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Lezione 1

Sulla logica della riflessione. Libro: scienza della logica


Scienza della logica dell’essere 1812
Scienza della logica dell’essenza 1813

Parti molto complesse e molto complicate anche secondo Hegel.


Fenomenologia dello spirito: per Hegel è la parte introduttiva alla sua dottrina, al suo sistema. Si
divide in 3 parti fondamentali: la scienza della logica- la filosofia della natura- e la filosofia dello
spirito.

la scienza della logica viene subito dopo la fenomenologia, la quale indica la dialettica interna nei
momenti dello spirito: forme differenti di coscienza, una coscienza che ha sempre accanto a sé
l’oggetto di coscienza. Non ci sarebbe un oggetto di coscienza se non ci fosse una coscienza che lo
coglie.
Certezza sensibile (primo capitolo della Fenomenologia): cogliere la verità attraverso i sensi. Una
forma di empirismo radicale, verità ricondotta alla percezione empirica che ne abbiamo. Es vedere
un albero. Coscienza di tipo percettivo.
Autocoscienza: coscienza che ha un oggetto che non ha un oggetto diverso da lei, ma è lei che si pone
in una posizione di riferimento intenzionale verso sé stessa.
Sapere assoluto: ultima parte del libro, non abbiamo più elementi differenti o diversi uno dall’altro,
contradditori, sapere che non ha nulla al di fuori di sé, non ha niente che gli si oppone, diventa un
sapere del vero in quanto tale. Non c’è alterità tra gli elementi.

Scienza della logica: sapere assoluto. Vero in quanto vero. Vero considerato nella sua essenzialità.
Parliamo delle strutture logiche che appartengono allo spirito e alla realtà medesima che sono strutture
logiche invarianti che esprimono la verità delle relazioni razionali, cuore del sistema HEGELIANO.
Non c’è ancora la creazione di un qualcosa che è diverso dallo spirito medesimo. Oggettività
universalità ed eternità. È l’idea in sé, costituiscono la spiritualità, la razionalità in quanto tale. Natura
e i suoi oggetti è la idea diversa dall’ spirito, figure di oggetti delle scienze empiriche, è
un’esternazione dello spirito.
Il vero colto come vero, in quanto tale.
La logica dell’essenza, in particolare ci occuperemo della logica della riflessione. Se cogliamo la
razionalità in quanto tale poste nella scienza della logica valgono sia per quanto riguarda la natura sia
per quanto riguarda lo spirito. Identità differenza contraddizione sono categorie che esprimono le
determinazioni essenziali dello spirito. Dicono come la idea è nella sua essenza più propria. Le
relazioni intrattenute all’interno nella scienza della logica valgono per le altre due scienze, le scienze
della natura e dello spirito.
Non è vero né per un soggetto che lo penso né per una coscienza che lo pone. Determinazione della
verità in quanto tale. Studieremo il punto centrale per cogliere la filosofia di Hegel.
DIALETTICA: (da questa si capisce come si muove il sistema di Hegel) 3 modi di lettura, 3 modi
validi ma da punto di vista differenti:
1) Quando c’è un movimento dialettico ci troviamo innanzi a 3 momenti differenti: tesi antitesi
e sintesi: momento positivo momento negativo e momento che collega il positivo con il
negativo, questo dice Hegel. Estetica, spirito nella sua soggettività, religione, spirito nella sua
oggettività, e Filosofia spirito nella suo insieme. 3 membri, filosofia è il terzo membro. 3
momenti uguale a 3 fasi dello spirito: momento dell’astrattezza (momento positivo, o
universale astratto), momento della determinazione (momento negativo) e momento
dell’universale concreto, ricongiungimento sintetico. 3 fasi differenti. Nel primo l’idea è
soltanto posta come tale, nella seconda vi è la determinazione, le negazioni e non solo la
posizione, e nel terzo momento vi è il momento autentico speculativo ovvero l’universale
concreto. Es: uomo. Uomo come embrione (fase astratta) perché l’embrione in quanto tale si
oppone alla <<ragione dispiegata>>, colto nella sua positività. La ragione dispiegata è
l’adultità dell’uomo, è una determinazione negativa della posizione positiva in senso astratto.
L’universale concreto, la def. Autentica dell’uomo, sta nel processo che unisce l’embrione
alla ragione dispiegata, Hegel lo chiama l’INTERO. LA verità è l’INTERO. La vera
definizione dell’essere umano. È la Dialettica triplice non nella considerazione delle fasi ma
nella considerazione degli elementi che la compongono. Dialettica razionale, di concetti. (la
realtà è razionale nella misura in cui è contraddittoria). Triplicità dualità o quadrupicità di
elementi nel rapporto dialettico. (come vedremo).
Legge un passo di Croce del 1907 di Hegel. Dialettica: movimento, sia momento di unità di
opposizione ma anche di opposizione dell’unità. Croce parla di 3 elementi, 3 momenti. Croce
parla di tesi antitesi e sintesi, come Gentile, mai Hegel. Risolvere o superare, ciò che deve fare il
terzo elemento, TOGLIERE CONSERVANDO O CONSERVARE TENENDO: AUFHEBEN.
Terzo momento è il momento di Aufhebung, di conservare tenendo. I 2 momenti che si prendono
come staccati vengono a sintetizzarsi nel terzo momento. Secondo momento è il momento di
negazione (L’EMBRIONE NON è RAGIONE DISPIEGATA E VICEVERSA). Nel terzo
momento essi si co-appartengono sinteticamente e razionalmente è anch’esso come il primo un
momento positivo in quanto è il risultante del negativo del primo positivo negato, momento
positivo che è diverso dal primo positivo in quanto positivamente posto in quanto tale, di per sé
stesso. Terzo momento diverso dai primi due.
2) Due momenti differenti che hanno una ricongiunzione in loro stessi considerati in un altro
modo (e non in un terzo). Rapporto tra due autocoscienze diverse. Dialettica nel caso in cui
due autocoscienze si relazionano nel qual rapporto la prima coscienza sa si essere di sé e
dell’altro e così viceversa. ES servo padrone. Autocoscienza che sa di sé e dell’altro che è pari
tempo una medesima autocoscienza. In che rapporto stanno? È un essere che implica il non
essere dell’altro, relazione di compenetrazione. Elementi che sanno di sé e che sanno dell’altro
come fuori di sé, come diverso da sé. Essi si riconoscono come reciprocamente riconoscentesi.
Io so di me nella misura in cui non solo riconosco l’altro come diverso da me ma anche perché
è l’altro stesso che si riconosce diverso da me. Riconoscimento non unilaterale ma bilaterale.
Non siamo delle monadi isolate alla Leibnitz. Rapporto che non ha bisogno di 3 elementi, di
tre momenti. Dialettica che però è sempre una dialettica processuale, come nel primo caso.
Dialettica duplice diversa da dialettica triplice. Non c’è bisogno di un terzium, di un terzo
elemento.
3) Dialettica proposta da Hegel stesso, siamo alla fine della scienza della logica, il capitolo
dell’IDEA ASSOLUTA dove Hegel esprime la propria concezione della dialettica. Parla di
una triplicità che in realtà sarebbe una quadruplicità. Introduce un quarto momento. Come si
intende la negazione? Per lui c’è un primo immediato, il quale si riferisce a qualcosa che è
diverso da lui, qualcosa che sarebbe mediato dal primo immediato. Il secondo è il negativo
del primo, questo è il primo negativo. Negativo che non è un nulla, un vuoto nulla, ma è il
negativo del primo, dell’immediato. Quindi è mediato rispetto al primo, contiene in sé la
determinazione del primo nel momento abbiamo già il primo nella posizione di negazione. La
ragione dispiegata contiene l’embrione stesso. Non in termini evoluzionistici ma perché si
riferisce alla posizione mediata con il primo.
Immediato- mediato, perché è posto dopo l’immediato, questo mediato non è un nulla però, è una
determinazione- la seconda det., quella negativa, è inoltre in pari tempo quella che media, il medio
è mediante, dà un valore attivo alla negazione medesima, essa non è solo ciò che è mediato rispetto
al primo ma è anche ciò che media, l’altro dell’altro che è il suo altro, il negativo riconosce il sé,
la sua negatività, sa di sé, e quindi pone l’altro elemento come suo altro, si considera il negativo
come due negativi, o come ciò che è mediato dall’immediato, o come negazione autonoma come
negatività (ed è quello che si dovrebbe fare), non solo questo non è il vuoto non-essere, ma il
negativo autonomo ha un suo contenuto. Processo speculativo è in quanto si sa considerare una
attività nel momento della negazione. Quadruplicità. Negativo che pone sé stesso come altro del
suo altro, si considera negativo del negativo (e quindi abbiamo un positivo che non è il positivo
del primo momento ma un positivo stabilito dalla speculazione razionale, è qualcosa di più), si
pone come negativo, sa di sa di esser negativo rispetto al positivo. Abbiamo un intero. Il positivo
è il negativo e il negativo diviene positivo ecc.
Relazioni dialettiche sono relazioni spirituali, razionali, non meramente materiali, una
processualità, un movimento, che è già nelle cose, non è un artificio umano. Il negativo è contato
in questo modo come una dualità, è il negativo che si sdoppia, è il negativo del negativo, ha in sé
attività, riflessività perché pone come negativo sé medesimo.
Positivo - negativo - n del n - p. HA IN Sé LA FORZA.
Lezione 2

Gli elementi in gioco nella dialettica sono diversi dalle fasi della dialettica stessa, fasi o momenti
o in movimento. Queste relazioni valgono a priori, si parla di automovimento del concetto, in
senso kantiano hanno un valore a priori, non si pone tra elementi del mondo empirico, la filosofia
non parla del mondo empirico, ovvero di elementi del mondo tramontabile e transeunte ma parla
di concetti puri, assoluti, razionali, a priori.
Oggi ci occuperemo delle condizioni di possibilità della dialettica. Validità universale e
necessaria.
Due affermazioni, la prima in entrambi i libri la seconda solo nella scienza della logica viene
affermata:
.) La prima è che il vero è l’intero, c’è verità solo nella totalità
.) La seconda definisce l’idealismo come quella filosofia che definisce il finito come ideale.
Queste vanno nella stessa identica direzione perché non troviamo la realtà razionale nella
finitezza, ciò che non ha in sé la sua ragione di essere, la sua spiegazione, questa gli viene data
dall’intero di cui il finito è parte, ovvero dall’intero è l’assoluto, lo spirito, la realtà razionale.
Il finito in quanto finito non riesce a reggersi da solo, non è indipendente, non è autonomo, deve
appoggiarsi a qualcos’altro che è la sua spiegazione dell’essenza, a questo punto il finito non è
reale ma è ideale in quanto la sua essenza è data da qualcosa di altro da lui. Qua Hegel sta
riprendendo quello che era stato affermato da tutte le filosofie mistiche, in particolar modo da
Spinoza, il quale fece la distinzione tra sostanza e modi, per il quale l’autentica realtà è nella
sostanza come causa sui, e i modi colgono la realtà, la sostanza, solo dal punto di vista
dell’eternità, sub quadum specis aeternitatis, solo con l’intuizione, non con l’immaginazione o
con la rappresentazione. (controllare).
L’assoluto è concreto, universale concreto, il movimento che connette l’embrione alla ragione
dispiegata, questi due relata si finitizzano a vicenda. Il loro assoluto è il processo dialettico che li
lega, la verità si trova solo in questo processo, in questo intero. Non coglie solo l’elemento
parziale ma coglie l’intero (come Spinoza, secondi il quale si deve cogliere i modi non come finiti
e parziali ma come segni di una infinità eterna e autoponentesi).
Verità come accordo, tra l’idea e l’ideato e il rappresentato, “verità soltanto nominale” dice Kant,
legame tra elemento mentale ed elemento ontologico, per Kant non è del tutto sufficiente. Un
giudizio per essere vero, è vero nel momento in cui si accorda al giudicato ma per Kant è
fondamentale la domanda in che modo si accordo e cos’è questo adeguamento? Questa domanda
porta alla concettualizzazione delle categorie come condizioni di possibilità di quello che diciamo
esser vero, le quali rendono possibile la verità, in quanto date a priori.
In Hegel questo accordo, se c’è, deve esser considerato all’interno di un tutto, all’interno del quale
le parti gli elementi non sonio differenti tra loro ma simili, nella stessa unità.
Per Hegel quindi non solo la verità è concordanza ma è in quanto i concordati sono entrambi i
momenti dello stesso processo dialettico, accordo dell’assoluto con sé stesso quindi. Tra sé e i
suoi parziali.
Accordo reso possibile dalla soggettività per Kant, ad Hegel non basta perché parla di una verità
fondata solo sulla soggettività pura che sta di contro ad una oggettività che trascende questa, come
se il finito è qualcosa che sta “a latere” dell’intero assoluto, il finito è dentro l’assoluto, non
all’esterno di esso. Contro Kant.
Hegel parla di Realitat e di Wirhlichkeit. La filosofia si occupa di Wirhlichkeit, relazioni di
essenza. Falso è ciò che è apparentemente vero ma non lo è, il Realitat. Coglimento solo dei
momenti parziali dei processi.
Il vero e il falso non sono mai in opposizione costante tra di loro perché se così fosse ci troveremo
davanti a veri e autentici concetti razionali che si contenderebbero a vicenda la verità, entrambi
devono esser veri, a momenti uno a momenti l’altro.
La relazione tra l’assoluto e le sue finitezze è una relazione sostanziale, come la sostanza e i modi
per Spinoza, parla di una relazione che MANTIENE LE DIFFERENZE. Stanno in relazione di
una costante diversità, Spinoza non ha compreso che l’assoluto NON è SOLO UN ASOSTANZA
MA CHE è ANCHE UN SOGGETTO, Soggettualità come componente che da dinamicità al
sistema. Per Hegel non basta dire che la relazione è solo sostanziale, stiamo irrigidendo questa
relazione così ne facciamo due elementi separati, è un monismo quello di Spinoza che non
funziona perché non coglie la relazione dialettica tra la sostanza e i modi tra l’assoluto e i modi,
bisogna dare dinamicità ovvero dare relazioni dialettiche. Non bisogna darne una staticità
stagnante, il soggetto deve muoversi, componente che dà dinamicità. Si manifesta interamente
nelle sue determinazioni, nel modo non troviamo qualcosa che non è sostanza, ma è qualcosa che
ci fa cogliere la sostanza stessa. Nella considerazione di Spinoza i modi non sono la sostanza
perché finiti di contro ad una sostanza infinita, per Hegel giusto parlare di relazione sostanziale,
di una differenza sostanziale, ma che non deve essere inteso coma una separazione netta, ci
aggiunge la dinamicità della soggetività. Così il finito non è soltanto finito ma è il finito
dell’infinito, come? Per arrivare a ciò, per affermare ciò, si deve negare il principio di non
contraddizione.
PRINCIPIO DI CONTRADDIZIONE:
-) A è A
-) -A è -A
-) A NON è -A
o
-) LA SOSTANZA è SOSTANZA
-) I modi sono i modi
-) La sostanza non sono i modi
Questo per Hegel è l’errore di Spinoza e della filosofia.
PER HEGEL
-) L’UNO È L’ALTRO DELL’ALTRO (L’UNO SI DEFINISCE DALL’ALTRO,
DALL’ALTRO COMPRENDE SÉ STESSO)
-) L’UNO È L’ALTRO DI SÉ STESSO (L’UNO È UNO PERCHÈ NON è SOLO UNO DA SÉ
SOLO MA È UNO GRAZIE ALL’ALTRO)
-) ALLORA L’UNO è UGUALE ALL’ALTRO.
COGLIERE L’INTERO CHE UNISCE I MOMENTI DELLA RELAZIONE, GLI ELEMENTI
DELLA RELAZIONE.
IL MODO PER COMPRENDERSI DEVE COGLIERSI COME SOSTANZA. SOSTANZA
(PRIMO POSITIVO), MODO (NEGATIVO CHE COMPRENDE LA SUA NEGATIVITÀ
DALLA NON NEGATIVITÀ DELLA POSITIVITÀ, NEGAZIONE AUTONOMA). Già Kant
parlò di due LOGICHE, logica formale e trascendentale, anche per Hegel non basta una mera
logica formale ma serve una logica SPECULATIVA, per il pensatore la logica formale non ci dà
affatto conoscenza, ci dice solo ciò che vale nelle, all’interno delle relazioni di pensiero affinché
esso non vada in contraddizione. La contraddizione è apparenza, si contraddicono solo per un
intelletto che coglie le differenze statiche, non c’è dinamismo, movimento, lo spirito è mobile.
Hegel negando il principio di contraddizione nega anche il principio di identità, l’uno non è l’uno,
è l’uno e l’altro. Critica alla logica formale è uguale alla critica alla teoria di Spinoza in quanto
egli afferma il principio di contraddizione come tutta la filosofia anteriore ad Hegel.
ASSOLUTO COME IDENTITÀ DELL’IDENTITÀ E DELLA NON IDENTITÀ. NON È UN
IDENTITÀ SEMPLICE CHE HA AL DI FUORI LA DIVERSITÀ. L’assoluto è identico a sé
composto da un’identità semplice che non si oppone ad una non identità, l’assoluto è identico nel
modo in cui è diverso, non identico da sé, e questo è diverso, non identico, in quanto è identico a
sé stesso. Se mi fermo all’affermazione della mera identità escludo ciò che si lega a lui in maniera
essenziale, sennò è come se prescindesse da questo ma non è affatto così, anzi si deve definire a
partire da questo. Quindi la sostanza è sostanza in quanto è modo.
1) Filosofia trascendentale: la filosofia di Kant e di Fichte, trascendentale come <<quella
filosofia che non si occupa di oggetti ma nel modo in cui in noi possiamo conoscerli a
priori>>- Kant introduzione alla Critica della Ragion Pura. Non si occupa di oggetti ma di
rappresentazioni, strutture, schemi che sono le condizioni di possibilità dell’oggetto stesso, è
una teoria della conoscenza, tutto deve essere spazio-temporalizzato e categorizzato, è
epistemologia. Elementi che sono dati ai priori, accentuazione quindi dell’elemento
soggettivo in opposizione all’oggetto. Presente sia in Kant sia in Fichte. Filosofia che ha come
fine il poter parlare a priori dell’oggetto medesimo. [Se c’è un oggetto c’è un soggetto che lo
rende oggetto. Un primato del soggetto sull’oggetto. Solo nel soggetto si può parlare di
duplicità, solo il soggetto è autopensabile come oggetto di sé, l’autocoscienza, parimenti
l’oggetto non può essere oggetto a sé stesso, ovvero non c’è un’autocoscienza dell’oggetto.
Retaggio cartesiano, l’identità è solo soggettiva.]
2) Filosofia speculativa: trovare nella natura e nono solo nella dimensione egoidale una
spiritualità. C’è spirito, e quindi autocoscienza, autoconoscenza di sé, non solo nel soggetto
ma anche nell’oggetto. Lo pone Schelling nella Filosofia della Natura. Natura come soggetto
e oggetto. Natura autoponentesi intenzionalmente, non è qualcosa di morto ma qualcosa di
vivo. C’è spiritualità interna. C’è soggettività anche nell’oggetto. Abbiamo un’identità
soggettiva e un’identità oggettiva. L’identico della spiritualità umana è diversa dall’identico
della spiritualità naturale, ma sempre di identico si parla. C’è un identico e un non identico
che è identico e non identico all’altro. Si richiamano tra di loro in maniera essenziale in modo
che il soggetto è l’intero che li compone. Speculativa perché gli elementi sono speculari.
Hegel parla quindi di un assoluto che è un’identità come identità dell’identità e della non identità.
(posizione espressa da Hegel agli inizi dell’800).
LEZIONE 3

