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1. PIONIERI
Le basi teoriche per lo sviluppo dei modelli di terapia familiare si ritrovano nella PSICOLOGIA SISTEMICO-
RELAZIONALE negli anni ’50. In questi anni, infatti, l’attenzione delle discipline psicologiche si sposta dai
processi intrapsichici ai fenomeni interpersonali e al contesto in cui essi si manifestano.
La crisi dei modelli meccanicistici di causa-effetto e causalità lineare è sottolineata dalla diffusione della
Teoria Generale dei Sistemi (von Bertanlanffy), per la quale il sistema è considerato come una totalità e
non come la somma delle sue parti. Per comprendere il sistema, pertanto, si devono considerare le
complesse interazioni tra le sue componenti in un processo di causalità circolare (non lineare).
Le assunzioni di Bateson allontaneranno questa nuova prospettiva anche dal pensiero psicoanalitico:
1. L’individuo è ritenuto un sistema aperto capace di autoregolazione e in interscambio continuo con
l’ambiente: perciò, l’unità di studio non è più il singolo individuo ma l’individuo nel suo ambiente
2. L’interscambio tra l’individuo e l’ambiente non è un interscambio di energia, ma di informazione: ciò
apre la strada alla considerazione della “retroazione” e della “circolarità” nella comunicazione umana
3. I processi mentali non sono interamente identificabili con l’individuo, ma comprendono anche vie e
messaggi che connettono individuo e ambiente, data la loro inseparabile correlazione
Alla base del pensiero v’è la considerazione per la quale il tutto è più della somma delle parti: le proprietà
dell’insieme dipendono dalla relazione delle sue parti, oltre che dalle loro caratteristiche. Come detto,
quindi, l’unità di osservazione si sposta alla relazione e al contesto nella quale la si osserva. Di
conseguenza, ogni persona fa parte di una serie di contesti di relazioni: del contesto familiare in cui nasce,
della comunità in cui vive e della cultura di appartenenza (teoria ecologica dello sviluppo).
Negli stessi anni, la CIBERNETICA di Wiener si propone di studiare l’autoregolazione che si verifica sia nei
sistemi naturali (omeostasi corporea) che in quelli artificiali (termostato). Il suo concetto base è proprio
quello di feedback o retroazione, secondo il quale una parte dei dati in uscita da un sistema aperto rientra
nel sistema sotto forma di informazioni riguardo all’uscita dello stesso. Quindi, il rapporto tra causa-effetto
non è più lineare, ma i sistemi funzionano in un continuo processo di causalità circolare, proprio perché
l’effetto può tornare ad influenzare la causa attraverso retroazioni o feedback.
La retroazione può essere negativa o positiva: la prima se l’informazione è usata per diminuire la
deviazione in uscita relativamente a un valore di riferimento (il sistema conserva l’omeostasi), mentre la
seconda se l’informazione in entrata aumenta la deviazione all’uscita (il sistema modifica l’equilibrio).
Il GRUPPO DI PALO ALTO si propose di applicare la prospettiva sistemico-cibernetica anche alle relazioni
umane, ponendo l’attenzione sul sistema famiglia come “totalità in continuo interscambio con l’ambiente”
anziché come semplice agglomerato di individui isolati dal loro contesto. La famiglia è vista come un
sistema cibernetico che si autogoverna attraverso la retroazione (causalità circolare) e si autoregola
attraverso l’omeostasi. Le famiglie cliniche, in particolare, possono “delegare” ad uno dei membri il ruolo di
“componente omeostatica”, per riportare il sistema sull’assetto precedente se l’equilibrio viene minacciato.
In breve, ogni volta che un’informazione amplifica la deviazione (una lite), tale comportamento della
persona sintomatica subisce un incremento (sintomi psicosomatici).
In quest’ottica, il disagio psichico è visto come una distorsione del comportamento comunicativo.
Collaborando con Bateson, il gruppo introdusse la TEORIA DEL DOPPIO LEGAME, secondo la quale la
comunicazione disfunzionale all’interno delle relazioni diadiche è alla base di alcuni disturbi considerati
intrapsichici, come la schizofrenia. Nella teoria, le famiglie schizofreniche analizzate dal gruppo di Palo
Alto, oltre a comunicare in modo contraddittorio, proibiscono la metacomunicazione ai loro membri,
bloccando qualsiasi comunicazione che possa risolvere queste stesse contraddizioni.
