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E’ nata così la figura del geropsicologo, che secondo le linee guida dell’APA deve avere i seguenti requisiti:
1.Competenze e atteggiamento nel lavoro con l’anziano
2.Conoscenze generali sullo sviluppo dell’adulto, sull’invecchiamento e sugli anziani.
3.Problematiche cliniche
4.Valutazione
5.Intervento, counseling e altri servizi
6.Formazione continua
L’invecchiamento è distinto dalla malattia, infatti il primo è caratterizzato da cambiamenti universali e non
reversibili, ma non è necessariamente invalidante; mentre la malattia, può essere curata, alleviata o
ritardata nel suo insorgere, colpisce solo una parte della popolazione, ma è invalidante.
2.Età psicologica: definita come l’età soggettiva che ognuno sente di avere e si riferisce a quanto bene una
persona riesce a utilizzare le proprie abilità cognitive, personali o sociali, per sperimentare nuove esperienze
ed attività, oltre che per adattarsi a condizioni nuove.
3.L’età sociale: determinata dalla posizione sociale raggiunta a una data età rispetto all’età media; si riferisce
a come dovrebbero comportarsi o a che ruolo dovrebbero rivestire gli individui di una determinata età
cronologica, secondo il punto di vista e le aspettative che la società ha verso quella determinata età.
4.Età funzionale: fa riferimento alle competenze che la persona mostra di avere mentre svolge specifici
compiti; per stabilirla, come l’età biologica, è necessario un confronto con pari di età cronologica.
Sono proposti dei criteri in base all’età cronologica, che comunque ne sottolineano la variabilità:
- 64-74 anni: GIOVANI-ANZIANI
- 75-85 anni: ANZIANI
- 85-99 anni: GRANDI VECCHI
- Oltre i 99 anni: CENTENARI
PERCORSO DI AUTOVERIFICA
✓ Quali sono le tecniche di visualizzazione cerebrale principalmente usate nello studio
dell’invecchiamento? Definire gli strumenti e le misure a livello strutturale, neurochimico e
metabolico.
Le tecniche di visualizzazione celebrale
- possono essere tecniche quantitative, che tramite i nuovi strumenti di studio come la risonanza magnetica
hanno permesso di vedere l’effetto dell’età sulla volumetria del tessuto celebrale, stabilendo che il volume
globale subisce con l’avanzare delle età delle riduzioni importanti.
- e tecniche scintigrafiche (PET, SPECT), che a livello neurochimico e metabolico evidenziano i cambiamenti
con l’età nella sintesi, nella produzione e nella (ri)captazione di vari neurotrasmettitori, con conseguenti
effetti nel cervello quali la plasticità e l’eccitabilità neuronale (effetti nel sistema nervoso
centrale=>comportamento e la cognizione); queste tecniche consentono di misurare i meccanismi
metabolici del cervello a “riposo” (non impegnato in attività cognitiva specifica) evidenziando così una
diminuzione con l’età del flusso sanguineo globale, così come del consumo globale di ossigeno in particolare
nella corteccia frontale e nell’insula (importante però la variabilità individuale!!!).
✓ Come si caratterizzano i cambiamenti della materia bianca e grigia con l’avanzare dell’età?
✓ Quali regioni cerebrali mostrano gli effetti più marcati dell’invecchiamento?
-Materia bianca: inizialmente attraverso la mielinizzazione sembra esserci un aumento del suo volume fino
ai 30 anni. Poi, la causa della sua alterazione è essenzialmente un accumulo di microlesioni, o ischemie
cerebrali, dovute all’ostruzione dei vasi sanguini che provocano un minor apporto di sangue nel cervello e
questo sembra determinare in parte la riduzione del volume del cervello dell’anziano identificabile solo in
tarda età.
