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Tesi in: Gruppi Multifamiliari

Facolt di: Medicina e Psicologia: Psicologia, Pedagogia e Servizio Sociale

Corso di laurea in: Scienze e tecniche psicologiche di valutazioni clinica nellinfanzia nelladolescenza e nella famiglia

Cattedra di: Psicodinamica di Gruppo Candidato: Fulvio Aquino Matricola: 1226217 Relatore: Paolo Cruciani

A/A: 2011/2012

Indice

Abstract Capitolo I: Il gruppo e lindividuo Capitolo II: Il gruppo multifamiliare secondo Jorge E. Garcia Badaracco

p. I

p. 5

p. 10

Capitolo III: Il gruppo multifamiliare secondo Alfredo Canevaro

p. 16

Capitolo IV: Riflessioni conclusive Bibliografia e Sitografia

p. 21

p. 24

Tutte le teorie sono legittime e nessuna ha importanza. Ci che importa quello che si fa con esse. J.L.Borges
dallintroduzione di Psicoanalisi multifamiliare, J.E.G. Badaracco

Abstract

In questo breve elaborato si cercato di presentare lesperienza di due terapeuti quali Jorge Garcia Badaracco e Alfredo Canevaro, evidenziando il loro contributo alla terapia di gruppo e pi specificatamente ai gruppi multi familiari o GMF. Il primo capitolo stato dedicato ad un introduzione sul concetto di gruppo terapeutico, sia in chiave psicodinamica che sistemico-relazionale attraverso contributi di Minuchin, Whitacker e Andolfi sulla terapia familiare. Nel secondo capitolo ci si concentrati sullesperienza clinica di Badaracco e la nascita del GMF come trattamento innovativo delle psicosi, secondo un approccio psicoanalitico ma integrante la struttura sanitaria ospedaliera, con contributi dello psicoanalista Andrea Narracci operante in Italia con vari GMF. Nel terzo capitolo viene evidenziata la sostanziale trasformazione da parte di Canevaro del GMF tradizionale di tipo psicoanalitico, integrato con aspetti esperienziali propri della sua formazione terapeutica. Nel quarto capitolo vengo avviate delle considerazioni generali e conclusive sul GMF come paradigma di rottura e innovazione nella gestione delle comunit terapeutiche e nellintegrazione di varie teorie psicoterapeutiche.

Il gruppo e lindividuo

Anche se lindividuo nasce come essere sociale, ed completamente immerso in una realt che fa dei gruppi la sua base fondante, lo studio riguardante questo fenomeno sociale relativamente giovane. Il termine gruppo sociale nasce in sociologia ed visto come un insieme di persone che interagiscono in modo ordinato secondo le aspettative riguardanti il rispettivo comportamento. Gli altri non sono esterni a noi, ma sono parte del nostro funzionamento psicologico (Mantovani, 2003, p.148), la famiglia per esempio rappresenta il gruppo per eccellenza nello sviluppo mentale di un individuo, il gruppo di lavoro il cardine su cui si base la nostra attuale societ, possiamo inoltre affermare che la nostra identit sociale basata sullappartenenza a pi gruppi di vario tipo e competenza. Dal punto di vista psicologico il gruppo pu essere utilizzato come strumento di terapia, di intervento nellambito istituzionale e come strumento di formazione, designandosi quindi come dispositivo polivalente. In generale la terapia sempre stata considerata in termini duali, Freud introdusse il setting psicoanalitico come lo conosciamo oggi, e lo ide formato da paziente e analista; il transfert e controtransfert furono postulati partendo dalla relazione diadica formatasi tra i due attori della terapia, ma gi da Totem e Tab (Freud 1912-1913) e Psicologia delle Masse e analisi dellIo (Freud 1921) si introduce nel pensiero psicoanalitico uno studio sul gruppo e le masse che port allattenzione di molti limportanza di questo costrutto sociale.