Il sintomo è quindi un segnale di disagio relazionale all’interno del sistema familiare: l’individuo portatore
del sintomo diventa colui che esprime anche per gli altri le difficoltà legate all’evoluzione!
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Il GRUPPO DI PHILADELPHIA (Boszormenyi-Nagy), più aderente alla tradizione psicoanalitica, si concentra
sugli aspetti soggettivi e storici della famiglia. La terapia non può basarsi solo sull’osservazione delle
regole comunicative rigide della famiglia o sulle sue caratteristiche strutturali nel “qui ed ora”, bensì deve
far riemergere le immagini del passato. Poiché non si può pensare che tutte le variabili necessarie al
funzionamento familiare si trovino all’interno della relazione genitoriale, per comprendere il disagio
individuale è doveroso reintrodurre la dimensione temporale e considerare almeno 3 generazioni.
La prospettiva trigenerazionale considera le relazioni integrando la dimensione orizzontale e verticale
(genogramma). Ogni famiglia tramanda la storia, le tradizioni, i ruoli, i valori e i modelli comportamentali
alla generazione seguente: in un certo senso, ogni generazione dipende dalle generazioni precedenti e dal
modo in cui queste hanno affrontato i propri compiti di sviluppo e gli eventi critici.
Stierlin distingue 3 modalità di trasmissione intergenerazionale:
LEGARE : i legami sono troppo stretti
DELEGARE : una modalità che lascia autonomia al figlio, di modo che possa allontanarsi dalla famiglia,
ma ad essa debba sempre rendere conto. Questo “legame di lealtà” assume la forma di impegno tra le
generazioni: in breve, ogni relazione familiare è influenzata dalle lealtà e dal rispetto per la storia
multigenerazionale. L’adulto che rivolge al figlio cure e attenzioni diviene a sua volta creditore di una
serie di debiti che il figlio dovrà saldare, che sono alla base della connessione transgenerazionale
RIFIUTARE : i legami sono troppo labili
Il contributo della TEORIA ECOLOGICA DELLO SVILUPPO di Bronfenbrenner è determinante per sottolineare
come, nell’analisi dei processi di sviluppo individuale, non si possono analizzare solo i contesti relazionali
che prevedono uno stretto contatto (famiglia), ma anche quelli più lontani. Direttamente o indirettamente,
come detto, ciascun membro del nucleo familiare è coinvolto in vari contesti, i quali contribuiscono a
mediare o moderare la causalità dei fattori che contribuiscono allo sviluppo. In breve, l’ambiente rilevante
per lo sviluppo non è solo quello che il soggetto sperimenta direttamente, ma anche i sistemi ambientali di
ordine più generale che interagiscono tra loro e sono più lontani dalla sua esperienza immediata. In
quest’ottica, l’ambiente ecologico può essere definito come il contesto di sviluppo dell’individuo, e si
rappresenta come un sistema di strutture concentriche l’una inclusa nell’altra:
MICROSISTEMA : il contesto che prevede il contatto diretto e l’interazione faccia-a-faccia, comprende
l’insieme degli individui coi quali il singolo stabilisce relazioni intime (famiglia, scuola, gruppo dei pari)
MESOSISTEMA : comprende le interrelazioni tra due o più contesti ambientali ai quali l’individuo
partecipa attivamente (relazioni tra famiglia e gruppo dei coetanei). La sua analisi è importante per
capire come tali relazioni influiscano in termini di fattori di rischio o di protezione sullo sviluppo
ESOSISTEMA : è costituito da una o più situazioni ambientali di cui l’individuo non è partecipante attivo,
ma che indirettamente influenzano ciò che accade nella situazione ambientale e, quindi, lo sviluppo
dell’individuo stesso (influenza del contesto lavorativo sul contesto delle relazioni familiari)
MACROSISTEMA : è un contesto sovrastrutturale che condiziona micro-, meso- ed esosistema. È legato
a culture, subculture e organizzazioni sociali più ampie, con i relativi sistemi di norme, credenze,
ideologie, rappresentazioni sociali e aspettative rilevanti ai fini dello sviluppo
In quest’ottica, la teoria ecologica è determinante per comprendere che sviluppo individuale, familiare e
ambientale sono processi che si intersecano e si influenzano reciprocamente (ecomappa).