-Materia grigia: i primi anni di vita sono caratterizzati dalla produzione di sinapsi e neuroni, che non utilizzati
con l’età fino all’adolescenza subiscono degli sfoltimenti e dei perfezionamenti mediante la mielinizzazione
(soprattutto corteccia frontale); durante l’invecchiamento poi, c’è una diminuzione della materia grigia
dovuta all’atrofia neuronale e alla diminuzione dell’arborizzazione dendritica (effetti accentuati nella
corteccia prefrontale dorsolaterale, orbitale, precentrale e al lobo superiore della corteccia parietale).
✓ Cosa offrono le tecniche di visualizzazione funzionale nell’esame delle differenze di età durante la
realizzazione di compiti cognitivi? Riportare un risultato per ogni abilità cognitiva (memoria
episodica, memoria di lavoro e funzioni sensomotorie).
Le tecniche di visualizzazione funzionale, in particolare la risonanza magnetica funzionale (fMRI) permette di
misurare l’attività celebrale quando l’individuo è impegnato in un compito cognitivo ed evidenzi quali aree
celebrali vengono coinvolte maggiormente.
-Memoria episodica: tramite queste tecniche è stata scoperta una specializzazione emisferica nel giovane
adulto durante i processi di codifica (maggiormente implicate le strutture frontali, ippocampo e emisfero
sinistro) e rievocazione (implicata la parte destra del lobo frontale) in memoria episodica. Nell’anziano
l’attività celebrale durante la codifica di informazioni sembra essere minore rispetto quella dei giovani adulti.
-Memoria di lavoro: sembra essere coinvolta la corteccia prefrontale alla quale si attribuisce la funzione del
controllo attentivo nei giovani adulti; mentre negli anziani c’è un’attivazione delle aree controlaterali.
Funzioni sensomotorie: solitamente per movimenti semplici nei giovani e adulti vengono coinvolte le aree
motorie specifiche e del cervelletto; negli anziani invece viene coinvolta in generale la corteccia frontale.
Riserva cerebrale: è la quantità cerebrale presente in ogni individuo (variabile). Il modello di riserva
cerebrale è un processo passivo, ed è definito in termini di quantità di danno che il cervello può accumulare
prima di tradursi in un’espressione clinica
Riserva cognitiva: il cervello adotta modalità attive per contrastare o per compensare un processo
patologico, attraverso l’utilizzo dei processi cognitivi o delle reti di connessione funzionale tra i neuroni.
PERCORSO DI AUTOVERIFICA
1. Differenze tra intelligenza fluida e intelligenza cristallizzata e la loro evoluzione con l’avanzare dell’età.
Intelligenza fluida: (biologicamente determinata) permette di adattarsi a funzioni nuove, a nuovi problemi,
ed è valutata con prove che si basano sul ragionamento e sulla scoperta di leggi/regole partendo da casi ben
definiti e sulla comprensione di relazioni tra dati nuovi di tipo spaziale o verbale.
Tende a declinare con l’età (misurata con prove di ragionamento).
Intelligenza cristallizzata: (culturalmente determinata) dipende da fattori di ordine biologico e fisiologico, si
basa su conoscenze e capacità acquisite con l’esperienza, strettamente legate alla cultura.
Rimane stabile con l’età, e in alcuni casi migliora con l’età stessa (misurata con prove di vocabolario).
2. Cosa si intende per «ipotesi della causa comune»?
E’ l’ipotesi che presuppone che la stretta relazione tra le misure sensoriali e cognitive sia dovuta a una
dipendenza di tali abilità e funzioni da un’unica e comune architettura fisiologica del sistema nervoso
centrale, evidenziando uno stretto legame nell’invecchiamento tra le caratteristiche del cervello, da cui
dipendono le funzioni sensoriali, e le abilità cognitive.
PERCORSO DI AUTOVERIFICA
1. Differenze tra approccio analitico e globale nello studio dell’invecchiamento.
Approccio analitico (locale): per capire l’invecchiamento cognitivo, cerca di identificare quali componenti
dell’elaborazione delle informazioni siano danneggiate dall’invecchiamento e come esse influiscano sulla
prestazione.
