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QUESTIONI EPISTEMOLOGICHE
L’Epistemologia (dal greco antico ἐπιστήμη?, epistème, "conoscenza certa ossia scienza" e
λόγος, logos, "discorso") è quella branca della filosofia che si occupa delle condizioni sotto le
quali si può avere conoscenza scientifica e dei metodi per raggiungere tale conoscenza.
L'epistemologia può essere considerata una parte della filosofia della scienza, la disciplina che
oltre ai fondamenti e ai metodi delle diverse discipline scientifiche si occupa anche delle
implicazioni filosofiche delle scoperte scientifiche.
Cosa sono le questioni epistemologiche?
Con concezione epistemologica indichiamo un insieme di convinzioni, di conoscenze e di
saperi scientifici, che tendono a dire che cosa sono le conoscenze dei singoli o di gruppi di
persone, il loro funzionamento, i modi per stabilire la loro validità, di acquisirle e di insegnarle e
di apprenderle.
La psicologia dell'età evolutiva è il settore della psicologia dello sviluppo che studia il processo
di crescita e organizzazione delle persone, legata alla crescita fisica e psicologica nell'ambiente
sociale, nel periodo che va dalla nascita ai 18 anni. Infatti in questo periodo la personalità va
acquistando, attraverso alcuni processi evolutivi, una maggiore autonomia e maturazione nella
comprensione della partecipazione affettiva e di socializzazione.
Solitamente questo processo viene diviso in cinque fasi:
Prima infanzia (da zero a due anni); Seconda infanzia (da due a sei anni); Fanciullezza (da sei a
dieci anni); Preadolescenza (da dieci ai 14) Adolescenza (dai 14 ai 18 anni).
La psicologia dello sviluppo è una branca della psicologia che studia i cambiamenti che si
verificano nel comportamento e nella personalità in funzione del tempo, dal momento del
concepimento fino al momento della morte. Si differenzia dalla psicologia dell'età evolutiva, la
quale prende in considerazione solo la fase di sviluppo che va dalla nascita all'adolescenza.
La psicologia dello sviluppo è stata oggetto di discussione per molti secoli. Lo sviluppo
dipende, nella maggior parte dei casi sia da fattori biologici che da fattori ambientali, ma è
ancora da stabilire in quale misura essi abbiano peso
La psicologia dello sviluppo prima era Linearità, ovvero si dava per scontato che ogni cosa
fosse uguale per tutti gli individui.
Al giorno d’oggi invece è Complessità, è sistemica, multidimensionale, ci sono tante variabili in
interazione tra loro e più sfaccettature dell’individuo, d’altronde
Sviluppo = Cambiamento
Tutti cambiamo, non siamo mai gli stessi, non sarà mai lo stesso di ieri, né sarai lo stesso di
domani, neppure volendolo
Soprattutto il cambiamento nel tempo non significa solo deterioramento.
Avere a che fare con il cambiamento significa essere PSICOLOGI DEL CICLO DI VITA.
Al giorno d’oggi non si parla più di limiti dell’età in cui si mettono in atto determinati processi,
ma di fasce d’età.
CAMBIAMENTO E VARIABILITÀ
La variabilità si differenzia in Variabilità inter e intra individuale.
● Variabilità interindividuale: IO sono diverso DALL’ALTRO. Ogni individuo è
diverso dal prossimo.
● Variabilità intraindividuale: Cambiamento continuo, un flusso che riguarda l’intero
ciclo di vita, non c’è una pausa o un periodo “definito”, non và diviso a fasi.
“Questa variabilità può essere rappresentata dall’arcobaleno che è formato da tanti archi, ora
immaginiamo che ognuno di questi rappresenti uno sviluppo, ad esempio il rosso quello della
memoria, il verde cognitivo ecc... Per ogni persona questo arcobaleno cambia, cambia sempre,
non è mai uguale, sia per la disposizione dei colori, sia per la loro intensità, lo stesso vale per LO
SVILUPPO DELLA PERSONA”.
IL CICLO DI VITA E’ UN FLUSSO INDIVIDUALE, il flusso evolutivo è proprio una continuità, il
divenire nel tempo.
Le Relazioni con cui abbiamo a che fare, nella crescita degli individui e dell’individuo stesso sono
complicate e possono subire cambiamenti davvero repentini.
IL SOGGETTO È UN SISTEMA
Il soggetto interagisce con altri soggetti.
Dobbiamo quindi guardare gli altri come un sistema.
SISTEMA comprende:
-SFERA PSICOLOGICA
-DOTAZIONE BIOLOGICA
-ORGANIZZAZIONE SOCIO-CULTURALE
Questi 3 fattori vanno a braccetto nel SISTEMA EVOLUTIVO..
SVILUPPO SIGNIFICA
Processo dinamico, mai uguale e stazionario.
Ci sono cambiamenti significativi che si manifestano in modo ordinato e mantenuti per lunghi
periodi temporali.
Ci sono delle cuspidi evolutive, alti e bassi e andamenti diversi degli individui.
La prospettiva attuale considera lo sviluppo come un processo che si snoda lungo tutto l’arco
della vita, in un flusso incessante in cui il passato si lega al presente nelle rappresentazioni
dell’individuo.
NONOSTANTE QUESTO PUR PARTENDO DALLA STESSA BASE SI PUO’ ARRIVARE
VERSO METE DIVERSE O ALLA STESSA MA CON
MODALITA’ DIVERSE, PUR RICEVENDO TUTTI LO STESSO STIMOLO.
LO SVILUPPO può essere LINEARE (Sequenza di stadi) e COMPLESSO (Trama Complessa).
DATI QUESTI CAMBIAMENTI a sua volta il concetto di sviluppo ha subito una modifica,
passando da un processo universale ad uno dinamico autogenerativo e di tensione verso
l’aumento della complessità.
Cosa accomuna psicologi ed educatori?
Sono coloro che lavorano sullo sviluppo armonico della persona.
L’educatore ha come scopo il benessere della persona, sociale, fisico e psicologico, per una
crescita armonica della persona.
Infatti l’OMS (organizzazione mondiale della sanità), dà una nuova definizione di “Salute” che non
comprende solamente l’assenza di malattie, ma comprende il benessere fisico, psicologico e
sociale, che viene riconosciuto come un diritto fondamentale di ogni individuo e addirittura come
una condizione necessaria per la “pace” nel mondo.
Esistono diversi tipi di sviluppo, tutti servono allo sviluppo “completo”, ma si sviluppano in
maniera e con tempi diversi.
IL CONTESTO
Il contesto a cui facciamo riferimento come educatori è relazionale, quindi fatto di relazioni
Tutto quello a cui facciamo riferimento va contestualizzato, per esempio il pensiero dei grandi
pensatori va contestualizzato, possiamo prendere in esame Freud, era un medico, sviluppa il suo
pensiero a Vienna, in una città elegante e raffinata ma allo stesso tempo austera: Freud parlava
di sessualità del bambino e malattie, di psicosi e psicoanalisi
Vygotsky definisce il linguaggio come uno strumento di natura sociale, difatti ha aperto le porte
al contesto proprio come una MATRICE DI SIGNIFICATO.
La matrice di significato che dà significato al comportamento. Difatti il contesto di per sé è pieno
di significati, ma è il contesto che contiene i significati, è intessuto nel comportamento stesso,
Il contesto ci dà informazioni utili a capire la rappresentazione diversa della situazione, è un
insieme di regolarità relazionali strettamente connesse agli ambiti in cui un individuo si realizza e
sviluppa.
Per esempio:
- Un bambino che proviene da una famiglia abbastanza disagiata e che ha dei comportamenti
“dannosi” come tagliare i capelli ai compagni, ruba merendine, fa dispetti;
- Oppure proviene da una buona famiglia e abita in una zona tranquilla compiendo le stesse
azioni
Le informazioni aggiuntive, nonostante il comportamento sia uguale, danno l’idea che nel
secondo potrebbe esserci un disturbo specifico e ciò va a cambiare il tipo di intervento da
attuare, quindi il contesto non è un comportamento è uguale, danno l’idea che nel secondo
potrebbe esserci un disturbo specifico e ciò va a cambiare il tipo di intervento da attuare, per cui
il contesto non è un elemento sommativo, ma è ciò che spiega il comportamento.
Riassunto capitolo 3.2 (psicologia dell’educazione) Bronfenbrenner + appunti
L’importanza del contesto e il modello bioecologico:
Gli studenti generalmente non la prendono da soli ma in collaborazione con gli insegnanti in
compagnia dei pari e con l’incoraggiamento della famiglia.Gli insegnanti,le famiglie e i pari fanno
parte del contesto degli studenti.Il contesto circonda interagisce con le sensazioni e le Azioni di
un individuo,per influenzarne lo sviluppo e l’apprendimento.I bambini crescono all’interno delle
famiglie, appartengono a particolari comunità etniche linguistiche religiose ed economiche.Questi
contesti Influenzano lo sviluppo di comportamenti credenze,incentivi e punizioni, tutte le fasi
dell’apprendimento e dello sviluppo. I contesti influenzano anche l’interpretazione delle azioni,per
esempio, se è uno sconosciuto si avvicina a un neonato, probabilmente il bambino scoppierà a
piangere quando si trova in un ambiente non familiare, mentre probabilmente non lo farà se lo
sconosciuto è a casa sua. Un altro esempio è il sentire squillare il telefono. Il significato dello
squillo e le sensazioni che esso suscita varieranno secondo il contesto: sono le tre di pomeriggio
o di notte?.
Lo sviluppo fisico e i contesti sociali in cui ci sviluppiamo vengono considerati da Bronfenbrenner
nel suo modello bioecologico come ecosistemi.
Secondo questo modello ogni persona vive all’interno di un microsistema, a sua volta incluso in
un mesosistema radicato in un esosistema, E tutti appartengono al macrosistema. Inoltre, lo
sviluppo si realizza ed è influenzato nella sua interezza dal contesto temporale, cioè dal
cronosistema.Del microsistema fanno parte le relazioni e le attività più strette e quotidiane.Per un
bambino il microsistema potrebbe essere formato dalla famiglia, dagli amici, dagli insegnanti e
dalle attività ludiche e scolastiche. Nel microsistema le relazioni sono reciproche e scorrono in
entrambe le direzioni: i bambini influenzano i genitori e i genitori influenzano i bambini. Il
mesosistema è formato dall’insieme di interazioni e relazioni tra tutti gli elementi del
microsistema: per esempio dalle interazioni tra i membri della famiglia o tra i membri della
famiglia e l’insegnante che poi a sua volta influenzano il bambino e sono relazioni reciproche.
L’esosistema include tutti gli ambiente sociali che incidono sul bambino anche se quest’ultimo
non ne fa direttamente parte. Possono essere un esempio le relazioni degli insegnanti con gli
amministratori e la dirigenza scolastica,i lavori svolti dai genitori,l’affiliazione religiosa della
famiglia. Il macrosistema è la società nel suo complesso, con i suoi valori, leggi, convenzioni e
tradizioni.
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Man mano il bambino cresce viene inserit nel contesto educativo della scuola,quindi un nuovo
sistema.Continuando il bambino cresce e il soggetto entra a far parte di ancora più contesti,tutto
ciò ne influenza lo sviluppo,soprattutto LO SVILUPPO SOCIALE.
FAMIGLIE:
Il primo contesto in cui il bambino si sviluppa è l’utero materno, Quindi l’influenza della famiglia
inizia prima della nascita, ma in seguito si manifesteranno molti nuovi tipi di influenza.
STRUTTURA FAMILIARE:
Oggi i bambini fanno sempre più parte di famiglie ricomposte con nuovi fratelli e sorelle che
entrano ed escono dalle loro vita.alcuni vivono con una zia o con i nonni, o in case famiglia o
famiglie adottive. Molti altri Crescono in famiglie allargate, insieme con i genitori, gli zii e cugini,
sotto lo stesso tetto o comunque interagiscono tra di essi con reciproci contatti quotidiani,
Diventa quindi importante evitare pregiudizi su eventuali situazioni di disagio evitando espressioni
come “i tuoi genitori” o “mamma o papà”, e dire invece “la tua famiglia”. Quindi
indipendentemente da chi educhi i bambini, la ricerca mostrato come Sia significativa la qualità
delle relazioni e degli stili genitoriali per il benessere dei figli.
STILI GENITORIALI:
Vengono distinti sulla base degli alti o bassi livelli di calore e controllo dei genitori quattro stili
genitoriali:
-I genitori autorevoli (Alto Calore, alto controllo): sono genitori che definiscono le regole e si
aspettano un comportamento maturo dei propri figli,ma allo stesso tempo sono affettuosi con i
propri figli. Questi genitori aiutano i bambini a riflettere sulle possibili conseguenza delle loro
azioni.
-I genitori autoritari (basso calore, alto controllo):
Questi genitori appaiono freddi e critici nelle loro interazioni con i figli.I bambini devono fare tutto
ciò che il genitore dice altrimenti le punizioni sono severe,ma non violente. Questi genitori amano
i figli, ma non dimostrano apertamente il proprio affetto,infatti si parla poco di emozioni.
-I genitori permissivi (alto calore, basso controllo): sono genitori affettuosi e attenti, ma non
richiedono da parte del bambino un comportamento maturo e non danno regole ai figli.
-I genitori respingenti/negligenti/non coinvolti (Non sembrano preoccuparsi affatto dei loro figli):
non li controllano,non comunicano con loro, ne insegnano.
I genitori autorevoli, Autorevoli e permissivi amano i loro figli e cercano di fare del proprio meglio;
Hanno solo due diverse su quale sia il miglior modo di essere genitore,di conseguenza in base
allo stile genitoriale su cui cresce un bambino cambieranno i suoi comportamenti e le sensazioni.
CULTURA E GENITORALITA’:
Gli stili genitoriali molto spesso dipendono dalla cultura in cui si cresce. Ad esempio nelle città
viene utilizzato uno stile genitoriale severo e autorevole, con chiare regole conseguenze, unito ad
alti livelli di calore e sostegno emotivo che porta a una maggiore maturità emotiva nei bambini,
ma un bambino che ad esempio vive in quartieri urbani molto pericolosi ha bisogno di un
controllo dei genitori più stretto.
ATTACCAMENTO: Legame emotivo che si forma tra le persone.
Il primo attaccamento avviene tra figlio e genitore o altri Caregivers ( indica colui che si prende
cura). I bambini che formano attaccamenti sicuri con il Caregiver sono più fiduciosi nell’esplorare
il proprio mondo, perché sanno di poter contare sul cargiver; I bambini che formano attaccamenti
insicuri possono essere timorosi, Triste, ansiosi, assillanti, respingenti nelle interazioni con i
caregiver.
