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, kloep, m - "Lo
sviluppo nel ciclo di vita"
Psicologia Dello Sviluppo
Università degli Studi di Cagliari
62 pag.
Capitolo 1
LO SVILUPPO NEL CICLO DELLA VITA
Capitolo 2
TEORIE DELLO SVILUPPO – CLASSICHE
Uno dei pionieri moderni della teoria del corso della vita è GLEN ELDER JR.
(1974) che concepì una nuova visione dei cambiamenti sociali, dei percorsi di
vita e dello sviluppo individuale intendendoli come modi di continuità e
cambiamento del comportamento.
Propose 4 principi della teoria del corso della vita:
Per Baltes (1997) le risorse sono distribuite in modo diverso lungo il ciclo della
vita:
✓ Nei primi anni sono distribuite in modo da funzionare in collegamento
con la crescita – raggiungendo livelli più alti di funzionamento;
✓ Nell’età adulta sono dirette verso il mantenimento – sostenendo livelli di
funzionamento normale nell’affrontare sfide contestuali o perdite di
potenziale.
✓ Nell’età matura vengono distribuite in modo da regolare le perdite
quando mantenimenti o recuperi non sono più possibili. In questo ambito
gli individui sono più orientati a preferire di evitare una perdita piuttosto
che a ricercare un miglioramento.
Attualmente Baltes, Lindernberger e Staudinger -1997- suggeriscono un
modello di sviluppo che implichi:
✓ Una selezione di obiettivi di sviluppo;
✓ Un’ottimizzazione che generi e metta in atto risorse in relazione agli
obiettivi che si intendono raggiungere;
✓ Una compensazione con risposte funzionali verso una diminuzione delle
risorse impiegate per il raggiungimento degli obiettivi, causate
dall’ambiente o dall’età.
CONCLUSIONE
1. Lo sviluppo per essere stimolato ha sempre bisogno di una sfida –
compito, crisi. Stimolo, perdita;
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Capitolo 3
IL MODELLO DI SFIDA DELLO SVILUPPO DEL CICLO DI VITA
▲ DISPOSIZIONI BIOLOGICHE
Sono quelle che la natura mette a disposizione dei bambini: talenti naturali,
potenzialità per lo sviluppo di attitudini diverse, caratteristiche di personalità
ecc. Queste risorse predispongono i bambini ad apprendere più facilmente e
determinano anche in che misura lo faranno. Le risorse possedute
determineranno anche le reazioni degli altri nei loro confronti.
Nel caso di bambini irritabili si avrà un minor coinvolgimento delle madri nei
loro confronti, minori contati visivi e fisici che determineranno una minor
capacità da parte di queste di tranquillizzarli. Una sindrome più generalizzata
legata al bambino che soffre di coliche può essere generalmente definita
difficoltà persistente tra madre e neonato. Altre caratteristiche personali
influenzano il modo in cui i bambini affrontano le loro esperienze quotidiane.
Con il passare del tempo queste predisposizioni interagiranno sempre di più
con i comportamenti appresi e con l’ambiente sociale, subendo una
trasformazione. Ad es. lo stato di buona salute che pare sia una delle risorse
più importanti e determinanti della vita, è fortemente influenzato dallo stile di
vita e dall’ambiente.
▲ RISORSE SOCIALI
L’interazione con altre persone è sempre presente nella vita e queste persone
possono aiutarci ad affrontare le sfide che incontriamo. La nostra rete di
rapporti sociali e la qualità delle relazioni che instauriamo sono considerate
risorse importanti.
La qualità delle relazioni dipende da 2 fattori:
· la disponibilità di una rete di rapporti sociali
· le abilità sociali individuali
Più è alto il numero delle persone con cui interagiamo, più probabilità abbiamo
di arricchire le risorse individuali assicurandoci un sostegno emotivo,
informativo, pratico quando si presenta la necessità di superare una sfida. Per
instaurare e mantenere relazioni sociali è necessario possedere abilità sociali a
partire da quelle più semplici come rispondere agli altri, sostenere un contatto
visivo, fino a quelle più complesse ed elaborate come risolvere conflitti.
Erikson (1959) sottolinea l’importanza di imparare ad avere fiducia negli altri
durante il 1° anno di vita, Bowlby (1969) richiama l’attenzione
sull’importanza della capacità di instaurare legami nei primi giorni di vita ai fini
della formazione delle successive relazioni. Un attaccamento sicuro non
sempre garantisce un adattamento positivo più avanti nel tempo, come del
resto attaccamenti insicuri nel primo anno di vita non sono predittori di un
successivo adattamento mediocre (Ainsworth, 1979).
▲ SELF-EFFICACY – AUTOEFFICACIA
Il confronto con le sfide per essere sicuro ha bisogno di una certa quantità di
self efficacy e di autostima, ha bisogno cioè della convinzione dell’individuo di
essere in grado di affrontare e risolvere le sfide contando sulle proprie risorse.
Questo aspetto è simile al locus of control interno descritto da Rotter nel 1966.
La consapevolezza del nostro self-efficacy ci è comunicata da un feed back
sociale (critiche o lodi che ci rivolgono altri) e in parte attraverso l’esperienza, il
successo/insuccesso nel portare a termine i vari compiti.
Bandura (1986) definisce il nostro comportamento autovalutativo sulle nostre
prestazioni, sulla base dei nostri standard ed obiettivi, “valutazione sulla
self-efficacy” e ritiene che questi giudizi esercitino effetti notevoli sul grado di
motivazione.
La valutazione sulla self-efficacy si basa su 4 fonti di informazione:
1. risultati della prestazione (più importanti). Se si riesce a portare a
termine un compito ripetutamente, il senso della nostra efficacia
aumenta ed eventuali fallimenti temporanei non ci preoccupano molto;
2. esperienze vissute per interposta persona. Attraverso
l’osservazione di successi e fallimenti vissuti da altri nello svolgimento di
certi compiti;
3. la persuasione verbale. Conversazioni stimolanti, affermazioni da
parte di altri sulle abilità di qualcuno, costituisce un’altra fonte di
aspettative di alta efficacia personale;
4. indizi psicologici. Es. saper interpretare la stanchezza come un segnale
che mostra che il compito intrapreso si sta rivelando troppo difficile.
Valutazioni realistiche della nostra self-efficacy rappresentano dei validi
requisiti per decidere se un compito può essere intrapreso e quanta energia è
necessario investirci. Soprattutto in presenza di risorse limitate questa è una
buona strategia per selezionare i compiti più adeguati ad esse e concentrarci
per la loro realizzazione.
▲ RISORSE STRUTTURALI
Sono le risorse che derivano dall’ambiente culturale, quali risorse materiali,
nazionalità, genere, razza, status sociale, ecc
· Per sfida si intende qualsiasi nuovo compito che l’individuo affronta e che sia
pari o leggermente superiore alle sue risorse, presenti in quel momento.
· Per compito si intende un problema la cui soluzione può richiedere pochi
istanti, oppure uno più complesso, formato da diversi piccoli sotto-compiti,
paragonabili ad una serie di processi che richiedono diversi anni per essere
risolti. Può trattarsi di un compito completamente nuovo o di un compito di
routine da risolvere in condizioni diverse. Il compito può avere connotazioni
positive o può contenere elementi negativi ma che portano comunque ad una
crescita. In particolare fonti di stress che sconvolgono la continuità della vita
possono agire da catalizzatori al cambiamento. Pertanto una certa dose di
stress può anche essere considerata positiva dal punto di vista dello sviluppo,
perché può portare all’acquisizione di nuove abilità.
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RICERCA DI SFIDE
2. Stagnazione
Concetto di stagnazione simile alla descrizione dei due stili di identità
adulta di Whitbourne, Sneed, Skultety (2001). È stato teorizzato che gli
identity assimilators posseggono identità forti all’esterno ma deboli
internamente. Quando si trovano a confrontarsi con esperienze che minacciano
la loro identità fanno affidamento sull’assimilazione di identità per distorcere
l’informazione così da non dover essere costretti a porre in discussione la loro
abilità o importanza per gli altri.
Gli identity accomodators hanno identità deboli ed instabili basate
fortemente sulla valutazione degli altri. Cambiano rapidamente di fronte alle
esperienze perché mancano di coerenza interna.
Secondo il modello di Whitbourne, Sneed, Skultety solo coloro in possesso di
una identità equilibrata sono in grado di alternarsi flessibilmente tra processi
di identità mantenendo uno stabile senso di sé, mentre nello stesso tempo
cambiano per reagire agli eventi che sfidano il loro senso di sé.
Il concetto di stagnazione è simile al pensiero di Maslow sulla motivazione di
mancanza un stato in cui gli individui sono impegnati esclusivamente nel
soddisfacimento dei loro bisogni primari e non possono impegnarsi in
un ulteriore sviluppo. Si tratta di una condizione opposta alla motivazione
di sviluppo in cui i bisogni primari sono soddisfatti e gli individui
posseggono risorse sufficienti per impegnarsi nella realizzazione di se
stessi.
È corretto precisare che non tutti gli stagnators sono in uno stato di
stagnazione involontaria ed insoddisfatta, a volte le persone possono decidere
di non affrontare nuove sfide perché sono soddisfatti delle risorse presenti e del
loro stile di vita.
La stagnazione è uno stato in cui non vi è aggiunta di nuove risorse.
Un modo per porsi al riparo da sfide è quello di evitarle, questo è sicuramente
possibile per un certo periodo di tempo, anche se secondo il modello della sfida
dello sviluppo, conduce a stagnazione. Questo accade anche per intere culture.
Gli individui e le nazioni che cercano di evitare qualunque cambiamento, sono
comunque a rischio semplicemente perché una vita senza cambiamenti e sfide
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3. Deterioramento.
Avviene quando l’individuo nel corso della vita affronta sfide che superano
sempre le sue risorse potenziali prosciugando continuamente il suo bagaglio.
Questo stadio può essere raggiunto in qualsiasi momento del ciclo della vita
come può non esserlo mai.
Le sfide che portano ad un miglior sviluppo sono quelle che si cercano in uno
stato di sicurezza perché si possiedono risorse sufficienti per affrontarle. Può
accadere che un ambito della vita di un individuo sia in uno stato di
stagnazione mentre in un altro continua a svilupparsi, ma se la stagnazione si
verifica in diversi ambiti il rischio si accumula, ed il bagaglio di risorse personali
si prosciuga in modo esponenziale. Le risorse individuali possono prosciugarsi
quasi completamente in un ambito della vita, essere appena sufficienti in altra
area e continuare a svilupparsi in un altro campo. Così è possibile che un’area
possa compensare parzialmente le altre aree in cui si è meno dotati. Il
meccanismo che si genera non è facile da capire, probabilmente avviene che il
successo in un’area generi sentimenti di autostima e di self efficacy nelle
persone che così acquistano più fiducia per affrontare le sfide che si
presentano in altri ambiti della vita. Probabilmente l’esperienza positiva del
successo è d’aiuto nel rinforzare quegli aspetti dell’opinione di sé – self concept
– che promuovono una capacità di ripresa (Rutter, 1996).
L’elemento cruciale per affrontare le sfide della vita è possedere il
potenziale per cambiare. Questo potenziale è raggiunto grazie alla capacità
di adattamento in un maggior numero di aree possibili, possedendo cioè molte
risorse in una varietà di aree. Se le risorse vengono continuamente prosciugate
perché si affrontano troppe sfide concomitanti o perché mancano le risorse
potenziali, la stagnazione può passare nel tempo alla fase di deterioramento.
C’è da evidenziare che anche il deterioramento non è irreversibile, i momenti di
svolta che portano un flusso di nuove risorse, possono ancora trasformare il
processo rendendolo nuovamente positivo. Nel flusso e riflusso della vita non è
mai troppo presto o tardi per rinnovare il bagaglio di risorse personali.
CONCLUSIONE
Capitolo 4
SFIDE ASSOCIATE A MUTAMENTI NORMATIVI E A MUTAMENTI NON
NORMATIVI
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1) Mutamenti di maturazione
Sono rappresentati dai mutamenti biologici comuni a tutti gli individui sani, i
processi implicati e gli obiettivi biologici sono piuttosto simili per gli esseri
umani. Poiché non è possibile sottrarsi a questi mutamenti essi sono facilmente
prevedibili e questo permette a tutti gli individui di prepararsi ad affrontarli.
L’individuo che affronta questi cambiamenti può contare su un sostegno sociale
e su vari modelli di comportamento. I cambiamenti di maturazione hanno delle
implicazioni sociali che variano da cultura a cultura.
2) Mutamenti sociali normativi
Comuni alla maggior parte degli individui all’interno di certi contesti sociali e
culturali, spesso collegati all’età e ai mutamenti di maturazione. Si tratta di
eventi sociali regolati da leggi che influenzano l’individuo in vari modi, presenti
in ogni società nonostante i contenuti siano molto diversi tra culture diverse.
Inoltre perfino nello stesso paese possono esistere differenze tra gruppi sociali,
rispetto a quali eventi debbano essere considerati normativi e quali invece non
lo sono.
Elemento comune a tutti questi mutamenti normativi è la prevedibilità, visto
che i membri di un gruppo sociale sanno quando e come avvengono e pertanto
non li affrontano impreparati.
Questi mutamenti accadono a tutti i membri del gruppo nello stesso tempo, gli
individui possono pertanto contare su un sostegno sociale e possono basarsi su
precedenti esperienze degli anziani del gruppo. In culture diverse le esperienze
dello sviluppo dei membri appartenenti a certi gruppi socioculturali sono
piuttosto simili, regolando lo sviluppo in modo normativo per tutti i membri.
3) Mutamenti quasi normativi
Sono simili a quelli normativi, sono legati all’età, comuni alla maggior parte
degli individui appartenenti a gruppi sociali o culturali. A differenza di quelli
normativi, non sono regolati da leggi, anche se spesso sono regolati da norme
e regole non scritte. Pertanto all’interno di un gruppo sociale c’è sempre una
minoranza che non sperimenta questi mutamenti.
I mutamenti normativi e quasi normativi somigliano molto:
- ai compiti di sviluppo di Havighurst – 1972
- Alle crisi psicosociali di Erikson – 1959
AFFRONTARE LE SFIDE
CONCLUSIONE
Divorzio e macrosistema
Il divorzio è un evento non normativo perché non accade a tutti, le persone
hanno generalmente opinioni divergenti al riguardo visto che ritengono che
non possa questo evento accadere a loro.
Negli Usa ed in atri 6 paesi gli uomini disapprovano il divorzio più delle donne,
i religiosi praticanti sono più contrari dei non praticanti. In altre culture come
quella cinese il divorzio è considerato “anormale” e vi è un numero molto
basso di divorzi, questi risultati dimostrano che il significato dell’esperienza del
divorzio varia a seconda del genere e della cultura degli individui. Pertanto per
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Una importante sfida dello sviluppo è la scuola, oggi si tratta di una sfida
normativa mentre prima i bambini potevano apprendere tutto quello di cui
avevano bisogno a casa. Questa condizione permane ancora in alcune società
rurali dove le donne in particolare si preparano ai ruoli futuri aiutando le loro
madri in casa e nei campi. Con l’industrializzazione il livello di competenze
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Capitolo 7
L’ADOLESCENZA E LA CONDIZIONE DELLA PRIMA ETÀ ADULTA
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Capitolo 8
LA MEDIA ETÀ ADULTA: STILI DI VITA CONVENZIONALI O NUOVE SFIDE
ESSERE GENITORI
Nelle società occidentali non c’è un’età normativa considerata appropriata per
diventare genitori. Il diventare genitore è un evento importante in qualunque
cultura.
Questo evento mette l’individuo in una condizione di potere all’interno di un
rapporto sociale gerarchico. Dopo la nascita di un bambino la riorganizzazione
dei ruoli familiari – quelli domestici in particolare - è molto importante. Tuttavia
la nascita di un figlio è ancora fortemente distinta da una divisione tradizionale
dei compiti. Le donne sentono di pagare maggiormente i “costi” personali
nell’avere un bambino, i nuovi padri tendono ad esigere le stesse priorità che
avevano prima della nascita del bambino, seppure in forma modificata, una
vita sociale intensa e la soddisfazione dei loro interessi personali. È difficile
prevedere in che modo la sfida di diventare genitori influirà sul rapporto
coniugale. Migliorerà la qualità del matrimonio di alcuni, indebolirà quello di
altri, lascerà invariati altri matrimoni.
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BRONFENBRENNER – 1979
L’ambiente lavorativo, con le sfide, gli stress e le opportunità che comporta non
solo rappresenta un microsistema molto importante per l’individuo, ma è
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Capitolo 9
LA TARDA ETÀ ADULTA – RITORNO AL FUTURO
I CAMBIAMENTI FISICI
Un aspetto importante che caratterizza i cambiamenti fisici e del metabolismo
nella tarda età adulta, è rappresentato dall’influenza negativa che la società
esercita sull’individuo di mezza età. Il mito della giovinezza è estremamente
diffuso nelle culture occidentali, caratterizzate anche da una minore
segregazione per età. Questi 2 fattori messi insieme costituiscono le principali
componenti del successo negli affari, nei rapporti interpersonali, esprimono
vitalità, salute aspetto fisico, giovinezza. Anche nelle culture non occidentali si
sta avendo questa influenza tanto che in Brasile si è coniato il concetto di
“adultescenza” cioè maturità adulta in un corpo giovane, molto popolare tra le
persone di mezza età. Questa situazione presenta 2 rischi:
a) Dal punto di vista sociale: trascurare le qualità di un individuo a causa
del fisico che invecchia significa perdere l’esperienza e la saggezza all’interno
di molti luoghi sociali: lavoro, org. Tempo libero, casa, comunità locali.
b) Dal punto di vista individuale: si può cercare di negare l’invecchiamento
ed andare avanti come prima con il rischio di prosciugare il bagaglio di risorse
personali, oppure si possono considerare sfide i cambiamenti fisici e sociali e
cercare con il problem solving di vedere gli aspetti positivi di questo
mutamento di maturazione.
DIVENTARE NONNI
Altro mutamento quasi normativo la trasformazione in nonni.
Con la deregolamentazione del ciclo della vita questo può avvenire in una arco
di tempo dai 30 anni in su, ma sembra sia più facile affrontare questa sfida se
avviene in una età ritenuta appropriata dalla società e dalla sub-cultura di
appartenenza. Il diventare nonni può essere una sfida che occorre
contemporaneamente ad altre, inoltre ci possono essere discrepanze sui
bisogni dei neo genitori e dei nonni, soprattutto in materia di indipendenza
perché impegnate sui loro hobby, amici, interessi ed autonomia dai vincoli dei
figli e nipoti. Accettano di occuparsi di questi per un breve tempo e
volontariamente. I nonni di tutti i paesi ricoprono più ruoli, possono essere
guardiani, genitori surrogati, educatori. Svolgono anche il ruolo di storici che
raccontano storie del passato e che trasmettono cultura, mentori che
trasmettono le loro conoscenze, influenzano le idee dei bambini sulla vecchiaia
rappresentando dei modelli di comportamento. Sono anche dei compagni di
gioco avendo più tempo a disposizione da trascorrere con i bambini.
Diventare nonni è una sfida che spesso porta ad uno sviluppo ed a una
crescita, come sempre c’è però il rischio che affrontando la sfida si
prosciughino troppe risorse. Nella maggior parte dei casi i nonni affrontano con
successo la sfida del nuovo arrivo.
IL PENSIONAMENTO
Ultimo mutamento normativo che l’individuo deve affrontare è il
pensionamento con relativo impatto sullo stile di vita. Questo è considerato un
marker psicosociale se segna l’inizio effettivo della vecchiaia. Il limite fissato
per il pensionamento è legato all’età e non sul tipo di prestazione e sulle
capacità. Ci sono però pochi segnali che indicano che la maggior parte delle
persone desideri ritirarsi completamente dalla scena lavorativa.
HAVIGHURST, NEUGARTEN, TOBIN (1968) concludono che né la teoria
dell’attività né quella del disimpegno dell’invecchiamento ottimale sono
sufficienti a spiegare le conclusioni di questa ricerca, alle persone dispiace
abbandonare le loro attività, ma lo accettano ritenendola una conseguenza
inevitabile dell’invecchiamento, mantenendo il senso del loro valore e di
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Capitolo 10
LA VECCHIAIA: LA SFIDA FINALE?
LUTTO
La morte di una persona cara diventa un evento sempre più normativo man
mano che avanzano gli anni. Il lutto è un processo a più dimensioni influisce
sulla persona psicologicamente, fisicamente, economicamente e
spiritualmente. Forse per il fatto che la morte diventa un evento più normativo
con il passare dell’età, i vedovi/e anziani si adattano meglio e soffrono meno di
depressione rispetto ai più giovani. Un evento triste come la perdita della
persona amata con il tempo può diventare tollerabile. La depressione ed i
problemi psicologici diminuiscono con il tempo (1 o 2 anni) fino a tornare
normali. Il dolore ed il senso di perdita invece hanno periodi di ripresa più
lunghi, in alcuni casi durano anche 15/20 anni.
Il lutto e la vedovanza, come gli altri eventi importanti della vita, pongono
l’individuo di fronte a una serie di sfide:
• Solitudine;
• Problemi quotidiani: per gli uomini attività domestiche, per le donne
riparazioni, questioni legali e finanziarie;
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SALUTE
il peggioramento della salute a causa dell’età avanzata non rappresenta un
mutamento normativo, anche se con il progredire del ciclo di vita aumenta il
numero delle persone con problemi di salute. La capacità di ritornare in salute
dopo una malattia può risultare da altri fattori di compensazione non fisici
come un senso di utilità, la presenza di un partner, buone relazioni sociali,
buona autostima sono di aiuto per preservare lo stato di salute.
IL FUNZIONAMENTO COGNITIVO
Pregiudizio che le abilità cognitive di una persona calano con l’aumentare
dell’età. L’indebolimento della vista, dell’udito, del gusto e dell’olfatto, del
senso dell’equilibrio e del senso cinestetico non sono di per sé invalidanti e
possono essere ovviate con ausili esterni.
Ricerche recenti condotte sul deterioramento delle funzioni cerebrali indicano
che i cambiamenti strutturali variano da una persona all’altra in maniera
sensibile, esso inoltre è un processo molto specifico più che un deterioramento
globale.
Diminuiscono:
• l’attenzione selettiva e l’inibizione di informazioni non rilevanti;
• l’attenzione distribuita;
• l’attenzione sostenuta – concentrazione
Il decadimento interessa solo i processi controllati e non i processi
automatici.
Le facoltà che sembrano più colpite sono la velocità e l’accuratezza nel
processamento delle informazioni definite intelligenza fluida, mentre
l’intelligenza cristallizzata, riflessa nella conoscenza basata sulla cultura,
mostra uno schema stabile di sviluppo fino agli 80 anni di età.
Per quanto concerne il linguaggio:
• la memoria semantica non sembra risentire dell’età
• il lessico recettivo rimane inalterato;
• il lessico produttivo si riduce
• si può assistere alla difficoltà di recupero di una singola parola
• pianificazione in situazioni non automatiche
Capitolo 11
TEMI EMERGENTI DELLO SVILUPPO NEL CICLO DI VITA
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La fascia d’età che va dai 20 ai 30 anni è stata oggetto di specifico interesse per numerosi
studiosi del cambiamento evolutivo. Oggi, infatti, marcatori demografici (come il protrarsi della
durata degli studi, il ritardo nell’acquisizione dell’indipendenza economica dai genitori e nella
transizione al matrimonio e alla genitorialità) hanno evidenziato il progressivo dei tempi di
acquisizione dei ruoli adulti. Ciò ha indotto alcuni studiosi a identificare una nuova fase del ciclo
di vita: l’emerging adulthood (da collocarsi tra la fine dell’adolescenza e l’età adulta).
In primo luogo, le peculiari caratteristiche dei giovani in questa fase sono state identificate nella
società americana.
Gli studiosi ritengono che il principale compito evolutivo di questo periodo sia la definizione e il
relativo consolidamento dell’identità personale e professionale.
La società contemporanea sollecita infatti scelte tra alternative sempre più numerose riguardo a
scuola, lavoro, relazioni in un contesto che scarseggia di modelli definiti.
Tali scelte implicano l’attivazione di risposte e risorse individualizzate, focalizzate sulla propria
autobiografia e svincolate da modelli di riferimento normativi.
Due sono i fili conduttori dell’intero volume:
a. il riferimento al life span developmental psychology che enfatizza costrutti quali a plasticità,
la multi-direzionalità, la non-linearità dei percorsi evolutivi;
b. la convinzione che il processo del cambiamento evolutivo costituisca un percorso
complesso, delicato, impegnativo e creativo di consolidamento del sé.
Capitolo primo.
L’assunto che il cambiamento evolutivo riguardi più propriamente tutto il corso della vita
piuttosto che gli anni dell’infanzia, ha ricevuto un peculiare slancio dai cambiamenti demografici
inerenti all’allungamento di vita media della popolazione e dal conseguente emergere di studi
specializzati sui precursori dell’invecchiamento.
Numerosi rilievi empirici hanno mostrato, ad esempio, che l’età adulta non è più
necessariamente caratterizzata da stabilità (come si riteneva un tempo) e può porre l’individuo
di fronte a esperienze che inducono rilevanti trasformazioni della persona e del suo modo di
rapportarsi al mondo.
Insieme, studi neurofiosologici hanno evidenziato la grande plasticità del cervello umano:
questo è capace di ristrutturazioni e nuove connessioni anche nella maturità e nella vecchiaia. Il
declino di alcune funzioni psichiche degli anziani è correlato a peculiari condizioni negative
personali, familiari, sociali e può essere prevenuto.
Chiariamo che la prospettiva life span developmental non costituisce un vero e proprio modello
teorico ma piuttosto un complesso di “convinzioni prototipiche” o proposizioni teoriche che, nel
loro insieme, caratterizzano in modo coerente la natura dei processi del cambiamento evolutivo.
Concezioni:
1. Life span development: lo sviluppo ontogenetico è un processo che dura tutta la vita.
Nessuna fase è più importante in termini di cambiamento. Durante lo sviluppo e in tutte le
fasi del ciclo di vita sono attivi sia processi continui (cumulativi) sia processi discontinui
(innovativi).
2. Multi-direzionalità: nei cambiamenti che costituiscono lo sviluppo ontogenetico si possono
rintracciare numerose direzioni anche nel medesimo ambito (ci può essere un incremento e
un decremento in ambiti appartenenti alla stessa categoria).
3. Lo sviluppo come sintesi di “guadagni e perdite”.
Capitolo secondo.
Vi è ampio consenso tra gli studiosi sul fatto che il principale compito evolutivo negli anni della
transizione consista nella definizione dell’identità. Si tratta di un compito complesso, in quanto la
natura stessa dell’identità è complessa.
Per quel che corne più vicino il contesto italiano, recenti studenti hanno messo in evidenza, nei
giovani adulti, configurazioni identitarie caratterizzate da stati di diffusion, ritardo nell’assunzione
di ruoli adulti e scarsa capacità di orientamento al futuro.
Uno studio condotto su studenti universitari del Sud Italia ha mostrato come nei giovani italiani
la sindrome del ritardo influenzi in maniera più evidente i processi di costruzione dell’identità
professionale rispetto all’identità globale.
Nella prospettiva della developmental line span psychology anche la formazione dell’identità,
come ogni altro aspetto dello sviluppo, è intesa come processo dinamico che si svolge lungo
l’intero percorso dell’esistenza.
Lo stesso Erikson (1968) fin dalle sue prime formulazioni concorda con tale prospettiva e
considera l’identità come una componente importante di tutti gli stadi del ciclo di vita, come
una dimensione che entra in gioco in tutti i conflitti vitali che costituiscono - nel suo modello -
altrettanti momenti di “crisi”. (Vedi 8 stadi di sviluppo p.42)
Anche il termine crisi è adoperato da Erikson in senso evolutivo e sta a indicare un punto di
svolta per lo sviluppo, un momento ricco di potenzialità evolutive per l’individuo.
Definizione di sviluppo per Erikson: è un processo epigenetico che si svolge lungo diversi stadi
che coprono tutta l’esistenza, ciascuno dei quali corrisponde a un peculiare conflitto o crisi che il
soggetto deve risolvere per poter accedere allo stadio successivo.
Erikson sottolinea che è lo stadio dell’adolescenza quello in cui diventa cruciale un particolare
conflitto, quello tra identità e confusione di ruoli.
Lo studioso fa notare come gli adolescenti hanno ormai acquisito nuove capacità socio-
cognitive legate al pensiero formale e anche nuove capacità relazionali e sociali.
Anche Marcia rileva che, a partire dall’adolescenza, sono ormai presenti gli ingredienti
individuali e sociali considerati necessari per affrontare la crisi identitaria:
“All’adolescente viene richiesto di rinunciare alla posizione “one-who-is-given-to” per passare ad
essere “one-who-is-to-give-to-others”. Insomma si tratta di un passaggio dall’essere “recipiente”
al produrre qualcosa”.
Pur prendendo le mosse da costrutti teorici di matrice psicoanalitica, Erikson colloca il suo
modello nell’ambito di un’interpretazione psicosociale dello sviluppo e sottolinea come
l’identità si esprima e si formi in due contesti:
a. Nel contesto di processi intra-individuali di auto-definizione;
b. Nel contesto degli scambi reciproci tra l’individuo e gli altri significativi.
Capitolo terzo.
Tra gli approcci proposti per la valutazione del cambiamento identitario nel periodo di
transizione all’età adulta, uno dei più promettenti è l’approccio narrativo all’identità.
Il racconto della propria vita è un processo attivo di costruzione, qui e ora, della propria identità
attraverso un testo (la storia) il cui soggetto è il proprio Sé (Bruner). In tal senso, la narrazione
non pre-esiste ma viene creata nel corso delle interazioni, all’intero dello scambio comunicativo
nel quale l’individuo negozia con l’altro i significati da attribuire alla propria esperienza.
La narrazione autobiografica può considerarsi come un racconto interiorizzato e in evoluzione
del Sé che incorpora il passato ricostruito, il presente percepito e il futuro anticipato: il narratore
deve condurre il protagonista del passato al presente in modo tale che possano fondersi
entrambi e diventare la stessa persona con una comune consapevolezza.
La narrative identity consente di mettere a fuoco il prodotto del processo di formazione
dell’identità. Per molto tempo i due principali approcci all’identità (identity status model e
narrative identity) hanno proceduto separatamente laddove potrebbero implementarsi.
I due differenti approcci infatti approfondiscono sia il processo che il contenuto della
formazione identitaria.
Un tentativo di integrazione è stato proposto da McLean e Syed: il loro punto di partenza è la
teoria di Erikson, in particolare l’ipotesi secondo la quale lo sviluppo dell’identità implica
l’impegno dell’individuo a tre livelli diversi:
1. l’ego identity: focalizza il senso di continuità personale che ciascuno realizza quando riesce a
integrare le proprie convinzioni e a definire la propria identità nel tempo. Trova la sua
modalità di espressione privilegiata nella riflessione che ciascun soggetto fa su di sé.
Capitolo quarto.
Il rapporto tra individuo e contesto potrebbe essere illustrato attraverso una delle leggi
percettive della gestalt: il principio del contrasto (o figura/sfondo).
Soltanto dalla loro comparazione e dall’attenzione selettiva che si pone è possibile
comprendere la forma dell’uno o dell’altro. Individuo e contesto sono, dunque, elementi di un
unico sistema che possono essere descritti solo se considerati in continua interazione.
Ripercorrendo cronologicamente lo sviluppo individuale, sappiamo che l’evoluzione dei
contesti di riferimento può procedere per accrescimento o sostituzione.
Durante l’infanzia, il principale contesto di riferimento è quello familiare. Nel corso degli anni, si
amplia e ingloba parti sempre più ampie (scuola, gruppo dei pari, ambiente lavorativo).
Durante l’adolescenza, il ruolo del contesto diventa ancora più importante: questo diventa uno
stimolo continuo per la persona che, in esso, trova nuovi modelli da seguire.
Nel transizione all’età adulta, tre sono i sistemi di relazione fondamentale:
1. La famiglia d’origine;
2. I partner sentimentali e/o sessuali;
3. Gli ambienti virtuali (social network).
Famiglia d’origine. Durante l’adolescenza, l’individuo diventa sempre più autonomo. Per
raggiungere completamente questo traguardo, il giovane deve compiere continue transazioni
tra bisogno di indipendenza e bisogno di protezione. Il rapporto con le figure genitoriali diviene
perciò più conflittuale.
Il modello a quattro fattori di Beyers e colleghi (2003) prova a spiegare cos’è l’autonomia.
Gli autori partono dalla revisione critica delle principali teorie sullo sviluppo dell’autonomia, che
focalizzano due costrutti:
a. Separazione: in questo senso, il processo di acquisizione di autonomia è visto come un
progressivo percorso di distanziamento e distacco dai genitori,
b. Agency: fa riferimento alla capacità individuale di prendere decisioni da soli.
Secondo Beyers e colleghi, invece, sono quattro i fattori da considerare:
a. Connectedness: un tipo di relazione basato su empatia, fiducia, comunicazione;
b. Separazione: l’esperienza di allontanamento dai genitori, accompagnata dalla progressiva
comprensione dei genitori come individui a sé;
c. Detachment: distanziamento negativo dai genitori, accompagnato da alienazione e sfiducia;
d. Agency: la capacità di delineare un personale progetto di vita.
Tale modello è applicabile anche agli emerging adults, ovvero ai giovani adulti americani.
Uno studio in contesto italiano mostra che il significato e le funzioni dell’autonomia sono diverse
per adolescenti e giovani adulti. Per questi ultimi, la capacità di pensare e sentire in maniera
autonoma è associata al bisogno di stabilire relazioni simmetriche e positive con gli altri.
In un recente studio del 2014 (Sestito, Sica) abbiamo cercato di comprendere le complesse
modalità relazionali genitori-figli quasi adulti, identificando due tipologie.
Capitolo quinto.
Soltanto a partire dalle ricerche di Arnett (2000) l’attenzione della psicologia dello sviluppo si è
rivolta con maggiore sistematicità alla fase post-adolescenziale. Oltre che a livello relazionale,
lavorativo, sociale ecc. anche a livello cognitivo avvengono significativi cambiamenti. Lo
sviluppo cognitivo non si arresta con il raggiungimento del pensiero formale piagetiano.
I maggiori cambiamenti che caratterizzano l’inizio delll’adultità sono:
1. quelli che riguardano le relazioni;
2. lo sviluppo del pensiero post-formale;
3. la formazione di un progetto o di un’identità professionale (vocazionale).
L’emersione del pensiero post-formale. Detto anche pensiero “dialettico”, si tratta della capacità
della persona di comprendere e coordinare molteplici prospettive e applicarle in modo
adeguato. Kramer (1983) lo ha detto come caratterizzato da tre competenze:
a. la consapevolezza che la conoscenza e l’informazione sono illimitate ma relative;
b. l’accettazione di credenze paradossali;
c. l’integrazione di punti di vista contrastanti in un insieme di convinzioni personali.
Con “pensiero operatorio-formale” Piaget definiva la capacità dell’adolescente di ragionale (fare
operazioni” in maniera astratta. Col “pensiero post-formale” i giovani adulti sanno che alcune
domande non hanno risposte o che queste, in base al contesto, possono variare.
Il giovane comprende anche che argomentazioni diverse dalla propria hanno una loro validità
interna: è possibile ora confrontarle e integrarle su un medesimo piano, senza che una abbia la
meglio. Da qui al pensiero dialettico il passo è breve.
Un’altra caratteristica dello sviluppo cognitivo della prima età adulta è la capacità di sintesi.
Questo tipo di pensiero meglio si adatta alla comprensione della realtà che contiene in sé
risposte complesse.
Lamport, Commons e Ross ritengono che questo tipo di pensiero sia strettamente legato alla
società occidentale. Questi autori individuano quattro fasi del pensiero post-formali:
1. Stadio sistematico: si può coordinare più di una variabile di input
2. Stadio meta-sistematico: si possono comparare sistemi e prospettive sistematicamente
3. Stadio paradigmatico: si possono sintetizzare insieme più sistemi
4. Stadio cross-paradigmatico: si possono mettere insieme paradigmi per formare nuovi campi
Labouvie-Vief (2006) definisce il pensiero pragmatico come la “disponibilità al compromesso,
l’accettazione della realtà così com’è, la consapevolezza della complessità del mondo”.
I giovani adulti comprendono che i contenuti emotivi e affettivi sono più complessi di come
sembra. Tale capacità deriva a sua volta dall’emergenza di quello che Dewey aveva definito
Capitolo sesto.
È impossibile dare una definizione di felicità, ma di certo è l’obiettivo a cui ogni individuo mira.
Nella filosofia quale troviamo tre principali concezioni di felicità…
-> Felicità edonica: parte dalla concezione socratica di “bene” come elemento in grado di
fornire piacere, fino ad identificare proprio il bene con il piacere. Aristippo conduce il bene al
piacere che l’uomo gode momento in momento, perché non c’è certezza che ne possa usufruire
nel futuro. Cercare il bene futuro implica incertezza e affanno. Il segreto del raggiungimento
della felicità è vivere una vita all’insegna dei desideri più semplici, non sconvolta da grandi
passioni ma improntata alla serenità. La felicità è assenza di dolore e imperturbabilità (atarassia).