Approccio globale: per questo approccio la comprensione dell’invecchiamento cognitivo necessita di modelli
integrativi in cui si ipotizza un numero limitato di meccanismi che permettano di interpretare le differenze
dipendenti dall’età, nelle componenti specifiche di trattamento, a partire da parametri generali fornendo di
conseguenza una visione globale e unitaria dell’invecchiamento.
PERCORSO DI AUTOVERIFICA
1. Definizione di invecchiamento di successo secondo il modello SOC.
2. Quali sono le influenze di sviluppo individuale in accordo alla teoria di Baltes [1980]?
3. Quali dimensioni definiscono il costrutto di benessere psicologico secondo il modello di Carol Ryff?
4. In accordo con il modello della Ryff, come cambiano l’importanza delle diverse dimensioni nei vari
momenti di vita? Quali dimensioni sono collegate a un maggiore livello di benessere psicologico
nell’invecchiamento?
5. Perché si parla di «paradosso del benessere nell’invecchiamento»? Quali fattori sono implicati?
6. Quali sono le caratteristiche degli interventi di potenziamento nati nell’ambito della psicologia positiva?
7. Qual è l’obiettivo del percorso di potenziamento Lab.I Empowerment Emotivo-Motivazionale?
8. Quali aspetti è possibile indagare attraverso lo strumento Ben-SSC
9. Quali sono gli aspetti principali su cui si focalizzano i diversi protocolli di mindfulness?
10. Quali sono le principali caratteristiche della psicoterapia con l’individuo anziano?
PERCORSO DI AUTOVERIFICA
1. Cosa si intende per plasticità cognitiva?
Per plasticità cognitiva si intende quella quantità di risorse cognitive che attraverso procedure specifiche,
come i training cognitivi, può essere attivata per migliorare la prestazione in differenti compiti cognitivi.
La plasticità cognitiva è presente a tutte le età, anche nell’invecchiamento, e fa riferimento al concetto di
modificabilità, cioè alla possibilità di apprendere sfruttando le risorse che vengono mantenute anche in età
avanzata, cioè le abilità cristallizzate, compensando i deficit nelle abilità fluide.
2. Indicare le tipologie di training di potenziamento utilizzate negli studi sui training di memoria.
3. Quali sono le finalità dei training compensativi di memoria?
- Training con obbiettivo di potenziamento o riattivazione: vengono proposte attività con lo scopo di
migliorare la prestazione nell’abilità deficitaria.
Queste si dividono in: training strategici (idea: incrementando la conoscenza strategica degli anziani, si
potenzia un più generale atteggiamento strategico), training centrati sul problema (vogliono risolvere la
specifica difficoltà lamentata dall’anziano proponendo soluzioni pratiche), training “process-based” (hanno
l’obbiettivo di migliorare il sistema di elaborazione dell’informazioni), training metacognitivi (intenzione di
focalizzare il percorso di promozione sulla metamemoria) e i training multifattoriali (considerno i quattro
fattori che influenzano la prestazione di memoria, ossia l’attività di codifica, le caratteristiche del soggetto, i
fattori legati al recupero e la natura del materiale).
- Training compensativi, che fanno affidamento sulle attività preservate per supportare quelle che declinano
con l’invecchiamento.
7. Descrivere la Scaffolding Theory of Aging and Cognition e indicare la sua utilità per gli studi sui training.
Nella situazione in cui ci sono cose nuove da apprendere, o in caso di un training volto a sostenere i
cambiamenti dipendenti dalle età, vengono svilupati nuovi circuiti neuronali. L’utilità di questa teoria è
l’introduzione del concetto di plasticità: ossia la persona, a qualsiasi età, c’è una certa possibilità di
modificare certe capacità.