Schelling nega che l’identità non è solo ed esclusivamente nella soggettività kantiana e fichtiana.
Il giudizio vero in senso kantiano si compone da una parte intellettuale o del pensiero e
dall’elemento empirico ovvero dall’intuizione. Se c’è un’identità in senso kantiano c’è un identità
tra il pensiero e l’intuizione, c’è una concordanza tra pensiero e intuizione sensibile, accordo tra
idea e ideato, ovvero il dato delle sensibilità ovvero il molteplice. Verità in senso nominalistico,
identità fenomenologica, che vale per l’oggetto fenomenologico. Cos’è che rimane fuori da questa
identità, che rappresenterebbe quindi il non identico, tra il pensiero categoriale e l’intuizione? Per
Kant sono le cose in sé, ovvero quell’elemento residuo che va al di là dello scibile, ciò che non è
conoscibile e meglio ciò che non è pensabile. Identico è quindi il fenomeno e il non identico
sarebbe la cosa in sé. Avremo dunque solo identità che ha origine unilateralmente
dall’opposizione soggetto-oggetto, all’interno della quale il soggetto diviene anche oggetto di sé
stesso. La cosa in sé va al di là di ogni intuibilità e di ogni coglibilità. Kant rimane
nell’opposizione sorpassata da Hegel.
Questa posizione può essere simile alla dottrina della scienza di Fichte, all’interno della quale si
verifica un’identità dell’io con sé stesso che conosce anche un non-io, concordanza tra io e non-
io. Questo io fichtiano fa le veci della cosa in sé, il limite ultimo e irraggiungibile della
conoscenza, non possiamo conoscere internamente gli oggetti, i non-io. Possiamo razionalizzare,
conoscere, il mondo, ma ci sarà sempre un nocciolo duro che non verrà mai colta. La cosa in sé è
il non-io in Fichte, la non-conoscibilità <<urta l’io>> secondo Fichte, non possiamo farci nulla.
Anche qui però abbiamo un identico, il non-io è categorizzato dal pensiero dall’io, ma non tutto
è io, non tutto è conoscenza, non tutto è razionalizzabile.
Per Schelling nella natura ci sono rapporti spirituali tra la natura stessa, la natura non è morta, ha
una sua autonomia che gli è assicurata dal momento in cui anch’essa è soggetto-oggetto di sé
stessa. L’identità, la soggettività, la razionalità, e la non identità, l’oggettività, si unificano,
unificazione in una totalità, ovvero l’assoluto, lo spirito schellinghiano, la quale identità risulta
dunque essere identità come identità e della non identità. L’assoluto è indifferente perché non ha
in sé tutte le differenze che gli sovvengono dalla realtà fenomenica. È una concezione divina
monistica senza il problema della creazione. Dov’è l’assoluto dell’identità e della non identità? È
nell’indifferente, ove non vi sono differenza. Ci sono due poli di manifestazione dell’assoluto,
della sostanza, il polo della spiritualità e il polo della naturalità (A e B). Se le determinazioni
tendono verso A allora sono determinazioni di coscienza, di pensiero, determinazioni della
razionalità, coscienza riflessa, coscienza egologica-egoidale. Se le determinazioni tendono verso
B, sono determinazioni altrettanto spirituali ma che appartengono alla natura, determinazioni
naturali che vengono studiate dalle scienze della natura. Determinazioni della naturalità. Hegel è
d’accordo su questo punto ma non è d’accordo sul fatto che l’assoluto nella posizione di Schelling
sta all’inizio, è l’origine di tutto il sistema della filosofia, assoluto come sostanza spinoziana con
si suoi modi, con le sue determinazioni. Determinazioni come fenomenizzazioni della sostanza,
dell’assoluto per Schelling, il filosofo è capace di intuire l’assoluto nella preponderanza
dell’estetica, dove troviamo la singolarità che ci rende l’assoluto, ma qui non c’è nessuna
dialettica in senso hegeliano. L’assoluto è il vuoto che si fenomenizza nelle sue determinazioni
ma queste sono identità, queste fette della stessa torta, chi è che taglia, come si passa dall’assoluto
alle determinazioni? È questo il punto della dialettica hegeliana. È quello che Hegel chiama
universale concreto, la concretezza nella quale cogliamo l’universale. Se in Schelling partiamo
dall’assoluto e arriviamo alle determinazioni in lui l’assoluto lo troviamo in tutte le relazioni
d’essenza dei processi dialettici, l’assoluto è nella totalità che sta alla fine del processo dialettico.
L’assoluto è già interamente nelle sue determinazioni, lo troviamo alla fine di tutti i circoli
dialettici. Così l’assoluto non è vuoto che ancora si deve manifestare ma in Hegel l’assoluto è
interamente nella sua manifestazione fenomenica e in ogni manifestazione fenomenica.
Kant: analitica trascendentale vs dialettica trascendentale.
Qua, in Kant, è la dialettica ad essere propriamente della parvenza, della non verità. La dialettica
hegeliana c’è la verità. Solo qua troviamo il vero, non nell’analitica come dice Kant.
.) Kant: quando il pensiero pensa l’impensabile cade in contraddizioni e in antinomie, in
paralogismi
.) Kant: la dialettica è la ragione che si avvolge in contraddizioni.
.) Hegel: quando si pensa l’impensabile il pensiero cade nella verità.
.) Hegel: la dialettica non è solo del pensiero. La realtà è fatta di processi dialettici, è dialettica.
Ciò che è razionale è reale e viceversa. Ma non tutta la realtà, il quadrato rotondo non è razionale.
Anche i concetti medesimi che si richiamano l’un latro nella relazione dialettica sono razionali, e
lo sono tanto quanto il pensiero che li pensa. Ha in mente la dialettica platonica, come relazione
di idee.
àLeggiamo sulle fotocopie (25). [Lo spirito non è qualcosa di indefinito ma è la realtà stessa, è
l’universo stesso. L’autenticamente effettuale, la realtà effettuale, è lo spirituale. Lo spirito <<È
l’essenza o ciò che è in sé, ciò che è in altro, ciò che in quella determinatezza o nel suo esser fuori
di sé, quindi nel suo essere altro, resta sé stesso>> È UN PROCESSO DIALETTICO. Ma per chi
vale questo processo dialettico, chi è che stabilisce che è così, domanda prettamente
fenomenologica. <<Lo è dapprima per noi, o in sé>> per noi cioè i filosofi. L’essere in sé e per
sé non deve valere non solo per noi filosofi ma deve valere anche per quella cosa stessa. <<Deve
valere anche per sé stesso>>. Possiamo parlare di diversi livelli di dialettica, “un essere in sé e
per sé per noi, in sé” e “un essere in sé e per sé per lui”, livelli fenomenologici della dialettica.
Avanzamento Fenomenologico solo quando la coscienza come oggetto viene compresa dal
filosofo come essere in sé e per sé.
Solo quando la coscienza stessa di cui il filosofo parla capisce ciò che il filosofo ha già capito
diviene una coscienza diversa, una coscienza fenomenologica superiore, rispetto alla mera
percezione sensibile. Es quando la certezza sensibile grazie al domandare filosofico riconosce che
c’è bisogno di concetti; quindi, non si parla più di sensibilità ma di percettibilità.
Avanzamento dei livelli dei processi dialettici: estetica, fenomenologia fenomenica nel senso del
vero come vero in sé distinto dal vero, e la scienza dello spirito, ove la verità come dell’in sé è la
verità del per sé.
La dialettica va presa in determinati modi.
à Proposizione speculativa: proposizione vuol dire giudizio. Giudizio speculativo. Riproduce
l’autentica relazione razionale tra l’identico e il diverso, tra l’identità e la non identità. I libri di
filosofi sono difficili perché non hanno in sé l’intuibilità delle proposizioni ordinarie, per Kant i
giudizi sintetici a posteriori (es. la figlia è verde), ovvero giudizi esperienziali formato da una
relazione tra una IDENTITÀ E UN ANON IDENTITÀ (l’esser foglia non è necessariamente
l’esser verde), ma sono formati da proposizioni speculative.
Hegel ha presente anche i giudizi analitici a priori es il corpo è esteso. E i giudizi sintetici a priori,
es. c’è una causa per ogni evento. PER I GIUDUZI SINTETICI IL PREDICATO NON Può
ESSER TRASLATO AL PREDICATO E VICEVRSA, DEVE ESSERE STATICO, MAI
MOBILE E INTERSCAMBIALE. A Hegel non va bene che ci sia una relazione tra un soggetto
fermo e un predicato che può cambiare. Così ci sarà sempre un identico sempre identico e un non
identico sempre diverso. Per Hegel il soggetto non è solo soggetto ma deve essere anche predicato.
Il soggetto deve essere uguale al predicato. C’è un soggetto che è soggetto ma che potrebbe
prendere il ruolo del predicato e viceversa. Questo supera la dicotomia sempiterna dell’identico e
del non identico. Es Dio è l’essere, proposizione speculativa, perché potremmo dire che l’essere
è Dio. Proposizione autenticamente speculativa, c’è una loro identità nella relazione che li unisce,
non c’è un identico contrapposto al non identico.
Proposizioni insufficienti: hanno il limite di non comprendere che nella relazione autenticamente
razionale non può esserci una opposizione ma occorre la presenza di una relazione dialettica, la
quale gode di una interscambiabilità intrinseca.
Lezione 4