Diener e Lucas hanno sintetizzano le caratteristiche dell’edonia in ambito psicologico in 4 punti:
• Conseguimento della felicità
• Presenza di sentimenti positivi
• Evitare sentimenti negativi
• Il provare soddisfazione per la propria vita.
L’approccio edonico è stato interpretato per questo come “subjective well-being”. La felicità è
intesa così come percezione individuale di soddisfacimento legata alla sensazione del piacere e
del benessere, maggiormente orientati a presente, con la conseguente sensazione di star
vivendo pienamente la propria vita.
Rowe e Khan sono tra i primi a proporre una distinzione tra invecchiamento normale e invecchiamento di
successo (intesi come condizioni non patologiche). In opposizione alle teorie della gerontologia degli anni
50/60 che affermava che l’età anziana fosse una fase di disimpegno progressivo dalla vita attiva e di
preparazione premorte, questi due studiosi sostengono che quando si affronta il tema dell’invecchiamento
bisogna considerare 3 possibili esiti:
L’ipotesi da cui partono per descrivere l’ultimo tipo è definita ‘’sistematica’’, in quanto ritengono cogliere le
interrelazioni tra i diversi sistemi di funzionamento individuale (fisico, motorio, intellettivo, personalità,
comportamentale) per poter spiegare le ragioni per cui questi anziani raggiungono questo traguardo e gli
altri no. Dunque, si può parlare di invecchiamento di successo quando sono presenti queste 3 componenti:
Tali componenti sono intrecciate e possiedono una struttura gerarchica, nel senso che alcune sono
prerequisiti essenziali per altre. Invecchiare con successo è molto di più di evitare di ammalarsi, le prime
due componenti sono rilevanti per invecchiare bene, ma devono convergere con la terza. La capacità
cognitiva e fisica esprimono le potenzialità, cosa persona x è in grado di fare in potenza, ma tali potenzialità
devono essere espresse nell’impegno attivo sul piano delle relazioni e sul piano dell’attività produttiva.
Evitare le malattie e disabilità è possibile grazie ad uno stile di vita sano, poiché col tempo si profilano
fattori di rischio sconosciuti come l’aumento di produzione di zuccheri (che può portare a diabete),
colesterolo, ipertensione. Quindi includere esercizio e una dieta equilibrata gioca un ruolo fondamentale
(inoltre sembra che quando l’esercizio è collegato a buona capacità respiratorie, ciò influenza
positivamente le capacità cognitive, confermando i legami tra sistemi funzionali).
L’aspetto cruciale dell’invecchiamento positivo è il coinvolgimento nella vita sociale (relazioni sociali
gratificanti e impegno in attività produttive remunerate o di volontariato). Le relazioni hanno un effetto di
protezione anti -isolamento, considerato un fattore di rischio per la salute, e creano la percezione di poter
fruire di un eventuale supporto sociale. Sentirsi inseriti non richiede solo la presenza di una buona rete di
MODELLO DI BALTES:
Baltes è considerato uno degli studiosi che ha contribuito a modificare la prospettiva della psicologia
dell’età evoluta, che ha proposto una visione dello sviluppo in cui gli stadi sono legati ai primi 2 decenni di
vita. Egli sostiene la necessità di vedere lo sviluppo come un processo che va dalla nascita alla morte. La
psicologia dello sviluppo dell’arco di vita studia la costanza e i cambiamenti che caratterizzano l’intera
storia della persona, e focalizza la sua attenzione sullo studio di principi e leggi che governano l’evoluzione
durante tutte le fasi di vita. Sono due i fattori che per lui hanno contribuito a questo cambio di prospettiva:
• I cambiamenti di composizione della popolazione a livello planetario per fasce d’età, che porta a
rivoluzione demografica con relativo aumento di speranze di vita (più anziani, meno bambini a
causa dell’abbassamento di fecondità femminile). Questo cambiamento impone l’avvio di studi
dediti a comprendere le caratteristiche le specificità del funzionamento psicologico delle persone
anziane.
• Cambiamenti sociologici del 900 su piano economico, sociale, tecnologico che hanno prodotto
conseguente sui processi che incidono sull’evoluzione dell’individuo. Ogni età storica produce
modelli e risorse diversi per invecchiamento.
Uno dei principi che muove lo sviluppo dell’uomo è quello della dialettica ‘’guadagni perdite’’ (c’è un
riquadro fatto bene a pagina 19 che racchiude tutti i concetti chiave sinteticamente nel caso studiando si
voglia dare uno sguardo veloce, che ora spiego): i processi di sviluppo consistono nella presenza attiva
contemporanea di sviluppo di abilità, competenze (guadagni) e declini (perdite), entrambi evidenti fin dalla
nascita. In età evolutiva i guadagni sovrastano le perdite, mentre in età anziana questo processo si inverte,
ma nonostante ciò anche in età anziana è possibile riscontrare dei guadagni (Baltes cita come esempio lo
sviluppo dell’intelligenza nell’intero arco di vita presente nel cap. 5). Gli studi sullo sviluppo dell’intelligenza
mostrano presenza di 2 forme diverse di intelligenza: fluida e cristallizzata. La saggezza secondo Baltes è
legata a quella cristallizzata e proprio per questo si manifesta maggiormente in età avanzata. Secondo la
teoria guadagni-perdite ognuno conserva le capacità di rispondere in modo competente alle richieste
dell’ambiente, in quanto conserva la capacità di cambiare schemi di pensiero, abilità e competenze. Questa
capacità adattiva è definita plasticità da Baltes, e si mantiene anche in tarda età permettendo di
fronteggiare i declini. La plasticità richiama 2 concetti fondamentali:
• Risorse (fisiche, cognitive, di personalità): essenziali per invecchiare bene, tendono a integrarsi tra
loro in modo stretto quando si raggiunge l’anzianità. Ci sono veri e propri sistemi di risorse in età
anziana, una novità rispetto alle fasi precedenti. L’intreccio che si viene a creare tra sistemi di
risorse ha importanti conseguenze per la prevenzione dei declini della loro età e per la promozione
di un’elevata qualità di vita. Se per esempio il sistema sensoriale è in declino ciò costituisce un
fattore di rischio anche per le facoltà cognitive, e se non viene compensata può esserci un processo
Fare in modo che in vita vengano favoriti sviluppo e potenziamento delle capacità richiede l’impiego di
determinate strategie, che Baltes e Baltes definiscono di selezione, ottimizzazione, compensazione.
Attraverso queste si riesce a ridurre perdite e declini e massimizzare guadagni.
TEORIA DI CARSTENSEN
Carstensen alle fine degli anni 90 propone la teoria della selezione socioemozionale: in questa teoria il
tempo riveste un ruolo centrale nella formazione di legami e nella loro funzione. Le relazioni sono uno dei
fattori fondamentali per il benessere dalla nascita (si pensi al legame con i genitori) alle ultime fasi della vita
quando il sostegno sociale diviene una forma di sicurezza e aiuto che può compensare i declini dovuti alle
malattie. La relazione sociale è fondamentale alla sopravvivenza, poiché grazie ai legami l’uomo è riuscito a
sopravvivere nel corso dei millenni, lasciano intendere una predisposizione a ricercare legami, interazione e
amicizia. L’uomo però formula piani e obiettivi, guidato da intenzioni precise nelle scelte e nei
comportamenti, ed anche sul piano sociale egli sceglie relazioni in base ai suoi obiettivi. È fondamentale
una accurata selezione e costruzione di una scala di priorità tra obiettivi affinchè questi possano realizzarsi.
Secondo l’autore, la percezione del tempo futuro influenza i processi di selezione di obiettivi e le
caratteristiche dei legami. In gioventù prevale la percezione che il futuro sia ampio e aperto, e quindi si
tendono a privilegiare legami che permettano di sviluppare conoscenza, esperienza nel mondo,
competenza professionale. Infatti secondo le sue ricerche i giovani universitari privilegiano la costruzione di
rapporti con persone che sono portatrici di valori, visioni e stili di vita diversi dai propri, accettando anche il
conflitto visto come inevitabile, ma al contempo stimolante per la maturità. In età anziana, il tempo è
percepito come limitato, dunque ciò porta l’individuo a valorizzare obiettivi diversi, come il consolidamento
delle relazioni intime, con i parenti o con amici ben conosciuti, dove è minimo il conflitto e dove è più
probabile trovare armonia basata sulla conferma di sé. Le emozioni negativo sono se possibile evitate,
poiché l’anziano seleziona con cura il proprio microcosmo sociale. Il progressivo restringersi del suo mondo
sociale porta con sé un cambiamento nel vissuto emozionale: cerca di ottimizzare le esperienze sociali che
facilitano l’esperienza di sentimenti positivi, e cerca assolutamente di evitare il conflitto. Ciò porta con sé
un’altra conseguenza: l’anziano taglia via via le relazioni periferiche e superficiali che non danno
soddisfazione, e rende centrali quelle del cuore del suo microcosmo affettivo. I partner sociali più intimi
tendono a rimanere stabili nella vita dell’anziano, svolgendo una funzione protettiva e di soddisfazione del
bisogno di sicurezza che aumenta nel corso della terza e quarta età, specialmente se presente una malattia.
Carstensen per parlare di questo taglio, paragona questo processo alla potatura dei rami periferici di un
albero. Questo è un processo che prende avvio già in età adulta e si consolida man mano. Non sarebbero
tanto le perdite affettive il motore di questo cambiamento, ma la vera causa della riduzione sta nel
cambiamento nella priorità degli obiettivi. Nella gioventù prevalgono obiettivi di espansione del sé, mentre
in età anziano di conferma del sé e di aumento del benessere emozionale. Dunque le fondamenta che
stanno alla base dell’invecchiamento positivo per Carstensen stanno nell’essere in possesso di una rete
sociale positiva, assieme alla regolazione delle proprie emozioni con la ricerca attiva di occasioni che
permettano di vivere emozioni positive. Richiamando la teoria di Baltes e Baltes sui guadagni e perdite, la
teoria della selezione socioemozionale riconduce ai processi di selezione attiva degli obiettivi sociali e al
loro mutamento la causa della modificazione delle reti sociali. La prospettiva temporale ha il ruolo di
motore motivazionale in questo processo e di fattore che consente di concentrare l’energia motivazionale
verso obiettivi prioritari. Anche persone giovani con gravi patologie possono modificare sostanzialmente la
priorità dei propri legami.
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La teoria sulle funzioni della produzione sociale sostiene che le persone raggiungono un elevato livello di
benessere attraverso la soddisfazione di 2 bisogni universali presenti in tutte le culture:
Questo modello prende le mosse dalla constatazione che la maggior parte delle teorie recenti
sull’invecchiamento positivo pongono l’accento sulla compensazione dei deficit e dei declini anziché
approfondire fattori di promozione attiva del benessere. Raramente si è considerato l’invecchiamento
positivo come l’esito dell’intervento di fattori storico-culturali, nonché sociali, intrecciati con risorse e
caratteristiche individuali. I modelli tradizioni hanno adottato una visione passiva dell’anziano, concepito
come dipendente dal contesto. Questo modello adotta una visione agentiva e proattiva dell’individuo che
4
• Comportamenti di proattività preventiva: con lo scopo di evitare che le patologie o eventi critici
accadano grazie all’azione anticipata (come l’adottare uno stile di vita sano) o all’intervento quando
il problema è piccolo e risolvibile.
• Comportamenti di proattività correttiva: con lo scopo di minimizzare le conseguenze o danni
derivanti da condizioni critiche già in atto (come nel caso di terapie riabilitative).
• Fattori storico-culturali: essere stati protagonisti di un dato periodo storico può aver portato ad
incontrare eventi critici o condizioni direttamente collegate a essi, come la WW2. Aver vissuto la
maggior parte della vita in contesti ricchi di risorse o viceversa poveri ha influenzato sicuramente la
vita dell’anziano sul piano delle sue possibilità di sviluppo e degli scopi.
• Esposizione ad eventi stressanti: lo stress cumulativo può essere il risultato sia di esperienze che
producono conseguenze a lungo termine (divorzio o malattia cronica), sia di eventi recenti (lutto o
perdita di un’amicizia storica), o di una problematica integrazione tra le caratteristiche individuali e
le richieste ambientali (persona di talento, contesto povero).
Ci sono 2 tipi di risorse che permettono agli anziani di ridurre l’impatto delle crisi e degli eventi stressanti,
o evitare che succedano:
• Risorse interne: avere alta autostima, essere speranzosi, essere aperti verso i progetti futuri, essere
disponibili ad aiutare gli altri e usare strategie utili per affrontare gli eventi di vita costituiscono
l’insieme di risorse interne che facilitano la scelta di utilizzare adattamenti proattivi. Gli studi
confermano che il riuscire a investire sul tempo futuro energie e motivazioni porta l’anziano a
mantenere uno stile di vita sano attraverso le attività fisiche e sportive.
• Risorse esterne: risorse economiche e sociali fungono da valore protettivo nei confronti delle
criticità della vita (es: poter accedere a spese mediche adatte, avere una valida rete di sostegno).
Sono rilevanti le risorse emergenti, come l’accesso alle nuove tecnologie informatiche e l’accesso
attivo al sistema sanitario e di cura, che possono aiutare l’anziano a cercare autonomamente
informazioni, creare reti sociali e mantenere relazioni.
Gli adattamenti proattivi costituiscono il cuore del modello dell’invecchiamento positivo, si articolano in:
• Adattamenti tradizionali a scopo preventivo: con scopo di evitare le condizioni che possono
peggiorare la qualità di vita. Sono 3 i gruppi di comportamento possibili, ciascuno rivolto ad un
ambito di funzionamento dell’anziano: promozione della salute attraverso attività fisica (non
competitiva), evitamento di comportamenti nocivi, uso eccessivo di alcol e dieta equilibrata;
aiutare gli altri arreca molti benefici e aiuta a prevenire la solitudine, oltre a incoraggiare i ruoli
valorizzati a livello sociale; capacità di pianificare il futuro, è essenziale pianificare le proprie risorse
economiche e le modificazioni da fare alla casa per poterla abitare autonomamente.
• Adattamenti tradizionali a scopo correttivo: necessari quando si vogliono apportare delle
modifiche nella vita della persona anziana. La ricerca di un buon supporto sociale si rende
necessaria quando si aggravano i problemi di mobilità. Con il pensionamento si deve pensare a
sostituire il ruolo lavorativo con altri ruoli valorizzati, e ciò è facilitato dalle relazioni; la
partecipazione civica e il volontariato possono costituire un modo di revisionare la propria identità
sociale a favore di nuovi ruoli.
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Il tema della salute e della malattia è stato affrontato per decenni da un punto di vista biologico e medico.
Nell’800 la visione generale sulla malattia e sul concetto di salute era: la malattia è un mal funzionamento
di un organo; la salute è semplicemente assenza di malattia. Intorno agli anni 50 del 900, grazie alla
scoperta degli antibiotici, si rafforzò il concetto di salute umana come una semplice assenza di patologia,
patologia che veniva combattuta con l’uso di farmaci. Intorno agli anni 70, i modelli precedenti furono
considerati riduttivi, troppo semplicistici. Non erano solo i farmaci a restituire la salute, ma la salute stessa
era promossa grazie a un profondo cambiamento in positivo di aspetti come l’alimentazione e i sistemi
igienici. La salute e la malattia saranno comprese a pieno solo alla fine degli anni ’70: entra in scena una
visione più articolata e complessa, definita bio-psico-sociale (Engel). Questa nuova concezione porta a
nuove terapie, diviene un obiettivo cruciale prevenire il danno anziché curarlo (Antonovsky).
La salute, di conseguenza, non è più necessariamente legata all'assenza di patologia: si può funzionare
bene, sentirsi "sani" anche in presenza di patologie, se si può fruire di risorse psicologiche e sociali. Gli
anziani stessi hanno una concezione articolata e complessa della salute, che includono persino le capacità
di fare progetti nella vita e si mantiene anche in presenza di patologie.
È importante comprendere che vi sono sia fattori che promuovono la salute, sia fattori di rischio.
Possiamo parlare di fattori protettivi anche rispetto ai rischi di natura psicologica e sociale. Rowe e Khan
(1997) sostengono che l'autoefficacia sia una componente di personalità che contribuisce alla
partecipazione attiva alla vita sociale e rappresenta un fattore di protezione nei confronti dei declini
psicologici, cognitivi e contrasta l'isolamento sociale.
2.4 La vulnerabilità
La vulnerabilità rappresenta una condizione di fragilità invisibile, silente che potrebbe però portare l'anziano
verso un rapido declino della funzionalità generale. Gli anziani nel tempo hanno accumulato diversi fattori
di rischio (fisici, psicologici, sociali, economici) e per questo sono caratterizzati da una crescente difficoltà a
ripristinare un equilibrio di vita in caso di eventi critici, specialmente se questi si presentano all'improvviso.
Si tratta di persone estremamente sensibili ai cambiamenti improvvisi di vita per i quali non hanno risorse
adeguate. Una persona anziana con l'artrosi e disturbi di memoria, se si verifica una frattura, avrebbe
poche risorse cui fare appello per ritornare a buoni livelli di funzionamento. La vulnerabilità è caratterizzata
da una "globale diminuzione delle riserve disponibili" il cui esito può essere la severa compromissione del
funzionamento complessivo della persona.
Si diventa vulnerabili quando si riduce la capacità di individuare strategie efficaci per risolvere i problemi
quotidiani, indizio di un progressivo deterioramento delle capacità cognitive generali. È fortunatamente un
costrutto dinamico, molto mutevole. Tra i fattori di prevenzione o riduzione della fragilità troviamo il
supporto nutrizionale con adeguate calorie e vitamine, il controllo costante della pressione sanguigna, la
prevenzione dell'arteriosclerosi, l'evitamento dell'isolamento sociale attraverso reti di sostegno, il
trattamento della depressione e il controllo di eventuali forme di dolore cronico, l’impegno di attività fisica,
la forza muscolare, la flessibilità e il senso di controllo personale.
2.5 La resilienza
Resilienza è un termine usato per descrivere un processo attraverso il quale le persone possono raggiungere
un buon funzionamento e sviluppare le proprie potenzialità in contesti di vita in cui sono presenti forti
avversità. Perché si possa parlare di resilienza, è necessario che vi sia stata l'esposizione a eventi
particolarmente gravi, intensi e acuti o che ci si trovi a vivere in contesti con significativi fattori di rischio e
che si sia raggiunto un livello di funzionamento particolarmente elevato e non prevedibile in base alle
sfavorevoli condizioni di partenza.
I ricercatori si sono focalizzati nelle ricerche sui primi 20 anni del corso di vita per individuare i fattori che
innescano questa capacità di crescere favorevolmente nonostante le forti avversità. È facilitata se sono
presenti buona capacità comunicativa, atteggiamento positivo verso gli altri, possesso di buone doti
intellettive, il poter contare sulla presenza di un adulto sensibile ai bisogni del bambino o dell'adolescente.
E invece in tarda età come si definisce la resilienza? Dalle poche ricerche emergono due condizioni: la
presenza di un esito particolarmente positivo e favorevole (che possiamo accostare al concetto stesso di
invecchiamento di successo) e la presenza di "capacità di gestione costruttiva degli eventi critici" della vita
da parte dell'anziano. Secondo Staudiger e collaboratori, la resilienza in età anziana è la capacità di
mantenere un'elevata soddisfazione di vita nonostante l'aumento dei rischi legati alle perdite, alla
comparsa di malattie, assieme alla capacità di evitare forti vissuti depressivi.
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Nel 1920 Lewis Terman fece uno studio su 1500 bambini per seguire la loro evoluzione intellettuale, di
personalità, sociale e professionale nell'arco della vita. Da questa ricerca emergono i fattori responsabili di
una vita lunga e soddisfacente:
-le caratteristiche di personalità giocano un ruolo importante nell'adozione di stili di vita a rischio (uso
eccessivo di alcool o fumo) o salutari (attività fisica e non fumare);
-l'adozione precoce di stili di vita sani e una vita sociale ricca e partecipata esercitavano un'influenza sulla
qualità dell'invecchiamento e anche sulla longevità. Una vita sana portava a ‘’guadagnare anni’’ rispetto a
coloro che avevano scelto abitudini di vita meno sane.
Lo studio di Terman mostra che la "progettazione" della salute e del benessere più è precoce nel tempo, più
fa sentire i suoi effetti benefici a distanza di anni.
Rutter e Rutter (1995), per spiegare la persistenza dei comportamenti di rischio o salutari e gli effetti che
producono a lungo termine, introducono il concetto di catene longitudinali di eventi, definendoli come
processi che vengono messi in moto attraverso situazioni in cui l'individuo si viene a trovare e che sono
situate in un momento della vita passata. La maggioranza dei processi di rischio implica una serie di reazioni
a catena che possono estendersi per periodi molto lunghi. Catene longitudinali positive sono quelle che
portano all'avvio di una spirale di positività (ad esempio, un individuo che frequenta corsi culturali
all’università durante la terza età; ciò avrà un impatto positivo su aspetti come la memoria, le capacità
cognitive, la creatività, i rapporti sociali). Parliamo di catene longitudinali negative quando invece le scelte
fatte portano all'innesco di una spirale nociva (una persona che si isola in casa mette in moto una cascata di
effetti negativi come la solitudine, un forte disinteresse verso l’attività sociale e declino delle capacità
intellettive).
Lo sviluppo umano e l'invecchiamento, secondo Elder Jr (1999), rappresentano processi che attraversano la
vita intera e le decisioni, le azioni, le risorse che noi sapremo produrre, ci porteranno a diminuire o
aumentare il rischio di problemi o malattie legate al funzionamento generale (dal sociale al biologico).
Centrale è la comprensione di ciò che accade nelle fasi precoci della vita, in quanto gli eventi, le situazioni
storiche, sociali ed economiche fanno sentire i loro effetti sull’intero arco di vita. Le scelte durante la prima
età adulta, o nella fase di transizione tra la gioventù e l'età adulta, fanno sentire i propri effetti sull'intero
arco di vita, comprese l'età del pensionamento e le successive terza e quarta età.
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La mancanza di risorse disponibili invece conduce a un’accresciuta vulnerabilità nei confronti di ulteriori
perdite, dal momento che si dovranno mobilitare intensamente le poche risorse possedute, con il rischio
del loro esaurimento. È il caso del fenomeno del deterioramento del supporto sociale (Norris e Kaniasty,
1996). Queste risorse tendono a esaurirsi nel tempo, proprio per le richieste troppo elevate. Coloro che
possiedono un numero maggiore di risorse, tendono anche a una loro "capitalizzazione" nel tempo (ad es.
le risorse culturali possono portare a frequentare ambienti ricchi di stimoli, generando una "spirale
Gli anziani possono essere suddivisi in 4 gruppi: ricchi di risorse in tutte e quattro le aree, quelli ricchi di
risorse sensorio-motorie, coloro che sono ricchi di risorse sociali e personali, infine gli anziani globalmente
poveri di risorse. Gli anziani globalmente ricchi di risorse sono coinvolti in molteplici ruoli sociali. Coloro che
posseggono elevate risorse in tutto mostrano un declino più lento rispetto ai meno dotati di risorse.
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Sistemi di memoria
La memoria non è un sistema unitario ma un insieme di grandi sistemi e sottosistemi che hanno diverse
base neurofisiologiche che generalmente funzionano insieme ma posso anche funzionare in modo
separato: memoria di lavoro (a breve termine), memoria a lungo termine.
I sottoinsiemi della memoria a breve termine ci consentono di pianificare, monitorare le nostre azioni e
non sembrano influenzati dai processi di invecchiamento, mentre le funzioni esecutive vengono
compromesse con il passare degli anni. Le persone anziane incontrano notevoli difficoltà a prestare
attenzione sia selettiva che sostenuta a due attività contemporaneamente.
La memoria a lungo termine a sua volta può essere suddivisa in diverse sottocategorie:
-memoria procedurale: non è sensibile all’invecchiamento a meno che non ci siano malattia
neurodegenerative (i vecchietti sanno fare il caffè, accendere la tv);
- memoria semantica: ha il compito di contenere le informazioni sul mondo, i fatti, i
concetti, il linguaggio etc. è particolarmente legata all'intelligenza cristallizzata e al
fenomeno della "saggezza" e rimane sostanzialmente intatta;
- memoria episodica: (sistema a cui appartiene memoria autobiografica) eventi vissuti personalmente, le
relazioni temporali vengono spesso perse nell’anziano. Questo tipo di memoria che è molto importante per
l’identità individuale può essere mantenuta efficiente nell’età anziana fornendo materiali che suscitino
ricordi (foto, immagini) BISOGNA TENERE IL CERVELLO ALLENATO per evitare atrofia delle abilità di
memoria;
- memoria prospettica: fa riferimento al fatto di "ricordare di ricordarsi" qualcosa al momento appropriato
ed è connessa alla capacità di formulare dei piani di azione da compiere nel futuro. Essa è essenziale per
continuare a gestire in modo indipendente la propria vita e per poter realizzare attività e progetti, ed
implica l’integrazione di molti processi cognitivi per poter lavorare efficacemente. Con l'età anziana la
memoria prospettica tende a divenire meno efficiente.
La conservazione dell’efficienza dei sistemi di memoria è fondamentale per poter svolgere le proprie
attività, compiere scelte, progettare il futuro, agire in modo autonomo. Molti sono i training di
potenziamento delle capacità di memoria; partendo dalla constatazione che la plasticità cognitiva
(modificare attraverso esperienza l’efficienza del sistema cognitivo) appartiene anche all’età anziana, sono
state progettate diverse strategie per apprendere e migliorare e conservare i sistemi di memoria: nei
training si insegna a utilizzare strategie o tecniche. È necessario agire anche sulla motivazione dell’anziano e
sulla metacognizione (il modo in cui si rappresentano in generale e in riferimento a sé stesse). Oltre la
motivazione, anche stimoli emotivi influiscono: stimoli da ricordare se associati ad emozioni positive
vengono acquisiti in memoria senza difficoltà -> è motivata a ricordare.
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Il coping proattivo
Coping: termine designato per strategie volontarie che gli indivui metton in atto quando si trovano a dover
far fronte a una difficoltà, a eventi critici o stressanti; secondo studi degli anni ’90 le principali strategie di
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Il supporto sociale
La componente socio-relazionale del benessere (molto importante nei modelli teorici sull’invecchiamento
positivo, l’isolamento non è un bene) può essere articolata in due differenti indicatori: il sostegno/supporto
sociale e il benessere sociale.
Il supporto sociale può essere definito come l'informazione proveniente dagli altri di essere oggetto
d'amore e di cure, stimato e apprezzato da amici, familiari etc. e di fare parte di una rete di comunicazione
e obbligo reciproco; il supporto sociale può essere a sua volta definito attraverso due prospetti: quello della
rete sociale (relazioni interpersonali) e funzionale. Per quanto riguarda il supporto funzionale ne abbiamo
due tipologie:
- Supporto strumentale: permette di soddisfare bisogni di natura concreta come l'aiuto domestico,
economico o legato ai trasporti
- Supporto emozionale: legato alla possibilità di ricevere ascolto, alla condivisione emotiva di problemi,
ansie, difficoltà e preoccupazioni ed è associato ad un forte senso di appartenenza o intimità.
I due tipi di supporto in questione sono entrambi centrali per la moderazione dello stress.
La percezione di poter contare su di una rete di supporto favorisce la lettura e la valutazione degli eventi
difficili o di crisi come meno minacciosi e più affrontabili.
La valutazione degli eventi come difficili, dolorosi ma sostanzialmente affrontabili porta ad una minore
attivazione del sistema neuroendocrino e del sistema immunitario, con sostanziali benefici per la salute, dal
momento che l’individuo è meno esposto a patologie come le malattie infettive o i disturbi coronarici.
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1. Rapporto tra sfida e rischio nel modello nel ciclo di vita di Hendry e Kloep; Risorse,
sviluppo, stagnazione appagante e non appagante, deterioramento.
Il modello di sfida dello sviluppo nel ciclo di vita di Leo B. Hendry e Marion Kloep è un
modello integrato che parte dalle varie teorie dello sviluppo dei principali studiosi come
Freud, Piaget, Levinson, Erikson, Vygotskij, Skinner, Bronfenbrenner, Elder e Baltes per
evidenziarne le idee in comune. Quasi tutte queste teorie contengono un elemento di sfida
che si manifesta nel momento in cui l’individuo cerca di far fronte alle esigenze della vita;
lo sviluppo avviene se la sfida è superata con successo. Non è sufficiente considerare e
spiegare lo sviluppo riferendosi ai primi venti anni della vita di un individuo (infanzia e
adolescenza), ma bisogna considerare lo sviluppo come un processo che abbraccia l’intera
vita umana, dalla nascita alla morte. Lo sviluppo, per essere stimolato, ha sempre bisogno
di una sfida e gli individui, possiedono quantità diverse di risorse da impiegare per
risolvere le sfide, attraverso un processo dialettico, d’interazione, che provoca cambiamenti
nell’ambiente, nell’individuo o in entrambi, e di conseguenza, stimola lo sviluppo.
Fin dalla nascita, il bambino dispone di un bagaglio di risorse potenziali per affrontare le
sfide della vita, molte delle quali sono innate, altre vengono apprese, altre ancora sono
determinate strutturalmente: disposizioni biologiche (genetica, salute, personalità, talenti
naturali, aspetto fisico), risorse sociali (competenze sociali e relazionali, disponibilità di una
rete sociale), abilità in ambiti diversi (abilità motorie, artistiche e cognitive, di
apprendimento, capacità di specializzarsi), self-efficacy (convinzione dell’individuo di essere
in grado di affrontare sfide e risolverle attivamente con le proprie risorse, autostima), risorse
strutturali (risorse che derivano dall’ambiente culturale: nazionalità, classe sociale, razza,
genere, status personale o pubblico). Oltre ad essere ecologicamente intrecciate tra loro, le
risorse sono altamente dinamiche: possono essere, perse, conquistate o cambiate, nel corso
di tutto il ciclo di vita. I compiti che gli individui si trovano a risolvere stabiliscono se una
risorsa potenziale possa diventare una risorsa effettiva. Una sfida è un qualsiasi nuovo
compito che l’individuo affronta, pari o leggermente superiore alle sue risorse presenti;
dunque la quantità e il tipo di risorse potenziali presenti nel bagaglio di risorse personali di
un individuo determinano se il compito che l’individuo deve affrontare si rivela una sfida
(come li definisce Bandura, compiti “realisticamente impegnativi”), una semplice faccenda
di routine (compiti meno impegnativi) o un rischio (compiti più impegnativi). Il buon
adattamento (goodness of fit) tra risorse potenziali e difficoltà del compito viene determinato
anche dalle caratteristiche situazionali (stanchezza, scarsa motivazione, momento in cui si
presenta un certo compito da affrontare, numero di sfide da affrontare
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Qualunque cambiamento è una sfida e quelli di caratura maggiore vengono definiti da Elder
“momenti di svolta dello sviluppo”. Alcuni di questi compiti devono essere affrontati da
tutti, altri solo da membri di alcuni gruppi, culture e società, mentre un numero esiguo di
compiti di sviluppo viene affrontato solo da gruppi di persone molto ristretti. Inoltre, alcuni
di questi saranno voluti e cercati dai singoli individui, altri si presenteranno da soli.
Baltes e collaboratori distinguono tre forme di mutamenti dello sviluppo: normative
classificate per età (di maturazione e ambientali), storiche e non normative. In realtà questa
classificazione è insufficiente per spiegare in modo esauriente i cambiamenti del ciclo di
vita, quindi Hendry e Kloep, propongono una classificazione di mutamenti nel corso della
vita collegata al modello di sviluppo del ciclo della vita:
a) Mutamenti di maturazione: sono rappresentati da cambiamenti biologici comuni a tutti
gli individui in buona salute, simili per tutti gli esseri umani. L’impossibilità di sottrarsi
a questi mutamenti li rende facilmente prevedibili e ciò permette agli individui di
prepararsi ad affrontarli, contando su un sostegno sociale e su vari modelli di
comportamenti.
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b) Mutamenti sociali normativi: sono comuni alla maggior parte degli individui
all’interno di certi contesti sociali e culturali, sono spesso collegati all’età e ai mutamenti
di maturazione, sono regolati da leggi e sono presenti in ogni società (nonostante i loro
contenuti varino in modo considerevole nelle diverse culture). Sono caratterizzati da
prevedibilità (i membri di un particolare gruppo sociale sanno quando e come
avvengono e non li affrontano impreparati) e gli individui possono contare su un
sostegno sociale e su precedenti esperienze dei membri più anziani.
c) Mutamenti quasi normativi: sono eventi legati all’età, non sono regolati da leggi scritte,
ma spesso da norme e regole non scritte. Di conseguenza c’è sempre, all’interno di un
groppo socioculturale, una minoranza che non sperimenta questi mutamenti.
d) Mutamenti non normativi: sono cambiamenti che vengono sperimentati in modi
particolari o in determinati periodi da un numero relativamente ristretto di persone, e
possono assumere forme diverse. Il fatto che un evento sia non normativo può dipendere
dal momento, dal luogo o dalla natura dell’evento.
Mutamenti fuori tempo: sperimentazione di un mutamento normale in un momento
del ciclo di vita nettamente diverso da quello in cui viene sperimento dalla maggior
parte delle presone;
Mutamenti storici: sono derivanti da eventi di natura temporanea o imprevisti che
producono un cambiamento all’interno del macrosistema (crisi economiche, dissesti
politici, guerre e disastri naturali) e cambiano la vita degli individui nella società.
Influiscono su tutti i membri di un gruppo culturale, giungono spesso inaspettati, ma
poiché le persone che devono affrontare questi eventi si trovano “tutte nella stessa
barca”, possono contare su un solido sostegno sociale;
Mutamenti provocati dall’individuo: eventi scelti e pianificati in modo attivo dal
singolo individuo. Per quanto questi mutamenti provocati sembrino più facili da
affrontare, rappresentano in ogni caso una sfida e richiedono le risorse necessarie;
Mutamenti particolari: comprendono tutti gli eventi della vita che accadono soltanto
ad un gruppo ristretto di persone e, proprio per questo, l’individuo che li affronta
non solo si sente stigmatizzato, ma spesso si trova anche isolato. Avvengono spesso
in modo inaspettato e sono le sfide di vita più difficili che si possono incontrare;
Non eventi: eventi che accadono quasi a tutti ma non a determinati individui, che
vengono stigmatizzati e non possono condividere le stesso esperienze degli altri.
I mutamenti non normativi, pur essendo le sfide più difficili da affrontare, sono quelle che
contengono un potenziale di crescita più alto (catalizzatori verso il cambiamento).
Imparare ad affrontare queste sfide, assomiglia molto alla capacità di affrontare con
successo le situazioni stressanti. Questa capacità di coping è stata definita da Lazarus come
lo sviluppo di sforzi cognitivi e comportamentali per far fronte a richiesta specifiche interne
e/ o esterne che sembrano mettere a dura prova le risorse di una persona. Lo stress, come
sottolinea Aldwin, può essere considerato un fattore positivo dal punto di vista dello
sviluppo, poiché può condurre all’apprendimento e al miglioramento di nuove abilità.
Secondo Aldwin si possono verificare tre importati tipi di traiettorie di sviluppo dopo aver
affrontato uno stress: l’individuo può diventare più fragile, può ritornare ad una fase di
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omeostasi o può sviluppare un aumento di risorse (quelle che Hendry e Kloep definiscono
deterioramento, una stagnazione o uno sviluppo).
Sono soprattutto le prime esperienze di vita ad influire profondamente su quelle successive.
Rutter paragona queste esperienze non normative, che possiedono un grado di difficoltà
sufficiente a sfidare le risorse individuali ma non impossibile da fronteggiare, agli effetti di
un vaccino sulle difese immunitarie. Attraverso la vaccinazione, vengono iniettate piccole
dosi di sostanze nocive per creare anticorpi e rinforzare il sistema immunitario contro
infezioni e malattie future. Per analogia, egli definisce queste sfide esperienze che
rinforzano, piccole iniezioni di coraggio che preparano l’individuo ad affrontare le varie
sfide che si presenteranno in futuro.
Anche i mutamenti non normativi più difficili come divorzio o crisi economica, possono
trasformarsi in positivi processi di adattamento che permettono all’individuo di realizzare
successi futuri e di creare ulteriori risorse, soprattutto se gli individui possono contare su
diversi tipi di risorse iniziali (maturità, ottimismo, coerenza, locus of control, strategie di
coping, sostegno sociale, educazione).
