una fine che si palesa sempre più reale vicina e può provare
paura. Questa paura aumenta quando l'anziano e malato. Secondo Erikson la vecchiaia è quella fase
della vita in cui si deve cercare di bilanciare la ricerca di integrità, con la disperazione determinata
anche dall'avvicinarsi a questo inevitabile appuntamento. A tal proposito enfatizza come il compito
dell'anziano sia quello di dare un senso alla propria vita, integrando le perdite che subito. Emozioni
negative che si possono associare a questa fase vengono denominate crisi della vita, in parte dovuta
dalla minor energia fisica e psicologica che l'anziano deve saper gestire per affrontare la quotidianità.
L'ansia per la morte può essere valutata sia con misure dirette (Death anxiety scale) che valutano gli
aspetti più consci, sia indirette, che valutano aspetti più inconsci (test d’interferenza con parole). La
paura della morte è connessa a tutta una serie di paure:

-solitudine veramente

-di non esistere più

-umiliazione
-l'impatto della propria morte su chi resta vivo

-nella morte di altri...

Non vengono necessariamente provate allo stesso modo da un individuo. Il morente dovrebbe potersi
trovare in un contesto che lo sostiene, che diminuisce lo stress, le sofferenze fisiche ed emotive. Stress,
senso di impotenza, mancanza di accettazione portano alla messa in atto dei meccanismi di difesa e di
protezione verso se stessi, quali negare tale realtà, evitare il contatto sia verbale che oculare e fisica con
il morente e con i familiari.

Invecchiamento longevità: i centenari

Il paese con il maggior numero di centenari sono gli Stati Uniti, l'Europa al Giappone tra gli studi
italiani più completi ricordiamo l' IMUSCE, che esamina la longevità dei centenari sardi. Si tratta di
studi multidisciplinari dove l'approccio di una legge bioegenetico è dominante, lo scopo principale
della ricerca è di capire quali siano i fattori genetici che contribuiscono alla longevità degli over 90.
L’Interesse da parte della psicologia dell'invecchiamento per i centenari è dettato da due fattori:

1) far luce sui fattori di natura psicologica che caratterizzano la centenarietà (personalità, processi
cognitivi, aspetti emotivo motivazionali, strategia di cooping )

2) capire se sia possibile generalizzare gli individui più longevi tutta una serie di conoscenze che
abbiamo sulle invecchiamento psicologico relative alla fascia di età di 65-85 anni

classificazione degli anziani centenari: il caso dei fuggitivi

Franceschi e colleghi 2000: distinguono:

-centenari di classe A': anziani autonomi, in grado di camminare, leggere e mantenere una vita sociale
attiva

-centenari di classe C: non autonomi, stato fisico mentale povero

tra queste due fasce viene la classe dei

-centenari di classeB: si trovano in una condizione intermedia

Gondo e colleghi(2006) distinguono:

-centenari eccezionali: ottime condizioni fisiche e cognitive

-centenari normali: uno o più patologie tra gli 80 e 90 anni

-centenari deboli: deficit fisici o cognitivi

-centenari fragili: deficit sia fisici sia cognitivi

Evert 2003, distingue:


-centenari sopravvissuti (survivors) dopo demenza o deficit cognitivi prima degli ottant'anni

-centenari ritardatari (delayers) deficit ottant'anni e oltre

-centenari fuggitivi (escapers) hanno compiuto cent'anni sfuggendo alle trappole dell'invecchiamento,
senza diagnosi di demenza e disturbi cognitivi. La categoria la categoria dei fuggitivi è detta anche
centenari d'elite. Offre più spunti per la ricerca in psicologia dell'invecchiamento ed è studiata per:

-Perls,2004, ipotizza che i centenari fuggitivi rappresentino un caso di resistenza cognitiva


all'invecchiamento

-La fuga può derivare dall'utilizzo di processi cognitivi di riserva che operano nonostante i
cambiamenti neuropatologici tipici dell'invecchiamento

-non bisogna trascurare il fatto che i fuggitivi rappresentino una percentuale molto bassa di centenari
perché la fuga è il risultato di un'interazione tra variabili genetiche e ambientali molto difficile da
ottenere. I fuggitivi i maschi sono più efficienti delle femmine, vengono chiamati aging superstars.
Terry e coll.2008, sostengono che una delle risposte alle differenze di genere nei centenari risieda nel
concetto di comorbilità, cioè la presenza simultanea di più disturbi. La centenarietà di fuggitivi dipende
da quanto l'anziano sia riuscito a comprimere o confinare comorbilità e disabilità agli ultimi anni di vita
(ipotesi della compressione della comorbilità e disabilità).

L'identikit del centenario

centenario: è il risultato dell'interazione di più fattori determinanti per esempio fattori genetici e
ambientali.

Fattori genetici: studi che dimostrano come la componente della familiarità è molto forte. Inoltre sono
molto frequenti mutazioni a carico dell'apolipoproteina, della proteina di transferasi microsomiale
(PMT). Infine negli anziani centenari si riscontra un numero minore di mutazioni a carico dei geni che
regolano lo sviluppo delle disabilità. Ovviamente è importante anche l'alimentazione, infatti essi
preferiscono inserire una maggiore quantità di frutta e verdura nei loro pasti. Chi raggiunge il secolo
mangia molto poco e dunque introduce una minore quantità di calorie che corrisponde ad un minor
numero di radicali liberi in circolazione.

Caratteristiche di personalità e strategie di "coping": i centenari sono persone estroverse, energiche e


dinamiche. Al Big Five riportano punteggi bassi di nevroticismo, sono loquaci e attivi . Utilizzano
strategie di coping cognitivo piuttosto che comportamentali sono in grado di riconoscere l'emergere di
un problema e per risolverlo utilizzano le proprie risorse.

Stato di salute

Presentano più sintomi fisici che psicologici, Tafaro e colleghi mostrano come sono in grado di reagire
agli eventi stressanti anche quando non sono autonomi .

sostegno ambientale
Martin e colleghi (96) i centenari parlano meno al telefono e ricevono meno visite, i figli sono il loro
punto di riferimento . Jopp e Rott: alti livelli di felicità e benessere dipendono da una fitta rete sociale e
lo sguardo positivo verso la vita è mediato da questo punto.

processi cognitivi dei centenari

Studi: sono pochi, questo perché: difficoltà a somministrare test che valutano le singole funzionalità
cognitive, infatti quando i test sono complessi la performance è molto bassa (effetto pavimento). Studio
di Luczywek: testa 10 centenari fuggitivi rispetto ad un gruppo di controllo di sessantacinquenni.
Risultato: ci saranno differenza per quanto riguarda: aspetti verbali, risultati simili per quanto riguarda
aspetti di sua spaziali, i centenari sono più lenti.

I processi sensoriali

Silver, Jilinskaia,Perls 2001 il 45% dei partecipanti al New england study hanno problemi di vista o
di udito, ciò rende difficile la somministrazione di test, viene infatti richiesto l'aiuto dei familiari, anche
l'alterazione del gusto e dell'olfatto sono importanti perché possono influenzare la dieta del centenario.
Studi italiani dimostrano che i centenari riconoscono meglio il dolce.

La memoria

Studi come heidelberg centenarian study e new england study, riportano nei centenari fuggitivi un
punteggio simile a quello degli anziani di vent'anni più giovani.

Studio Baldelli: il 10% dei centenari rispondono correttamente a domande sulle abitudini giornaliere
(esempio: come si prepara il caffè)

Fromholt e colleghi,2003: indaga sulla memoria autobiografica (fatti personali) risultato: memoria
simile a quella degli anziani più giovani, viene rilevata l'amnesia infantile (da zero a tre anni), il balzo
del ricordo (le 15 e trent'anni, ricordano soprattutto questo periodo), è una tendenza a ricordare gli
ultimi episodi della loro vita. Fromholt ritiene che centenari riportano più frequentemente eventi a
valenza neutra piuttosto che motiva. Questa probabilmente per le ridotte capacità linguistiche o come
diceva Tornstam per la la gerotrascendenza, perché negli ultimi anni di vita si sentono più vicini ad
un'altra vita, all'universo, sono più contemplati.

Linguaggio

Test usato: di denominazione, risultato: abilità simili ai più giovani. Studio sull'attenzione: anche qui
non cessavano particolari differenze.
CAPITOLO 2: LA POPOLAZIONE CHE INVECCHIA
CAPITOLO 2: LA POPOLAZIONE CHE INVECCHIA

Invecchiamento: E’ un processo individuale (non tutti invecchiano allo stesso modo), sociale ed
economico. L'ambiente e lo stile di vita influenzano tale processo. L'invecchiamento interessa l'intero
arco della vita, si colloca al termine del ciclo che precede la morte.

Criteri per misurare l'invecchiamento:

1) età anagrafica: permette di descrivere la struttura della popolazione secondo classi di età
predefiniti.

2) piramide dell'età: mostra le diverse età in determinati momenti; parte alta: individui che sono
invecchiati. Per definire la vecchiaia viene generalmente indicata l'età di 65 anni come limite inferiore.
L'invecchiamento può essere diviso in due tempi:

-tra i 65 e i 74 anni, detta terza età o anzianità

-dai 75 anni, detta corte età o vecchiaia

oppure in altri contesti vengono utilizzati termini come "giovani vecchi" e "vecchi vecchi".
Recentemente per l'inizio della vecchiaia si indica la normativa che regola l'accesso o l'uscita
dall'istituto del pensionamento obbligatorio (da 60 a 65 anni), si ha la tendenza ad indicare l'età di
pensionamento come l'inizio dell'invecchiamento.

Indicatori della vecchiaia

1) indice di invecchiamento: rapporta le classi del 65 anni con l'intera popolazione

2) vita media : aspettativa di vita alla nascita, stabilisce il numero medio di anni che un individuo può
aspettarsi di vivere a partire dalla nascita. Può essere influenzato da mortalità infantile, sistema
sanitario, sociale ed economico, stile di vita.

3) indice di vecchiaia: rapporta gli individui al di sopra della soglia che segna l'inizio della vecchiaia,
65 anni in su, alle fasce di popolazione collocati alla base della piramide. Segnala il rischio di
estinzione di una popolazione.

4) indice di dipendenza: relaziona le fasce non attive, cioè che non lavorano, con quelle che lavorano.
Le classi con 65 anni vengono sommate con le classi di età inferiore ai 15 anni.

5) La longevità: in realtà non è un indicatore, è un termine che qualifica la durata dell'esistenza nel
momento in cui si superano i limiti della vita media della popolazione. Longevità: ha un carattere
straordinario, biologicamente c’è l'ipotesi che l'uomo possa arrivare a 125 anni. Allungamento della
vita: dipende da fattori individuali, biologici, ambientali, socioeconomici, contesto familiare, servizi...
Quando inizia la vecchiaia e quando si diventa vecchi

Inizio vecchiaia: soglia convenzionale che permette di misurare l’invecchiamento analizzando


elementi, soggettivi o oggettivi, che consentono di definire tale processo. Vecchiaia: età in cui aumenta
la probabilità di ammalarsi. Tutte le malattie sono correlate con l'età, ma non tutte hanno con questa un
rapporto di causa-effetto. La dimensione ideologica fisica dell'invecchiamento è la più percepibile a
livello soggettivo ma è anche riscontrabile dall'esterno la dimensione biologica e fisica
dell'invecchiamento ha grande peso nel determinare l'inizio della vecchiaia, essa vanno imputate le
ragioni che generano la paura d'invecchiare.