PARI:
I bambini si sviluppano anche all’interno del gruppo dei pari.si distinguono due tipi di gruppi pari:
le cricche e i gruppi.
-Le cricche: Sono gruppi a base amicale che includono pari dello stesso sesso e della stessa età
che condivide interessi comuni e svolgono attività simili.Questi gruppi forniscono un contesto
sociale stabile e soddisfano i bisogni emotivi e di sicurezza dei giovani, formando amicizie intime.
-I gruppi: sono gruppi di più persone basati su interessi, attività, atteggiamenti, o reputazione
condivisi,i gruppi più comuni sono ad esempio quelli dei partiti dello sport, dei cervelloni, dei
nerd, dei popolari. Gli studenti non entrano necessariamente in un gruppo,ma molto spesso
vengono assegnati o associati a gruppi da altri studenti sulla base della reputazione e degli
stereotipi.Gli studenti possono oppure no relazionarsi con gli altri all’interno di questi gruppi.
Questi gruppi vengono definiti come una stazione ho un segnaposto dell’identità durante la prima
e la piena adolescenza, i gruppi perdono importanza nella tarda adolescenza,quando molti
adolescenti prendono consapevolezza che l’affiliazione a particolari di gruppi soffochi l’ identità e
l’espressione di sè.
CULTURE DEI PARI:
È l’insieme di regole degli studenti su come vestirsi, parlare, pettinarsi e interagire. Il gruppo
determina quale attività svolgere, quale musica ascoltare, Quali altri studenti apprezzare e quali
altri no.
Per comprendere il potere dei pari di una lizzare situazioni in cui i valori e gli interessi dei genitori
entrano in conflitto con quelli dei pari, e osservare quale sia l’influenza dominante.Non tutti gli
aspetti delle culture dei pari sono negativi o crudeli; In alcuni gruppi ci sono norme positive che
promuovono il successo scolastico.
AMICIZIE: Le amicizie hanno un’importanza centrale nella vita degli studenti di ogni età, le
relazioni dei pari influenzano la motivazione degli studenti e rendimento scolastico(ad esempio
essere esclusi da un gruppo,avere conflitti..). Si è dimostrato che studenti privi di amici avevano
risultati scolastici peggiori è un numero inferiore di comportamenti sociali positivi, ma ciò che
conta in una relazione tra pari sono anche le caratteristiche degli amici e la qualità delle amicizie,
Infatti avere relazioni stabili e di supporto con amici socialmente competenti e motorie accresce
lo sviluppo sociale, protegge gli studenti con problemi emotivi e sostiene i sensi durante i periodi
difficili.tuttavia, l’amicizia non hanno sempre un’influenza positiva.
POPOLARITÀ’:
È la valutazione che viene assegnata allo studente dai tuoi pari,dai genitori e dagli insegnanti. Si
possono individuare quattro categorie di bambino:
-Bambini popolari: Hanno valutazioni molto buone, possono comportarsi in modo positivo o
negativo.
-Bambini rifiutati: hanno valutazioni negative per la loro aggressività, in maturità, per essere chiusi
e socialmente incompetenti.
-Bambini controversi: Dimostrano comportamenti sociali sia positivi sia negativi.
-Bambini trascurati o isolati: sono quasi invisibile, I loro pari non li menzionano.
CAUSE E CONSEGUENZE DEL RIFIUTO:
Molti bambini sperimentano con i pari alcuni tipi di problemi: come ad esempio rifiuto, il
bullismo, e altre difficoltà.Gli studenti aggressivi, introversi, disattenti, e iperattivi hanno maggiori
probabilità di essere rifiutati, e inserite in classi con cliques (le cricche) o gruppi definiti,ma
questo dipende anche dal contesto della classe,nelle classi in cui livello generale di aggressività è
alto, l’ggressività ha minori probabilità di tradursi in rifiuto dei pari e viceversa cioè se si parla di
introversione.Quando gli studenti vengono rifiutati, possono sviluppare disagio e sofferenza
emotiva come depressione o pensieri suicidi, problemi comportamentali o di salute e difficoltà a
scuola.I bambini rifiutati hanno minori probabilità di partecipare alle attività di apprendimento
della classe, e questo influenza il rendimento scolastico, essi hanno maggiori probabilità di
abbandonare la scuola da adolescenti, per esempio gli studenti aggressivi hanno maggiori
probabilità di commettere crimini da adulti. Un insegnante dovrebbe essere a conoscenza del
rapporto degli studenti con il gruppo e sapere se qualcuno è emarginato e intervenire,in quando
un intervento adulto spesso può correggere questo tipo di problemi.
Lo sviluppo sociale del bambino viene descritto tramite il MODELLO BIOPSICOSOCIALE di
Bronfonbrenner secondo cui il bambino nasce e viene introdotto da subito in un micro contesto
sociale che è la Famiglia.
: Man mano il bambino cresce e viene inserito nel contesto educativo della scuola, quindi un
nuovo sistema.
Continuando il bambino cresce e il soggetto entra a far parte di ancora più contesti, tutto questo
influenza lo sviluppo, soprattutto lo SVILUPPO SOCIALE.
Famiglia e scuola = agenzie di socializzazione primarie. Nel corso della nostra vita le prime
influenze vengono date dai vari sistemi, spesso i primi amici con cui entriamo in relazione sono
persone che hanno scelto i nostri genitori, ma man mano che si cresce scegliamo noi con chi
interagire.
Un esempio è il piccolo cerchio che si crea quando a mare lanciamo una pietra in
acqua, questo cerchio si allarga sempre di più mantenendo sempre verde il collegamento con il
piccolo cerchio. Secondo Bronfenbrenner l'ambiente è descritto come un insieme di strutture
definite ciascuna dentro l'altra come una matrimoniale.
Microsistema = Famiglia (madre e padre e famiglia)
Mesosistema = È dato dall'interazione tra i micro sistemi scuola, educazione, coetanei;
Esosistema = Amministrazione sociale, rete sociale, luogo di lavoro;
Macrosistema = Eventi storici, cultura e politica.
Interazione è quindi la parola chiave dei sistemi.
PRIMA INFANZIA (0-3):
La relazione è data proprio dalla capacità del bambino di esprimere i propri bisogni e la capacità
di chi va ad interagire con il bimbo a soddisfare i bisogni.
ETÀ PRESCOLARE:
In età prescolare c'è la fuoriuscita dal microsistema primario (famiglia); il bimbo comincia ad
andare a scuola, dove ha inizio la propria autonomia. Inizia a seguire una propria iniziativa. A poco
a poco si autoregola, grazie alla Teoria della mente. In seguito vi sviluppa l'identità di genere.
qui, si creano 2 nuovi microsistemi:
NIDO = esperienza di distacco dalla famiglia, nuove figure di riferimento, prime esperienze di
gruppo (6-7 bambini);
SCUOLA DELL'INFANZIA = esperienza di distacco dalla famiglia, nuove figure di riferimento,
prime esperienze di gruppo(20-25 bambini).
CAPITOLO 1 (la psicologia dell’educazione):
La psicologia dell’educazione si riferisce allo studio dello sviluppo, dell’apprendimento, della
motivazione, dell’insegnamento. È un tempo il ruolo dello psicologo dell’educazione è stato
limitato all’intervento per quei soggetti con bisogni speciali principalmente all’interno di contesti
scolastici e il suo ruolo predominante era quello di fare diagnosi e definire l’intervento a scuola al
fine di promuovere l’inclusione e il benessere dello studente portatore del bisogno speciale. Oggi
la professionalità dell’Roxi colobo dell’educazione sia ampliata e non si limita ai soli interventi di
inclusione scolastica per bambini con bisogni educativi speciali.Ma si includono attività di
consulenza, valutazione, intervento, ricerca e formazione sia per un singolo individuo sia per i
gruppi di individui. La scuola rappresenta insieme alla famiglia e al gruppo dei pari, un contesto di
importanza centrale per l’educazione e la crescita dei ragazzi,essa ha il compito di garantire il
diritto allo studio e consentire a tutti il possesso di quelle conoscenze e competenze che
costituiscono la base per un inserimento proficuo nella società e nel mondo del lavoro.
LA RESPONSABILITÀ’: operare come psicologo educazione richiama fortemente il tema della
responsabilità educativa che abbraccia diversi contesti in cui l’individuo cresce e si relaziona, a
partire dalla famiglia, la scuola è dal gruppo di pari. Lo psicologo dell’educazione, in quanto
adulto e professionista, assume un ruolo educativo centrale ed è chiamato a rispettare e
promuovere quelle norme sociali e morali condivise dalla collettività. La psicologia
dell’educazione risponde e incoraggia lo sviluppo di valori quali uguaglianza, equità, e la
promozione di un atteggiamento responsabile ,quindi l’educazione è un’impresa comunitaria il cui
professionista opera all’interno di sistemi educativi per promuovere la creazione di una comunità
educante all’interno della quale interagiscono diversi soggetti educanti: famiglia,
scuola,istituzioni.
LIVELLO DI INTERVENTO:
Si possono distinguere quattro livelli o ambiti di intervento. Il primo livello ha l’obiettivo di
delineare azioni di ricerca e formazione rivolte a una vasta utenza con il fine principale di
pianificare interventi di prevenzione.
I contesti di riferimento sono ad esempio i servizi socio-sanitari locali, gli enti e lei istituzioni
che si occupano di educazione. I compiti dello psicologo dell’educazione, all’interno di un
intervento universale, possono essere ad esempio, lo sviluppo di metodologie di indagine di un
fenomeno, la raccolta, analisi dei dati,divulgazione dei risultati, la formazione e la supervisione di
coloro che si occupano di educazione. Sarà compito dello psicologo dell’educazione stabilire la
metodologia di utilizzare per lo svolgimento dell’intervento, decidendo quali strumenti di utilizzare,
definendo, inoltre, i tempi della raccolta dati e la modalità di restituzione dei risultati. A scuola, per
esempio, l’intervento si concretizza anche nella creazione di un ambiente supportivo e
accogliente per gli studenti al fine di facilitare il coinvolgimento delle famiglie nelle attività
scolastiche. Questa tipologia di intervento è chiamato universale in quanto l’utenza coinvolta è
rappresentata da un gruppo numeroso di soggetti che non presentano specifici problemi difficoltà
o fattori di rischio.
Il secondo livello di intervento è pensato per un gruppo maggiormente ristretto e ha il compito di
svolgere un’attività di consulenza al fine di facilitare l’integrazione di coloro che manifestano
specifiche difficoltà o che sono portatori di bisogni speciali senza fattori di rischio specifici. in
questo caso lo psicologo della educazione può ad esempio collaborar e con lo staff di una scuola
al fine di definire quali siano le politiche educative più indicate per l’inclusione degli alunni con
bisogni educativi speciali, quindi compito primo dello psicologo dell’educazione è quello della
formazione e il monitoraggio delle attività svolte a scuola.
Il terzo livello implica l’intervento dello psicologo in contesti educativi in cui siano presenti fattori
di rischio che mirano al benessere di coloro che ne fanno parte. In questo caso il compito dello
psicologo dell’educazione non ha il compito soltanto di formare, quindi della formazione, ma
richiede un intervento diretto, per esempio nella progettazione di azioni specifiche spesso
precedute da una valutazione iniziale della situazione. Utilizzando di esempio, progetti condotti
per la riduzione del fenomeno del bullismo. La presenza dello psicologo dell’educazione diviene
necessaria al fine di ridurre i fattori di rischio evitando l’aggravarsi della situazione. Questo
intervento implica l’utilizzo di metodologie precise per sviluppare piani di azione e la riduzione dei
problemi di condotta.al fine di creare un contesto supportivo è necessario che vengono
considerati parte del processo educativo l’insegnante le famiglie.
Il quarto livello è più specifico e si riferisce a quelle situazioni in cui fattori di rischio sono
manifestati allo psicologo è chiamata a svolgere interventi specifici individualizzati. La situazione
di urgenza può essere esplicitato da uno stato di malessere o sofferenza psicologica grave
manifestato. In questi casi lo psicologo dell’educazione può intervenire a livello individuale
lavorando insieme con altre professionalità scolastiche e con la famiglia, al fine di comprendere e
supportare alunno in difficoltà. Questi interventi includono ad esempio il supporto psicologico a
scuola o l’invio ai servizi socio-sanitari dei casi più complessi e l’accordo con la famiglia e
personale scolastico.
PREVENZIONE A SCUOLA:
La scuola è uno dei contesti più frequentati all’interno del quale lo psicologo di educazione opera,
in quanto essa è considerata un contesto di sviluppo fondamentale del ciclo di vita. Il ruolo della
psicologia dell’educazione e da tempo riconosciuto da più fronti: nella formazione dei docenti
rispetto i fattori cognitivi (Pensiero, comprensione, apprendimento, soluzione di problemi,)e quelli
affettivi(Emozioni, motivazione, differenze individuali, credenze)a quelli socio-relazionali(Clima
classe, gestione del gruppo classe, comunicazione). In particolare, sviluppare le abilità affettive e
relazionali degli studenti è una forma di intervento di prevenzione frequente se gli studenti
mostrano di avere scarse capacità relazionali ed emotive. Poi sistemi di prevenzione servono per
evitare o limitare le difficoltà nella gestione della classe stessa.
SCUOLA COME COMUNITÀ’:
È importante avere nei confronti della propria scuola un senso di appartenenza.Gli studenti con
maggior senso di appartenenza infatti hanno la percezione che la scuola sia più piacevole sono
più coinvolti in attività scolastiche e meno inclini a manifestare comportamenti a rischio .Gli
insegnanti possono favorire il senso di appartenenza promuovendo l’abilità relazionali come
l’empatia, la cooperazione ,il senso di responsabilità e rispetto reciproco.
Per un docente saper gestire le dinamiche relazionali in classe significa creare un ambiente di
apprendimento caratterizzato dal rispetto e della partecipazione attraverso delle regole chiamate
strutture partecipate, ossia delle regole appunto formali e informali che indicano come prendere
parte a una data attività.Molto spesso però vi sono degli studenti che sembrano meno preparati
di altri a prendere parte l’attività e per creare un clima partecipativo che garantisca a tutti gli
studenti l’accesso all’apprendimento è necessario assicurarsi che tutti sappiano come
partecipare all’attività di classe. In alcuni casi è necessario l’insegnamento diretto del
comportamento adeguato.