Luso del gruppo in terapia ha quindi reso possibile un approccio diverso alle psicopatologie e un apertura importante stata costruita dalla cos detta familiare. La terapia familiare un modello di intervento terapeutico che deriva dalle teorie sistemico-relazionali, esistono modelli di intervento familiare anche di derivazione psicoanalitica, particolarmente sviluppati, che hanno preso particolare ispirazione, fra l'altro, dai modelli psicoanalitici di funzionamento dei gruppi (Wilfred Bion e altri) e dei gruppi familiari (Donald Meltzer e Martha Harris). Il gruppo famiglia sempre stato un punto di vista importante anche in psicoanalisi, per i terapeuti interessati ad una visione pi ampia della malattia mentale. Secondo l'approccio psicoanalitico, la famiglia un particolare tipo di gruppo in cui, come nei gruppi in generale, gli ostacoli al funzionamento possono derivare da conflitti fra le funzioni, i compiti e i ruoli dei vari membri, tra "gruppo di lavoro", e le pulsioni sottostanti non coscienti: gli assunti di base (Bion, 1961). Approcci importanti come la teorizzazione del legame simbiotico con la madre (Mahler, 1958), lo studio della relazione simbiotica tra madre e figlio nella schizofrenia (Hill, 1956), introdussero in modo graduale limportanza della diade e quindi della famiglia nelleziopatogenesi della malattia mentale. Divenne evidente come le varie carenze affettive, la privazione improvvisa della madre, linterruzione delle relazioni affettive con i genitori, contribuivano allinsorgere di gravi disturbi del comportamento: impulsivit, ansia, mancanza di empatia e contatto affettivo. Il principio secondo il quale il campo, e non solo lindividuo, lunit di studio pi significativa, deriva da studi condotti da Sullivan e la psicoanalisi interpersonale, sottolineando come lindividuo e la sua personalit prendano forma in un ambiente composto da altre persone, quindi in situazioni interpersonali (Sullivan, 1953). Sullivan terapia

afferm come il bambino sia profondamente influenzato dalle persone che lo circondano, e indic questa diffusione contagiosa con il nome di legame empatico. La famiglia entr a far parte quindi dello studio e del trattamento delle malattia mentali, anche gravi come la schizofrenia, ipotizzando lo schizofrenico come un soggetto

sintomatico di una patologia che pu essere considera della famiglia in generale (Bowen, 1960) e considerando le relazioni familiari come importanti fattori causali nella psicopatologia. La tendenza della psicoanalisi a sottolineare lesclusivit della diade madre bambino and progressivamente spostandosi verso un attribuzione maggiore della figura paterna (Lacan, 1995). Lapproccio relazione alla terapia familiare nasce invece intorno agli anni 50, nel settore della psicologia emerge la tendenza del ricercatore a spostare la sua attenzione clinica dai fattori intrapsichici, gi ampiamente approfonditi in ambito psicoanalitico, ai fenomeni interpersonali e ai contesti in cui essi hanno luogo, secondo un approccio pi olistico ai cosiddetti sistemi complessi (Bateson, 1984). Attraverso la teoria dei sistemi stato possibile postulare una teoria che connette i diversi settori della conoscenza attraverso i concetti di sistema, organizzazione, autoregolazione, causalit circolare e equifinalit con i quali si sottolinea limportanza di valutare ogni fenomeno nella prospettiva dellintero e limpossibilit di considerarlo come una somma delle parti scomponibili, analizzabili in termini di causa-effetto. La nuova psicologia relazionale si forma quindi sulla base di teorie sistemiche costatando che sono proprio le interazioni umane ad organizzarsi secondo criteri e le caratteristiche di un sistema. Con il termine omeostasi familiare (Jackson, 1961), Jackson identific una tendenza del sistema