3. Nuove sfide della media età adulta, della tarda età adulta e della vecchiaia
di conoscenza. Ai fini di una preparazione per le fasi di vita futura, questo momento ha
la stessa importanza per il ciclo di vita della moratoria psicosociale nell’adolescenza
descritta da Erikson. Secondo Havighurst, l’organizzazione di attività di svago
significative è uno dei compiti di sviluppo più importanti di questa fase della vita.
d. La tarda età adulta è caratterizzata da quattro sfide: due mutamenti normativi di
maturazione (cambiamenti fisici e segni dell’invecchiamento, menopausa), un
mutamento normativo sociale (pensionamento) ed un mutamento quasi-normativo
(esperienza di diventare nonni). I cambiamenti fisici che cominciano a manifestarsi
dopo l’inizio dell’età adulta sono ulteriormente accentuati dalla vita sedentaria tipica
delle culture occidentali, in cui è anche molto diffuso il “mito della giovinezza”; per
tale ragione si avverte una forte influenza negativa che la società esercita sull’individuo
adulto, attraverso le immagini divulgate dalla stampa e dagli altri mezzi di
comunicazione (concetto di adultescenza di maturità adulta in un corpo giovane
particolarmente popolare tra le persone di mezza età). Alcuni provano a rallentare il
processo facendo regolare esercizio fisico, o interventi più drastici facendo ricorso
all’industria dei prodotti cosmetici o alla chirurgia estetica. La menopausa può essere
considerata un momento di crisi ma carico di opportunità per realizzare se stesse e
raggiungere una maggiore autonomia (grande differenza tra le diverse culture). Anche
diventare nonni è una sfida che porta spesso ad uno sviluppo e ad una crescita; tuttavia,
come per altri eventi della vita, c’è il rischio che per affrontare la sfida si prosciughino
troppe risorse. Nonostante le sostanziali differenze socio-culturali, i nonni di tutti i paesi
ricoprono una molteplicità di ruoli: possono essere guardiani, genitori surrogati,
educatori, “storici”, trasmettitori di cultura, mentori, modelli di comportamento,
compagni di gioco. È fondamentale però partecipare senza interferire troppo nella
“nuova famiglia” e garantirsi il tempo libero per intraprendere altre attività e mantenere
i contatti sociali. L’ultimo mutamento di questa fase è il pensionamento, considerato il
marker sociale che segna l’inizio della vecchiaia. Secondo la teoria del disimpegno tutte
le persone di una certa età desiderano liberarsi dagli impegni sociali e dal lavoro
produttivo e retribuito per vivere la vecchiaia serenamente e in pace. Questa idea è
ancora attuale, pur essendo stata contraddetta da diversi studi. Andare in pensione
significa adattarsi a giornate in cui non ci si reca più sul posto di lavoro e bisogna
ristrutturare le proprie giornate, trovando attività sostitutive soddisfacenti.
e. La vecchiaia è messa davanti alle sfide rappresentate dai lutti, dai cambiamenti nei
rapporti sociali e dal declino delle abilità fisiche. Accettare i segni ben definiti del
processo di invecchiamento è la sfida più difficile che deve affrontare l’individuo in
questa fase di vita. Il lutto, considerato un evento non normativo in tutte le precedenti
fasi della vita, diventa sempre più normativo con l’aumentare dell’età. La Teoria
dell’identità sociale di Hogg e Abrams, elaborata per spiegare il comportamento dei
gruppi svantaggiati della società, può essere applicata per illustrare le strategie di
coping messe in atto dagli anziani per reagire alle minacce alla propria autostima:
cercare di cambiare gli atteggiamenti pregiudizievoli della società, negare di
appartenere al gruppo di anziani, attribuire un valore speciale al proprio gruppo di età,
può paragonarsi ad un gruppo in condizioni inferiori. Le società industriali, i cui valori
sono legati alla produzione, continuano a dipingere un quadro negativo della vecchiaia,
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Diventare adulti è da sempre un percorso lungo e faticoso, che vede i giovani confrontarsi
con diverse sfide e attraversare numerosi cambiamenti. Oggi, si diventa adulti in tempi e
modi differenti rispetto al passato, quando il percorso di transizione verso l’età adulta
(adultità) era chiaramente definito da marcatori di passaggio/transizione o criteria for
adulthood (uscita di casa, lavoro, matrimonio e figli) che scandivano la successione di eventi
e consentivano sia al giovane che all’adulto di riconoscere abbastanza chiaramente quando
ci si poteva considerare adulti. Oggi, le transizioni di ruolo possono essere presenti o
assenti, possono avvenire in tempi ravvicinati o essere dilazionate nel tempo, possono non
essere per sempre (ci si può ritrovare a vivere di nuovo con i genitori o perdere il lavoro)
per cui si assiste al dilatarsi nel tempo di questa fase di transizione. In Italia uno degli
elementi è il prolungarsi della residenza dei giovani in famiglia (due generazioni adulte
che vivono sotto lo stesso tetto, l’inversione del fenomeno del “nido vuoto”). Il termine
“giovane adulto” è un ossimoro, scelto per sottolineare come questa fase di vita sia
caratterizzata da aspetti propri dell’età adulta e allo stesso tempo da caratteristiche della
giovinezza. Questo dilatarsi pare sia un fenomeno trasversale ai diversi contesti socio-
culturali. Il tempo lungo pare essere necessario e funzionale per consentire ai giovani di
esplorare le diverse possibilità e di costruirsi un modello personale di transizione all’età
adulta. Le condizioni socio-economiche degli ultimi 20 anni, l’assenza di sistemi di
protezione sociale, gli alti tassi di disoccupazione, le caratteristiche del mercato del lavoro,
sono certamente tra i fattori che hanno contribuito fortemente al rallentamento del percorso
rendendo meno sicuro e stabile il loro percorso e il loro futuro (contesto caratterizzato da
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L’orientamento prevalente nella psicologia dello sviluppo è quello che affronta le questioni
dell’ontogenesi e del cambiamento evolutivo nella prospettiva della life span
developmental psychology, quindi che riguarda l’intero ciclo della vita umana, dal
concepimento alla morte, e non soltanto gli anni dell’infanzia, come si pensava un tempo.
Lo sviluppo ontogenetico è quindi un processo che dura tutta la vita e nessuna fase dello
sviluppo è più importante delle altre nel regolare i processi di cambiamento. Lo sviluppo
è visto come processo aperto, multidimensionale, contraddistinto da percorsi
pluridirezionali modellati dalla fusione di livelli di organizzazione in interazione reciproca
e dinamica, piuttosto che come un semplice processo di crescita lineare (maturazione e
progressivo accrescimento). Lo sviluppo può variare in funzione delle circostanze esterne e
delle esperienze individuali (plasticità), può indirizzarsi in più direzioni (multi-
direzionalità), può variare in funzione del contesto storico-culturale, è in funzione
dell’interazione tra diversi fattori (età, sviluppo storico e fattori non-normativi) e va
interpretato in un contesto multidisciplinare (antropologia, biologia, sociologia).
Si sono abbandonate interpretazioni ispirate a modelli unilineari (teorie stadiali) che
prevedono una traiettoria di sviluppo lineare, sostanzialmente identica per tutti gli
individui. I percorsi seguono traiettorie evolutive (sostituiscono gli stadi), percorsi di
sviluppo che le persone seguono nell’arco della vita, nelle quali è possibile individuare sia
elementi comuni a tutti gli individui, sia elementi di differenziazione e individualizzazione.
In questa fase si concentrano inoltre numerose transizioni concomitanti (ruoli sociali,
residenza, lavoro) che talora possono occorrere simultaneamente, anche in un arco
temporale breve. La fine della scuola rappresenta un turning point, un punto di svolta, un
punto di deviazione/transizione nella traiettoria evolutiva di ciascun individuo.
I marcatori della transizione all’età adulta configurano un insieme di criteri, inerenti
qualità e caratteristiche che compongono la rappresentazione dell’adultità condivisa
all’interno di un dato contesto storico e socio-culturale, percepiti come requisiti
indispensabili per delimitare i confini cronologici della transizione e l’avvenuto accesso
all’età adulta. Jeffrey Arnett ha proposto un ampio spettro di marcatori di adultità
raggruppandoli in sette diverse categorie, poi ampliati e modificati in nuove versioni (e che
sono caratterizzati da grande variabilità a seconda dei diversi contesti socio-culturali):
1. Indipendenza fisica, economica e psicologica: fine della coabitazione con i genitori,
capacità di avere valori e opinioni personali, accettare responsabilità delle conseguenze
delle proprie azioni, stabilire relazioni paritarie con i genitori;
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6. E. A. e principali critiche.
Il dilatarsi dei tempi di acquisizione della piena maturità e di ruoli adulti ha portato a
identificare una nuova fase del ciclo di vita definita da Jeffrey Arnett per la prima volta
emerging adulthood (EA) e che si colloca tra la fine dell’adolescenza e l’età adulta (dai 20
ai 30 anni). Il principale compito di sviluppo di questa fase di transizione è la definizione
e il relativo consolidamento dell’identità personale e professionale.
Si tratta secondo Arnett di un nuovo stadio del ciclo di vita, qualitativamente diverso sia
dalla fase adolescenziale che lo precede (i giovani dai 20 ai 30 anni sono diversi e vivono
esperienze completamente diverse rispetto ai ragazzi che frequentano ancora la scuola
secondaria), sia da una più stabile fase di giovane età adulta che lo segue, ma anche diverso
da un’eventuale fase di transizione all’età adulta (è un arco temporale troppo lungo per
essere solo una fase di transizione). Il principale fattore per cui l’EA è diventata una fase
evolutiva distinta dalle altre fasi del ciclo di vita, è da ricercarsi per Arnett, nella progressiva
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capitale di identità nel suo ICM Model (modello del capitale di identità); esse configurano
qualità agentive quali self-esteem, internal locus of control, purpose in life e ego strenght, che
l’autore giudica fondamentali nei processi di sviluppo associati alla transizione all’età
adulta. Per poter valutare empiricamente il capitale di identità, Côté ha elaborato due
specifici strumenti, dei quali il primo, il MAPS valuta in quale misura i soggetti possiedono
le qualità agentiche descritte, ed il secondo, l’ISRI, valuta in quale misura i soggetti hanno
accumulato il capitale di identità durante la transizione. Nella prospettiva di Côté quindi,
l’EA può essere accettata come una formulazione neutrale, come una metafora della
prolungata transizione all’età adulta nella società contemporanea o come un semplice
descrittore di un periodo della vita, a patto che questo periodo sia chiaramente inteso come
sinonimo di tarda adolescenza o prima età adulta e non come nuovo stadio dello sviluppo
umano. Egli si spinge fino a evidenziare come tale formulazione possa rappresentare un
dangerous mith, in quanto può avere serie ripercussioni sul piano economico ed emotivo
per quei giovani che incontrano particolari difficoltà nella loro transizione all’età adulta.
Il principale compito evolutivo negli anni della transizione dall’adolescenza all’età adulta
consiste nella definizione dell’identità. Il ritardo dell’acquisizione di ruoli sociali adulti
associato alle caratteristiche della società tardo-moderna, ha un forte impatto anche sui
processi di formazione e consolidamento dell’identità. Nei Paesi del Sud Europa, in
particolare nel contesto italiano, sono state rilevate nei giovani adulti, configurazioni
identitarie caratterizzate da stati di diffusion, ritardo nell’assunzione di ruoli adulti e scarsa
capacità di orientamento al futuro.
Nella prospettiva della developmental life span psychology, anche la formazione dell’identità è
intesa come processo dinamico che si svolge lungo l’intero percorso dell’esistenza.
Lo stesso Erik Erikson (1902 -1994) considera l’identità come una componente importante
di tutti gli stadi del ciclo di vita, che entra in gioco in tutti i conflitti vitali che, nel suo modello
teorico, costituiscono altrettanti momenti di “crisi”. Il termine crisi è adoperato da Erikson
in senso evolutivo, ad indicare un punto di svolta, un momento cruciale dello sviluppo,
caratterizzato da maggiore vulnerabilità, ma anche più ricco di potenzialità evolutive. Lo
sviluppo per Erikson è concepito come un processo epigenetico che si svolge lungo diversi
stadi (8: prima infanzia, seconda infanzia, età del gioco, età scolastica, adolescenza, giovane
età adulta, media età adulta, tarda età adulta) che coprono l’intera esistenza, ciascuno dei
quali corrisponde a un peculiare conflitto o crisi, che il soggetto deve risolvere per poter
accedere allo stadio successivo. Erikson sottolinea che è lo stadio dell’adolescenza quello in
cui diventa cruciale il conflitto tra identità e confusione di ruoli, superato grazie
all’acquisizione di nuove capacità socio-cognitive, del pensiero formale e di nuove capacità
relazionali e sociali. Anche James Marcia rileva che, a partire dell’adolescenza, sono ormai
presenti gli “ingredienti” individuali e sociali necessari per affrontare la crisi identitaria.
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L’ipotesi di una crisi identitaria normativa è supportata anche dalla natura tripartita
dell’identità, costituita cioè da un insieme di elementi inerenti allo sviluppo biologico,
psicologico e sociale che giungono a maturazione e, interagendo tra loro, inducono
cambiamenti simultanei in tutte queste aree. Erikson colloca il suo modello nell’ambito di
un’interpretazione psicosociale dello sviluppo, sottolineando che l’identità è un costrutto,
oltre che dinamico, anche multidimensionale, che contiene un versante soggettivo
(sensazione che ciascuno prova di essere sempre la medesima persona nel corso del tempo
e nei diversi contesti) e un versante oggettivo (legato a dimensioni psicosociali, che
riguardano la possibilità di sentirsi riconosciuti nei diversi contesti di riferimento). Con il
passaggio dalla società industriale alla società tardo-moderna, la moratoria psicosociale
(sospensione, dilazione) si è estesa anche agli anni successivi all’adolescenza (soprattutto
per i giovani appartenenti alle famiglie agiate inseriti in lunghi percorsi di formazione post-
secondaria) e soltanto una metà dei giovani contemporanei alla fine della tarda adolescenza
ha definito la propria identità raggiungendo quello che nel modello di Marcia è considerato
lo stato di achievement. Questo conferma che l’identità, anche quando già definita, può
ancora cambiare nel corso del tempo, sia in intensità che contenuto e può realizzarsi
attraverso dimensioni processuali differenti: l’esplorazione nelle fasi in cui si devono fare
delle scelte e l’assimilazione, quando ci si trova a dover confermare un’idea coerente di sé.
Erikson è stato il primo ad aver avviato ricerche sul tema dell’identità nella psicologia dello
sviluppo, ma il suo lavoro rappresenta solo il punto di partenza di numerose ricerche e
teorizzazioni successive. Il conflitto da lui ipotizzato rappresenta una tensione all’interno
di una medesima dimensione bipolare che va da un polo ego-sintonico di identity
synthesis a un polo ego-distonico di identity confusion e queste due polarità sono concepite
come forze contrapposte operanti in uno stesso individuo, che spesso coesistono e si
collocano lungo un continuum.
I processi fondamentali attraverso cui adolescenti e giovani adulti possono giungere alla
risoluzione della crisi sono due:
1. Esplorazione: ricerca attiva delle possibili alternative identitarie e la valutazione di
quelle più adatte al proprio senso di sé;
2. Assunzione di impegni: decisione di aderire e fare propri obiettivi, valori e credenze.
Secondo la rielaborazione di Marcia, nel suo paradigma degli stati di identità, l’identità si
sviluppa attraverso 4 diversi stati: achievement, foreclosure, moratorium e diffusion, che
costituiscono le possibili combinazioni tra le due dimensioni fondamentali postulate da
Erikson (exploration e commitment). In questo modello:
1) Stato di achievement: rappresenta l’assunzione di impegni identitari che fa seguito a
processi di esplorazione e da questi scaturisce;
2) Stato di foreclosure: rappresenta l’assunzione di impegni identitari senza che siano stati
in precedenza realizzati processi di esplorazione;
3) Stato di moratorium: rappresenta un processo di esplorazione continuo e non concluso
senza assunzione di impegni;
4) Stato di diffusion: rappresenta la mancanza sia di processi di esplorazione sia di
assunzione di impegni.
Il paradigma di Marcia è stato empiricamente validato, tuttavia presenta delle criticità: gli
stati non possono coincidere con gli stadi e il modello non è adatto per descrivere e spiegare
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lo sviluppo, quanto per catturare una fotografia dello stato in cui il soggetto si trova. Ad
ogni modo si è raggiunto un certo consenso nel considerare l’achievement corrispondente
all’identity synthesis indicata da Erikson e la diffusion corrispondente all’identity confusion.
Michael Berzonsky ha elaborato il modello degli stili di identità, evidenziando come
ciascun soggetto può adoperare differenti strategie socio-cognitive per prendere decisioni e
negoziare con il proprio contesto le questioni inerenti all’identità. Egli individua tre
differenti orientamenti personali, che corrispondono ad altrettanti stili:
1) Stile informativo: tipico di quei soggetti che svolgono un ruolo attivo nella costruzione
della propria identità e nella ricerca e valutazione delle informazioni utili ad assumere
decisioni e impegni;
2) Stile normativo: tipico di quei soggetti che fanno soprattutto riferimento alle aspettative
e alle prescrizioni degli altri significativi (genitori, autorità);
3) Stile diffuso-evitante: tipico di quei soggetti che tendono a tenere lontani i conflitti e i
problemi inerenti alla definizione dell’identità e a procrastinare l’assunzione di impegni.
Ad ogni modo Kunnen rileva che gli stili di identità possono cambiare nel corso del tempo
in funzione di differenti tipi di traiettorie di sviluppo.
Successivamente sono state elaborate concettualizzazioni più recenti che hanno messo in
luce la natura multidimensionale e l’articolazione interna degli stati di identità.
Nel modello di Luyckx, scomponendo le dimensioni originarie dell’exploration e del
commitment, è stata proposta un’articolazione più ampia di ciascuna e sono stati individuati
da una parte, aspetti più propriamente inerenti al processo di formazione vera e propria
dell’identità (assunzione di impegni e esplorazione ampia) e, dall’altra, aspetti che
riguardano più da vicino il processo di valutazione dell’identità (esplorazione in
profondità e identificazione con gli impegni assunti). Inoltre Luyckx e colleghi hanno
suggerito un’ulteriore dimensione del processo di esplorazione, la ruminative exploration,
caratterizzata da esitazione, indecisione e elevata incapacità di prendere decisioni.
Meeus e colleghi hanno elaborato un modello tridimensionale del processo di formazione
dell’identità definito anche “parsimonioso”, che interpreta la dinamica processuale come
fondata principalmente su tre dimensioni:
Assunzione di impegni: riguarda il processo di scelta e mette a fuoco la misura in cui
gli individui si identificano con le scelte fatte;
Esplorazione in profondità: rappresenta un modo attivo d’interpretare l’impegno
assunto, ad esempio riflettendo su di esso, cercando nuove informazioni, etc.;
Riconsiderazione degli impegni assunti: si riferisce ai tentativi degli individui di
confrontare i propri impegni con altre alternative disponibili e di modificare gli impegni
assunti se non più soddisfacenti.
I modelli di Luyckx e Meeus hanno individuato stati di identità aggiuntivi rispetto a quelli
originariamente proposti da Marcia. Luyckx e collaboratori hanno trovato due tipi di
diffusion: troubled diffusion (quando un giovane si sforza di esplorare le alternative
identitarie ma ansia e preoccupazione prendono il sopravvento impedendoglielo) e carefree
diffusion (quando un giovane si mostra del tutto indifferente ai compiti inerenti all’identità).
Meeus e collaboratori hanno trovato due tipi di moratorium: il primo, somigliante alla forma
classica di moratoria, caratterizzato da esplorazione e assenza di impegni, associato ad
ansia e bassi livelli di benessere e il secondo, searching moratorium, presente nei giovani
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che prendono in esame nuovi potenziali impegni identitari senza aver ancora abbandonato
quelli attuali. Entrambi questi modelli sottolineano comunque come l’identità abbia una
natura mutevole e sia soggetta a cambiamenti continui sia per effetto di caratteristiche
interne all’individuo (cambiamenti endogeni) sia di cambiamenti che avvengono nei
contesti dello sviluppo, modificando le relazioni tra la persona e il suo ambiente
(cambiamenti esogeni).
Qualora l’esplorazione si configuri come un processo, che va nella direzione della
definizione e del consolidamento identitario, allora assume una valenza positiva; laddove
si configura come un processo di esplorazione ampia, non finalizzata o fine a se stessa
(esplorazione ruminativa) e non va nella direzione dell’acquisizione dell’identità e
dell’adultità, assume una valenza negativa e risulta associata con il distress.
Born ha elaborato un modello della diffusion articolata in quattro differenti dimensioni:
1) Disturbed Diffusion: è una configurazione caratterizzata da scarse risorse e scarsa
competenza sociale. Ha correlazioni negative con self-efficacy, self-esteem e weel-being;
2) Carefree Diffusion: è una configurazione caratterizzata da reazioni di tipo edonistico alle
pressioni esterne. Correlazioni negative con self-efficacy, positive con self-esteem e weel-
being;
3) Developmental Diffusion: è una configurazione caratterizzata da esplorazione e da un
avvicinamento al commitment in assenza di una vera e propria crisi, come nel caso della
moratoria. Prevalgono correlazioni positive con self-efficacy, self-esteem e weel-being;
4) Culturally Adaptive Diffusion: è una configurazione caratterizzata da potenzialità di
adattamento alle condizioni del momento, in modo autodeterminato e in assenza del
conflitto. Presenta correlazioni positive con self-efficacy, self-esteem e weel-being.
Un altro tema è quello inerente alla indeciveness di carriera, secondo cui possono
individuarsi dimensioni differenti di indecisioni:
1. Developmental indecision: difficoltà transitoria del processo di decision making,
fisiologicamente associata alla dimensione dell’esplorazione delle diverse alternative di
carriera, tra le quali è sempre più difficile orientarsi;
2. Chronic career indecision: fa riferimento a caratteristiche e tratti personali pervasivi e
persistenti, non necessariamente associati alla scelta della carriera.
In una prospettiva del tutto diversa, numerosi studi suggeriscono una visione
prevalentemente positiva degli anni della transizione all’età adulta, evidenziando aspetti,
atteggiamenti e comportamenti dei giovani che sembrano riflettere un adattamento
positivo e un senso di “crescita fiorente” in contrasto con quelle prospettive che, al
contrario, ne sottolineano le dimensioni di difficoltà: fluorishing vs floundering.
Nelson e Padilla-Walker mettono in luce come questa età di transizione sia caratterizzata
dall’esplorazione attiva, l’internalizzazione di nuove credenze e valori, la partecipazione
attiva a movimenti sociali e politici e l’uso costruttivo dei media.
Tra gli approcci via via messi a fuoco per valutare le peculiarità del cambiamento identitario
nel periodo della transizione all’età adulta, uno dei più promettenti è l’approccio narrativo
all’identità. Tale approccio si basa sul presupposto che, accanto a un Sé che può essere
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direttamente osservato e conosciuto tramite strumenti di tipo self-report, c’è un altro Sé che
può essere meglio conosciuto tramite le produzioni autobiografiche che ciascuno
spontaneamente elabora in momenti e circostanze precise nella sua vita (Bruner). In questa
prospettiva si ritiene che l’Identità possa essere costruita attraverso la riflessione
dell’individuo su di sé, nell’hic et nunc dell’atto del narrare, nel corso delle sue interazioni
e nel contesto dei suoi abituali comportamenti sociali, discorsivi e comunicativi (situated
story). Infatti, il racconto della propria storia, da parte di ciascuno, non è solo l’insieme delle
esperienze che ha vissuto, bensì un processo attivo di costruzione qui e ora della propria
identità attraverso un testo (la storia) il cui soggetto è il proprio Sé. La narrazione non
preesiste ma viene creata nel corso delle interazioni, all’interno dello scambio comunicativo
nel quale l’individuo negozia con l’altro i significati da attribuire alla propria esperienza.
La narrazione autobiografica può considerarsi pertanto come un racconto interiorizzato e in
evoluzione del Sé che incorpora il passato ricostruito, il presente percepito e il futuro
anticipato; la narrative identity consente di mettere a fuoco in modo più specifico il
prodotto, in termini narrativi, del processo di formazione dell’identità.
I due principali approcci, quello dell’identity status model e quello della narrative identity,
potrebbero implementarsi l’un con l’altro, per fornire un più ampio contribuito
all’approfondimento dell’originaria formulazione di Erikson.
Anche per McLean e Syed, il punto di partenza è la teoria di Erikson e la sua ipotesi
multidimensionale secondo la quale lo sviluppo dell’identità implica l’impegno
dell’individuo a tra differenti livelli:
1. Livello dell’ego identity: che focalizza il senso di continuità personale che ciascuno
realizza quando riesce a integrare le proprie convinzioni più importanti e a definire la
propria identità nel tempo, trova la sua modalità di espressione privilegiata nella
riflessione che ciascun soggetto fa su di sé, per dare senso alla propria vita, e quindi,
nella narrazione che da questa scaturisce. Questo livello è meglio indagato da quegli
approcci che focalizzano i processi di costruzione narrativa della storia personale;
2. Livello della personal identity: mette a fuoco l’individuazione di obiettivi e convinzioni
personali che emergono dalla negoziazione dei propri ruoli con il contesto sociale.
Questo livello è esplorato in modo più appropriato attraverso l’approccio degli stati di
identità.
3. Livello della social identity: che pone l’accento sui legami con più ampi gruppi di
appartenenza, considera non solo gli aspetti individuali del Sé, ma anche quelli condivisi
con il proprio gruppo sociale e culturale.
I giovani, per prepararsi ai compiti dell’età adulta e raggiungere una piena e salutare
risoluzione della crisi identitaria, devono impegnarsi a tutti e tre i livelli dell’identità, in
un’Identity synthesis, intesa come rielaborazione delle identificazioni infantili all’interno di
una rappresentazione del Sé attuale, coerente attraverso il tempo e i differenti contesti.
Nella prospettiva della narrative identity, la continuità personale, che nel modello degli
stati viene raggiunta mediante l’assunzione dei commitments, è conseguita mediante la
creazione di una storia che metta in luce come le esperienze passate abbiano influito sul Sé
attuale. Lo strumento che l’individuo utilizza per creare questo tipo di storia personale
(autobiografia) è il ragionamento autobiografico, come riflessione attiva sul proprio
passato per individuare i collegamenti significativi tra passato e presente.
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Le narrazioni possono mostrare in che misura ciascuno senta di avere conseguito un nuovo
insight su di sé e sul mondo che lo circonda o di aver realizzato collegamenti espliciti tra
sé e gli eventi passati. Una delle principali caratteristiche della narrazione della storia
personale consiste nella “ricerca di significato” e nell’integrazione delle proprie diverse
esperienze e quindi del Sé. Questo processo è stato di volta in volta definito dagli studiosi
come meaning making (processo di attribuzione di senso), memoria integrativa, integrazione,
processo di esplorazione narrativa e adattamento. Mediante il racconto della storia
personale e di alcuni eventi del proprio passato, ciascuno può attribuire a questi un
significato e giungere così a imparare qualcosa di se stesso o della propria vita e a valutare
il proprio cambiamento nel corso del tempo.
Anche McAdams elabora la sua ipotesi sulla narrative identity ispirandosi alle prime
formulazioni teoriche di Erikson, soprattutto alla sua interpretazione dell’identità sia come
sfida che come sintesi e integrazione delle molteplici esperienze di ciascuno. I giovani
possono affrontare tale sfida costruendo integrative narratives. I giovani diventano in
questo modo capaci di comprendere e rappresentare la loro identità attraverso la
costruzione di storie, che conferiscono alla loro vita coerenza, unità e direzione. Si tratta di
costruzioni in continuo mutamento, life-long processes che forniscono la chiave per una
comprensione dinamica dell’intera persona. In questi processi di costruzione dell’identità
personale c’è una stretta relazione tra esperienza, memoria e rielaborazione narrativa. Il Sé
narrativo dà “formato narrativo” al mondo interno ed esterno e lo fa grazie all’utilizzo del
pensiero narrativo che, meno conosciuto e legittimato di quello paradigmatico, presiede
alla creazione narrativa della realtà. Grazie alle peculiari caratteristiche del pensiero
narrativo, la narrazione autobiografica è in grado di coordinare tre diverse esigenze:
1. La coerenza: consiste nel mettere d’accordo le diverse voci e nello stabilire una
continuità tra i diversi momenti della storia;
2. La plausibilità: consiste nel rendere la storia comprensibile, canonica e normativa;
3. L’eccezionalità: consiste nel rendere la storia interessante, specifica, idiosincratica e
discordante dalla canonicità.
Smorti considera la narrazione autobiografica come uno specchio attraverso il quale
l’individuo riflette sulla propria vita alla ricerca di un equilibrio tra il bisogno di essere
ascoltati e il bisogno di essere creduti: il narratore racconta la propria vita agli altri
rendendola allo stesso tempo interessante e credibile.
Come sottolineato da Brockmeier, ogni storia nasce da un’organizzazione temporale degli
eventi narrati che attinge alla memoria episodica, semantica e soprattutto autobiografica,
dove si depositano le tracce delle esperienze vissute che hanno rivestito significati
particolari, e si passa da una verità storica a una verità narrativa. Le dimensioni temporali
seguono due movimenti: quello della narrazione vera e propria degli eventi nel loro
succedersi e quello della riorganizzazione narrativa, definita teleologia retrospettiva:
ricostruire la propria storia di vita a partire dal presente o, come dice Sartre, “a partire dalla
fine”. L’identità stessa può essere vista come una Gestalt nel tempo poiché uno dei fattori
che concorre alla formazione dell’identità è l’aspetto temporale della narrazione, che
rimarca il suo rapporto interattivo e trasformativo con la memoria.
Brockmeier ha individuato sei principali modelli temporali attraverso cui il narrante può
organizzare l’identità narrativa: lineare, ciclico, circolare, a spirale, statico, frammentario.
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Nonostante il pensiero narrativo compaia nella prima infanzia, la capacità di costruire una
storia coerente inizia solo nella tarda adolescenza, in coincidenza dello sviluppo di nuove
capacità cognitive, delle operazioni formali, della maturità fisiologica e dell’esigenza di
dare senso alla propria vita sulla base delle pressioni esercitate sui giovani dal contesto
familiare, scolastico, lavorativo.
Habermas e Bluck fanno riferimento a una coerenza di tipo causale, mediante la quale è
possibile spiegare come gli eventi passati influenzano altri eventi e aspetti del Sé, e a una
coerenza di tipo tematico, mediante cui è possibile individuare traiettorie intorno a cui
ciascuno può organizzare la propria storia di vita.
McLean, Pasupathi e Pals propongono inoltre un modello socioculturale di sviluppo
dell’identità narrativa secondo cui gli individui costruiscono lentamente la propria identità
narrativa man mano che raccontano storie sulle proprie esperienze per gli altri e con gli altri.
Risulta di particolare rilievo quindi il ruolo delle nuove capacità sociali e relazionali
acquisite dall’adolescenza in poi. Le competenze narrative si sviluppano nel corso del
tempo e mediante le interazioni con gli altri.
Il rapporto tra individuo e contesto, tra giovane e adulto, può essere illustrato da una delle
leggi percettive della Gestalt: il principio del contrasto o rapporto figura/sfondo, secondo
cui la forma si stacca dallo sfondo come entità individuabile, perché tende all’unitarietà e
alla chiusura. Individuo e contesto sono elementi di un’unica immagine che non possono
essere osservati, compresi e descritti se non in una loro continua relazione.
Come esplicitato da Brofenbrenner con il suo modello crono-sistemico dello sviluppo,
bisogna tentare di comprendere le influenze derivanti dai molteplici setting di cui gli
individui fanno esperienza e studiare l’interazione tra queste influenze e l’individuo nel
corso della sua vita. Quindi si deve provare a mettere il giovane adulto in figura, con sullo
sfondo il contesto relazionale e il quadro subisce variazioni proprio in base allo sfondo che
si immagina. Il giovane adulto manterrà elementi di riconoscibilità individuale, ma
assumerà anche aspetti peculiari e omogenei allo sfondo in cui è inserito. Durante l’infanzia
il principale contesto di riferimento è quello familiare, nel corso degli anni esso si amplia
inglobando altre parti dell’ambiente sociale. Con l’adolescenza il contesto diventa uno
stimolo continuo per la persona che in esso trova nuovi modelli da seguire, altri con cui
identificarsi, amici, coetanei con cui interagire, anche attraverso una nuova forma di
contesto sociale: i social media.
I principali contesti/sfondi per i giovani in transizione verso l’età adulta sono tre:
1. La famiglia di origine: durante l’adolescenza l’individuo va verso l’autonomia
compiendo continue transazioni tra bisogno di autodeterminazione, indipendenza
psicologica e strumentale (economica e materiale) e bisogno di protezione e connessione
con i genitori. Il processo che conduce all’autonomia passa per esplorazione del mondo
extra-familiare che è strettamente connessa al compito di costruzione dell’identità, alla
scoperta, alla costruzione e alla definizione di sé. Il rapporto con le figure genitoriali
diviene più conflittuale o si modifica per lasciare spazio a nuove figure, gli “altri
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Lo sviluppo cognitivo non si arresta con il raggiungimento del pensiero formale piagetiano.
Nel passaggio dall’adolescenza all’adultità, anche a livello cognitivo intervengono
significativi cambiamenti. Due dei maggiori cambiamenti che caratterizzano l’inizio
dell’adultità (oltre a quelli relazionali) riguardano lo sviluppo del pensiero post-formale e
dialettico (comprensione dell’importanza della sintesi, del ruolo fondamentale della
capacità di simbolizzare e connettere piani diversi di comprensione e percezione, la
possibilità di adattare l’interpretazione di un percetto in funzione di altri parametri) e la
formazione di un progetto o di un’identità professionale o vocazionale (definire quale
sarà la propria identità vocazionale, quale lavoro sarà più adatto a sé, implica
necessariamente capacità di ragionamento astratto e critico, nonché la capacità di fare
previsioni, di avere aspettative e immaginare progetti per il futuro).
Il pensiero post-formale è la capacità della persona di comprendere e coordinare molteplici
prospettive e applicarle in modo adeguato. Kramer ha descritto il pensiero post-formale
come caratterizzato da tre competenze:
1. La consapevolezza che la conoscenza e l’informazione sono illimitate ma relative;
2. L’accettazione di credenze paradossali;
3. L’integrazione di punti di vista contrastanti di un insieme di convinzioni personali.
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11. Identità occupazionale. Motivazione. Quali sono i processi coinvolti nel modello
dell’identità vocazionale di Porfeli? Occupational identity status model di Skorikov e
Vondraceck. Life designing theory. Modello SIOT.
Il lavoro ha un enorme peso nella vita di un individuo, non solo in termini concreti
(sussistenza, stanchezza, soddisfazione), ma anche in termini psicologici e identitari. Infatti,
lavorare significare applicare una parte di sé a uno specifico aspetto della propria vita,
metterci passione o fastidio, sentirsi parte di quel che si fa o meno, provare soddisfazione a
fine giornata o senso di estraniamento. Fin da piccoli si hanno sogni, aspettative e desideri
su cosa si vuole fare da grandi. Questi sogni vengono poi convertiti in speranze
nell’adolescenza e queste speranze diventeranno poi possibilità e impegno oppure possono
essere convertite in delusione e in frustrazioni. Il lavoro costituisce quindi una parte
importante del senso di se stessi. Durante la prima età adulta in particolare, in quanto è in
questa fase che ognuno definisce la propria identità occupazione e vocazionale.
Identità globale e identità vocazionale sono elementi interrelati e quella vocazionale
costituisce la maggior componente dell’identità nel suo complesso proprio durante la
transizione all’età adulta e nelle prime fasi dell’adultità.
Con identità occupazionale si definisce la consapevolezza di sé stessi come lavoratori
(workers). Questa definizione comprende due assunti: questa consapevolezza è vista come
percezione soggettiva di interessi, abilità, obiettivi e valori inerenti l’aspetto occupazionale
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corso della vita) di Super, che si avvale di una rappresentazione grafica esemplificata
del life-career rainbow, che integra le due dimensioni principali su cui si fonda il suo
discorso: lo sviluppo dell’individuo e i possibili ruoli sociali che egli può impersonare.
Ognuno di questi ruoli (life spaces) è diffusamente presente nelle varie fasi dello sviluppo
e si contraddistinguono per il diverso peso e la diversa proporzione che assumono,
portando alla sistematizzazione di stadi di sviluppo le seguenti fasi (life stages) che si
declinano nell’arco della vita (life span) dette fasi dello sviluppo di carriera:
a. La fase di crescita, che va dalla nascita fino ai 14 anni, in cui il concetto di sé del
giovane si va integrano grazie all’apporto di modelli esterni, come la famiglia e la
società;
b. La fase di esplorazione che si conclude con l’inizio dell’età adulta (25 anni) e vede
il giovane impegnato nel mettersi alla prova e saggiare i propri limiti e le
opportunità professionali che l’ambiente esterno offre. Questa fase a sua volta è
suddivisa in tre sottofasi: 1. La sottofase provvisoria, caratterizzata dalla
cristallizzazione di una preferenza orientativa verso un generico ambito lavorativo;
2. La sottofase di transizione, in cui dalla scelta generica si procede alla
specificazione di una preferenza più precisa e meno vaga; 3. La sottofase di prova,
che vede l’attivazione della preferenza precedentemente elaborata con il probabile
ingresso nel mondo del lavoro;
c. La fase di stabilizzazione e progresso, che si conclude intorno ai 45 anni e
comprende il periodo in cui l’individuo può esprimere tutte le sue potenzialità in
un ambito professionale che si è fatto più equilibrato e sicuro, anche questa fase è
suddivisibile in due sottofasi: 1. La sottofase di apprendistato, con la conseguente
stabilizzazione della scelta di carriera; 2. La sottofase di consolidamento, in cui si
raggiunge l’assestamento del proprio status lavorativo;
d. La fase di mantenimento, che si conclude con l’ingresso nell’età pensionabile e vede
la sostanziale staticità della condizione che è stata acquisita;
e. La fase di declino, che si caratterizza per il cambiamento del ruolo sociale del
soggetto in conseguenza del pensionamento.