Dialettica fenomenologica diversa da una dialettica della scienza della logica ove qui viene azzerata
la diversità tra ciò che è per noi e ciò che è in esso. Studiamo la dialettica nel suo essere in sé e per
sé, i. movimento dialettici appartengono ad una realtà concreta che si idealizza e non ad una coscienza
esterna, come nel caso della dialettica fenomenologica.
Giudizi sintetici a priori Kantiani: es. ogni evento ha una causa. Il rapporto tra il soggetto e il predicato
avviene in maniera sintetica ovvero giudizi AMPLIATIVI. Il predicato dice qualcosa in più
dell’identità stessa del soggetto. Aggiunge qualcosa al soggetto. La relazione non è a posteriori la cui
validità dipende da esperienza empiriche di certo tipo ma vale sempre e prima di ogni esperienza.
Tiene stabile e ferma, immobile la posizionalità del soggetto e dell’oggetto.
La proposizione speculativa: relazioni d’essenza, a priori. La differenza è che il rapporto qui tra il
soggetto e l’oggetto, il predicato, è dinamico e non stabile e statico come in Kant. Es. Dio è l’essere,
leggibile anche come L’essere è Dio.
Per Kant i giudizi nella metafisica della Natura sono tutti giudizi sintetici a priori, ovvero quelle
regole secondo le quale gli eventi hanno necessariamente una causa. Non c’è scambiabilità.
Metafisica di tipo trascendentale, regole del pensiero, che si sintetizzano e mettono ordine tra le
regolazioni delle percezioni sensibili. Ciò che si sa a priori. Le categorie, gli schemi, le strutture del
pensiero. Regole della soggettività. La prop. speculativa non appartiene ad un soggetto per Hegel,
regole di relazioni tra concetti, tra realtà razionali. Non vale solo per il pensiero, non vale solo per
una considerazione esterna alla cosa, dice come stanno le cose per un soggetto che le pensa, dice la
pensabilità delle cose sulla base di una soggettività pensante. Per Hegel invece è uno stare insieme
che non dipende da un pensiero che pensa la loro relazione, ma sono essi stessi dei concetti con la
loro materialità. Non solo relaziono di pensieri ma di realtà. Realtà pensata attraverso il pensiero ma
che non si esaurisce meramente in una pensabilità strettamente soggettiva. Qui non parliamo di
relazioni trascendentali ma speculative, il concetto di dio e di essere si uniscono loro stessi tra loro
medesimi non per mano di un pensiero che li pensa. Le prop. Speculativa sono solo giudizi sintetici?
Per Hegel queste sono diverse dai giudizi conoscitivi kantiani, dai giudizi sintetici, in quanto esse
medesime sono tanto analitici quanto sintetici. Es. l’essere ha una relazione analitica con dio poiché
il concetto di essere è deducibile direttamente e immediatamente dall’identità di Dio con sé stesso.
Le prop. speculative sono a priori e tanto analitiche quanto sintetiche. (legge pag. 948) à “ci troviamo
difronte a delle determinazioni che sono sia di tipo analitico che di tipo sintetico”. La determinazione,
il predicato, è qualcosa di differente della mera identità di dio con sé stesso, non stiamo dicendo che
A è A ma che A è B (dio è l’essere), ovvero che Dio è altro da lui. (es. l’essere è il pensiero). È
un’identità che ha in sé la differenza, non essendo una mera auto-identità, dunque, è sostanzialmente
una determinazione sintetica in quanto aggiunge kantianamente qualcosa. Non è solo sintetica ma è
anche analitica è perché il predicato non è UN predicato ma è il SUO predicato. ESSO APPARTIENE
ALL’UNO. Non è qualcosa di diverso da Dio l’essere e viceversa. I TERMINI SONO SPECULARI.
L’alterità sintetica kantiana è in realtà un’analisi in quanto il predicato non è ricavabile se non da lui
stesso, dal soggetto stesso, da Dio medesimo. SEMPITERNO RICHIAMANTESI L’UNO
ALL’ALTRO. Simultaneità tra sinteticità e analiticità.

à Pensiero raziocinate, pensiero kantiano-fichtiano, pensiero all’interno del quale vi è un soggetto


per il quale valgono tutte le realtà conoscibili, parliamo della rivoluzione copernicana kantiana. Unità
di controllo tramite appercezioni trascendentali = soggetto kantiano, io kantiano. Soggetto al centro.
Movimento dato dal pensiero raziocinante, movimento di quella che è la già menzionata rivoluzione
copernicana, secondo la quale sono gli oggetti a ruotare intorno al soggetto, all’unità che controlla
questa modificazione dinamica mediante appercezioni trascendentali, appunto questo movimento è
dato dal pensiero raziocinante (pag. 36/37 prefazione alla fenomenologia dello spirito) il quale “è il
Sé nel quale il contenuto ritorna” sé come unità forte e centrale per il quale valgono tutti i contenuti
i quali hanno validità solo per un pensiero che li pensa sintetizzandoli e categorizzandoli. Fulcro
intorno al quale girano tutti i contenuti mentali, che se appartengono a qualcuno appartengono al
pensiero. Tale rapporto diviene come la relazione che intercorre tra sostanza e accidente. “Soggetto
come base intorno alla quale i contenuti vengono legati e sulla quale il movimento corre su e giù”.
à Pensiero concettivo: poiché il concetto è il Sé, il qual e non è più una base immobile, un soggetto
trascendentale kantiano, questo Sé è proprio anche dell’oggetto, c’è un’alterità ma questa alterità è
l’altro dell’uno, è il suo altro. “Il Sé non è un quieto moto che sostiene gli accidenti”, non è immobile.
Inoltre, non è più collocabile più in un punto poiché è sia nell’oggetto che nel soggetto, non è più
un’unità che controllando la realtà tramite le appercezioni trascendentali rimane statica in sé stessa.
Nell’oggetto troviamo il soggetto nella posizione dell’oggetto stesso. Il soggetto è passato nelle stesse
determinazioni oggettuali dell’oggetto medesimo, la loro relazione quindi non è ubicata dalla
pensabilità dell’uno sull’altro bensì data dal movimento di entrambi, la relazione è dialettica. Non c’è
un Sé immobile, il soggetto non è più il sé perché diviene, mediante il movimento della dialettica,
anche oggetto. Movimento dialettico= movimento di essenza tra i relata.
“Invece di starsene immobile davanti alla determinatezza la costituisce piuttosto” ma non più in senso
kantiano nel senso ovvero trascendentale di condizione di possibilità, per il quale la realtà non è già
data in maniera legata, ricordiamo che per essere legata per Kant serve il pensiero, il quale pone la
sintesi tra elementi differenti. Hegel parla di costituzione ma non di costituzione meramente del
pensiero del soggetto, non è una sintesi soggettiva bensì è una sintesi OGGETTIVA, essa è costituita
dall’oggetto stesso. La realtà per Hegel è già ordinata, ha significato di per sé stessa, per Kant no!
Servono le noesi, i pensieri che danno significato al molteplice. “Le intuizioni sono cieche” servono
le categorie che vedendo ordinano. [in sé come residuo che rimane]. È una costituzione della realtà e
non una creazione di realtà. Hegel parla di soggetto quiescente.
Gli elementi nella relazione dialettica non sono relazioni tra idee che sono indipendenti dal pensiero,
parleremo di un essenzialismo platonico, la metessi, di partecipazione con le idee, essi sono speculari
una volta nella forma del pensiero una volta nella forma della realtà. Ciò che vale per la realtà vale
per il pensiero e viceversa, il pensiero quindi deve prendere atto e adeguarsi alla realtà ma comunque
il pensiero può essere attivo sulla realtà stessa.
Un pensiero che scavalca i vari contenuti e che non si sofferma su di essi, Hegel contro Kant, il quale
ponendo sempre e costanti nuove sintesi intellettive esercitate dal pensiero quest’ultimo le scavalca
in quanto hanno meno importanza di lui questo perché il soggetto trascendentale kantiano non ritrova
sé nell’oggetto, è identico a sé e non identico all’oggetto. In Hegel non troviamo determinazioni
passeggere, sintesi fuggenti, non c’è più uno scavalcamento dei predicati poiché quei predicati sono
lo stesso soggetto ergo, essendo il soggetto nella forma del predicato non può superare sé stesso, il
sogg. non può superare i propri contenuti, i suoi predicati in Hegel. Qui non c’è un base solida,
immobile, ma è IDENTITÀ DINAMICA. Vi è un’Attribuzione dei predicati a soggetti differenti,
quindi l’attribuzione è prettamente contingente. Tanto il soggetto quanto l’oggetto sono due identità,
sono due determinazioni della stessa identità, se c’è una sintesi, se c’è un contenuto disperso, la sua
riordinazione non dipende più da un sogg che con le sue categorie ordina il molteplice sensibile, ma
queste sintesi sono le sintesi dell’oggetto medesimo che gli appartengono in quanto è auto-capace di
trovare un ordine in sé indipendentemente da un pensiero soggettivo che pensa il suo ordine, che lo
riordina.
Dialettica appartiene tanto al pensiero quanto alla realtà.
LEZIONE 5

[Fluidificazione dei concetti]


à p. 36 fenomenologia dello spirito. Non è più un predicato universale, si riferisce al soggetto solo
in maniera estrinseca. Universale che conviene a parecchi quell’universale che può essere riferito a
tante cose: es. la foglia è verde, il verde però non è propriamente della foglia; infatti, altri oggetti
possono avere questa predicazione, un universale è scisso dal soggetto e che conviene a parecchi,
questo non si può verificare nella prop speculativa in quanto è proprio della porp speculativa
l’inversione, l’interscambiabilità tra soggetto e predicato. Il limite del giudizio sintetico è quello di
avere una differenza intrinseca tra soggetto e predicato. MOVIMENTO che unisce il soggetto al
predicato è il movimento non solo del pensiero esterno alle cose pensate ma è il movimento dialettico
intrinseco alle cose stesse. Il predicato, quindi, non è solo predicato ma è anche sostanza.
Pensare per rappresentazioni: pensiero rappresentativo, riprendo le idee di Locke. È il pensiero
raziocinante kantiano-fichtiano. Pensiero che viene frenato nel suo dirigersi dal soggetto al predicato,
esso viene frenato perché trova qualcosa che gli dice attenzione! tu non puoi andare oltre perché ciò
che tu vuoi raggiungere è già ciò che tu aveva primariamente. Subisce quindi un contraccolpo. Il
pensiero parte trova qualcosa che lo ferma e ha un contraccolpo perché quando trova il predicato è
l’essere che il soggetto Dio già possedeva. Dato che il predicato è anzitutto la sostanza. Il pensiero è
trattenuto da una tale pesantezza. Identici nella forma della diversità.

àEssenza: essenza nell’idealismo platonico. Le idee sono essenza delle copie sensibili. Essenza= al
di là delle cose sensibili, trascendente. Dimensione ontologica dell’essenza, essenze che hanno un
carattere di essere, di essere necessarie, di essere assolutamente vere. Frattura tra ciò che appartiene
all’essenza e ciò che non appartiene all’essenza. Identico= le idee, le essenza; e il non identico= ciò
che partecipa alle idee, le copie sensibili di queste ultime. Posizione che per Hegel va scartata in
quanto fa parte del pensiero rappresentativo, raziocinante. A diverso da B. Rapporti di esclusione
reciproca. Pensiero che pone ciò che è essenziale e ciò che non è essenziale nella relazione
dell’OPPOSIZIONE della CONTRAPPOSIZIONE, per Hegel non è speculativo e quindi è da
superare, È UNA RELAZIONE DI TOTALE IMMANENZA. Contro quei filosofi che pongono le
essenze trascendentemente a ciò che essenziale non è, carattere dell’esteriorità e non dell’interiorità,
ovvero ciò che propone Hegel. “Il finito è infinito” secondo Hegel questa è una prop speculativa
autentica. Il finito è l’infinito nella forma del finito e l’infinito è il finito nella forma dell’infinito.
[ottemperare]. [le intuizioni particolari sussumono i concetti universali. Per Kant.]. per Hegel
l’universale concreto è passato interamente nel particolare nel momento dialettico, ovvero ciò accade
tre le essenze e le inessenzialità, ovvero ciò che accade tra l’infinito e il finito. Stessa unità vista da
punti diversi. La libertà non è un mero concetto astratto come in Kant bensì è all’interno stesso del
mondo sensibile, delle particolarità. Contro coloro che hanno distinto e sperato ciò che non andava
né distinto né separato. Vissuti rappresentativi= forme coscienze differenti, che si susseguono. Se l’io
fosse solo empirico, l’io-empirico, l’io variopinto e differente dice lo stesso Kant, allora avrei tanti
soggetti quante rappresentazioni. Coscienza di sé intesa quindi come percezione interiore. Avremo
tante identità differenti, se il mio io fosse solo empirico, se cioè l’io si diversifica da sé stesso-
precedente costantemente mediante la mera rappresentabilità, la mera percezione, avrei un io
variopinto. L’ Io penso kantiano è una forma trascendentale dell’io che dà staticità all’io meramente
empirico, assicura a questo un’identità. Le rappresentazioni appartengono alla stessa identità grazie
a questa forma invariante, l’io-penso, l’io-trascendentale, che si accompagna a tutte queste
rappresentazioni. “L’io penso deve poter seguire e accompagnare tutte le mie rappresentazioni” dice
Kant. Condizione di possibilità di staticità e stabilità dell’identità che altrimenti cambierebbe come
un io variopinto e sempiternamente differente a causa del problema originato dal ponimento di un io
meramente empirico. Teoria della riflessione quella teoria secondo la quale l’io è io nel momento in
cui riflette su di sé e trova sé medesimo come riflesso della riflessione. Riflette su di sé e trova innanzi
a sé sé medesimo. Il problema di questa teoria è che adoperandola si cade in un circolo vizioso, in
una circolarità. Chi è che fa questa riflessione? C’è bisogno di un io che precedentemente viene posto
e che riflette sé stesso per trovare l’identità di sé medesimo e via dicendo. PROBLEMA DELLA
RICORSIVITÀ. Io sono identico a me dal momento in cui rifletto me stesso, regressum ad infinitum.
C’è già qualcuno che ha fatto la riflessione ma allora devo spiegare anche chi è questo io ecc.
all’infinutm. La filosofia classica tedesca critica questa teoria riflessiva. Una delle soluzioni che si
presentano subito dopo Kant è quella di Fichte: l’io non è spiegabile in base a nessuna teoria riflessiva
perché l’io non è l’identità di soggetto-oggetto della riflessione ma è per così dire posizionalità
assoluta, inspiegabilità assoluta, l’io intuisce sé stesso: l’io non è conoscibile nella sua identità
mediante rappresentazione ma è spiegabile solo mediante il suo darsi assoluto posizionale, sa di sé
originariamente, allora tutte le rappresentazioni a seguito saranno le SUE rappresentazioni. Intuendo
sé sa di sé precedentemente alle rappresentazioni di sé. Intuisce sé stessa nella sua originarietà più
propria. Hegel pone un’altra soluzione: supera anche la posizionalità fichtiana assoluta e originaria.
Il non-io è una posizione ottenuta tramite l’io, dipende dall’io medesimo. Con Hegel bisogna superare
il problema dell’essenzialismo, risolvere il problema di un’identità che è la sua propria identità e
inoltre che la problematica che questa identità non solo è un’identità soggettiva ma che è anche
oggettiva.
LEZIONE 6