familiare allequilibrio, in cui il cambiamento che si verifica in un membro della famiglia produce cambiamenti negli altri membri tendendo a ristabilire lequilibrio. La famiglia da gruppo organizzato venne quindi analizzata anche secondo criteri sistemici; un sistema famiglia caratterizzato quindi da una forte tendenza a mantenere lomeostasi, organizzato da regole comunicative e relazionali. Il concetto di doppio legame introdotto da Bateson (Bateson, 1956), il prodotto di questo pensiero sistemico relazionale. Il doppio legame indica una situazione in cui, tra due individui uniti da una relazione emotivamente rilevante, la comunicazione dell'uno verso l'altro presenta una incongruenza tra il livello del discorso esplicito e un ulteriore livello metacomunicativo, non verbale, come possono essere i gesti, gli atteggiamenti, il tono di voce, e la situazione sia tale per cui il ricevente del messaggio non abbia la possibilit di decidere quale dei due livelli, contraddittori, accettare come valido, e nemmeno di far notare a livello esplicito l'incongruenza. La terapia familiare si allontan man mano da una concezione rigida di diade, sposando una visione triadica (Minuchin, 1976) e multigenerazionale (Whitaker, 1989), la triade, composta da madre padre e bambino diventa lunit di misura su cui valutare il funzionamento familiare, unita ad una concezione di famiglia come sistema in evoluzione nel tempo e composto da pi sistemi generazionali che intercorrono nel suo funzionamento. Ladozione di una prospettiva sistemico-relazione consente alla psicologia di orientarsi quindi verso un rinnovato modello di uomo-paziente, mettendo in discussione la visione monadica di un individuo malato nel suo interno, sostituendola con un immagine di essere sociale, il cui comportamento comprensibile solo attraverso lo studio

dellorganizzazione e del funzionamento del sistema di relazioni in cui inserito (Andolfi, 2003).

Il gruppo multifamiliare secondo Jorge E. Garcia Badaracco

Fin dall'inizio la carriera di Jorge E. Garcia Badaracco stata segnata da un profondo interesse verso la dimensione relazionale della psicopatologia individuale e duale, comprendendo come, la psicopatologia, sia il risultato di conflitti relazionali che si verificano gi dallinfanzia e sostenuti nel tempo da una complessa rete interdipendenze familiari patogene che impediscono il futuro processo di differenziazione e di individuazione. Spinto da una visione umanizzante nellaffrontare la malattia mentale e le gravi psicosi, Badaracco identific nel processo terapeutico limportanza di integrare varie risorse e dispostivi che consentano unadeguata integrazione dellapproccio individuale, di gruppo e familiare, il risultato di questa strategia terapeutica il gruppo multifamiliare, o GMF. Per Jorge Garcia Badaracco, la societ lorigine e la causa della malattia mentale, ed proprio in questo contesto che riten giusto affrontarla. Inizialmente il GMF fu proposto come una cornice spontanea di contenimento di carattere psicoeducativo, difatti i pazienti si avvicinavano a lui in un momento di libert, come in una pausa dalle attivit ospedaliere, e pian piano questi spazi si aprirono a chiunque volesse partecipare nelle modalit che pi gli si confacevano. A partire dai pazienti psicotici furono con il tempo incluse le famiglie, i medici e il personale sanitario interessato a partecipare, formando quindi un innovativo

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esperimento terapeutico, in cui la partecipazione di molteplici figure del reparto ospedaliero confer laspetto di una comunit terapeutica. Risulta chiaro come lesperienza unica del GMF sia fortemente legata alla realt sanitaria e terapeutica in cui si svolge: oltre ad essere un innovativa concezione della terapia alle psicosi, alla terapia di gruppo e della psicoanalisi, il GMF ha ri-significato (Narracci, 2011, p.14) le risorse disponibili, facilitando un modo di lavorare condiviso che rischiava di scomparire con lavvento delle specializzazioni e offrendolo come un meta-strumento che ha consentito di risolvere momenti di impasse sia terapeutica che istituzionale. Il gruppo multifamiliare si costituisce quindi come uno spazio in cui pazienti e familiari possono condividere l'ansia e l'incertezza che si verificano durante tutto il processo terapeutico. In questo contesto, Badaracco si concentr sullinterazione e lascolto tra i partecipanti, ponendosi come conduttore silente. Attraverso, inoltre, l'impegno emotivo dei partecipanti e il contributo personale delle varie esperienze di vita dei pazienti e dei suoi familiari, tutto il gruppo si pone come coterapeuta attivo nel processo di cambiamento. La composizione eterogenea del GMF, fu sostenuta da Badaracco come cardine centrale del processo terapeutico, proprio perch, la complessit fenomenica che si presentava era in stretto contatto con la realt del paziente con cui aveva intenzione di lavorare. Il reparto, realt attuale del paziente ospedalizzato, inizi a funzionare come una vera e proprio comunit terapeutica, come contenitore delle componenti malate del paziente e luogo in cui la malattia mentale tollerata ed elaborata.