8. Quali sono le variabili che favoriscono il mantenimento dei benefici dovuti al training?
I training hanno maggiore efficacia se: sono incluse sedute di pre-training nelle quali vengono incluse sedute
di pre-training, nelle quali agli anziani venivano date informazioni circa il funzionamento della memoria o
venivano insegnate tecniche per concentrarsi; le attività si svolgevano in situazione di gruppo; le sedute di
training non erano troppo lunghe (circa 90 minuti); i partecipanti non erano molto anziani: infatti la variabile
età correlava negativamente con la dimensione dell’effetto.
PERCORSO DI AUTOVERIFICA
1. Quali sono i fattori da considerare quando si studia la relazione anziano-ambiente?
Nella relazione anziano-ambiente si possono distinguere due tipi di fattori:
-fattori interni, quali ad esempio la funzionalità dei processi cognitivi
-fattori esterni, quali ad esempio la viabilità stradale, organizzazione degli edifici nelle aree urbane
Questi fattori entrano in gioco in questa relazione ponendo l’accento su diverse possibili variabili; l’ambito
della psicologia ambientale studia queste relazioni e evidenzia queste variabili, definite in diversi modelli,
classici o di attaccamento all’ambiente.
3. Quali variabili, secondo il modello proposto da Carlson e colleghi, determinano la capacità della persona di
sapersi muovere nell’ambiente? Come applicare questo modello nell’invecchiamento?
Le capacità della persona di sapersi muovere nell’ambiente dipendono da tre fattori principali secondo il
modello proposto da Carlson e colleghi:
- caratteristiche dell’ambiente/edificio, quali ad esempio accesso visivo, differenziazione e complessità della
struttura architettonica.
- mappa mentale dell’ambiente, ossia la rappresentazione mentale dello spazio che la persona costruisce,
modifica e aggiorna in relazione agli input ambientali che riceve.
- strategie e differenze individuali, che in base al grado di padronanza delle stesse determina l’efficacia di
sapersi muovere in un ambiente, raggiungendo una certa meta.
Normalmente una persona, secondo il modello cumulativo di Siegel e White, acquisisce le informazioni
spaziali necessarie alla costruzione di una mappa cognitiva per gradi: prima vengono appresi gli elementi
salienti, poi c’è la formazione dei percorsi che collegano gli elementi salienti, infine c’è la costruzione vera e
propria della mappa in cui gli elementi sono in relazione tra loro indipendentemente dal punto di vista
dell’individuo.
Questo processo, soprattutto negli anziani, risulta molto impegnativo, pertanto con l’avanzare dell’età si
può riscontrare un certo declino, anche se elementi quali la familiarità, l’uso di alcuni tipi di compito e il
mantenimento dello stesso format e la stessa prospettiva di apprendimento, possono influenzare
l’accuratezza delle prestazioni a compiti spaziali nell’invecchiamento.
4. Come è possibile classificare le abilità visuo-spaziali e quali sono le diverse traiettorie di sviluppo che
seguono lungo l’arco di vita?
L’abilità visuo-spaziale è detta complessa poiché può essere distinta in tre sottoabilità:
- la percezione spaziale, intesa come la capacità di determinare relazioni spaziali rispetto alla posizione del
proprio corpo in presenza di informazioni distraenti.
- la visualizzazione spaziale, cioè la capacità di manipolare attivamente informazioni di tipo spaziale.
- la rotazione mentale, ossia la capacità di ruotare mentalmente oggetti bi o tridimensionali in modo rapido
e accurato (questa si divide poi in abilità di rotazione basata sull’oggetto o sul soggeto)
La psicologia dell’invecchiamento attraverso degli studi cerca di comprendere le traittorie di sviluppo delle
abilità visuo-spaziali lungo l’arco di vita; indicativamente è emerso un declino che si presenta con l’avanzare
dell’età, in particolare:
- per l’abilità di visualizzazione spaziale il declino è progressivo dai 20 ai 60 anni e diventa più severo dai 70.