La percezione della vecchiaia

ricerche segnano una discrepanza tra la descrizione che gli anziani fanno della vecchiaia e la
percezione che loro stessi hanno delle propria. Esistono anche la “vecchiaia percepita" e la

"vecchiaia attribuita". La vecchiaia inizia anche quando l'individuo si sente vecchio, può essere a
sessant'anni come a 90. Quindi l'età anagrafica ha un ruolo secondario. Per alcuni la vecchiaia non
inizia mai, questa può essere una strategia per invecchiare bene o un modo per negare la realtà.

La dimensione culturale dell'invecchiamento

Vi è difficoltà ad attribuire significati univoci a termini come vecchiaia, anzianità, invecchiamento, in


contesti culturali diversi. Non è il termine in sè che esprime il significato ma il contenuto culturale dove
il termine stesso viene usato. Se si immagina il passato e si legge la storia di personaggi illustri, la
vecchiaia evoca saggezza, quindi vecchio uguale= consigliere, sapienza. Se si guarda il presente, la
vecchiaia quando è negata, richiama la malattia, marginalità, abbandono.

Immagini, stereotipi, simboli

La dimensione culturale richiede anche immagini, stereotipi, simboli. Per esempio il bastone è simbolo
di vecchiaia ed è congruo con lo stereotipo che vedono l'anziano come malato. Un altro riguarda la
sessualità, la curiosità, il desiderio di esperienze nuove che vengono viste come lontane dall'anziano.

Riti e miti

Rito: artefatto che dà visibilità a un valore, credenza, evento. La festa di pensionamento è per esempio
un rito che contrassegna il passaggio da una vita attiva a una non attiva. Ogni mito è omologato da una
cultura di riferimento, sostenuto da simboli e linguaggi.

Mito: basato su una storia lontana, non verificabile ma che vive grazie a coloro che lo evocano. Il mito
è solitamente di natura sacrale, sovrannaturale, straordinario. È considerato un mito l'eterna giovinezza.
Globalizzazione multiculturalità

Esistono diversi modelli culturali che sn sottoposti a confronti e a scontri. I confini di riferimento per i
singoli modelli sono poco definiti a causa della globalizzazione, ciò rende meno efficaci i meccanismi
dell'omologazione, a causa delle molte interferenze che si producono.

gli effetti che si producono sono di due tipi:

1) la pluralità e la convivenza di vari modelli culturali, indeboliscono la rilevanza e il potere di


dominanza dei singoli, da tale confronto si costruisce un sistema di significati condivisi

2) l'indebolimento dei meccanismi autoreferenziali, a causa di un allenamento delle rigidità presenti nel
funzionamento tradizionale delle organizzazioni sociali. Si creano così maggiori spazi per l'espressione
delle soggettività, fino a ipotizzare di eleggere propri contesti di riferimento oggettivare processi di
costruzione di significati, dentro schemi di omologazione deboli o a maglie larghe. La globalizzazione
e la multiculturalità hanno quindi un riferimento diretto con l'invecchiamento.

Prepararsi ad invecchiare

La preparazione all’ invecchiamento è una scelta che appartiene prima di tutto ai soggetti interessati,
non può essere imposto dal di fuori, le istituzioni o altri soggetti presenti dove le persone vivono,
possono creare condizioni opportunità, perché tale scelta possa essere maturata ed esercitata. Si tratta
di: trasmettere, diffondere le conoscenze necessarie per riconoscere l'invecchiamento e le sue
caratteristiche, elaborare, promuovere percorsi di preparazione qualificati adeguati alle esigenze. Il
termine “preparazione” prefigura un'azione limitata nel tempo che finisce con una persona preparata.
L'espressione “apprendere lungo l'l'intero arco della vita” (life long learning) sottolinea che non esiste
un'età, o un momento, destinata ad imparare e un altro nei quali si applica ciò che si è imparato.

invecchiamento e famiglia

La famiglia rappresenta un riferimento fondamentale per l'anziano. Molti eventi che connotano il
processo di invecchiamento del suo divenire hanno come sfondo la famiglia. Tutto il ciclo di vita si
declina all'interno della famiglia, è importante identificare gli aspetti e contenuti propri
dell'invecchiamento, che trovano risonanza nella famiglia. Aspetti importanti:

-educazione, generazioni più adulte trasmettano alle generazioni più giovani i valori, le credenze, le
norme sociali, i modelli di comportamento

-la procreazione, la riproduzione biologica. La famiglia è il luogo che assicura la continuazione della
specie e dove si materializzano i vari ruoli dei componenti della famiglia, in relazione all'evolversi del
ciclo della vita.

-L'assistenza e lavoro di cura. La famiglia infine garantisce il percorso della crescita e della posizione
dell'autonomia, preoccupandosi che questa sia mantenuto riacquistata nel caso in cui, per qualche
ragione, venga compromessa.
Cap. 3 aspetti metodologici e statistici nello studio dell’invecchiamento

Metodologie di raccolta dati e loro limitazioni


Metodi più comuni per raccogliere dati nel campo dell’invecchiamento:
1) Disegno trasversale: un campione eterogeneo rispetto all’età viene misurato in un’unica
occasione. Questo disegno è il più semplice e meno costoso, consiste nel confronto di 2 gruppi
d’età: giovani e anziani. Gli effetti legati all’età sono stimati sulla base di differenze
interindividuali (differenze tra individui e individui, utilizzate anche per stimare i cambiamenti
interindividuali). LIMITE: tutte le possibili conclusioni fanno riferimento agli effetti legati
all’età stessa, i diversi campioni studiati provengono quindi dalla stessa popolazione e le uniche
differenze siano imputabili all’età.
2) Studi longitudinali: i partecipanti sono sottoposti a prove ripetute, misurati più volte per un
certo periodo di tempo. Permettono: una stima precisa dei cambiamenti intraindividuali,
cambiamenti nel tempo propri a ogni partecipante; esaminano il comportamento dei partecipanti
nel tempo, all’aumentare della loro età, valutano quindi il loro invecchiamento. Ministudio
longitudinale: gli intervalli tra i tempi di misura sono molto corti, si tratta di poche settimane,
giorni, ore. LIMITI: pianificazione logistica e costi finanziari; difficoltà di trovare volontari; la
durata dello studio porta a problemi legati al fatto che gli individui sono misurati nel tempo +
volte (effetto re-test), il fatto di rispondere + volte allo stesso questionario, agli stessi item, può
influenzare le risposte compromettendo la validità interna; effetti coorte: legati a differenze che
emergono tra individui nati in epoche diverse o dovute ad avvenimenti sociopolitici particolari.
3) Time-lag: consiste nel confrontare gruppi di partecipanti diversi, misurati in tempi diversi ma
con la stessa età, variano coorti e tempi di misurazione

Tecniche e modelli statistici :


T di student x campioni indipendenti: metodo trasversale, 2 gruppi di persone di età diverse,
(giovani e anziani), se sono presenti più di 2 gr. Si ricorre all’ANOVA.
T di student x campioni dipendenti: metodo longitudinale, se gli stessi individui sono osservati 2
volte nel tempo, se i tempi di misurazione sono più di 2 si applica l’ANOVA a misure ripetute.
Se si vuole considerare l’età come variabile continua si potrà ricorrere al modello gerarchico
lineare, il quale stima la varianza dovuta sia alle differenze interindividuale che alle differenze
intraindividuali.
Lo studio dello sviluppo psicologico richiede modelli statistici capaci di stimare parametri che
operazionalizzino domande di interesse teorico, come i modelli d’equazione strutturali: MES,
anziché modelli che si concentrano sulla media statistica. Lo scopo principale dei MES è di
confrontare la previsione teorica sottostante al modello che si vuole testare con dati empirici e
consiste nel proporre un modello strutturale capace di riprodurre la matrice delle covarianze. Uno
dei vantaggi maggiori dei MES è la possibilità di introdurre variabili non misurate, dette latenti. 3
vantaggi dei MES:
- flessibilità, permette di operazionalizzare strutture ipotetiche complesse per testare se tali teorie
abbiano un riscontro oggettivo con dati empirici. Diversi tipi di cambiamenti legati
all’invecchiamento possono essere testati e confrontati.
- la stima dei parametri sconosciuti è statisticamente superiore a quella di modelli classici con dati
mancanti
- le analisi multigruppo, non considerano tutti gli individui come facenti parte dello stesso gruppo,
ciò permette di confrontare un modello di cambiamento latente attraverso più gruppi di cui si
conosce l’appartenenza individuale.

Lo studio della variabilità


Nello studio dell’invecchiamento è accettato che le persone cambino in varie abilità e ambiti, ciò ha
portato la ricerca a interessarsi del cambiamento che viene associato a processi di lunga durata
come il ragionamento, le emozioni, che cambiano in modo graduale con l’avanzare dell’età.
Nesselroade: propone la variabilità interindividuale e intraindividuale a lungo e breve termine.
Variabilità interindividuale: differenze tra gli individui, è quello che viene abitualmente considerata dai
modelli statistici i quali si focalizzano sulla varianza definita attraverso gli individui su una o +
variabili dipendenti.
Variabilità intraindividuale: definita sulla base dei cambiamenti reversibili a breve termine (istanti,
secondi, giorni) che sono significativi e da non imputarsi semplicemente all’errore di misurazione, può
essere un indicatore precoce di un deficit o dell’insorgenza tardiva del declino.

CAP 4: il cervello che invecchia: tra perdite e guadagni


Cervello: diviso in 2 emisferi connessi dal corpo calloso, esso è costituito da 2 tessuti: materia grigia
(corteccia cerebrale)e materia bianca. La corteccia cerebrale è divisa in :lobo occipitale (elaborazione
visiva), lobo parietale (deputato all’associazione e integrazioni di info provenienti dall’esterno), lobo
temporale (memoria), lobo frontale (strategie cognitive, capacità di astrazione..).
Funzione emisfero sinistro: controlla le funzioni del linguaggio
Funzione emisfero destro: controlla le funzioni visuo-spaziali cm la memoria visiva…
Sistema limbico :corteccia del cingolo, giro ippocampico, ippocampo. Ruolo: processi mnestici
Gangli della base: amigdala, claustro, corpo striato. Ruolo: movimento.
Cervelletto: ruolo: controllo del movimento, postura, processi mnestici.
Materia grigia: formata dai neuroni, assoni corti non mielinizzati, dendriti, cellule gliali. Ruolo:
metabolismo energetico.
Materia bianca: assoni lunghi mielinizzati, dendriti. Le connessioni permettono alle diverse aree del
cervello di comunicare tra loro. La comunicazione tra neuroni è assicurata dai neurotrasmettitori
liberati dalla terminazione presinaptica nello spazio extracellulare intersinaptico.

Tecniche di visualizzazione cerebrale


Aspetti strutturali: l’introduzione della volumetria ha permesso una quantificazione dettagliata degli
effetti dell’età sul tessuto cerebrale.
Il volume della materia grigia diminuisce drasticamente durante la prima infanzia, tale diminuzione
continua per tutta la vita anche se in maniera più attenuata dalla prima decade in poi. Al contrario il
volume della materia bianca aumenta gradualmente durante l’infanzia, l’adolescenza e l’età adulta
raggiungendo il picco vs la quarta decade di vita.
Sfoltimento neuronale: descrive il processo durante il quale il cervello del bambino sovraproduce
neuroni e sinapsi fino ai 3 anni, dopodichè le connessioni non utilizzate vengono gradualmente
eliminate, tale fenomeno è necessario per favorire lo sviluppo.
L’alterazione della materia bianca è causata da un accumulo di microlesioni, o ischemie cerebrali,
dovute all’ostruzione dei vasi sanguigni, che provocano un minor apporto di sangue al cervello. Tali
ischemie sono identificabili con l’età, cioè quando la loro quantità è importante e il livello di gravità
avanzano.
Aspetti neurochimici: vengono usate tecniche scintigrafiche come la PET (tomografia a emissione di
positroni) o la SPECT (tomografia computerizzata a emissione di fotoni singoli). I lavori condotti nel
campo della neurotrasmissione evidenziano cambiamenti con l’età nelle sinapsi, nella produzione e
nella captazione di vari neurotrasmettitori.