Susseguirsi necessario di questi concetti a priorici tramite il movimento dialettico. Stanno in relazione
necessaria e universale, relazione a priori, la loro validità è fondata da concetti che li procedono, dal
concetto più semplice al concetto più complesso. Il concetto di essere è il concetto più indeterminato,
più semplice perché non ha determinatezze e determinazione e da questo concetto si va avanti ella
serie razionale, la quale pone sempre più nuovi concetti sempre più complessi. Così si arriva al
concetto dell’idea assoluta, massima concretezza, l’universale concreto sommo.
Prima bipolarizzazione è quella di essere e nulla, i quali sono opposti nella loro contraddizione, non
sono pensabili l’uno scisso dall’altro, l’uno è pensabile solo assieme all’altro, al suo altro da lui. Per
pensare l’uno devo necessariamente pensare all’altro, nessuno dei due è auto sufficiente, nessuno dei
due può stare insieme da solo.
Nella scienza della logica sorvoliamo la coscienza presente nei movimenti dialettici della scienza
fenomenologica, i concetti logici, ricordiamo, sono auto sussistenti, i quali parlano del vero in quanto
tale. La scienza della logica occupa una posizione intermedia tra la natura e lo spirito. I concetti della
logica sono fondamentali per comprendere e studiare e concepire la natura e lo spirito stesso. Non è
intermedia in quanto non è in grado di dare oggetti, contenuti veri in quanto vero, ma in quanto è
fondante. Così si può parlare del vero in quanto vero per quanto riguarda la natura e per quanto
riguarda lo spirito. Facendo così Hegel fa vedere che questo è un passaggio dialettico. Nell’idea di
assoluto non ha di contro nessuna contrapposizione e quindi è perfetta, è auto sussistente, solo lì si
ferma il processo dialettico, non c’è nessun elemento esterno che inneschi il processo ad andare oltre.
à Legge la prima TRIADE DELLA LOGICA DELL’ESSERE, DOTTRINA DELL’ESSERE, primo
libro della scienza della logica.
La triade essere, nulla e divenire. Momento positivo, momento negativo e momento di soluzione,
l’unità di essere e nulla.
Essere: indeterminata immediatezza, non ha nessun’altra determinazione e questa indeterminatezza
non è mediata da altro. Non ha nessuna diversità né all’esterno né all’interno. Non ha contenuto
determinato sennò sarebbe determinato e quindi mediato, non sarebbe fissato nella sua purezza. “Esso
è questo puro, vuoto intuire”à contro il parmenideismo. “Nell’essere non v’è nulla da intuire”, quel
puro vuoto che abbiamo trovato penando l’essere in quanto essere è lo stesso NULLA. Sta dicendo
che il nulla è qualcosa, attacco ferrato all’eleatismo, ovvero è lo stesso essere quando lo si pensa senza
nessuna determinazione, pensandolo stiamo pensando a qualcosa di specifico, di sostanziale, che è
appunto il nulla medesimo. Nulla come sostanza. “l’essere è nulla, ne più ne meno che nulla”. Se
penso l’essere penso necessariamente anche al nulla, sono due concetti che stanno nella relazione
dell’identità e della non- identità. La stessa identità vista nella lora differenza. Già qui c’è un
passaggio, un primo movimento, ovvero, i due elementi in gioco stanno apparentemente in una
relazione dialettica di tipo esclusivo ma di fatto in questa stessa relazione l’uno passa nell’altro,
rendendo la relazione una relazione inclusiva, ovvero essenziale, questo passaggio è appunto il
divenire. Contro Parmenide per aver immobilizzato l’essere, fissandolo, si elimina il suo contrario, il
nulla. Per Hegel è inammissibile non si può pensare l’uno senza il non-uno, il suo presunto opposto.
Divenire come assoluto nel senso che la sua identità è l’identità dell’identità e della non identità,
l’unità molteplice di essere e nulla. Contro l’opposizione sempiterna, contro l’immobilismo
concettuale. L’opposizione conduce all’unificazione, alla sin-crasi. Avere un identico che si riferisce
non solo a sé ma anche secondo il suo non-identico, questo si fonda non solo su di sé medesimo ma
anche sul non-questo. Non è una identità semplice: A=A, ma è una identità composita. A=-A. Il nulla
è quell’elemento grazie al quale definisco l’essere stesso, contro Parmenide, lui ha eliminato
quell’aspetto tramite il quale comprendo l’essere.
Identico e non-identico solo nella misura in cui sono nella loro opposizione reciproca.
Il divenire è l’universale concreto, perché solo in esso si danno gli altri due elementi: l’essere e il
nulla.
La verità dell’essere e del nulla è il movimento dell’essere nel nulla e dal nulla nell’essere, questo
non passa, è passato, se esso è nel “passa”, ovvero se esso è nel presente è come se questo fosse il
contenuto di una fotografia, come se si immobilizzasse e frenasse il processo dialettico dall’essere al
nulla, se i due conoscibili sono nel divenire dall’essere al nulla, cristallizzando il momento si
sopprime lo scorrere da A a -A, ordunque questi due momenti risulterebbero inconoscibili.
RELAZIONI ZEITLUSS, SENZA TEMPO. Essere e nulla sono degli astratti che hanno il loro
concreto nel divenire. Il reale è più propriamente il divenire rispetto a essere e nulla. Reale nel senso
di wirlihchkeit. Se c’è un’essenza c’è un essere, l’essere dell’essenza e l’essenza è sempre essenza di
un essere, l’essenza dell’essere.
à legge la prima riga logica dell’essenza. Non siamo più dove eravamo nella prima triade. Siamo
ora giunti al PRIMO CONCRETO, che è il divenire. Essere diverso da quello iniziale, ovvero della
logica dell’essere, perché è divenuto ora, momento finale della logica dell’essere, un essere
quantitativo, significa parlare di essere che ha una sua indeterminatezza ma la quantità può andare
bene per tutte le forme di essere, determinazione che lascia indeterminato l’essere, dice qualcosa della
sua numeralità ma non sulla sua qualità, la sua determinatezza.
L’indeterminatezza all’inizio è una indeterminatezza assoluta. Ora c’è una determinazione
quantitativa ma che è comunque indeterminante poiché non esplicita comunque la qualità dell’essere.
[processo dialettico è un processo autonomo di doppia negazione, o di negazione della negazione
della posizione, o di negazione autonoma della positività].
Tutto quello che è vero dell’essere è l’essenza medesima, l’essere da solo non è pensabile nella sua
assoluta indeterminazione. L’essere è l’immediato, indeterminatezza quantitativa, del numero, non
più immediatezza originaria del primo membro del primo processo dialettico.
L’essenza può essere tanto vera quanto falso. Il fondo dell’essere è la verità dell’essere. L’essenza
qualcosa che sta dietro l’essere ed è la verità dell’essere. È una supposizione che l’essenza sta dietro
l’essere, che c’è qualcosa al di dentro dell’essere. Sapere mediato perché è ottenuto a partire
dall’essere, l’essenza non è immediata ma è mediata nella relazione che la unisce all’essere. La
conoscenza dell’essenza è ciò che è vero nell’essere, uscire dall’essere, abbandonarlo, ma questo
uscire fuori dall’essere è piuttosto un entrarvi, apparentemente esce fuori da qualcosa, in realtà si
interna dentro questo qualcosa che sembrerebbe esser abbandonato, non lo abbandoniamo per nulla
anzi ci interniamo in lui. S’interna= er-innert, nel senso di erinnerung ovvero ricordo, anamnesi.
Entrare nell’essenza è entrare nell’essere non uscirne, entrare nella dimensione della verità
dell’essere, non è un percorso di uscita ma di interioramento nel senso del ricordo, di anamnesi,
richiamando il ricordo delle idee platoniche, il ricordo come anamnesi come metempsicosi platonica.
Via dell’interiorizzazione, verità dell’essere sita nell’essere stesso. Determinazioni essenziali che
sono dell’essere stesso, via però che è una via di mediazione e non di immediazione.
Essenza (wesen) = tempo passato (gewesen).
Wesen ha a che fare con Gewesen ovvero il participio passato del verbo essere ICH BIN GEWESEN,
io sono stato. L’essenza è dunque un essere passato, è il passato dell’essere. Non è un essere
tramontato, ma un essere che è ZEITLUSS, senza tempo, ciò che è valido per l’essere è nel suo
passato che lo definisce. Essenza, tempo differente rispetto all’esser, tempo che è un tempo senza
tempo. Stretto collegamento con paltone e il mondo delle idee che risiedono nell’ab eternum. Un
passato che non è un passato cronologico ma un passato che ha ancora una sua validità. (Jetztzeit ?.)
Tutto ciò che è essenziale è dunque fenomenizzato.
Lezione 7

Non ha senso parlare di una logica dell’essere. L’essere è pensabile solo rispetto all’essenza.
Sono sussunte diverse relazioni dialettiche, di differente natura, si passa infatti dalla natura alla
relazione coscienza reale a quella tra l’essere e la sua essenza, sotto il macroinsieme dell’endiade
vero-falso.
La logica di Hegel è un attacco potente allo psicologismo. Categorie come determinazioni della realtà
e non della mente. MA SONO ALLORA CATEGORIE ARISTOTELICHE? Il punto di distacco è
che le categorie aristoteliche hanno il limite di essere statiche, non hanno il dinamismo del processo
dialettico hegeliano. Una categoria passa nell’altra per Hegel, contro l’immobilismo delle categorie
aristoteliche. Categorie che non valgono per un io penso, non valgono solo per un soggetto puro, ma
valgono per un pensiero come tale, valgono per la razionalità medesima, la quale non può non
utilizzare queste posizioni.
à legge il testo sulla logica dell’essenza. P. 433. [essi ci ricordano cosa sono davvero] anamnesi
come erinnerung. Per poter cogliere l’essere nella sua autenticità dobbiamo ricordarci, internarci
nell’essere per trovare la base dell’essere medesimo che è appunto l’essenza. Assonanza tra Wesen e
Gewesen. Tra l’essenza e l’essente stato. È l’essere al passato non in senso cronologico ma nel senso
che noi ci ricordiamo ciò che è il passato dell’essere ovvero ciò che lo fonda e che lo struttura, passato
nel senso del fondamento logico di ciò che è. Come è da intendere il rapporto tra essere ed essenza?
Come una dualità? Due elementi distinti di cui uno fonda l’altro? Dobbiamo evitare l’opposizione
sennò cadremmo in quello che è una visione essenzialista costituita da una differenza ontologica
(heidegger), come in Platone e Husserl. In Hegel l’opposizione scompare, non c’è più un essere e
un’essenza dietro di esso, far vedere come ciò che appare è apparizione di un’essenza, far vedere che
l’essenza non è un elemento ontologico che si oppone all’ontologia dell’essere, essi devono costituire
una identità nella loro differenza, far vedere che l’essere è l’apparizione stessa dell’essenza
medesima. L’essere è uguale dell’essenza perché è la manifestazione dell’essenza, è l’essenza che si
manifesta ma comunque ciononostante l’essenza è qualcosa di diversa dall’essere perché questa si
manifesta nell’essere. Devono essere la stessa cosa, contro la dualità ontologica, se c’è una differenza
deve essere una differenza che se è tale si dà solo nella loro identità. Determinazioni dell’essere sono
determinazioni dell’essenza che si esplicano, si manifestano nell’apparizione dell’essere. Quando
penso l’essere nella sua verità devo pensare all’essenza.
L’essere dell’essenza e l’essere dell’essere che formano una identica unità. Ma l’essere non sparisce
nell’introiezione intrinseca del suo interno, esso verrà ricordato quando giungiamo all’essenza in
quanto è la sua essenza. Essenza riflessa. Categorie hegeliane si muovono all’interno di una cornice
giuridica e non fattuale.
à Metà pagina= movimento: movimento che collega l’essere all’essenza. Movimento di
disparizione, disparimento, dell’essere nell’essenza. Avanzamento fino a che l’essere non viene tolto,
fino a che l’essenza non viene fuori, l’essenza che qui è considerata come mediata, di contro
all’immediatezza dell’essere preso in quanto tale. IL CAMMINO DEL SAPERE, chi è che si è
mosso? È un cammino del sapere, genitivo soggettivo, cammino che appartiene soggettivamente al
sapere. Però se il movimento appartenesse al sapere sarebbe estrinseco all’essere e non toccherebbe
per nulla la natura dell’essere. Movimento collocabile quindi solo soggettivamente nel sapere.
Evidentemente non stiamo parlando di questo movimento, movimento delle triadi tramite le quali si
passa dall’essere alla sua disparizione. Il movimento non è del sapere, sennò saremmo in una
prospettiva trascendentale kantiana-fichtiana.
È il movimento dell’essere stesso, movimento della stessa realtà razionale, relazione tra concetti che
non si danno per un pensiero ma che si danno di per sé stesse, posizione anti-psicologistica. “è il
movimento dell’essere stesso”. L’essere di per sé va alla ricerca di sé interandosi, movimento che
appartiene all’essere stesso e non ad un pensiero che lo pensa. Movimento che riguarda le
determinazioni razionali, le determinazioni categoriali. Solo la filosofia però può cogliere questo, non
il senso comune. Il senso comune pensa secondo le limitazioni e le regole del principio di identità e
di non contraddizione. Puro essere= negazione di ogni finito. Prescinde da ogni determinazione
fattuale, prescinde da ogni esser così. Movimento che “purifica l’immediato esserci fino a farlo
diventare essere puro”, il quale presuppone internamente e per sua natura un internamente e un moto.
àPrima possibilità p. 434 in alto. Intendere l’essenza come la negazione di ogni determinato e di
ogni finito, così l’essere è l’unità priva di determinazioni, l’unità semplice, dal quale il determinato è
stato levato estrinsecamente. Levando estrinsecamente il determinato. Si deve fare astrazione da ciò
che sono le modificazioni del finito. È stato tolto non in sé ma relativamente solo in relazione a questa
unità. Ma così l’essenza sarebbe comunque in opposizione verso la finitezza da dove siamo partiti
pur levando da questa tutte le sue determinazioni. Così adoperando ci troviamo con qualcosa di vuoto,
e ci troviamo nella relazione oppositiva tra l’infinito o non finito, l’essenza, e il finito. Ma allora le
determinazioni non le abbiamo tolte veramente perché rimane ancora quell’opposizione insufficiente
costituita dal semplice NON. Contro l’Omnitudo realitatis kantiana, il divino è ciò che non è finito.
Inoltre, non può essere perché siamo partiti da altro e non dall’essenza in sé, riflessione estrinseca e
astraente, si riduce alla semplice vuotezza, l’essenza così facendo è solo un prodotto e un che di
fattizio. Quella Negazione estrinseca che è l’astrazione non fa che collocare le determinazioni
sottratte dall’essere in un sempre nuovo luogo e lascia quindi “l’essere così com’è”.
L’essenza secondo questa ipotesi non è né in sé né per sé stessa ma mediante altro ovvero mediante
la riflessione estrinseca, la negazione estrinseca astraente. Essa è là in sé morta, come mera VUOTA
ASSENZA DI DETERMINAZIONI. Vuotezza di determinazioni. Relazione ancora contraddittoria
e oppositivo, questo se c’è questo è solo per questo ecc. essa di manifesta con le sue manifestazioni
e nelle sue manifestazioni perché le manifestazioni dell’essere sono quelle dell’essenza.