- nelle abilità di rotazione mentale basata sull’oggetto, il declino risulta lineare.
- nelle abilità di rotazione mentale basata sul soggetto, il declino è lineare fino ai 50 anni per poi declinare
ulteriormente dai 60 anni.
6. Quali sono le differenze di età nell’apprendimento di un ambiente attraverso input verbali e visivi?
Le differenze di età tra giovani e anziani nell’apprendimento di un ambiente sono caratterizzate da:
- difficoltà evidenziata per gli anziani a ricordare le informazioni riferite ai landmarks e alle loro relazioni,
quando l’ambiente viene appreso o tramite descrizione o mappa, rispetto ai giovani;
- minore differenza di età tra giovani e anziani, se vengono mantenuti stessi format e stesse prospettive di
apprendimento.
7. Che relazione c’è tra età, competenza ambientale, autovalutazioni e apprendimento di percorsi?
La relazione è dettata dal fatto di essere tutti questi, elementi in grado di determinare un miglioramento
delle prestazioni visuo-spaziali degli anziani:
- nelle competenze ambientali rientra il fattore della familiarità e della conoscenza dell’ambiente che
favorisce le prestazioni degli anziani.
- le autovalutazioni, influiscono solitamente negativamente in quanto l’anziano con il passare degli anni
manifesta sempre più una certa ansia negli spostamenti nell’ambiente o che si manifesta a causa del
presentarsi di ambienti nuovi, non familiari.
- l’apprendimento di percorsi, può aiutare l’anziano, in quanto sono interventi di potenziamento cognitivo.
9. Quali sono gli interventi ambientali che possono favorire l’adattamento della persona anziana in residenza
per anziani?
Gli interventi ambientali che possono favorire l’adattamento della persona anziana in residenze riguardano
lo sviluppo di caratteristiche ambientali quali: dimensioni e organizzazione degli spazi interni ed esterni,
qualità di arredo, qualità delle rifiniture dell’edificio, spazi verdi, illuminazione, ventilazione, temperatura,
organizzazione del lavoro di cura al fine di soddisfare i bisogni di sicurezza/salute, accessibilità, supporto
fisico e cognitivo, orientamento e consapevolezza, privacy e socializzazione, controllo, autodeterminazione,
senso di familiarità e prsonalizzazione, che determinano la qualità di vita nell’invecchiamento.
PERCORSO DI AUTOVERIFICA
1. I quadri psicopatologici più diffusi nell’invecchiamento e la loro caratterizzazione.
Con l’aumentare dell’età c’è un aumento delle incidenze di patologie somatiche e dall’altra il rischio di
sviluppare patologie degenerative; i quadri psicopatologici più diffusi sono la depressione e l’ansia.
La depressione è un disturbo dell’umore caratterizzato da sintomi psicologici che includono tristezza,
sensazione di vuoto, irritabilità, apatia e perdita di interesse per attività prima considerate piacevoli,
pessimismo, minor fiducia in sé stessi e sensi di colpa. Inoltre le caratteristiche a livello cognitivo sono, minor
attenzione e capacità di concentrazione, difficoltà nel prender decisioni, nel pensare, nel parlare e nel
memorizzare informazioni.
L’ansia è invece caratterizzata da due principali tipi di disturbi, quali il disturbo di ansia generalizzato e la
fobia specifica.
2. Il ruolo dei fattori personali, psicosociali e ambientali nella depressione e nel disturbo d’ansia.
Ci sono diversi fattori che possono incidere sulla depressione: fattori legati alla presenza di patologie fisiche
(malattie neurologiche o internistiche), fattori socioambientali e psicosociali quali il pensionamento,
cambiamenti nella rete di relazioni significative e isolamento sociale; inoltre anche l’istituzionalizzazione ha
un forte impatto sull’umore dell’anziano.