IL CERVELLO CHE INVECCHIA


L’insieme dei lavori sull’invecchiamento cerebrale strutturale, neurochimico, metabolico, riportano
un’immagine coerente di effetti differenziali con l’avanzare dell’età. La corteccia frontale mostra ampie
alterazioni, come pure l’ippocampo. Qst regioni sono coinvolte nel controllo esecutivo o attentivo e
nella memoria episodica. Gli effetti del genere COMT sulle prestazioni comportamentali che si
possono pure osservate in compiti di memoria di lavoro e di controllo esecutivo vengono amplificati
durante l’invecchiamento.
Quando il cervello dell’anziano compensa le perdite fisiologiche
Compensazione: si manifesta attraverso 2 forme: 1) caratterizzata da un’attivazione controlaterale di
regioni omologhe (a livello della corteccia prefrontale). Questa forma di compensazione a livello della
riorganizzazione cerebrale è stata formalizzata nel modello HAROLD e osservata in compiti complessi,
per es. di memoria di lavoro o di rievocazione episodica. Dati illustrano che la bilateralizzazione
frontale è associata a prestazioni di memoria migliori nelle persone anziane.
2) il secondo tipo è stato chiamato PASA, in questo caso il fenomeno della compensazione si presenta
sotto la forma di un’attivazione supplementare delle regioni cerebrali anteriori, soprattutto frontali,
associata a una relativa riduzione dell’attività nelle aree posteriori, in particolare occipitali. E’ stata
interpretata come la necessità per l’anziano di ricorrere a un controllo esecutivo maggiore per
compensare i deficit funzionali associati all’elaborazione percettiva e motoria.

Quando l’invecchiamento diventa patologico:


La malattia di Alzheimer
è la forma più comune di demenza degenerativa invalidante con esordio prevalentemente senile. Eè
associata a una progressiva perdita delle funzioni cognitive conseguente all’alterazione del tessuto
cerebrale. La patologia è caratterizzata dalla presenza di placche senili, un accumulo axtracellulare
neurotossico, questi depositi inizialmente sono presenti nell’ippocampo per poi diffondersi nella
corteccia. E’ inoltre caratterizzata da degenerazioni neurifibrillari (lesioni intracellulari).
Disturbi: perdita memoria episodica, dichiarativa, semantica, che portano afasia, aprassia, agnosia.

Il morbo di Parkinson
Caratterizzato da un’alterazione dei nuclei grigi centrali i quali provocano un danno maggiore nel
sistema di neurotrasmissione dopaminergico.
Si notano: deficit di produzione e captazione della dopamina nello striato ma anche una diminuzione
della densità dei recettori dopaminergici D1 e D2 che ostacola il funzionamento delle reti cerebrali
implicate nella regolazione motoria e cognitiva.
Sintomi: di tipo motorio, ipertonia muscolare che porta ad una postura inclinata in avanti, tremore,
diminuzione movimenti volontari, a livello cognitivo incide sulla memoria di lavoro e sul controllo
attentivo.
CAPITOLO 5 intelligenza e memoria nell invecchiamento

Invecchiamento cognitivo

La tradizione psicometrica porta alcuni autoria distinguere:

Abilità fluide: biologicamente determinate

Abilità cristallizzate: culturalmente determinate

Autori parlano di simmetrie, cioè somiglianze con i giovani, che Verhaeghen definisce strabilianti.

Limite approccio sociometrico: descrive le abilità intellettive e la loro evoluzione ma non le spiega, non
risponde quindi a domande di ordine teorico, empirico. Prima si credeva che lo sviluppo cognitivo si
arrestasse con la fine dell'adolescenza, l'età adulta era vista come il declino cognitivo e generale, questa
concezione negativa dell'invecchiamento viene contrapposta ad un'altra teoria secondo la quale le
modificazioni psicologiche caratterizzano tutto l'arco di vita (life span). L'invecchiamento cognitivo è
caratterizzato da un'elevata eterogeneità e variabilità individuale. Vi sono nuove acquisizioni
accompagnate da perdite con l'avanzare dell'età.

L'intelligenza

Test usati per misurare l'invecchiamento: matrici progressive di Raven: si presentano figure con delle
parti mancanti e l'anziano deve indicare tra diversi frammenti, la parte mancante. Risultato: giovani
ottengono punteggi migliori rispetto ai giovani anziani (65 -74 anni), e i grandi ricchi (+74) i giovani
anziani ottengono invece punteggi superiori ai grandi vecchi. La versione" colore" dello stesso test , il
più adatto per gli anziani, mostra un declino generale con l'avanzare dell'età ma non evidenzia il
declino differenziale e dell'abilità intellettive . 1956, Wechsler: attraverso l'uso della wais
(wECHSLER ADULT INTELLIGENCE SCALE, CHE MISURA IL QI) divide prove che resistono
all'invecchiamento e altre che non resistono. Nel ‘93 Gregoire propone lo stesso test ad un campione di
1000 persone tra i 25 e 79 anni. Risultato: nonostante l'avanzamento dell'età l'andamento del quoziente
intellettivo verbale restava stabile fino a settant'anni, il quoziente intellettivo di prestazione diminuiva a
partire dai 45 anni.

Cattell per studiare l'intelligenza considera:

 intelligenza fluida(GF): permette di adattarsi a situazioni nuove, a nuovi problemi, è valutata


con prove basate sul ragionamento, scoperta regole. Questo tipo di intelligenza dipenderebbe da
fattori di ordine ideologico, fisiologico.

 Intelligenza cristallizzata (Gc): si basa sulla conoscenza acquisita, è legata alla cultura.
L'intelligenza cristallizzata rimane stabile con l'età, a volte migliora, perché dipende
dall'esperienza accumulata. Secondo questo modello le differenze tra giovani anziani sarebbero
a favore dei giovani, questo modello viene messo in dubbio da diversi autori. Ciò nonostante
essa mostra come l'invecchiamento debba essere considerato come un fenomeno
multidimensionale e multidirezionale, in quanto vi sono diversi tipi di abilità legate per esempio
all'intelligenza fluida e cristallizzata, che hanno sviluppi diversi.

Baltes, 1987: lo sviluppo subisce influenze di tipo biologico culturale. Egli parla di operazioni mentali
di base legate alla biologia (mechanics of cognition ) e di aspetti relativi alla cultura (pragmatics of
cognition). Le abilità sulle operazioni di base, ragionamento, memoria, lentamente spaziale...
Subiscono un declino precoce. Le abilità riferite alla componente pragmatica, verbale e numerica,
restano stabili e/o aumentano fino ai settant'anni. Quando l'aumentare dell'età, a causa dell'
indebolimento biologico, che può essere un maggior bisogno di mantenere alto il livello di
funzionamento sia della cultura che dell'esperienza.

Abilità intellettive fondamentali dati trasversali del BASE (berlin aging study) mostrano che le abilità
legate alle operazioni mentali di base e aspetti pragmatici dell'intelligenza siano correlate
negativamente con l'età, con un declino più pronunciato per i meccanismi di base. Tuttavia si assiste a
un momento della correlazione tra ambiti cognitivi diversi, si suppone infatti che la struttura intellettive
degli anziani sia meno differenziata(ipotesi della differenziazione) di quelle dei giovani, quindi si
assiste a un aumento dell'influenza dei meccanismi di base dell'intelligenza sulle attività pragmatica,
indice dal forte impatto degli aspetti biologici sul funzionamento cognitivo degli anziani.

Il decadimento differenziato delle abilità intellettive fondamentali

Mcghee (1993) ha condotto una ricerca con soggetti dai 55 anni ai 76 anni a cui ha somministrato 29
prove.Viene evidenziato come la capacita' di comprendere concetti e relazioni sia modestamente
danneggiata dall'invecchiamento e molte altre abilità legate a conoscenza linguaggio non è siano per
niente.

I processi di elaborazione sensoriale sembrano essere influenzati dall'invecchiamento. Questo aspetto


può essere messo in relazione col fatto che gli anziani presentano con l'età un indebolimento di tutte le
loro capacità sensoriali, a partire dalla vista e dell'udito. Il Berlin Aging Study dimostrò che semplici
misure di acuità visiva e uditiva erano in forte relazione con successo in compiti complessi. Baltes e
Lindberger formulano ipotesi della causa comune. Tale ipotesi postula che la stretta relazione tra le
misure sensoriali e cognitive è dovuta a una dipendenza di tali abilità e funzioni da un'unica e comune
architettura fisiologica del sistema nervoso centrale, evidenziando uno stretto legame
nell'invecchiamento tra le caratteristiche del cervello e le abilità cognitive. Il ruolo delle funzioni
sensoriali nello spiegare l'invecchiamento cognitivo darebbe sostegno all'idea secondo cui in particolare
nella quarta età, il peso dei fattori biologici e genetici sarebbe sempre più importante nel determinare il
funzionamento cognitivo e ridurrebbe il ruolo delle competenze legate all'intelligenza pragmatica per
compensare il declino cognitivo.

La memoria nell'invecchiamento

La memoria non è un sistema unitario ma vi sono diverse forme di memoria e multipli sistemi di
memoria. La memoria viene per definizione considerata un aspetto centrale del invecchiamento
cognitivo, i vari tipi di memoria possono essere distinte a seconda delle caratteristiche temporali
dell'elaborazione richiesta al momento della codifica del recupero (memoria sensoriale, memoria
breve termine, memoria a lungo termine) della natura del test e del tipo di stimolo da elaborare.
Tulving s Acter,1990, hanno suggerito di distinguere alcuni sistemi fondamentali di memoria. Il sistema
temporaneo di memoria è stato descritto con termini diversi. La memoria a breve termine mantiene
passivamente piccole quantità di informazioni, verbali o spaziali, per un tempo limitato, la memoria di
lavorativa, permette il mantenimento e l'elaborazione dell'informazione. L'invecchiamento sembra non
influenzare in maniera importante la memoria a breve termine.

Bopp e Verhaeghen,2005: ha mostrato che le differenze d'età sono minime in prove verbali che
richiedono una semplice mantenimento delle informazioni e diventano molto più importanti quando
invece la prova implica processi di elaborazione più complessi. In psicologia del invecchiamento si fa
una distinzione tra prove che richiedono solo l'immagazzinamento delle informazioni, come il classico
span a breve termine, span di cifre in avanti, quelle che richiedono di riorganizzare il materiale
ascoltato, come la span all'indietro, in cui le cifre devono essere ripetute dall'ultima ascoltata alla
prima. Quest'ultimo tipo di prova differisce dallo span a breve termine in quanto la manipolazione degli
altri tempi comporta un tipo di elaborazione che va al di là del semplice immagazzinamento, per questa
ragione la prova è stata spesso associata alla memoria di lavoro. La metaanalisi di Bopp e Verhaeghen
ha messo in evidenza come le differenze d'età siano meno importanti per le prove di span a breve
termine che per quelle di memoria lavoro, e come lo span all'indietro sia più sensibile all'età della span
in avanti ma meno della span di memoria di lavoro.