LEZIONE 8

Vuole andare oltre ogni forma di ontologismo, vuole definire l’essenza non come qualcosa che è ma
come qualcosa che va al di là dell’essere, l’essenza è la verità dell’essere nella misura in cui l’essere
non c’è più, è nella sua reminiscenza, nel passato. Arriverà a sostenere l’idea che c’è una dialettica
interna all’essenza medesima formata da momenti diversi. (es il movimento dell’essere dall’essere
all’essenza che ne restituisce come universale concreto la verità). L’essenza è parvente, appare nelle
manifestazioni dell’essere. L’essenza a che fare con il problema della negazione, perché l’essenza è
la negazione dell’essere, ciò che in principio l’essere non è, prima grande generale definizione
dell’essenza, Hegel va oltre però oltre questa definizione dell’essenza come unica negazione.
L’essenza non è ciò che è semplicemente opposto all’essere, l’essenza è si il negativo dell’essere ma
non una mera negazione di primo livello, c’è bisogno di un negativo che non è il negativo di qualcosa
ma il negativo come tale, la sua natura, quella dell’essenza, è quella di essere negatività in quanto
tale, è LA negazione medesima, non è solo la negazione dell’essere, è la negatività come tale. Hegel
contro l’idea di un’essenza come avente in sé un sostrato funzionale, una base, una mera costante
stazionaria che rimane invariata. L’essenza è assenza di sostrato, assenza di realtà ed è soltanto
relatività, relazione. L’essenza è sì fatta di determinazioni essenziali, determinazioni e
caratterizzazione che denotano anche l’essere, e l’essenza è il cogliere le relazioni che sussistono tra
le det. essenziali dell’essere riferite all’essenza, l’essenza non è un qualcosa, non ha essere, è
SEMPLICE RELAZIONE, RELAZIONE DI DETERMIONAZIONI essenziali, cioè necessarie e
universali che caratterizzano il mondo medesimo. Essenza= relazioni di determinazioni essenziali, è
una negatività relazionale.
à Prima det. dell’essenza pag. 434 prima parte, come l’unità priva di determinazioni o come somma
di tutte le realtà. L’essenza qui è assenza di determinazioni, perché le det. sono soltanto det. che
appartengono all’essere, sussunzione, assunzione sbagliata. Non è la mera assenza di determinazioni.
Assenza di det. o vuotezza assoluta ottenuta tramite una procedura aferetico-astrattiva di tipo
estrinseco. È un de-estrinsecazione. Idea di essenza sbagliata, sia presente in Schelling: assoluto
indifferente cioè essente in sé privo di differenze sia all’interno dell’omnitudo relitatis:
dall’astrazione assoluta dei vari essere si arriva all’indefinibile in quanto tale, l’indefinibile che è dio
stesso.
Lascia i due relata sempre in una posizione di opposizione. Pensare in questo modo qua è pensare a
un esser uguale a sé stesso e un’essenza uguale a sé stessa dove la loro opposizione è una
contraddizione semplice, alla base c’è ancora la logica formale e attivo e vivido il principio di non
contraddizione. Essa toglie le det dell’essere e le colloca sempre in un altro luogo e “lascia per così
dire nell’essere cos’ prima come dopo”. Lascia in realtà invariato l’essere. L’essenza è così mediante
un altro, ovvero la riflessione estrinseca, ed è per un altro, ovvero è per l’astrazione o meglio per
l’essente che le sta di contro, essa quindi non è né in sé né per sé stessa. Così facendo ergo questa è
là in sé morta, “vuota assenza di determinazioni”.
à formulazione coretta: dire che l’essenza non è per una negazione estrinseca ad essa e ad essa
estranea è sbagliato. Essa è negatività in quanto tale “il movimento infinito dell’essere”. Non è
negatività semplice bensì riflessa, speculare. Dobbiamo abbandonare la logica formale e il principio
di non contraddizione. Essa è un essere per sé e in sé. Essere che non è l’essere dell’essere, non sta
dicendo che l’essenza è essere come l’essere rimosso, ma è un essere che essendo in sé e per sé non
abbisogno di nulla per costituirsi, si dà da sé. Essa deve finirsi da sé medesima. Essa deve definirsi
da sé medesima per sé stessa a partire dal suo in sé, dalla sua inseità.
Tra pag 434 e pag 435 espone l’esposizione corretta di essenza.
L’essenza è dapprima l’essenza indeterminata ovvero le det. dell’essere sono tolte. In un dapprima ci
troveremo davanti ad un’essenza indeterminata non perché non ha nessuna determinazione intrinseca
ma perché le determinazioni dell’essere vi sono tolte perché quelle che rimangono, quelle
dell’essenza, quelle essenziali, non hanno più lo stesso carattere delle determinazioni dell’essere.
Sono state tolte quelle connotazioni che rendono le determinazioni extra-ontologiche, de-
ontologizzazione dell’essere e delle sue determinazioni. Le det dell’essenza le contiene in sé non più
nella forma in cui erano presenti nell’essere, l’essenza non ha alcun esserci, “ma deve passare
all’esserci” questo secondo esserci è l’esserci dell’esistenza dell’EXISTENZ, non è l’esserci della
logica dell’essere ovvero come ciò che è avente in sé caratterizzazioni estrinseche dell’essere, non è
come il primo ovvero un dasein ontologico esistente temporalmente. Existenz che è al di fuori del
tempo. Nello ZEITLUSS.
Passo tra pag. 434 e 435. Le determinazioni poste nell’essenza, quelle strettamente essenziali, sono
diverse dalle determinazioni che contiene, quelle ontologiche. Le determinazioni dell’essere sono
determinazioni dell’essenza che da quest’ultima vengono poste.
Processo di determinazione dell’essenza nelle sue determinazioni avvenente in tre modi: inizio pag
435.
- 1 Come un respingersi da sé.
- 2 Come un’indifferenza difronte a sé.
- 3 Come un negativo riferimento a sé.
3 modi per intendere il processo di determinazioni dell’essenza, ovvero qual processo attraverso il
quale l’essenza arriva ad essere essere.
- 1 il respingersi da sé è un movimento da sé e non da qualcosa di altro da sé se così fosse la
dicotomia essere-essenza sarebbe una mera reificazione astrattiva, ma appunto a partire da sé
medesima. È un allontanamento immanente all’essenza medesima. Cogliere il processo
dialettico che unisce le determinazioni essenziali, cogliere l’essenza è il coglimento di questi
processi dialettici, questi nessi dialettici, tra le det. che sono poste da sé.
- 2 indifferenza da Sé. Indifferenza dello stoico è indifferenza difronte ad altro: autosussistenza
data dall’astrazione assoluto dai sensibili della realtà, procedimento che culmina
nell’atarassia. Hegel contro questo nesso stoico perché è un’indifferenza difronte ad altro.
Essere indifferenti dal proprio sé è negare sé stessi e non solo l’altro all’infuori dal sé.
Eliminare qualunque seità che potrebbe essere intesa in senso ontologico, questa indifferenza
da sé non è solo un mero sé che si allontana da tutto ciò che è intorno a lui ma è il sé ciò che
si allontana da sé medesimo, ovvero significa negare sé stessa.
- 3 qui giungiamo al negativo riferimento a sé. Il negativo riferimenti ad altro sarebbe il
negativo semplice e ci troveremo nuovamente nel caso dell’opposizione stabile e statica.
L’essenza si riferisce a sé in maniera negativa. È negatività pura. Negazione della negazione.
L’essenza nega sé stessa nella sua qualità di essere qualcosa per potersi manifestare nelle sue
determinazioni più proprie. È lo stadio della negazione autonoma o doppia negazione,
negando sé stessa manifesta autenticamente le sue determinazioni. Toglimento
dell’indifferenza, ovvero della differenza, ritorno alla sua positività.
C’è un’unità differente, una differenza nell’unità, ovvero l’unità essenza con le sue molteplici
determinazioni: l’identità, l’opposizione, la contraddizione ecc. il movimento dialettico è un
movimento immanente non rispetto ad una base solida sostanziale ma è il movimento che va da una
categoria essenziale ad un’altra categoria essenziale.
Non ontologizzare l’identità, l’opposizione ecc, non hanno nessun elemento ontologico, hanno il
carattere del non essere, del ciò che sta dietro al suddetto essere.
Il movimento è una det. ontologica, il divenire, il cambiamento.
Le relazioni di essenza non sono relazioni di alterità, queste sono presenti solo nell’essere in quanto
in esso trovo l’esser altro da qualcosa.
QUESTI DETERMINATI SONO DEI PER Sé STANTI, HANNO ESSERI DIFERENTI MA
HANNO LA STESSA ESSENZA, LA QUALE è MOLTIPLICATA NELLE VARIE
DETERMINAZIONI, LE QUALI NON VENGONO EREDITATE DALL’ESSERE, MA POSTE
DIRETTAMENTE IMMANENTEMENTE DALL’ESSENZA. VAI CON QUALUNQUE TIPO DI
EMPIRISMO, PERCORSO SBAGLIATO PER ARRIVARE ALL’ESSENZA.

LEZIONE 9

Essenza non è un nucleo fisso che irradia e porta all’esistenza le determinazioni essenziali, quelle sue
proprie. Passaggio logico e non cronologico. Nesso di relazioni essenziali. Metafisica dell’assoluta
relazionalità. Relazioni che portano all’esserci le determinazioni essenziali e poi ontologiche
attraverso le quali percepiamo le varie identità nella realtà.
à p. 435 II cap. essenza come il negativo rispetto all’essere, essa non ha determinazioni ontologiche,
è il nulla non vuoto ma pieno. Un nulla pieno. Introduce il concetto di riflessione, concetto posto in
maniera completamente inedita rispetto alla sua concezione tradizionale posta nella storia della
filosofia. Questa negatività assoluta dell’essenza è riflessione, movimento che va in una qualche
posizione “il movimento che va dal nulla al nulla” dice Hegel, il movimento che unisce tutte le det.
razionali, essenziali, movimento che si rimpalla operando sintesi tra le det. essenziali. Riflessione è
il movimento dialettico stesso. Le detrminazioni essenziali, dunque, sono anche riflesse e non
ontologiche, dell’essere.
Riflessione come momento in cui si dà la mediatezza dell’essenza dal momento in cui essa ha sottratto
le det. ontologiche all’essere, che è l’immediato in quanto tale. La riflessione non ha nulla di negativo
ma da negatività.
Dire che c’è una mediazione significa dire che c’è un’uguaglianza di qualcosa ma non in base al pr.
Di uguaglianza e non contra.
(pag 12 cap 21 fenomenologia dello spirito) = Per definire qualcosa con sé c’è bisogna della
mediazione, ovvero del principio di contraddizione e di non identità, definita come “la moventesi
uguaglianza da sé”, come, ovvero, quel processo dialettico che unisce ciò che è diverso da sé e ciò
che è diverso del diverso da sé. Essa è anonima, è la realtà stessa che riflette, che è in movimento,
infatti, si parla di fluidificazioni di concetti.
Riflessione che è una riflessione in sé stesso. Il raggiungimento dell’identità speculativa è dato da
quel momento di riflessione dove si mostra che l’identità propria non è la mera identità ma è l’identità
della identità e della non identità.
L’essenza sta a mezzo tra l’essere e il concetto. Essere in sé e per sé è l’essenza.
Essenza speculativamente inferiore al concetto? Sì e no, le det. dell’essenza valgono dappertutto in
ogni relazione logica, anche per il concetto. Concetto è l’unione di essere ed essere negato ovvero
l’essenza. Ergo quella dell’essenza è una sfera intermedia.
I) Essenza semplice che è in sé nelle detrminazioni sue dentro di sé
II) Essenza che esce fuori nell’esserci, ossia secondo la sua esistenza e il suo apparire
III) Essenza che è uno stesso col suo apparire, ossia come realtà.
Tratteremo il primo punto, dell’essenza semplice.

à cap. I. LA PARVENZA: come bisogna intendere l’essenza.