È evidente come questa successione di fasi tenga conto di un clima economico e
contestuale e di un mercato del lavoro totalmente diversi da quelli odierni. La teoria di
Super resta pertanto una teoria storica, non applicabile nella sua interezza al complesso
sviluppo dell’identità occupazionale dei giovani di oggi.
2. Il secondo approccio fa riferimento alla teorizzazione eriksoniana dell’identità e alla
concettualizzazione degli stati proposti da Marcia per individuare tipologia e modelli
di identità occupazionali. Anche per l’identità occupazionale è stata proposta una
classificazione in stati. I processi sottostanti la formazione identitaria (esplorazione e
commitment) infatti, rimangono gli stessi anche quando si focalizza l’attenzione sul
dominio occupazionale nello specifico. Due sono le formulazioni teoriche che hanno
maggiore seguito: il modello della vocational identity formulato da Porfeli nel 2011 e
l’occupational identity status model di Skorikov e Vondraceck.
Il modello della vocational identity di Porfeli fonde i due modelli di Luyckx e di Meeus in
un unico modello relativo all’identità vocazionale. I processi coinvolti nella dinamica di
costruzione e consolidamento dell’identità vocazionale sono quindi:
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- Careeer exploration: esplorazione delle possibili alternative identitarie in due modalità: in-
breadth (ampiezza, sperimentando il maggior numero possibile di alternative) o in-depth (in
profondità, analizzando tutti gli aspetti sia positivi che negativi);
- Career commitment: scelta di alcune alternative e impegno su di esse a due livelli:
commitment making (scelta per motivazione intrinseca che estrinseca) e identification with
commitment (identificazione con gli impegni assunti).
- Career reconsideration: rivalutazione degli impegni acquisiti sia in termini di possibilità e
apertura al cambiamento (career flexibility) sia come messa in discussione più profonda della
propria identità vocazionale (career self-doubt).
A partire da queste dimensioni processuali coinvolte, Porfeli e colleghi hanno identificato 6
stati d’identità vocazionale:
- Achieved: giovani che hanno acquisito la loro identità vocazionale dopo un intenso
processo di esplorazione;
- Searching moratorium: giovani che stanno esplorando in profondità la loro identità
vocazionale, in modo attivo e approfondito, assumendo impegni temporanei, con lo scopo
di acquisire impegni stabili;
- Moratorium: giovani che sono in una fase di stallo che compiono esplorazione ma con
pochi impegni;
- Foreclosed: giovani che hanno compiuto delle scelte vocazionali, ma senza aver né
compiuto un’adeguata esplorazione precedente né una messa in discussione dei
commitments acriticamente assunti;
- Diffused: studenti che sono in continua esplorazione in ampiezza che non li conduce alla
determinazione di scelte ma li lascia in uno stato allargato di sperimentazione incessante;
- Undifferentiated: giovani che riportano punteggi medi in tutte le dimensioni, che si
trovano cioè coinvolti nel processo di definizione della loro identità vocazionale, ma che
non attuano in modo precipuo nessuno dei processi identitari.
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scoperto, riconosciuto e usato, in questo senso, la possibilità di giungere alla scoperta del
proprio vero Sé e investire su di esso come “migliore identità possibile” conduce alla
felicità eudaimonica. Secondo la prospettiva psicologica di Waterman, l’eudaimonia si
struttura attraverso due percorsi: le azioni di self-realization che si attuano per scoprire e
mettere alla prova il proprio daimon/vero Sé e gli elementi soggettivi di feeling personal
expressiveness che forniscono all’individuo quella sensazione di benessere ed espressione
di sé che accompagna le azioni concrete, in cui l’individuo esprime e sperimenta il suo
vero Sé. A differenza della felicità edonica, quindi, questo costrutto implica un percorso
cognitivamente più accentuato, in cui scoperta, scelta e decisione si uniscono alla
motivazione intrinseca per giungere alla completezza dell’esperienza individuale.
c. Concezione esistenzialista (self-construction): si desume dalla concettualizzazione di
costruzione del Sé, di matrice esistenziale, e si oppone soprattutto alla prospettiva
eudaimonica. Infatti, mentre per la prospettiva eudaimonica, il processo di
raggiungimento di sé passa necessariamente attraverso la scoperta di una dimensione
individuale già preesistente, per la prospettiva della self-construction il compimento del
Sé è un processo di costruzione continua di qualcosa che non esiste in precedenza, ma
che si forma attraverso un continuo lavoro di scelta tra le alternative possibili. Questa
concezione si fonda sull’assunto sartriano della libertà come condizione ineliminabile
dell’uomo. Per libertà si intende la possibilità e il dovere, allo stesso tempo di compiere
continuamente scelte per dare direzione al proprio comportamento e procedere alla
costruzione della propria identità.
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più favorevole ai propri bisogni) è risultata predire nel tempo il mantenimento di buone
capacità cognitive;
- Coinvolgimento nella vita attiva: in ogni caso, per poter parlare di invecchiamento di
successo non è sufficiente la mera assenza di malattie, bensì è necessario che tali
potenzialità vengano tradotte concretamente nell’impegno attivo, sia a livello sociale,
nelle relazioni interpersonali, sia sul piano dell’attività produttiva.
Modello di Baltes
Baltes è considerato uno degli studiosi che ha maggiormente contribuito a sradicare l’idea
dello sviluppo umano come un evento a tappe limitato ai primi due decenni di vita. Egli
sostiene che lo sviluppo dell’essere umano è un processo che si snoda durante l’intero arco
della vita. Uno dei principi che guidano lo sviluppo umano è quello del rapporto
“guadagni-perdite” secondo cui i processi di sviluppo consistono nella contemporanea
presenza attiva di sviluppo di abilità, competenze (guadagni) e declini (perdite). Nell’età
anziana vi è una predominanza delle perdite. Il soggetto preserva sempre la capacità di
adattarsi in modo costruttivo al contesto, ovvero la sua “plasticità”. Tale concetto richiama
ad altre due ulteriori nozioni, quello di risorsa e riserva. Le risorse sono di natura fisica,
cognitiva e di personalità. È essenziale che tali risorse si integrino tra di loro per poter
invecchiare bene. Le riserve fanno riferimento a risorse, capacità, competenze che la persona
anziana ha accumulato nel tempo e che non ha mai sfruttato, ma che possono rivelarsi utili
in questa fase della vita.
Teoria di Cartensen
Le relazioni sociali sono fondamentali per il benessere e per la sopravvivenza. Laura L.
Cartensen e collaboratori propongono una teoria definita della “selezione socio-
emozionale” (Socio-emotional selectivity Theory, SST) in cui la percezione del tempo riveste
un ruolo centrale nella formazione dei legami sociali e nella funzione che essi ricoprono
nell’individuo. La teoria sostiene che, quando gli orizzonti temporali si restringono, come
avviene in genere con l’avanzare dell’età, le persone diventano sempre più selettive,
investendo maggiori risorse in obiettivi, attività e relazioni emotivamente significative.
L’essere umano formula piani e obiettivi, è guidato da intenzioni ben precise, pertanto le
relazioni sociali avverranno in base agli obiettivi che si desidera raggiungere.
La percezione del tempo futuro pertanto influenza i processi di selezione degli obiettivi e
le caratteristiche dei legami che vanno a comporre la rete sociale che circonda ogni
individuo: la gioventù, dalla quale il tempo viene percepito come ampio e aperto, cerca
relazioni sociali volte al fine di espansione del sé (conoscenze e competenze), viceversa gli
anziani, che percepiscono il tempo come limitato, preferiscono la compagnia di persone che
portano ad un senso di conferma del sé o che siano emotivamente significative. Inoltre la
maggiore consapevolezza del limitato tempo a disposizione e il bagaglio di esperienze
personali, motivano l’anziano a dare priorità alla ricerca di emozioni positive e significati
positivi da attribuire agli avvenimenti passati e presenti (“effetto positività” cui sono
coinvolte attenzione e memoria).
Teoria di Stevernik
La teoria sulle funzioni della produzione sociale sostiene che le persone raggiungono un
elevato livello di benessere psicologico attraverso il soddisfacimento di due bisogni umani
universali: il benessere fisico e il benessere sociale.
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Secondo Keyes il benessere sociale si definisce come la qualità delle relazioni sociali
dell'individuo nell'ambito della propria comunità e società e del proprio funzionamento al
loro interno. Il benessere sociale comprende cinque dimensioni:
- Integrazione sociale: qualità della propria relazione con la società
- Contributo sociale: credenza di essere un membro vitale della società, quanto
l'individuo crede di poter dare un contributo significativo attraverso la propria attività
- Accettazione sociale: valutazione degli altri come degni di fiducia e disponibili ad
aiutare
- Attualizzazione sociale: valutazione del potenziale e delle traiettorie future della società
- Coerenza sociale: interesse nel conoscere le funzionalità della società, le sue regole e i
suoi valori
Ogni dimensione del benessere sociale varia in rapporto all'età: le prime quattro mostrano
un incremento nel passaggio dalla gioventù all'età adulta, mentre la coerenza sociale tende
a diminuire con l'età, raggiungendo valori bassi proprio nelle ultime fasi di vita, segnalando
probabilmente le difficoltà dell'anziano a comprendere un mondo sentito come troppo
complesso ed estranei ai valori culturali nei quali è cresciuto. Il livello di scolarità influisce
positivamente sul benessere sociale, come l'attivazione di strategie di coping proattivo.
Recentemente degli studi hanno iniziato a focalizzarsi sugli aspetti benefici delle tecnologie,
in particolar modo nell'ambito della comunicazione come mezzo per contrastare la
solitudine e incentivare un forte senso di comunità.
Le strategie che vengono messe in atto al fine di prevenire un evento critico o ridurne la
portata negativa sono definite "strategie di coping proattivo". Affinché possano essere usate
con successo tali strategie richiedono l'accumulo di risorse nel tempo e l'acquisizione di
competenze generali volte a gestire qualcosa spostato nel tempo futuro che potrebbe non
accadere. La possibilità di attivare le strategie di coping proattivo ha numerosi benefici:
minimizza lo stress nel caso in cui l'evento critico avviene, permette di mantenere più risorse
a disposizione che possono essere usate per altri obiettivi. Coloro che fanno utilizzo delle
strategie proattive di coping tendono ad avere numerosi progetti nei vari ambiti della vita.
Il coping proattivo è un processo che si articola in cinque fasi:
- Riconoscimento del problema: richiede l'abilità di saperlo intravedere e dipende dalle
capacità valutative dell'individuo degli indizi negativi o preoccupanti.
- Valutazione iniziale del problema: inizia col porsi delle domande: di cosa si tratta? Che
cosa potrebbe accadere? Queste valutazioni portano l'attenzione sul potenziale evento
stressante o negativo, e dalla risposta viene data prendono avvio o meno gli sforzi per
evitarlo o minimizzarne l'impatto. Tale processo richiede un alto livello di attenzione che
con voglia molte delle risorse a scapito di altre. È importante in questa fase saper
collegare gli indizi e le possibili conseguenze.
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- Sforzi iniziali di gestione del potenziale evento critico: se la valutazione degli indizi
ha generato un senso di preoccupazione e di allarme, allora possono iniziare i primi
tentativi per neutralizzare l'evento prima che si verifichi. Diversi fattori possono incidere
sulla decisione di passare all'azione o meno (autoefficacia, locus of control interno)
- Valutazione degli effetti delle azioni ed eventuale loro modifica: dopo aver scelto la
strategia che riteniamo più efficace, cominciamo a vederne gli effetti. Potrebbe essere
utile richiedere valutazioni di esperti o conoscenti, pertanto è importante avere una
buona rete di supporto sociale
- Accumulo iniziale e conservazione successiva delle risorse: per poter attivare strategia
proattive è necessario disporre di risorse di varia natura: sociale, economica cognitiva e
temporale.
Gli studiosi sono concordi nel definire la creatività come la “creazione di oggetti che sono
giudicati originali e utili”. Essa può essere intesa come un pensiero divergente, e si possono
utilizzare questionari per misurare il potenziale creativo. L’identità è, invece, costituita da
caratteristiche fisiche e psicologiche non condivise completamente con gli altri. Il termine
identità può riferirsi a molti aspetti: identità di sé, di genere, sociale, culturale.
La creative personal identity è quella componente identitaria con cui gli adolescenti si
riferiscono quando danno importanza alla creatività nella definizione del sé. Tale
importanza è dovuta a esperienze e opportunità di espressione della propria creatività,
finalizzate al mantenimento di un’immagine positiva di sé.
Durante l’adolescenza, molte risorse importanti per lo sviluppo sia dell’identità che della
creatività sono soggette a riorganizzazione, quindi, secondo Barbot, vi sono molteplici
aspetti nei quali tali processi si possono sovrapporre.
Ad esempio, gli intensi cambiamenti biologici, cognitivi e psicosociali che avvengono in
adolescenza hanno un impatto profondo sullo sviluppo sia della creatività che dell’identità,
in particolare conduce a una riorganizzazione della rappresentazione di sé.
Sul percorso per il raggiungimento dell’identità, gli adolescenti spesso sperimentano una
fase di moratoria, ovvero uno stato d’identità caratterizzato dall’impossibilità di
cristallizzare stabilmente un qualsiasi impegno (in accordo col pensiero di Marcia ed
Erikson). La moratoria si associa al Pensiero Divergente (DT, divergent thinking), centrale
nella creatività. Marcia descrive due altre configurazioni identitarie: il blocco di identità e
l’identità diffusa-evitante, che mostrano legami significativi con lo sviluppo della creatività.
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Domande e risposte Psicologia dello sviluppo: fattori di protezione e di rischio – prof.ssa Sica
a.a. 2019/2020 – Aurora Parlati, Naomi Cipolla, Federica Tarsino
Con “progetto” si intende uno stato-obiettivo per il Sé, che include intenzioni, la definizione
di un obiettivo e un riferimento ai mezzi per raggiungerlo.
Il progetto di vita è una luce-guida che organizza la traiettoria desiderata dall’individuo;
abbraccia diversi sotto-progetti, che possono essere più o meno coerenti e sviluppati o
frammentati. La definizione del proprio progetto, la risoluzione delle difficoltà incontrate
per raggiungerlo e una sua eventuale ridefinizione, possono essere considerate il principale
compito di problem solving in termini di sviluppo identitario di ognuno. Prima di dedicarsi
ai progetti, c’è un periodo in cui nell’infanzia si sviluppa la propria immaginazione, e la so
utilizza per figurarsi in alcuni ruoli, lavori o possibili sé. Si tratta di un periodo in cui le
rappresentazioni di sé si sviluppano senza alcuna fattibilità pratica: il progetto è esperito
come un gioco. Nella costruzione del progetto, si possono individuare 2 stadi:
1. L’esplorazione, in cui l’individuo crea un range di possibilità;
2. La decisione, dove alcune possibilità sono selezionate e ordinate per priorità;
Bisogna, però, aggiungere anche una terza fase:
3. Adattamento, in cui l’individuo adatta il proprio progetto in base ai feedback dell’ambiente
sociale.
Counseling relativo alla carriera
La globalizzazione e il processo tecnologico hanno cambiato drasticamente l’economia e le
relazioni; i percorsi di formazione e si carriera, sono ora più aperti e complessi. Alcuni dei
modelli usati nel counseling psicologico dal XX secolo, erano basati sull’adattamento
persona-ambiente; tale relazione implica un’interazione dinamica. Il legame tra individui
ed occupazione è stato studiato nell’ambito della Psicologia Differenziale, che si basa sulla
premessa per cui esiste una certa stabilità nelle personalità individuali. Essa prende in
considerazione le abilità, gli interessi e i valori.
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Domande e risposte Psicologia dello sviluppo: fattori di protezione e di rischio – prof.ssa Sica
a.a. 2019/2020 – Aurora Parlati, Naomi Cipolla, Federica Tarsino
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Levinson -> Stagioni di transizione e stabilità
Havighurst -> Compiti di sviluppo
Elder -> Contesto storico nello sviluppo
Thomas e Chess -> Tratti temperamentali a 9 dimensioni
Rothbart -> Temperamento in 3 dimensioni
Hendry e Kloep -> Life Span Developmental Psychology
Baltes -> Life Span
Ford e Lerner -> Teoria dei sistemi dinamici/ contestualismo evolutivo
Bronfenbrenner -> Teoria dei sistemi
Valsiner -> Psicologia culturale
Schaffer -> Sè sociale
Marcia -> Stati identitari
Lyuck e Meeus ->
Stanley Hall -> Storm and Stress
Arnett -> Emerging Adulthood
Scherer -> Differenze nel mercato del lavoro
Levinson→ stagioni nella vita di un uomo: lunga fase di stabilità, periodo di transizione→
periodi ciclici
Havighurst→ compito di sviluppo: maturazione fisica, valori personali, richieste sociali→ 18,
prima età adulta 18-25, mezza età 35-60, 60
Valsiner→ psicologia culturale dello sviluppo: filogenesi, genesi della cultura, ontogenesi,
microgenesi→ Ambiente: zona di libero movimento, di promozione dell'attività, di sviluppo
prossimale
Natura Multidirezionale del sé→ consapevolezza di sé, concetto di sé, stima di sé (Harter:
global self worth)
Kountari e Hurry→ I giovani non raggiungono lo stesso status identitario in tutti i domini
dell'identità: globale, politica, religiosa, è professionale
Dall’Infanzia all’adolescenza.
Cap 1.
Life span developmental psychology: lo sviluppo ontogenetico è un processo che dura tutta la vita.
Stanley Hall: primo ad esplorare l’adolescenza
Piaget: pensiero operatorio formale->adolescenti; Pensiero post-formale->giovani adulti
Palmonari: 3 obiettivi che devono affrontare gli adolescenti-> ridefinire l’immagine del proprio corpo, pervenire a
una nuova identità, ridefinire le proprie relazioni
Livi Bacci: Mette a fuoco la delay sindrome italiana
Arnett e successivamente Nelson e Barry: raggruppano i Criteria for adolthood-> Indipendenza economica,
Interdipendenza, role transition, obbedienza alle norme, transizioni biologiche, transizioni cronologiche, capacità
familiari. Arnett aggiungerà anche i marcatori interni.
Strumento per valutare l’emerging adulthood: IDEA
Hendry e Kloepp: si oppongono all’ E.A. Arnett considera solo i mutamenti sociali ritengono che gli anni dai 20
ai 30 debbano essere considerati da un punto di vista processuale
Cote, Heinz, Marshall e Bynner: sottolineano che l’E.A. non rappresenti una risposta adeguata alle numerose
criticità.
Schoon e Schuldenberg: il modello di Arnett non tiene nella dovuta considerazione le condizioni sociali ed
economiche
Coté e Bynner: respingono l’ipotesi della libera scelta nel ritardo della transizione all’età adulta.
Coté: suggerisce che il passaggio all’età adulta possa essere affrontato più attivamente se i giovani investono un
capitale di risorse tangibili e intangibili, definite “capitale d’identità”.
Valutazione capitale d’identità: ISRI, MAPS
Cap 2.
Definizione di sviluppo per Erikson: è un processo epigenetico che si svolge lungo diversi stadi che coprono
tutta l’esistenza, ciascuno dei quali corrisponde a un peculiare conflitto o crisi che il soggetto deve risolvere per
poter accedere allo stadio successivo.
due tipi di cambiamento identitario: 1. evolutivo o a lungo termine; 2. fluido e di breve durata.
EPSI: strumento self-report nel quale la crisi di ciascuno stato (E.) è valutato tramite 12 item.
due dimensioni fondamentali postulate da Erikson: esplorazione e assunzione di impegni.
Bosma distinzione del commitment in due ulteriori articolazioni: 1. committment making, la misura in cui i
giovani hanno compiuto scelte rilevanti per il proprio sé; 2. identification with committment,
Kerpelman, Pittman e Lamke: la formazione e lo sviluppo dell’identità scaturiscono anche dalle valutazioni
dell’identità di ciascuno da parte di altri significativi nel corso delle interazioni quotidiane.
Berzonsky, modello degli stili di identità: evidenziando come ciascun soggetto possa adoperare differenti
strategie socio-cognitive. individua tre differenti “orientamenti personali” a. orientato all’informazione, b.
normativo, c. diffuso-evitante.
Kunnen: gli stili di identità possano cambiare nel corso del tempo
Meeus e colleghi modello tridimensionale del processo di formazione dell’identità, definito anche
“parsimonioso”: interpreta la dinamica processuale come fondata su tre dimensioni: a. assunzione di impegni,
b. esplorazione in profondità, c. riconsiderazione degli impegni assunti.
formazione dell’identità Marcia: basata su due dimensioni: l’esplorazione e l’impegno.
Luyckx e colleghi vi era la possibilità di integrare i modelli proposti da Bosma e Meuus.
Luyckx ha definito due nuovi tipi di diffusion: 1. troubled diffusion, 2. carefree diffusion.
Meeus ha individuato due tipi di moratorium: 1. il primo somiglia alla forma classica: è caratterizzato da
esplorazione e assenza di impegni, associandolo a elementi di ansia e bassi livelli di benessere; 2. searching
moratorium: nuovi impegni identitari senza aver ancora abbandonato quelli attuali
integrare e superare i limiti della proposta da Marcia: a. commitment making (assunzione dell’impegno); b.
identification with commitment (identificazione con l’impegno); c. exploration in depth (esplorazione in profondità);
d. exploration in breadth (esplorazione ampia).
Nelson e Barry: i rischi evolutivi (tradizionalmente ascritti all’adolescenza) possano intendersi come estesi
anche agli anni successivi.
Sestito, Sica, Ragozini: Solo una piccola parte di studenti universitari manifesta caratteristiche di identità
raggiunta o preclusa: la maggior parte si riconoscono negli altri due profili: identità diffusa e moratoria.
Cap 3.
Bruner: La narrazione autobiografica può considerarsi come un racconto interiorizzato e in evoluzione del Sé
che incorpora il passato ricostruito, il presente percepito e il futuro anticipato:
McLean e Syed: ego, personal e social identity (identity synthesis) rielaborazione delle identificazioni infantili
all’interno di una rappresentazione del sé attuale
ragionamento autobiografico, Habermas e Bluck: come “riflessione attiva sul proprio passato per individuare i
collegamenti significativi tra passati e presente”.
Williams, Conway e Cohen: 3 funzioni della memoria autobiografica a) Direttiva b) Sociale c) Identitaria:
mental time travel: il senso di sé soggettivo che perdura nel tempo.
Il risultato della sintesi tra passato, presente e futuro costituisce il “tempo autobiografico”
Brockmeider: sei modelli temporali lineare, ciclico, circolare, a spirale, statico e frammentario.
McAdams ipotesi sulla narrative identity: le autobiografie sono costruzioni in continuo mutamento (lifelong
process) che inseriscono la vita in un determinato contesto (hic et nunc).
il pensiero narrativo che consente di interconnettere quello che Bruner definisce: “scenario dell’azione”
con lo “scenario della coscienza”
Brockmeider: ogni storia nasce da un’organizzazione temporale degli eventi che attinge a tre tipi di memorie:
autobiografica, episodica e semantica.
McLean, Papupathi e Pals: modello socioculturale di sviluppo dell’identità narrativa
McAdams e McLean alcuni dei costrutti teorici più salienti, utilizzati ai fini della codifica degli account
narrativi: 1. Agency 2. Communion 3. Redemption 4. Contamination 5. Meaning making 6. Exploratory narrative
processing 7. Coherent positive resolution
Cap 4.
Beyers - modello a 4 fattori (autonomia): a. Connectedness; b. Separazione; c. Detachment; d. Agency:
modalità relazionali genitori-figli quasi adulti: “co-residenza adattiva e confortevole”, “co-abitazione
conflittuale”
a. Casual sexual relationships and experiences (CRSEs): Claxton e van Dulmen ->hookups, one-night stand,
friends with benefits, booty calls
b. Convivenza e stay over relationships.: relazioni a lungo termine con un partner stabile che implicano la
convivenza senza contemplare il matrimonio.
c. Relazioni stabili tradizionali: entusiast, delayers
Shulman e Connolly hanno ipotizzato il motivo di questo cambiamento nelle relazioni: instabiltà e
incertezza economica/lavorativa, amore e lavoro risultano compiti separati, non affrontabili insieme e spesso
opposti.
Riva: le quattro generazioni dei nativi digitali
Kaveri e Smahel - le sei caratteristiche degli ambienti digitali: 1. Disembodiment: 2. Anonimato: 3.
Comunicazione testuale 4. Self-disclosure 5. Uso di emoticon 6. Multitasking.
Smahel distingue tra: a. Virtual identity: identificazione e auto-presentazione su internet;
b. Online identity: insieme di idee, convinzioni che si attribuiscono al proprio sé online.
Sica - quattro profili dell’identità virtuale: 1. Curiosità ed esplorazione 2. Bisogno di appartenenza 3. Sé
potenziali 4. Effetto maschera
Cap 5.
pensiero post-formale: Detto anche pensiero “dialettico, si tratta della capacità della persona di comprendere e
coordinare molteplici prospettive e applicarle in modo adeguato.
Kramer, pensiero post-formale tre competenze:
a. la consapevolezza che la conoscenza e l’informazione sono illimitate ma relative;
b. l’accettazione di credenze paradossali;
c. l’integrazione di punti di vista contrastanti in un insieme di convinzioni personali.
Col “pensiero post-formale”: i giovani adulti sanno che alcune domande non hanno risposte o che queste, in
base al contesto, possono variare.
Lamport, Commons e Ross: strettamente legato alla società occidentale. individuano quattro fasi del pensiero
post-formale: 1. Stadio sistematico 2. Stadio meta-sistematico 3. Stadio paradigmatico 4. Stadio
cross-paradigmatico
Labouvie-Vief pensiero pragmatico: “disponibilità al compromesso, l’accettazione della realtà così
com’è, la consapevolezza della complessità del mondo”.
sviluppo potenziale e pensiero riflessivo: Come per l’area di sviluppo potenziale (Vygotskij), anche per lo
sviluppo del pensiero riflessivo esiste un livello base dato dall'età (livello funzionale) e un livello
raggiungibile attraverso il supporto dell’esperienza (livello ottimale).
“mental time travel”: La capacità di spostarsi cognitivamente su diversi livelli temporali
Markus e Nurius: sè possibili
“reminishing bump”: fenomeno che vede un “boom” di ricordi del periodo adolescenziale
Il modello delle funzioni dell’identità (Adams, Marshall, succ. Serafini): capacità che entrano in gioco
nell’orientamento al futuro. due sono quelle fondamentali:
1. obiettivi; 2. orientamento al futuro Serafini ne aggiunge successivamente altre tre:
3. struttura; 4. armonia; 5. controllo.
futuring (Sica): capacità di immaginare, considerare e fare progetti per l’avvenire. Due sono le componenti
fondamentali: 1.capacità di credere in se stessi; 2capacità di immaginarsi e proiettarsi nel futuro.
“la consapevolezza di sé stessi come lavoratori” (Skorikov, Vondraceck): Comprende due assunti: a. la
percezione soggettiva di interessi, abilità, obiettivi e valori inerenti la nostra occupazione; b. la consapevolezza
della propria identità occupazionale come a una complessa struttura di significati, in cui l’individuo coniuga
motivazioni e ruoli sociali.
career identity, Meijers: individua i processi alla base dell’identità occupazionale (external dialogue, internal
dialogue, esperienze, considerazioni degli altri significativi).
Holland - Person-environment fit theory: la formazione dell’identità vocazionale ha una matrice evolutiva e si
sviluppa a partire dall’infanzia,
Super - modello ‘’life span-life space’’; 5 fasi dello sviluppo di carriera: a. Fase di crescita; b. Fase di
esplorazione (fino ai 25 anni, le sotto-fasi sono: provvisoria, transizione, prova); c. Fase di stabilizzazione e
progresso (fino ai 45 anni); d. Fase di mantenimento (fino alla pensione); e. Fase di declino
Porfeli - modello della vocational identity: ritiene che siano tre i processi coinvolti in questa dinamica:
commitment, exploration, reconsideration.
Porfeli e colleghi hanno identificato sei stati d’identità vocazionale: achieved, searching moratorium,
moratorium, foreclosed, diffused, undifferentiated.
L’occupational identity status model (Skorikov, Vondraceck): considera gli impegni come assunti/non assunti
e l’esplorazione come limitata/attiva/completa. Di particolare interesse è l’introduzione di due tipologie di
achievement: dinamico o statico.
Brown, Kirpal e Rauner: job perspective: prospettiva occupazionale caratterizzata dalla mancanza di una
visione a lungo termine, career perspective: prospettiva in cui il giovane costruisce attivamente alla propria
identità occupazionale
(Sica, Sestito) mostrano che i giovani adulti italiani compiono una sorta di separazioni dei domini identitari
(relazionale/lavorativo).
Brown, Kirpal e Rauner: caratteristiche delle identità occupazionali in Europa
Pennebaker: expressive writing
Sica e Sestito: SIOC
Cap 6.
Felicità edonica: parte dalla concezione socratica di “bene” come elemento in grado di fornire piacere, fino a
identificare proprio il bene con il piacere.
Diener e Lucas dell’edonia: • Conseguimento della felicità; • Presenza di sentimenti positivi; • Evitare
sentimenti negativi; • Il provare soddisfazione per la propria vita.
Eudaimonia: fa coincidere la felicità con il bene. L’eudaimonia è intesa come un modo di vivere,
un’organizzazione dell’esistenza individuale in funzione di un’unica attività, di un fine ultimo.
Waterman, l’eudaimonia si struttura attraverso due processi che coinvolgono: 1. Elementi oggettivi: le
azioni di self-realization che si attuano per scoprire e mettere alla prova il proprio vero Sé (daimon) 2. Elementi
soggettivi: elementi di feeling personal expressiveness
Esperienziale (self costruction): il compimento del sé è un processo di costruzione continua di qualcosa che
non esiste in precedenza ma che si forma attraverso un continuo lavoro di scelte tra le alternative possibili
self-determination theory: il Sé rappresenta la tendenza evolutiva a crescere ed evolvere verso livelli sempre
maggiori di integrazione e organizzazione, costituendo quel processo di costruzione di sé che coincide con la
soddisfazione e la felicità.
Baumaister e Leary per compiere questa integrazione: è necessario ricevere l’energia dal soddisfacimento
dei bisogni di base, cioè competenza, autonomia e relazione.
sempre secondo B e L il processo di integrazione del sé: (quindi il benessere individuale), che include tre
dinamiche: 1. la motivazione intrinseca,; 2. l’internalizzazione di norme sociali in categorie individuali; 3.
l’adozione di valori che promuovono la crescita individuale
Waterman, il processo di raggiungimento dell’identità e il benessere eudaimonico coincidono in tre
processi: 1. Scoprire e sviluppare le proprie potenzialità (cioè il self-discovery della teoria eudaimonica); 2.
Individuare i propri obiettivi di vita;
3. Trovare le opportunità per implementare potenzialità e obiettivi.
Guildfors distingue il pensiero convergente dal pensiero divergente: tipico degli individui che propongono
soluzioni originali. La fluidità (ricchezza del flusso di idee), la flessibilità (la facilità con cui il pensiero passa da
un concetto all’altro), l’originalità
De Bono distingue: il pensiero verticale (della logica formale) da quello laterale (creativo)
Williams individua 8 fattori della creatività: di cui 4 riferiti alle componenti cognitivodivergenti (pensiero fluido,
pensiero flessibile, pensiero originale e pensiero elaborativo) e 4 emotivo-divergenti: 1. Disponibilità ad
assumersi rischi; 2. Complessità;
3. Curiosità; 4. Immaginazione:
Dollinger: giovani creativi sembrano essere quei giovani che hanno uno stile d’identità di tipo informativo
identity distrerss: si intende un vissuto legato al protrarsi di stati di incertezza e indefinizione.
5 strategie di fronteggiamento (identity coping strategies): Vengono identificate tre modalità che mostrano un
certo adattamento-> (identity problem solving), (developmental diffusion), (cultural adaptive diffusion) Le
due strategie che mostrano la loro inefficacia sono (negazione dei problemi), (fallimento nel fronteggiamento
di difficoltà e compiti di sviluppo, non c’è scelta identitaria).
Cap 1.
l’età biologica: il numero di anni che una persona si aspetta di vivere in relazione alla funzionalità dei suoi
organi vitali;
L'età psicologica: l'età soggettiva che ognuno sente di avere e si riferisce a quanto bene una persona riesce a
utilizzare le proprie abilità cognitive, personali o sociali;
L'età sociale: è determinata dalla posizione sociale raggiunta a una data età rispetto alla media;
L’età funzionale: fa riferimento alle competenze che la persona mostra di avere mentre svolge specifici compiti.
classificazioni: giovani anziani 64-74 anni, anziani 75-85 anni, grandi vecchi 85-99 e centenari.
Cap 2.
Baltes e Lindenberg Ipotesi della causa comune: il legame tra processi sensoriali e cognizione diventa più
importante nell'età adulta avanzata compromettendo l'elaborazione e la codifica delle informazioni.
Cattell e Horn hanno distinto: 1. Le componenti fluide: ragionamento memoria pensiero astratto sono sensibili
all'età. 2. Le componenti cristallizzate: abilità legate alle esperienze accumulate che si mantengono alquanto
stabili con l'età.
Le variabili emotivo-motivazionali: giocherebbero un effetto protettivo sul declino cognitivo.
Casucci break down sessuale: l'anziano percepisce sé stesso come persona non sessuata con il rischio di
sviluppare problemi di autostima e insicurezza.
Blackswan: Il fenomeno dei centenari
Franceschi distingue tra: centenari di classe A (autonomi); di Classe C (non autonomi),
B (intermedia).
Gondo distingue: Centenari eccezionali; Centenari normali; Deboli ; Fragili
Evert: 1. centenari sopravvissuti (survivors) ai quali vengono diagnosticati una demenza o deficit cognitivi prima
degli 80, 2. ritardatari (delayers): deficit diagnosticati all'età di 80 o dopo, 3. fuggitivi (escapers): anziani che
hanno compiuto cent'anni sfuggendo alle trappole dell'invecchiamento senza diagnosi di demenza o disturbi
cognitivi alcuni.
Perls ipotizza: che centenari fuggitivi rappresentino un caso di resistenza cognitiva all'invecchiamento e ai tipici
disturbi che lo accompagnano.
Kliger, Zimprich e Rott modello di longevità cognitiva: livello di scolarità, attività intellettive pre e post 80,
variabili di personalità ed emotivo-motivazionali.
Cap 6.
Matrici progressive di Raven: Un test di intelligenza spesso utilizzato negli studi sull'invecchiamento è quello
delle
l QI verbale: restava stabile fino ai 70 anni
il QI di prestazione:(prove prevalentemente di intelligenza visuo-spaziale) diminuiva a partire dai 45 anni.
modello bifattoriale dell'intelligenza di Cattell [1963]: Il deterioramento differenziato delle abilità intellettive
intelligenza fluida (Gf):Tenderebbe a declinare con l'età.
intelligenza cristallizzata (Gc):rimane stabile con l'età
Baltes [1987]: parla di operazioni mentali di base legate alla biologia (mechanics of cognition) e di aspetti relati
alla cultura (pragmatics of cognition).
Le abilità che si fondano sulle operazioni mentali di base (componenti biologiche): subiscono un declino
precoce e rapido.
Le abilità che fanno riferimento alla componente pragmatica (componenti legate all’esperienza):il loro
declino comincerebbe in età molto avanzata.
Cornoldi modello di intelligenza: in cui le abilità di base sono gerarchicamente organizzate e influenzate da tre
ordini di fattori: metacognizione, esperienza e cultura.
Tulving e Schacter:
Memoria a breve temine Levi modificazioni
Memoria di lavoro attiva Chiara compromissione
Le prove di priming sono di due tipi: priming percettivo (completamento di parole, identificazione di parole),
che si basano sull'analisi percettiva degli stimoli studiati.
priming concettuale o di produzione (associazione di parole), relate principalmente all'analisi del significato
dell'informazione target.
le prove di memoria implicita: meno sensibili all'età ma c’è una leggera differenza tra le due, sono state
riscontrate più compromissioni per il priming concettuale
Differenze di età molto più pronunciate: sono state evidenziate in prove di apprendimento associativo.