GESTIONE DI SE’:
È necessario però spostare il focus sull’apprendimento autoregolato, ossia
insegnare agli studenti come assumersi le proprie responsabilità.attraverso l’autocontrollo infatti
gli studenti danno prova di responsabilità a prendendo l’auto controllo facendo scelte e
affrontandone le conseguenze, pianificando il proprio tempo,sviluppando relazioni di fiducia con
insegnanti e compagni classe. Questo porterà a dei risultati a lungo termine.
TEMPO PER L’APPRENDIMENTO:
Per gestire al meglio la classe un obiettivo importante è aumentare il tempo dedicato
all’apprendimento, in quanto vi è una relazione tra il tempo trascorso nell’insegnamento di un
argomento è la capacità di apprendimento dello studente. Molto spesso durante l’attività
scolastica si verificano frequenti interruzioni proprio per questo il tempo reale per
l’apprendimento di solito è molto breve, Quindi deve essere utilizzato in maniera efficace per
permettere di rielaborare le informazioni apprese e saper applicare quanto imparato.(tempo di
studio: Coinvolgimento effettivo degli studenti in ciò che sta prendendo e comprendendo sul
serio).è importante infatti mantenere gli studenti attivamente coinvolti in attività di apprendimento
adeguate e produttive.
COINVOLGIMENTO:
Per coinvolgere lo studente all’apprendimento è necessario la supervisione da parte degli
insegnanti e adottare attività che offrono un collegamento con la loro esperienza pratica
quotidiana e che dà loro degli stimoli.
LA RELAZIONE DOCENTE-STUDENTE:
È importante che all’interno di una classe vi sia una relazione positiva docente-studente.
Il ruolo del docente non si esaurisce nel trasmettere conoscenza gli studenti ma si oggettiva nella
costruzione di un rapporto di fiducia con gli allievi, nella trasmissione di norme e valori condivisi e
nella valorizzazione delle potenzialità di ogni singolo studente. Durante l’infanzia l’esempio
l’insegnante è fonte di regolazione dei comportamenti emotivi e sociali in quanto il bambino, ha la
necessità di apprendere e sperimentare una serie di abilità che coinvolgono la comprensione delle
proprie e altrui emozioni. Nel rapporto docente-studente le interazioni sono mutualmente influenti
e si modificano a seconda delle caratteristiche individuali di studenti e docenti che dipendono da
fattori come la personalità la storia di vita l’età, il genere. Gli studi fatti a degli adulti hanno
analizzato i loro ricordi delle relazioni sociali intessute con i docenti indagando quali eventi, sia
positivi sia negativi, riuscissero a rievocare soggetti relativamente alla nuova esperienza scolastica
passata.i risultati hanno mostrato che la maggior parte degli eventi revocati fosse relativo alla
scuola secondaria di secondo grado.(Episodi positivi: quando ero in quinta alla scuola primaria
ricordo ancora che la mia insegnante prese il mio disegno come esempio e lo mostro gli studenti
delle altre classi.mi sono sentito veramentegratificata.)
(Esempi negativi: la mia professoressa di inglese prendeva di mira le persone timida e riservata e
come me. Le piaceva prendermi in giro, talvolta anche pesantemente, anche se ero molto brava la
sua materia. Mi chiamava incapace davanti a tutti, mi sono sentita umiliato e ho perso ogni
motivazione verso scuola.).
Da questi studi si è dimostrato che gli studenti mostrano apprezzamento verso quei docenti che
esibiscono una vicinanza affettiva nei loro confronti e riescono a offrire un supporto emotivo, in
quanto riescono a creare un clima scolastico di accoglienza che facilita l’apprendimento.Il
rapporto docente-studente cambia nel corso degli anni, nel passaggio da un ordine di scuola
all’altro, mala qualità della relazione rappresenta sempre un fattore principale per la buona
riuscita scolastica. Il docente deve trasmettere delle conoscenze ma anche accogliere il vissuto
emotivo dello studente, In quanto relazioni positive e stimolanti con gli insegnanti facilitano una
maggiore partecipazione attiva ,sviluppano una maggiore capacità critica.
ASCOLTO EMPATICO: Promuove relazioni positive a scuola nei contesti educativi.
Ascolto empatico vuol dire ascoltare le intenzioni e le emozioni che stanno dietro ciò che è
un’altra persona dice e rifletterle in una parafrasi.a scuola l’insegnante può utilizzare un ascolto
empatico cercando di ascoltare lo studente, è troppo presto consigli, soluzioni, quesiti, critiche, Di
conseguenza gli studenti iniziano a fidarsi dell’insegnante e possono parlare più apertamente.
ASSERTIVITÀ’:
Una corretta gestione della classe passa attraverso una metodologia chiamata modalità di
didattica assertiva, ossia uno stile di risposta chiaro, fermo e non ostile.Una risposta assertiva
comunica agli studenti che l’insegnante si preoccupa di loro e del loro processo di
apprendimento. Gli insegnanti assertivi esplicitano in maniera netta cosa si aspettano, spesso
guardano gli studentinegli occhi quando parlano utilizzando un tono di voce calmo, ma allo
stesso tempo fermo. In contrasto con la modalità didattica assertiva vi sono da parte degli
insegnanti dei comportamenti passivi o aggressivi. Insegnanti passivi chiedono agli studenti di
provare a ragionare sul comportamento adatto sperato o, al contrario, ignorano un
comportamento che dovrebbe provocare una loro reazione. Gli insegnanti aggressivi, Invece si
esprimono troppo duramente nei confronti dello studente mostrando un atteggiamento di rabbia.
DISAGIO RELAZIONALE A SCUOLA: A scuola sin dall’infanzia sono sempre più tollerati
comportamenti aggressivi intenzionali che non sono soretti dalla consapevolezza dei danni
arrecati ma soprattutto non sono soggetti all’adozione di emozioni morali come quelli della colpa,
della vergogna e dell’imbarazzo che consentono di attivare meccanismi di riparazione e quindi
assunzione di responsabilità individuali. Spesso ragazzi vittime di aggressioni vivono in maniera
dolorosa e angosciante la loro situazione sentendosi vittima in quanto spesso trovano adulti e
contesti che tendono a sdrammatizzare.
FAVORIRE LE RELAZIONI INTERPERSONALI NEL CONTESTO SCOLASTICO.
La scuola, oltre essere un luogo di crescita culturale, è un contesto di socializzazione
fondamentale, in cui l’alunno stringe relazioni interpersonali significative, influenzato
dall’atteggiamento positivo degli insegnanti.Con il termine relazione ci si riferisce a un sistema
complesso e sfaccettato che coinvolge due o più individui. Una relazione è il risultato
dell’interazione tra le caratteristiche interindividuali e interpersonali dei soggetti coinvolti.Le
relazioni nel contesto educativo influenzano lo sviluppo dell’abilità sociali ed emotive quali
esempio l’autostima e l’autoregolazione, ma anche aspetti più specifici dell’apprendimento e
portano a positive ricadute sul rendimento scolastico.Un ruolo importante è determinato dagli
insegnanti, ad esempio gli insegnanti autorevoli che definiscono chiaramente limiti, coerenti, è che
facciano applicare le regole con fermezza, ma non in modo punitivo, rispettando gli studenti e
mostrando un interesse autentico sono utili al discente se esso vive ad esempio in un contesto
familiare caotico e insicuro. Essere valorizzati e rispettati degli insegnanti delle scuole rappresenta
un fattore di protezione anche nelle relazioni tra pari.Quali punti deve definire un insegnante per
essere un adeguato insegnante? Qui parliamo della posizione del Catering che implica due aspetti
imprescindibili, ossia l’accettazione dello studente, inteso come persona nella sua interezza, da
parte dell’insegnante e azioni concrete che rappresentino una traduzione in atti di tale
disponibilità. Il docente deve essere in grado di offrire un efficace sostegno al discente: deve
avere la capacità di mostrare interesse per le caratteristiche individuali degli allievi,deve avere la
disponibilità a incoraggiare e incentivare sentimenti positivi, tramite rispetto e apprezzamento; la
capacità di trasmettere i contenuti della materia coinvolgendo e interessando; deve in generale
controllare la classe e quindi avere una gestione della classe che consental’instaurarsi di un clima
di serena collaborazione. La dimensione Caring per gli studenti si sviluppa su due fronti: la cura
scolastica, ovvero stabilire aspettative elevate aiutando gli studenti a soddisfarle; la cura
personale, essere accoglienti e rispettosi, interessati alle domande ai problemi personali degli
allievi.
Troviamo quattro dimensioni fondamentali che definiscono il docente Caring:
1)IL MODELING: Riguarda l’interesse che il docente dimostra nei confronti della propria disciplina
di insegnamento, un insegnante Caring dovrà rendere interessanti e coinvolgenti le sue lezioni,
promuovendo l’apprendimento strategico e un ruolo attivo degli studenti.
2)LA DEMOCRATICITÀ DELLE INTERAZIONI: Che si situa a due livelli distinti: quello dello stile
comunicativo del docente che è Caring se si rileva disposto a una comunicazione reciproca e
quello dell’equità e del rispetto, quindi dire sempre la verità, dare fiducia, qualità che si
contrappongono al mettere in imbarazzo, all’ironia o alla squalifica.
3)LE ASPETTATIVE BASATE SULL’INDIVIDUALITÀ: il docente Caring rispetta l’individualità dello
studente e come persona.Esso infatti terrà in considerazione,del ragazzo ,le peculiarità
cognitive ,quindi limiti,doti possibilità e si accerterà che lo studente abbia preso un determinato
contenuto,offrendosi di aiutarlo in caso contrario.
4) LA NURTURANCE: Riguarda la funzione di valutatore del docente: esso non enfatizza i
fallimenti, e valorizza l’errore come occasione di apprendimento, incoraggia e loda per un lavoro
ben fatto.
Secondo Viggo Ski, i nonni determinato punto dello sviluppo di un bambino è sul punto di
risolvere certi problemi esso infatti afferma che i processi che non sono maturati di colpo, ma
durante un periodo di maturazione. si parla quindi di zona di sviluppo prossimale e ho Z SP ossia
la fase in cui un bambino può arrivare a padroneggiare un’attività se riceve aiuto e sostegno e
misura appropriata, è l’area che intercorre tra le attuali performance del bambino e il livello che
egli potrebbe raggiungere con la guida di un adulto. Spesso un adulto usa comandi verbali e
modelli per aiutare un bambino a risolvere un problema o svolgere un compito, questo tipo di
supporto viene chiamato scafo holding, un supporto per l’apprendimento è la soluzione di
problemi.l’aiuto può consistere nell’offrire spunti, promemoria, incoraggiamenti, presentare il
problema scomposto in passaggi esempi, o da qualsiasi aiuto o suggerimento che possa
permettere allo studente di raggiungere i propri obiettivi e diventare autonomo
nell’apprendimento.
I jet definire lo sviluppo come la costruzione attiva di conoscenza è l’apprendimento come la
formazione passiva di associazioni. Era interessato alla costruzione della conoscenza e riteneva
che lo sviluppo cognitivo dovesse venire prima dell’apprendimento (il bambino doveva essere
cognitivamente pronto a imparare.) Affermò che l’apprendimento è subordinato allo sviluppo il
mio contrario. La vera conoscenza avviene solo quando il bambino ha sviluppato l’operazione di
inclusione della classe, ovvero il fatto di una categoria o trovarsi all’interno di un’altra. Viggo Ski
invece sostenne che l’apprendimento fosse un processo attivo che non aspetta che le persone
siano pronte. Secondo questa concezione l’apprendimento è come uno strumento per lo
sviluppo: imparare spinge spinge lo sviluppo a livelli superiori all’interazione sociale non è una
chiave.i costi per cui l’apprendimento spinge lo sviluppo a livelli superiori e a forme di pensiero
più avanzate significa che le altre persone, tra questi insegnanti, hanno un ruolo significativo nello
sviluppo cognitivo. Ciò non significa che egli pensasse che la memorizzazione mento.quando gli
insegnanti cercano di comunicare direttamente le loro emozioni, il risultato può essere
un’acquisizione di parole senza senso che c’era un vuoto di comprensione. Con le parole di
Viggo Ski, l’insegnante spiega interroga e corregge e costringe il bambino a spiegare.
All’interno della teoria di Vygotskij troviamo dei limiti: il limite principale è che essa consiste
principalmente di idee generali. Vygotskij è morto prima di poter rispondere ed elaborare le
proprie idee e proseguire la propria ricerca.i suoi allievi hanno continuato a studiare quanto da
lui proposto, ma molto del loro lavoro è censurato dal regime di Stalin e fino agli anni 50 e 60.
Ulteriore limite potrebbe essere che Vygotskij non ebbe il tempo di descrivere dettagliatamente
le applicazioni delle sue teorie l’insegnamento, anche se era molto interessato all’istruzione.così
molte delle applicazioni oggi opere di altri e non sappiamo neppure se vi costa sarebbe stato
d’accordo con loro.è chiaro che alcuni suoi concerti come quello della zona di sviluppo
prossimale e, sono stati salvati interpretati in modo errato.
CAPITOLO 4:Lo sviluppo cognitivo
Studiare lo sviluppo cognitivo significa indagare come incrementano le nostre conoscenze e le
abilità di comprensione e ragionamento su noi stessi, sulla realtà fisica e sociale. La cognizione
comprende un insieme vasto ed eterogeneo di processi,
Tutti gli approcci presentati si sono sviluppati nel corso del Novecento. A inizio secolo in
America sotto l'influenza della flosofia empiristica prendera avvio il comportamentismo.In
questo tipo di approccio l’attenzione va rivolta al comportamento e non alla mente.
In quest'ambito sono stati identificati alcuni meccanismi di apprendimento che mostrano quanto
il nostro agire possa essere influenzato dalle stimolazioni ambientali e dall'esperienza. In
Svizzera Piaget propone un'idea costruttivista di sviluppo [Piaget 1926];
contemporaneamente un gruppo di studiosi sovietici danno il via all'approccio storico culturale.
Successivamente, in esplicita contrapposizione al comportamentismo, emerge l'approccio
dell'elaborazione delle informazioni ,il cui intento è indagare il funzionamento dei processi della
mente. Più recenti sono l'approccio neopiagetiano (Pascual-Leone e Goodman ) e
neurocostruttivista (Karmiloff-Smith )che riprendono alcuni concetti di Piaget e dell'elaborazione
di informazioni integrandole con nuove idee.