1.1 - MURRAY BOWEN
Bowen concepisce la famiglia come un’unità emotiva con complesse interazioni tra i membri, legati tra loro
da vincoli emotivi. Queste relazioni e vincoli emotivi fanno si che un cambiamento all’interno di un singolo
membro familiare si ripercuota sull’intero nucleo, anche a livello trigenerazionale (omeostasi). Le famiglie
differiscono per il grado di interdipendenza emotiva, ovvero per il livello di:
DIFFERENZIAZIONE INDIVIDUALE O DEL SÉ : capacità dei membri della famiglia di esprimere la propria
individualità, agire in modo autonomo, pur rimanendo emotivamente collegati ad altri. Dipende in larga
parte dalla misura in cui l’individuo ha risolto con successo l’attaccamento emotivo alla sua famiglia
d’origine. Gli individui scarsamente differenziati non hanno un chiaro senso di Sé, bensì mostrano un
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forte bisogno di approvazione e di accettazione da parte degli altri, che tende a guidare i loro
comportamenti e le loro relazioni. Tali individui rischiano di sviluppare relazioni problematiche,
“fondendosi” nella relazione con il proprio partner o, al contrario, effettuando dei “tagli emotivi”.
Il taglio emotivo porta l’individuo a staccarsi in modo brusco, psicologicamente o fisicamente, dalla
famiglia di origine, nel tentativo di evitare la fusione e mantenere il controllo. In breve, la persona si
finge più autonoma di quanto non sia: così facendo, però, tale rottura traumatica determina un forte
bisogno di vicinanza emotiva (mascherata da atteggiamenti di autonomia e di sicurezza)
DIFFERENZIAZIONE FAMILIARE : grado in cui la differenza e l’individualità è tollerata all’interno del
sistema. Nelle famiglie con alto livello di differenziazione, i membri tendono a rispettare le proprie e le
altrui individualità: gli individui sono visti come persone che hanno il diritto di pensare e agire
indipendentemente dagli altri membri. Nella famiglia indifferenziata o con alto grado di fusione, i
membri sono “emotivamente bloccati insieme”: l’individualità dei singoli è vista come una minaccia per
la stabilità della famiglia. Queste famiglie non riescono a gestire i conflitti, usando pattern disfunzionali
(triangolazione): di conseguenza, le paure, le ansie, lo stress e le gioie di un membro della famiglia
sono sentite intensamente e personalmente da tutti gli altri membri della famiglia
Bowen introduce il concetto di TRIANGOLO, inteso come la struttura elementare di tutte le relazioni e come
l’unità minima di osservazione. La sua analisi permette di comprendere sia il sistema familiare nei suoi
processi evolutivi normali che l’esistenza di aspetti emotivi che si tramandano nelle generazioni.
La malattia psichica, oltre ad essere riconducibile alla scarsa differenziazione del Sé in ambito familiare, è
un processo trigenerazionale, nel senso che i livelli di indifferenziazione e i legami emotivi irrisolti nelle
famiglie d’origine vengono riattualizzati nelle generazioni: indi, il livello di differenziazione raggiunto dai
genitori condiziona le relazioni con i figli. Proprio per evidenziare la trigenerazionalità, Bowen ha introdotto
lo strumento del GENOGRAMMA, che permette di rendere visibili i processi che si trasmettono tra le
generazioni. Questo è che la rappresentazione grafica dell’albero genealogico e una descrizione dello
sviluppo storico di una famiglia: la sua utilità è connessa al fatto che l’individuo riesce ad avere uno
sguardo più distaccato alla propria storia familiare. L’unico modo per poter vedere la rete di triangoli in cui
si è naturalmente inseriti, infatti, è distanziarsi emotivamente da questi.
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5. DALLA COPPIA ALLA FAMIGLIA
La NASCITA DEL PRIMO FIGLIO dà avvio ad una nuova storia generazionale della famiglia, che segna il
passaggio dalla diade coniugale alla triade familiare. Ciò crea il ruolo dei genitori e dei nonni, rende
manifestamente visibile l’unione tra i coniugi e conferisce un carattere di irrevocabilità al loro essere stati
insieme, in quanto il ruolo genitoriale non è cancellabile (anche se ciò crea problemi nelle separazioni).