Vi sono differenze d'età nella memoria a lungo termine maggiori rispetto a quelle riscontrate per la
memoria a breve termine. All'interno della memoria a lungo termine si distingue tra la memoria
dichiarativa, che conserva sia le informazioni riguardo fatti concetti sia le informazioni specifiche
episodiche, e memoria procedurale, che conserva informazioni e conoscenze relative a procedure in
larga parte automatizzate che non implicano nessun tipo di recupero intenzionale dell'informazione. La
memoria dichiarativa viene a sua volta distinte memoria semantica, conoscenze consolidate per le
quali si è perso il ricordo degli episodi in cui sono state acquisite, e memoria episodica. Studi
mostrano come gli effetti dell'età siano più importanti per la memoria dichiarativa episodica, che
implica un accesso consapevole alle informazioni, ciò si evidenzia in particolare nel recupero di eventi
e fatti specifici misurati con propri di ricordo o riconoscimento, piuttosto che per la memoria semantica
e procedurale. Quando le persone non cercano di ricordare in modo volontario, memoria implicita, le
tracce mnestiche possono influenzare il comportamento degli anziani quanto quello dei giovani. Un test
di memoria implicita è la prova di completamento di parole, dove si presenta alla radice di una parola e
si invita il soggetto completare la parola. L'influenza che gli item studiati hanno sulla prestazione è un
esempio di preattivazione (priming). Queste prove si distinguono in due tipi: quelle percettiva,
completamente di parole, identificazioni parole, che si basano sull'analisi percettiva degli stimoli
studiati; e quel concettuali o di produzione, associazioni di parole, relate all'analisi del significato
dell'informazione target. Il controllo preventivo legato all'età non permetterebbe la selezione di quegli
item critici studiati quindi priming , e allo stesso tempo l'inibizione di quelli item competitori, che non
sono stati studiati. La memoria procedurale rimane sostanzialmente indenne all'avanzare dell'età, anche
in presenza di patologie cognitive degenerative, in particolare se la provano richiede la produzione di
una risposta, ma si identificazione dello stimolo. Le differenze d'età sono meno pronunciate in prove di
riconoscimento o quando sono forniti dei suggerimenti, rispetto a prove più costose in termini di risorse
cognitive come la rievocazione libera. Gli anziani hanno molta difficoltà in prove che richiedono
recupero dichiarativo di informazioni legate eventi specifici avvenuti in tempo luogo dato, e nel
recupero del contesto degli eventi . Risultati hanno portato a formulare l'ipotesi di un deficit associativo
con l'avanzare dell'età ciò spiegherebbe in parte il declino in memoria episodica. Un aspetto particolare
della memoria riguarda la memoria autobiografica che riguarda episodi o anche ricordi di carattere più
generale associati alla sfera della vita personale. Se il ricordo riguarda episodi recenti, la prestazione
dell'anziano risulta indebolita, soprattutto per i dettagli dell'evento, come accade nel caso di ricordi
episodici meno personali. Se invece ricordo riguarda episodi acquisiti quando la memoria è più
efficiente, la prestazione non sembra subire modificazioni significative con l'età. Il frequente fenomeno
di ricordare con più facilità episodi tra i 10 e 30 anni viene chiamato reminiscence bump, ed è
attribuibile alla capacità di memorizzare che si aveva quando si è stati esposti all'evento. Questa si
colloca nella seconda decade della vita. Inoltre la propensione a tenere vivi propri ricordi è influenzata
da una particolare caratteristica dell'individuo, chiamata leopardismo o sensibilità alla memoria. È stato
dimostrato che a una maggiore sensibilità alla memoria si associa anche una migliore memoria
autobiografica e che gli anziani apprezzano molto più degli adulti , importanza dei ricordi. Un altro
filone di ricerca sulla memoria episodica si è interessato gli errori di memoria che le persone
commettono, distorcendo l'evento o pensando che questa si sia verificato quando in realtà non è mai
successo, questo processo detto false memorie. Infine vi era memoria prospettica, il ricordare di
ricordare che permette di programmare le azioni future e di rievocarne nel momento in cui devono
essere compiute. Questa si divide tra memoria prospettica basata sul tempo, devo ricordarmi di
prendere la medicina alle 20:00, è quella basata sugli eventi, quando suona la sveglia devo prendere la
medicina.

Quindi: i risultati della ricerca sulla memoria mostrano che gli effetti legati all'età nella prestazione
mnestica non sono uniformi, alcuni sistemi di memoria sono preservati mentre altri risentono dell'età,
questo declino sembra essere dovuto a difficoltà sia nel codificare le nuove informazioni, sia nel
recuperare le informazioni. La memoria semantica sembra conservare discreti livelli di funzionalità
fino a tarda età.

Comprensione del testo

La comprensione del testo costituisce un esempio di abilità linguistica ma costituisce anche un caso di
cognizione complessa, sostenuta da meccanismi di base per i quali si assisterebbe a un deterioramento
senile. Gli anziani a causa dei cambiamenti cognitivi legati all'età stessa incontrano difficoltà in prove
di comprensione del testo. Allo stesso tempo vi sono vari studi che hanno messo in evidenza come tale
declino nella comprensione con l'età sia ineluttabile e come tale abilità si è invece conservata
nell'anziano. Infatti studi mostrano differenze tra giovani e anziani meno pronunciate o persino assenti.
De beni e colleghi hanno trovato che gli anziani sono in grado di raggiungere un livello sufficiente di
comprensione, avvalorando l'ipotesi che le abilità di comprensione degli anziani restino adeguate alle
richieste della vita quotidiana. Lo studio di Borella e colleghi, 2007, dimostra l'importanza di
distinguere tra comprensione ricordo del testo letto, prima di trarre conclusioni a favore o meno di un
deficit di comportamento nell'invecchiamento. Per la valutazione clinica della comprensione del testo
nell'anziano è opportuno utilizzare strumenti che misurino le abilità di comprensione e non quelle di
memoria per il testo. Si evidenzia un decadimento delle abilità di comprensione del testo
nell'invecchiamento, quando questa sia valutata controllando aspetti legati alla memoria, alcune
caratteristiche del testo stesso potrebbero influire negativamente sulla comprensione dello stesso da
parte dell'anziano. Più un testo contiene strutture complesse più gli anziani mostrano prestazioni
deficitarie.

Processi di memoria

Il ricordo può essere visto come un insieme di operazioni o processi mentali che includono
l'acquisizione o codifica delle informazioni e il loro successivo recupero. Le differenze d'età nella
memoria possono essere attribuite all'inefficienza di uno o più di quei processi che sono responsabili
del ricordo. Processi di codifica efficienti implicano che l'informazione sia elaborata profondamente,
che vengano create associazioni, che si organizzino tra loro gli item è che questi vengano integrati con
le nostre conoscenze. Processi di recupero efficienti implicano a loro volta alla ricerca di suggerimenti,
gli anziani pur codificando spesso con successo simile a quello del giovane il materiale, hanno
difficoltà quando devono apprendere delle informazioni intenzionalmente. Tale dato apportato alcuni
studiosi a identificare un problema a livello delle strategie per cui durante la fase di codifica gli anziani
non userebbero strategie adeguate. La difficoltà degli anziani nei compiti di memoria episodica e
spiegata secondo altre ipotesi che si riferiscono alla codifica e ai processi di recupero. Un'altra ipotesi
riguarda i processi controllati e automatici che spiegano la distinzione tra processi di ricordo vero e
proprio ed esperienza di familiarità.

Il ruolo della metà cognizione

La metacognizione si riferisce processi che riflettono sulla attività cognitiva è processi che la
controllano. Nel caso dell'anziano è stata studiata la metacognizione relativa all'ambito della memoria,
detta metamemoria, ed è stato osservato che con o senza metacognitiva ai processi di controllo possono
non essere del tutto adeguati. Gli anziani hanno concezioni distorte che sembrano avere conseguenze
sulla attivazione di strategie e quindi sulla prestazione mnestica. la metacognizione può risentire meno
del calo cognitivo ed essere modificata, con la conseguenza di apportare benefici cognitivi.

La teoria dei livelli di elaborazione, proposta da Craik e lockhart 1972, ipotizza che il mantenimento a
lungo termine dell'attrazione mistica sia in funzione della profondità dell'elaborazione: più profondo è
il livello di elaborazione dell'informazione più elaborata sarà la traccia mnestica ad essa relata. Tre
livelli di elaborazione

1 ) strutturale e superficiale

2) strutturale e meno superficiale

3) profonda, come avviene nell'analisi semantica


In base alla formulazione più semplice di questa teoria si può pensare che una caduta nella memoria
episodica sia dovuta a una codifica più superficiale. È stato sottolineato che una elaborazione profonda
richiede anche una elaborazione di tipo sensoriale che interesserà la percezione e codifica dello
stimolo, dunque la memoria è anche un prodotto dell'analisi percettiva. L'elaborazione più profonda è
quella che garantisce un miglior ricordo. Secondo questa teoria i cambiamenti legate all'età del
funzionamento sensoriale spiegano i cambiamenti cognitivi nell'invecchiamento; la generale minor
disponibilità di risorse nell'invecchiamento causerebbe il declino legato all'età nella prestazione
percettiva e cognitiva; il declino legato all'età nelle funzioni sensoriali può causare cambiamenti nella
quantità di risorse che possono esser utilizzate una elaborazione più profonda o comunque per
l'elaborazione richiesta da quel particolare compito.

Teoria dell'elaborazione auto iniziata

Craik ha messo in luce come anche altre variabili possono essere critiche per aver avviare processi
efficaci di memoria, ha proposto l'ipotesi dell'elaborazione auto iniziata nella fase di codifica di
recupero, che ne direbbe gli effetti dell'età sulla memoria sulla cognizione. Processi auto iniziati sono
necessari quando la persona non ha alcuna facilitazione e deve trovare il modo per memorizzare e
recuperare delle informazioni. Il concetto di elaborazione auto iniziata descrive la necessità di avviare
ed eseguire delle operazioni, per elaborare materiale, che richiedono controllo e attenzione e dipendono
dall'energia mentale di ogni individuo. I processi auto iniziati comprendono attività di codifica
finalizzate a facilitare il recupero.

Teoria dei processi automatici e controllati

Jennings e Jacobi,1993, suggerirono che la diminuzione nell'invecchiamento della prestazione


cognitiva in compiti di memoria fosse legato a un deficit specifico di processi controllati, da distinguere
da quelli automatici che sono invece risparmiati dall'invecchiamento. Ricordiamo che i processi
automatici sono innati o superappresi, rapidi, legate allo stimolo e non all'intenzione, si basano sulla
familiarità e sul contesto, non lasciano memoria della loro effettuazione una volta appresi difficilmente
possono essere disappresi. Quelli controllati sono coscienti, necessitano di un uso controllato
dell'attenzione della memoria, richiedono sforzo. Jacobi postula l'esistenza di processi di recupero
automatici e altre controllate che congiuntamente e in maniera indipendente determinano la prestazione
in ogni prova di memoria. Egli notò che per i giovani si ha una stima dei processi controllati più alta
degli anziani e che invece non ci sono differenze nella stima dei processi automatici. Molti errori di
memoria secondo l'autore avrebbero luogo quando in una prova predominano i processi automatici,
legati alla familiarità, rispetto a quelli controllati. Pensiamo ai nonni che raccontano sempre le stesse
storie loro nipotini secondo l'autore questa capita perché l'avere raccontato una prima volta la storia o
mentre la familiarità per tale storia.

Teoria motivazionale

è noto come la prestazione cognitiva in processi controllati sia danneggiata dalla presenza dei stati
emotivi: preoccupazioni, stress, tensioni possono ridurre la capacità di lavoro della mente. Questo
pericolo vale in misura maggiore per l'anziano, a causa delle minori risorse disponibili. Per l'anziano è
importante imparare a gestire protestati emotivi.