La memoria procedurale: misurata con prove di apprendimento procedurale e priming ripetitivo che non
richiedano un accesso consapevole delle informazioni, rimane invece sostanzialmente indenne all'avanzare
dell'età.
leopardismo o sensibilità alla memoria (memory sensitivity): La propensione a tenere vivi i propri ricordi .
misinformation effect [Loftus, Miller e Burns]: nel recupero dei ricordi legati a un evento, la presentazione di
un'informazione fuorviante interferisca in modo drastico sul ricordo dei dettagli legati all'evento stesso,
producendo delle cospicue distorsioni.
La memoria prospettica Gli studi distinguono tra: memoria prospettica basata sul tempo e quella basata sugli
eventi
Contenuti emotivamente salienti: sono ricordati meglio, limitando le difficoltà riscontrate dagli anziani in
memoria prospettica, persino in compiti di laboratorio.
«Paradosso dell'età in memoria prospettica>>: per indicare come l'artificiosità dei compiti utilizzati nel setting
sperimentale e la rilevanza dei contenuti possano agire aumentando o diminuendo la distanza tra il livello di
prestazione di giovani e anziani.
Waters e Caplan: trovarono che il livello di comprensione degli anziani era inferiore a quello dei giovani
all'aumentare della complessità sintattica.
La metacognizione: si riferisce ai processi che riflettono sull'attività cognitiva (si parla anche di conoscenza
metacognitiva) e ai processi che la controllano.
meno collegata ai meccanismi biologici la metacognizione: può risentire meno del calo cognitivo ed essere
comunque modificata, con la conseguenza di apportare notevoli benefici cognitivi.
La teoria dei livelli di elaborazione Craik e Lockhart: ipotizza che il mantenimento a lungo termine della
traccia mnestica sia in funzione della profondità dell'elaborazione
Teoria dell'elaborazione autoiniziata Craik: I processi autoiniziati comprendono attività di codifica finalizzate a
facilitare il recupero
Teoria dei processi automatici e controllati: Jennings e Jacoby [1993] suggerirono che la diminuzione
nell'invecchiamento nella prestazione cognitiva in compiti di memoria fosse legata a un deficit specifico di
processi controllati
procedura dissociativa dei processi (PDP)² : processi di recupero automatici e controllati che congiuntamente
e in maniera indipendente determinano la prestazione in ogni prova di memoria.
La distinzione fra processi automatici e controllati: si applica anche al momento della codifica
dell'informazione [Hasher e Zacks].
<<minaccia dello stereotipo»: l'anziano si sente minacciato quando è in gioco la sua memoria, del cui calo
sente parlare continuamente.
Laura Carstensen (Socioemotional Selectivity Theory): Negli anziani la prospettiva temporale è limitata e
quindi induce il passaggio da una motivazione a raccogliere più informazioni possibili a una volta a raggiungere
emozioni soddisfacenti.
L'approccio locale Kausler [1991]: cerca di identificare quali componenti dell'elaborazione delle informazioni
siano danneggiate dall'invecchiamento e come esse influiscano sulla prestazione.
L'approccio globale-macro Salthouse [1991a]: considerare l'invecchiamento il risultato di una modificazione
nelle risorse mentali a disposizione per elaborare le informazioni e non un'alterazione di processi cognitivi
specifici.
(processing speed): rapidità con cui vengono iniziate e condotte operazioni cognitive elementari.
Useful Field of View (UFOV): è l'area visiva entro la quale gli stimoli possono essere riconosciuti e localizzati
senza che la persona muova gli occhi o la testa.
Salthouse [1996]: propone due meccanismi che potrebbero spiegare la relazione tra velocità e cognizione: il
meccanismo del tempo limitato; il meccanismo di simultaneità.
Rogers [2000]: fornisce una classica distinzione fra tipi diversi di attenzione e ne illustra la diversa sensibilità
all'invecchiamento.
Divisa tra due compiti (prestare attenzione concomitantemente a due cose diverse) Dipende dai compiti
Switching (si deve spostare rapidamente l'attenzione da un’informazione a un'altra) Dipende dai compiti
Fenomeno del mind wandering: spostamento dell'attenzione dall'ambiente esterno a sensazioni interne o
rappresentazioni mentali associate.
La teoria del controllo vede il mind wandering come causato dalla mancata inibizione di stimoli interni ed esterni
generati in modo automatico e continuo che vanno a sovraccaricare la memoria di lavoro portando a un
peggioramento della prestazione.Non è stato evidenziato un aumento del mind wandering nell'invecchiamento.
L'inibizione è un processo che consente di mantenere l'attenzione su stimoli specifici, resistendo all'interferenza
provocata da distrattori endogeni o esogeni. Il ruolo dell'inibizione è soprattutto legato al controllo esercitato sui
contenuti temporanei della memoria di lavoro
Il controllo secondo Bjorklund e Harnisheger [1995]: avverrebbe «sopprimendo contenuti precedentemente
attivati, eliminando azioni irrilevanti, e resistendo all'interferenza di processi che potenzialmente possono
catturare l'attenzione»>.
La funzione dell'attenzione, secondo Baddeley [1986], non è dissociabile dalla funzione della memoria di
lavoro, in quanto implica, nella gestione di informazioni mantenute in un sistema temporaneo di memoria,
resistenza alla distrazione e all'interferenza.
La teoria dell'inibizione nell'invecchiamento cognitivo: la prestazione cognitiva degli anziani sarebbe
influenzata da una maggiore difficoltà a selezionare le rappresentazioni appropriate per i fini dell'attività da
svolgere e a inibire le rappresentazioni percettive, mnestiche e le risposte non pertinenti dell'attività.
Hasher e Zacks attribuiscono al controllo inibitorio tre funzioni: Accesso: inibizione del distrattore al
momento della codifica, compito: Negative priming. Soppressione: soppressione di informazioni
precedentemente pertinenti per il compito ma che non lo sono più. Per misurarla i compiti prevedono un Oblio
diretto e un’Interferenza proattiva Restrizione: controllo dell'interferenza causata da stimoli in competizione che
richiedono l'inibizione di informazioni dominanti attraverso i compiti di Stroop colore e Hayling test o
completamento di frasi. Riguarda anche l'inibizione comportamentale, quindi la soppressione controllata di una
risposta motoria automatica pronta per essere eseguita esaminabile attraverso i compiti Go/no go. Infine riguarda
l'inibizione oculo-motoria quindi l'inibizione controllata di un movimento di riflesso il compito per valutarla e
l’Antisaccade.
Robert e colleghi [2009] hanno confrontato i diversi tipi di errori di intrusione: che possono essere fatti
distinguendoli in: intrusioni di liste precedenti (parole ricordate-target o non target-di liste precedenti), intrusioni
non finali (parole non finali dello stesso trial) invenzioni (parole non presenti nella prova).
Robert e colleghi [2009] hanno confrontato i diversi tipi di errori di intrusione che possono essere fatti
distinguendoli in:
intrusioni di liste precedenti (parole ricordate-target o non target-di liste precedenti),
intrusioni non finali (parole non finali dello stesso trial)
invenzioni (parole non presenti nella prova).
Friedman e Miyake [2004], : gli anziani siano più suscettibili alle informazioni irrilevanti, ma che non abbiano
meccanismi inibitori meno efficienti.
Borella, Carretti e De Beni [2008] adottando la prospettiva dell'arco di vita. L'andamento dell'inibizione nell'arco
della vita è emerso non essere lineare ma quadratico: l'efficacia dell'inibizione non ha un declino lineare in
quanto rimane stabile dai 20 ai 60 anni per poi subire una diminuzione, che appare più pronunciata per il gruppo
di età con più di 70 anni.
Hasher e Zacks [1988] propongono l'ipotesi del declino dell'inibizione nell'invecchiamento come fattore
responsabile della bassa prestazione che gli anziani ottengono in varie prove cognitive.
Il costrutto di memoria di lavoro (MdL), sistematizzato da Baddeley e Hitch [1974], si riferisce alle
operazioni utilizzate per immagazzinare temporaneamente le informazioni anche al fine di elaborarle per
l'esecuzione di altri compiti.
Per Engle, Kane e Tuholski riguarda l'abilità di utilizzare una componente attentiva/esecutiva: che
mantiene attive in memoria solo le informazioni rilevanti per raggiungere un obiettivo, sopprimendo quelle
irrilevanti e/o interferenti
Nel modello di Baddeley è composta dai seguenti sistemi: il loop fonologico il taccuino visuo-spaziale il
buffer episodico, l'esecutivo centrale,
Miyake e Shah [1999], sintetizzando le differenti prospettive di memoria di lavoro: La capacità della MdL è di
natura limitata e tali limiti sono influenzati, dalla quantità di risorse disponibili, dal decadimento della traccia
mnestica, dalla suscettibilità all'interferenza e dalla velocità di elaborazione.
Baltes, alcuni dei cambiamenti che si verificano con l'età possono anche avere una valenza adattativa.
CAP 8
EMOZIONI, MOTIVAZIONI E PERSONALITÀ NELL'INVECCHIAMENTO ATTIVO
I processi di elaborazione emotiva non subiscano un declino e possano persino migliorare
«paradosso dell'invecchiamento»
regolare i propri stati emotivi nel presente. La percezione del tempo influenza
la natura degli obiettivi che perseguiamo.
Essendo più orientati al presente e meno preoccupati per il futuro, la
focalizzazione sugli aspetti emotivi rappresenta per gli anziani una certezza.
Questa forma di controllo emotivo viene definita «regolazione emotiva
focalizzata sull'antecedente», e si riferisce alla capacità di evitare
proattivamente gli stati emotivi negativi attraverso la regolazione delle
relazioni sociali.
Un'altra modalità per regolare gli stati emotivi è quella della “riduzione dell'anticipazione
della negatività”
situazioni sono troppo difficili per me...). Uno di questi riguarda i compiti di memoria per cui
si ritiene (e l'anziano crede) che ogni dimenticanza sia da imputare all'età: «dimentico
perché sono vecchio»>.
Ryan e Deci risulta efficace e motivante agire attraverso modalità supportive dell'autonomia,
che fanno sentire cared (mi interesso di te, ci tengo che tu riesca, confido che ce la farai),
competente (ti faccio provare mostrandoti che puoi riuscire) e autonomo (ti consento di
scegliere nell'ambito dei compiti in cui ti sei sentito competente). Gli ambienti supportivi
dell'autonomia sostengono pensieri motivanti.
2.2. Chi me lo fa fare?
Secondo il modello motivazionale di Eccles [1983] la motivazione è il prodotto di due fattori:
le aspettative e i valori. Le aspettative riguardano il credere di riuscire, i valori il voler
riuscire. A definire il valore vi sono quattro distinti aspetti, tre addittivi e uno sottrattivo.
gli obiettivi a lungo termine,
le emozioni anticipate
la percezione di utilità
L'elemento sottrattivo è il costo: il gioco vale la candela?
Hess engagement (coinvolgimento o impegno), ha rilevato come nell'anziano il costo inteso
come fatica fisica e dispendio energetico sia maggiore che nel giovane e come, di
conseguenza, il bilancio costo/beneficio porti con maggiore probabilità a rinunciare.
2.3. Gli ambienti demotivanti
I pensieri possono demotivare, ma anche l'ambiente gioca un ruolo determinante andando a
incidere sulle attribuzioni, sulla soddisfazione dei principali bisogni e sui valori.
2.3.2. Sostituirsi
Il sostituirsi in taluni casi è mosso dal confronto con gli altri, di solito con persone più
competenti o più giovani, e quindi dal riferimento a standard normativi, anziché a obiettivi
personali, calibrati sulle capacità già possedute e da eventualmente migliorare. Fra le
condizioni ambientali potenzialmente demotivanti vi sono i feedback, ovvero quei messaggi
che volutamente o a volte anche spontaneamente vengono a rafforzare un risultato o un
impegno. Fra questi Dweck [2000] ha distinto quelli sulla persona e quelli sul compito. I
feedback sulla persona, del tipo <<sei bravo»>favoriscono la motivazione e riducono la
tendenza a evitare compiti e situazioni.
3. MOTIVARSI E MOTIVARE
3.1. La percezione di controllo
Un aspetto importante è la percezione di controllo, ovvero il sentire che si sta
padroneggiando la situazione e si è protagonisti.
Quindi anche se l'anziano vive in un ambiente per molti aspetti controllato da altri, il fatto di
poter esercitare il controllo anche su un singolo aspetto favorisce il benessere, perché fa
sentire «utili» e «con uno scopo»>.
Il benessere e la soddisfazione sembrano dipendere non tanto da quanto controllo è
oggettivamente possibile esercitare, ma dal rapporto fra attesa di controllo esercitabile e
controllo effettivamente esercitato da sé.
Heckhausen teoria definita «ottimizzazione del controllo»>, secondo la quale gli anziani,
con il passare del tempo, selezionano le attività in cui dispiegare i loro sforzi, indirizzandosi
verso ambiti in cui il successo è più probabile, ovvero che percepiscono come controllabili,
sentendosi capaci di affrontare la situazione.
4. LA PERSONALITÀ NELL'INVECCHIAMENTO
Personalità = complesso insieme dei sistemi psicologici che contribuiscono all'unità e alla
continuità della condotta e dell'esperienza individuali, sia come viene espresso sia come
viene percepito dall'individuo e dagli altri. È un costrutto complesso, che analizza come
vediamo gli altri, come gli altri vedono noi stessi e come noi vediamo noi stessi.
Jung allievo di Freud e psichiatra svizzero, nella sua teoria degli stadi, ha proposto che lo
sviluppo della personalità continuasse anche nell'età adulta, dove alle persone è richiesto di
bilanciare i vari aspetti del Sé in base sia alle richieste dell'ambiente sia ai propri bisogni. I
bisogni sono diversi a seconda delle diverse età della vita: nella prima metà del ciclo di vita
sono di tipo biologico e sociale, mentre nella seconda parte sono culturali e spirituali. Jung
propose che lo sviluppo della personalità fosse collegato a due dimensioni:
l'estroversione/introversione con il passare dell'età si osserva il passaggio dall'estroversione,
tipica dei giovani, all'introversione, tipica degli anziani.
la mascolinità/femminilità nella giovane età, la differenza tra mascolinità e femminilità è
molto marcata, mentre nell'invecchiamento la pressione a comportarsi come definito dal
ruolo di genere diminuisce.
Robert Peck [1956] descrisse gli stadi della personalità nell'età anziana individuando tre
aggiustamenti che devono essere compiuti per raggiungere l’integrità dell'Io.
differenziazione dell'Io vs. preoccupazione per il proprio ruolo lavorativo
avendo un insieme variegato di ruoli, non sarà strettamente dipendente dal ruolo
lavorativo, che in questo periodo di vita, con il pensionamento, necessita di essere
ridefinito.
trascendenza vs. preoccupazione per il corpo è richiesto all'anziano di
apprezzare la propria vita, indipendentemente dalle minori capacità fisiche e dalle
maggiori imperfezioni estetiche, senza dare importanza all'apparenza del corpo.
trascendenza vs. preoccupazione per sé stessi l'adattamento richiesto è quello
di raggiungere la consapevolezza che la vita non è infinita e che il focus deve essere
spostato dai propri bisogni a quelli delle generazioni successive.
Gli anziani che raggiungono l'integrità dell'Io potrebbero beneficiare di un migliore
benessere, avendo raggiunto la consapevolezza che la vita non è infinita e accettando la
propria vita per quella che è. Gli interventi di reminescenza (life review), inizialmente
scoraggiati nell'invecchiamento [Butler], si sono dimostrati di grande aiuto per un
invecchiamento di successo [Haight, Michel e Hendrix].
Dimensioni e tratti di personalità
Grazie a uno studio longitudinale (The Baltimore Longitudinal Study) cominciato negli
anni Sessanta, si è potuto seguire un grande numero di persone nel tempo, esaminandone
la personalità.
Costa e McCrae [1992a; 1992b], facenti parte del progetto, analizzarono le risposte a due
inventari di personalità compilati da persone dai 20 agli 80 anni, il Cattell 16PF e il
questionario Guilford-Zimmerman sul temperamento. Grazie a questi dati proposero il
modello dei cinque fattori di personalità:
il nevroticismo,
l'estroversione,
l'apertura mentale,
l'amabilità
la coscienziosità (Big Five).
A partire da questo modello, svilupparono un questionario autovalutativo formato da 240
item volti a indagare sei diversi tratti all'interno di ognuno dei cinque fattori. Grazie alle
raccolte dati successive dello studio longitudinale, si è visto che i cinque fattori di personalità
si mantenevano consistenti nel tempo.
Per quanto riguarda l'analisi degli altri Big Five nell'invecchiamento, Mroczek, Spiro e Griffin
[2006] trovarono che a una bassa coscienziosità è associata una mortalità precoce.
5. IL «COPING» NELL'INVECCHIAMENTO
Secondo Aldwin e colleghi [1996] in tarda età si assiste al passaggio da uno stress di tipo
episodico, più tipico dell'età adulta, a stress cronici che possono influenzare i processi di
coping, ossia la capacità di risolvere i problemi.
Diehl, Coyle e Labouvie-Vief [1996] hanno trovato che gli anziani usano una combinazione
di strategie di «coping» focalizzate sulla regolazione delle emozioni e sulla maggiore
accettazione del proprio stato, come controllo e soluzione degli eventi stressanti, naturale
conseguenza dell'avanzare dell'età. In questa diversa
modalità di affrontare lo stress la persona anziana si mostra più resiliente, con maggiori
capacità di adattamento alle situazioni di avversità.
Secondo Rotter [1966] il locus of control è definito su un continuum che va da interno a
esterno.
Gatz e Karel [1993] dimostrarono che non c'è evidenza di un declino del locus of contol
interno all'avanzare dell'età, ma sono i giovani che credono che gli anziani abbiano un
maggiore locus of control, percezione che non corrisponde alle sensazioni riportate dagli
anziani stessi.
CAP 9
INVECCHIAMENTO DI SUCCESSO, VIVERE A LUNGO, VIVERE BENE
È possibile «invecchiare bene» (succesful aging), individuando e utilizzando in modo
flessibile il potenziale personale costituito dalle riserve cognitive, emotive, fisiche, personali
e di relazione nelle molteplici circostanze della quotidianità.
Nella sua metateoria dello sviluppo Baltes definisce e spiega tre componenti fondamentali
che influiscono in modo determinante nella crescita individuale:
Selezione scelta dell'individuo di definire obiettivi per raggiungere un alto livello di
funzionamento, nei limiti imposti dalle risorse biologiche e ambientali disponibili.
Ottimizzazione le risorse personali e sociali disponibili vengono adoperate in modo ottimale,
per elaborare e perfezionare i mezzi a disposizione al fine di raggiungere gli obiettivi
proposti. Con l'avanzare dell'età, infatti, è possibile ottimizzare le proprie risorse ricorrendo
ad ausili e adeguate strategie di supporto.
Compensazione lo sviluppo di adeguate strategie in grado di sopperire alle perdite,
2. BENESSERE E INVECCHIAMENTO
Lo studio del benessere psicologico è piuttosto recente. Esso trova spazio solo a partire
dagli anni Novanta, con l'emergere della psicologia positiva. Anni 60 le opere di Maslow,
Rogers, Allport e degli altri psicologi umanisti gettano le fondamenta per la nascita della
psicologia positiva, spostando l'attenzione su aspetti quali
la salute degli individui e i loro bisogni,
caratteristiche positive della personalità.
Anni 80 con le opere di Seligman (padre della psicologia positiva) che diventano oggetto di
studio le forze e le virtù degli individui, le loro qualità positive, la felicità e il benessere
psicologico.
Seligman e Csikszentmihalyi prima degli anni Ottanta gli psicologi poco sapevano rispetto
a come gli individui si comportano in circostanze di vita benevole e come sia possibile
«costruire» qualità positive personali. La psicologia positiva è invece maggiormente
interessata a come è possibile «amplificare» e «nutrire» quegli aspetti che ci permettono di
essere più forti dinanzi alle tempeste della vita e che possono spingerci a cambiare in
meglio.
In psicologia positiva si distinguono:
benessere soggettivo (subjective well-being)[Kahneman, Diener e Schwarz; Eid e Larsen]
o edonico. il bene è identificabile con il piacere, dal greco edoné, su quest'ultimo, inteso
come godimento di tutti i beni della vita, si basa la definizione di benessere soggettivo
benessere psicologico (psychological well-being)[Ryan e Deci; Ryff; e Keyes] o
eudaimonico. L'eudemonismo può essere definito come dottrina morale che ripone il bene
nella felicità. Il benessere psicologico abbraccia la soddisfazione personale e un percorso di
sviluppo verso l'integrazione dell'individuo con il mondo circostante [Nussbaum].
Seppure storicamente studiati come aspetti separati, benessere edonico ed eudaimonico,
possono essere integrati: Kashdan, Biswas-Diener e King [2008], per esempio, parlano di
due distinte linee di ricerca sull'argomento ma non di due tipi di benessere.
Molte ricerche si sono occupate della percezione di benessere negli anziani, evidenziando
come tale percezione sia piuttosto stabile nell'invecchiamento; anche le fasce più longeve,
come i centenari, riportano infatti alti livelli di benessere percepito, nonostante la presenza di
un evidente declino a livello della funzionalità cognitiva e fisica.
Diener e Suh [1998] mostrarono come la soddisfazione di vita aumentasse lievemente
passando dai 20 agli 80 anni,
Kunzmann, Little e Smith [2000] evidenziarono come l'età fosse negativamente correlata
all'affettività positiva ma non associata all'affettività negativa.
Charles, Reynolds e Gatz [2001] evidenziarono che l'affettività positiva rimaneva stabile
dalla giovinezza alla mezza età, per poi declinare costantemente a partire dai 65 anni.
La discrepanza in questi risultati potrebbe derivare dal tipo di emozione considerata:
sarebbe cioè presente un declino età-relato solo nelle emozioni associate a un elevato livello
di arousal, mentre quelle legate a una bassa attivazione fisiologica rimarrebbero stabili nel
corso della vita. Non vi sarebbe differenza nella qualità di emozioni nel corso della vita e
nella loro frequenza, piuttosto nell'intensità con cui queste vengono
esperite.
Livingstone e colleghi [2008] si sono spinti a indagare i predittori di un invecchiamento di
successo, inteso come raggiungimento di benessere nelle avversità, in un gruppo di pazienti
con patologia d'Alzheimer (AD). I risultati emersi hanno evidenziato che la valutazione del
benessere nelle avversità resta stabile; inoltre tale valutazione risulta direttamente predetta
dalla salute mentale e dalle relazioni sociali, piuttosto che dalla salute generale o dal grado
di demenza dei partecipanti.
Vivere in istituto ha indubbiamente un'influenza sulla percezione di benessere; gli anziani
istituzionalizzati, rispetto ai loro coetanei che vivono autonomamente, pur percependo livelli
inferiori di benessere, sono comunque ugualmente in grado di trovare le risorse necessarie
per valutarsi in modo positivo [Nava 2004].
L'alta percezione del benessere, vissuta, è nota in letteratura come il <<paradosso del
benessere nell'invecchiamento». Esso viene spiegato riferendosi ai seguenti fattori
psicologici: maggior senso di controllo, maggior creatività nell'anziano, ma soprattutto
maggiore capacità di adattamento ai cambiamenti che caratterizzano l'invecchiamento
stesso.
Con l'avanzare dell'età si passa infatti dall'utilizzo di strategie di «coping» rivolte alla
soluzione dei problemi a strategie più focalizzate sulle emozioni;
Il benessere psicologico percepito è il frutto di un lungo e profondo percorso individuale fatto
di esperienza e saggezza.
Il modello SAVI (Strength and Vulne rability Integration; Charles [2010]) Spiega come i
processi regolativi delle emozioni si affinino nell'invecchiamento grazie a mutamenti che
interessano sia processi di elaborazione immediati - mediati da processi bottom-up quali
quelli attentivi - sia di elaborazione più profonda (meccanismi top-down). Tali cambiamenti
sembrerebbero volti a minimizzare l'impatto delle esperienze negative e a massimizzare
quelle positive, attraverso un'attenzione maggiore verso stimoli emotivi positivi e la selezione
di obiettivi salienti in termini relazionali ed emotivi nonché attraverso cambiamenti nelle
strategie di coping.
Questo modello è stato formulato a partire dalla Teoria della selettività socioemotiva
[Carstensen, Isaacowitz e Charles], che viene incorporata al suo interno. In accordo con
essa, i cambiamenti nella regolazione emotiva avverrebbero sotto la spinta del mutamento
nell'orizzonte temporale degli individui anziani: quando il tempo che si ha ancora a
disposizione è percepito come limitato divengono prioritari obiettivi e informazioni emotive.
L'anziano diventa maggiormente orientato al presente piuttosto che al raggiungimento di
obiettivi futuri.
IL BEN-SSC
è stato standardizzato dal Lab-I¹ uno strumento di valutazione-comprensione del benessere
psicologico percepito.
Il Questionario del benessere percepito, Ben-SSC [De Beni], nasce come sfida positiva
alternativa alla valutazione della depressione misurata, con la Geriatric Depression Scale
[Yesavage et al. 1983]. A differenza di quest'ultimo, l'ottica positiva con cui è stato creato il
Ben-SSC ha visto la scelta e la formulazione di item interamente posti al positivo per evitare
di descrivere in un'ottica negativa il proprio stato².
Il Ben-SSC, come evidenziato da analisi fattoriale confermativa, permette di esaminare i
seguenti aspetti:
Soddisfazione personale; soddisfazione relativa alla propria vita passata, a ciò che si
è realizzato, includendo anche difficoltà e dispiaceri incontrati e alla propria vita
attuale, relativa al «piacersi»>, all'essere soddisfatti della stessa e alla possibilità
della propria vita futura.
Strategie di «coping»: affrontare piccoli o grandi problemi quotidiani, la percezione di
sapere di saper fare, percezione positiva della propria autoefficacia, il senso di
autonomia e di indipendenza, non solo fisica ma anche nella capacità di gestire i
propri pensieri.
Competenze emotive: riconoscere e comprendere le emozioni proprie e altrui e la
soddisfazione di avere e gestire soddisfacenti relazioni sociali.
L'importanza di valutare il benessere psicologico percepito con un tale strumento permette di
Sviluppo: implica processi incrementali e di trasformazione che, attraverso il flusso di interazioni tra gli
aspetti attuali delle persone e i contesti, producono una successione di cambiamenti relativamente
duraturi e tali da rendere più complessa l'articolazione dei tratti strutturali e funzionali della persona e
anche i paradigmi delle sue interazioni con l'ambiente mantenendo un'organizzazione coerente e
un'unità strutturale e funzionale come un tratto inscindibile.
Tratti strutturali --> le componenti di un qualcosa, relativamente statico ed organizzativo (es: la lavatrice
fatta di plastica);
Tratti funzionali --> lo scopo e il fine di un qualcosa, riguarda il fare (es: la lavatrice lava i vestiti)
Il cambiameto si stabilisce tramite dei parametri: identificazione delle differenze, variabilità e durata,
cambiamento e durata. Il cambiamento non può essere né momentaneo né circostanziale. Ne esistono
di diversi tipi: concomitante (cambiamenti che avvengono nello stesso momento), contestuale
(cambiamenti diversi in contesti diversi), circostanziale (cambiamenti diversi in tempi e contesti diversi)
e di Stato (cambiamento sistematizzato e completo, avviene un passaggio da uno stato all'altro). Le
differenze interindividuali servono per specificare quanto tutti siano diversi, le differenze
intraindividuali evidenziano le peculiarità personali che stabiliscono se un individuo è in cambiamento
realmente.
Il cambiamento evolutivo, oltre a ripresentarsi nel tempo, deve anche essere: sistematico (i diversi
cambiamenti devono essere connessi tra loro e non casuali), progressivo (deve intensificarsi nel corso
del tempo), adattivo (ex-attivo), effetto traccia (ciò che avviene nel passato deve avere un effetto sul
futuro), sequenziale (ogni nuovo stato* deve emergere dal precedente) e collocato nel qui ed ora.
*ogni termine stato si intende il “modo” in cui un individuo si trova in un dato momento ed anche se
uno stato nuovo emerge da uno precedente non è detto che siano in un rapporto di causa effetto o che
siano consecutivi, concatenati.
Quando si parla di cambiamento adattivo si intende una modifica dell'individuo richiesta dall'ambiente
circostante in modo tale che si possa raggiungere un equilibrio ed uno stato di benessere e adeguatezza,
mentre un cambiamento ex-attativo ha come fine ultimo quello di garantire un traguardo nuovo
applicando dei comportamenti precedenti (es: tornare a seguire in presenza, ha richiesto che i ragazzi
tornassero a prendere i mezzi).
I cambiamenti prodotti possono creare un conflitto, nel senso che rompono un equilibrio, e possono
essere sia positivi che negativi (non loro stessi, poichè senza uno stato di conflitto non avverrebbe
nessun cambiamento dinamico). Quindi si parla positivi in termini di relazione conflittuale tra
componenti di un sistema che porta ad uno stato di sviluppo nuovo, mentre si parla di negativi per
intendere un contrasto che porta alla distruzione reciproca e all'annullamento del sistema.
Capitolo 2
Nel capitolo precedente sono presentate sono presentate alcune teorie stadiali dello sviluppo umano (es
Piaget, Freud, Erikson...) tuttavia queste hanno il limite di essere sostanzialmente descrittive limitando
quindi le possibilità di capire come e perché le persone cambiano passando da uno stadio all'altro. Ecco
quindi alcune nuove teorie per spiegare lo sviluppo umano:
La chiave ecologica di questa teoria è che i diversi ambienti suddivisi in sistemi non sono
separati bensì avvengono tra loro delle influenze interattive multidirezionali poiché lo sviluppo
non riguarda soltanto l'individuo ma è un processo interattivo e dinamico che coinvolge tutti i
livelli di una società.
- Valsiner con la teoria “psicologia culturale dello sviluppo” esamina come le diverse culture
diversi contesti sociali di riferimento conducono a percorsi di sviluppo diversi. Precisamente vi
sono quattro livelli di sviluppo: 1. filogenesi inteso come lo sviluppo dell’intera specie umana; 2
genesi della cultura inteso come lo sviluppo di regole, tradizioni, costumi scritti e non scritti di
un'intera società; 3 ontogenesi ovvero la storia personale di un singolo individuo che conduce ai
comportamenti specifici; 4 microgenesi il dove e quando (qui ed ora) delle interazioni di un
individuo. Individua 4 tipi di cambiamento: prodotto dall'azione dell'individuo, prodotto dalle
persone che circondano l'individuo, tradotto da gruppi sociali ad un livello più alto ed infine
causato da eventi incontrollabili.
Inoltre l'ambiente pone dei vincoli (interni o esterni) sulla gamma di comportamenti possibili
che un individuo può mettere in atto, perché l'ambiente fornisce la struttura in cui avviene lo
sviluppo individuale. Questo è il principio della natura strutturata dell’ambiente secondo il quale
l'ambiente è strutturato in tre modi: zona di libero movimento, zona di promozione dell'attività
e zona di sviluppo prossimale. VEDI PAG. 39-40!!!!
Un punto di vista tipico della sociologia richiama in causa quello che era il macrosistema di
Bronfenbrenner e illustra come un medesimo evento sociale può innescare effetti completamente
diversi sulle persone che lo vivono. Elder formula una teoria al riguardo indicando quattro principi
fondamentale: il principio del tempo storico e del luogo: lo stesso evento può avere conseguenze
completamente diverse per un dato individuo a seconda di quando e dove accade; il principio delle vite
collegate: le influenze sociali e storiche vengono espresse attraverso la rete di relazioni condivise
secondo la quale ciò che ci accade o ciò che facciamo ha un effetto sugli altri in modo indiretto
nonostante non lo sappiamo; il principio dell’agentività umana: gli individui costruiscono il proprio
percorso di vita attraverso delle scelte e delle azioni personali tra tutti i vincoli imposti dalla storia e
dalle circostanze sociali, ciò significa che gli esseri umani non sono un prodotto passivo dell'ambiente
circostante, ma che anche loro compiendo delle scelte modificano l’ambiente. Vi è lo stesso concetto di
interdipendenza delle vite all'interno dei diversi microsistemi.
Lo sviluppo si estende per tutto il corso della vita e in esso sono coinvolti dei processi adattivi, i processi
di sviluppo si verificano sia in maniera lenta e continua (cambiamenti cumulativi) sia in maniera
improvvisa e discontinua (cambiamenti innovativi) --> queste sono le basi per conciliare sia gli approcci
teorici stadia sai quelli non stadiali, mettendo in luce come entrambi siano possibili. Lo sviluppo è
inserito in contesti storici e culturali più ampi e vi sono 3 influenze contestuali: le influenze normative
basate sull’età, influenze normative basate sui processi storici e le influenze non-normative. Lo stesso
evento può avere esiti diversi (multidirezionalità) ed esperienze molto diverse nella vita di una persona
possono portare a esiti simili (multifinalità).
Inoltre il processo di sviluppo comporta sia perdite che guadagni: talvolta i guadagni in un dato dominio
sono accompagnati da perdite in un altro e proprio le perdite o le carenze sono viste come dei veri e
propri catalizzatori di cambiamenti positivi, in quanto possono promuovere una risposta adattiva
potenziando risorse di un individuo che lo aiutino ad adattarsi al cambiamento. Al contrario lo sviluppo
di successo è definito come massimizzazione dei guadagni e minimizzazione delle perdite.
PLASTICITA’ --> differenza tra ciò che una persona è in grado di fare (capacità di riserva di base) e ciò che
potrebbe essere in grado di fare e se supportata (capacità di riserva di sviluppo). Le risorse che un
individuo possiede sono distribuite in modo diverso lungo il ciclo di vita e svolgono funzioni ben diverse;
in particolar modo nell’infanzia sono destinati a funzioni associate alla crescita, durante l'età adulta sono
dirette al mantenimento e in tarda età sono destinati alla gestione delle perdite, qualora non sia più
possibile ricorrere a mantenimento o recupero. Pertanto definiscono le seguenti strategie per un
invecchiamento di successo (successufull ageing): selezione per individuare gli obiettivi importanti ed
eliminare quelli meno significativi trovandosi difronte ad una scarsità di risorse; ottimizzazione delle
risorse utili a raggiungere tali obiettivi e compensazione ad una risposta di perdita di un obiettivo
desiderato attraverso il controbilanciamento. VEDI FINE PAG. 45!!
La teoria dei sistemi dinamici non nasce dalle scienze sociali ma si sviluppa a partire dalla fisica e della
matematica applicata. Un sistema è un insieme di elementi interagenti tra di loro e con altri. In questa
teoria i sistemi sono considerati composti da molti più elementi e su molti più livelli, tutti questi sistemi
sono interdipendenti tra di loro ed ogni componente è sia un sistema a sé stante che l'elemento di un
sistema più grande. Di conseguenza anche il cambiamento e lo sviluppo e sono prodotti da molti
elementi diversi. In particolar modo secondo questa teoria tutti i cambiamenti umani avvengono
seguendo alcune regole fondamentali e alcuni meccanismi: il principio dell'autorganizzazione ovvero il
modo in cui un sistema è strutturato e il modo in cui suoi elementi sono messi in relazione tra di loro
non è il risultato di programmi maturazionali innati o di una pressione dell'ambiente esterno, ma deriva
dall’interazione tra i suoi stessi elementi. Il processo di autorganizzazione si verifica un livello
microscopico. L'organizzazione e la struttura di un sistema crescono con il gruppo a partire
dall'interazioni dei suoi stessi membri, così si raggiungerà una stabilità che perdura fin quando un
qualche elemento dall'esterno non apporterà un cambiamento. Anche lo sviluppo individuale è un
processo dinamico all'interno del quale sono coinvolti molti elementi, all'inizio questi interagiscono tra
di loro in modo caotico fin quando non trovano una sorta di struttura che definirà la stabilità e questa
fase di evoluzione viene chiamata come punto di attrazione poiché gli elementi interagiscono tra di loro
limitando reciprocamente i rispettivi gradi di libertà d’azione.
Attrattore --> abitudine, relativamente stabile fino a quando uno o più elementi non cambiano.
Ciò a cui si è interessato questo approccio è lo studio dei processi e dei meccanismi che producono il
cambiamento (piuttosto che i loro effetti), e ne è venuto fuori che non è possibile identificare stadi con
caratteristiche statiche bensì periodi di relativa stabilità nel ciclo di vita di ciascun individuo. Ciò che però
differenzia i teorici dei sistemi dinamici dai teorici stadiali e la convinzione che non possano esserci delle
fasce d’età che indicano precisi stadi di sviluppo, perché esistono una miriade di microcambiamenti che
avvengono continuamente e danno forma a un percorso irripetibile e personale di sviluppo.
Cascading constraints --> i cambiamenti avvengono nel qui ed ora lungo il corso della vita e in tutta
l'umanità influenzandosi reciprocamente (filogenesi e ontogenesi). Ovviamente i percorsi di sviluppo
sono estremamente diversi a seconda della cultura, della classe sociale e del tempo.