Anche per l’ansia ci sono fattori che incidono sul suo manifestarsi: fattori di rischio personale ad esempio un
cattivo stato di salute oppure fattori psicosociali come la solitudine.
3. Qual è il principale – e non modificabile – fattore di sviluppo delle demenze?
Il fattore principale dello sviluppo delle demenze, che non è certamente modificabile è proprio il progressivo
invecchiamento della popolazione, in conseguenza all’aumento della prospettiva di vita.
6. Rispetto a quali patologie dev’essere condotta la diagnosi differenziale della demenza di tipo Alzheimer?
La diagnosi differenziale della da deve essere eseguita prestando attenzione a patologie quali diverse
tipologie di altre demenze che non sono caratterizzate come la DA con una rapida insorgenza dei sintomi
nell’arco della giornata e la propensione per il peggioramento notturno; non deve essere confusa con la
depressione, poiché infatti i sofferenti di DA inizialmente soffrono di depressione; va prestata attenzione al
possibile manifestarsi di sintomi vicini alla DA ma invece derivanti da lievi traumi cranici ripetuti che sono
causa degenerazione progressiva dell’encefalo.
9. Indicare i diversi approcci di intervento non farmacologici per il trattamento delle demenze.
Esistono diversi approcci e modelli che esauriscono, allo stato attuale, gli interventi non farmacologici per le
persone affette da demenza (AD o altre forme) con fondamenta teorico-pratiche ben definite e orientate:
- approcci orientati al comportamento=> Questo modello, piuttosto che concentrarsi sul
comportamento della persona affetta da demenza, incoraggia un adattamento dell’ambiente fisico e
sociale in cui essa si relaziona, comportando un cambiamento significativo nel modo in cui viene
percepita l’assistenza al paziente con demenza.
- approcci orientati alle emozioni=> si distinguono forme psicoterapiche di supporto, di solito
proposte per aiutare le persone a far fronte emotivamente ai cambiamenti imposti dalla malattia,
come la terapia della reminiscenza, terapia della validazione.
- approcci orientati alle cognizioni=> mirano a riorientare la persona rispetto al Sé e all’ambiente
circostante. La più diffusa terapia cognitiva nell’ambito degli interventi riabilitativi psicosociali rivolti
alle persone con demenza è la terapia di orientamento alla realtà, segue la terapia di stimolazione
cognitiva.
- approcci orientati alla stimolazione sensoriale=> effetti positivi di interventi multisensoriali sia sullo
stato cognitivo sia nella gestione della depressione e dell’ansia nella persona con demenza, anche di
grado moderato-severo; esempi di tale approccio sono l’arteterapia, la musicoterapia, la terapia
della bambola.
10. Specificare gli interventi di gruppo evidence-based orientati alla stimolazione delle funzioni cognitive.
Gli interventi di gruppo dovrebbero essere condotti da operatori sanitari e socio-assistenziali
accuratamente formati e supervisionati, e dovrebbero essere attuati indipendentemente dalla copertura
farmacologica prevista per contrastare i sintomi cognitivi della demenza. I gruppi solitamente sono composti
da 5 o 6 persone affette da demenza con preservate capacità comunicative, in assenza di deficit visivi, uditivi
o motori. L’intervento è previsto in due sessioni settimanali della durata di 45 minuti con la presenza di due
operatori, chiamati facilitatori, che possono essere gli stessi membri del personale socioassistenziale o i
volontari della struttura adeguatamente formati.
PERCORSO DI AUTOVERIFICA
1. Cosa si intende con DALYs?
Quella dei DALYs, ovvero i Disability-Adjusted Life Years, è una misura fondamentale in economia sanitaria (e
in ambito geriatrico in particolare): rappresenta gli anni «persi» a causa di processi patologici disabilitanti,
oltre che dalla morte precoce.