Rahhal, hashr e Colcombe,2001, confrontano alla prestazione di memoria di giovani anziani in due
condizioni diverse. Gli aspetti emotivo-motivazionali sono critici nei processi cognitivi nell'anziano
perché non sono soggetti a decadimento, ovvero possono pesare nell'anziano tanto è forse ancora di più
che nel giovane. Negli anziani, a differenza dei giovani, la prospettiva temporale e limitata. Gli anziani
investono sempre più le loro risorse su attività per le quali possono avere riscontri positivi, senza
sperimentare fallimenti. Gli anziani sono caratterizzati da un ottimismo mnestico, e ricordano molto
meglio gli episodi positivi della loro vita passata.

.Mikels,2005, estese queste osservazioni anche a compiti di memoria di lavoro per stimoli emotivi. È
stato osservato per per stimoli visivi neutri, il normale calo mnestico.

Capitolo sei: meccanismi cognitivi di base

i meccanismi di base della cognizione dell'invecchiamento

-l'approccio sperimentale locale è globale

Nell'ambito della psicologia dell'invecchiamento, si possono distinguere due processi fondamentali:


l'approccio locale e quello globale.

Approccio locale: cerca di identificare quali componenti dell'elaborazione delle informazioni siano
danneggiate dall'invecchiamento e come esse influiscano sulla prestazione. Il metodo utilizzato è quello
sperimentale dove si confronta la prestazione ottenuta da giovani anziani in due versioni di uno stesso
paradigma: una versione baseline e in cui vengono manipolati processi di interesse. Quest'approccio
cerca di riprodurre gli effetti dell'età osservati in un determinato compito modificando il minor numero
di parametri tratti del modello cognitivo teorico generale. Ci permette di individuare inoltre i
meccanismi, processi e sistemi cognitivi influenzati dall'età, ma non consente di capire come e perché
questi avvengono.

Approccio globale-macro: la comprensione dell'invecchiamento cognitivo necessita di modelli


integrativi dove si ipotizza un numero limitato di meccanismi che permettano di interpretare le
differenze d'età nelle componenti specifiche di trattamento a partire da parametri generali, fornendo una
visione globale e unitaria dell'invecchiamento. Il metodo utilizzato è quello con relazionale, basato
sulle differenze individuali, dove un insieme di variabili viene utilizzato per predire le differenze d'età o
i cambiamenti colletta in determinati aspetti della cognizione. Considera l'invecchiamento come
risultato di una modificazione nelle risorse mentali, concepite come energia mentale (di Salthouse)
implica dei meccanismi attivatori che permettono di elaborare un numero limitato di informazioni. Con
l'avanzare dell'età diminuirebbero tali risorse e questo spiegherebbe la differenza nella prestazione
cognitiva in prove di memoria, attenzione eccetera... Fra giovani anziani. Queste risorse sono
considerate regolatori dello sviluppo, e influenzano il funzionamento del sistema cognitivo senza poter
essere ridotti ad altri costruiti psicologici vengono identificati come: velocità di elaborazione delle
informazioni, capacità della memoria di lavoro e capacità affettive o di inibizione.
Velocità di elaborazione

La velocità con cui si elaborano le informazioni è considerata uno dei fattori principali che spiegano le
differenze che l'avanzare dell'età genera nella cognizione in tutto il corso della vita. Salthouse.1996, ha
attribuito alla velocità di elaborazione delle informazioni un ruolo nello sviluppo e nell'invecchiamento.
A livello di biologia sono riscontrabili dei cambiamenti che spiegano la variazione nella velocità di
elaborazione dell'informazione, tale declino negli anziani viene attribuita cambiamenti nel peso del
cervello, nella struttura dendritica, nell'efficacia dei ricettori dopaminergici che porterebbero a un
rallentamento nelle operazioni cognitive e a una diminuzione della prestazione osservata. La velocità di
elaborazione e di solito attestata con prova dove viene richiesta una risposta il più veloce possibile tra
le varie prove abbiamo: prove di velocità percettiva, prove sui tempi di reazione semplici, prove sui
tempi di reazione complessi.

Salthouse propone due meccanismi che potrebbero spiegare la relazione tra velocità cognizione: il
meccanismo del tempo limitato e il meccanismo di simultaneità. Le operazioni cognitive necessarie per
riuscire in un'attività non possono essere attuate se le prime operazioni cognitive richieste dal compito
vengono eseguite troppo lentamente, lasciando quindi altro tempo sufficiente per spiegare le successive
operazioni, rischiando di conseguenza, per queste ultime vengano realizzate in un modo meno preciso
(meccanismo del tempo limitato). Allo stesso tempo un trattamento lento riduce sia la quantità di
informazioni a disposizione per le operazioni successive di elaborazione, sia la profondità con cui le
informazioni vengono elaborate. Le informazioni precedentemente elaborate diventano l'diventano
quindi meno precise accurate man mano che il tempo passa (meccanismo di simultaneità). Gli anziani
sarebbero quindi più lenti dei giovani e otterrebbero prestazioni basse anche in prove che non
implicano direttamente alla velocità.

Attenzione e inibizione

Rogers,2000, fornisce una classica distinzione tra tipi diversi di attenzione e ne illustra la diversa
sensibilità all'invecchiamento. Si può distinguere l'attenzione richiesta nello scegliere e fissarsi
sull'informazione appropriata (attenzione selettiva), di quella impegnata quando ci si concentra su una
determinata attività (attenzione focalizzata) e si mantiene a lungo la concentrazione su di essa
(attenzione mantenuta). Gli anziani hanno maggiori difficoltà a mettere in atto processi controllati e
sono più lenti. È possibile che essi siano in difficoltà quando il compito richiede controllo è velocità.
L'inibizione: processo in cui si era interessati all'abilità di mantenere l'attenzione su stimoli specifici,
resistendo all'interferenza provocata da distrattori endogeni o esogeni. Birren nel 59 aveva presentato i
risultati dove emergeva che all'aumento dell'età comparativa vi era un crescente deficit inibitorio.
L'inibizione e in genere una meccanismo aperitivo implicato in attività semplici e complesse. Opera sia
nella codifica che nel recupero delle informazioni immagazzinate. Il ruolo dell'inibizione è legato al
controllo esercitato sui contenuti temporanei della memoria di lavoro. La teoria dell'inibizione
nell'invecchiamento cognitivo è stata proposta come una nuova visione che spiega l'invecchiamento
stesso. Secondo questa teoria la prestazione cognitiva degli anziani sarebbe influenzata dalla difficoltà
a selezionare rappresentazioni appropriate per i fini dell'attività da svolgere e a inibire le
rappresentazioni percettive, mnestiche, e le risposte non pertinenti dell'attività. L'ipotesi dell'inibizione
si differenzia da quelle di una diminuzione con l'età della velocità di elaborazione delle informazioni,
della quantità delle risorse disponibili e della pura e semplice capacità della memoria di lavoro. La
prima funzione di controllo dell'inibizione consiste nel fare in modo che le rappresentazioni non
pertinenti entrino nella memoria di lavoro (funzione di accesso). La seconda funzione dell'inibizione
interviene per controllare le rappresentazioni attivati in memoria, disattivando quella che non sono mai
state rilevanti o che non sono più rilevanti (funzione di soppressione). A queste due funzioni si
aggiunge una terza volta controllare risposte dominanti prendano il sopravvento (funzione di
restrizione).

Errori di intrusione: de beni e colleghi notano come gli anziani in prove di memoria di lavoro
ricordino molte informazioni che erano state presentate ma non erano da ricordare, commettendo quelli
che sono chiamati errori di memoria o di intrusione.

Gli anziani producono un maggior numero di intrusioni, in un compito sperimentale di memoria di


lavoro, e che inoltre posseggono una maggior frequenza di pensieri impulsivi in situazioni della
quotidianità.

Critiche all'ipotesi inibitoria

Verhaghen e de Meersman,1998, prima di interpretare i risultati in termini di declino dell'inibizione con


l'invecchiamento, è necessario considerare altri fattori come la velocità di elaborazione. L'un'ulteriore
ipotesi è che l'inibizione non sia un costrutto così generale come si poteva supporre, studi infatti
mostrano come le correlazioni tra le diverse misure di inibizione siano spesso molto basse sono nulle.
Ciò indica che esistano probabilmente processi di inibizione che sono sollecitati a seconda delle
richieste del compito e della situazione sperimentale.

L'inibizione è uno dei fattori proposti che spiegherebbe la diminuzione delle risorse
nell'invecchiamento normale, probabilmente associato a un declino selettivo delle funzioni di
inibizione e a ridimensionare il ruolo di un meccanismo generale inibitorio nello spiegare le differenze
d'età nella memoria di lavoro.

La memoria di lavoro

il costrutto di memoria di lavoro (MDL), sistematizzato da Baddeley e Hitch nel 74, si riferisce alle
operazioni utilizzate per immagazzinare temporaneamente le informazioni anche al fine di elaborarle
per l'esecuzione di altri compiti. L'tale memoria si distingue da quella lungo termine per la diversa
durata temporale del trattamento delle informazioni, che è più breve.

La memoria di lavoro non è unitaria, ma è scomponibile in sottoinsiemi, alcuni dei quali vengono
definiti dalla natura del materiale da ricordare. La memoria di lavoro sarebbe composta dai seguenti
sistemi: il loop fonologico responsabile di mantenimento ed elaborazione delle informazioni di natura
acustica verbale, coinvolto nella comprensione del linguaggio; il taccuino viso spaziale deputato a
mantenere le informazioni spaziali-visive, implicato in prove di immaginazione...; Il buffer episodico,
introdotte nel modello solo di recente, legato al recupero delle informazioni dalla memoria lungo
termine e all'associazione delle informazioni tra loro per formare episodi integrati; l'esecutivo
centrale, sistema di controllo aperitivo che svolge gran parte delle operazioni ascritte alle già citate
funzioni esecutive, ha infatti la funzione di supervisionare i sistemi periferici, selezionando le strategie.
Le differenze individuali nella parte controllata della memoria di lavoro sarebbero legate a processi
esecutivi che implicano la coordinazione dei due sistemi o alla gestione delle risorse piantine che varia
da individuo a individuo. Tutte le prove di mdl richiedono di mantenere informazioni da rievocare,
dopo aver completato procede piantine di elaborazione sullo stesso materiale proposto. La distinzione
tra mdl e la memoria breve termine è stata confermata da numerosi studi che hanno mostrato come
punteggi siano differenziati, si possono riscontrare deficit specifici differenziati. l'ipotesi che i
cambiamenti nella memoria di lavoro spieghino ai cambiamenti cognitivi nell'infanzia nell'età adulta
avanzata è una posizione sostenuta dalla ricerca sullo sviluppo sul invecchiamento, varie ricerche
riscontrano differenze d'età tra giovani anziani.

Fra i numerosi aspetti importanti nella comprensione delle differenze d'età tra giovani anziani va
ricordato che è importante il momento della giornata in cui vengono somministrat le le prove (time of
the day). È stato dimostrato come i ritmi circadiani subiscano fluttuazioni nello sviluppo: l'orologio
biologico sembra essere fissato nel tardo pomeriggio per i giovani, ma al mattino per gli anziani, si
assisterebbe a uno spostamento dell'efficienza fisica e delle attività mentali dal pomeriggio al mattino,
mentre giovani preferiscono svolgere le loro attività il pomeriggio la sera .