Anziché rappresentare un aumento delle distanze dalla famiglia d’origine, la nascita del primo figlio causa
un maggior coinvolgimento delle altre generazioni, rafforzando il legame di lealtà multigenerazionale.
Anche questo, tuttavia, può determinare organizzazioni disfunzionali (suoceri assenti o troppo invadenti).
Questa fase di “transition to parenthood” costituisce una fase critica normativa del ciclo vitale della
famiglia, poiché entrambi i neo-genitori necessitano di una ristrutturazione profonda del proprio mondo
interno e dei propri rapporti interpersonali significativi. In particolare, il processo di riorganizzazione delle
relazioni deve salvaguardare gli aspetti coniugali, oltre ad includere gli aspetti genitoriali.
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6. FAMIGLIA CON BAMBINI
Uno dei compiti principali della famiglia con bambini è quello di trasmettere il senso della coesione e
dell’unità familiare, pur nell’ambito delle continue trasformazioni in atto in questa fase del ciclo di vita.
È necessario che i genitori riconoscano il bambino come un individuo sempre più autonomo, e questo
aiuta entrambi ad affrontare uno degli eventi più critici di questa fase: l’ingresso nella scuola.
I bambini che avranno sviluppato una buona autonomia e fiducia in se stessi grazie alle relazioni con le
prime figure significative (attaccamento sicuro), saranno facilitati in questo processo di socializzazione.
La SCUOLA è un’area di passaggio tra la famiglia e la società, nell’ambito della quale il minore può
soddisfare sia i bisogni di protezione che di indipendenza. Da questo punto, gli insegnanti saranno inclusi
tra le figure di riferimento del bambino: un insegnante che crede nelle capacità di un allievo può facilitare la
sua riuscita scolastica. Viceversa, se è influenzato da un pregiudizio negativo verso l’alunno, ciò lo porterà
a non stimolare le prestazioni scolastiche di quest’ultimo (profezia che si autoavvera).
Per un adeguato inserimento del bambino, tra gli insegnanti e la famiglia si deve instaurare un rapporto di
collaborazione e di coinvolgimento reciproco, nel rispetto dei confini e delle differenze di ruoli, di funzioni e
competenze. In alcuni casi, tuttavia, può verificarsi la triangolazione alunno-famiglia-scuola:
- Coalizione tra alunno e insegnante “contro” i genitori
- Coalizione tra alunno e genitori “contro” l’insegnante
In tali casi il bambino riceve messaggi contraddittori che possono causare un blocco dell’apprendimento.
Infine, il gruppo dei pari, o gruppo-classe, diventa un sistema di appartenenza essenziale poiché il
bambino possa sviluppare e mettere in pratica le sue competenze comunicative e relazionali.
In questa fase del ciclo di vita, la famiglia può assumere diverse configurazioni relazionali disfunzionali.
Oltre ai già descritti casi di nonna assente, parental child (Minuchin) e triangolo perverso (Haley), si parla
di CHIASMA RELAZIONALE quando il bambino diventa il centro degli interessi dell’intero sistema familiare
allargato (genitori e nonni). Se il bambino è la sorgente di appagamento affettivo per genitori e famiglie
d’origine, può essere sottoposto a molteplici pressioni. Tale configurazione, pur adeguata nelle prime fasi
di cura del bambino, è disfunzionale se persiste nel tempo ed è legata alle famiglie conflittuali.
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7.2 - CRISI ADOLESCENZIALE E DELL’ETÀ DI MEZZO
Contemporaneamente alla crisi di identità dell’adolescente, in questa fase si verifica anche una crisi di
identità dei genitori, i quali devono accettare che la loro giovinezza è passata e che per loro è definitivo
l’ingresso nell’età matura. Quindi, l’adolescenza dei figli implica un cambiamento significativo anche nella
relazione di coppia: ora che i figli sono cresciuti, diminuisce sensibilmente l’impegno genitoriale e i coniugi
iniziano a ritrovarsi da soli e con maggiore tempo da dedicare a se stessi e all’altro.