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La funzione di contenitore non nuova nella terapia di gruppo pu essere confrontata a partire dal concetto bioniano di contenimento che si rif al termine rverie: la madre, attraverso un processo di rverie, elabora e trasforma le proiezioni del suo bambino, tra le quali angoscia e terrore, e le restituisce moderate dal pensiero e dall'affetto; il piccolo introiettando tali esperienze cos trasformate ne acquisisce anche la funzione . Intendiamo per funzione la funzione in grado di trasformare sensazioni corporee confuse, indefinite ed indeterminate, in sensazioni pi precise, in pensieri pi chiari che possono poi andare verso la simbolizzazione attraverso il linguaggio. I vari sviluppi successivi della terapia di gruppo portano alla generalizzazione del pensiero di Bion ai fenomeni gruppali, identificando il gruppo come un contenitore in grado di metabolizzare attraverso il pensiero di gruppo gli elementi sensoriali, le tensioni e i frammenti di emozioni che sono presenti nel campo, dobbiamo a Corrao il termine di funzione Gamma, con cui identifica il corrispettivo per il gruppo della funzione Alfa per lindividuo (Corrao, 1981), proprio tramite questa funzione unica del gruppo che i fenomeni inconsci ed emozionali possono prendere forma, e rendersi leggibili a tutti, in linguaggio pi consono alla terapia. Il GMF si rivel presto anche un notevole contenitore di aspetti transferali individuabili nelle varie relazioni interpersonali, e fu proprio la loro elaborazione laspetto terapeutico pi importante da valutare, i transfert psicotici dei pazienti mentali gravi non trattabili nel contesto bipersonale trovarono presto spazio nel contesto multifamiliare, infatti i transfert portati in terapia si disperdevano in transfert multipli, invece di concentrarsi su una persona sola, per esempio lanalista, ci permise lelaborazione dei singoli momenti transferali. Lidea di contenitori adattata da Badaracco verte sulla capacit del GMF di [] destrutturare le formazioni patologiche

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con potere patogeno, ed questo potere destrutturante che chiamiamo potere di disalienazione ( Badaracco, 2003, p. 202 ), facendosi carico [] delle componenti pi malate e dei momenti pi regressivi. (ibid.). Alla basa della psicopatologia Badaracco identific la tendenza del malato nel mantenere le varie costruzioni mentali originate per neutralizzare una sofferenza psichica intensa, attraverso la creazione di un interdipendenza patogena primitiva. Lo scopo della terapia divent quindi quello di decostruire le costruzioni patologiche nel malato attraverso un esperienza di gruppo basata sulla tolleranza e la formazione di un clima adatto, in cui lanalista si pone come terzo polo mediatore e promotore di interdipendenze sane, e attraverso laiuto di altri significativi, la famiglia, presenti con il malato in seduta, che rappresentavo la fonte di queste interrelazioni patologiche. La presenza di familiari e di non-familiari nel gruppo permise di allontanare lidea di un paziente come unico protagonista della terapia e cre la possibilit di mettere in evidenza la variet dei comportamenti possibili del paziente in un contesto sociale protetto dallistituzione e dai terapeuti, sottolineando come il gruppo e il GMF siano la realt adatta per la cura delle psicosi in un ottica pi relazionale. Alla base del successo terapeutico c lo smantellamento delle interdipendenze patogene che bloccano lindividuo, cristallizzando la patologia mentale; il gruppo multifamiliare si costituisce come una microsociet, in cui il compito pi importante quello di visualizzare le somiglianze tra quanto accade a una famiglia e quanto accade a unaltra (Badaracco, 2003, p.79 ) permettendo una metaforizzazione. Badaracco partendo dalle sue osservazioni cliniche giunge ad identificare delle forme di espressione della patologia, dei vincoli attualizzati: le interdipendenze patogene vissute in passato, che hanno formato il mondo interno del paziente, nella realt