Si pongono la domanda del come sia possibile che i percorsi di sviluppo appaiano così simili e differenti,
hanno dunque identificato delle differenze e delle similarità. Il primo sono i cambiamenti maturazionali
di matrice biologica che coinvolgono tutti e definiscono delle somiglianze e i cambiamenti non normativi
che si verificano per tutti ma diversi per ciascun individuo, questi si presentano sotto forme di sfide e
per essere affrontati e superati sono necessarie delle risorse (alcune risorse sono innate come rifletti,
altre si sviluppano grazie all'apprendimento ed il sistema di risorse è la gamma di risorse cui ciascun
individuo può attingere, precisamente una potenziale risorsa diventa risorsa reale solo quando
interagisce con il tipo di compito o di sfida che deve affrontare); una sfida che sia un'esperienza positiva
o negativa porterà comunque allo sviluppo (affrontare una sfida può aumentare le risorse delle persone
e portare ad un ulteriore sviluppo tuttavia può anche prosciugare le risorse e quindi rendere più difficile
affrontare le sfide future, quando non si possiedono le risorse per affrontare una potenziale sfida poiché
situazione che l'individuo deve affrontare viene definita rischio). Infine la bontà di adattamento tra
risorse e sfide può essere il numero di sfide diverse che l'individuo deve affrontare
contemporaneamente. VEDI PAG 56!!
Capitolo 3
Il contestualismo evolutivo valorizza l'importanza, non solo della famiglia, ma anche dei più ampi sistemi
all'interno dei quali l'individuo entra a far parte. Appena nato il bambino interagisce prevalentemente
con la madre o con chi si prende cura di lui costruendo così un ristretto microsistema, tuttavia tramite
altre figure presenti all'interno dell'habitat familiare l'individuo entra in contatto con sistemi
progressivamente più ampi e complessi di relazioni sociali. I diversi contesti di riferimento e le relazioni
che ne derivano, così come i diversi momenti storici, collocazioni geografiche, risorse economiche ed
eventi sociopolitici forgiano diversi percorsi di sviluppo e crescita di ciascun individuo. Tale molteplicità e
differenziazione di percorsi mette in guardia dal rischio di generalizzazioni e semplificazioni, accanto alle
numerose somiglianze per quanto concerne i tempi, i ritmi e le modalità che caratterizzano lo sviluppo
degli esseri umani è fondamentale individuare quelle che sono le peculiarità e le risorse specifiche di
ciascun individuo. Le diverse componenti dello sviluppo (cognitive, emotive e sociali) non sono più
considerate separatamente e i fattori interni ed i fattori esterni non sono esaminati come entità
separate o forze contrapposte bensì sono considerati alla luce della loro interazione dinamica con
l'ambiente circostante. Il bambino si sviluppa all'interno di un ambiente ed insieme formano un sistema
integrato e dinamico di cui sono entrambi elementi inseparabili che si influenzano vicendevolmente. Lo
sviluppo è dunque l'esito del progressivo adattamento tra organismo che cresce e ambiente ecologico
circostante. Ecco perché lo sviluppo è considerato un campo aperto di opportunità.
Nonostante apparentemente i neonati ci appaiano tutti simili, fin dai primi giorni di vita ciascuno di loro
esibisce dei tratti temperamentali e caratteristiche peculiari che fanno di loro degli individui unici. Vi è
un insieme di tratti temperamentali, un patrimonio di risorse personali, che saranno relativamente
stabili nel corso della vita e in situazioni diverse possono trasformarsi nel tempo mediante le interazioni
reciproche con l'ambiente. Sul piano psicologico i primi ad emergere sono i tratti temperamentali che
costituiscono la base dell'individualità (es: livello di attività, qualità dell'umore, capacità di controllo). I
tratti temperamentali sono un complesso di caratteristiche individuali, tendenze o disposizioni innate
persistenti, che differenziano una persona dall'altra nello stile e nelle modalità di comportamento che si
adoperano nel rispondere alle diverse circostante; i tratti temperamentali sono relativamente stabili. La
persistenza e la stabilità comportano una certa continuità nel tempo in quanto uno stesso tratto
continua col progredire nell'età adulta nonostante possa manifestarsi in modi differenti per effetto dello
sviluppo e dei cambiamenti che intervengono (sembrerebbe che un bambino è in grado di acquisire con
il tempo modalità diverse di manifestare un medesimo tratto temperamentale).
La maggior parte degli studiosi ritiene che il temperamento sia costituito da un insieme di caratteristiche
individuali innate derivanti dall'eredità biologica, tuttavia va sottolineandosi il ruolo dell'interazione fra
fattori biologici e fattori esterni, legati al contesto e all'interazione con gli altri. Più precisamente le
influenze sono reciproche e bidirezionali nel senso che il contesto influenza lo sviluppo dei tratti
temperamentali, ma anche le caratteristiche temperamentali di ciascuno individuo possono influenzare i
loro atteggiamenti e comportamenti sintonizzati con le scelte che si compiono nelle relazioni. Quindi
accanto alla relativa stabilità e continuità nel tempo va evidenziato un altro fattore importante che è
quello della dipendenza dal contesto. Infine un'altra caratteristica temperamentale che ha attirato
l'attenzione degli studiosi è l'inibizione di fronte agli eventi o alle persone sconosciute intesa come la
tendenza ad accogliere o evitare le novità.
Chess&Thomas tramite uno studio longitudinale hanno individuato 9 dimensioni dalle quali
combinazioni portano a delineare diverse categorie: bambini definiti “facili” cioè che mostrano
prevalentemente umore positivo e sono capaci di accettare le frustrazioni, bambini definiti “difficili”
poco adattabili e con stati d'animo prevalentemente negativi, infine i bambini “a lenta attivazione” cioè
inizialmente cauti ma capaci di risposte positive dopo un certo periodo di adattamento.
Buss&Plomin danno origine invece ad un differente modello di classificazione dei tratti temperamentali
fondato sulle categorie di emotività, attività e socievolezza. l'emotività è intesa come la tendenza a
provare paura o collera, l'attività è invece il ritmo più o meno sostenuto del comportamento e la
socievolezza e la tendenza a ricercare gratificazioni dalle relazioni con gli altri. I due considerano le
caratteristiche del temperamento come “dei tratti precoci della personalità emergente”.
Rothbart&Bates si rifanno a tre principali dimensioni del temperamento, ampie e a loro volta suddivise
in sottocategorie più specifiche inerenti alle risposte emotive (qualità generali dell’umore), inerenti
all'orientamento attentivo (distraibilità nello svolgere un compito) e inerenti all'attività motoria
(frequenza e intensità dell’attività infantile). Più precisamente ha elaborato una nuova classificazione
comprendente tre ampie dimensioni del temperamento: estroversione/ disinibizione, affettività
negativa e capacità di controllo. La prima include quei bambini che possono essere associati ai disinibiti
di Kagan, la seconda invece include i bambini inibiti. Non a caso questo modello è valutato come un
punto di equilibrio tra le diverse interpretazioni precedentemente elaborate.
Kagan idealizza un modello fisiologico unico legato all' eccitabilità dell'amigdala e distingue due gruppi di
bambini: gli “inibiti” e tendono essere timidi cauti e controllati, i “disinibiti” ovviamente estroversi e
aperti alle novità. Gli studi dimostrano una significativa stabilità nel tempo di queste due classi.
Schaffer affronta la questione della genesi dell'individualità e come questa emerga e si sviluppi grazie a
un'interazione attiva del soggetto con l'ambiente, è questa la natura intrinsecamente relazionale e
sociale del sé. Si parla di sé emergente o sè pre-simbolico in quegli anni immediatamente successivi alla
nascita ove il bambino interagisce con la madre e già qui si capisce che lo sviluppo del sé è un'impresa
congiunta tra più partner. James ebbe poi il merito di introdurre la distinzione tra io e me, Cooley ha
elaborato la nozione di “sé come specchio” sottolineando il ruolo dell'esperienza sociale nella
formazione del sé individuale, Winnicott condivide l'ipotesi di un'origine sociale del sé e pone l'accento
sul processo di relazione del bambino con la madre, infine poi un'ulteriore elaborazione di questa
interpretazione quella sviluppata dai teorici dell'attaccamento (Bowlby). In conclusione lo sviluppo del
sé procede di pari passo con l'inserimento del bambino nella propria comunità di appartenenza e
rappresenta l'effetto di processi di relazione tra il bambino e le figure significative.
Nel corso dei primi due anni vi è l'acquisizione della capacità di autoriconoscersi, successivamente di
essere consapevoli di sé e quindi di autovalutarsi. Dai due anni in poi, in seguito all'interazione con
contesti relazionali sempre più ampi e articolati si delinea una distinzione tra gli aspetti del sé privato e
gli aspetti del sé pubblico. Il sé quindi in forma grazie ad un processo di individuazione inteso come
differenziazione tra sé e l’altro che implica la possibilità di riconoscere le proprie caratteristiche peculiari
e distinguerle rispetto a tutto ciò che è altro. Il sé rappresenta l'istanza che consente la mediazione tra
mondo interno e mondo esterno alla quale il bambino fa riferimento per interpretare la realtà,
organizzarla e rispondervi. Il sé individuale è concepito come un sistema costruito da fattori diversi ma
interrelati, il tutto organizzato in una struttura gerarchica a più livelli; la consapevolezza di sé è la prima
componente a emergere a manifestarsi (si intende la comprensione e la consapevolezza di essere
un'entità distinta e separata, capacità di riconoscimento e assegnarsi degli attributi [nei primi due anni]),
dai due anni in poi si passa dal costruire un'immagine del sé sempre più somigliante a un concetto di sé
(in seguito allo sviluppo delle abilità di perspective taking il bambino diventa coerente e comprende la
stabilità del sé, inoltre se prima si concentrava soprattutto sulle caratteristiche fisiche inizia ad adesso a
focalizzarsi anche su quelle interiori di natura psicologica), la terza dimensione è poi la stima di sé (il
grado in cui una persona si ritiene apprezzabile e/o meritevole). Harter considera la stima di sé come il
valore che ciascuno attribuisce alla propria persona, il quale però influenzato dal supporto degli altri;
accanto ad un global self-worth ci sono anche però valutazioni di sé in ambiti specifici che nel loro
insieme possono contribuire all' autostima complessiva.
Capitolo 4
Fino al ventunesimo secolo il concetto di adolescenza non esisteva e tuttora è difficile affermare con
certezza quando e essa inizi e quando finisca, dal punto di vista fisico l'inizio coinciderebbe con inizio
della pubertà però questo è un processo complesso che coinvolge vari elementi non considerando che
l'inizio della pubertà sembra essersi anticipato di un mese in ciascuno degli ultimi decenni.
Generalmente si associano le prime mestruazioni per le ragazze e l'emergere dei peli pubici nei ragazzi
come i fattori di inizio della pubertà, sebbene i cambiamenti puberali che riguardano ovaie e testicoli
rilascino a loro volta una vasta gamma di ormoni che stimolano altri cambiamenti del corpo, infatti oltre
ai cambiamenti del sistema riproduttivo si presentano anche dei cambiamenti che riguardano il
funzionamento del sistema cardiovascolare e muscolare. Ragazzi e ragazze vivono la pubertà in modo
diverso: i ragazzi sono particolarmente impazienti di diventare uomini, mentre le ragazze vivono una
condizione di ambivalenza giacchè alle donne viene associato uno status subalterno. Per questa e per
altre ragioni connesse alle preoccupazioni per l'aspetto fisico, le giovani ragazze sviluppano sintomi
depressivi. Un'ulteriore differenza di genere sta nel fatto che una pubertà precoce è associata a stati
depressivi per le ragazze e un ingresso tardivo può invece essere causa di depressioni nei ragazzi.
I ricercatori ancora non si sono accordati sul se l'identità sia un costrutto generale oppure composto da
un insieme di più domini specifici, a tal proposito quindi (rifacendoci anche agli stati di Marcia),
potrebbe darsi che un tale individuo si trovi in una condizione di moratoria riguardo un determinato
dominio piuttosto che una condizione di diffusione in un altro dominio.
Riguardo alla teoria di Marcia, egli aveva presupposto avesse una validità globale, ma così non è poiché
varia ad un livello cross-culturale (es: quei paesi orientali dove i ragazzi non arrivano allo stato di identità
raggiunta, al contrario assumono impegni precoci baciati sulla tradizione anziché sull’esplorazione
andando incontro ad uno stato di preclusione). A primo acchito, i quattro stati di identità erano
concepiti come diversi gradi di maturità (la diffusione rappresentava il grado più basso e il
raggiungimento quello più alto), tuttavia ricerche empiriche hanno dimostrato che non tutti gli individui
seguono lo stesso ordine e percorrano le stesse tappe di sviluppo dell'identità. I quattro stati quindi non
possono essere considerati in base a un continuum evolutivo.
La pubertà è anche il momento in cui si ricerca una propria identità di genere. Fino a non molto tempo
fa si riteneva che il genere fosse determinato dalle caratteristiche fisiche o dalla struttura del cervello, al
contrario evidenze scientifiche hanno dimostrato che tra il cervello maschile e quello femminile alla
nascita non vi è alcuna differenza. Infatti l'identità di genere si raggiunge attraverso l'identificazione con
i ruoli di genere e anche le norme sociali hanno una forte influenza su quest'ultima. (disforia di genere e
comig-out pag.84) Come tutti gli altri processi di sviluppo, anche la costruzione dell'identità di genere
non è un processo lineare e non dà un risultato definitivo, è piuttosto un fenomeno multifattoriale.
Secondo lo psicologo Hall l’adolescenza è un periodo caratterizzato da impeto (storm) e stress come
conseguenza di una lotta interna tra l’egocentrismo infantile e l’adulto emergente. Questa convinzione
però non è sempre ben accetta da molti ricercatori e le ricerche non sempre confermano!
Hendry&Kloep raccolgono i diversi comportamenti a rischio in categorie diverse: ricerca del brivido,
assunzione del rischio per ottenere consenso dagli altri e comportamenti irresponsabili, solo poi verrà
aggiunta la categoria del rischio per perseguire un obiettivo futuro (rischio calcolato).
PAG. 88-93 per ripetere le cose di sviluppo 2 sulla devianza e l’uso di droghe
Tuttavia un incremento del comportamento esplorativo e di assunzione del rischio ricopre un ruolo
importante per lo sviluppo individuale poiché permette ai giovani in particolare di conoscere il proprio
ambiente circostante e diventare indipendenti rispetto ai genitori, ma questa non è una caratteristica
solo degli adolescenti, sono strategie funzionali anche per le persone di altre fasce d’età. Infatti non
esistono evidenze empiriche del fatto che in adolescenza aumenti l’assunzione di comportamenti a
rischio.
Infine alcuni ricercatori hanno provato a giustificare i comportamenti rischiosi degli adolescenti sulla
base dello sviluppo del cervello. Tra le cellule cerebrali si sviluppano dei percorsi neurologici che si
rafforzano o decadono sulla base della frequenza con la quale vengono attivati e replicati. Le aree nelle
quali si sono stabilite poche connessioni sono dette “materia grigia”, al contrario quelle con tante
connessioni sono composte da “materia bianca”. Adesso alcuni ritengono che il cervello dell’adolescente
sia ancora immaturo perché l’aumento della materia bianca nella parte anteriore del cervello (corteccia
prefrontale, coinvolta nei processi decisionali ecc...) inizia non prima della tarda adolescenza. Tuttavia la
ricerca riguardo queto tema è ancora agli albori e non vi sono abbastanza correlazioni che confermano.
Capitolo 5
Per molto tempo i ricercatori hanno creduto che il controllo genitoriale fosse un'importante variabile
per prevedere l'adattamento dei giovani, ovvero il modo in cui i genitori scelgono di tenere controllato il
comportamento dei propri figli influenza notevolmente quella che sarà poi la condotta che andranno ad
intraprendere. Tuttavia non è tanto il se i genitori controllano i figli, bensì come lo fanno: genitori
invasivi che interrogano e spiano i loro figli si ritroveranno ad avere adolescenti molto meno socievoli e
diligenti, al contrario le relazioni genitore-figlio solide garantiranno una maggiore adesione ai consigli e
alle regole. Il modo in cui genitori interagiscono con i propri figli ha un forte impatto sul
comportamento, il successo e sul benessere degli adolescenti anche in età avanzata.
Baumrid individua tre principali stili genitoriali: autoritario, caratterizzato da un alto livello di controllo e
scarso calore; autorevole che bilancia calore e controllo: permissiva, dove assente il controllo ma vi è
una forte caratterizzazione di calore. In seguito Maccoby&Martin aggiungono una genitorialità
negligente priva sia di calore che di controllo. Numerose evidenze scientifiche hanno evidenziato che
diversi si genitoriali comportano diversi effetti sullo sviluppo dei figli, in particolar modo lo stile
autorevole e maggiormente associato al benessere. Bisogna però evidenziare che il significato e
l'acquisizione di uno specifico stile genitoriale è fortemente influenzato dalla cultura e dal tempo, ma
non solo, perché bisogna ricordarsi che la relazione non è unidirezionale e che quindi anche i
comportamenti del figlio forgeranno lo stile che i genitori andranno ad assumere.
Anche le relazioni con i coetanei e gli amici ricoprono un ruolo fondamentale, nell'ambito dell'amicizia i
giovani possono apprendere abilità sociali diverse da quelle che esercitano nel contesto familiare: ci
sono più probabilità che un amico non critichi un comportamento, bensì supporti e condivida gli
interessi. Attenzione però: le relazioni con i genitori e quelle con i coetanei non si escludono a vicenda
bensì si rafforzano!! Può capitare che è un ragazzo incontri delle difficoltà nel creare o nell'inserirsi in un
gruppo di coetanei, così come può succedere che un ragazzo ricopra il ruolo di leadership (legata allo
status o all’essere benvoluti) all'interno di un gruppo esercitando un ascendente sugli altri. In ogni caso e
qualunque sia il ruolo che si ricopre all'interno di un gruppo, è importante sottolineare che ciascun
individuo influenza ed è influenzato dagli altri. Ci sono significative differenze di genere nelle relazioni
tra coetanei: i ragazzi imparano a negoziare e a cooperare all'interno di un gruppo, anche a competere;
mentre le ragazze imparano a comunicare, ascoltare e conservare una relazione. Ciò che nessuno dei
due impara e comunicare indipendentemente dalle differenze di genere. Questi diversi modi di fare
amicizia comportano anche diversi modelli di amicizia stessa.
Effetto alone: la percezione positiva di una certa caratteristica di un individuo può influenzare
positivamente il modo di percepire anche altre caratteristiche. È tipico di quei ragazzi di bell'aspetto che
si deduce abbiano anche una spiccata personalità o siano anche simpatici. L'aspetto negativo di questo
fenomeno sta però nel fatto che tali individui ricevono difficilmente assegno dai coetanei in quanto
considerati autonomi e autosufficienti.
I cambiamenti biologici e psicologici che avvengono durante il periodo della pubertà possono
influenzare e agevolare la costruzione di relazioni interpersonali, in particolar modo le capacità
empatiche e di comprensione del punto di vista dell'altro ne facilitano il funzionamento. Soprattutto di
recente è stata sopravvalutata l'influenza che la pressione dei coetanei può esercitare sul
comportamento di un individuo, in primo luogo perché abbiamo visto che in una relazione entrambi i
membri si influenzano vicendevolmente (quindi ci sono pari possibilità che l'uno prenda le mosse
dell'altro) e poi perché si sottovaluta l’agentività di ciascun individuo. VEDI COSA SONO I CROWDS
PAG.106!!
Comportamenti aggressivi e di valenza negativa nei confronti dei coetanei però esistono anche al di fuori
di internet, parliamo di bullismo. Questo fenomeno è associato a diverse figure e ruoli: il bullo, la
vittima, il complice, lo spettatore e il difensore. Esistono due tipi di bulli: uno con scarsa capacità sociale
che ha difficoltà a mantenere normali amicizie e sfoga la frustrazione, e uno con elevata competenza
sociale che utilizza questo vantaggio per manipolare gli altri. I ragazzi sono maggiormente coinvolti nel
bullismo fisico e le ragazze nel bullismo verbale e relazionale.
Il tempo libero nella vita degli adolescenti è un contesto prezioso per l'apprendimento di abilità,
strategie sociali e competenze relazionali in varietà di forme. Tuttavia di recente sono diventati
consumatori “casalinghi” di prodotti multimediali come giochi online. In generale si può osservare una
serie di transazioni e trasformazioni delle modalità di uso del tempo libero degli adolescenti negli ultimi
anni: negli anni della prima adolescenza i giovani si organizzano e partecipano ad attività guidate da
adulti, con l'evolversi dello sviluppo apprendono abilità personali come imparare a fissare degli obiettivi
e gestire il loro tempo in maniera autonoma. Scherzare ridere può sembrare un'attività senza scopo e
inutile per gli adulti, ma in realtà è per i giovani un passatempo appagante. Al contrario poi le ricerche
hanno evidenziato un forte calo di interesse per la politica tra i giovani e un generale disimpegno
politico, anche se all'inizio del millennio il numero di giovani politicamente attivi è fortemente in
aumento. Il tutto dipende dal modo in cui i giovani scelgono di impegnarsi e in quale ambito scelgono di
farlo, poichè la politica non è soltanto appartenenza a partiti e partecipazione al voto.
Capitolo 6
Nel capitolo precedente abbiamo visto quali sono più o meno indicatori dai quali è possibile capire
l'inizio dell'età adolescenziale, questi sono per lo più dei mutamenti di tipo bio-fisiologico, quando però
si tratta di età adulta estremamente difficile stabilire da quando parta. I sociologi parlano di de-
standardizzazione del ciclo di vita: fenomeno per il quale è difficile avere aspettative chiare sul quando
e sul se gli individui debbano fare determinate cose in specifici momenti della loro vita, i confini tra le
varie fasi del ciclo di vita sono diventati labili. In passato i percorsi di transizione verso l'età adulta erano
prevedibili e caratterizzati per genere e classe sociale, oggi invece le possibilità e le opzioni sono molto
più ampie e che la società moderna offre ai giovani maggiore flessibilità e varietà.
Arnett introduce il concetto di emerging adulthood come nuova fase dello sviluppo posta tra
l'adolescenza e l'età adulta, emersa in seguito ai cambiamenti della società. Anche altri autori come
Erikson e Levinson avevano individuato la natura transitoria dei primi anni dell'età adulta rispetto
all'adolescenza, tuttavia secondo Arnett e solo in epoca post moderna che gli anni tra i 18 e 29
assumono caratteristiche specifiche dell’emerging adulthood. Questo periodo ha delle peculiarità ben
distinte sia dall'età adulta che dall'adolescenza, I principi che contraddistinguono questo periodo:
feeling in between: i giovani non sono in grado di identificare se si ritengono adulti o meno,
significa che anche il processo di formazione dell'identità non si è concluso e il giovane deve
ancora sperimentare alcuni eventi fondamentali;
non si sa chi si è e chi si diventerà: si tratta di una fase di self focus dedicata all'introspezione alla
riflessione;
È il periodo delle possibilità dove tutte le scelte sono reversibili, ottica piuttosto in contrasto con
le teorie stadiali precedenti secondo le quali ciascuno stadio e uniforme per tutti gli individui;
È anche il tempo dell'insicurezza perché la vastità di possibilità può essere sia liberatoria che
spaventosa, quindi può avvenire una perdita di sicurezza.
Alcuni studiosi ritengono che non si possa spiegare il cambiamento sociale, e quindi il cambiamento
della prospettiva di vita degli individui, aggiungendo semplicemente un nuovo stadio di sviluppo.
Sostengono che l'emerging adulhood non è universale, nel senso che non si verifica per tutti i giovani e
in tutte le culture poiché appunto lo sviluppo dipende fortemente dai contesti culturali.
Per spiegare una serie di differenze intraindividuali e interculturali sono state mosse delle ricerche e
sono stati delineati tre diversi percorsi di transizione:
1. coloro che vivono ancora con i genitori permettendosi di esplorare continuamente nuove
opportunità e procrastinare scelte lavorative, godere di diversi vantaggi mantenendo comunque
uno stato di felicità, questi sono più simili alla descrizione proposta da Arnett;
2. coloro che invece appartengono alla descrizione degli adulti emergenti poiché vivono ancora
con i genitori, ma mantengono un saltuario impegno lavorativo perché costretti da mancanza di
opportunità, si potrebbe dire che si trovano in uno stato di prevented adulthood caratterizzato
da una mancanza di possibilità!
3. Infine coloro che hanno raggiunto l'adultità in tempi precoci essendo cresciuti grazie ad
esperienze significative, il passaggio dalla scuola al mondo del lavoro rappresenta un turning
point nella transizione all'età adulta.
Piumatti e Rabaglietti hanno condotto la stessa ricerca su un gruppo di studenti universitari italiani e
hanno identificato più o meno le stesse tre classi: positivi ma dipendenti, pessimisti e dipendenti,
fiduciosi e indipendenti.
Uno dei compiti più importanti nel percorso verso l'età adulta e la conquista dell'indipendenza dei propri
genitori. Capita che forti legami nel microsistema rendano inutile il supporto sociale del macrosistema,
mentre al contrario la mancanza aiuti pubblici rende il sostegno familiare indispensabile (questo è il
modello dominante in Italia). I fattori socioeconomici hanno una forte influenza sui modelli familiari,
ecco perché non esiste un tempo o un luogo in cui si può stabilire con certezza rete aggiusta per
abbandonare la casa dei genitori. Inoltre c'è un fenomeno in crescita che è quello dei ragazzi
boomerang: coloro che abbandona non nido per poi ritornarvici in seguito a degli sfortunati eventi della
vita. Diventare indipendenti dei genitori è un processo che richiede una serie di dimensioni come il
raggiungimento dell'autonomia emotiva o dell'autonomia comportamentale, legata a voi alla possibilità
di ottenere indipendenza economica. I conflitti relazionali sono fondamentali per l'emergere di queste
dimensioni. Un tempo si aspettava che il processo di individuazione e la conseguente costruzione
dell'identità personale avvenisse lungo l'adolescenza, oggi però si tende a posticiparlo fino alla prima età
adulta soprattutto perché abitare a lungo con i genitori ritarda il processo di individuazione. Alcuni studi
recenti hanno dimostrato che gli stili genitoriali che promuovono l'autonomia facilitano il processo di
individuazione nei giovani, vivere troppo a lungo con i genitori sembra avere un effetto negativo sullo
sviluppo e sul grado di benessere individuale. Uno studio quantitativo svolto in Belgio ha dimostrato che
i genitori utilizzano strategie diverse nell'affrontare il bisogno di autonomia dei figli: alcuni incoraggiano
attivamente questo bisogno di indipendenza, altri invece soprattutto quando non condividono le scelte
effettuate dal figlio tendono a essere restii concretizzandosi in comportamenti manipolativi volti ad una
protezione eccessiva che sfocia nella minaccia di privare il figlio della propria libertà.
L’individuazione, come tutti gli altri processi di sviluppo, è un percorso co-costruito tra genitori e figli.
Un altro aspetto importante per raggiungere l'autonomia è la costruzione di un nuovo nucleo affettivo,
sebbene il matrimonio nella società moderna sia procrastinato. La ricerca di un partner inizia negli anni
dell'adolescenza secondo due schemi di convivenza diversi: lo stile romantico consolidato caratterizzato
dall'impegno nella formazione di relazioni stabili e lo stile esplorativo caratterizzato dalla
sperimentazione con diversi partner. Non sono due stili netti e divisi, perché nella maggior parte dei casi
un po' tutti i giovani oscillano tra l'uno e l'altro. Le ricerche longitudinali hanno dimostrato che il
comportamento sentimentale in adolescenza influenza la qualità delle relazioni future: adolescenti che
hanno vissuto delle relazioni solide avranno appreso alcune importanti abilità relazionali come la
risoluzione dei conflitti e il bilanciamento dei bisogni. Inoltre, e soliti replicare modelli relazionali
preesistenti. Infine solo di recente ci si è focalizzati sulla violenza nell'ambito delle relazioni sentimentali
e sessuali tra gli adolescenti, in particolar modo l'utilizzo di social network ha influito sull'aumento della
violenza sebbene sia un fenomeno così complesso da richiedere il coinvolgimento di più fattori.
Il lavoro è il fattore più determinante nei processi di sviluppo perché influenza, direttamente o
indirettamente, tutti gli aspetti della nostra vita (salute, persone con cui ci si relaziona, risorse
economiche, competenze che si sviluppano ecc...). Da più punti di vista, uno dei principali indicatori
dello status adulto è costituito dall'indipendenza economica e da un lavoro retribuito, non è quindi un
caso che si considerino gli obiettivi legati al lavoro come i più salienti della vita. È stata individuata una
specifica single ritardo nella transizione all'età adulta rispetto all' ambito lavorativo, associata però ad
una serie di indicatori demografici (prolungata convivenza con i genitori o del periodo di studio). La
scelta professionale è vista come un processo continuo che inizia nell'infanzia ed evolve nell'adolescenza
tramite diverse esperienze, per questo motivo i fattori e motivazionali (abilità, doti, sostegno ecc...)
giocano un ruolo fondamentale nel modellare le traiettorie professionali. Infatti i processi che portano
allo sviluppo di capacità di facilitazione della carriera si costruiscono nell'infanzia, quando alcuni
comportamenti portano al successo e alla soddisfazione mentre altri si connotano come spiacevoli. È
inoltre importante sottolineare che anche gli stereotipi di genere influenzano le prestazioni scolastiche
le successive transizioni dalla scuola al mondo del lavoro. Infine bisogna considerare che i tipi di lavoro
cambiano costantemente, un flusso irrefrenabile di innovazioni; un tempo le competenze lavorative non
si modificavano nel corso degli anni e consentivano l'accumularsi di esperienza e competenza
professionale. Da alcuni decenni si possono identificare tre ampie tipologie di percorsi di carriera:
getting on, getting by e getting nowhere. L'appartenenza a questi gruppi è basata sulla classe sociale ed
è strettamente correlata al livello di istruzione raggiunto.
In conclusione il modo più efficace per studiare lo sviluppo umano è l'analisi delle transizioni e dei
cambiamenti individuali che avvengono durante il fronteggiamento delle sfide per l'inserimento nel
mondo adulto.
Capitolo 7
Definire la mezza età è difficile tanto quanto concettualizzare l'adolescenza o la prima età adulta, perché
non vi sono dei confini ben delimitati. Man mano che si progredisce lungo il corso della vita anche gli
adulti affrontano sempre nuove e difficili sfide. Nelle prime fasi del passaggio alla mezza età le persone
si trovano in uno stato di vitalità ed entusiasmo, in seguito le numerose aspettative nella sfera lavorativa
o relazionale li indirizzano verso uno stile di vita più convenzionale; ciononostante anche in
quest'ambito esistono traiettorie di vita estremamente individualizzate.
Per alcuni la mezza età inizia con la diminuzione del numero delle scelte possibili e con l'impossibilità di
considerare reversibili alcune scelte compiute (concetti ben diversi da quella che era la teorizzazione
dell’ emerging adulthood come momento ricco di possibilità e reversibilità).
Uno dei cambiamenti più ovvi, seppur non evidente agli occhi dei diretti interessati, è quello di natura
corporea. Molti di loro ne sono inconsapevoli perché questi cambiamenti si verificano durante un
periodo relativamente lungo di anni. Alcuni si considerano ancora prestanti e forti e non danno
importanza ai cambiamenti fisici, altri invece (soprattutto le donne) avvertono il peso di dover
mantenere alto lo standard. Quest'ansia deriva anche dal culto della bellezza: i mass media associano il
successo negli affari e nelle relazioni personali ad un’immagine giovane ed attrattiva. Un importante
cambiamento fisico che riguarda le donne, tendenzialmente tra i 40 e i 50 anni, è l’avvento della
menopausa. Consiste in un cambiamento nel sistema endocrino per effetto del quale le ovaie smettono
gradualmente di produrre gli ormoni che controllano il ciclo portando ad una cessazione delle
mestruazioni. Questo fenomeno è associato a tutta una serie di cambiamenti fisici e psichici perché le
donne lo affrontano in modi diversi: alcune di loro lo considerano una cosa positiva nel senso di
autostima e indipendenza, godere di uno status elevato perché dopo aver adempiuto al dovere sociale
di generare figli viene loro accordata una maggiore autorità decisionale; al contrario altre si sentono
smarrite e angosciate, sconvolgimento sociale e perdita dell’identità.
Anche dal punto di vista delle relazioni sentimentali, avanzando la mezza età, vanno stabilizzandosi le
condizioni delle persone. Oggi giorno si concede molto più tempo e spazio alla coltivazione dei propri
interessi e il matrimonio non è più considerato un marcatore sociale per il passaggio all’età adulta.
Soprattutto perché è in aumento la tendenza alla convivenza, maggiormente nel centro/nord in Italia,
mentre al sud comunque il matrimonio è ancora largamente diffuso. La convivenza viene considerata
una fase preliminare, per approfondire la conoscenza del partner prima del matrimonio, o una scelta
personale e duratura. L'intimità ha una forte influenza sulla qualità delle relazioni interpersonali, questa
include: fiducia, interessi condivisi, rispetto e onestà, ma soprattutto anche una condivisione della vita
sessuale. Ricerche hanno dimostrato che le persone hanno maggiore bisogno di condividere gli aspetti
più sfumati della sessualità (come baci e abbracci), ma comunque sia l’attività sessuale ha un riscontro
positivo anche sulla salute psicologica. Tuttavia man mano che si va avanti con l’età, le possibilità di
trovare un partner si fanno sempre più limitate, ed è il motivo per il quale molte persone si riversano
nella ricerca di partner su internet. Questo fenomeno richiede un alto grado di fiducia e prudenza. Può
capitare che in seguito a delle incongruenze e dei momenti critici nel corso del ciclo di vita le coppie
giungano ad una fase di rottura. La gestione economica e i ruoli genitoriali incompatibili possono essere
elementi di rischio, ma il disaccordo non è di per sé un fattore di rischio, lo è piuttosto il modo in cui il
disaccordo viene gestito soprattutto a lungo termine. Le interazioni negative tra cui l’ostilità e la
conflittualità riducono la soddisfazione coniugale predicando il divorzio. Divorzio e separazione sono una
sfida importante nello sviluppo ed hanno delle serie ripercussioni sui figli ed anche sul modo in cui i due
partner riprenderanno in mano la loro vita (potrebbero considerarlo un nuovo inizio se è vissuto in
modo pacifico, oppure demoralizzarsi se il processo è conflittuale).
L'arrivo di un figlio mina a quello che è il benessere e la felicità della coppia. In primo luogo si è visto
come sempre più adulti scelgono di procreare in tarda età (e questo può essere un fattore di rischio), poi
numerosi studi hanno analizzato sotto quali punti di vista l'arrivo di un figlio cambi lo stile di vita. Il
rapporto tra fratelli, le preferenze genitoriali e molti altri fattori sono degli indicatori fondamentali di
quello che è il benessere del nucleo familiare. Sia i genitori sia i figli influenzano gli stili genitoriali, anche
se i modelli relazionali all'interno di una famiglia diventano stabili non rimangono tuttavia statici
invariati. Allo stesso tempo però le reazioni potenzialmente depressive dei genitori alla vita senza i figli
sono state definite la sindrome del nido vuoto, quindi non sono solo i figli che escono dal nucleo
familiare a vivere un momento di turning point, ma anche i genitori stessi. Gli individui di mezza età
possono essere considerati una generazione Sandwich poiché devono farsi carico sia di un figlio che di
un genitore anziano. Secondo alcuni autori, la qualitò delle relazioni genitori-figlio durante la prima
infanzia è un fattore determinante per stabilire se i figli si prenderanno cura dei genitori anzi8ani.
Un'altra dimensione fondamentale dell'età adulta e la sfera del lavoro: questo gioca un ruolo
significativo nella formazione dell'identità e nella sua espressione esistenziale. La mezza età è spesso
vista come un periodo in cui si comincia a riflettere sulla realizzazione delle proprie aspirazioni.
Ultimamente è in rialzo il fenomeno della disoccupazione, i giovani meno istruiti e competenti rischiano
in misura maggiore di non trovare lavoro e la perdita del lavoro, per individui di mezza età, è
psicologicamente più difficile di quanto non sia per i giovani la ricerca di un lavoro nuovo. Così come
qualunque fenomeno sopraccitato, anche la disoccupazione con i suoi effetti variano da individuo a
individuo a seconda delle circostanze.
In conclusione si potrebbe dire che fare il bilancio della propria vita non è un'attività esclusiva della
mezza età, però in questa fase acquisisce una particolare importanza perché c'è ancora tempo per
riconsiderare le proprie scelte e intraprenderne di nuove. Ovviamente le opportunità di sviluppo che
scaturiscono dal fare bilanci sulla propria vita sono correlate alle risorse alle sfide disponibili. Bisogna
infine precisare che l'essere felici o infelici non ha nulla a che fare con l’età, bensì riguarda gli eventi
succedutisi nell'arco della propria vita e le risorse di coping, il modo in cui gli eventi sono collegati ad
altre esperienze. Dunque il concetto di “crisi di mezza età” è errato dal momento in cui la probabilità di
una crisi esiste indipendentemente dal momento del corso della vita.