Un compito di sviluppo che riguarda la RELAZIONE CONIUGALE è quello di ridefinire gli obiettivi della coppia e
reinvestire nell’attività lavorativa. Tuttavia, in questa fase possono presentarsi varie insidie:
Ai cambiamenti evolutivi dell’adolescente, i genitori accostano i propri cambiamenti involutivi, intesi
come i primi segni di invecchiamento, la perdita della capacità procreativa e la menopausa
Decadimento del ruolo di “genitori onnipotenti”
Perdita o malattia dei propri genitori : un compito di sviluppo che riguarda la RELAZIONE FILIALE è di
accettare il processo di invecchiamento dei genitori e mantenere vivo il colloquio con essi
Se i coniugi non riescono a fronteggiare queste difficoltà, le tensioni emotive e l’insoddisfazione che ne
derivano possono portare alla crisi coniugale che può sfociare nella separazione (doppia separazione).
Si assiste quindi ad una sorta di “parallelismo evolutivo” tra la crescita dell’adolescente e quella del
sistema famiglia: queste due evoluzioni sono circolari e complementari tra loro. Quindi, il processo di
crescita e separazione avviene contemporaneamente sia per i genitori che per l’adolescente! Mentre
l’adolescente è implicato in due principali compiti di sviluppo (individuazione e separazione dalla famiglia),
i genitori sono contemporaneamente impegnati come coniugi nella ridefinizione della relazione di coppia e,
come individui, nell’elaborazione della crisi dell’età di mezzo.
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9. FAMIGLIA NELL’ETÀ ANZIANA
L’allungamento della vita media ha causato 2 fenomeni: la diffusione delle famiglie multigenerazionali (4
generazioni), e la sproporzione tra popolazione anziana e giovane (la prima supera di gran lunga la
seconda). Per tali motivi, l’ETÀ ANZIANA pone dei compiti di sviluppo tra i più complessi del ciclo vitale:
RELAZIONE CONIUGALE
Impegnarsi nella coppia : per superare il pensionamento e il declino della sessualità
Far fronte alla malattia propria e/o del coniuge
Accettare la morte del coniuge e prepararsi alla propria
Mantenere vivi gli interessi anche fuori dalla famiglia
RELAZIONE GENITORIALE
Aprire i propri confini a nuore/generi
Riconoscere ai figli il ruolo genitoriale : non devono sostituirsi ai genitori nella cura dei nipoti
Essere presenti nella vita dei nipoti : la nascita dei nipoti è un momento importante (forniscono un
senso di continuità e vitalità all’intero sistema familiare)
Accettare la parificazione dei ruoli superando la barriera gerarchica intergenerazionale
Genitori e figli devono stabilire un rapporto caratterizzato da un equilibrio tra vicinanza e distacco, tra
autonomia e coinvolgimento affettivo, in modo che i legami familiari siano risorse, non vincoli
RELAZIONE FILIALE
Sostenere la generazione precedente (se ancora viva) : il modo in cui i giovani si prendono cura
degli anziani è il modello di come essi saranno trattati quando invecchieranno (legame di lealtà)
Coltivare l’eredità e il ricordo della generazione precedente (per i figli è importante non considerare
la perdita di un genitore come una frattura netta, un distacco definitivo)
Condividere l’esperienza della morte dei genitori
Nelle FAMIGLIE SEPARATE E RICOSTITUITE l’anziano ha una funzione chiave, soprattutto nell’accudimento del
figlio. Il suo ruolo è intricato e può esser collocato sia sul polo collaborativo che su quello ostativo: vi
possono essere situazioni invischiate in cui i genitori anziani assumono ruoli e funzioni che non gli
competono. Di contro, nelle famiglie ricostituite possono mantenere un atteggiamento ostile verso il nuovo
partner del figlio. Inoltre, come già accennato, può verificarsi il fenomeno della “nonna assente”.
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dell’appartenenza è il fenomeno per cui la prima generazione di immigrati conserva un’immagine positiva e
cristallizzata del proprio paese, non più coincidente con la realtà. Ciò causa un rifiuto del nuovo, al fine di
difendere la propria identità culturale e mantenere un senso di continuità. Così, la prima generazione
incontra il rischio di una rottura nella trasmissione intergenerazionale dei valori: l’integrazione sociale dei
figli, infatti, può essere vista come un tradimento alla “lealtà familiare”.
La trasmissione generazionale di miti familiari derivanti da cristallizzazioni inconsapevoli può generare
attriti tra genitori immigrati e figli, portando questi ultimi ad attuare un “taglio emotivo”, ovvero una
negazione delle proprie radici al fine di favorire il processo di assimilazione della nuova cultura.