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patologica dei pazienti si mantengono ancora valide dal punto di vista patogeno e si manifestano con forza nel gruppo multifamiliare, la presenza di aspetti caricaturali, che cercano di nascondere la personalit sana ancora presente nel paziente, costretto ad interpretare vari personaggi, essendo abitati, secondo Badaracco da una molteplicit di personaggi, spesso incompatibili tra loro, che hanno impedito lo sviluppo del loro vero S ed infine il transfert psicotico, evidenziato dalla riattivazione e attualizzazione di aspetti di vincolo, denominatori comuni nelle psicosi. Noi lavoriamo con una lettura psicoanalitica (Badaracco, 2003, p.178), nellenorme lavoro clinico svolto da Badaracco veste un ruolo importante lenorme repertorio teorico della psicoanalisi, ma nello stesso tempo il GMF non rappresenta una trasposizione esatta delle teorie psicoanalitiche al gruppo, ma si fa promotore di una vera e propria riformulazione e ricontestualizzazione del pensiero psicoanalitico. Freud nel 1923 con LIo e LEs introdusse il modello strutturale, alla base della nevrosi troviamo un conflitto tra istanze, la maggiore conoscenza di s attraverso linsight, lelaborazione, lintegrazione delle dissociazioni sono gli obbiettivi principali nella terapia psicoanalitica, obbiettivi che secondo Badaracco non contemplano a sufficienza concetti quali maturazione della personalit, maggiore plasticit e autonomia dellIo (Badaracco, 2003, p.179), con questo il GMF vuole porsi come luogo di maturazione di nuove funzioni dette appunto risorse dellIo. Il GMF come contesto psicologicamente sicuro, permette la ri-attuazione di situazioni traumatiche, attraverso complesse dinamiche multi-transferali, il gruppo formato senza selezionare patologie simili, permette di offrire specchi meno simili ma pi arricchenti, in cui i disagi delle varie malattie trovano comprensione nella condivisa dimensione familiare del GMF.

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Il transfert secondo Badaracco un fenomeno universale, che presente in tutte le relazioni umane, di tutti contro tutti (Narracci, 2011, p.63 ), e ancora: allinterno del movimento psicoanalitico si scopr che il transfert aveva a che fare necessariamente con un altro fenomeno, il controtransfert, quindi non era solo una proiezione di fantasie o pensieri [], ma era anche una partecipazione particolare dellanalista rispetto al paziente. (Narracci, 2011, p.62), da questa analisi comprensibile come il ruolo di terapeuta e conduttore del GMF sia fortemente legato alla qualit relazionale ed emotiva presente durante la seduta, ricreando perfettamente, anche in un contesto cosi particolare, un vero e proprio setting terapeutico gruppale in grado di generare transfert multipli. Con il nuovo concetto di interdipendenze patogene Badaracco sottolinea come il paziente sia bloccato dal ruolo di malato, privato delle necessarie risorse dellIo, in grado di far fronte a queste costrizioni. La famiglia con la sua complessa rete di relazioni e fantasie si impone come fattore oggettivante. Nel GMF Badaracco chiama a se la famiglia per mettere al servizio del gruppo questi fattori oggettivanti, le interdipendenze, veicoli in grado di smascherare i veri nodi patologici. Da Sartre: [] libert non significa raggiungere ci che si vuole, bens determinarsi a volere, mediante se stessi (Codato, 2010, p.93), questo determinarsi a volere possibile solo nel riconoscimento soggettivo del paziente, attraverso la presa in carico del proprio vissuto, riconoscendo i vari fattori che hanno determinato questo sviluppo e allargando la visione del disagio individuale in un ottica familiare e gruppale.

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Il gruppo multifamiliare secondo Alfredo Canevaro

Luomo un essere in relazione (Canevaro, 2011, p.19), Canevaro porta avanti la sua esperienza clinica nel campo dei GMF affermando come assurdo considerare lindividuo come un essere a s stante, una monade; per cui lavorare con la famiglia, lavorare con e nelle relazione, significa riconoscere che esistono relazioni privilegiate soprattutto nel sistema familiare natio dove si ricevono (oltre il codice genetico, il nome e il sangue) le migliaia e migliaia di interazioni [] (ibid.). La necessit di cambiamento nei riguardi di un setting divenuto forse troppo stretto e di un istituzione, che secondo Badaracco e Canevaro non rispondeva adeguatamente alle esigenze del paziente e delle famiglie, fu il perno della terapia multifamiliare e del GMF come innovativo esperimento psico-sociale per le istituzioni curanti. Secondo Canevaro il segreto della terapia sta nel coinvolgere, nel mettere a favore del processo terapeutico tutte le risorse possibili [] (Canevaro, 2011, p. 21), intendendo per risorse la famiglia e le relazioni pi vicine e significative per il paziente; difatti i GMF funzionano come una famiglia estesa, solidale, chiassosa e confusionaria [], ma con una grande forza data dalle diverse figure di accudimento e dai diversi modelli di identificazione (ibid.) rivelandosi come uno strumento terapeutico notevole in grado di raggiungere il massimo grado di azione terapeutico in una condizione faccia a faccia tra terapeuta e i pazienti e come strumento psico-sociale che fa risparmiare allistituzione tempo, energie e soldi, per il trattamento multiplo e simultaneo di pi famiglie (Canevaro, 2011, p.24).