Secondo l'approccio costruttivista lo sviluppo è il frutto delle operazioni che il soggetto
conoscente compie per conoscere la realtà. Nell'ambito della psicologia, Jean Piaget può
essere considerato il padre fondatore del costruttivismo. Tra i suoi scritti maturi ritroviamo
descrizioni estremamente accurate dei comportamenti dei suoi tre figli e meticolose trascrizioni
di colloqui condotti con i numerosi bambini intervistati dal suo gruppo di ricerca nel laboratorio
da lui diretto. Il suo principale interesse nell'osservare attentamente i bambini e interagire con
loro era scoprire come essi ragionano e come scoprono nuovi strumenti cognitivi. Ciò che
Piaget trovava sorprendente era che bambini di una stessa età, che non si conoscevano tra
loro, tendessero a rispondere in modo simile ai quesiti standard che lui poneva. I bambini di una
certa età fornivano in maggioranza risposte simili perché erano allo stesso stadio evolutivo.
Secondo Piaget, bambini di età differente posseggono strutture di pensiero differenti, sono a
due diversi stadi di sviluppo. Secondo la sua teoria, L'essere umano passa attraverso differenti
stadi di sviluppo: dalla nascita fino all'ingresso in adolescenza evolviamo gradualmente
attraverso quattro stadi qualitativamente diversi fino al raggiungimento delle abilità di pensiero
tipiche dell'adulto. I quattro stadi corrispondono a periodi di vita differenti. passaggio da uno
stadio a un altro, sebbene costituisca un cambiamento qualitativo, non è da intendersi come un
improvviso mutamento dell'intero sistema cognitivo, bensì come il frutto di diverse «scoperte»
parziali, dell'invenzione da parte del bambino in un certo arco di tempo di singole operazioni
mentali, seguite da un lento e laborioso processo di generalizzazione di tali operazioni mentali a
contenuti e domini di conoscenza diversi. nel primo stadio chiamato sensomotorio troviamo sei
sottostadi:Nel primo sottostadio (0-1 mese, esercizio dei riflessi) osserviamo come il bambino
metta in atto i primi schemi sensomotori, cioè i riflessi primari (ad esempio il riflesso di
prensione); nel secondo sotto-stadio (1-4 mesi, reazioni circolari primarie) il bimbo esegue
ripetutamente alcune azioni, ad esempio aprire e chiudere ripetutamente una mano; inoltre
emergono le prime forme di coordinazione di schemi, ad esempio afferrare e poi succhiare un
oggetto.
Nel terzo sottostadio (4-8 mesi, reazioni circolari secondarie) può accadere che il bambino,
dopo aver casualmente messo in atto un'azione che ha prodotto un interessante spettacolo
nell'ambiente esterno, sia intento nel ripetere questa azione, ad esempio urtare più volte un
giocattolo che ha prima casualmente scontrato facendolo oscillare. Nel quarto stadio (8-12,
coordinazione degli schemi acquisiti) emerge la capacità di coordinare più schemi per un
obiettivo, tanto che il comportamento del bimbo può apparirci intenzionale, ad esempio può
rimuovere un oggetto che ostacola la possibilità di afferrarne un altro. Nel quinto (12-18 mesi,
reazioni circolari terziarie) il bimbo non si limita più a ripetere un'azione che ha prodotto uno
spettacolo interessante, ma introduce delle variazioni all'azione come per studiarne gli effetti,
ad esempio lasciar cadere o lanciare un oggetto in modi o posizioni diverse. Infine, nel sesto
sottostadio (18-24 mesi, invenzione di mezzi nuovi)
osserviamo come il bambino non si muova più solo per tentativi, ma sembri àver progettato le
azioni da compiere. Gli schemi prima solo sensomotori, azioni fisiche, divengono poi schemi di
azioni pensate prima di metterle in atto, schemi mentali. La fine dello stadio sensomotorio vede
l'emergere della funzione simbolica (mettere in atto un comportamento che è stato osservato in
un contesto diverso in precedenza), nel gioco simbolico (il far finta), nelle maggiori competenze
linguistiche (ora una parola richiama un oggetto anche in sua assenza).
Il secondo stadio, che tipicamente va dai 2 ai 6 anni, è chiamato da Piaget Lo stadio preope-
intuitivo o preoperatorio. In questo stadio il bambino usa simboli e possiede semplici regole e
concetti, ma l'indizio percettivo prevale ancora sulla rappresentazione mentale ancora non sa
utilizzare il pensiero logico.Questo èil periodo dell'egocentrismo infantile. Piaget chiamava
egocentrico il pensiero del bambino ancora non in grado di considerare altri punti di vista oltre
al suo. Inoltre, i bambini in questo stadio potrebbero ritenere che gli oggetti siano vivi (una
bicicletta ferma dorme, animismo), che gli eventi accadano in favore delle persone (La palla che
rotola va incontro al bambino, finalismo), fino a pensare che gli elementi del mondo naturale,
come le montagne ad esempio, siano stati da noi costruiti (artificialismo).
Intorno ai sette anni secondo Piaget inizia il terzo stadio, operatorio concreto, in cui il bambino
inizia a disporre del pensiero logico. Ad esempio, già nello stadio intuitivo il bambino sa che i
cani sono animali e che i gatti sono animali, ma solo in questo stadio riesce a coordinare queste
conoscenze per inferire che la classe degli animali include le altre due, e che pertanto non è
possibile che in una certa situazione vi siano più cani che animali. I bambini in questo stadio
riescono a tenere a mente più punti di vista come più proprietà degli oggetti. ora il bambino
dispone di operazioni, cioè rappresentazioni mentali su cui riesce a operare.
Esse sarebbero azioni interiorizzate e reversibili, ad esempio il bambino può pensare a cosa
accadrebbe se il liquido fosse riversato nel contenitore iniziale.
Il quarto stadio, delle operazioni formali, inizia nella preadolescenza; questa età sono possibili
anche forme complesse di ragionamento
Lo stadio operatorio formale
ipotetico, che utilizzano schemi logici quali la disgiunzione di proposizioni, l'implicazione (se...
allora) e l'implicazione reciproca (se e solo se). Bambini a stadi differenti posseggono strumenti
di pensiero diversi per comprendere il mondo. La tempistica indicata con cui i bambini passano
attraverso questi stadi è da intendersi come approssimativa, il passaggio è graduale e possono
esservi delle differenze individuali.
Secondo Piaget la sequenza degli stadi è fissa e universale:
La teoria di piaget ci ha anche fornito delle idee rispetto a come il bambino acquisisca schemi
nuovi e come avvenga il passaggio tra gli stadi, ovvero quali sono i principi per cui ciò accade.
Gli schemi possiedono secondo Piaget due proprietà: l'assimilazione e l'acco-modamento.
Assimilazione significa capacità di applicare ciò che si conosce già. Si interagisce con
l'ambiente secondo il modo di pensare di cui disponiamo (ad esempio il bimbo conosce la
parola «cane» e la usa per nominare sia i cani sia altri animali a quattro zampe).
Accomodamento è la proprietà dello schema di modificarsi (il bimbo differenzia i gatti dai cani e
li nomina
entrambi correttamente).
La possibilità di acquisire nuovi schemi e di coordinare gli schemi tra loro è determinata dalla
stessa attività del bambino. Se nel suo agire il bambino incontra un disequilibrio, un conflitto
cognitivo, è possibile che si attivi un cambiamento. Tuttavia, non sempre una situazione di
conflitto può portare a un'evoluzione, talvolta semplicemente si possono ignorare i dati conflit-
tuali. In tal caso non c'è accomodamento né sviluppo. Il cambiamento, lo sviluppo, l'incremento
di conoscenza avviene quando il bambino riesce a utilizzare i feedback negativi o le informazioni
contraddittorie per superare i limiti degli schemi preesistenti e costruire nuovi strumenti di
conoscenza. È questa l'idea costruttivista di sviluppo. Lo sviluppo è quindi un cambiamento
qualitativo.Il sistema cognitivo non sia rigido, ma evolva di fronte a inadeguatezze degli schemi
posseduti ed elementi della realtà dipende da un processo di equilibrazione. Secondo Piaget
ogni nuovo schema acquisito non rimane isolato, ma stimola una crescita globale: il sistema nel
tempo progredisce verso una nuova organizzazione. bambino grazie all'esistenza di questi
meccanismi (assimilazione, accomoda-mento, equilibrazione e organizzazione) costruisce schemi
via via più funzionali a interagire con la realtà, a comprenderla, fondamentalmente ad adattarsi a
essa. Il bambino è quindi secondo Piaget costruttore del suo sviluppo. Le ricerche hanno
dimostrato che, variando il modo con cui sono poste le medesime sfide cognitive ai bambini,
questi possono riuscire a risolverli in età più precoci rispetto a quanto riteneva Piaget. Altri hanno
osservato come le prestazioni mostrate dai bambini e dagli adulti non sempre siano in linea con
lo stadio in cui la persona dovrebbe essere. Oggi infatti c'è chi ha ipotizzato sia necessario
considerare altre variabili per comprendere lo sviluppo cognitivo. Rimane invece attuale l'idea che
vi possano essere cambiamenti qualitativi e che questi possano essere determinati dall'agire del
soggetto.
APPROCCIO STORICO-CULTURALE
Nel considerare il cambiamento ci si interroga sulle influenze sociali e culturali esperite. Si tratta
di cogliere quanto la cultura di appartenenza contribuisca a strutturare le abilità di pensiero.Lev
Vygotskij è colui che ha contribuito a fondare la cosiddetta «scuola storico-culturale». Il suo più
grande interesse è la psicologia applicata all'educazione. Vygotskij propone un'idea diversa da
Piaget rispetto a come l'essere umano progredisca cogni-tivamente. Per Vygotskij lo sviluppo
cognitivo di ciascun individuo è influenzato dagli strumenti che il contesto in cui questo individuo
vive gli ha messo a disposizione. Non vi sono quindi caratteristiche che in assoluto definiscono
un pensiero adulto. quindi accadere che vi siano adulti che non arrivano a sviluppare un pensiero
astratto, la cui acquisizione dipende dalle stimolazioni
culturali offerte. Nella concezione di Vygoskij i bambini passino da una fase in cui sono
caratterizzati naturalmente da processi psichici elementari, come la percezione, la memoria non
volontaria, l'attenzione spontanea, a una fase in cui emergono funzioni psichiche superiori, quali
ad esempio la memoria e l'attenzione volontarie e il ragionamento concettuale. Il passaggio da
processi psichici elementari a processi psichici di ordine supe-riore, in altri termini lo sviluppo
cognitivo, non è determinato dall'attività del singolo bambino, ma dall'interazione sociale
sperimentata. E infatti attraverso l'interazione con gli altri, che il bambino scopre i mediatori
culturali, cioè tutte quelle scoperte e invenzioni, dalla ruota alla scrittura, di cui una cultura si fa
portatrice, a cui il bambino è esposto fin dalla più tenera età e che vanno a influenzare il suo
modo di pensare . Tra i diversi mediatori, Vygotskij assegna al linguaggio un ruolo di particolare
rilievo. Dapprima funzione unicamente sociale, il linguaggio assume poi anche una funzione
intrapsichica, diviene linguaggio interno, contribuendo in modo decisivo allo sviluppo del
pensiero, alla formazione dei concetti, al funzionamento della coscienza e al controllo e
regolazione dei pensieri e del proprio comportamento. Vygotskij ha contribuito a spiegare i
processi di sviluppo che avvengono grazie all'interazione dell'individuo con l'ambiente. A lui
dobbiamo l'idea di zona di sviluppo prossimale: ognuno di noi da solo è in grado di raggiungere
un livello di prestazione che è dato dalle abilità che ha già interiorizzato; luppo prossimale ognuno
di noi possiede poi un margine di sviluppo, ovvero il livello a cui possiamo arrivare attraverso il
supporto sociale;
La zona di sviluppo prossimale rappresenta il potenziale di sviluppo, cioè quelle abilità che il
bambino da solo non manifesta ancora, ma può dimostrare se aiutato opportunamente. in
questo processo assegna grande importanza agli adulti, che nell'interazione coi bambini
offrono elementi di sostegno (scaffolding) alle loro acquisizioni cognitive.
Nel corso delle interazioni con gli adulti, i bambini sviluppano modi diversi di rappresentarsi la
conoscenza. Nello specifico, Bruner ipotizza che i bambini conoscano il mondo prima
attraverso rappresentazioni esecutive (azioni, procedure), successivamente possano anche
utilizzare rappresentazioni iconiche (immagini della realtà) e infine divengano capaci di
rappresentazioni simboliche. Grazie alle rappresentazioni simboliche le informazioni possono
essere elaborate in modo più efficace, anche perché si può andare al di là del dato osservato,
formulando ipotesi, facendo inferenze.
Queste tre forme di rappresentazione, o sistemi di codifica, compaiono in successione (le
rappresentazioni esecutive emergono nel primo anno di vita,le rappresentazioni iconiche
compaiono verso i 12 mesi e si affermano pienamente intorno ai 5-7 anni; le rappresentazioni
simboliche iniziano verso i 18 mesi e si stabilizzano negli anni dell'adolescenza) e una volta
presenti e ben sviluppate non eliminano quelle precedenti ma coesistono con esse.
Con il neurocostruttivismo ciò che interessa è lo sviluppo cognitivo in relazione allo sviluppo del
cervello.Una tra le voci che maggiormente hanno contribuito alla diffusione dell'approccio
neurocostruttivista è quella di Karmiloff-Smith
Nello spiegare lo sviluppo l'approccio neurocostruttivista riprende l'idea costruttivista proposta
da il bambino è costruttore del suo sviluppo: secondo questo approccio il sistema cognitivo e il
cervello si modificano grazie al loro stesso funzionamento, ovvero all'attività del soggetto in
interazione con l'ambiente. Diversamente da quanto proposto nella teoria stadiale di Piaget, non
si ipotizza che lo sviluppo coinvolga simultaneamente tutto il nostro sistema cognitivo.