CAPITOLO 7
TRAINING DI MEMORIA NELL’INVECCHIAMENTO

Potenziare la memoria nell’invecchiamento


Contrariamente agli stereotipi che raffigurano l’anziano come soggetto a un grave declino, la ricerca
psicologica negli ultimi trent’anni ha dimostrato che il decadimento non è pervasivo: infatti in alcuni
aspetti si evidenziano delle perdite ma altri aspetti si mantengono fino all’età avanzata (Schaie e Wills
2002).
Le difficoltà in alcuni processi cognitivi vengono perciò compensate con il reclutamento di quelle
abilità che invece si mantengono. Per questo in molti studi si evidenzia la presenza di una residua
“plasticità cognitiva”. Quest’ultima fa riferimento al concetto di modificabilità e viene intesa come
quella quantità di risorse cognitive che attraverso procedure specifiche, come ad es. il training, si
attivano per migliorare la prestazione di diversi compiti cognitivi.
Il concetto di plasticità cognitiva nasce da Baltes; ma più avanti è stato studiato anche in relazione alla
memoria episodica.
Tutto ciò ha portato i ricercatori a progettare differenti percorsi di potenziamento:
la maggioranza degli studi si è concentrata su un obiettivo riabilitativo: vi sono training che hanno la
finalità di modificare la prestazione oggettiva di memoria o le conoscenze nei confronti dei compiti di
memoria; e altri che prendono in considerazione anche le variabili come attenzione, rilassamento,
supporto sociale (training multifattoriali):
- training strategici: ai partecipanti si insegna ad utilizzare le strategie oppure specifiche tecniche di
memoria; e i partecipanti dovrebbero avere atteggiamenti più attivi nei confronti di altri compiti di
memoria della vita quotidiana.
- training centrati sul problema: propongono soluzioni pratiche per dimenticanze legate alla vita
quotidiana (es. lista della spesa, nomi di persone ecc…).
- training meta cognitivi: si concentrano su un percorso di promozione sulle conoscenze verso i compiti
di memoria, quindi sulla metamemoria. Gli anziani infatti spesso pensano di non essere in grado di
svolgere un compito di memoria perché ormai si è vecchi e questo porta a non utilizzare delle strategie
efficaci.
- training multifattoriali: modello tetraedrico di Jenkins: tali training prendono in considerazione i
quattro fattori che influenzano la prestazione di memoria (attività di codifica, caratteristiche cognitive e
non cognitive del soggetto, fattori legati al recupero e natura del materiale).

Altri studi hanno avuto invece un approccio compensativo facendo affidamento sulle abilità
preservate che supportano quelle che tendono a declinare: Hedden e al. hanno indagato il ruolo di
alcune abilità in giovano e anziani, e hanno dimostrato che nei giovani la prestazione nel compito di
ricordo guidato era predetta da variabili quali velocità di elaborazione e memoria di lavoro, mentre
negli anziani si nota che nello svolgere il compito si affidavano a conoscenze ben acquisite, come le
conoscenze verbali, per compensare i deficit.

Efficacia dei training di memoria


per quanto riguarda l’efficacia occorre considerare diversi aspetti metodologici. Per dimostrare
l’efficacia di un training non basta riportare un incremento nella prestazione dal pretest al postest. Per
questo lo studio deve avere anche un gruppo di controllo che venga valutato nelle stesse prove.
Un altro aspetto importante riguarda il mantenimento del beneficio ottenuto.
Da uno studio di meta analisi di Verhaeghen e coll. si osserva che vi è una sostanziale plasticità negli
anziani che però diminuisce con l’avanzare dell’età. E dal punto di vista pratico si notano scarsi effetti
di generalizzazione per questo è utile includere attività che possano far comprendere come trasferire
quanto appreso anche ad altre attività cognitive.

Generalizzazione dei benefici dovuti ai training di memoria


Lo scopo del training è il miglioramento sia dell’abilità direttamente trattata che di quelle potenziali.
Dall’analisi della letteratura si può notare come gli studi sui training non sempre mostrano degli effetti
generalizzazione ad altri processi cognitivi; e inoltre quando emergono riguardano soprattutto prove
che misurano con stimoli di natura diversa l’abilità trattata (near transfer effect), mentre la
generalizzazione ad altri contesti o a compiti che implicano l’abilità trattata (far transfer effect) risulta
meno frequente.
Carretti, Borella e De Beni in uno studio a un gruppo di anziani e di giovani in cui veniva insegnato
l’utilizzo di immagini mentali per ricordare liste di parole, hanno evidenziato che gli anziani e i giovani
che avevano seguito il training incrementavano la prestazione. Perciò diversamente da quanto riportato
in altri studi, in questo gli anziani mostrano una plasticità pari a quella dei giovani.

Effetti a lungo termine dei training di memoria


Anche in mantenimento dei benefici dovuti al training non è sempre riscontrabile nei mesi successivi.
Gli studi mostrano risultati contrastanti, infatti alcuni mostrano un mantenimento a breve (6 mesi) e a
lungo termine (2 anni); mentre per altri il mantenimento è nullo.
Alcuni studi su partecipanti di diversa età hanno dimostrato che nella prima fase della ricerca gli
anziani beneficiavano quanto i bambini dell’istruzione strategica; le differenze tra anziani e bambini
emergevano invece dopo essersi esercitati sull’utilizzo delle strategie.
In conclusione la letteratura suggerisce un mantenimento dei benefici anche negli anziani. Esso è
favorito dalla richiesta esplicita di riutilizzare la strategia appresa nel training.

Il ruolo delle convinzioni degli anziani


Molte ricerche hanno dimostrato che gli anziani vivono i cambiamenti nella loro memoria in termini di
un peggioramento. Per molti studiosi molte prove mnestiche sono influenzate da una scarsa percezione
di autoefficacia da parte dell’anziano che porta ad una forte demotivazione.
Cornoldi e De Beni hanno però messo in evidenza che queste valutazioni pessimistiche possono essere
modificate. Infatti dopo un training strategico di memoria gli anziani si stimavano più competenti
anche in altre abilità.
Insomma molti dati dimostrano come sia molto più complesso modificare le credenze che le prestazioni
oggettive di memoria.

Il ruolo delle differenze individuali


Gli studi dimostrano come non tutti gli individui traggono beneficio allo stesso modo dalle attività di
potenziamento.
Una variabile che modula l’effetto positivo dei training è il livello di “impegno” (engagement). Gli
studi dimostrano che svolgere attività lavorative complesse è correlato positivamente con il
miglioramento nel funzionamento cognitivo in un arco di tempo di 20 anni. questo è però un tema
controverso nella letteratura dell’invecchiamento.
Stine- Morrow e coll. hanno proposto un programma (Senior Odyssey) in cui gli anziani venivano
coinvolti in attività di problem solving creativo. Il programma riprende del materiale preparato per
studenti di scuole primarie e secondarie.

L’incremento nei training di memoria negli anziani


Gli studi sui training portano il ricercatore a porsi il problema di chiarire a cosa sia dovuto l’incremento
che gli anziani mostrano dopo il training e cosa effettivamente venga modificato.
Per quanto riguarda il primo problema i ricercatori si rifanno all’approccio dell’arco di vita (Baltes).
Nel definire il concetto di plasticità cognitiva Baltes distingue tra tre livelli di prestazione che insieme
contribuiscono al profilo di plasticità individuale:
- prestazione di base (baseline performance) indica il livello iniziale della prestazione
dell’individuo senza intervento.
- Capacità di riserva di base o plasticità di base (baseline plasticity) fa riferimento alle risorse che
possono essere utilizzate dopo aver ricevuto un supporto e prima che la prestazione venga
emessa.
- Capacità di riserva evolutiva o plasticità evolutiva (developement plasticità) fa riferimento
all’incremento di prestazione ottenibile con attività specifiche.
Dagli studi emerge che l’incremento della prestazione ottenibile dagli anziani è imputabile soprattutto
alla plasticità di base.

Un esempio di training strategico- meta cognitivo: il progetto cornaro


De Beni e coll. propongono questo progetto per l’insegnamento di differenti strategie di memoria, sia
per l’intervento meta cognitivo volto a modificare l’inadeguato atteggiamento emotivo- motivazionale
dell’anziano di fronte ai compiti di memoria.
L’intervento meta cognitivo si struttura in 9 incontri a cadenza settimanale di 2 ore ciscuno. Ad ogni
incontro vengono assegnati compiti individuali.
CAPITOLO 8
INVECCHIAMENTO E AMBIENTE

Psicologia ambientale e gerontologia


La psicologia ambientale nasce nell’America del Nord e nell’Europa del Nord tra la fine degli anni ’50
e gli inizi degli anni ’60 del Novecento.
Gli psicologi ambientali si trovano allora ad operare in settori diversi e alcuni di essi cominciano ad
occuparsi di gerontologia ambientale per individuare quali cambiamenti nella vita dell’anziano siano
dovuti a fattori biologici, quali a fattori ambientali e quali all’interazione tra le due componenti.

La vulnerabilità ambientale
La vulnerabilità e la competenza ambientale
La dipendenza dell’anziano dalle condizioni esterne è sottolineata in particolare dal modello della
vulnerabilità ambientale (Lawton): gli individui meno competenti sono i più vulnerabili alle
caratteristiche dell’ambiente in cui vivono, per cui al diminuire della competenza aumenta il ruolo della
pressione ambientale che diventa il principale predittore del comportamento.
Secondo l’ipotesi dell’efficienza ambientale le persone più competenti possono scegliere di vivere
nell’ambiente più adatto alle proprie esigenze.
La dialettica tra autonomia e sicurezza
Nella situazione di crescente dipendenza ambientale che caratterizza sia l’invecchiamento normale che
quello patologico, emerge quella che Lawton chiama “dialettica autonoma- supporto” in cui viene
sottolineato il ruolo del sostegno ambientale all’individuo, o anche quella chiamata “dialettica
autonomia- sicurezza” che ha il ruolo di protezione dai pericoli.
È opportuno riconoscere che soddisfare entrambi questi bisogni è praticamente impossibile. Alla
environmental docility hypothesis che sottolinea la necessità dell’anziano di adattarsi alla pressione
ambientale, Lawton affianca la environmental proactivity hypothesis che stabilisce che le risorse
ambientali potranno essere usate dagli individui con alta competenza ambientale.
Allora bisogna capire quali sono gli ambienti in cui un anziano può esercitare una maggiore
competenza ambientale. Ad es. la stabilità residenziale oltre a segnalare una minore pro attività
dell’anziano, da anche la possibilità di muoversi in un contesto noto in cui non è necessario mettere in
atto continuamente strategie di problem solving.

QUADRO 8.1 La robotica per gli anziani


Tra i possibili sostegni che l’ambiente può fornire per compensare la perdita di competenze ambientali
e quindi prolungare il più possibile l’autonomia, un campo di recente sviluppo è quello delle tecnologie
di assistenza domestica.
In Itali e negli Stati Uniti sono state condotte ricerche per verificare l’effettiva utilità dei dispositivi
programmati per uno scopo specifico.
Al centro delle ricerche si pone il problema di quale sia la rappresentazione psicologica che l’anziano si
fa di questo assistente domestico. È emerso che nelle case di riposo l’uso dei robot sarebbe più
apprezzato dagli operatori e dai caregivers che dagli anziani.
Negli anziani più autonomi che vivono in casa propria il robot preferito è quello senza faccia e la sua
azione è accettata solo in particolari circostanze come ad es. le emergenze domestiche.
In ogni caso pare che gli anziani più disposti ad accettare questa tecnologia siano quelli più istruiti.