à Seconda possibilità sbagliata di intendere l’essenza è a pag 438: paragrafo A- l’essenziale e
l’inessenziale: questa possibilità è intendere l’essenza nella dicotomia tra l’essenziale e di
inessenziale. Quando parliamo di essere parliamo di un esserci che ha il carattere di essere essenziale
o inessenziale, caratteristica però attribuibile solo essere, essere essenziale e essere inessenziale,
dicotomia nell’essere, ragiona in termini ontologici, elemento ontologico essenziale ed elemento
ontologico inessenziale, NON ABBIAMO ABBANDONATO L’ESSERE. L’essenza in questa
possibilità è, ancora una volta, un’essenza immediata. Essenza che non è stata ancora riflessa. Essenza
come una negazione determinata, semplice, come ciò che rimane dall’essere tolto. Definizione
dell’essenza che utilizza il concetto dell’essere altro, ci troviamo però ancora nella logica dell’essere,
perché abbiamo ancora un’alterità che è differente dell’essere medesimo, non siamo nella logica
dell’essenza. Se definiamo l’essenza come l’essere che è tolto definiamo l’essenza ancora in termini
ontologici. Immediatezza di essere tolto. Se ragioniamo così, se poniamo due esseri, un essere
positivo e un’essenza ottenuta dalla semplice negazione dell’essere, questi sono dunque di ugual
valore e quindi si rischia di porre sullo stesso piano l’inessenzialità e l’essenzialità, si oppongono nel
loro essere altro rispetto a sé stesso. Eppure, uno dei due è più importante rispetto all’altro. Tolto nel
senso di astrazione. Abbiamo tolto l’essere= abbiamo astratto dall’essere.
Perché uno è + importante? Uno è la negazione dell’altro si potrebbe dire, l’essenziale ha una sua
stabilità, una sua fermezza, che l’inessenziale non ha, ma sono, dice Hegel, di egual valore perché
sono entrambi essere, non si può parlare di essenzialità. Questa posizione ha fatto cader l’essenza
nella sfera dell’esserci nel senso del dasein. È determinata solo come altro rispetto all’essere, la colgo
solo come mera negazione, come mero esser-ciò-che-è-tolto.
Riguardo diverso o determinato, UN CERTO RIGUARDO, CONSIDERAZIONE ESTRINSECA,
l’essenziale lo giudichiamo come tale in quanto lo riguardiamo dal suo essere posto in un mondo
trascendente. Consideriamo essenziali e inessenziali per un riguardo determinato, per
un’osservazione estrinseca che porta ad un disgiungimento intrinseco l’esserci stesso, un pezzo
dell’esserci, dell’essere, è posto in modo trascendente e quindi fallacemente eminente e un pezzo è
posto nell’immanenza della materialità.
Contro il platonismo e il kantismo: sia il noumeno quanto il fenomeno sono esserci nel senso
dell’essere ontologico. Ma il fenomeno si distingue in quanto conoscibile e spazio-temporaliozzabile,
distinzione, riguardo determinato, che porta a disgiungere l’esserci in due pezzi, pezzi uguali tra loro
eppur posti in modo che uno abbia più valore dell’altro. (esserci considerati una volta così e un’altra
volta colà).
L’ESSENZIALE E L’INESSENZIALE SONO LO STESSO ESSERE, L’ESSENZIALE COLTO
CON UN CERTO RIGUARDO. Es sostanza e accidente, sono sempre essere. “Il medesimo
contenuto è pertanto da stimarsi ora come essenziale, ora come inessenziale” da un certo riguardo. P.
439.
à paragrafo B, p. 439. Terza possibilità di definire in modo sbagliato l’essenza: come distinzione tra
ciò che ha meramente una parvenza, ciò che è parvenza, l’essere, e ciò che è essenza.
“Essenza è un esserci altrimenti determinato”, un disgiungimento di una parte dell’esserci da un’altra
sua parte. Quello che fa la differenza è un certo riguardo o considerazione estrinseca
Lezione 10

Tutto è nulla, le determinazioni sono indifferenti, non c’è differenza, e quindi c’è un’unità, questo
nell’essenza.
p. 439 primi capoverso. Passa al tema della parvenza. Mette da parte la duplicità essenziale-
inessenziale per riconfigurarla e ricongiungerla nella parvenza.
Essenza come un tolto essere od esserci. Ma ci troviamo in questa guisa ancora all’opposizione, siamo
ancora nella negazione semplice. L’Essenza non è l’essere determinato dell’essere o l’altro
dall’essere, dell’inessenziale. Dobbiamo capire che c’è un modo differente di parlare dell’essenza,
essa è la negatività assoluta dell’essere, non è un mero altro dall’essere, così facendo sarebbe un
essere che ha la determinazione dell’inessenziale, un esserci dell’essere inessenziale configurata
come disgiuntivamente essenziale.
Esserci nell’immediato in sé e per sé nullo, la parvenza, la non-essenza, che è differente dalla non-
essenza dell’esserci inessenziale. Non-essenza, la parvenza, diverso dall’essere inessenziale, e
l’essere essenziale diviene diverso dall’essenza. La non-essenza è un essere che non è, che è stato
tolto nel suo essere essere, è nella sua nullità. È una nuova relazione.
La parvenza è ciò che non-è tale, lo SCHEIN. Con la parvenza abbiamo superato la dicotomia
essenziale-inessenziale.
Per andare oltre la dimensione dell’essere bisogna dell’essere serve la doppia negazione.
Nella parvenza superiamo la sfera dell’essere perché è un essere che non è. Stiamo andando verso un
livello di riflessione filosofica che toglie di mezzo l’essere. Qui abbiamo la forma dell’essere negato,
l’essere che non-è, che sembra essere, che appare, ma che non-è. Non-è ciò che esiste in una
determinata formata dell’essere, nell’essere parvente, nell’essere del suo non-essere.
Nella parvenza non c’è solo quest’atmosfera di illusione, lo Schein è anche PHANOMEN o
ERSCHEINUNG, alla Kant, ovvero la manifestazione, la fenomenizzazione spazio temporalizzata
della cosa in sé. Non è illusorio che noi leggiamo il mondo in termini causali secondo Kant, per Hegel
questa parvenza, questa fenomenicità, che è oggettivabile solo nel soggetto esperente è ancora
illusoria, a fenomenicità è oggettivabile in sé e non unilateralmente per un io trascendentale.
Parvenza non è più un negativo semplice, il quale apparteneva all’inessenziale e all’essenziale, bensì
essa diviene negazione autonoma, assoluta, doppia, è non-essenza ovvero essere che non-è.
Negazione dell’essere, essere che non-è = parvenza, il suo altro non ontologico è l’essenza.
à paragrafo B. La Parvenza. La parvenza è la parvenza dell’essenza e non dell’essere. Ma questa è
una dualità o una doppia identità? Monismo o dualismo? Bisogna trovare la differenza nell’identità
stessa dell’essenza, la quale ha la caratteristica intrinseca di apparire, e appare fenomenicamente,
sottoforma di parvenza.
Posizioni differenze di negazione: negazione assoluta e negazione della negatività assoluta.
Movimento di riflessione, ovvero movimento della negazione, riflessione come quel movimento dal
nulla al nulla, non c’è più bisogno di un sostrato, è un puro intuire i movimenti di relazione, questa
fluidificazione di relazioni tra determinazioni, le quali non possiedono più alcunché di ontologico.
Paragrafetto numero1 : l’essere è parvenza, ovvero è l’essere che non-è, posizione assolutamente
negativa dell’essere, questa sfera ci serviva per la doppia negazione.
“Essa, la parvenza, è il negativo posto (gesetz) come negativo”, ecco dunque, non è più un negativo
semplice come la dicotomia essenziale e inessenziale, bensì diviene un negativo doppio, autonomo.
Negativo che non è immediato, è l’essere negato, è l’essere che non-è, un essere che ha negato sé
stesso. La parvenza è l’immediato non-esserci, l’essere che non è inessenziale, il puro momento del
non essere perché è l’essere che non-è, ma è anche l’immediato non-esserci, cioè deriva dalla
negazione immediata dell’essere, negando l’essere abbiamo immediatamente il non-esserci
dell’essere che è la parvenza. Negando l’essere dell’essere inessenziale abbiamo un non-esserci
immediato. Doppia negazione= abbiamo negato la negazione semplice ovvero la negazione
dell’essere inessenziale, dell’essere non-essenziale, ovvero l’essere che non-è, ovvero la parvenza.
È L’immediato non esserci ovvero il puro momento del non-esserci, la parvenza è ottenuta
dall’immediatezza riflessa, essa infatti è un essere che non-è essere, è la negazione immediata,
immediatezza ottenuta mediante la negazione, quando diciamo che è l’essere che non-è.
L’essere posto immediatamente è immediatamente tolto in quanto la parvenza è la sua negazione
medesima. È soltanto qualcosa di in-sussistente proprio perché ha la caratteristica di essere ciò che
non-è.
Parvenza come scetticismo, parvenza come la monadologia leibniziana, fenomenismo kantiano,
parvenza nel senso hegeliano.
Lo scetticismo lavora con il concetto di parvenza per poter affermare che c’è qualcosa che appare ma
che non-è, è scetticismo proprio nel momento in cui parla di un essere negato, che è la parvenza per
hegel.
Idealismo leibniziano, kantiano, fichtiano, forma di scetticismo elaborate perché parlano di un essere
solo per il soggetto.
Lo scetticismo, dice Hegel, è un positivismo metodologico basato sull’immediata apprensione della
realtà, forme che abbiamo trovato dalla nostra apprensione sul reale. Lo scetticismo nega qualcosa
ma quel che nega da dove viene? Viene dalla relazione immediata con la realtà.
Monade di Leibniz sviluppa da sé stessa le sue rappresentazioni, non ci sono finestre, possono darsi
solo dal suo interno e non dal suo esterno, come delle bolle che salgono su, sono indifferenti le une
rispetto alle altre e così anche rispetto alla monade stessa, non è la forza generante e collegante. Le
rappresentazioni sono esseri che non sono come lo scetticismo e il fenomeno kantiano. I quali sono
dati dalla percezione sulla realtà, è un positivismo camuffato. Le affezioni provengono dai sensi
medesimi, la mente potrà legare fare sintesi, ma dal punto di vista del contenuto tutto ciò che c’è
deriva dall’esperienza. Fichte: Tutte le determinatezze dell’io le abbiamo nell’impulso infinito
dell’idealismo, altro positivismo celato. Determinatezze che l‘io accoglie in sé quando entra in
contatto, quando dialoga con determinatezze che non sono l’io, col non-io.
Parliamo di immediatezza. Sia le Rappresentazioni, per Leibniz, che i fenomeni, per Kant e Fichte,
sono immediati, sono parventi, hanno in sé non la realtà in sé ma la realtà rappresentativa o
fenomenizzata.
Prima determinazione della parvenza: l’immediatezza della parvenza è l’immediatezza è di un essere
che non-è, è l’immediatezza negata, della riflessione, della mediazione.
Trovare altre determinazioni le quali non sono della parvenza a dell’essenza, non c’è una parvenza
indipendente dall’essenza, le det della parvenza sono le det dell’essenza che appare nella parvenza.
Brendom.
Lezione 11