Sono infatti considerati diversi domini di conoscenza. può pensare che diversi domini di
conoscenza per essere elaborati richiedano diversi processi cognitivi realizzati da specifiche aree
cerebrali; tuttavia, secondo l'approccio neurocostruttivista, il livello di specializzazione cognitivo e
neurale che caratterizza gli adulti non è già presente nei bambini e non è prestabilito, ma è l'esito
di un processo di sviluppo. L'approccio neurocostruttivista infatti non accoglie totalmente l'idea
proposta nell'ambito dell'approccio delle informazioni in base alla quale vi sarebbero aree
cerebrali dedicate in modo innato a specifiche funzioni cognitive, ma ipotizza che il sistema vada
incontro a una progressiva specializzazione per via dell'interazione con l'ambiente.possano
essere innate predisposizioni.Un esempio di predisposizione è la tendenza dei neonati a fissare lo
sguardo su qualsiasi configurazione simile a un volto. Questa preferenza fa sì che tra i diversi
stimoli dell'ambiente il neonato sia predisposto a osservare i volti umani, imparando a riconoscerli
e apprendendone specifiche caratteristiche ed espressioni. Le nostre predisposizioni guidano la
nostra attenzione verso particolari stimoli dell'ambiente, che a sua volta influenza i successivi
processi di sviluppo.mostrare delle predisposizioni non significa che il nostro cervello sia già
caratterizzato da aree deputate a processare quella specifica informazione. A livello neurale, può
accadere che lo stimolo attivi un'area cerebrale più ampia quando siamo più piccoli rispetto a
quando cresciamo. Il nostro cervello e il nostro sistema cognitivo potrebbero quindi specializzarsi
successivamente in interazione con l'ambiente.Karmiloff-Smith si contrappone alla visione
innatista secondo cui vi sarebbero già dei moduli (processi cognitivi con specifiche basi neurali)
deputati a processare distinti domini di conoscenza [Fodor 1983] e introduce il termine
modularizzazione.Karmiloff-Smith ipotizza che la mente nel corso dello sviluppo si modularizzi
ovvero si costituiscano moduli via via più specializzati nel processare specifiche informazioni. La
mente non è quindi modulare alla nascita, ma si modularizza attraverso l'esperienza.Nello
specifico, Karmiloff-Smith ipotizza che la mente evolva a fasi,nel senso che si ha uno sviluppo di
più processi dominio-specifici invece che una maturazione globale. per Karmiloff-Smith vi può
essere uno sviluppo indipendente nei diversi ambiti di conoscenza (domini).Karmiloff-Smith
ipotizza tuttavia l'esistenza di un processo di ride-scrizione rappre-
sentazionale
meccanismo, un processo che si attiva per ogni dominio, il processo di ride-
scrizione rappresentazionale. Lo sviluppo cognitivo può essere inteso come la progressiva
capacità di creare rappresentazioni del mondo e di sé stessi e il sapervi operare. Per Karmiloff-
Smith nel corso dello sviluppo si assiste a una «ridescrizione» delle rappresentazioni che
consente il passaggio da rappresentazioni implicite della mente, di cui non siamo consapevoli, a
rappresentazioni esplicite a disposizione della mente, per cui diviene possibile riflettere su
rappresentazioni della conoscenza acquisita in un dominio e verbalizzarle o renderle disponibili
anche per altri domini.
L'interazione con l'ambiente è determinante per la ridescrizione delle rappre-sentazioni.La prima
fase del processo di ridescrizione rappresentazionale è caratterizzata dal livello I (implicito).A
questo livello i bambini sono focalizzati sulle informazioni fornite dall'ambiente. L'azione è guidata
dalle informazioni ricevute dall'ambiente, ogni blocco è considerato come un problema diverso
da risolvere, ciò che si è appreso posizionando un blocco non è usato per posizionare un altro
blocco. Il livello E-1 (esplicito 1), caratterizza i bambini che sembrano affrontare il compito dei
blocchi sulla base di una rappresentazione che si sono creati con l'esperienza, per cui i blocchi
stanno in equilibrio se posizionati considerando il loro centro.
Questa «teoria» guida la loro azione più delle informazioni fornite dall'interazione con l'ambiente: i
bambini in questa fase quando incontrano un blocco modificato che viola le loro aspettative e
che diventa difficile far stare in equilibrio considerando il centro del blocco, non mettono in
dubbio la loro teoria, ma criticano il loro agire,Queste evidenze mostrano come una volta
acquisita esperienza in un ambito il bambino sia in grado di sviluppare una rappresentazione
unitaria del problemaInfine vi sono i livelli esplicito 2 ed esplicito 3. I bambini divengono
consapevoli dell'idea che guida il loro comportamento (al livello E2 sono consapevoli della loro
teoria e al livello 3 sono anche in grado di verbalizzarla). In questa fase, i bambini sono
nuovamente attenti alle informazioni provenienti dall'ambiente, è quindi possibile cogliere che vi
sono blocchi con caratteristiche diverse. bambini potrebbero tornare ad agire per prove ed errori
per poi elaborare una nuova teoria che consenta di agire rispetto a tutti i blocchi.
Questo processo di ridescrizione rappresentazionale si suppone avvenga ripetutamente
all'interno dei domini lungo tutto l'arco dello sviluppo e perfino in età adulta quando ci si trova di
fronte a nuove acquisizioni.
Nel considerare la sua ipotesi teorica, Karmiloff-Smith sottolinea l'importanza di prestare
attenzione anche allo sviluppo neurale;
7. ABILITÀ E SVILUPPO
lo sviluppo non termina con il passaggio all'età adulta, ma prosegue per l'intero ciclo di vita.
7.1. Prima infanzia:L'infanzia è considerata una delle fasi di maggiore cambiamento. In
soli due anni dalla nascita bambini acquisiscono numerose e complesse competenze: pensiamo
allo sviluppo motorio, all'acquisizione delle abilità comunicative e linguistiche, allo sviluppo
emotivo e sociale. Piaget si è per primo dedicato a comprendere le caratteristiche cognitive dei
bambini nelle diverse fasi di vita; Anche oggi gli studiosi concordano che vi sia un'evoluzione dai
riflessi primari (comportamenti automatici e organizzati che consentono al bambino di
sopravvivere e di interagire con l'ambiente circostante a comportamenti più controllati e
intenzionali.Inoltre, al termine della prima infanzia, proprio come aveva osservato Piaget, sono
evidenti una serie di comportamenti indicativi della capacità dei bambini di rappresentarsi la
realtà percepita e di usare i simboli: incrementano le abilità comunicative e linguistiche,
emergono il gioco di finzione e l'imitazione differita. Secondo Piaget, il passaggio dai riflessi
primari, alla possibilità di avere una rappresentazione mentale della realtà e delle azioni che in
essa si possono compiere è lento: il neonato ha innanzitutto necessità di gestire le informazioni
che derivano dai diversi organi di senso, ancora prima di scoprire le proprietà del mondo fisico
che lo circonda;all'inizio gli stimoli sensoriali che gli pervengono costituiscono un insieme di
immagini che scompaiono e riappaiono senza continuità, in cui gli oggetti svaniscono quando
non sono più visibili;Numerose conoscenze sono derivate dagli studi sulla percezione. È utile
riflettere su ciò che il bambino percepisce, almeno considerando i principali organi di senso.In
molte ricerche sono state esaminate le variazioni a livello delle risposte comportamentali e
fisiologiche, come l'analisi dello sguardo, il ritmo adottato nella suzione, le variazioni del ritmo
cardiaco.Questa attivazione è maggiore di fronte a uno stimolo nuovo e decresce di fronte a uno
stesso stimolo ripetuto nel tempo; in altri termini il bambino sembra abituarsi allo stimolo. Questo
fenomeno a cui ci si riferisce con il termine abituazione ha consentito di ideare esperimenti
finalizzati a studiare lo sviluppo percettivo: se il bambino rinnova il suo interesse quando si
presenta uno stimolo nuovo, possiamo inferire che percettivamente abbia colto la differenza tra
lo stimolo a cui si è abituato e il nuovo. Gli infanti inoltre mostrano delle preferenze: il loro
interesse non è diretto in modo eguale tra diversi stimoli.
bambini già nella fase fetale sono in grado di percepire i suoni,alla nascita le abilità uditive non
sono identiche a quelle dell'adulto,fin dai primi momenti di vita i bambini mostrano di voltarsi
automaticamente in direzione del suono per poi esibire successivamente verso i quattro cinque
mesi un atteggiamento di ricerca controllato.rapidamente le abilità visive migliorano: i neonati
riescono a mettere a fuoco a una distanza di circa 25 cm, ma già a due-tre mesi questa distanza
aumenta fino a oltre un metro, grazie anche alla maturazione della visione binoculare, che
consente di mettere a fuoco gli oggetti con entrambi gli occhi e di percepire la profondità;
Progressivamente,le abilità visive migliorano consentendo ai bambini una visione più nitida e di
poter seguire oggetti che si muovono più rapidamente
rispetto a prima.Il neonato possiede quindi una serie di abilità percettive che gli consentono di
cogliere gli stimoli del mondo esterno grazie sia alla funzionalità dei diversi organi di senso, sia
alla coordinazione intersensoriale, evidente ad esempio nella tendenza a orientare lo sguardo
verso una fonte sonora sia alla percezione transmodale, ovvero la capacità di integrare le
informazioni provenienti dai diversi sensi.Inoltre, fin dalle primissime fasi di vita, i bambini
mostrano delle preferenze verso certi stimoli.Questa preferenza consentirà ai bambini di
focalizzare la propria attenzione su quella che diverrà poi la propria lingua madre.Per quanto
concerne la vista, sono ormai numerose le ricerche da cui risulta che i neonati fin dai primi giorni
di vita mostrano una preferenza per le configurazioni che riproducono anche in modo molto
schematico le sembianze di un volto. Ad esempio, come la preferenza per i suoni linguistici
appare funzionale allo sviluppo linguistico e comunicativo, così la preferenza per il volto
favorisce le prime interazioni con il caregiver e le successive abilità relazionali.
Gli studi sulla percezione hanno quindi messo in luce tutta una serie di caratteristiche che
consentono già al neonato di interagire con il mondo fisico e sociale in modo funzionale a
sviluppare abilità specie specifiche che gli serviranno successivamente.paradigmi sperimentali
prima descritti (come l'abituazione o il paradigma della preferenza visiva), sono risultati utili
anche nell'indagare quali tipo di aspettative e rappresentazioni il bambino possegga del mondo.
Ad esempio, è possibile mostrare al bambino un evento possibile e uno impossibile e osservare
se l'evento impossibile, diverso da quanto solitamente osservato, attiri maggiormente lo sguardo
del bambino: se l'interesse cresce si può inferire che l'evento appaia nuovo rispetto a ciò che il
bambino pensa di quel determinato evento. Questo tipo di esperimento ha consentito di cogliere
una serie di conoscenze che i bambini posseggono già nei primi mesi di vita.
Secondo Piaget una sfida complessa per i bambini è quella di scoprire le proprietà del mondo
fisico, le caratteristiche degli oggetti, come il comprendere mondo fisico che un oggetto esiste
anche quando non è più visibile. Ricerche più recenti [Bulf, Johnson e Valenza 2011] hanno
messo in evidenza un'ulteriore abilità che ci caratterizza fin dalle prime fasi di vita, ovvero la
capacità di cogliere certe regolarità nel mondo esterno, per cui se si mostra al bambino una
sequenza di stimoli sempre uguale e successivamente questa sequenza si modifica, già nella
fase neonatale i bambini mostrano tempi di fissazione più lunghi in risposta alla sequenza nuova,
come se i bambini fossero capaci sia di riconoscere certi oggetti sia le relazioni temporali tra i
diversi oggetti.Sono state inoltre scoperte precoci abilità dominio specifiche come la capa-cità,
già presente nei neonati, di distinguere insiemi di differente numerosità, purché si tratti di numeri
molto piccoli come 2 e 3. Nell'ambito dell'approccio neurocostruttivista le conoscenze sullo
sviluppo percettivo e cognitivo sono state messe in relazione a quelle sullo sviluppo del
cervello.Mentre prima si pensava che i bambini dovessero imparare a gestire le stimolazioni
derivate dai diversi organi di senso, oggi sappiamo che il neonato inizia il suo processo di
sviluppo già con delle abilità. Nei bambini più piccoli uno stimolo genera un'attivazione di arce
neurali più vaste di quanto si osservi a età successive; con il tempo, si realizza una graduale
modularizzazione di aree specifiche. Come il nostro sistema cognitivo ci consente di acquisire
rappresentazioni sempre più dettagliate, così il nostro cervello va incontro a una progressiva
specializzazione. spiegare lo sviluppo cognitivo sono infatti considerate più variabili,Ad esempio,
con «errore A-non-B»Ad esempio, con «errore A-non-B» ci si riferisce alla tendenza dei bambini
nel quarto sottostadio sensomotorio (capaci di cercare un oggetto anche se coperto), che hanno
già ritrovato un oggetto nel posto A, a cercarlo nuovamente nel posto A anche se davanti a loro
l'oggetto è stato spostato in un altro luogo (posto B). Piaget riteneva che questo accadesse
perché i bambini ancora non hanno compreso che gli oggetti hanno una continuità nel tempo e
nello spazio per cui, a ogni spostamento successivo, restano dove sono stati collocati.Piaget
[1937] cioè spiegava questo fenomeno sostenendo che i bambini a quell'età non avessero
ancora acquisito lo schema della «permanenza dell'oggetto».Intorno agli anni Novanta alcune
ricerche hanno mostrato come l'errore A-non-B possa diminuire se i due nascondigli sono molto
differenti tra loro.
7.2. Seconda infanzia (età prescolare)
Una significativa acquisizione, tra la prima e la seconda infanzia, già individuata da Piaget è la
funzione simbolica che egli colloca intorno ai 18 mesi. La funzione simbolica, ovvero la capacità
di rappresentarsi un qualcosa tramite simboli è una capacità cognitiva molto importante, di cui si
fa uso nel corso dell'intera esistenza. Tuttavia, è proprio tra i tre e i cinque anni che possiamo
notare un significativo incremento di tutte quelle manifestazioni che sono legate all'uso di questa
funzione, tra cui il linguaggio, il gioco di finzione, il disegno.