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13. LE FAMIGLIE OMOGENITORIALI
Sebbene l’opinione comune veda incompatibilità tra OMOSESSUALITÀ e genitorialità, le famiglie formate da
genitori dello stesso sesso rappresentano un contesto di sviluppo adeguato per i bambini.
La genitorialità non è un concetto biologico o naturale, ma è composta dai comportamenti dell’adulto volti a
fornire cure, sostegno e supporto allo sviluppo del bambino. Da ciò deriva che l’aspetto centrale nel
garantire un sano sviluppo psicologico al bambino è rappresentato dal “coparenting”, ovvero dalla qualità
dell’accordo e del sostegno reciproco che gli adulti raggiungono nello svolgere la loro funzione genitoriale,
indipendentemente dal loro genere e orientamento sessuale. Pertanto, madri e padri sono importanti per i
bambini in quanto genitori, e non in quanto “maschi” o “femmine”.
Le famiglie con genitori omosessuali possono avere diverse forme e strutture:
FAMIGLIE DI PRIMA COSTITUZIONE: sono famiglie composte da omosessuali al cui interno matura l’idea di
genitorialità (PMA: Procreazione Medica Assistita)
FAMIGLIE RICOSTITUITE: sono famiglie di seconda costituzione, poiché i figli della coppia gay o lesbica
sono il frutto di una precedente unione eterosessuale (anche in questi casi, la storia della separazione
precedente alla costituzione della famiglia ricostituita influenza la sua formazione)
CO-GENITORIALITÀ: una famiglia composta da una persona gay e una lesbica, che saranno i genitori
biologici del figlio, con i loro rispettivi partner (i figli hanno 4 genitori, due “biologici” e “due sociali”)
FAMIGLIE MONOGENITORIALI : si tratta generalmente di donne che non hanno relazioni di coppia e
decidono di avere un figlio tramite fecondazione medicalmente assistita (PMA)
DONATORE AMICO: prassi usata da coppie lesbiche che desiderano avere un figlio senza ricorrere
all’acquisto di seme o a PMA. Il donatore può essere uno sconosciuto (donazione aperta/chiusa)
PMA-SURROGACY: o “utero in affitto”, si tratta della possibilità che donne portino a termine una
gravidanza per conto di altri (GDS : Gestazione Di Sostegno). Poiché è illegale in Italia, queste famiglie
sono spesso costrette a recarsi all’estero, con conseguenti carichi economici elevati
13.1 - IL COMING OUT
Col termine “COMING OUT” si intende la decisione di dichiarare apertamente il proprio orientamento
sessuale e affettivo. Diversi autori identificano 3 fasi del coming out:
1. Coming out interiore (coming-in) : l’individuo inizia a identificarsi come lesbica/gay/bisessuale
2. Coming out esteriore (coming-out-to) : la persona parla e si mostra ad altri come omosessuale
3. Coming out in famiglia (coming-home) : la persona si dichiara omosessuale nella propria famiglia
Il coming out cambia in relazione al contesto e alle caratteristiche dei destinatari:
GENITORI: se la persona gay o lesbica vive in un contesto molto tradizionale, rigido, in cui vigono regole
e criteri religiosi e/o morali piuttosto fondamentalisti, il coming out può essere vissuto come
un’esperienza stressante e traumatica, sia per i genitori che per i figli. È quindi considerato un evento
paranormativo, in seguito al quale i genitori spesso reagiscono con rabbia, vergogna e senso di colpa,
e necessitano di un periodo di rassicurazione per superare il loro pregiudizio.