Parvenza come un essere che non-è, ciò che non è in realtà. L’essere tolto, un essere che non è.
La parvenza non si pone al livello dell’essere ma al livello dell’essenza. L’essenza è riflessività,
mediazione. Nella sfera della parvenza noi ci troviamo davanti a cose che hanno un essere che non è,
hanno un essere negato, c’è una mediazione. Non è l’immediazione della sfera dell’essere.
Collegamento tra Hegel e la parvenza e il realismo interno di Putnam. Buttare via la cosa in sé, è data
da uno scrutare divino.
à pag. 441. Questa parvenza che noi abbiamo trovato è allo stesso tempo un altro dell’essenza e
l’essenza medesima. La parvenza è la parvenza dell’essenza, questa, l’essenza, quando appare appare
nella parvenza, le sue det. sono le det. della parvenza. Sono due cose diverse nella misura in cui
l’essenza appare nella parvenza. Perché non è l’essere che appare? Perché abbiamo detto che la
parvenza è l’essere che non-è, abbiamo abbandonato l’essere, gewesen.
Essenza-parvenza sostituisce la dicotomia inessenziale ed essenziale.
Ma non sono un dualismo, non sono due, è bensì la stessa cosa in due detrminazioni differenti. È per
lo più un monismo. Sono due elementi duali ma ovvero la stessa cosa. SPINOZA= la sfera transeunte
e caduca dell’umanità nella finitudine e la sfera dell’infinità, della sub quadom species aeternitatis.
Solo che questo rimane nella sfera ontologica.
SIAMO Già TORNATI NELL’ESSENZA.
Movimento dialettico diverso da quello precedente, l’essere che passa nell’essenza. Non. Possiamo
più dirlo, siamo già nell’essenza. Le det. della parvenza sono det dell’essenza. Ciò che noi troviamo,
mostriamo, nella parvenza è ciò che troviamo nell’essenza. Unità che non è opposta all’alterità
bisogna trovare l’alterità nell’unità. Uguaglianza e diversità riscontrati nella stessa unità. Unità che
ha in sé la differenza. Di nuovo l’uno molti platonico.
“è l’immediatezza del non essere”= la parvenza.
“l’essere è non essere nell’essenza.”-“la sua nullità in sé è la natura negativa dell’essenza stessa”
nullità in sé= negativo dell’essere come l’essenza che è il negativo dell’essere.
L’immediatezza della parvenza è di essere un essere che non è. È una det immediata che appartiane
intrinsecamente alla parvenza.
Indifferenza. ALTRO CARATTERE CHE APPARTIENE ALLA PARVENZA. Indifferenza della
parvenza rispetto al contenuto che la può riempire. La parvenza può essere la parvenza di x, y, z ed è
sempre indifferente a queste costanti.
IMMEDIATEZZA E INDIFFERENZA. Caratteristiche della parvenza.
Quando penso l’essenza la penso immediatamente col puro non- essere, con la pura negatività del
non.
Immediatezza nel senso che è un negativo che si riferisce a sé, negativo dell’essere che è stato negato,
l’essere che non-è è sé stessa.
La parvenza è la stessa essenza vista in un altro modo. Anche l’essenza è uguale a sé nel senso che è
posta come negativo assoluto dell’essere come la parvenza. Non c’è un’alterità, c’è una somiglianza
nel loro esser differente perché la natura di entrambe è la medesima, entrambe hanno il carattere
dell’immediatezza data dalla negazione dell’essere. Ma come è vista in un altro modo?
Questa differenza non sarà una differenza ontologica ma una differenza, un’alterità, di momento di
una unità che nelle sue determinazioni appare nel momento della parvenza. La parvenza è il momento
in cui l’essenza si determina nella sua negatività ovvero dell’essere che non-è, negazione riflessa.
Essenza: nullità come sussistenza, non è una nullità vuota ma è una nullità come negazione completa.
Essere come momento dell’essenza. Concetto di momento diverso dal concetto di altro. Unità
completa dove abbiamo una determinazione, la quale è il momento dell’unità stessa medesima,
determinazione che è la parvenza perché è la parvenza stessa che appare.
I due momenti dell’essenza e della parvenza sono gli stessi ovvero la nullità avente sussistenza e
l’essere come momento e non come elemento ontologico, ossia la negatività che è in sé e
l’immediatezza riflessa.
La parvenza della stessa essenza che appare. L’essenza appare in una determinazione che è la
determinazione dell’essere parvente.
Supera la sfera dell’essere, nella quale vi è l’alterità, o vi è questo o questo, nella quale vi è la
differenza, questo è differente da questo, con il momento. UN MOMENTO NEL QUALE VI è
QUESTO E UN MONENTO VI è QUEST’ALTRO, MOMENTI CHE CO-ESISTONO
SIMULTANEAMENTE. Non c’è un’esclusione propria dell’ontologia c’è una forte inclusività tipica
della sfera dell’essenza.
Pag. 442 secondo capoverso: fa vedere come la parvenza sia essenza. Un movimento che dall’esterno
va all’interno e viceversa. Questi due modi arrivano alla stessa conclusione: la parvenza è la stessa
cosa dell’essenza, posta in momenti diversi. Due facce della stessa medaglia.
Il risultato che raggiunge a pag 443 lo troviamo prima del capoverso nel quale introduce una nuova
figura logica.
“La parvenza è dunque l’essenza stessa, l’essenza però in una determinatezza.” Ma in modo che
questa è soltanto un suo momento. IMMANENTISMO TOTALE. Facciamo ricorso a differenza che
differenza non sono, solo momenti divisi.
Inessenziale e parvenza: residui dell’essere. Inessenziale è un residuo dell’essenziale. La parvenza ha
un residuo di essere in modo diverso, l’inessenziale è un esser-ci, dasein, la parvenza invece è
negazione dell’essere, e nel suo esser negazione dell’essere la consideriamo come un essere che non-
è.
Il dasein è un’immediatezza che non è in sé, infatti è data da altro ovvero dall’essenziale.
L’essenza è la negatività pura, assoluta, “è immediatezza qual pura mediazione”. È un’immediazione
della riflessione non dell’essere.
Negatività assoluta nel senso di un depotenziamento e di un’esclusione che l’essenza ha in senso
ontologico.
RIFLESSIONE. QUANDO C’E UN MOVIMENTO DIALETTICO TRA PARTI DIFFERENTI MA
CHE NON SONO DIFFERENTI OVERO CHE SONO SOLO MOMENTI, QUESTO
MOVIMENTOI è UN MOVIMENTO RIFLESSIVO. È IL MOVIMENTIO DELLA STESSA COSA
SU DI SÉ, RIMANE ALL’INTERNO DI Sé. IL MOVIEMNTO MEDIANTE IL QUALE
L’ESSENZA ASSUME LA DETERMINAZIONE DELL’APPARIRE OVVERO NEL SUO ESSER
PARVENTE. Nel suo esser apparente.
“l’essenza in questo suo proprio movimento è la riflessione”.
L’essenza è negazione che si riferisce a sé e si riferisce a sé in modo riflessivo. La riflessione è un
movimento dialettico è un movimento che appartiene alla realtà colta dal punto di vista dell’essenza,
non più nella mera sfera ontologica.
AUTORIFERIMENTO DELLA NEGAZIONE. Essenza che si riferisce a sé stessa negando l’essere
che lei stessa non-è.
Nella storia della filosofia si è sempre attribuito la capacità della riflessione ad una coscienza
operante, ad una coscienza intenzionale. Pensiero di Hegel che solca quasi tutta la storia della filosofia
sia prima che dopo il suo avvento. Riflessione è sempre riflessione di un soggetto. Per Hegel è il
movimento che l’essenza che fa nel suo apparire, nel suo determinare sé stessa all’essere apparente.
Contro Kant: la riflessione può appartenere solo al soggetto trascendentale, intorno al quale ruotano
gli oggetti.
Hegel: è la processualità dialettica dell’essenza medesima. Contro ogni soggettivismo ma anche
contro lo psicologismo. Attacco frontale.
Con la riflessione non riusciamo a dare l’identità di chi riflette, dell’io riflettente.
Fichte: l’io è assoluta posizionalità. È un immediato, un assoluto inspiegabile in termini di riflessione.
Già con Fichte si ha un tentativo di minare, di destabilizzare, l’assolutezza della riflessione, la quale
non è più un mezzo attraverso il quale poter cogliere il soggetto, l’identità. Con Fichte vi è un primo
depotenziamento dell’applicazione della riflessione tra l’io e l’io e l’io e qualcos’altro.
Riflessione come atto soggettivo nei confronti di ciò che è diverso da lui in quanto circondato da
oggetti che gli stanno di contro. Hegel cerca di superare questo, questo è limitante, coglie solo la
soggettività e oppone questo soggetto riflettente a ciò che sta difronte a lui. C’è bisogno di un concetto
della riflessione il cui portatore non è più una soggettività cartesiana-kantiana ma è la stessa realtà
che riflette su di sé la quale riflettendo si determina e appare, aboliamo un dualismo trascendete, c’è
si un dualismo ma rimane un dualismo interno alla cosa stessa, alla realtà stessa, è immanente, non
più trascendentale il quale porta la riflessività ad essere gettata nella sfera ontologica.
Tentativo di introdurre un concetto, la riflessione, che vuole sorpassare tutto il soggettivismo, il
dualismo e lo psicologismo, concetto posto in modo diverso da quello della tradizione cartesiana
kantiana.

Lezione 12

Movimento riflessivo momento per il quale quella che noi chiamiamo essenza riflette su di sè e
riflettendo su di se da luogo a questa determinazione essenziale che è la parvenza. Parvenza che è la
parvenza dell’essenza e non di qualcun altro. Movimento della negazione, della negatività.
Quando il negativo si muove si muove come ritorno a sé e ritornando a sé si determina, movimento
che coglie l’essenza come riferimento a sé e questo riferimento a sé è l’immediatezza con la quale
l’essenza appare, e appare come negatività. Movimento che l’essenza fa su si sé riflettendosi su di sé
e ritornando a sé, c’è un ripercuotersi su di sé, e questo movimento determina l’immediatezza della
sua det. essenziale ovvero l’apparente, l’essenza che appare, che è parvente.
Teoria della negatività che in quanto tale non è nullità non è vuotezza ma è capacità di condurre il
positivo. Negativo che nega sé stesso e si pone come determinato e ponendosi come determinato si
pone nella sua parvenza.
à paragrafo C. LA RIFLESSIONE. P. 443. “la parvenza è quello stesso che è la riflessione” perché
è quella determinatezza del movimento della negatività che è un movimento riflessivo mediante il
quale la negazione si determina nella parvenza. La parvenza appare come negativo. È la riflessione
come immediata, come quell’immediata determinazione che è costituita dal ritornare in sé riflessivo
della negazione, la negazione è un ritorno a sé, non è una negazione semplice, negazione come
negatività. Ponendosi come tale, il negativo come negativo abbiamo questo movimento di riflessione
mediante il quale viene determinato qualcosa, la riflessione come riflessione è un movimento che in
questo ritornare a sé pone ciò che essa è, la riflessione è quell’essenza negativa che nella sua
immediatezza è la parvenza. Negazione come rimane in sé, non va in altro, è una negazione in quanto
tale. Il percorso del ritorno a sé determina qualcosa di sé, traccia qualcosa, questo tracciar qualcosa è
operato dalla riflessione che è in quanto tale tracciante. Questa determinazione è il negativo nella
parvenza. Logica dell’immediatezza riflessa.
Parvenza logica della riflessione, dell’essenza, non logica dell’essere. È una logica di un essere che
nega sé stesso.
Definire l’embrione a partire da ciò da cui non è embrione.
Ciò che è parvente è un essere che non è. Logica nova in cui ha senso parlare di essenza. Ovvero di
non-essere qualcosa. Immediatezza riflessa. Sembra un essere ma non è. Sembra un angelo ma è un
criminale. Appare qualcosa che è ma che in realtà non-è come dovrebbe essere, è come invece ciò
che appare. La parvenza è l’essere che non è.
[Parvenza come immediazione mediata dalla negazione.]
[Quella negazione che nega sé stessa dice non-essere.]
Il divenire nell’essenza è il movimento dal nulla al nulla. Il movimento del ritorno a sé.
L’essere è il movimento dal nulla al nulla, come l’essenza. Il nulla fonda l’essere, lo costituisce, il
nulla ottenuto dal divenire nell’essenza, dalla riflessione dell’essenza su sé stessa.
Non ha nulla fuori di sé da negare, la parvenza assoluta, ma nega solo il suo negativo stesso.

Lezione 13

Rapporto di essere ed essenza nei termini della riflessione. Percorso di de-ontologicizzazione.


Trovare nell’essere non solo l’immediato, ciò che si dà nella percezione immediata, ciò che
apparentemente si offre ai sensi, ma che per definirlo come essere serve qualcosa di diverso
dall’essere medesimo. Qualcosa che vi si trova al suo interno. Con l’essenza l’essere non viene colto
nella sua immediatezza ma nel suo esser riflesso, la verità di ciò di cui noi diciamo essere. Le cose
non sono solo ciò che sono, ma le cose sono ciò che sono nella misura in cui abbiamo un qualcosa
che costituisce il loro essere medesimo. La regola in base alla quale noi diciamo che qualcosa è, la
legislatività, la normatività dell’essere, la normazione in base alla quale l’essere può essere predicato
è l’essenza stessa, ovvero è quell’elemento che si ottiene nel trovare l’elemento, nell’essere, di
mediatezza che lo contraddistingue.
Dire che qualcosa è come è in base alla regola, alla normazione, che fa essere l’essere. Questa regola
è l’essenza. È ciò che fonda le condizioni di possibilità della conoscibilità dell’essere. È ciò che regola
l’apparenza in base alla quale diciamo che qualcosa è. Noi troviamo il vero essere nel concetto.
L’essere non è cogliibile nella sua immediatezza, non è mai presente da solo in quanto tale. Essenza
come metafisica, ciò che va oltre l’apparire, che dice com’è realmente la realtà. La filosofia, la
metafisica, come ciò che non sta più al di sopra dei fenomeni ma filosofia come ciò che è accanto ai
fenomeni, AVENARIUS. Metafisica come verità della fisica.
Parvenza come manifestazione della negatività, negatività perché non ha essere, è il negativo
dell’essere, ovvero la manifestazione dell’essenza stessa. Essenza negatività assoluta perché non ha
predicati ontologici.
Immediatezza e negatività detrminazioni essenziali della parvenza e dell’essenza.
Essenza e parvenza sono e non sono la stessa cosa. Le cose che appaiano sono le cose che hanno
essere.
La Parvenza non ha essere perché la leggiamo come fondata dall’essenza che è negatività assoluta,
ma quando questa dal momento in cui appare, è apparente, torna ad avere essere.
[Scienza logica ovvero il modo in cui la realtà espone sé stessa da sé medesima.]
Non c’è più essere, se c’è è nella forma della forma della parvenza. Parvenza è uguale e non uguale
all’essenza. ESSENZA E PARVENZA COME L’IMMAGINE DELL’ANIMA PER PLOTINO CHE
È ATTACCATA AL NOEMA E CHE PENZOLA VERSO LA MATERIA. PARVENZA CHE È
ATTACCATA ALL’ESSENZA E CHE PENZOLA VERSO L’ESSERE.
3 modi della riflessione.
Ciò che viene prima è sempre inferiore a ciò che viene dopo. C’è più concretezza più razionalità in
ciò che viene dopo.
È un altro rapporto triadico. Il terzium è la riflessione determinante tra la riflessione che pone e la
riflessione esterna.
à primo paragrafo: la riflessione che pone. Pag 445.
Parvenza auto riflessività. Immediato riflessivamente. Mediato dall’essere. Essa è l’assoluta
riflessione dell’essenza. Riflessione come movimento dal nulla la nulla.
[divenire dal nulla al nulla è lo scambio del negativo con sé stesso]
Ultimo capoverso: categoria dell’esser posto: identifica l’essere che abbiamo abbandonato da tempo.
L’essere come parvente è un esser-posto. Questa nuova determinazione dice qualcosa di nuovo.
L’essere non è un essere ma un esser-posto ovvero non è un esser immediato, com’era l’essere nella
logica dell’essere, ma è divenuto un mediato dalla posizione mediante la quale è stato posto come
tale. È stato posto da chi? Dall’essenza medesima evidentemente. L’essere posto dall’essenza
medesima. L’essere della parvenza è l’esser posto dell’essere dall’essenza. Se c’è un essere c’è solo
un esser posto da qualcos’altro che è la sua essenza. L’essere viene posto dalla legge, dalla regola,
dalla natura, dall’essenza che lo pone. L’esser posto come immediatezza puramente determinatezza
o come riflettentesi.
Immediatezza come ritorno a sé del negativo. Come ciò che cominciava il movimento riflessivo.
Ciò che diciamo essere parvenza è il ritorno della riflessione.
La prospettiva autenticamente filosofica può essere solo circolare, mai lineare= la riflessione è
dunque il movimento che solo in essa è quello che comincia o che ritorna. RIFLESSIONE COME
QUEL MOTO CIRCOLARE CHE PER PARMENIDE DEFINISCE AUTENTICAMENTE
L’ESSERE.
P. 446. Primo capoverso. Essa è un porre= essa, il soggetto, il ponente, colui che pone, è la riflessione.
È un porre in quanto è l’immediatezza come un tornare. Immanenza totale tra l’essenza e le sue
detrminazioni. Parvenza immanente all’essenza, è una determinazione.
Essa è così un presupporre, la riflessione. È un presupporre. Rapporto tra porre e presupporre, non
c’è mai un porre che non sia un presupporre e non vi è mai un presupporre che non sia mai un porre.
Es io per Kant. Per porre l’io serve presupporlo.
Ponendo qualcosa c’è il rischio che stiamo presupponendo qualcos’altro. L’unica possibilità per
evitare questo circolo vizioso è asserire l’identità tra i due. C’è una circolarità anche tra l’essenza e
la parvenza, l’esser posto equivale al porre. Qual è il presupposto? L’essenza. L’essenza però
presuppone sé medesima che sta ponendo. CRITICA ANTE LITTERAM A SCHELER. IL
FENOMENO COME L’INCONTRO TRA IL PRESUPPPOSTO E IL DATO.