Il gioco di finzione è quindi indicativo di una certa competenza cognitiva, poiché sono
contemporaneamente considerate diverse rappresentazioni mentali.è grazie a una
rappresentazione mentale che noi siamo in grado di fingere, altri studi hanno mostrato che i
bambini nella prima età prescolare mostrano difficoltà nel gestire rappresentazioni diverse di uno
stesso referente. Per i bambini nella prima età prescolare può essere difficile tenere a mente ciò
che loro pensano di una situazione e ciò che pensavano in precedenza, oppure comprendere che
due persone possano avere credenze diverse rispetto a una stessa situazione.Sono ad esempio
significative le conoscenze che i bambini acquisiscono della realtà circostante e delle routine che
sono solitamente agite. Con il termine scripts si intende un «copione», ovvero un particolare
schema, costituito da una sequenza di eventi generalizzata e organizzata temporalmente e
spazial-mente, relativa a una routine familiare, come «fare il bagnetto» o «pranzare». Gli scripts
consentono ai bambini di sapere cosa accadrà in una determinata situazione e questo può
consentire loro di avere un maggior grado di controllo sull'esperienza che vivranno. Le ricerche
hanno dimostrato come nei bambini sia precoce l'abilità di ricordarsi gli eventi di una situazione
svolta abitualmente e di distinguere ciò che in quella situazione può essere variato(come ad
esempio il cibo che si mangerà) da ciò che invece deve rimanere stabile (lavarsi le mani prima di
mangiare).quando la sequenza degli eventi è molto semplice, i bambini di 4 anni riescono a
formarsene uno script perfino con una singola esperienza e anche nel caso di sequenze di eventi
più lunghe poche ripetizioni sono sufficienti.
Oltre ad acquisire scripts sempre più vari e complessi legati alla quotidianità, i bambini nel corso
dell'età prescolare incrementano in modo significativo la loro conoscenza sul mondo. Questa
conoscenza è favorita dalla loro capacità di concettualizzare. Il concetto può essere definito
come la rappresentazione mentale di una categoria. Alcune ricerche hanno mostrato come già
nell'età prescolare vi sia la capacità di cogliere gli aspetti più rilevanti per una classificazione
corretta.Già al termine della prima infanzia molti bambini hanno acquisito l'abilità di contare.Nel
corso dell'età prescolare i bambini divengono via via più abili nel contare.
Oltre a questi progressi in età prescolare si osserva una marcata crescita di una serie di abilità
cognitive dominio generali che consentono al bambino di elaborare in modo più efficiente le
informazioni e di regolare maggiormente, il comportamento. Oggi sappiamo che il nostro sistema
cognitivo è capace di più funzioni mnestiche: è in grado di ricordare alcune informazioni a lungo
(eventi, nar-
razioni, procedure), di tenere a mente alcuni dati per il tempo utile a eseguire un'operazione,
mantenere più informazioni e contemporaneamente operare su queste. Tra queste diverse abilità,
la memoria di lavoro cioè la capacità di mantenere ed elaborare le informazioni al fine di eseguire
un compito è stata ampiamente indagata.Oltre alla memoria di lavoro,vi sono le funzioni
esecutive.insieme di abilità funzionali alla regolazione cognitiva e comportamentale, tra cui ad
esempio la capacità di controllare le risposte impulsive o di non farsi distrarre da stimoli irrilevanti
(inibizione), la capacità di modificare e aggiornare le informazioni in memoria di lavoro, la capacità
di passare da un set mentale a un altro (flessibilità cognitiva).Nello svolgere una particolare
attività spesso occorre richiamare diverse abilità cognitive.Per esempio, possiamo considerare
un'attività comunemente svolta dai bambini in età prescolare, il disegno. Nel corso dell'età
prescolare si osservano significativi cambiamenti nell'attività grafica.Il bambino può notare la
somiglianza fra la forma che ha disegnato e qualche oggetto noto:Lo sviluppo delle abilità
grafiche è stato indagato facendo riferimento sia alla funzione simbolica, sia all'acquisizione di
conoscenze sul disegno in generale e su come possono essere raffigurati certi oggetti, sia allo
sviluppo che e dominio-della memoria di lavoro che permette di coordinare l'immagine della
7.3. Fanciullezza (o età scolare)
La fanciullezza, che coincide per la grande maggioranza dei bambini con l'età scolare, nel senso
comune è considerata «'età della ragione».il bambino in età scolare mostra una serie
Dall'età presco-
di caratteristiche che gli consentono di divenire più competente nell'interazione
lare all'età scolare
con il mondo.Il bambino in età scolare invece è capace di analizzare una situazione considerando
la reale differenza nelle quantità e non quella apparente. Ibambini in età scolare considerano più
elementi.aumenta la capacità di considerare quali, operazioni possono aver determinato quella
situazione e cosa succederebbe se queste operazioni venissero svolte in ordine inverso.bambino
in età scolare sembra invece operare sulle sue rappresentazioni, il pensiero diviene reversibile.i
bambini in età scolare «tendono» a considerare aspetti significativi di una situazione.a ragionare
valutando più dimensioni, la situazione attuale come le operazioni che hanno condotto a quella
situazione e la loro reversibilità.
I sistemi simbolici costituiti in età prescolare, come il linguaggio e il disegno, continuano a
svilupparsi non solo con l'acquisizione di simboli nuovi. Un simile cambiamento strutturale può
essere osservato anche nel pensiero narrativo: con l'età si sviluppa l'abilità di narrare storie più
complesse.I bambini crescendo fanno esperienza in diversi ambiti. Con il progredire
dell'esperienza in un ambito si possiede generalmente una conoscenza più ricca (più concetti tra
loro collegati) e si acquisiscono una serie di procedure utili alle diverse situazioni. Quando questo
bagaglio di conoscenze (concet-tuali e procedurali) si consolida e diviene facilmente attivabile, è
possibile analizzare una situazione con maggiore competenza e pianificare la soluzione più
funzionale.Oltre all'aumento di conoscenze in particolari domini, nel corso dell'età scolare
incrementa la capacità di elaborare le informazioni. In particolare aumenta il quantitativo di
informazioni che la persona riesce a tenere a mente e utilizzare per risolvere un compito.In compiti
di memoria di lavoro, che richiedono non solo di tenere a mente alcune informazioni ma anche di
rielaborarle (come ad esempio ripetere nell'ordine inverso una serie di cifre), un bambino di cinque
anni tipicamente vi riesce finché le informazioni sono due sole (ad esempio riesce a fare quanto
proposto con due cifre); in età scolare le prestazioni progressivamente migliorano.L'efficienza del
nostro sistema cognitivo sembra essere relata anche alla velocità con cui elaboriamo le
informazioni: più rapida è l'elaborazione.La velocità con cui si elaborano le informazioni aumenta
nel passaggio dalla seconda infanzia all'età scolare.
Questo cambiamento sembra essere a sua volta associato a una maturazione del cervello.Oltre a
questo i bambini progressivamente
utilizzano strategie più funzionali.i bambini in età scolare si ripetono a bassa voce o a mente le
informazioni da ricordare,L'uso efficace di una strategia richiede esperienza. Può accadere che
una strategia sia conosciuta ma che il bambino fatichi a utilizzarla, perché ad esempio la strategia
non è stata sufficientemente automatizzata per cui è cognitivamente impegnativo attivarla.
L'esperienza che abbiamo in un dominio, la capacità di elaborazione, la velocità con cui
elaboriamo e le strategie utilizzate sono relate.
l'uso di diverse strategie dipende anche dal tipo di rappresentazione che i bambini posseggono,
ovvero le loro conoscenze. Verso i sei - sette anni inizia a formarsi una rappresentazione mentale
dei numeri come una linea, una successione ordinata.Uno dei segni più chiari della acquisizione
del concetto di linea dei numeri interi è proprio il cambiamento di strategia nelle addizioni [Siegler
1987]: ad esempio per calcolare 5+3 un bambino che abbia una buona rappresentazione della
linea dei numeri interi inizierà dal 5 per poi contare 6,7,8 mentre in assenza della linea mentale dei
numeri è probabile che occorra rappresentarsi sia la cifra 5 sía la cifra 3 e poi contare tutto
insieme, partendo da uno. le abilità di calcolo continuano a svilupparsi anche
successivamente.Facendo riferimento a Vygostkij l'uso dei numeri può essere considerato un
mediatore culturale;Nel corso dell'età scolare incrementa progressivamente la metacognizione,
cioè le conoscenze che abbiamo sul nostro funzionamento cognitivo e la capacità di usarle per
regolare il nostro pensiero e comportamento.
otto anni comprendono che è possibile fare qualcosa per ricordare, verso gli otto dieci anni
comprendono che per facilitare il ricordo si possono usare delle associazioni, verso i dieci anni si
rendono anche conto di quanto gli aspetti emotivi possano influire sul ricordo [Vianello 1998,
2002], La conoscenza delle nostre caratteristiche cognitive contribuisce quindi ai cambiamenti a
livello cognitivo.
7.4. Adolescenza
L'adolescenza si configura come un'altra fase di vita ricca di sfide evolutive.
L'adolescente è chiamato a gestire significative trasformazioni somatiche e psicologiche. Il
superamento di queste sfide dovrebbe consentire la conquista di una propria autonomia
psicologica, la definizione della identità, l'acquisizione dello status di adulto.In questo processo
si inseriscono i cambiamenti a livello cognitivo.Generalmente, si riconosce all'adolescente la
capacità di ragionare in modo più astratto. L'adolescente riesce a pensare a ciò che reale, a ciò
che non lo è, e a ciò che è possibile, distinguendo scenari più o meno probabili.
Nella teoria piagetiana, con il passaggio al pensiero operatorio formale, i ragazzi mostrano di
affrontare i problemi con una maggiore strategicità, elaborando un piano che precede l'azione.
Gli adolescenti predispongono prima uno schema di come possono agire: identificano le
combinazioni possibili. Gli adolescenti mostrano di saper procedere in modo sistematico,
riuscendo a utilizzare il pensiero ipotetico-deduttivo. Grazie a questa modalità di pensiero,
l'adolescente può, basandosi su premesse puramente ipotetiche, valutare le diverse soluzioni
possibili, e verificare la correttezza delle diverse soluzioni considerando la logica del
ragionamento stesso. Nella teoria piagetiana le diverse modalità di ragionamento mostrate
dall'adolescente dipendono essenzialmente da un incremento nella competenza logica.
Sebbene sia vero che gli adolescenti riescano talvolta a ragionare utilizzando il pensiero ipotetico
deduttivo e verbalizzino usando frasi che hanno la forma delle proposizioni della logica formale,
ricerche successive hanno riportato risultati differenti da quanto sostenuto da Piaget. Ad
esempio, in una ricerca è stato dimostrato che anche i problemi di ragionamento combinatorio
possono essere risolti da bambini di 8 anni, purché non pongano un carico d'informazione
eccessivo per la loro memoria di lavoro. Lehalle [2006] considerando sia la proposta di Piaget sia
i risultati delle ricerche successive ha ipotizzato che l'adolescente maturi una serie di diverse
abilità, tra cui: la capacità di pensare a «tutti i casi possibili», cioè a tutte le combinazioni; l'abilità
di poter variare una sola variabile per volta mantenendo uguali tutte le altre condizioni così da
verificare il peso delle diverse variabili; la capacità di comprendere il concetto di proporzionalità e
le sue varie applicazioni; riuscire a considerare leggi teoriche e situazioni reali;
infine gli adolescenti mostrano un pensiero più astratto.
Rispetto ai bambini di età scolare, l'adolescente mostra generalmente maggiori abilità di
comprensione. Al contempo, numerose evidenze psicologiche e neuropsicologiche mostrano in
adolescenza un incremento delle risorse generali del sistema cognitivo (la memoria di lavoro, i
processi di controllo)
da cui deriva una più efficiente elaborazione delle informazioni in diversi campi. Ad esempio,
si è suggerito che l'aumento di capacità della memoria di lavoro abbia ripercussioni positive
sullo sviluppo del pensiero narrativo [McKeough e Genereux 2003] e della comprensione di
concetti matematici.In adolescenza, le narrazioni si arricchiscono. A 14 anni le narrazioni
divengono ancora più complesse: i personaggi possono essere caratterizzati da personalità in
cui è presente un conflitto tra due caratteristiche, oppure nel racconto si evidenzia la relazione
tra il conflitto interiore del protagonista e i conflitti esterni che riguardano altre persone.La
capacità di considerare più rappresentazioni possibili in relazione tra loro sostiene gli adolescenti
anche nel valutare moralmente una situazione considerando più variabili: i valori universali, i
valori presenti in una cultura, i bisogni di chi è coinvolto direttamente nella situazione da valutare.
Oltre a esprimere giudizi morali più maturi, gli adolescenti mostrano una maggiore comprensione
del loro funzionamento psicologico: emerge una maggiore consapevolezza dei processi mentali
coinvolti nei diversi compiti e una maggiore abilità nell'impiegare efficacemente le loro abilità
cognitive [Kuhn 2009].
Questa autoriflessione non riguarda solo lo svolgimento di compiti specifici, ma in senso più
ampio le scelte di vita. Insieme allo sviluppo cognitivo vi sono cambiamenti sui piani della vita
sociale, delle emozioni, dello sviluppo fisico e degli equilibri psicofisiologici. Questi diversi aspetti
dello sviluppo individuale possono combinarsi tra loro anche in modi non lineari e in qualche
caso possono suscitare spinte all'azione tra loro contrastanti. Non deve perciò meravigliarci il
fatto che, talvolta, l'adolescente si comporti in modi meno razionali di quanto il suo grado di
sviluppo cognitivo teoricamente gli consentirebbe.
CAPITOLO 5:lo sviluppo del linguaggio e della comunicazione.
Vi è una sostanziale continuità tra comunicazione prelinguistica e comunicazione linguistico-
verbale,individuando nella prima la condizione necessaria e un prerequisito per lo sviluppo della
seconda ,sia in popolazioni tipiche che atipiche.
2. SPECIFICITÀ DEL LINGUAGGIO VERBALE
solo l'uomo dispone del linguaggio verbale che consente di creare e usare collaborativamente
segni convenzionali. Il linguaggio verbale svolge la funzione di rinvio simbolico (simbolo =
qualcosa che sta per qualcos'altro) non tanto alla realtà concreta, quanto a rappresentazioni
mentali, rendendole condivisibili intersoggetti-vamente. Una peculiare proprietà del linguaggio
verbale è costituita dalla ricorsività o combinabilità potenzialmente illimitata e di tipo arbitrario tra
le componenti formali elementari (suoni, elementi morfologici e sintattici), che
Consente un ruso infinito di mezzi finiti».Comprendere la natura, le funzioni, i fattori, i processi e i
meccanismi di acquisizione del linguaggio ha rappresentato da sempre, uno tra i più rilevanti
oggetti di studio delle scienze umane.Emblematiche a questo proposito le osservazioni di
Agostino d'Ippona che nelle Confessioni cerca di ricostruire le prime fasi del proprio sviluppo
comunicativo e linguistico, indicando come scopo dello sviluppo del linguaggio l'istituzione del
complesso legame sociale e culturale.Agostino pone alcune tra le questioni fondamentali:
1. la priorità temporale ed esperienziale sia della comunicazione non verbale rispetto al
linguaggio verbale, sia della comprensione rispetto alla produzione delle parole;
2. il cruciale passaggio dalla comunicazione non intenzionale a quella in-tenzionale;
3. l'importanza del contesto e dell'adulto nello sviluppo delle abilità lingui-stiche;
4. l'implicazione delle abilità cognitive (riferimento alla memoria);
5. il ruolo di specifici meccanismi riproduttivi dei modelli linguistici adulti (ad esempio il «piegare
la bocca ai loro suoni», in cui può essere individuata un'anticipazione del piagetiano
meccanismo dell'accomodamento e delle più
generali condotte di imitazione)
3. DEFINIZIONE, PREREQUISITI E FUNZIONI DELLO SCAMBIO COMUNICATIVO
Comunicare significa «mettere in comune», «trasmet-tere», «scambiare», «partecipare».