Di norma, i genitori attraversano varie fasi: negazione, rabbia (per la “perdita del figlio” che avevano
immaginato), contrattazione (tregua nella fase di rabbia), depressione (i genitori si autoaccusano e si
interrogano su cosa hanno sbagliato) e, infine, accettazione. In seguito alle reazioni dei genitori, il figlio
può sviluppare a sua volta l’omofobia interiorizzata: un insieme di sentimenti e atteggiamenti negativi
che una persona omosessuale prova nei confronti della propria e altrui omosessualità
ALTRI FAMILIARI: fratelli e sorelle sono validi supporti per i genitori e per i figli, poiché accettano più
velocemente l’idea dell’omosessualità del fratello/sorella (grazie alla maggiore apertura che deriva
dall’essere sullo stesso piano generazionale e dal profondo legame tra i membri di tale sottosistema)
PARTNER ETEROSESSUALE: molte persone omosessuali possono aver acquisito la consapevolezza del
proprio orientamento sessuale da adulti, all’interno di un matrimonio o una relazione eterosessuali. La
reazione del partner eterosessuale può essere molto violenta ma, come nel caso dei genitori, col
tempo le reazioni iniziali si ammorbidiscono ed è possibile arrivare a separazioni consensuali
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FIGLI: è la situazione più difficile, poiché si ha paura di ferire o danneggiare i figli (si pensa che non
possano accettare questa rivelazione, che si vergognino del genitore o interrompano i rapporti)
È più facile dichiararsi in gruppi primari (in cui vi sono forti legami emotivi) e, in genere, gay e lesbiche
preferiscono parlare con sorelle, madri e amiche (le donne sono più sensibili e aperte verso le diversità).
Nonostante ciò, il coming out contribuisce ad aumentare l’autostima e l’affermazione di se stessi.
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INVISCHIAMENTO : i membri sono ipercoinvolti tra loro, i confini sono labili e v’è confusione di ruoli. Le
relazioni sono caratterizzate da estrema vicinanza ed intimità: queste famiglie cercano di negare
emozioni, sentimenti e comportamenti negativi, mostrando un’apparente coesione familiare
IPERPROTETTIVITÀ : i componenti della famiglia mostrano un alto grado di preoccupazione e interesse
reciproco. Quando il paziente assume un comportamento sintomatico, l’intera famiglia si mobilita per
proteggerlo: circolarmente, quindi, la malattia del paziente “protegge” la famiglia dai conflitti
RIGIDITÀ : la famiglia è particolarmente resistente al cambiamento e tende a presentare un’immagine di
unità ed armonia in cui l’unico problema da risolvere è la malattia del paziente
MANCATA RISOLUZIONE DEL CONFLITTO : famiglie con bassa soglia di tolleranza al conflitto tendono a
tenerlo occultato e a non farlo mai esplodere. Il paziente assume un ruolo chiave in questo processo:
in caso di tensioni tra i familiari, la comparsa del sintomo riesce a bloccare le tensioni, attirando
l’attenzione preoccupata dei membri in conflitto. In un circolo vizioso, l’esperienza di essere in grado di
proteggere la famiglia mediante i sintomi agisce da “rinforzo” perché essi vengano riutilizzati in futuro.
In breve, poiché la famiglia evita contrasti e dissapori, non riesce a negoziare i propri conflitti, trovando
nel sintomo del paziente un argomento eccellente per tenere lontane le tensioni
15.1 - ECOMAPPA
È uno strumento carta e matita introdotto da Ann Hartmann, in cui è rappresentata graficamente la mappa
delle risorse relazionali a disposizione della persona, cioè la rete dei suoi rapporti significativi e la qualità di
essi. È utile per allargare il campo di osservazione includendo il rapporto tra famiglia e comunità di
appartenenza, cioè la sua rete di relazioni esterne e il suo grado di vicinanza/isolamento.
A differenza del genogramma, in cui è possibile osservare la dimensione temporale familiare attraverso le
generazioni, l’ecomappa è una descrizione delle attuali relazioni della famiglia con l’ambiente. Come tale,
può essere definite una rappresentazione grafica del contesto ecologico in cui l’individuo vive. In ambito
clinico è utile se affiancato ad un colloquio psicologico in grado di “contestualizzare” le informazioni
ricavate dall’ecomappa e fornire un quadro esaustivo della complessità delle relazioni familiari.
Si chiede al soggetto di presentare, su un foglio, i sistemi con
cui interagisce e di definire la natura di tali relazioni (intense,
non intense, stressanti o di sostegno ed aiuto).
Un grande cerchio centrale corrisponde alla famiglia:
l’intervistato deve inserire in alcuni cerchi vuoti i suoi sistemi
relazionali di riferimento, usando simboli, nomi e linee per
chiarire quali individui fanno parte di tali sistemi e che tipo di
relazione si ha con essi. Le informazioni ricavabili sono:
- Qualità e quantità delle risorse relazionali
- Direzione o flusso delle risorse (bidirezionale / univoca)
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Tramite l’ecomappa è quindi possibile conoscere i possibili sistemi di supporto (amicale, genitoriale, socio-
sanitario), le fonti di stress e le relazioni conflittuali che la famiglia si trova ad affrontare.