Capitolo 8
L'invecchiamento è un processo comune a tutti anche se ancora non ne sono chiare Le motivazioni. Un
argomento contro questa ipotesi è che ciascuna specie conta solo pochi membri che riescono a
raggiungere un'età avanzata a causa delle condizioni di vita avverse, quindi l'estrema longevità o
addirittura l'immortalità non si sono verificate in nessuna specie. Diversi Processi a livello cellulare
sembrano essere responsabili delle manifestazioni del processo di invecchiamento: le cellule del corpo
sono in grado di rinnovarsi per duplicazione, tuttavia il numero di volte che possono duplicarsi è finito e
quando hanno raggiunto il numero massimo, muoiono. Capita poi che a volte si duplichino in modo
errato e dopo qualche tempo emerga una serie di cellule di DNA danneggiate, quindi ci sono molti
processi che interagiscono nel causare il processo di invecchiamento ma la scienza non ha ancora
espresso l'ultima parola per spiegarne le cause.
Il deterioramento dell'età è ritardato di almeno un decennio e le persone raggiungono la vecchiaia in
condizioni di salute migliore, si sostiene che allungandosi la durata della vita ci sono più possibilità che
aumenti la demenza, in particolar modo il morbo di Alzheimer. Tuttavia Il declino cognitivo è
ampiamente sovrastimato e spesso e anche confuso con i sintomi di specifiche malattie, infatti non
esistono risultati solidi di ricerca che definiscano tale declino come parte naturale dell'invecchiamento.
A parte quindi le malattie legate al deterioramento cognitivo, le condizioni della vecchiaia sono in
miglioramento. Vi possono essere ancora casi di depressione, più precisamente depressione reattiva a
causa di una crescente paura della morte. Si aggiunge poi il fatto che i normali processi di
invecchiamento portino a una riduzione delle funzioni del sistema corporeo che colpisce i polmoni, il
cuore ecc... rendendo la persona anziana più incline alle malattie cardiovascolari, alcuni disturbi possono
essere prevenuti o alleviati da fattori legati allo stile di vita. La salute le aspettative di vita, però, variano
a seconda delle diverse regioni geografiche e dello status socio-economico che predice l'aspettativa di
vita anche dopo il pensionamento; un Elemento ancora più significativo è la percezione soggettiva del
proprio stato di salute come predittore della lunghezza di vita. La percezione positiva è fortemente
associata a sentimenti di benessere e la convinzione di avere uno scopo nella vita è un potente
elemento di benessere, ovviamente familiari e amici ricoprono una grande influenza sul senso di
benessere e sulla salute, ecco perché la percezione del proprio status di salute è più importante delle
effettive condizioni mediche di questo.
Con l'avanzare dell'età, le persone richiedono maggiori cure e attenzioni; di solito i paesi che hanno una
forte tradizione di coesione familiare si aspettano che la famiglia si assuma la responsabilità degli anziani
a causa dello scarso supporto derivante dalle politiche sociali, al contrario però accade per quei paesi
dove le sovvenzioni e i servizi rendono questa attività di cura una vera e propria responsabilità collettiva.
Le malattie croniche rendono difficile svolgere anche le attività quotidiane e quindi coloro che vivono in
casa propria mostrano un livello di benessere soggettivo inferiore rispetto a coloro che vivono in una
casa di cura, tuttavia le persone con disabilità cognitiva percepiscono una migliore qualità della vita
fintanto che possono rimanere nel loro ambiente domestico. Sono numerosi i fattori che interagiscono
nel determinare se una persona anziana tragga maggiore beneficio dall'assistenza di tipo domiciliare o
meno, eppure la quantità totale di aiuto ricevuto dalle persone anziane è maggiore negli Stati con una
forte infrastruttura di servizi territoriali perché il supporto familiare e quello statale si sommano
offrendo una vasta gamma di scelte e una discreta dose di benessere.
Per quanto riguarda la tematica dell'amore delle relazioni sentimentali: le donne tendono ad affrontare
la vedovanza meglio rispetto agli uomini, vi sono delle differenze di genere riguardo la ricerca di un
partner dopo la morte del coniuge. Le donne cercano amicizia e compagnia senza gli inconvenienti del
matrimonio, gli uomini invece cercano qualcuno che gli accudisca. Per quanto concerne la sessualità in
età avanzata, soprattutto negli ultrasessantenni, ci sono state poche ricerche.
I processi di socializzazione in cui i pregiudizi dominanti della società vengono presentati all'individuo
durante il suo sviluppo e poi progressivamente interiorizzati, presentano un quadro pessimistico della
vita dopo il pensionamento come se questa perdesse di significato. Nasce una visione stereotipata della
vecchiaia associata al declino, alla debolezza e alla dipendenza. L’agesim sono i pregiudizi
sull'invecchiamento che hanno un grave effetto sulla salute delle persone anziane e riducono
l'aspettativa di vita.
Il pensionamento era considerato come il marcatore psico sociale dell'ingresso nella vecchiaia, un cut-
off basato esclusivamente sull'età cronologica e non sulle prestazioni individuali. Oggi però l’età del
pensionamento varia a seconda dei diversi tipi di occupazione e dei differenti paesi, anche se è in rialzo
il pensionamento anticipato sicuramente associato a motivi di salute. L’avvento di questo fenomeno
richiede di affrontare una serie di sfide legate a: trovare una nuova routine quotidiana, perdere le
relazioni con gli ex colleghi e dover costruire un nuovo network sociale, affrontare una nuova situazione
economica e delle nuove implicazioni nei rapporti coniugali. Difatti proprio per quanto riguarda questo
aspetto, in Giappone è stata evidenziata una sindrome del marito in pensione che caratterizza le donne
provenienti da famiglie tradizionali le quali in concomitanza con il pensionamento del marito, ampliano i
loro rapporti di amicizia così da dover trascorrere tutto il tempo in casa. Alcuni studi hanno raccolto una
serie di dati che permettono di dividere gli individui in quattro gruppi:
1. individui attivi --> la pensione rappresenta un'esperienza di crescita, il lavoro era piacevole ma
sono pronti a rinunciarvici per avere tempo da dedicare alle altre attività;
2. individui che rifiutano il pensionamento --> presentano grossi problemi di adattamento e la loro
identità subisce una crisi in quanto costruita intorno al lavoro;
3. individui che non si sono del tutto adattati --> in pensione da poco, lamentano la perdita di uno
status, ma sono in cerca di una svolta per procedere nel loro percorso di sviluppo;
4. Individui (la minoranza) che presentano una serie di problemi concomitanti.
Vedi pag. 182 per la solitudine familiare, il lutto (come evento normativo) e il ruolo di nonni!!
Capitolo 9
Lo sviluppo è una risposta alle sfide che si incontrano nel corso della vita, l'adattamento è più facile
quando le sfide sono relativamente prevedibili (quindi nel caso di cambiamenti normativi) poiché gli
individui sono preparati ad affrontarle. Alcuni cambiamenti, poiché comuni a più individui e attesi,
consentono alle persone di arrivare già preparate ed avere un modello di comportamento di
riferimento. Le sfide più difficili sono i cambiamenti non normativi che colpiscono inaspettatamente.
Che siano normativi o non normativi, i cambiamenti portano tutti a un punto di svolta; le transazioni
possono richiedere del tempo per essere realizzate e portate a termine e sono solitamente innescate da
cambiamenti nell'ambiente o individuali. Le transazioni richiedono adattamenti ed il risultato di questo
processo è una trasformazione. Le transazioni possono apparire come radicalmente differenti, ma i
processi sottostanti rimangono i medesimi per ciascun individuo. È Impossibile formulare una
descrizione normativa del corso della vita, poiché, sebbene i contesti e le sfide varino, le forze che
muovono la transizione ed i processi rimangono sempre gli stessi.
Brandtsadter e Rothermund Suggeriscono che durante la transizione gli individui possano utilizzare due
strategie. Una è l'assimilazione: quando ci si accorge che un obiettivo è ostacolato nelle circostanze
attuali, si può provare a modificare la situazione. A seconda di quale sia l'ostacolo e l'obiettivo, si
potrebbe: rimuovere l'ostacolo, intensificare gli sforzi, chiedere aiuto per raggiungere l'obiettivo o
modificarlo. L'altra opzione è l’accomodamento: Rinunciare agli obiettivi originari e riorientare le
proprie ambizioni. La scelta dell'una o dell'altra strategia dipende dalle capacità dell'individuo di auto
valutare correttamente le proprie capacità e dalla forza di perseguire l'obiettivo, prima di stabilire quale
delle due applicare, durante il periodo di valutazione, la maggior parte degli individui sperimenta un
momento di incertezza; ma la crisi è una componente essenziale del cambiamento evolutivo. Può
capitare inoltre che si scelga una combinazione delle due strategie.
Lo sviluppo consiste sempre sia in guadagni sia in perdite: le perdite sono inevitabili ma aprono anche
potenziali opportunità di guadagno e di cambiamento. In passato l'accento veniva posto maggiormente
sugli aspetti problematici dello sviluppo e forse è giunto il momento di dare maggiore importanza anche
gli aspetti positivi (la maggior parte delle persone sta bene, normatività). Infatti una prospettiva più
ottimistica del cambiamento evolutivo potrebbe considerare tutti gli eventi della vita come potenziali
sfide e fattori in grado di attivare lo sviluppo e la crescita, nonostante i rischi che le accompagnano.
Seligman suggerisce una psicologia positiva (metamodello) per definire la ricerca scientifica che si
occupa del funzionamento umano ottimale, focalizzandosi soprattutto sui punti di forza e le qualità di
ciascun individuo. L’idea di base è quella che molteplici qualità umane, come il coraggio, l'ottimismo,
l'onestà e la perseveranza, possano fungere da ammortizzatori cruciali; ed è possibile promuovere un
lavoro di prevenzione che consista nel creare una scienza della resilienza. Il migliore antidoto contro
l'impotenza personale è acquisire precoci esperienze di controllo. Vi sono alcune risorse idonee a
facilitare lo sviluppo degli individui:
M --> obiettivi
Tutto si basa sugli stati soggettivi positivi: emozioni positive, felicità, confidenza, ottimismo e speranza,
soddisfazione di vita. Il benessere NON è assenza di presupposti negativi, alcuni elementi di benessere
possono essere più individuali: positive individual traits caratterizzano le persone con alti tratti di
gentilezza, coraggio, giustizia ecc... ovviamente anche i contesti di riferimento possono o meno garantire
il benessere. È importante individuale e studiare possibili fattori di rischio per poi applicare Un'ottica di
prevenzione e protezione, infatti il campo di applicazione della psicologia positiva è proprio la
prevenzione piuttosto che il trattamento di situazioni già compromesse. La psicologia positiva è una
psicologia umanistica.
Inoltre Rutter aveva sottolineato l'importanza delle esperienze e della partecipazione sociale per lo
sviluppo dell’adolescente, facendo così riferimento al contesto e ai modelli sistemici come quello di
Bronfenbrenner e la dynamic system theory. Esaminando però le ricerche pubblicate e ascoltando le
presentazioni nei convegni, di si rende conto di una certa ripetitività nelle tematiche, nella metodologia
e nei risultati congiunti ad un'assenza di solide basi teoriche riguardo alle ricerche in ambito psicologico.
Tutto e iniziato con un cambiamento del macrosistema, alcuni autori hanno sottolineato come i
ricercatori producano una quantità di lavori ridondanti, banali e incoerenti fingendo di avere testato una
teoria, mentre hanno sfruttato i loro dati per ottenere risultati statisticamente significativi e poi hanno
inventato a posteriori una teoria plausibile fingendo che quest'ultima abbia guidato la raccolta dei dati.
La psicologia positiva ha un approccio concreto perché parte dall'osservazione e non da forme teoriche
prestabilite, infatti l'assunto fondamentale è quello di far combaciare la ricerca in ambito accademico
con la dimensione di intervento applicativa. L’uso impreciso della scienza psicologica, conduce a un
riciclaggio ad uso e consumo del pubblico che porta delle conseguenze a lungo termine come la perdita
di fiducia negli scienziati. Infatti Lerner affermato che la ricerca in laboratorio è di scarso valore se si
vogliono comprendere i cambiamenti che si verificano nella vita reale ed ha quindi proposto il concetto
di scienza dello sviluppo applicata per un nuovo approccio alla ricerca che consista in interventi diretti
nei contesti di vita quotidiana, si tratta di un coinvolgimento multidisciplinare. Però per introdurre
questo approccio innovativo è necessario introdurre anche nuovi metodi di ricerca, nonostante si sappia
quanto risulti difficile abbandonare e cambiare le vecchie tradizioni di ricerca.
La specifica è la psicologia positiva in ambito di sviluppo: si focalizza sempre con degli interventi di
protezione precisamente per quanto riguarda i momenti di presa decisionale e di significativo
cambiamento (momenti di una possibile biforcazione).
Vedi pag. 205 per l’ultimo paragrafetto conclusivo. In bocca al lupo Alessia del futuro <3
CAP 1
L’invecchiamento
L'aumento della speranza di vita ha incrementato lo studio dell'invecchiamento, distinguendo da una parte
le discipline che studiano l'invecchiamento patologico e dall'altra quelle che si focalizzano sull'
invecchiamento normale. La geriatria è la branca della medicina che ha come oggetto di studio gli aspetti
legati alle patologie che caratterizzano l'invecchiamento. La gerontologia è una branca della psicologia che
studia i processi di invecchiamento non patologico. Recentemente lo studio della stabilità dei cambiamenti
psicologici della persona che invecchia caratterizza la psicologia dell'invecchiamento. 3 modelli hanno
guidato le attività di ricerca all'interno di questa disciplina.
1. Il principale oggetto di studio è stata la persona anziana e la vecchiaia. Con la psicologia della
vecchiaia (Psychology of the Aged) Si descrivono le caratteristiche e le problematiche di natura
biologica, sociale e psicologica di questo stadio della vita.
2. L'interesse si è spostato verso l'analisi delle differenze tra gruppi diversi per età che caratterizza la
psicologia delle differenze di età (Psychology of Age). L'obiettivo di tali ricerche è individuare,
mediante studi trasversali le cause e le conseguenze dei meccanismi e dei processi alla base delle
differenze legate all'età.
3. La psicologia dell'invecchiamento (Psychology of Aging) studia i cambiamenti comportamentali che
avvengono con l'avanzare dell'età in una prospettiva di arco di vita.
I primi studi e le prime ricerche sull'invecchiamento si collocano nel 1920: Botkin pubblicò uno studio
condotto su 3000 anziani di San Pietroburgo che fornì i primi dati sulle differenze tra invecchiamento
normale e invecchiamento patologico.
Uno dei primi studi di laboratorio sull'invecchiamento venne condotto in ambito etologico da Pavlov
che notò come gli animali più anziani mostrassero maggiori capacità di apprendimento rispetto a quelli
più giovani.
Nel 1922 Hall pubblicò Il primo libro sugli aspetti psicologici e sociali dell'invecchiamento negli USA.
Solo a partire dal 1950, dopo la nascita della società di gerontologia in America nel 1945 si assiste a
maggiori pubblicazioni sull'invecchiamento.
A partire dai primi anni del 900 e ancora oggi, migliori condizioni di vita e minori tassi di mortalità hanno
comportato un aumento esponenziale della speranza di vita e, di conseguenza, l'invecchiamento della
popolazione. Sempre più persone raggiungono con successo la vecchiaia. La versione dell'invecchiamento
come inesorabile declino fisico e cognitivo è stata messa in discussione considerata troppo semplicistica per
la ricerca contemporanea. L'invecchiamento è un fenomeno complesso, lo sviluppo della persona continua
lungo tutto l'arco della vita.
Carbone in una ricerca dimostra come ogni anno vengano pubblicati migliaia di studi che trattano di
invecchiamento ed età adulta avanzata. L'interesse è stato rivolto allo studio dei processi cognitivi
(memoria, attenzione, linguaggio), sensoriali, dei loro correlati neurali oltre che a processi psicologici
(motivazione, emozioni e personalità). Un numero considerevole di pubblicazioni viene rilevato per il 2012-
13 poiché in questi anni sono apparse numerose riviste scientifiche di psicologia dell'invecchiamento come
Psychology&Aging.
Nasce formalmente una nuova figura di psicologo: il geropsicologo. Vengono formati professionisti
specializzati nella pratica clinica con questa particolare fascia di popolazione consapevoli dei processi che
caratterizzano l'invecchiamento normale e quello patologico, pronti a fornire adeguati interventi volti a
soddisfare i bisogni specifici della persona anziana e della sua famiglia. Le linee guida proposte
dall’American Psychological Association per la pratica psicologica con gli anziani comprendono:
1. competenze e atteggiamento nel lavoro con l'anziano viene sottolineato come gli stereotipi dell’
invecchiamento possono risultare bias negativi non solo per l'anziano ma anche per il
geropsicologo stesso che deve sviluppare una percezione il più realistica possibile dei punti di forza
e della debolezza della persona anziana.
2. Conoscenze generali sullo sviluppo dell'adulto, sull'invecchiamento e sugli anzianila prospettiva
adottata è quella dello sviluppo lungo l'arco di vita che definisce l'invecchiamento come un
processo continuo di adattamento caratterizzato da guadagni e perdite.
3. Problematiche cliniche valutazione delineare un profilo funzionale esaustivo dell’anziano
4. Intervento, counseling e altri servizi è importante che l’intervento sia adatto
5. Formazione continua sia a livello teorico che clinico.
L'aumento della popolazione anziana rappresenta un'importante sfida per i servizi socio sanitari. Per
quanto riguarda l'opinione pubblica vengono prodotti sempre più film e serie televisive che hanno per
protagonisti gli anziani e che affrontano vari temi legati all'invecchiamento.
Nei primi anni cinquanta si iniziarono ad applicare anche in Italia al mondo anziano i reattivi mentali
disponibili ad opera di Padre Gemelli e del suo allievo Cesa-bianchi. Nonostante i pregiudizi nei confronti
delle discipline psicologiche fossero ancora molto diffusi, in Italia un primo punto di svolta poteva essere
rappresentato da un’autonomizzazione accademica della psicologia.
CAP 2
TEMI, PROBLEMI E ASPETTATIVE DELLA PSICOLOGIA DELL’INVECCHIAMENTO E DELLA LONGEVITA.
L'invecchiamento può essere definito come processo o insieme di processi che hanno luogo in un
organismo vivente e che con il passare del tempo ne diminuiscono la probabilità di sopravvivenza. Gli esseri
umani hanno cercato da sempre di combattere l’invecchiamento tentando di allungare la vita alla ricerca
dell'eterna giovinezza. Per evitare i segni del tempo si fanno diete, si utilizzano sostanze chimiche e
integratori.
cambiamenti fisici esterni:
Pelle e viso: comparsa di rughe sulla fronte verso i 30 anni e ulteriori segni del tempo tra i 30 e i 50. Dopo i
50 si ha un aumento importante delle rughe a causa della diminuzione del collagene che rende la pelle
meno elastica, della fragilità capillare, dell'assottigliamento dei tessuti epidermici. Verso i 70 la pelle
diventa ruvida, assume un colore non uniforme con la presenza di macchie generalmente scure che
diventano particolarmente evidenti. A causa dell'accumulo di cartilagine il naso si allunga e si assottiglia, si
ingrandiscono i lobi delle orecchie che aumentano di dimensione. La circonferenza della testa aumenta in
quanto lo scalpo diventa più spesso
Capelli: comparsa dei capelli bianchi a partire dai 40 anni. A partire dai 65 anni i capelli diventano sempre
più fini e crescono più lentamente ed è più frequente la calvizie. Aumento della pelosità in alcune parti del
corpo naso orecchie schiena sopracciglia
Altezza: dai 30 ai 50 anni vi è una diminuzione di circa un centimetro. Tra i 50 e i 70 la diminuzione è di 2 cm
a causa della gravità che provoca un indebolimento nei muscoli, un deterioramento è una compressione
delle ossa della spina dorsale.
Peso: aumento del peso e diminuzione del metabolismo basale che rallenta del 3% ogni 10 anni a partire
dai 20.
Voce: le corde vocali diventano molto più acute si irrigidiscono e vibrano a una maggiore frequenza. La voce
può cominciare a tremolare.
cambiamenti fisici interni:
Muscoli e ossa: i muscoli raggiungono la loro massima forza dai 20 ai 30 anni per poi subire un declino
soprattutto dopo i 60 anni. Diminuzione della forza muscolare del 30-40% dai 30 agli 80 anni. Il declino
della massa muscolare causa perdita di forza e contribuisce alla perdita di densità ossea e del tessuto osseo
causando osteoporosi e della progressiva degenerazione delle strutture ossee che causano l'artrosi.
Propriocezione: declino della consapevolezza della posizione del proprio corpo e dei propri arti nello spazio
che dipende sia dalla funzionalità degli organi di senso che dai processi percettivi superiori. A livello
neuromotorio vi è una diminuzione dei tempi di reazione e della coordinazione
Sistema cardiovascolare: invecchiando il muscolo del cuore si deteriora e diminuisce l'efficienza con cui il
sangue viene trasportato al resto del corpo. Le arterie diventano meno sensibili e più strette. Il battito
cardiaco subisce un rallentamento
Sistema polmonare: diminuisce la sua efficienza
Digestione: i muscoli digestivi funzionano più lentamente e si riduce la produzione di acidi
Temperatura: cambia l'abilità di adattarsi a temperature fredde mantenendo il corpo caldo e a temperature
calde mantenendo il corpo fresco
Baltes e Lindenberg: Ipotesi della causa comune il legame tra processi sensoriali e cognizione diventa più
importante nell'età adulta avanzata compromettendo l'elaborazione e la codifica delle informazioni.
Le principali cause di disabilità dopo i 65 sono dovute a disturbi visivi, perdita dell'udito malattie
degenerative e osteoartrite.
Vista: con l'avanzare dell'età si verificano cambiamenti a carico del sistema visivo che possono rendere più
difficoltoso lo svolgimento di attività quotidiane. Dai 50 anni in poi gli stimoli visivi vengono elaborati in
modo più lento e con minor qualità. Dopo i 60 aumenta la lacrimazione, la stanchezza degli occhi e vi è una
maggiore vulnerabilità a sviluppare patologie e condizioni mediche. Diviene più difficile discriminare gli
oggetti e spostare lo sguardo rapidamente tra oggetti vicini e lontani ed è necessaria una maggiore
illuminazione nell'ambiente. Diminuisce la capacità di elaborare le informazioni di contrasto spaziale.
o si modifica la trasparenza e la curvatura della cornea che possono rendere necessario l'utilizzo di
lenti correttive
o i canali che contengono l'umor acqueo possono essere parzialmente ostruiti e questo comporta
una maggior pressione sanguigna intraoculare o al glaucoma
o il diametro della pupilla tende a diminuire per questo è necessaria una maggiore illuminazione
o la lente diminuisce di flessibilità e aumenta di spessore: presbiopia o cataratta
o degenerazione fisiologica degli assoni e delle cellule gangliari che compongono i nervi ottici:
degenerazione maculare oppure retinopatia diabetica
Udito: circa il 30% degli anziani con più di 65 anni manifesta un notevole deficit dell'udito con gravi
conseguenze psicofisiche. Le problematiche possono essere ricondotte a problematiche anatomo-
fisiologiche delle strutture che compongono l'orecchio. La difficoltà maggiore riguarda la comprensione del
discorso (attività complessa che richiede un'elaborazione attiva e simultanea di più informazioni). Con l'età
si perde la capacità di discriminare suoni ad alta frequenza, si è meno sensibili a rumori forti e acuti. Oggi è
possibile ricorrere ad apparecchi acustici impiantati su uno o entrambi gli orecchi affinché possano essere
amplificati i suoni in base alla necessità della persona.
modificazioni all'interno del canale uditivo possono essere dovute a un accumulo di cerume che
attutisce intensità dei suoni. Il timpano diviene rigido e meno sensibile alle diverse intensità di
suono
staffa incudine e martello possono calcificarsi e perdere mobilità
degenerazione fisiologica delle cellule che compongono la membrana basilare nella regione basale
(cellule preposte alla discriminazione di suoni ad alta frequenza): presbiacusia
Gusto e olfatto: la perdita nella sensibilità dell'odore e del gusto inizia intorno ai 60 anni e tende ad
aumentare con l'avanzare dell'età. Schiffman sostiene l’olfatto possa servire come segnale adattivo di
avvenimento di un evento pericoloso, di conseguenza la sua perdita può divenire rischiosa. La perdita di
sensibilità agli odori deriva da cambiamenti anatomo-fisiologici ma potrebbe anche essere causata dal
fumo, uso di farmaci, alta congestione nasale, danni cumulativi all’epitelio olfattivo, danni da inquinamento
ambientale o da tipologie virali. A livello neurofisiologico può essere presente un danno neuronale a livello
del bulbo olfattivo. Può anche essere segno precoce di una malattia neurodegenerativa. La perdita del
gusto è associata più alle terapie farmacologiche e alle condizioni mediche. Quando sono presenti
cambiamenti nella sensibilità al gusto questi possono influenzare l'appetito dell'anziano e la conseguente
motivazione a mangiare provocando disturbi alimentari.
Invecchiamento e malattia
L'epidemiologia geriatrica studia lo stato di salute, la funzionalità, la qualità della vita e la mortalità nella
popolazione anziana con l'obiettivo di definire interventi per migliorarne la vita.
Tra le principali cause di morte nell'invecchiamento vi sono: problemi cardiovascolari, ictus e cancro la cui
insorgenza raggiunge il picco di esso i 70.
Tra le più comuni malattie croniche (inizio lento e lunga durata) vi sono: l'artrite e l'artrite reumatoide (che
causano l'infiammazione dei legamenti) l'osteoporosi, l'ipertensione e il diabete.
Tra le malattie neurodegenerative croniche troviamo: la demenza, Il morbo di Alzheimer e il morbo di
Parkinson. I quadri più frequenti sono: demenza di Alzheimer, demenza vascolare, demenza dei corpi di
Levy e demenza fronto-temporale. Queste malattie croniche (anche se non sempre invalidanti) influiscono
sulla funzionalità e il generale benessere dell'anziano.
Incidenti e fratture sono frequenti. La fragilità è definita come una riduzione delle riserve di cui l'individuo
dispone è che lo rende più vulnerabile all'ambiente e meno idoneo a gestire alcuni compiti della
quotidianità i principali fattori che determinerebbero la fragilità sono: età superiore ai 75 cut-off, carenza o
assenza di rete primaria e secondaria di supporto, recente ospedalizzazione, presenza di eventi sentinella,
presenza di disabilità cognitiva o demenza, presenza di segnali di depressione, presenza di polipatologie,
basso livello economico. Due o più fattori di rischio sono sufficienti per far emergere una situazione di
fragilità.
In Italia la percezione percentuale di anziani sopra i 65 con disabilità è alquanto basta 7,5%. Alcuni fattori
psicologici, sociali e comportamentali favoriscono un buon invecchiamento e allungano la speranza di vita.
Tra questi: astensione attiva e passiva dal fumo, diete bilanciate e non essere sovrappeso, esposizione al
sole moderata, esercizio fisico costante che favorisce anche un buon tono dell'umore, consumo moderato
di alcol, check-up regolari, presenza di momenti di svago. Un numero adeguato di ore di sonno 7-8, un
atteggiamento positivo verso la vita, presenza di relazioni sociali e ruolo socialmente attivo nella propria
comunità, ambiente domestico sicuro.
Le tecnologie assistenziali
Le tecnologie assistenziali si sono sviluppate per far fronte agli eventuali problemi che possono causare dei
limiti nella funzionalità fisica, motoria, sensoriale e cognitiva ledendo la buona qualità di vita dell'anziano.
Uno dei limiti della tecnologia assistenziale è legato al costo che essa comporta, è alla minore familiarità
che l'anziano ha nell’utilizzarla. La sensibilità da parte dei comuni per rendere la città a misura di anziano
incomincia ad essere presente.
In Italia le norme generali sulla tutela della Salute sono di competenza statale, mentre l'assistenza e
l'organizzazione sanitaria spettano alle singole regioni. Si fa riferimento al concetto di rete di servizi che a
partire dagli anni novanta ha sostituito quello di lista dei servizi. Il motore della rete è l'unità centrale, unico
punto di accesso per il cittadino alla rete di servizi, basata sul lavoro multiprofessionale e multidisciplinare.
Le principali funzioni dell'Unità centrale sono: recepire la domanda, valutare il modo multidimensionale e
pluriprofessionale il bisogno espresso, elaborare un progetto assistenziale, predisporre e controllare lo
sviluppo operativo del progetto, verificare i risultati raggiunti. La valutazione multidimensionale permette
di delineare un profilo di autonomia per ogni individuo costituito dalle combinazioni possibili tra i suoi
differenti livelli nelle dimensioni della Salute presi in considerazione. L'approfondimento riguarda cinque
aspetti della Salute:
1. aspetti cognitivi,
2. aspetti sanitari (stato di salute patologie prevalenti aspetti sensoriali)
3. aspetti motori (livello di autonomia nella abilità nel salire le scale, uso di protesi,
4. abilità nella vita quotidiana (livello di autonomia nelle attività domestiche e extra-domestiche,
5. aspetti sociali (valutazione nella rete sociale primaria e secondaria, abitazione, condizione
economica).
Telemedicina: trasmissione elettronica delle informazioni del paziente al medico attraverso un sito remoto
permette di assistere al paziente a distanza mediante l'invio di dati o videoconferenze.
Cambiamento o stabilità
Le ricerche sullo invecchiamento cognitivo di Cattell, Horn e Cattell hanno distinto 2 comportamenti tra
loro in relazione:
1. Le componenti fluide: ragionamento memoria pensiero astratto sono sensibili all'età.
2. Le componenti cristallizzate: abilità legate alle esperienze accumulate che si mantengono alquanto
stabili con l'età.
Studi recenti hanno dimostrato come le crestallizzate possono persino migliorare all'aumentare dell'età. Tra
queste anche le emozioni. Le variabili emotivo-motivazionali giocherebbero un effetto protettivo sul
declino cognitivo. L'invecchiamento è un fenomeno multidimensionale e multidirezionale dove diverse
dimensioni seguono andamenti differenziati. Multidimensionalità e multidirezionalità si riscontrano anche a
livello neurologico dove solo alcune aree mostrano sensibilità con l'avanzare dell'età, per esempio la
corteccia prefrontale. Grazie alla plasticità del cervello durante l'invecchiamento si assiste a una
riorganizzazione funzionale che permette all'anziano di mantenere adeguati se non ha alti livelli di
prestazione nonostante il declino biologico.
La sessualità nell’invecchiamento
A dispetto dei notevoli progressi raggiunti dalla ricerca sul benessere psicofisico, permane ancora un'ampia
fascia di atteggiamenti pregiudiziali intorno alla sessualità delle persone anziane considerata disdicevole o
patologica. Una ricerca del si è CENSIS in cui sono stati intervistati 1298 anziani italiani ha rilevato come
molti di essi siano soddisfatti della qualità della loro sessualità. Circa il 73,4% degli italiani tra i 61 e i 70 e il
39,1% degli ultrasettantenni affermano di essere ancora sessualmente attivi. Nelle donne una minor
frequenza dell'attività sessuale è dovuta alla vedovanza. Per gli anziani in coppia il sesso continua a essere
una componente importante della relazione e del benessere. Chi riferisce un'alta frequenza di attività
sessuale da giovane mostra un minor declino sessuale da vecchio. Orgasmi sia in uomini che in donne sono
stati osservati anche dopo il compimento del novantesimo anno d'età.
Dal punto di vista fisico l'attività sessuale può essere ostacolata o limitata da alcune malattie croniche o da
patologie che causano dolore e interferiscono con i meccanismi di desiderio eccitazione erezione o
lubrificazione. Dal punto di vista psicosociale rivestono un ruolo importante anche altri fattori: la
disponibilità di un partner, la qualità della relazione di coppia, l'interesse pregresso per attività sessuali,
l'aderenza a stereotipi che hanno un effetto inibitorio e repressivo.
Casuccibreak down sessuale: l'anziano interiorizza atteggiamenti sociali negativi, percepisce sé stesso
come persona non sessuata con il rischio di sviluppare problemi di autostima e insicurezza. L'assenza di
relazioni intime porta più facilmente a solitudine e depressione, le persone sole sono più esposte a
problemi psicofisici.
Negli Stati Uniti e nel mondo occidentale di recente è stato sottolineato il fenomeno dei gaydivoroce: i
divorzi all'epoca dei capelli bianchi la cui percentuale è in costante aumento. La maggior aspettativa di vita
fa sì che le persone si domandino concretamente se valga la pena portare avanti un matrimonio che non
funziona.
DeLamateur e Sill hanno condotto una ricerca per valutare quali potessero essere le fonti di influenza nelle
diverse fasi di vita adulta. I dati indicano che nelle donne le principali fonti che influenzano il desiderio
sembrano essere l’età, l'importanza attribuita al sesso e la disponibilità di un partner, mentre per gli uomini
sarebbero l'età, l'importanza attribuita al sesso e l'istruzione. Anche altre ricerche confermano che nelle
persone anziane i principali predittori di attività sessuale sono l'essere “giovani-anziani”, avere un partner,
il livello di istruzione, essere sessualmente attivi e godere di buona salute mentale (Matthias). Le relazioni
intime sono il luogo privilegiato per il contatto fisico non necessariamente di tipo genitale, forniscono senso
di conforto gratificazione e sicurezza emotiva.
Le sensazioni sessuali sono tra gli ultimi processi biologici a deteriorarsi e costituiscono una fonte di
gratificazione nel momento in cui i piaceri della vita risultano ridotti drasticamente. Pertanto quando si
invecchia è più probabile che in un contesto maggiormente caratterizzato da perdite di vario tipo il bisogno
di contatto fisico aumenti anziché diminuire. Lo stesso discorso vale anche per gli individui deteriorati
cognitivamente poiché il contatto fisico può rappresentare un canale privilegiato di comunicazione e
raffigurazione (Tenenbaum).
La sfida che si pone negli istituti è prevalentemente di tipo etico . Ciò che sembra mancare è una maggiore
sensibilità da parte del personale sanitario nel considerare il desiderio di intimità e contatto fisico come
espressioni naturali dell'intero ciclo di vita. Un ulteriore aspetto ancora trascurato riguarda la popolazione
anziana omosessuale bisessuale o transessuale. Queste persone rischiano di essere discriminate sotto
molteplici aspetti.
Einstein 2012 dal punto di vista genetico gli studi sui centenari evidenziano come la componente familiare
della centenarietà sia molto forte. I loro genitori, fratelli, nonni e bisnonni sono individui che hanno vissuto
circa il doppio allo span medio di aspettativa. Motta riporta come i nonni dei centenari che avevano alla
nascita un'aspettativa di vita di 35 anni abbiano raggiunto i 70 anni e oltre. L'ipotesi è che esista un pool di
geni condivisi all'interno della stessa famiglia cruciali nel garantire la longevità è nel assicurare un
invecchiamento non soggetto alle patologie dell'età adulta avanzata. I correlati genetici da soli non sono
sufficienti, concordano solo sul 30% della spiegazione.
Dal punto di vista psicologico i centenari sono individui estroversi, energetici, dinamici con un
atteggiamento positivo verso la vita (Kato). Al Big Five portano punteggi bassi sulla scala del nevroticismo e
punteggi alti sulle scale di estroversione, apertura, amicalità e coscienziosità. Sono individui molto attivi e
loquaci. Gli studi sui processi cognitivi non sono molto numerosi, uno dei principali problemi riguarda la
difficoltà di somministrare test specifici che valutino le singole funzioni cognitive.
Uno studio sulle abilità cognitive dei centenari di Luczywek ha testato un gruppo di dieci centenari fuggitivi
rispetto a un gruppo di controllo di sessantacinquenni. I risultati hanno evidenziato differenze significative
per quanto riguarda gli aspetti verbali ma una performance simile sui test di natura viso spaziale, inoltre
sono stati più lenti nell'esecuzione delle prove.
Fromholth era interessato a esaminare il ricordo di eventi personali, la memoria autobiografica. Gli anziani
furono selezionati sulla base di brevi test di memoria. Sono stati rilevati l'amnesia infantile (pochi ricordi
provenienti dall'età dell'infanzia), il balzo del ricordo (per cui riportano ricordi nelle prime fasi dell'età
adulta e un balzo della tendenza a ricordare gli ultimi eventi nella loro vita). Essere longevi dipende da un
insieme di fattori: quelli genetici e ambientali giocano un ruolo fondamentale. Non si muore per
invecchiamento ma per le malattie e i disturbi che l'invecchiamento porta con sé. Conosciamo meno che
cosa determini la longevità dei processi cognitivi e perché alcuni dei centenari fuggitivi mostrino abilità
cognitive intatte. L'esercizio e la pratica giocano un ruolo importante. I centenari fuggitivi sono soggetti che
decidono di imparare a suonare uno strumento, tenere un diario, scrivere romanzi e dipingere o continuare
attività iniziate. Mantenere attivi i processi cognitivi, dedicarsi ad attività intellettive consente di
proteggersi dai deficit tipici dell'età avanzata. Uno studio di Hannson e Hagberg ha evidenziato come in un
gruppo di centenari la personalità, l'essere autonomi le abitudini divisa fossero in relazione con il
funzionamento dell'abilità di memoria.