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Canevaro secondo un ottica relazionale intende il gruppo come un sistema di famiglie in grado di lavorare insieme, non soffermandosi sulle varie dinamiche inconsce tipiche del GMF psicoanalitico; il sistema famiglia come sistema trigenerazionale risponde a due vincoli uno di filiazione e laltro di alleanza, sono queste le dinamiche, non pi inconsce ma relazionali, che governano il sistema secondo Canevaro, e si esprimono al meglio durante il GMF. Il vincolo di filiazione (intra-familiare) unisce i genitori con i propri figli, [] collega le generazioni tra loro (Canevaro, 2011, p.25) e ancora [] il vincolo di alleanza (inter-familiare) unisce i due rappresentanti di due gruppi, [] due membri di ununica coppia che in realt appartengono a due organizzazioni familiari diverse []; un vincolo esogamico entrambi si incontrano nella coppia, diventando a sua volta il punto nodale dellintero sistema trigenerazionale (Canevaro, 2011, p.25). Il sistema trigenerazionale per Canevaro elevato a modello teorico per comprendere la genesi della patologia: il punto nodale ovviamente la coppia, sulla quale il pi delle volte ricade il peso delle tensioni, ma anche lo sforzo terapeutico che permetter di ristrutturare il sistema. (Canevaro, 2011, p.124). Nella genesi familiare il vincolo di alleanza inversamente proporzionale al vincolo di filiazione (ibid.), ed proprio il vincolo di alleanza il valore che gestisce la vicinanza dalla famiglia dorigine o dai figli e la chiave del lavoro capire come questo vincolo regola il fluire del tempo e della crescita dei sistemi e delle persone che lo compongono. Il vincolo di alleanza un fattore essenziale nella genesi familiare, delineando un rapporto di tipo orizzontale tra la coppia e permettendo la differenziazione dei sistemi intergenerazionali (vincolo di filiazione), proprio nella mancata differenziazione che avvengono le coalizioni

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intergenerazionali, causa dei sintomi disfunzionali. Il processo terapeutico definito come dellarmonia intergenerazionale (Canevaro, 2011, p.125) si snoda nel riassestamento di queste dinamiche relazionali attraverso il riequilibrio delle relazioni e dei vincoli tra le generazioni che compongono la famiglia. Lo scopo principale del GMF secondo questottica relazionale definire le problematiche comuni a tutte le famiglie e le persone presenti, di concentrarsi sullinterazione familiare, di enfatizzare le relazioni familiari previlegiando le alleanza attuali o potenziali tra i membri delle diverse famiglie basandosi sulle somiglianze di et, sesso, problemi o ruoli familiari (Canevaro, 2011, p.27) chiaro come il fine ultimo di questo approccio sia quello di valorizzare a pieno le risorse di un setting gruppale esteso talvolta anche a novanta persone, situazione unica per far propri i valori della terapia di gruppo e porli come obbiettivi teraputici. Altri autori hanno analizzato i fattori terapeutici del GMF, a partire da OShea e Phelps (1985), Laquer (1976) e McFarlane (1983), secondo lottica gruppale il GMF si presenta come un microcosmo del e nel contesto sociale e culturale in cui prende forma, gi con Badaracco stato sottolineato quanto un GMF sia figlio e si sviluppi parallelamente con listituzione da cui prende forma, citando OShea (OShea, 1985, p.555): [] il gruppo evolve, si crea un piccolo mondo che quasi una replica di una parte della societ esterna, perch le persone che partecipano sono di et diverse, di generazioni diverse, in varie fasi del ciclo vitale, con ruoli differenti. La presenza di un contesto allargato di famiglia che comprende anche pi generazioni stimola le narrazioni familiari e da spessore al qui e ora della terapia con il GMF; mentre pi pazienti designati permettono una elaborazione condivisa e diluita dello