Il modello della complementarietà- congruenza


Il modello della complementarietà- congruenza di Carp spiega bene, per quanto riguarda
l’invecchiamento, il ruolo che possono avere le variabili ambientali.
La congruenza viene dalla complementarietà quando si considera il rapporto tra i bisogni primari e le
risorse che l’ambiente fornisce per soddisfarli.
La congruenza viene invece dalla similarità quando ci si riferisce ai bisogni secondari.
Tale modello è diviso in tre parti. I predittori: in cui si possono considerare da un lato i bisogni di base
dell’individuo e dall’altro le risorse o le barriere ambientali; e ancora i bisogni psicologici e sociali, gli
stili di vita e i tratti di personalità da un lato, e le caratteristiche fisiche e sociali dell’ambiente
dall’altro.
Gli esiti sono nella terza parte del modello e sono considerati in termini di soddisfazione ambientale, di
benessere, di dipendenza, e di vita o di morte.
La parte più interessante del modello è quella centrale in cui vi sono i modificatori, ossia quelli
elementi esterni o interni all’individuo che possono influenzare i predittori: sono le risorse dipendenti
dallo stutus socioeconomico, dal senso di competenza personale, dall’atteggiamento verso la propria
salute ecc…
In conclusione dal modello emerge che la probabilità di un esito positivo o negativo dipende da
variabili non psicologiche, ma sociali e ambientali.

Conoscenza dell’ambiente e orientamento


La capacità di orientarsi in un ambiente è una caratteristica che può variare molto da individuo a
individuo e che si mantiene abbastanza stabile nell’arco di vita.
La capacità di wayfinding è il risultato della somma di diverse abilità che implicano che la persona
abbia non solo la percezione di almeno una parte dell’ambiente ma anche una rappresentazione mentale
e che sia in grado quindi di costruirsi delle mappe cognitive.

Perdere l’orientamento
Per l’anziano la consapevolezza di un errore di orientamento ha spesso una risonanza negativa che
comporta un calo dell’autostima e dell’autoefficacia e sentimenti di frustrazione.
Le regole più importanti per favorire la leggibilità e l’immaginabilità di un ambiente sono secondo Van
der Voort:
-singolarità
- dominanza
- qualità cinestetiche
- visibilità delle connessioni
- semplicità di forma
- ampiezza di possibile vista
- continuità
- ecc….

L’attaccamento agli ambienti


La rottura del legame con un luogo può causare reazioni dolorose specialmente nel caso in cui
l’allontanamento avvenga in modo improvviso e non volontario, e se l’individuo si trova in condizioni
di competenza ambientale ridotta l’impatto emotivo sarà ancora maggiore.
Un costrutto connesso all’attaccamento ai luoghi è quello della “place identity” che descrive quella
parte della nostra identità che deriva dai legami con i luoghi e ha le radici nel nostro passato
ambientale.

Il trasferimento in nuovi ambienti


Qualsiasi trasferimento di residenza comporta un carico emotivo e ancor di più all’anziano viene
richiesto uno sforzo cognitivo per orientarsi in un nuovo ambiente.
Una difficoltà importante riguarda anche l’adattamento al nuovo ambiente sociale e la mancanza di
familiarità.
Altra caratteristica ambientale che non va trascurata riguarda la componente affettivo- emotiva, ossia la
capacità degli ambienti di suscitare determinate reazioni emotive.

QUADRO 8.3 L’impatto del trasferimento presso l’abitazione di un caregiver.


L’impatto del trasferimento forzato di un anziano presso l’abitazione del caregiver ha delle
ripercussioni che possono coinvolgere anche l’intero nucleo familiare. Nel corso di una serie di
indagini è emersa in modo costante la variabile impatto ambientale, infatti quasi tutti i familiari
intervistati dichiarano di essere costretti a modificare lo spazio della propria abitazione.
Per questo tutto ciò è fonte di grande stress.

I predittori di un buon adattamento dell’anziano in casa di riposo


In una ricerca di Baroni e Getrevi si è cercato di individuare alcuni indici specifici che possano essere
predittori di buono o cattivo adattamento. Lo strumento usato è il colloquio di ricerca che indaga
quattro aree:
- la soddisfazione residenziale: si fa la valutazione degli elementi fisici e sociali dell’ambiente,
come la possibilità di usufruire di aree private e di personalizzare lo spazio della propria
camera.
- Il senso di autonomia: è legato da un lato al senso di controllo sull’ambiente e dall’altro
all’autoefficacia. In questo senso per molti anziani è gratificante poter svolgere qualche piccoli
compito nella casa.
- Il supporto ambientale: si colloca in quell’equilibrio tra autonomia e sicurezza (sia fisica che
psicologica).
- La percezione del proprio stato di salute: non coincide con il reale stato di salute però ha
un’influenza importante sull’autonomia e sull’iniziativa dell’individuo per si rafforza in lui il
senso di identità.

Ambiente e valutazione
QUADRO 8.4 Le mappe comportamentali
Tra gli strumenti specifici della psicologia ambientale vi sono le mappe comportamentali, metodo di
derivazione etologica, basato sull’osservazione del comportamento spaziale di un certo numero di
soggetti in un determinato ambiente.
L’utilizzo delle mappe si rivela particolarmente utile quando si vuole studiare l’influenza di un certo
ambiente sui soggetti che ne usufruiscono, o quando si vuole programmare un intervento di
ristrutturazione ambientale.

Aspetti ambientali nella valutazione dell’anziano


Le principali dimensioni della valutazione dell’anziano sono secondo Edelstein e Kalish:
- lo stato di salute fisica;
- lo stato di salute mentale e il funzionamento cognitivo;
- la capacità di adattamento;
- il funzionamento sociale;
- il supporto ambientale.

Nella valutazione deve rientrare anche una raccolta di informazioni sulle caratteristiche dell’abitazione,
sulla vicinanza ai servizi commerciali, sociali o sanitari; ed è importante anche valutare le possibilità
economiche (fattore che può avere un ruolo importante per l’accessoa cure mediche specializzate).

Valutare gli ambienti per anziani: il QualSost


Tra i vari strumenti disponibili se ne possono reperire alcuni mirati alla valutazione delle esigenze degli
anziani, altri più centrati sul ruolo dell’ambiente fisico- sociale delle residenze o ancora sulla qualità
dei servizi nelle strutture per anziani.
Il QualSost ne è un esempio. Esso analizza la qualità percepita del servizio attraverso sette dimensioni:
aspetti tangibili, affidabilità, capacità di risposta, capacità di rassicurazione, empatia,
autodeterminazione, beni di consumo quotidiani.
Uno degli aspetti più interessanti è che le valutazioni non vengono richieste solo agli utenti del
servizio, ma anche a operatori, familiari e volontari.

CAPITOLO 9

STABILITA’ E CAMBIAMENTO DELLA PERSONALITA’ NELCORSO DELLA VITA

PERSONALITA’: l’insieme delle caratteristiche che permettono di differenziare gli individui nella
sfera dell’azione, degli affetti e della cognizione. E i sistemi psicologici che rendono conto di tali
peculiarità e del senso di unità e continuità dell’esperienza individuale (Caprara e Cervone 2000).

Si usa il termine personalità: sia per dire ciò che è unico in ciascuno; sia per rendere conto di ciò che
invece permette di accomunare gli individui diversi.

PERSONALITA’ può essere:

- Costruzione: la personalità è un’architettura di modi di essere di agire che risulta dalle


transazioni tra la persona e l’ambiente.
- Agente di costruzione: la personalità è un sistema operante capace di incidere sull’ambiente
con azioni e di contribuire a tracciare il corso della propria vita.

Concetti chiave:

- TRATTI: vi sono differenze individuali riconducibili a tratti o disposizioni. Nelle teorie


disposizionali la personalità è infatti concepita come un insieme di tratti organizzati gerarchicamente e
responsabili delle tendenze abituali a mettere in atto determinati comportamenti (McCrae e Costa
1990).

Studi psicolessicali: indagano il linguaggio che descrive la personalità nell’uso della gente comune.

Studi fattorialisti: esplorano l’organizzazione di comportamenti, modi di pensare e reazioni emotive.

5 fattori di personalità o BIG FIVE: lessicali e fattorialisti trovano un unto di convergenza:


estroversione (o energia), gradevolezza (o amicalità), coscienziosità, nevroticismo (o stabilità emotiva),
apetura all’esperienza. (Digman, Goldberg, John e Srivastava, McCrae).

I cambiamenti ascrivibili all’età e le differenze tra individui a diverse fasce d’età sono stati indagati in
diversi studi. In Italia Caprara e coll. ( 1993) osservano un minore livello di estroversione e amicalità e
un maggiore livello di coscienziosità nelle parsone al’di sopra dei 55 anni rispetto ai minori di 30.
Dai risultati di altre ricerche risulta che mentre per gli uomini è stato rilevato un declino della stabilità
emotiva a partire dai 50 anni, per le donna si osserva un aumento della stessa dimensione.
Apparentemente l’invecchiamento comporta negli uomini una maggiore instabilità, e avviene il
contrario per le donne.

- MOTIVI: tendenze a preferire e perseguire specifiche mete e fonti di soddisfazione.


McClelland (1987): 3 bisogni- motivi: potere- successo- affiliazione. Trae da questi a seconda della
prevalenza e delle combinazioni una sorta di tipologia della personalità. Potere: alla base che il
desiderio di dominio. Successo: amano fare le cose nel modo migliore possibili. Affiliazione: desiderio
di sentirsi amati.

Deci e Ryan (1985): autonomia- competenza- relazione.

- VALORI: cerniere tra la sfera individuale e quella socioculturale. Le persone hanno un proprio
sistema valori ma percepiscono anche quello degli altri (Turiel 2006).

Shalom Schwartz: definisce i valori come:

1) concetti astratti del desiderabile con una forte valenza motivazionale;

2) cognizioni calde, cioè affettivamente connotate, relative ad aspetti della realtà e dell’esperienza con
forti componenti affettive;

3) trascendenti le specifiche azioni o situazioni;

4) determinanti nella selezione o valutazione di azioni, persone o eventi, in quanto guide e standard di
giudizio;

5) ordinati secondo criteri di importanza, valenza, contiguità e compatibilità reciproca.

Queste caratteristiche accomunano i valori di base che vengono configurati come rappresentazioni
cognitive di 3 tipi di necessità umane universali: bisogni di natura biologica dell’organismo, richieste di
natura sociale, obblighi socio istituzionali.

I valori che rispondono a tali criteri sono: universalismo- benevolenza- conformismo- tradizione-
sicurezza- potere- successo- edonismo- stimolazione- auto direzione .

Le dimensioni principali all’interno del quale i valori possono trovare una propria localizzazione sono:
apertura al cambiamento (stimolaz e autodirez. ) rispetto a conservatorismo (tradiz,conformismo e
sicurezza); autoaffermazione (successo e potere) rispetto ad auto trascendenza (benevolenza e
universalismo).
- CONVINZIONI DI AUTOEFFICACCIA: Bandura (1997) (teoria socialcognitiva 1987) le
definisce come le valutazioni che le persone danno rispetto al sentirsi capaci di eseguire
determinati compiti.
L’autoefficacia percepita è più specifica e definita in relazione a particolari compiti e ambiti di vita (il
ritenersi efficace in una certa attività non comporta necessariamente lo stesso sensodi efficacia in altri
ambiti).

Caprara (2002): due sistemi di convinzioni di autoefficacia relative a gestione delle emozioni e gestione
delle relazioni interpersonali: convinzioni del primo dominio (capacità percepita di esprimere
emozioni positive e regolare emozioni negative); convinzioni del secondo dominio ( saper istaurare
relazioni interpersonali ecc).

Studi dimostrano che si ha un decremento dei livelli di autoefficacia percepita nella gestione delle
emozioni già a partire dai 40 anni, e ed è maggiore negli uomini.

Positività o pensiero positivo : Caprara e Steca (2007) orientamento positivo nei confronti di se stessi,
della vita e del futuro.

STABILITA’ E CAMBIAMENTO: assolvono a importanti funzione per preservare il senso della


propria identità, garantire relazioni sociali solide ecc.