Possiamo distinguere due concezioni complementari della comunicazione: la prima, come
scambio interpersonale di qualcosa che preesiste allo scambio, ad esempio i bisogni individuali
(comunicazione fon-data); la seconda, come costruzione e fondazione della soggettività, frutto di
esperienze condivise (comunicazione fondante). Mentre la comunicazione fondata è possibile
sulla base di una predisposizione innata a interagire, per mezzo di segnali naturali, con i membri
della propria specie (interoggettività primaria), la comunicazione fondante comporta
un'interazione partecipativa e costruttiva di nuove rappresentazioni (intersoggettività secondaria)
grazie all'utilizzo di simboli analogici e segni digitali codificati che consentono di dare forma a
una mente mediata e ibrida, ovvero trasformata dal ruolo di mediazione del linguaggio che
introduce la cultura nel pensiero umano. La comunicazione, sfondo continuo dell'e-sperienza, ha
un ruolo fondante la relazione interpersonale (rapporto io-tu)
così come là relazione intrapsichica (rapporto io-me).A lungo gli studiosi si sono interrogati
sull'origine del linguaggio verbale a partire da forme di comunicazione non verbali precedenti.
Due le ipotesi teoriche prevalenti [Denes 2009], secondo cui il linguaggio:
1. rappresenterebbe il passo finale di un processo evolutivo di adattamento specie-specifico di
sistemi di comunicazione non verbali preesistenti e presenti anche in altre specie animali;
2. sarebbe espressione di una facoltà emersa ex-novo (per una mutazione genetica?)
dall'adattamento di sistemi non primitivamente legati alla comu-nicazione.Attualmente è venuto
meno l'interesse teorico per l'origine, in generale, di un comportamento e si sposta l'attenzione
sulla funzione e sugli scopi che può assolvere.Nelle prime fasi dello sviluppo infantile, è possibile
comunicare con i propri simili grazie a disposizioni comportamentali innate, che si attivano
automaticamente in risposta a configurazioni di stimoli interni ed esterni con valenza
-evocativa, al fine di garantire la sopravvivenza. Nel neonato tali disposizioni si manifestano
come semplici riflessi (ad esempio, il riflesso di suzione, pren-sione, fonazione, orientamento
dello sguardo e dell'orecchio) che via via si differenziano e specializzano, in seguito
all'esperienza. Mentre Piaget [1936] assume i riflessi come base per lo sviluppo di schemi
cognitivi senso-motori. - iniziale forma di adattamento cognitivo al mondo - (cfr: cap. 4) Bowlby
[1969] li considera precursori di comportamenti comunicativi volti a favorire il contatto sociale e
la formazione del legame di attaccamento (cfr. cap. 3).
Alla costruzione del sistema comportamentale dell'attaccamento concorrono sia le condotte
di segnalazione che le condotte di vicinanza. Le prime sono le azioni-reazioni del bambino
(pianto, sorris, sguardo, vocalizi, sollevamento delle braccia) per richiamare l'attenzione
dell'adulto; le seconde consistono nei tentativi di impedire che l'adulto si allontani (ad
esempio, aggrappandosi ai suoi abiti, stringendogli le braccia attorno al collo). Già dalla nascita
il bambino è impegnato a preparare, in collaborazione con l'adulto, quel terreno comune di
condivisione per la costruzione progressiva dello sviluppo psicologico individuale e di quello
socioculturale, destinati a incontrarsi e a integrarsi, grazie soprattutto al linguaggio verbale che
svincola gli individui dalla dipendenza dal contesto esperienziale. L'interesse selettivo ed elettivo
che il bambino mostra, da subito, verso le altre persone è comple-mentarmente presente
nell'adulto, «biologicamente programmato» a reagire in modo specifico, con risposte di
accudimento, ai segnali che provengono da neonati e bambini piccoli, come la configurazione
tondeggiante del capo e del volto infantili.Recenti studi, nell'ambito delle neuroscienze, hanno
confermato la diversa predisposizione di maschi e femmine a reagire ai segnali infantili,
evidenziando, ad esempio, una maggiore sensibilità del sesso femminile al pianto dei bambini
rispetto a individui maschi.Il bambino effettua i primi scambi comunicativi attraverso
comportamenti non verbali, affiancati e supportati ben presto dal linguaggio verbale, il potente e
insostituibile
strumento comunicativo in grado di rivoluzionare il rapporto del bambino non solo con l'altro
individuo, ma anche con sé stesso, realizzando la peculiare integrazione tra le linee di sviluppo
individuale e culturale .Come si realizza tale processo di progressiva integrazione?il bambino
deve apprendere, il più precocemente possibile, le regole basilari di tale attività condivisa, prima
tra tutte la distinzione tra i ruoli comunicativi.Preliminare e propedeutica a un uso intenzionale
dello scambio comunicativo è la scoperta dei ruoli alterni, reciproci e complementari di emittente
e ricevente.In altre parole, il bambino si pone sin dalla nascita come partner competente
nell'interazione con l'adulto, in grado cioè non solo di assumere il ruolo di ricevente, ma anche di
emettere informazioni sul proprio stato e sui propri bisogni per default, ovvero spontaneamente e
ancora senza alcuna intenzione comunicativa. A partire dall'alternanza di momenti di attività e
passività,nel cosiddetto dialogo tonico tra il proprio corpo e quello della madre.il bambino
partecipa a effettive protoconversazioni in cui esperimenta i primi comportamenti di turn taking e
di role taking.Il bambino, inizialmente, non piange per richiamare l'attenzione della madre, ma
semplicemente utilizza un mezzo di cui la natura l'ha dotato e che costituisce una vera e propria
assicurazione per la sopravvivenza. È l'accorrere della madre, l'interpretazione la risposta che dà
(offrendogli da mangiare, coccolandolo, cambiandogli il pannolino) che fanno scoprire al
bambino di poter utilizzare il pianto come mezzo per ottenere qualcosa.grazie all'interpre-
tazione, due intenzionalità possono incontrarsi, riconoscersi e collaborare. Una corretta
interpretazione di un messaggio, che ne assicura l'efficacia comunicativa, avviene sulla base
della condivisione sia di un contesto esperienziale sia di attese reciproche o postulati
conversazionali.La costruzione di tale condivisione rappresenta uno dei compiti evolutivi
Considerando la sequenza nella comparsa delle funzioni comunicative, si Principali funzioni
osserva che la funzione basc, implicita e propedeutica ai primi, così come comunicative a tutri i
successivi scambi interpersonali è la funzione di contatto (o fatica), che consente agli individui di
segnalare gli uni agli altri la propria presenza, richiamando l'attenzione su di sé.Il prototipo dei
primi scambi comunicativi bambino-adulto può essere indi-viduato, ad esempio, nella sequenza:
il bambino sorride, la madre risponde con una vocalizzazione «Io sono un essere
umano .Halliday per primo, ha descritto il passaggio fare e per cono-dal comunicare per fare al
comunicare per conoscere, evidenziandone il descrimen
nella padronanza del linguaggio verbale. Quando il bambino inizia a disporre delle parole, per la
loro specifica valenza simbolica, può riferirsi anche a oggetti/ eventi assenti al fine di scambiare
informazioni sul mondo.In altre parole, il bambino, in seguito a ripetute interpretazioni, da parte
del caregiver, dei segnali che spontaneamente emette senza alcuna valenza comunicativa
intenzionale (messaggi espressivi) scopre che può influenzare l'adulto e pertanto inizia a usare
dapprima suoni e gesti, poi parole per ottenere quello che desidera (messaggi imperativi); infine
quando scopre l'altro come agente intenzionale e come mente impara a richiamarne l'attenzione
per condividere esperienze sul contesto esterno e sul mondo in generale (messaggi referen-
ziali), Pertanto anche nelle abilità comunicative, come in quelle cognitive, il percorso di sviluppo
procede da modalità autocentrate (in cui l'altro non esiste ancora) verso la progressiva conquista
dell'individuazione e del decentramento (separazione e distinzione tra sé e altro) grazie alle quali
si possono confrontare, orientare e negoziare bisogni, stati d'animo, punti di vista.
L'intenzionalità comunicativa è implicitamente presente già nell'uso dei gesti comunicativi: gesto
richiestivo e gesto dichiarativo.Quando, tra i 9 e i 12 mesi, il bambino inizia a scoprire l'altro
come dotato di intenzionalità, in analogia con il Sé, si realizza la conquista che Tomasello
[1999] chiama «rivoluzione sociocognitiva del nono mese». Tale rivoluzione consiste nel
passaggio dall'intento comunicativo (scopo dell'azione scoperto a posteriori come effetto di
un'azione casuale) all'intenzione vera e propria in cui è individuabile un'attenzione anticipatoria
per un effetto atteso. Frye[1991] ha ideato alcune situazioni sperimentali per distinguere, sulla
base delle reazioni del bambino a situazioni inattese, la presenza o meno di intenzionalità nei
primi due anni.bambino che non sa ancora parlare, ma effettua già movimenti controllati delle
braccia, inizia a usare i gesti, associati o meno a vocalizzazioni, per comunicare con l'adulto e
influenzarne il comportamento. Dapprima esibisce il gesto richiestivo o imperativo (reaching) che
consiste nell'allungare il braccio verso qualcosa che vuole ottenere.successivamente il gesto di
indicare (pointing) il cui fine non è avere un oggetto ma l'attenzione dell'adulto su qualcosa di
interessante (attenzione congiunta). Mentre il gesto «per avere» svolge una funzione imperativa,
quello «per condividere» ha una funzione dichiarativa ed è considerato un precursore dello
sviluppo della Teoria della Mente,vale a dire della scoperta che l'altro, al pari di sé, è dotato di
stati interni su cui si può agire per mezzo
della comunicazione. I gesti sia richiestivi che indicativi sono accompagnati (preceduti e/o
seguiti) da uno scambio di sguardi con la funzione di segnalare all'altro, da un lato, che si sta
cercando di entrare in contatto con lui, dall'altro, per controllare l'effetto su di lui del proprio
gesto comunicativo.
Il gesto indicativo, in particolare, segna l'inizio della cosiddetta interazione triadica: io, tu e
l'oggetto di interesse.
5. SVILUPPO DEL LINGUAGGIO VERBALE:
MODELLI TEORICI
A partire dalla questione sollevata da Platone nel Cratilo in cui il filosofo si chiedeva se il
linguaggio fosse per natura o
per convenzione, è durato a lungo il dibattito sulle contrapposte posizioni dell'innatismo e
dell'ambientalismo, fino ad assumere toni radicali tra il linguista Chomsky ed il
comportamentista Skinner.
Chomsky,ha apertamente criticato la tesi di Skinner |1957] che sosteneva che il linguaggio fosse
acquisito per mera imitazione di modelli linguistici, grazie al meccanismo del rinforzo sociale.
Secondo
Dibattito tra innatismo e ambientalismo
Chomsky tale ipotesi non è adeguata a spiegare né la velocità di acquisizione del linguaggio, né la
creatività linguistica dei bambini, già a tre anni in grado di produrre frasi
-complesse che non hanno mai udito. Egli considera il linguaggio come parte di una facoltà
simbolica-più generale,la cui peculiarità consiste in una capacità combinatoria di unità discrete,
secondo modelli di grammatica universale generativa.L'abilità linguistica sarebbe pertanto il
prodotto dell'attivazione, su base maturativa, di un dispositivo specializzato, dominio-specifico
per il linguaggio, una sorta di grammar box, localizzato nel cervello LAD (Language Acquisition
Device).
-Tra gli studiosi intervenuti nel dibattito, Bruner per primo ha avanzato un'ipotesi di mediazione tra
i due modelli, ponendo l'enfasi sul ruolo complementare e congiunto delle capacità del bambino e
delle strategie interattive dell'adulto. Tale modello teorico, denominato sociocostruttivista,
considera sia agli aspetti funzionali del comportamento sia agli aspetti biologico-evoluzionistici
della cultura umana. In particolare, Bruner ha posto l'accento sul ruolo dell'interazione sociale
come specifico sistema di supporto all'apprendimento del linguaggio: LASS (Language
Acquisition Support System). Tale apprendimento sarebbe facilitato dalla condivisione
partecipativa specifiche routine di azione e comunicazione (format), in contesti esperienziali
concreti: Bruner [1990] sostiene che il linguaggio verbale si è sviluppato nel corso dell'evoluzione
allo scopo di dirigere l'attenzione e le azioni comuni, definendo l'attenzione comune come un
incontro di menti.altri studiosi hanno rivolto la loro attenzione a meccanismi innati per
l'apprendimento del lessico, dominio-specifici e indipendenti da abilità percettive e cognitive,
quali l'assunto dell'oggetto intero: una parola udita per la prima volta viene attribuita a un oggetto
nella sua globalità [Markman 1994]; l'assunto tassonomico: una parola appresa viene
generalizzata all'esemplare più simile [Golinkoff et al. 1994]; l'assunto del contrasto: una parola
appresa non viene sostituita da una nuova parola utilizzabile per lo stesso referente, ma viene
attribuita a un altro referente.
L'ipotesi della mediazione è attualmente sostenuta, in termini nuovi, dal recente approccio
teorico, denominato emergentista o epigenetico', che cerca di definire con maggior precisione
processi, meccanismi e tempi dell'integrazione tra fattori innati/genetici e ambientali/ esperienziali
del comportamento.In particolare, ogni neonato nascerebbe internazionale, essendo dotato della
disposizione naturale ad apprendere una qualsiasi delle circa 7.000 lingue esistenti nel mondo.