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stigma della malattia mentale rendendo evidente come non sia pi importante chi si ricoverato, perch umanante si affronta un dramma esistenziale che tutti condividono. (Canevaro, 2011, p. 45). Oltre il paziente tutto il sistema famiglia in grado di evolvere e mettersi in gioco attraverso fenomeni essenziali per il buon fine della terapia, il GMF deve essere in grado di permettere una modificazione dei confini familiari, delle norme e dei miti di cui ogni famiglia si fa portatrice, essendo questi i focus che una terapia relazionale e sistemica prende in considerazione e utilizza come cardini del processo terapeutico. La storia delle generazioni passate trasmette significati anche quando ad essa non si attinge in maniera diretta e consapevole, ma attraverso le mediazioni dei genitori che con ricordi, le abitudini di vita e il loro modo di rapportarsi ad altri significativi, si informano sulle relazioni passate e sui valori acquisiti nel corso dellesistenza (Canevaro, 2011, p.36), tutto ci chiamato identit culturale di una famiglia e prende corpo nel cos detto mito familiare. A partire da un modello di famiglia normale, costruito sulla base di un immagine condivisa, il mito familiare corrisponde a questo modello assolutizzato, e funge sia da chiave di lettura degli eventi e delle relazioni familiari, sia come potente strumento di assegnazione di ruoli e gerarchie. Come nei miti di antica tradizione, poco importante la verit esatta dellevento tramandato, ma rilevante la forte carica simbolica e la capacit di trasmettere materiale condiviso e significativo per la famiglia, conduce alla cristallizzazione di alcune idee intorno ai fatti, oggetti, personaggi o relazioni fra essi, [] non riguardano loggetto mitico in s, quanto piuttosto linsieme dei soggetti che hanno contribuito e contribuiscono a mantenere in vita il mito (Canevaro, 2011, p.38).

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I miti familiari si pongono come tramite tra la ricerca di individualit e lappartenenza alla famiglia e al proprio modello di valori, risultando talvolta da ostacolo ad una sana individuazione di s. Come nella terapia relazionale, nel GMF il mito viene elaborato e svelato, permettendo al singolo di separarsi da tutto ci che in esso rappresentato, ma anche contemporaneamente di accettarlo e farlo proprio per quelle parti che non contrastano con la ricerca di un identit autonoma (Canevaro, 2011, p.41), questa elaborazione del mito nel GMF facilitata dal gruppo terapeutico nel suo insieme, in sede gruppale le famiglie svolgono un ruolo di sostegno e comprensione, mettendo a nudo le proprie debolezze e i propri vissuti, il GMF si trasforma gradualmente da gruppo terapeutico a gruppo di mutuo-auto-iuto. La trasformazione secondo Canevaro stimolata da un approccio partecipativo dei conduttori e da un ottica esperienziale, un ottica dove i vissuti e le emozioni sono il vettore principale; denominati esercizi esperienziali (Canevaro, 2011, p. 69), invita a tenersi per mano, sedersi vicini, rivolgere lo sguardo o chiudere un intervento con un abbraccio tra famigliari, Canevaro ne fa ampio, per sciogliere i nodi emotivi e promuovere linterazione e il confronto.