Lezione 14

Ciò che viene dopo è sempre più concreto di ciò che viene prima. Ciò che viene dopo è più ricco di
determinazioni.
Riflessione=essenza. L’elemento essenziale e vero dell’essere. La verità dell’essere come la definsce
Hegel all’inizio nella logica dell’essenza.
3 forme di riflessione.
Riflessione che pone, esterna e determinante.
Capire Il passaggio logico che c’è dietro le tre forme, le quali sono differenti, capire per quali ragioni
si passa dall’una all’altra.
La riflessione che pone: parla di elemento essenziale rispetto al quale c’è un elemento che il primo
determina, che costituisce, che è la parvenza.
à p. 448. Riflessione esterna. C’è un concetto a metà pagina che è scritto in spaziato che è il concetto
della presupposizione immediata. Questa è l’altro modo, un altro modo, differente da quello visto
precedentemente, che parla dell’essere che è l’essere dell’essenza, dell’esser-posto. Qui viene
chiamata presupposizione immediata.
Terzo paragrafo ma Già a pag 450 viene introdotto un nuovo concetto per esprimere ciò che noi
abbiamo già in un'altra forma logica: determinazioni riflesse. Ritorna in maniera più netta a pag 452.
L’esser posto è determinazione riflessiva.
3 categorie logiche che esprimono quell’elemento dell’essere che viene a costituirsi dall’essenza
medesima.
Pag. 449-450. L’universale, la sua regola, il principio, la legge, il riflesso in sé, il riferentesi a sé
stesso= l’essenza o l’essenziale. La natura autentica dell’essere medesimo.
Essere in 3 forme diversi dato da 3 forme diverse di riflessione.
Al variare della forma in cui noi intendiamo la riflessione che è diversa varia anche la determinazione
della riflessione medesima. Al variare di come va intesa l’essenza varia anche la sua determinatezza
stessa in base al quale l’essere che da questa è costituito è l’essere dell’essenza.
[un negativo che si riferisce a sé in quanto è essenzialità pura]
Perché corrispondono a categorie o determinazioni differenti dell’essenza ovvero della riflessione.
Esser posto-presupposizione immediata-determinazione riflessiva. 3 categorie diverse sulla stessa
cosa.
- Esser posto. Essere assolutamente dipendente dall’essenza.
- presupposizione immediata qui poniamo l’accento sul fatto che vogliamo recuperare
l’elemento che ha una sua consistenza che si esprime con il nome presupposizione immediata
noi partiamo da li e questo è un modo differente per dire che se c’è un essere non è solo
ridicibile all’esser posto. L’estremo del primo. Questo essere non è un esser posto ma è
qualcosa da cui noi partiamo, è immediato, è presupposto, è un presupposto immediato.
- Terza possibilità, quella più concreta, quella vera. L’essere è una determinazione riflessiva. È
la verità delle concezioni dell’essenza unilaterali perché spingono l’una in una direzione
l’altra nella direzione opposta. Qui vengono a unirsi per così dire. Non è più un esser posto o
un presupposto immediato bensì è la stessa essenza nella forma della determinatezza, è la
stessa regola, legge, nella forma della sua estrinsecazione. Infatti, si chiama determinazione
riflessiva. Determinatezze che sono dell’essere e contemporaneamente sono determinazioni
essenziali, non siamo al livello ontologico dell’esser verde o dell’esser bianco.
Esser posto dall’essenza, l’essere dell’essenza, considerato dall’essenza come regola, come principio.
Arriviamo a dire qualcosa sull’essere partendo dalla regola in base alla quale stabiliamo che ci sono
degli esseri che sono degli esser posti. Esser posti differenti in base alla regola. Avremo esser posti
diversi se si tratta di fisica newtoniana rispetto a quelli che troviamo nella fisica quantistica.
Intendiamo gli esser posti come direttamente proporzionati alla regola posta per quegli esseri. La
riflessione che pone. L’essere qui è primariamente posto, ma ponendolo lo presuppone.
L’essenza ce l’abbiamo già non dobbiamo trovarla è presupposta ed essendo un presupporre diviene
presupposto anche l’essere che da lei origina. Ma se la si vede come posta l’essere è un esser posto.
partendo da paradigmi differenti poniamo esseri differenti, facciamo riferimento a regole, a leggi,
diverse, che fanno riferimento a esseri diversi.
Presupposizione immediata: essere che non è posto bensì presupposto. Partiamo da qui per arrivare
alla sua regola.
Due direzioni differenti, due direzioni che si annullano reciprocamente e trovano la verità nella terza
via. Trovano l’equilibrio dato il loro squilibrio. Lo trovano nella corrispondenza totale nell’essere che
è dato nell’essenza e contemporaneamente nell’essenza che è data a partire dall’essere.

Pag 446 in basso. L’immediatezza dell’esser posto diviene immediatezza tolta perché l’essere posto
dall’essenza dipende strettamente dall’essenza medesima. È un’immediatezza apparente,
immediatezza che è solo apparente. L’essere dipende dalla regola. I fenomeni quantistici sono diversi
dagli oggetti newtoniani perché partecipano a regole diverse.
p. 447: movimento riflessivo: assoluto contraccolpo in sé. Il concepire l’essere come presupposto è
semplicemente il risulto di ciò che è il movimento di ritorno dell’essenza stessa. Conoscere l’essenza
dall’essere posto è pura apparenza e basta, questo movimento da fuori per dentro è in realtà il contro
movimento riflessivo che compie l’essenza stessa. L’essere considerato come esser presupposto è
solo il risultato del movimento dell’essenza stessa.
Il sorpassare l’immediato è il sorpassare stesso, è il movimento del sorpassare esercitato dall’essenza,
dalla riflessione.
L’ Essenza è un porre che è anche un presupporre, è tanto porre quanto presupporre. Dal momento in
cui pone deve presupporre ciò che è. Se questo è vero allora anche il suo essere è un esser posto e un
esser presupposto.
L’essere sarebbe così facendo solo qualcosa di tolto, un’immediatezza tolta.
L’essere è solo la fenomenicità della regola, è solo l’esposizione di ciò che vale al livello dell’essenza.
Il fenomeno quantistico è in realtà la regola stessa che si è fenomenizzata al livello dell’essere. ECCO
PERCHE’ L’ESSERE è TOLTO, PERCHE’ è SOLO L’ESSENZA STESSA, è ESSA STESSA CHE
SI FENOMENIZZA CHE SI ESTRINSECA. L’ESSERE NON è NULL’ALTRO. È UN
IMMEDIATO TOLTO.
p. 447 ultimo capoverso. Tentativo di Hegel di recuperare una dimensione dell’essere che è l’essere
dell’essenza che non è solo la trasposizione nulla dell’essenza stessa. Non è una mera proiezione
dell’essenza. Non è l’ombra dell’essenza. L’essere nel secondo paragrafo è presupposto e ritorna ad
essere un essere immediato. Un immediato che diviene l’altro della legge, l’altro dell’essenza. La
riflessione qua è esterna perché abbiamo una relazione di esternalità tra l’essere e l’essenza, come
qualcosa di sdoganato. Riflessione estrinseca o esterna o reale. MOMENTO NEGATIVO DELLA
TRIADE.
Pag. 448 prime righe. Scissione tra il momento del presupposto che è un presupposto da cui si parte
e il momento dell’essenza che è il momento in cui si arriva. è esterna perché c’è una esternalità tra il
presupposto e l’essenza.
Essere come presupposizione immediata.
Legge pag 449 la nota. La riflessione non è soggettiva ma è la realtà che riflette. Non ha nulla a che
fare col soggetto. Tesi anti-soggettivismo.
Potenza riflessiva o riflettente vs potenza determinante per Kant.
riflessione esterna= potenza giudicatrice riflettente kantiana, giudizio riflettente della critica del
giudizio, si parte dal particolare per arrivare alla legga, ma va letta in un senso particolare, ovvero
eliminando il soggettivismo che troviamo in Kant, per Hegel è un movimento anonimo non è
egoidale. Modo per trovare la legge ovvero l’essenza di quell’essere lì.
Kant qui parla in particolare del bene e del fine.

LEZIONE 15

Riflessione determinante terzo momento della trilogia o triade è l’autentica verità della verità stessa.
Le tre riflessioni costituiscono un movimento dialettico tra di loro.
Il tracciato logico tra queste 3 forme restituisce la concretizzazione assoluta dell’essere, inteso come
determinazione riflessiva, quella det che riflette su di sé, ha la stessa forma della riflessione det
espressa dall’essenza medesima. Nella terza figura abbiamo det come l’essenza senza avere uno
squilibrio, sia dell’essenza che dell’essere, viene per così dire riequilibrato. Il terzo momento
consolida l’equilibrio, consolida l’identità nella diversità ovvero nella non identità, tra la razionalità
e la realtà. Corrispondenza totale tra il momento dell’essenza e quello dell’essere. Non vi è più uno
squilibrio.
Det riflessive: det ad esempio dell’identità dell’opposizione, della contraddizione, della diversità ecc.
sono dette così perché esprimono come può essere l’essere quando diciamo che una cosa è identica
all’altra o è diversa, ma questi predicati non sono solo dell’essere ma sono det che abbiamo acquisito
da quella che hegel chiama essenza. Detrminazioni che sono tali nell’essere medesimo stesso e
nell’essenza che lo costituisce.
Riflessione che pone, l’essenza che pone l’essere inteso meramente come esser posto dell’essenza,
non è da sola, vi è un’altra componente e la loro sintesi. Contro le teorie costruttivistiche secondo le
quali è sempiternamente l’essenza a porre a costituire l’essere. Dalla riflessione sterna o estrinseca vi
è lo squilibrio contrario ovvero che l’essenza è posta solo ponendo e percorrendo la via dell’essere.
Dell’essere posto immediatamente e presuppostamente. Il terzo momento della riflessione ri-
equilibria questi squilibrati momenti.
Pag 449, la nota. -Contro le Relazioni di analogia o di isomorfismo per quanto riguarda la
posizionalità del dato considerato come l’analogo della legge che lo presuppone.
L’oggetto non è analogo, è la stessa identica cosa della legge.
Pag 448 primo capoverso. Essere come immediatezza che si riferisce a sé, ha una consistenza. Nella
riflessione esteriore vi è un porre ma questo porre viene ad essere dimenticato, ci siamo dimenticati
del fatto, un porre che toglie sé stesso, la forma non adempie alla sua funzione di forma che forma il
contenuto, ciò che resta da questo posto tolto è una presupposizione immediata. Il negativo è tolto
come negativo. Ci si dimentica della forma che forma, che da contenuto, al dato materiale stesso, al
posto, all’essere, l’essere è l’essere di un’essenza, questa regola viene così a essere dimenticato.
Ordunque il posto diviene presupposto per questa dimenticanza. Ci dimentichiamo del ruolo che la
forma ha in quanto forma del contenuto materiale, ci dimentichiamo del fatto che ciò che è nella
forma è nel contenuto, e questo è il principio della determinazione riflessiva.
Quello che la riflessione estrinseca determina e pone sono detrminazioni ad essa estrinseche. Quando
essa, la riflessione estrinseca, pone delle determinazioni al dato, queste determinazioni sono ad essa
estrinseche perché esso è non posto bensì presupposto immediatamente. Le si aggiungono
estrinsecamente, come un addendum. Il posto è dimenticato a favore del presupposto.
Ultimo capoverso. Sta tentando di dire che se abbiamo un presupposto abbiamo anche un porre che
noi dimentichiamo ma se abbiamo un presupposto abbiamo bisogno di un porre che presuppone il
presupposto. Se abbiamo un presupposto c’è bisogno di qualcosa che lo pone come presupposto.
Nota: Kant pensatore della riflessione esterna. Ma è una riflessione esterna soggettivistica.
Pag 450 secondo cap. contro l’intuizione schellinghiana come unico modo di cogliere l’assoluto
ovvero l’essenza dell’essere. Per hegel c’è la riflessione determinante. Schelling aveva in mente solo
un tipo di riflessione che è la riflessione esterna di tipo kantiano
Pag 451. LA riflessione determinante. AUFEBUNGG TRA LA RIFLESSIONE PONENTE E LA
RIFLESSIONE ESTERNA.
Con la riflessione det poniamo un essere che è l’altro dell’essenza che è l’essenza medesima nella
forma dell’essere e che prende il luogo del tolto essere. La determinazione riflessiva è il suo altro
della riflessione determinante. Corrispondenza perfetta tra i due momenti.
Primo porre della riflessione ponente non ha alcuna presupposizione. Momento squilibrato.
Identità nella diversità ovvero una diversità nell’identità abbiamo l’essenza e l’essere che sono due
aspetti della stessa medaglia. Abbiamo due identici diversi. Sono la stessa cosa da due punti diversi.
L’altro è diverso sia dall’esser posto come mero esser posto è diverso anche dalla presupposizione
immediata, la quale non rimanda necessariamente all’essenza. L’altro rimanda all’essenza, l’altro che
è la determinazione riflessiva rimanda alla riflessione determinante. Essa pone mediante dialettica le
due identità che sono diverse bensì identiche nella loro diversità.
Identico diverso e opposto sono determinazioni riflessive. Dicono com’è l’essere es il tavolo è
identico a sé o è diverso dalla sedia ma non lo dicono allo stesso modo di quando noi diciamo il tavolo
è bianco. Questa è una det non riflessiva bensì ontologica, dell’essere. Det riflessive: determinazione
dell’essere posta in base al modo per il quale lo pensiamo. Questa det è mediata dal pensiero che noi
abbiamo del tavolo perché consideriamo l’essenza dell’identità, il tavolo è identico a sé stesso.

ESSER DETERMINATO: ESSERE DELLA LOGICA DELL’ESSERE, ESSERE COLTO


IMMEDIATEMENTE.
DIVERSO DA ESSER POSTO.
COGLIAMO L’ESSERE NON IMMEDIATEMNTE MA A PARTIRE DALL’ESSENZA DALLA
FORMA O DALLA REGOLA CHE è LA SUA IDENTITà. IL TAVOLO è IDENTICO A Sé.
LE DETERMINAZIONI RIFLESSIVE SONO LE DETERMINAZIONI DELL’ESSENZA.
DETERMINAZIONI ESSENZIALI. PRIMA SUPERIORITà LE DTERMINAZIONI ESSENZIALI
SONO SUPERIORI A QUELLE ONTOLOGICHE.
HANNO QUALCOSA DI Più DELL’ESSER POSTO CHE è VACUITà MA HANNO QUALCOSA
IN MENO DALLE DET ONTOLOGICHE. LE ESSENZIALITà SONO LE DETERMINAZIONI
RIFLESSIVE.
Anche nelle essenzialità c’è dialettica. Non sono sole, libere e librantesi nel vuoto senza attrazione né
repulsione reciproca.
Stanno nella relazione che è la relazione del passaggio l’una nell’altra. Si passa dall’identità alla
diversità alla contraddizione ecc. c’è una relazione intrinseca tra di esse.
Partiamo dall’identità e arriviamo alla differenza ma non possiamo viceversa dice hegel. Solo con
l’identità possiamo trovare la differenza. Si susseguono l’una all’altra in una maniera necessaria.

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