15.2 - GENOGRAMMA
Ideato da Bowen, è una rappresentazione grafica dell’albero genealogico della famiglia, comprendente le
3 generazioni. È uno strumento carta e matita in cui il soggetto rappresenta graficamente la struttura
familiare, includendo tutte le persone che hanno rivestito un ruolo
importante nel ciclo vitale della famiglia. In altre parole, è una sorta
di “mappa trigenerazionale” che fornisce informazioni sulla storia, i
legami e gli eventi critici che hanno caratterizzato quella famiglia.
Si presenta come una serie di quadrati e cerchi che simboleggiano
le persone, e di linee che indicano le relazioni (conflitti / alleanze). Vi
sono anche nomi, date, eventi critici (normativi / paranormativi).
Il genogramma ha il pregio di inserire le relazioni familiari in una
dimensione storico-evolutiva: è così possibile dare significato nel
“qui ed ora” ad eventi che riguardano più generazioni.
Le informazioni ricavabili, secondo McGoldrick, sono:
- Struttura della famiglia allargata
- Ciclo di vita e modo di gestire i cambiamenti
- Schemi ripetitivi di comportamento
- Esperienze di vita e funzionamento
- Schemi relazionali, triangoli e sottogruppi
- Bilanciamento / Sbilanciamento nella famiglia (ruoli, potere, differenze economiche o culturali)
Il GENOGRAMMA permette di studiare in un quadro più ampio la complessità delle relazioni e dei legami
familiari e l’interdipendenza tra questi e le esperienze significative di vita. Si è rivelato molto utile per far
emergere eventuali relazioni disfunzionali nel nucleo familiare di bambini con disturbi infantili.
Attraverso il genogramma si possono individuare anche i MITI FAMILIARI, ovvero le credenze condivise da
tutti i membri che concernono i reciproci ruoli familiari e la natura delle relazioni. La creazione del mito
nasce dal bisogno di dare senso ad avvenimenti di cui non si consoce la causa: diviene quindi una
“matrice di conoscenza” e rappresenta un potente fattore di unione e coesione all’interno della famiglia. Al
mito sono associati 3 immagini di ruoli familiari che Byng-Hall associa agli script della famiglia:
1. Immagini ideali (alle quali si cerca di adattarsi)
2. Immagini di ruolo disconosciute o ripudiate (alle quali non ci si deve conformare)
3. Immagini di ruolo condivise (ruoli su cui vi è accordo tra tutti i membri)
Il mito familiare è quindi una “regola”, un modello di valore con funzioni prescrittive al quale debbono
attenersi tutti i membri della famiglia, in quanto vincolati da debiti morali e legami di lealtà. Esso svolge una
importante funzione omeostatica, assicurando una coesione interna e una protezione esterna.
15.4 - RISONANZE
La RISONANZA si verifica quando un clinico è influenzato da sentimenti o temi che lo hanno colpito
profondamente e che lo riportano a degli elementi della sua vita. Tale “amplificazione” di elementi relativi al
passato può essere molto utile nell’incontro con la famiglia, ma può diventare paralizzante se non
analizzata. Infatti, solo se il clinico ha imparato ad utilizzare le emozioni che il sistema evoca e/o amplifica
della propria storia familiare, allora le risonanze permettono una lettura alternativa della realtà. Poiché,
secondo la Cibernetica di Secondo Ordine, un sistema umano è un sistema di costruzione della realtà in
relazione, le risonanze possono diventare una fonte di ipotesi circa la costruzione del mondo degli altri
membri del sistema. Secondo Elkaïm, il concetto di risonanza sottolinea la funzione del vissuto di una
persona per i membri del sistema umano al quale partecipa. Può essere paragonato ad un iceberg, la cui
parte visibile è come il controtransfert, il collegamento tra il passato di una persona e la sua esperienza in
un momento specifico. La parte sommersa, invece, rappresenta la funzione del vissuto di questa persona
come rafforzamento e protezione delle costruzioni del mondo e delle credenze profonde dei membri del
sistema umano a cui appartiene. In altre parole, le risonanze aumentano la capacità di cogliere i
movimenti relazionali utilizzando la dimensione emotiva.
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