Benché alla nascita il cervello umano sia in grado di discriminare i circa 800 fonemi che
costituiscono le parole di tutte le lingue, tale capacità è transitoria e differenziata per diversi tipi di
suoni: a 6 mesi il bambino è predisposto ad apprendere i suoni vocalici della lingua a cui è
esposto, a 9 mesi i suoni consonantici. Per imparare a parlare bisogna distinguere i 40 fonemi
circa della lingua madre dai fonemi di tutte le altre lingue.È possibile conoscere, attraverso la
registrazione e l'analisi delle onde cerebrali (rilevazione dei potenziali evocati) se il cervello del
bambino si sta sviluppando normalmente o se ci sono anomalie che interferiranno nella
comparsa dell'abilità linguística.Recentemente sono stati evidenziati due meccanismi
complementari per l'acquisizione del linguaggio:
l'abilità di calcolo statistico-probabilistico del cervello e l'immersione in un universo sociale
parlante. Un disegno di ricerca pre-test/
zione sociale
post-test ha coinvolto 4 piccoli gruppi di bambini di 9 mesi, di madre-lingua inglese, abitanti a
Seattle (USA), esponendoli a diverse condizioni di parlato per 12 sessioni in un mese:
1. un gruppo ascoltava degli adulti che parlavano il cinese mandarino giocando con loro,
2. un gruppo guardava un video in cui delle persone parlavano il cinese tra loro,
3. un altro gruppo ascoltava solo una registrazione audio della stessa conversazione tra adulti,
4. un gruppo di controllo interagiva con persone che parlavano inglese.
Tutti i bambini sono stati successivamente sottoposti a test psicologici e al monitoraggio delle
onde cerebrali per rilevare la capacità di discriminare alcuni fonemi.Né l'esposizione video né
quella audio hanno prodotto alcun tipo di apprendimento.In sintesi, 'apprendimento del
linguaggio inizia prima che i genitori si rendano conto che stia avvenendo. Il solo ascolto passivo,
basato sull'apprendimento statistico, pur necessario, non è sufficiente. Senza le parole dei
genitori, senza l'ambiente linguistico in cui è immerso sin dalla nascita, il bambino andrebbe ben
poco oltre i primi balbettii.
6. IL RUOLO DELL'ADULTO
Adulti e bambini collaborano nella costruzione dell'abilità comunicativo-linguistica, essendo
entrambi predisposti
biologicamente a entrare in contatto (intersoggettività pri-
maria) e a cooperare tra loro (intersoggettività secondaria).
Per quanto riguarda le strategie del bambino, Meltzoff [1999] ha mostrato chei bambini che nei
primi due anni di vita seguono lo sguardo del genitore imparano a parlare molto prima dei
bambini che non lo fanno. Tuttavia, necessarie strategie spontanee del bambino non sono
sufficienti a realizzare il complesso percorso per diventare membro attivo e creativamente
produttivo della cultura umana, è fondamentale la funzione di supporto e di guida che l'adulto
può e deve svol-gere. E dimostrato, ad esempio, che la responsività della madre è predittiva,
oltre che della comunicazione prelinguistica intenzionale, della successiva padronanza del
linguaggio e, più in generale, del livello di sviluppo mentale [Yoder e Warren 1999]. Le madri si
rivolgono ai figli piccoli utilizzando uno specifico stile linguistico, variamente denominato
(Motherese o baby talk o
Child Directed Speech), che presenta alcune caratteristiche peculiari, quali semplificazione,
ridondanza, toni acuti, ritmo più lento, intonazione enfatica e prosodia ascendente, che
richiamano l'attenzione del bambino sulla parola e sullo scambio comunicativo. L'efficacia dello
scambio comunicativo sarebbe la risultante, inoltre, della congiunta attivazione di processi
attentivi oltre che sulle caratteristiche dell'input linguistico, sui correlati emotivi dello scambio
[Fernald 1989].
Alcune ricerche pioneristiche [Nelson e Bonvillan 1973; Bruner 1975] hanno evidenziato
l'esistenza di diversi stili interattivi tra madre e bambino in grado di influenzare la sua successiva
produzione linguistica, distinguendo, ad esempio, uno stile centrato sulla manipolazione degli
oggetti e uno sul lin-guaggio. Questo non significa che le madri usino in modo esclusivo o l'uno o
l'altro, ma che possono utilizzare entrambi.Lo stile espressivo è incentrato sugli aspetti emotivi
dello scambio interpersonale, mentre lo stile referenziale su un approccio cognitivo al contesto.
Sono state individuate, in particolare, due strategie materne idonee a promuovere lo sviluppo del
linguaggio: l'aderenza al contesto immediato a cui il bambino sta prestando attenzione o
contingenza tematica [D'Odorico, Franco e Vidotto 1985] e l'espansione delle espressioni
linguistiche del bambino o contingenza semantica. In altre parole, sarebbero più utili, in generale,
i comportamenti comunicativi dell'adulto che «seguono la direzione del bambino» lasciando a lui
l'iniziativa di dettare il tema dello scambio [Bretherton 1991].
Longobardi [19921 ha rilevato un numero più ampio e specifico di funzioni
Funzioni comuni-
comunicative materne (tutoriale, didattica, di conversazione, di controllo,asincronica) associate
piu al contesto comunicativo che a caratteristiche della
•personalità materna. In uno studio longitudinale su bambini tra 16 e 20 mesi [Longobardi 1995] è
emerso che la funzione tutoriale si mantiene più costante e stabile nel tempo considerato, le
funzioni di controllo e asincronica tendono a diminuire mentre tendono ad aumentare le funzioni
sia didattica sia di conversazione. Pertanto, le strategie comunicative materne sembrano
adattarsi flessibilmente alle abilità infantili, realizzando un circolo virtuoso.Anche l'apprendimento
dei nomi di oggetti sarebbe favorito dalla capacità delle madri di tenere conto del livello di
sviluppo comunicativo del bambino, utilizzando gesti comunicativi a supporto dello scambio
7. ACQUISIZIONE E SVILUPPO DEL LESSICO
Le prime parole sono per lo più nomi concreti di persone, oggetti, animali e cibi familiari. Tra i2 e
3 anni il lessico si arricchisce di altre parole contenuto (verbi e aggettivi) e di parole funzione
(articoli, preposizioni, vizio della realtà pronomi, congiunzioni). È più facile apprendere i nomi
concreti in quanto si applicano a precisi referenti sensorialmente identificabili, mentre verbi e
aggettivi, se non privi di referenti, hanno una natura relazionale, ovvero sono nome dipendenti.
Privi di referenti sono invece le parole-funzione il cui uso è prettamente linguistico, fungendo da
connettivi morfo-sintattici tra le altre parole. Peraltro, anche le componenti sintattiche del
linguaggio contribuiscono alla costruzione del significato delle parole e dei discorsi.Proprio la
modificabilità delle parole (per esempio legg eso; legg-enà; legg-ono) e la diversa combinabilità
tra loro (il bambino legge...; la legge dello stato..) permettono la formazione di Unità semantiche
differenziate e quindi la codlifica di un numero di informazioni sempre più ampio.Verso i 3 anni
esplodono nel lessico del bambino i termini psicologici, prima riferiti alle emozioni (es, triste,
piangere, contento), poi alle valutazioni morali (es., «buono», «cattivo») infine alla dimensione
cognitiva (es., «pensare»,
«desiderare»).Ben presto il bambino scopre la natura peculiare del linguaggio come meszo che
rinvia a concetti condivisi, ovvero a rappresentazioni mentali astratte. La rapidità di
apprendimento della stabile corrispondenza tra suoni e signiticati, non sarebbe solo da attribuire
a meccanismi cognitivi di tipo associativo, quanto, soprattutto, alle abilità di categorizzazione che
consentono di raggruppare gli oggetti in tipi di oggetti o concetti.
7.1. Linguaggio tra concetto e significato
Concetto e significato:sono due entità distinte:La formazione dei concetti che del significato:
inizia in fase preverbale attraverso attivita di esplorzione e categoriamazione
senso-motorie, precede e prepara la costruzione del significato o contenuto
semantico delle parole. Il concetto costituisce il nucleo cognitivo del signiticato (denotazione),
senza coincidere con esso, nella misura in cui il significato è un'entità più ampia e complessa che
dipende anche da convenzioni linguistiche e sociocuturali, variabili storicamente e
individualmente (connotazione
culturale e personale),non sono isolati ma si organizzano in reti tassonomico-gerarchiche a
diverso livello di generalità e astrazione: subordinato - basie - superordinato
sistema semantico, che si distingue dal sistema concettuale in quanto conoscenza organizzata
linguisticamente, è un sistema organizzato e aperto: i significati sono connessi tra loro da precise
relazioni o reti semantiche. la loro costruzione è prodotta dalla capacità di creare legami
associativi dapprima tra oggetti concreti ed eventi tipici (script), successivamente tra
rappresentazioni.infine tra parole e significati.
Il rapporto tra parole e significati riguarda, in particolare, l'abilità metalingui-stica, specie
specifica, che si manifesta dapprima in forme implicite spontanea e inconsapevole individuazione
di regolarità nella lingua) e successivamente in forme sempre più esplicite e decontestuali
(consapevole e intenzionale analisi di una lingua).
I bambini precocemente sono abili a comunicare il significato delle parole.Nelle tipologie delle
formule definitorie individuate nello sviluppo della competenza definitoria dall'età prescolare agli
adulti [Belacchi e Be-nelli 2007] si è trovata conferma del passaggio nella costruzione del
pensiero socializzato da modalità narrative a modalità paradigmatiche.Comunicare efficacemente
il contenuto di un termine non richiede solo la capacità di riflettere sul linguaggio (atteggiamento
metalinguistico) [Rey-Debove 1971; Watson 1985; Snow 1990] ma anche
mettersi dal punto di vista delle esigenze informative dell'altro (atteggiamento
metarappresentativo) rispettando le regole della cooperazione comunicativa [Grice 1989]. Le
definizioni oltre che esplicitare il significato lessicale servono a trasmettere le acquisizioni culturali,
attraverso la creazione di un common ground rappresentazionale, svolgendo, più in generale, la
funzione di cerniera tra linguaggio e pensiero.
8. LINGUAGGIO E COGNIZIONE
Pensiero e linguaggio, pur con radici genetiche diverse e con linee evolutive differenti, sono
destinati a incontrarsi e potenziarsi reciprocamente.
Emblematici gli approcci, apparentemente contrapposti, di Piaget e Vygotskij (cfr. cap. 4).
Secondo Piaget il linguaggio socializzato è espressione dapprima di un sottostante pensiero
egocentrico [1923], poi di una costruzione endogena di strutture di pensiero reversibili e
generalizzanti . Vygotskij sottolinea invece la funzione di supporto al pensiero da parte del
linguaggio sociale, per sua natura prioritariamente interpsichico (sociale e comunicativo) e
successivamente intrapsichico. Alla fine del secondo anno di vita il linguaggio verbale da mezzo
per la comunicazione interpersonale si integra progressivamente con il sistema cognitivo
diventando un mezzo elettivo di costruzione e organizzazione condivise delle conoscenze
cristallizzate (knowledge). Il linguaggio verbale non agisce solo nell'organizzare le conoscenze,
ma può influenzare anche il sistema cognitivo (cognition). In particolare, il linguaggio avvia il lungo
e mai concluso processo che porta alla costruzione intersoggettiva della mente mediata [Nelson
1996] e ibrida [Donald 1991], per cui la cultura,integra rappresentazioni cognitive e vissuti
individuali,rendendoli condivisibili intersoggettivamente. Tale integrazione si realizza grazie
soprattutto alla scolarizzazione, attraverso cui il bambino impara a
usare il linguaggio in modi sempre più convenzionali e corretti rispettandone le regole di forma.Il
contemporaneo sviluppo cognitivo consente di usare il linguaggio con funzione argomentativa,
ovvero per esprimere e sostenere ragionamenti e punti di vista e confutare quelli di altri.
[Negli anni della scolarizzazione, grazie all'istruzione formalizzata si attua il passaggio dal
pensiero narrativo al pensiero paradigmatico [Bruner 1990] il cui discrimine consiste nell'utilizzo
sempre più decontestuale, oggettivo e intersoggettivamente verificabile del codice linguistico
Prima di concludere, qualche accenno alle più recenti indagini su come il linguaggio verbale
entra come strumento in grado di potenziare i processi di pensiero, come avviene ad esempio,
nella codifica e nel recupero delle informazioni nella e dalla memoria a lungo termine (MLT).
9. CONCLUSIONI
Si è visto come lo sviluppo del linguaggio verbale si collochi in continuità funzionale rispetto al
più generale sviluppo delle abilità comunicative e come attualmente prevalga un modello
interpretativo non deterministico ma mul-rifattoriale, che rende compatibili percorsi e traiettorie di
sviluppo differenti tra gli individui e variabili in diversi momenti dello sviluppo. L'ipotesi
attualmente più accreditata ed euristica è quella dell'interdipendenza tra fattori innati e fattori
ambientali che si realizza attraverso la sincronizza-zione, in periodi critici e sensibili, tra
disposizioni del bambino e interazioni sociali cui partecipa e in cui l'adulto svolge il cruciale ruolo
di facilitatore. Lo studio sullo sviluppo della comunicazione e del linguaggio si è sempre più
rivolto all'osservazione di bambini dall'età neonatale, secondo disegni di ricerca anche di tipo
longitudinale. Ciò ha portato all'individuazione di alcuni prerequisiti per lo sviluppo sia del
linguaggio verbale sia dell'intenzione comunicativa che sono abilità interdipendenti e non
necessariamente successive l'una rispetto all'altra.In sintesi, il linguaggio verbale svolge funzioni
sia interpersonali sia intrapsi-chiche: designazione della realtà (funzione referenziale);
organizzazione del pensiero (funzione cognitiva); riferimento autoriflessivo al linguaggio stesso
(funzione metalinguistica). linguaggio verbale fornisce un contributo insostituibile allo sviluppo
della consapevolezza, dell'autoconsapevolezza e pertanto alla formazione dell'identità personale
(funzione di individuazione).Tutte le funzioni del linguaggio che gli studiosi cercano di differenziare
secondo un approccio analitico, considerandone le specifiche distinte traiettorie, di fatto si
intersecano, sovrappongono e si potenziano vicendevolmente nello sviluppo del bambino reale
concorrendo congiuntamente alla costruzione di quell'essere complesso e superiore che è
l'uomo.