La stabilità implica un’assenza di cambiamento.

Diversi tipi di STABILITA’:

- stabilità assoluta: mantenimento di una certa quantità di una caratteristica, per es. un tratto. (es.
livello di coscienziosità di una persona misurato in due periodi diversi e in cui se non ci sono
grosse differenze si può parlare di questo).
- Stabilità relativa: mantenimento della stessa posizione in relazione a quella degli altri, rispetto
a una particolare caratteristica di personalità.
- Stabilità strutturale: riguarda la relazione tra diverse dimensioni. È presente quando
permangono le stesse configurazioni di correlazioni tra caratteristiche di personalità misurate in
una popolazione.
- Stabilità ipsativa: permanere delle stesse associazioni tra dimensioni di personalità in un
singolo individuo.

CONTINUITA’: contiguo ma non sovrapponibile al concetto di stabilità.

S’intende una sorta di corrispondenza tra caratteristiche e dinamiche psicologiche osservate in diversi
periodi di vita. Tiene conto del fatto che certe caratteristiche possono variare a seconda del periodo
preservando però le stesse funzioni.
CONTINUITA’: quando vi sono mutamenti normativi.

DISCONTINUITA’: mutamenti non prevedibili.

Due approcci:

1) approccio dimensionale o “centrato sulla variabile”: vengono indagati i livelli, i cambiamenti e


le corrispondenze tra le singole caratteristiche di personalità in particolare momenti;
2) approccio tipologico o “centrato sulla persona”: il focus si sposta su gruppi o costellazioni con
particolari esiti di vita valutati in momenti successivi (Magnusson 1999).
Sono state individuate diverse tipologie di personalità; Jack Block (1971) individua una tipologia
particolare di personalità che contempla cinque tipi, tre dei quali caratterizzati da stabilità
dall’adolescenza all’età adulta: resiliente, super controllato, ipocontrollato.

CAPITOLO 10 INVECCHIAMENTO DI SUCCESSO

BENESSERE: percezione positiva che l’individuo ha di sé, compresi gli aspetti motivazionali e
relazionali. (il termine viene usato nell’accezione di benessere psicologico multidimensionali).

PSICOLOGIA POSITIVA: è usata nello studio dell’invecchiamento entro la quale si trova spazio per
il benessere psicologico.

Il suo obiettivo è quello di individuare forze e virtù di ogni individuo promuovendo risorse, potenzialità
ecc…senza ignorare le difficoltà (Sheldon e King 2001).

Si distinguono:

- benessere soggettivo o edonico: (Kahnem, Diener e Schwarz 1999; Larsen 2008). Il bene è
identificabile con il piacere come godimento di tutti i beni della vita.

- benessere psicologico o eudaimonico: (Ryan e Deci 2002; Ryff 1995). È l’autorealizzazione


personale intesa come attuazione delle potenzialità (felicità).
Ryff delinea il benessere psicologico secondo alcune dimensioni:

- auto accettazione
- crescita personale
- relazioni positive con gli altri
- autonomia, autodeterminazione e indipendenza
- dominio sull’ambiente
- scopo di vita

Individua anche uno strumento per valutare il benessere psicologico: Psycological Well-being Scale.

Paradosso del benessere nell’invecchiamento: alta percezione del benessere vissuta ed espressa dagli
anziani (Kunzmann e al. 2000).

Ben-SSC: strumento di valutazione- comprensione del benessere psicologico percepito (item posti al
positivo per descrivere in un’ottica negativa il proprio stato (De Beni e al. 2008):

- soddisfazione personale
- strategie di coping
- competenze emotive

LAB-I empowerment emotivo- motivazionale : (De Beni) progetto che si propone di fornire
strumenti di valutazione e miglioramento in un’ottica multidimensionale e multifattoriale.

Propone un percorso di potenziamento del benessere psicologico. Dai risultati ottenuti con tale
intervento è emerso un incremento della percezione di benessere.

PROMOZIONE DELL’INVECCHIAMENTO ATTIVO: l’organizzaz mondiale della sanità


(2002) : processo di ottimizzazione delle opportunità di salute, partecipazione e sicurezza degli anziani.

È importante lo stile di vita e le abitudini comportamentali:

- regolare attività fisica;

- dieta equilibrata;

- astenzione dal fumo e uso moderato di alcolici;


Determinanti personali e sociali (potenziamento di abilità cognitive, di personalità, emozionali e
sociali):

- influenza delle convinzioni di autoefficacia;

- funzionamento cognitivo;

- benefici del mantenersi attivo.

Vivir con vitalidad : un corso che nasce nel 1996 all’università di Madrid. È un programma per
migliorare le qualità della vita negli ultra sessantenni; corso faccia a faccia con 23 conferenze teorico
pratiche. Le 4 aree di intervento sono: promuovere la salute fisica e prevenire la disabilità, ottimizzare e
compensare le funzioni cognitive, equilibrio affettivo e della personalità, massimizzare l’impegno
sociale.

ATTIVITA’ FISICA: porta effetti:

- sulla salute fisica;

- sul benessere mentale;

- sul funzionamento cognitivo normale: ipotesi della de-differenziazione: la struttura intellettiva


degli anziani è meno differenziata di quella dei giovani o adulti (Cabeza 2001);

- sul funzionamento cognitivo patologico: teoria social cognitiva (Bandura 1986): fattori
personali, ambientali e comportamentali interagiscono nel determinare il comportamento che è
influenzato da autoefficacia percepita, dalle aspettative del risultato e dagli obiettivi personali;
teoria del comportamento pianificato (Ajzen 1991): il miglior predittore del comportamento
è l’intenzione comportamentale; predetta da atteggiamenti, da norme soggettive e da controllo
comportamentale percepito.
CAPITOLO 11 PSICOPATOLOGIA DELL’ANZIANO

DEPRESSIONE: depressione maggiore e di distimia (DSM-IV); depressione lieve, moderata, severa


(ICD-10).

Per affrontarla è necessario: educare la popolazione generale- individuare e prevenire i fattori di


rischio- riconoscere i sintomi depressivi- utilizzare lo screening per la depressione- adeguare i servizi.

DEPRESSIONE E COMORBILITA’: depressione e deterioramento cognitivo (pseudo demenza


depressiva).

Fattori presi ponenti all’insorgenza:

- appartenenza di genere (maggiore nelle donne);


- condizioni di celibato, divorzio o vedovanza (maggiore nei maschi vedovi);
- condizioni abitative (maggiore negli anziani residenti in strutture apposite);
- interazione con malattie somatiche croniche (respiratorie, cardiovascolari e cerebrovascolari,
muscolo scheletriche, morbo di Parkinson e incontinenza urinaria).

Studi dimostrano che la depressione minore e la distimia (categorie poco severe) evolvono nell’arco di
due- tre anni in episodi depressivi maggiori e sono collegate con lo sviluppo di disabilità.

STRUMENTI PER VALUTARE LA DEPRESSIONE: Geriatric Depression Scale (GDS) e il Center


for Epidemiologic Studies- Depression (CES-D).
DISTURBI D’ANSIA: maggiormente presenti le fobie, poi ansia generalizzata. Maggiore incidenza
femminile.

COMORBILITA’: è spesso difficile la diagnosi tra disturbi d’ansia e malattie somatiche (cardiache,
respiratorie ecc); oppure tra disturbi d’ansia e malattie fisiche (disturbi del sonno ecc);

DETERIORAMENTO COGNITIVO: se è lieve è un’area grigia in cui la difficoltà cognitiva non


interferisce con l’autonomia quotidiana (CIND e MIC); cioè non rientra nella normalità ma neanche
nella patologia.

I fattori di rischio possono essere modificabili (stile di vita, attività fisica ecc.) e non modificabili
(malattie, eredità, età ecc.).

CRITERI DIAGNOSTICI:

- presenza di deficit di memoria episodica;


- atrofia delle strutture delle aree mediali dei lobi temporali;
- alterazioni biochimiche a carico del liquido cerebrospinale;
- alterazioni a carico del metabolismo cerebrale;
- mutazione genetica famigliare;

I disturbi psicologici e comportamentali: affettivi, psicotici, della condotta, comportamentali.

DELIRIUM: sindrome caratterizzata da transitoria e fluttuante alterazione dello stato di coscienze,


difficoltà a focalizzare e mantenere l’attenzione, ripercussioni su cognitività, capacità percettive e
affettive…

Fattori di rischio: Età superiore ai 70 anni, depressione, uso di farmaci, alcolismo, deficit sensoriali
ecc..
CAPITOLO 12

IL SISTEMA DEI SERVIZI PER GLI ANZIANI FRAGILI

Oltre gli 80 anni le problematiche legate alla salute e all’autonomia aumentano in modo consistente, e
per questo è importante il concetto di:

FRAGILITA’: principali fattori sono:

- età superiore ai 75 anni;


- carenza o assenza di rete di supporto (famiglia, amici ecc);
- recente ospedalizzazione;
- presenza di eventi sentinella (frequenti cadute ecc);
- disabilità cognitiva o demenza;
- segnali di depressione;
- polipatoligie;
- basso livello economico.

SERVIZI: 4 categorie:

- interventi promozionali (campagne di educazione sanitaria, info servizi agli anziani, università
della terza età ecc);
- servizi domiciliari;
- servizi semiresidenziali;
- servizi residenziali.

I nuovi servizi oggi si basano sul miglioramento della qualità della vita ( svolgere attività quotidiane
che esaltano l’autonomia).

VALUTAZIONE MULTIDIMENSIONALE: valutazione medica, psicologica e sociale.

STRUMENTI: VAOR, SOSIA, SVAMA, BINA, VALGRAF.

Tutti approfondiscono cinque aspetti della salute: cognitivi, sanitari, motori, abilità della vita
quotidiana, sociali.
EQUIPE: gruppo di lavoro formato da più professionisti con ruoli specifici. L’obiettivo è di elaborare
programmi terapeutici e riabilitativi.

CAPITOLO 13

IL CAREGIVING NELL’INVECCHIAMENTO E NELLA MALATTIA DI ALZHEIMER

L’esposizione a fattori di stress causati dai malati di Alzheimer può portare i caregivers (in genere la
famiglia) a difficoltà psicosociali.

CAREGIVER INFORMALI: familiari accudenti.

CAREGIVER FORMALI: personale adeguatamente formato.

CAREGIVER BURDEN: costrutto multidimensionale. È il grado in cui la salute fisica e psichica, la


vita sociale e lo stato economico del caregiver entrano in uno stato di sofferenza a causa dell’attività di
cura.

Pinquart e Sorensen (2007) scoprono che esistono degli elementi comportamentali specifici della
malattia di Alzheimer che influenzano negativamente lo stato di salute del caregiver: l’aggressività, il
wandering notturno e stati depressivi.
STRESSOR: nel caregiver possono essere suddivisi in due insiemi:

- stressor primari: legati al deterioramento cognitivo del malato, frequenza dei comportamenti
problematici, numero di ore settimanali spese a fornire assistenza;
- stressor secondari: legati al cambiamento nella relazione tra malato e caregiver.

VITALIANO, ZHANG e SCANLAN (2003): MODELLO TEORICO DI STRESS E SALUTE: gli


effetti principali dell’esposizione dello stress da caregiving e delle vulnerabilità e delle risorse sono
direttamente associati al disagio psicosociale e agli stili di vita. Ma è opportuno considerare non solo i
singoli effetti, ma anche le relazioni a due o più vie.

VARIABILI che fanno da mediatori: diverse tipologie di mediatori:

- variabili socio demografiche (genere, età, grado di parentela, scolarità e etnia);


- fattori individuali (caratteristiche personologiche, self- efficacy ec).

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