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Riflessioni conclusive

evidente come il GMF sia uno strumento terapeutico trasversale e duttile in grado di essere utilizzato proficuamente da pi terapeuti avente teorie di base diverse, Badaracco illustra perfettamente questa peculiarit del GMF: propriamente il contesto multifamiliare quello che produce una molteplicit di risorse terapeutiche, mettendo in evidenza pi di ogni altro che la rigidit e la mancanza di esperienza permettono di trovare soluzioni creative se si tiene cono di quello che dicono gli altri, e che lo stimolo della creativit di ciascuno fa s che uno trovi da solo la soluzione al suo problema (Badaracco, 2004, p.55), rimandando con mancanza di esperienza al concetto di curiosit scientifica, o di assenza di memoria e desiderio, ricontestualizzazione fatta da Bion per identificare uno stato mentale aperto alla complessit. Nella sua opera Badaracco chiama le varie controversie tra scuole come falsi problemi (Badaracco, 2004, p.53), a dimostrazione di ci possiamo confrontare le diverse teorie sulla famiglia dei due autori citati in questo lavoro, chiaro come un costrutto nato nella psicoanalisi di gruppo non si scontri con un ottica sistemica relazionale della famiglia come quella di Canevaro, citando Badaracco: un altro dei falsi problemi che si dissolvono nel contesto multifamiliare la differenza fra la psicoterapia individuale e la terapia familiare. [] come vedremo il mio modo di pensare si contrappone al riduzionismo, e sostiene il rispetto della complessit della mente nei termini di una auto-eco-organizzazione che tenga conto di tutte le implicazioni del modo di considerare gli altri significativi. (Badaracco, 2004, p.55), e

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ancora, [] cominciare a lavorare, nel 1960, con i gruppi multifamiliari mi ha consentito di rispettare lipercomplessit come inerente alla natura delle cose e di utilizzare coscientemente i modelli teorici solo per considerarne alcuni aspetti parziali. (Badaracco, 2004, p.56). Nel rispetto dellipercomplessit sopra citata, nei vari GMF si possono riscontare delle caratteristiche comuni che ne fanno uno strumento innovativo nella terapia di gruppo, caratteristiche che uniscono, al difuori delle diverse esperienze cliniche degli autori; in primis il collegamento stretto tra istituzione e GMF. Ogni GMF, rappresenta uno spazio neutro tra paziente e struttura assistenziale, un tramite talvolta assente, che porta ad una separazione netta tra pazienti e famiglia, tra operatori e assistiti; non quindi di secondaria importanza la presenza in seduta di tutti gli operatori facente parte di una comunit terapeutica o di un reparto ospedaliero, insieme in seduta si team operante ma anche pazienti disponibili a condividere testimonianze e storie con lassistito e i suoi famigliari. In Badaracco il GMF servito per unire un reparto ospedaliero prima e per creare su base nuova una comunit terapeutica di struttura multifamiliare (Badaracco, 1997), che faceva del GMF il perno principale, permettendo un approccio anche riabilitativo e risocializzante. Oltre listituzione, nel lavoro terapeutico il GMF stato il metodo per superare varie impasse, per risolvere casi fallimentari: Ci sono situazioni in cui il setting deve essere adattato alle necessit, affinch i pazienti possano manifestare le loro difficolt, cosa che fanno solo se percepiscono che il terapeuta, i terapeuti o il contesto, possono contenerle. (Canevaro, 2011, p.18); il GMF quindi si posto come gruppo aperto ed accogliente in grado di comprendere prima che curare.

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Dal punto di vista della terapia di gruppo il GMF ha dato un contributo importante quanto innovativo: la peculiare composizione della seduta (aperta a famigliari e operatori, fino anche a novanta partecipanti) e il ruolo del conduttore, come facilitatore; sono: [] il contributo che i partecipanti (a partire dal conduttore e dai co-terapeuti, ma non solo) possono dare con loro diversificate prospettive esistenziali, non solo professionali, alla costruzione di quella che con una felice espressione, Badaracco propone come mente ampliada (Ficacci, 2000) una mente composta da pareri diversi che in un certo senso proteggono e generano quellatteggiamento di ipercomplessit che essenziale per chi si avvicina al GMF come esperienza terapeutica. Prendendo visione dei vari approcci teorici e pratici al GMF evidente come il filo conduttore che unisce le varie esperienze non cos dissimili e la ricerca di una rivalutazione e presa in carico di tutte le componenti affettive e relazionali del paziente, per permettere una modificazione sostanziale allinterno dei gruppi familiari patologici, modificazione che va direttamente ad influire sulla visione del malato come isolato ed incurabile; tutto ci per aprire la strada ad un approccio che non vuole essere contenitivo ma psicoterapeutico e riabilitativo-risocializzante sia per il paziente che per la comunit in cui inserito.

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Bibliografia

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