2. Che differenza c’è tra eutanasia attiva, passiva e desistenza terapeutica?
-La «rinuncia/desistenza all’accanimento terapeutico» prevede la sospensione di forme di intervento
terapeutico, solitamente di tipo intensivo, sul paziente morente, laddove sproporzionate rispetto al tipo di
beneficio che ne può derivare.
-L’«eutanasia passiva» rappresenta l’omissione di trattamenti (per esempio procedure di rianimazione) che
potrebbero prolungare la vita del paziente terminale.
-L’«eutanasia attiva», infine, rappresenta l’attiva somministrazione di farmaci che pongano termine alla vita
del paziente.
(Il «suicidio assistito» consiste nella messa a disposizione del paziente terminale che lo richiede dei mezzi
per facilitargli un’eventuale condotta autosoppressiva.)
4. Cosa differenzia l’approccio orientato all’healing e quello orientato al caring nel contesto delle cure
palliative?
APPROCCIO HEALING: gli operatori sanitari si occupano di «guarire ed eliminare» una o più patologie: questa
è la prima accezione della parola curare.
APPROCCIO CARING: gli operatori sanitari devono avviarsi al difficile percorso del «prendersi cura» di
un processo di terminalità, in cui l’équipe clinica si incontra espressamente con il limite del suo «poter fare».
(«Scelta di mettere al centro la persona malata e la sua famiglia con tutti i complessi bisogni non solo clinici,
che sono presenti nella fase avanzata e terminale di malattia: le cure palliative non sono, infatti,
rappresentate solo dalla medicina palliativa e dagli aspetti medico-assistenziali, ma anche dalla presa in
carico dei bisogni sociali, psicologici, spirituali ed esistenziali che in questa fase rendono ancor più fragili e
vulnerabili i malati e le loro famiglie»)
6. Quali sono i principali processi psicologici che caratterizzano il rischio emotivo per i caregivers impegnati
negli Hospice?
Rischi importanti per i caegives: da un lato, il coinvolgimento controtransferale eccessivo e massicciamente
identificativo, impedisce o limita la funzione professionale; dall’altro, c’è il possibile isolamento degli affetti e
la depersonalizzazione dell’assistito; inoltre c’è il rischio di traumatizzazione vicaria estremamente diffuso
nelle professioni di aiuto che si svolgono in setting ad alto rischio.
7. Cosa si intende con «invalidazione del ruolo professionale» nei caregivers?
Invalidazione di ruolo professionale: quanto avvenuto (per negligenza, imperizia o per estrema complessità
della situazione) ha invalidato la rappresentazione di sé del tipo: «Sono un buon operatore, e riesco ad
aiutare sempre bene gli altri». Questa «invalidazione del ruolo» [Neimeyer et al. 2011] può comportare
anche una perdita di autoefficacia percepita.
9. Che dinamiche psicologiche vengono attivate dai decessi in assenza di salma (per esempio anziano con
Alzheimer, scomparso e non più ritrovato)?
L’assenza della salma impedisce l’avvio del processo di separazione psicologica e l’accettazione/elaborazione
della morte reale del congiunto.
(Autopsie: crea comprensibile disagio e fantasie di danneggiamento dell’oggetto relazionale; possibili eventi
di malpractice sanitaria in cui appare palese la loro infondatezza, a volte sono reazione emotiva molto forte
rispetto all’evento del decesso.)
10. Come si distingue un lutto complicato dal lutto normale, e quali ne sono le possibili opzioni di gestione?
Il processo di elaborazione del lutto normalmente si sviluppa nell’arco di alcuni mesi per i lutti stretti, ma in
determinate situazioni può impegnare anche un periodo più prolungato (morte di un figlio, eventi traumatici
ecc.). Si parla di «lutto complicato» (complicated grief) quando il normale processo di elaborazione non esita
in un’integrazione di quanto avvenuto nel proprio percorso di vita, e l’evento di perdita diventa un elemento
in-elaborabile.