Kliger, Zimprich e Rott modello di longevità cognitiva: livello di scolarità, attività intellettive pre e post 80,
variabili di personalità ed emotivo-motivazionali.
CAP 6
INTELLIGENZA E MEMORIA NELL’INVECCHIAMENTO COGNITIVO
L'interesse per i cambiamenti che subentrano nell'organizzazione e nella struttura delle abilità mentali età
correlate è alla base della psicologia dell'invecchiamento e si inscrive nella tradizione psicometrica. Tale
tradizione ha permesso di mettere in evidenza come lo sviluppo, inteso nel suo senso più ampio, sia
multidirezionale e multidimensionale. Ciò ha portato alcuni autori a distinguere fra operazioni/ meccanismi
mentali di base (o abilità fluide), biologicamente determinate, e abilità cristallizzate, culturalmente
determinate, che seguono traiettorie ben distinte con l'avanzare dell'età.
Un limite dell'approccio psicometrico (basato sull'uso dei test) è quello di de scrivere le abilità intellettive e
la loro evoluzione con l'età senza preoccuparsi di spiegarle. Per comprendere l'invecchiamento cognitivo
diventa necessario considerare l'efficienza dell'anziano in compiti che riguardano diverse abilità, capire
come queste abilità si integrino nell'organizzazione della mente e quali processi siano implicati.
L’approccio life-span (arco della vita), ha portato a considerare i cambiamenti lungo tutto l'arco di vita della
persona, sostenendo una visione secondo cui lo sviluppo, inteso come un continuo riequilibrio tra nuove
acquisizioni e la perdita di alcune abilità, caratterizza ogni fase dell'esistenza.
Gli anziani presentano con l'età un indebolimento di tutte le loro capacità sensoriali, a partire dalla vista e
dall'udito. Poiché le abilità sensoriali si ancorano direttamente alle basi biologiche dell'individuo, questo
risultato può essere messo in relazione all'ipotesi di Baltes e colleghi per cui i meccanismi di base
avrebbero, con il passare degli anni, un'influenza crescente sul funzionamento intellettivo.
Ciò ha portato Baltes e Lindenberger a formulare l'ipotesi della causa comune (common cause hypothesis):
postula che la stretta relazione tra le misure sensoriali e cognitive sia dovuta a una dipendenza di tali abilità
e funzioni da un'unica e comune architettura fisiologica del sistema nervoso centrale, evidenziando uno
stretto legame tra le caratteristiche del cervello, da cui dipendono le funzioni sensoriali, e le abilità
cognitive. Con l'avanzare dell'età il peso dei fattori biologici e genetici sarebbe sempre più importante nel
determinare il funzionamento cognitivo e ridurrebbe il ruolo delle competenze legate all'intelligenza
pragmatica nel compensare il declino cognitivo. Il rapporto tra efficienza sensoriale ed efficienza cognitiva
può essere più dettagliatamente documentato con riferimento a specifiche debolezze sensoriali
dell'anziano.
La debolezza nelle abilità di ragionamento fa riferimento soprattutto a operazioni di ragionamento fluido,
legate a situazioni e procedure nuove, per le quali l'anziano incontra severe difficoltà. Queste difficoltà non
sono però di carattere generale. La gamma delle situazioni di ragionamento va infatti dalla scoperta di
regole al problem-solving, ai processi induttivi e deduttivi, alla scelta e decisione, al ragionamento
probabilistico. I paradigini sperimentali, che introducono situazioni meno consuete e più astratte,
penalizzano maggiormente gli anziani di quanto poi si possa riscontrare nella vita di tutti i giorni. Tuttavia
maggiori cautela, lentezza e semplificazione, possono essere svantaggiose in situazioni testistiche che
richiedono la massima consequenzialità e completezza.
Metanalisi di Bopp e Verhaeghen [2005] ha mostrato che le differenze d'età sono minime in prove verbali
che richiedono il semplice mantenimento delle informazioni e diventano molto più importanti quando
invece la prova implica processi di elaborazione più complessi. Prove classiche di memoria a breve termine
sono lo span di cifre o parole in cui si devono ripetere cifre o parole appena ascoltate nello stesso ordine in
cui queste sono state sentite o lette dal partecipante.
In psicologia dell'invecchiamento si fa una distinzione tra prove che richiedono solo l'immagazzinamento
delle informazioni, come il classico span a breve termine, span di cifre in avanti, e quelle che richiedono di
riorganizzare il materiale ascoltato, come lo span all'indietro, in cui le cifre devono essere ripetute
dall'ultima ascoltata alla prima.
Le differenze d'età sono meno importanti per le prove di span a breve termine che per quelle di memoria
lavoro, e come lo span all'indietro sia più sensibile all'età dello span in avanti ma meno dello span di
memoria di lavoro. Le differenze tra giovani e anziani negli span in avanti e indietro emergono quando le
caratteristiche specifiche della prova proposta producono nei giovani punteggi elevati, per esempio
maggiori di 6, mentre in tutti gli altri casi i due gruppi sembrano avere prestazioni simili.
All'interno della memoria a lungo termine si distingue tra:
- memoria dichiarativa: conserva sia le informazioni riguardo fatti e concetti sia le informazioni
specifiche episodiche, a sua volta distinta in
o memoria semantica (che riguarda conoscenze consolidate per le quali si è perso il ricordo
degli episodi in cui sono state acquisite)
o memoria episodica.
- memoria procedurale (talora associata alla memoria implicita, per il fatto di poter produrre ricordo
senza averne consapevolezza), che conserva informazioni e conoscenze relative a procedure in
larga parte automatizzate.
Gli effetti dell'età sono più importanti per la memoria dichiarativa episodica, che implica un accesso
consapevole o controllato alle informazioni (ciò si evidenzia in parti colare nel recupero di eventi o fatti
specifici misurati con prove di ricordo o riconoscimento). Prove di memoria episodica sono rappresentate
da quasi tutti i test di memoria esistenti.
Quando le persone non cercano di ricordare in modo volontario le tracce mnestiche possono influenzare la
prestazione degli anziani quanto quella dei giovani. Tale cambiamento nel comportamento permette di
indagare la memoria implicita. Una prova tipica di memoria implicita è quella in cui si presentano dei
suggerimenti (cues) ai partecipanti e si avanza una richiesta che non fa riferimento alla memoria, ma ad
altri aspetti, per esempio al linguaggio. Un test di memoria implicita largamente usato è la prova di
completamento di parole, ove si presenta la radice di una parola (PES--) o un suo frammento (P-S-)
invitando il soggetto a completare con la prima parola che gli viene in mente. Senza che egli lo sappia alcuni
item possono essere completati utilizzando item precedentemente studiati e ora apparentemente
dimenticati. Il risultato più comune è quello per cui il soggetto è influenzato dal ricordo inconsapevole della
parola studiata-PESCA-e non produce un'altra parola che pure sarebbe plausibile (PESCE, PESCO, PESTO,
PASTA ecc.). L'influenza che gli item studiati hanno sulla prestazione è un esempio di pre-attivazione
(priming). Le prove di priming sono di due tipi:
1. priming percettivo (completamento di parole, identificazione di parole), che si basano sull'analisi
percettiva degli stimoli studiati,
2. priming concettuale o di produzione (associazione di parole), relate principalmente all'analisi del
significato dell'informazione target.
Nonostante le prove di memoria implicita siano meno sensibili all'età rispetto a quelle esplicite, una
recente metanalisi ha mostrato come anche in questo caso si possano trovare effetti dell'età che sono più
marcati per le prove di memoria con priming concettuale rispetto a quelle di priming percettivo [Light].
Inoltre cadute nelle prove di priming negli anziani e nei pazienti con sindrome di Alzheimer (AD) compaiono
se sono implicate richieste di produzione, presumibilmente a causa del ridotto controllo attentivo legato
all'età [Geraci] che non permetterebbe la selezione di quegli item critici studiati e quindi primed, e allo
stesso tempo l'inibizione di quegli item, competitori, che non sono stati studiati. La memoria procedurale,
misurata con prove di apprendimento procedurale e priming ripetitivo che non richiedano un accesso
consapevole delle informazioni, rimane invece sostanzialmente indenne all'avanzare dell'età, anche in
presenza di patologie cognitive degenerative, in particolare se la prova non richiede la produzione di una
risposta, ma si basa sulla semplice identificazione dello stimolo.
Gli effetti negativi dell'invecchiamento sulla prestazione della memoria episodica sembrano essere mediati
dalla quantità di supporto fornito durante la fase di ricordo: le differenze d'età sono meno pronunciate in
prove di riconoscimento, o quando sono forniti dei suggerimenti (cues), rispetto a prove più costose in
termini di risorse cognitive come la rievocazione libera (free recall).
Differenze di età molto più pronunciate sono state evidenziate in prove di apprendimento associativo, in cui
si devono creare e recuperare legami associativi tra le unità che non erano precedentemente relate, o in
prove di memoria della fonte, in cui ai partecipanti è chiesto di ricordare la fonte originaria
dell'informazione e non il suo contenuto.
Vari studi della Johnson mostrano come gli anziani non riescano per esempio a ricordare la voce con cui
delle informazioni sono state loro presentate e nemmeno se queste erano state effettivamente presentate
o da loro semplicemente immaginate, ma si ricordano perfettamente cosa è stato detto e presentato.
Similmente gli anziani si trovano meglio nel ricordare una sola informazione, quindi un solo aspetto legato
al contesto, piuttosto che più informazioni associate che necessitano di essere legate tra loro (nome e viso
di una persona, un'informazione e il suo contesto: avrebbero infatti maggiori difficoltà rispetto ai giovani
nel legare (binding) tra loro parti di un episodio in una unità coesa.
Un aspetto particolare ma non del tutto sovrapponibile alla memoria episodica, è rappresentato dalla
memoria autobiografica. Se il ricordo riguarda episodi recenti, la prestazione dell'anziano risulta indebolita,
soprattutto per i dettagli dell'evento, come accade nel caso di ricordi episodici meno personali. Se invece il
ricordo riguarda episodi acquisiti quando la memoria era più efficiente, nella misura in cui non si tiene
conto delle difficoltà di controllare la veridicità del ricordo e dei vantaggi dovuti alla ripetuta narrazione del
ricordo si può concludere che la prestazione non sembra subire modificazioni significative con l'età. Gli
anziani riescono a recuperare senza particolari difficoltà i ricordi del proprio passato, in particolare quelli
relativi al periodo della loro giovinezza. Il frequente fenomeno di ricordare con più facilità episodi accaduti
tra i 10 e i 30 anni viene chiamato reminiscence bump ed è attribuibile all'ottima capacità di memorizzare
che si aveva quando si è stati esposti all'evento, ma anche al fatto che la giovinezza e l'età adulta si
caratterizzano per la presenza degli eventi più significativi e positivi in termini di sviluppo sociale,
relazionale e lavorativo favorendone la codifica. Se gli episodi più significativi riguardano un altro periodo
della vita il bump può spostarsi. Uno dei problemi nel valutare la memoria autobiografica e gli effetti
dell'età è la difficoltà nel verificare l'accuratezza dei ricordi evocati. In generale sembra che il reminiscence
bump si collochi nella seconda decade di vita. La propensione a tenere vivi i propri ricordi è influenzata da
una particolare caratteristica dell'individuo, chiamata leopardismo (per ricordare l'amore che il poeta
Leopardi aveva per il ritorno al passato) o sensibilità alla memoria (memory sensitivity). A una maggiore
sensibilità alla memoria si associa anche una migliore memoria autobiografica e che gli anziani, sia di sesso
maschile sia di sesso femminile, hanno una elevata sensibilità, ovvero apprezzano, molto più degli adulti,
l'importanza dei ricordi e delle azioni volte a conservarli, e questa propensione li facilita in compiti di
memoria. È anche interessante osservare che le differenze nella sensibilità alla memoria fra uomini e
donne, largamente presenti in età adulta, tenderebbero a scomparire nell'anziano.
Un altro filone di ricerca sulla memoria episodica si è interessato agli errori di memoria che le persone
commettono, distorcendo l'evento (distorsioni) o addirittura pensando si sia verificato qualcosa che invece
non è mai successo (false memorie).
Con il paradigma del misinformation effect [Loftus, Miller e Burns] si evidenzia come, nel recupero dei
ricordi legati a un evento, la presentazione di un'informazione fuorviante interferisca in modo drastico sul
ricordo dei dettagli legati all'evento stesso, producendo delle cospicue distorsioni. Una rassegna ha messo
in evidenza come gli anziani abbiano un'accresciuta tendenza a incorporare materiale e informazioni nuovi
(non originali) nel ricordo o nella traccia di memoria originale e a essere sicuri dell'accuratezza di tali ricordi.
È stato mostrato che gli anziani producono molti più falsi ricordi dei giovani, ricordando, dopo la
presentazione di una lista di parole semanticamente o foneticamente associate con una parola
ingannévoles (critical lure). Distorsioni e falsi ricordi possono essere generati internamente o
esternamente. Una delle spiega zioni di questi effetti sembra essere quella relativa alla difficoltà degli
anziani a collegare il contenuto delle informazioni con il loro contesto, causando maggiore difficoltà nel
ricordare se un item familiare è stato generato internamente o presentato esternamente.
La memoria prospettica: il ricordare di ricordare che permette di programmare le azioni future e di
rievocarle nel momento in cui devono essere compiute (prendere una medicina alle ore 20). Gli studi
distinguono tra:
- memoria prospettica basata sul tempo (devo ricordarmi di prendere la medicina alle ore 20)
- quella basata sugli eventi (quando suona la sveglia devo prendere la medicina).
Le differenze d'età tra giovani e anziani sembrano essere più importanti per i compiti di memoria
prospettica basati sul tempo maggiormente legati a meccanismi di controllo interno [Einstein et al. 1995].
Nel determinare le differenze tra giovani e anziani in prove di memoria prospettica possono intervenire vari
fattori quali la tipologia dei compiti considerati, il contenuto dell'informazione da ricordare e la salienza
degli stimoli utilizzati [Henry]. Sembra che gli anziani siano avvantaggiati in compiti realistici (ricordarsi
recarsi ad un appuntamento), ottenendo prestazioni simili o addirittura superiori ai giovani, piuttosto che in
compiti classici di laboratorio. Sembra, inoltre, che le prestazioni degli anziani migliorino quando a essere
considerate sono attività con una rilevanza sociale. Contenuti emotivamente salienti sono ricordati meglio,
limitando le difficoltà riscontrate dagli anziani in memoria prospettica, persino in compiti di laboratorio.
Questi aspetti hanno spinto gli studiosi di memoria a parlare di «Paradosso dell'età in memoria
prospettica>>, per indicare come l'artificiosità dei compiti utilizzati nel setting sperimentale e la rilevanza
dei contenuti possano agire aumentando o diminuendo la distanza tra il livello di prestazione di giovani e
anziani.
Il declino specifico di alcuni sistemi di memoria sembra essere dovuto a difficoltà sia nel codificare le nuove
informazioni profondamente, a causa di una difficoltà nel controllo attentivo e nella selezione delle
strategie, sia nel recuperare le informazioni.
La memoria semantica (sistema con cui non solo immagazziniamo e recuperiamo le conoscenze generali
che sono organizzate concettualmente, ma anche manteniamo le informazioni linguistiche). In questo
senso la buona efficienza di memoria semantica dell'anziano riflette la generale competenza in prove di
intelligenza verbale e/o cristallizzata.
Nei giovani-anziani (età inferiore ai 74 anni) la prestazione in prove di memoria semantica, come il
vocabolario, può addirittura aumentare con l'avanzare dell'età.
Nonostante in generale la memoria semantica sia preservata dall'invecchiamento, questo non significa che
non ci siano cambiamenti dovuti all'età: pensiamo per esempio alla maggior frequenza nell'anziano del
fenomeno «<sulla punta della lingua», ossia alla difficoltà a ricordare una parola pur avendo il sentimento
di conoscere perfettamente tale parola, così come la maggior difficoltà degli anziani a sillabare
correttamente le parole. Questi fenomeni sarebbero legati alla memoria semantica, in particolare a un
deficit a livello del recupero completo dell'informazione fonologica della parola che causerebbe un
recupero parziale dell'informazione fonologica, mentre secondo altri sarebbero dovuti a un problema nella
trasmissione dell'attivazione.
2.5. Comprensione del testo
Tra le abilità intellettive (legate al linguaggio) di particolare interesse è la comprensione del testo. L'abilità
di comprensione di un testo è il risultato finale di un insieme di processi e di molteplici livelli di
elaborazione delle informazioni in esso contenute: dalla corretta identificazione e decodifica delle lettere
e/o delle parole, alle frasi e all'estrazione di unità di significato semplici, sino alla rappresentazione mentale
del significato del testo. Il lettore solo sincronizzando tra loro i diversi tipi di informazioni - lessicali,
sintattiche e semantiche - tenendole temporaneamente in memoria e, integrandole con le conoscenze, con
il sapere linguistico e concettuale che possiede, riesce a comprendere ciò che sta leggendo.
La comprensione del testo (orale o scritto) costituisce un esempio di abilità linguistica, per la quale c'è da
aspettarsi un buon mantenimento nell'anziano, ma costituisce anche un caso di cognizione complessa,
sostenuta da meccanismi di base per i quali invece si assisterebbe a un deterioramento senile.
Per poter creare una rappresentazione globale e coerente del testo è infatti necessario che il lettore sia in
grado di mantenere attive in memoria le informazioni lette, integrandole tra loro, aggiornando le
informazioni rilevanti e sopprimendo quelle irrilevanti mano a mano che procede nella lettura.
Un recente studio, utilizzando modelli in equazione strutturale, ha dimostrato come la memoria di lavoro
spieghi l'influenza dell'età sulla comprensione del testo, mentre la varianza legata all'età nella memoria di
lavoro sia spiegata dall'inibizione cognitiva e dalla velocità di elaborazione. Pertanto, potremmo aspettarci
la presenza di difficoltà nella comprensione del testo nell'invecchia mento. È stato evidenziato, come gli
anziani, a causa dei cambiamenti cognitivi nella gestione delle risorse attentive, incontrino alcune difficoltà
in prove di comprensione del testo. Allo stesso tempo vi sono però vari studi che hanno messo in evidenza
come tale declino non sia ineluttabile e come, in talune situazioni, tale abilità sia invece conservata. Infatti, i
lavori che si sono interessati alla comprensione del testo «per sé», all'analisi della capacità di costruire una
rappresentazione coerente del contenuto del testo [De Beni, Borella e Carretti], hanno mostrato differenze
tra giovani e anziani meno pronunciate o persino assenti [Borella, De Beni e de Ribaupierre]. Gli anziani
riuscirebbero tanto efficacemente quanto i giovani a utilizzare e ad aggiornare i modelli situazionali estratti
dal testo. Somministrando prove di comprensione più ecologiche, più vicine alla quotidianità, in cui il
lettore ha a disposizione il testo durante la fase di risposta alle domande, hanno trovato che gli anziani
sono in grado di raggiungere un livello sufficiente di comprensione, avvalorando l'ipotesi che queste abilità
restino adeguate alle richieste della vita quotidiana.
In situazioni di comprensione «troppo costose», il testo viene elaborato dagli anziani solo a livello
superficiale, impedendo la formazione di una rappresentazione globale e coerente del testo stesso.
Borella [2007] dimostra quindi l'importanza di distinguere tra comprensione e ricordo del testo letto, prima
di trarre conclusioni a favore o meno di un deficit di comprensione nell'invecchiamento. Per la valutazione
clinica del livello di comprensione del testo nell'anziano, è opportuno utilizzare strumenti che misurino le
abilità di comprensione (prove standardizzate COMP della batteria BAC [De Beni]) e non quelle di memoria
per il testo.
Waters e Caplan [2001] trovarono che il livello di comprensione degli anziani era inferiore a quello dei
giovani all'aumentare della complessità sintattica, se misurata attraverso i tempi di risposta o l'accuratezza
delle risposte alla lettura del testo. Al contrario, notarono che le differenze d'età dovute alla complessità
sintattica venivano annullate nel caso in cui la comprensione fosse valutata attraverso misure definite on
line -ossia durante il processo di comprensione- in cui si chiedeva di giudicare la veridicità di alcune frasi
rispetto al contenuto.
Un altro fattore relativo alla comprensione consiste nel genere letterario di appartenenza del testo. Mentre
lo scopo dei brani narrativi è quello di raccontare una storia con personaggi e una struttura temporale e
causale facilmente rintracciabili, i brani espositivi informano il lettore, riportando degli eventi o delle
informazioni, senza avere una struttura temporale e causale definite. Il declino della comprensione dei testi
espositivi, relato all'età, dipenderebbe dal contenuto meno familiare e più ricco di informazioni che richiede
un maggior impiego di risorse cognitive rispetto a testi narrativi.
3. I PROCESSI DI MEMORIA
Il ricordo può essere visto come un insieme di operazioni o processi mentali che includono l'acquisizione o
codifica delle informazioni e il loro successivo recupero. Le differenze d'età nella memoria possono essere
attribuite all'inefficienza di uno o più di quei processi responsabili del ricordo. Per quanto riguarda la
codifica, processi di codifica efficienti implicano che l'informazione sia elaborata profondamente, che
vengano create associazioni, che si organizzino tra loro gli item e che questi vengano integrati con le nostre
conoscenze. Processi di recupero efficienti implicano la ricerca di suggerimenti (cues) e piste rilevanti
nonché il monitoraggio dell'output di memoria. Tali processi richiedono risorse e processi controllati e
quindi sono costosi per l'anziano che non ha sufficienti risorse a disposizione.
I risultati sull'efficienza della codifica nell'invecchiamento offrono indicazioni in parte discordanti. Gli
anziani, pur codificando spesso con successo simile a quello dei giovani il materiale in maniera incidentale,
hanno difficoltà quando devono apprendere intenzionalmente delle informazioni. Tale dato ha portato
alcuni studiosi a identificare un problema a livello delle strategie, per cui durante la fase di codifica gli
anziani non userebbero strategie adeguate [De Beni]. La difficoltà degli anziani nei compiti di memoria
episodica è spiegata però secondo varie altre ipotesi che fanno riferimento sia alla codifica, sia ai processi di
recupero. Un'altra ipotesi fa riferimento alla distinzione fra processi controllati e automatici che permette
di spiegare la distinzione tra processi di ricordo vero e proprio (recollection), con recupero di dettagli
contestuali di un episodio, ed esperienza di familiarità, ossia il sentimento di aver esperito
precedentemente un evento senza ricordare nessuno specifico dettaglio contestuale. Vi sono tuttavia
teorie che hanno messo l'accento sul ruolo delle strategie metacognitive o della motivazione sulla
prestazione in prove di memoria.
CAP 7
1. I MECCANISMI DI BASE DELLA COGNIZIONE
Come si studia l'invecchiamento cognitivo?
1. L'approccio locale, che trova esemplificazione nella pubblicazione di Experimental Psychology,
Cognition and Human Aging di D.H. Kausler [1991], cerca di identificare quali componenti
dell'elaborazione delle informazioni siano danneggiate dall'invecchiamento e come esse influiscano
sulla prestazione. Nell'ambito della memoria, per esempio, si è cercato di identificare se
l'invecchiamento colpisca in modo selettivo un processo (codifica, mantenimento o recupero
dell'informazione), piuttosto che un sistema di memoria. Il metodo utilizzato è quello sperimentale
in cui si confronta la prestazione ottenuta da giovani e anziani in due versioni di uno stesso
paradigma: una versione baseline e una in cui vengono manipolati i processi di interesse. Si cerca di
riprodurre gli effetti dell'età osservati in un determinato compito modificando il minor numero di
parametri del modello cognitivo teorico generale. Ci permette di individuare a livello analitico-
micro-i meccanismi, i processi e i sistemi cognitivi influenzati dall'età, ma non consente di capire
come e perché questi si verifichino. Uno dei limiti è non fare riferimento a una teoria integrata del
cambiamento cognitivo che spieghi perché tale componente risente dell'età. Le differenze
dipendenti dall'età tra giovani e anziani potrebbero dipendere da un deficit generale, e non da un
deficit specifico di una componente del trattamento. Poiché il nostro sistema cognitivo è un
sistema interattivo, è difficile pensare che un deficit in uno specifico processo di memoria non
abbia un'influenza diretta, o indiretta, su altri processi, o che non sia legato a un deficit più
generale non identificato. L'approccio locale rischia di non esaminare in maniera esaustiva tutte le
componenti legate al trattamento delle informazioni e di non controllare se «manipolando»> una
determinata variabile questa non abbia un effetto anche su componenti che non volevamo
esaminare.
2. L'approccio globale-macro utilizza modelli integrativi in cui si ipotizza un numero limitato di
meccanismi che permettano di interpretare le differenze dipendenti dall'età, nelle componenti
specifiche di trattamento, a partire da parametri generali, fornendo consequenzialmente una
visione globale e unitaria dell'invecchiamento. Viene esemplificato dal libro Theoretical Perspective
on Cognitive Aging di Salthouse [1991a], in cui l'autore presenta e descrive l'approccio globale o
macro. Il metodo utilizzato è quello correlazionale, basato sulle differenze individuali, in cui un
insieme di variabili viene utilizzato per predire le differenze dipendenti dall'età (se lo studio è
trasversale) o i cambiamenti con l'età (se lo studio è longitudinale) in determinati aspetti della
cognizione. Il postulato base tipico di tale approccio è quello di considerare l'invecchiamento il
risultato di una modificazione nelle risorse mentali a disposizione per elaborare le informazioni e
non un'alterazione di processi cognitivi specifici. Le risorse sono concepite come energia mentale,
grazie alla quale si elaborano le informazioni, e come spazio mentale in cui hanno luogo tali
elaborazioni. Il concetto di risorse mentali implica dei meccanismi attivatori che permettono di
elaborare un numero limitato di informazioni. Con l'avanzare dell'età diminuirebbero tali risorse e
questo spiegherebbe la differenza nella prestazione. Da un punto di vista operazionale, il concetto
di risorsa mentale in psicologia è alquanto vago e non è ancora chiaro come le risorse mentali si
trasformino in un meccanismo o in un processo per elaborare le informazioni. Spesso identificate
con: velocità di elaborazione delle informazioni, capacità della memoria di lavoro e capacità
attentive o di inibizione. Più avanti delineeremo meglio le tre posizioni.
Tenendo conto della complessità del nostro sistema cognitivo, la diminuzione delle risorse cognitive
risulterebbe maggiormente spiegata dall'interazione dinamica tra più fattori generali.
2. VELOCITÀ DI ELABORAZIONE
La velocità con cui si elaborano le informazioni (processing speed) viene definita in termini di rapidità con
cui vengono iniziate e condotte operazioni cognitive elementari. Essa è considerata uno dei fattori principali
che spiegano le differenze che l'avanzare dell'età genera nella cognizione in tutto il corso della vita;
Salthouse [1996].
Gli studi sul ruolo della velocità nello sviluppo e nell'invecchiamento hanno cercato di dimostrare che i
cambiamenti evolutivi non erano legati a cambiamenti di competenza nell'effettuazione di specifici compiti,
ma valevano in misura simile per molti compiti differenti.
Cerella e Hale [1994] hanno mostrato, per esempio, come il tempo richiesto alla mente per lavorare sia
rappresentato da una funzione a U: nell'infanzia il tempo richiesto è maggiore, ma con lo sviluppo la
velocità di elaborazione incrementa; seguono poi una fase di plateau, ovvero di mantenimento di tempi
bassi di elaborazione durante tutta la gioventù e la prima età adulta, e un graduale declino della stessa
nell'età adulta matura e nell'invecchiamento. Non è difficile ritrovare a livello neurobiologico a livello di
trasmissione dell'impulso nervoso, dei cambiamenti che potrebbero spiegare la variazione nella velocità di
elaborazione dell'informazione. Tale declino viene attribuito a cambiamenti nel peso del cervello, nella
struttura dendritica, nella mielizzazione delle fibre nervose e nell'efficacia dei recettori dopaminergici che
porterebbero a un rallentamento nelle operazioni cognitive e a una diminuzione della prestazione
osservata. Alcuni studi hanno rilevato come anche le modificazioni, legate all'avanzare dell'età, nel sistema
visivo possano influire sulla velocità con cui l'anziano elabora le informazioni.
Useful Field of View (UFOV) è l'area visiva entro la quale gli stimoli possono essere riconosciuti e localizzati
senza che la persona muova gli occhi o la testa. UFOV misura la quantità di informazioni che può essere
elaborata con un solo breve sguardo. È indice di integrità del sistema visivo, ed è correlata con la velocità di
elaborazione, il livello di scolarità, il funzionamento mentale e il benessere percepito [Edwards].
Nell'invecchiamento UFOV si riduce, e questa diminuzione influisce soprattutto sulla velocità di
elaborazione degli stimoli visivi. La velocità di elaborazione è generalmente testata attraverso prove in cui
viene chiesto di dare una risposta il più velocemente possibile o di dare il maggior numero di risposte entro
un determinato limite di tempo:
- Prove di velocità percettiva, come per esempio quelle il cui compito richiesto è di confrontare il più
velocemente possibile una serie di segni o di sequenze di lettere [Salthouse e Babcock] o la prova
Codice (digit symbol) della WAIS-R che richiede di tracciare velocemente i simboli appropriati sotto
le cifre corrispondenti [Wechsler].
- Prove sui tempi di reazione semplici, per esempio schiacciare velocemente un pulsante ogni volta
che sullo schermo appare una X.
- Prove sui tempi di reazione complessi, per esempio schiacciare rapidamente uno fra diversi pulsanti
a seconda dello stimolo comparso.
I risultati delle varie ricerche condotte mostrano in modo costante e inequivocabile che gli anziani hanno
tempi di esecuzione molto più lenti rispetto ai giovani. La riduzione della velocità di elaborazione con l'età
viene a imporsi nella letteratura sull'invecchiamento cognitivo come uno dei dati più robusti a sostegno dei
cambiamenti dovuti all'età.
Gli studi sulla velocità di elaborazione, principalmente condotti dal gruppo di Salthouse hanno anche
permesso di mettere in evidenza come questo meccanismo sia un mediatore affidabile della relazione tra
età e costrutti cognitivi più complessi, quali la memoria di lavoro, il ragionamento e la memoria episodica;
in partico lare la velocità spiegherebbe il 79% della varianza in prove di ragionamento, il 72% in prove
spaziali e il 70% in prove di memoria episodica. Vari studi mostrano anche come, tenendo conto della
velocità di elaborazione, le differenze dipendenti dall'età nelle prestazioni cognitive si riducano
notevolmente. Il declino della velocità è stato confermato anche dai pochi studi condotti che hanno
adottato una metodologia longitudinale.
Salthouse [1996] propone due meccanismi che potrebbero spiegare la relazione tra velocità e cognizione:
1. il meccanismo del tempo limitato: le operazioni cognitive necessarie per riuscire in un'attività non
possono essere attuate se le prime operazioni cognitive richieste dal compito vengono eseguite
troppo lentamente, non lasciando altro tempo sufficiente per eseguire le successive operazioni,
rischiando di conseguenza che queste ultime vengano realizzate in modo meno preciso
2. il meccanismo di simultaneità: un processamento lento riduce anche la profondità con cui le
informa zioni vengono elaborate; le informazioni precedentemente elaborate diventano meno
precise e accurate, a mano a mano che il tempo.
Tenuto conto del ruolo della velocità nella prestazione cognitiva e come mediatore degli effetti dell'età,
diventa necessario controllare tale variabile nello studio dell'invecchiamento cognitivo. Il non controllare le
differenze nella velocità tra giovani e anziani potrebbe indurre a errate attribuzioni relativamente ai
meccanismi responsabili dei cambiamenti nelle prestazioni degli anziani. Tuttavia, la velocità di
elaborazione non sembra spiegare in maniera soddisfacente né le variazioni che si riscontrano negli studi
longitudinali, né le differenze intraindividuali; questo ci porta a dover considerare e identificare altri fattori
specifici sottostanti ai cambiamenti cognitivi.
3 ATTENZIONE E INIBIZIONE
Anche il concetto di attenzione si riferisce a diversi aspetti e usi. Rogers [2000] fornisce una classica
distinzione fra tipi diversi di attenzione e ne illustra la diversa sensibilità all'invecchiamento
Tipo di attenzione Sensibilità
Selettiva (richiesta nello scegliere e fissarsi sull'informazione appropriata) Dipende dai compiti
Focalizzata (impegnata quando ci si concentra su una determinata attività) Bassa
Divisa tra due compiti (prestare attenzione concomitantemente a due cose diverse) Dipende dai compiti
Mantenuta (si mantiene a lungo la concentrazione su un’attività) Bassa
Swiching (si deve spostare rapidamente l'attenzione da un’informazione a un'altra) Dipende dai compiti
Fenomeno del mind wandering: spostamento dell'attenzione dall'ambiente esterno a sensazioni interne o
rappresentazioni mentali associate. Nonostante sia molto comune, caratterizza il 25 50% della nostra
giornata, ci sono circostanze in cui può essere controproducente. Es: situazioni in cui il compito richiede
gran parte delle risorse ma la persona non è in grado di bloccare i pensieri intrusivi o non riesce a
controllare fenomeni rimuginamento. La teoria del controllo evidenzia la centralità delle funzioni esecutive
nel determinarlo e vede il mind wandering come causato dalla mancata inibizione di stimoli interni ed
esterni generati in modo automatico e continuo che vanno a sovraccaricare la memoria di lavoro portando
a un peggioramento della prestazione. Solo le persone con elevate capacità di memoria di lavoro sono in
grado di sopprimere i pensieri intrusivi e orientare le proprie risorse al compito primario in modo
proporzionale alla sua complessità. Non è stato evidenziato un amento del mind wandering
nell'invecchiamento. Dato che è una causa interna è stabile, può condurre a un abbassamento
dell'autostima, al ritiro dei compiti cognitivi ed è correlata positivamente all'ansia e a un basso benessere.
Nel caso dei compiti attentivi, è stata avanzata l'ipotesi che la maggiore difficoltà incontrata dall'anziano
riguardi un aspetto particolare del controllo e cioè la capacità inibitoria.
L'inibizione è un processo che consente di mantenere l'attenzione su stimoli specifici, resistendo
all'interferenza provocata da distrattori endogeni o esogeni. Birren, già nel 1959, aveva presentato alcuni
risultati, ottenuti da più studi sia psicologici sia fisiologici, in cui emergeva che all'aumentare dell'età
compariva un crescente deficit inibitorio. L'inibizione è generalmente vista come un meccanismo attentivo
implicato in attività sia semplici (prove percettive) sia complesse (memoria di lavoro). Essa opera tanto
nella codifica quanto nel recupero delle informazioni immagazzinate, controllando che non vengano attivati
distrattori irrilevanti e che la persona non sia distratta da questi. Il ruolo dell'inibizione è soprattutto legato
al controllo esercitato sui contenuti temporanei della memoria di lavoro: questo controllo è cruciale se si
considera che la memoria di lavoro ha una capacità limitata. Il controllo secondo Bjorklund e Harnisheger
[1995], avverrebbe «sopprimendo contenuti precedentemente attivati, eliminando azioni irrilevanti, e
resistendo all'interferenza di processi che potenzialmente possono catturare l'attenzione»>.
La funzione dell'attenzione, secondo Baddeley [1986], non è dissociabile dalla funzione della memoria di
lavoro, in quanto implica, nella gestione di informazioni mantenute in un sistema temporaneo di memoria,
resistenza alla distrazione e all'interferenza. Una scarsa inibizione può danneggiare la presta zione cognitiva
permettendo a informazioni irrilevanti di consumare la capacità di immagazzinamento e consentendo
altresì che le risorse cognitive siano utilizzate per materiali irrilevanti.
La teoria dell'inibizione nell'invecchiamento cognitivo: la prestazione cognitiva degli anziani sarebbe
influenzata da una maggiore difficoltà a selezionare le rappresentazioni appropriate per i fini dell'attività da
svolgere e a inibire le rappresentazioni percettive, mnestiche e le risposte non pertinenti dell'attività.
Tale ipotesi porta con sé è che vi sia una sorta di saturazione della capacità di elaborazione a causa della
presenza di troppe informazioni che l'anziano non riesce a gestire.
Hasher e Zacks attribuiscono al controllo inibitorio tre funzioni:
Accesso: inibizione del distrattore al momento della codifica, compito: Negative priming
Soppressione: soppressione di informazioni precedentemente pertinenti per il compito ma che non
lo sono più. Per misurarla i compiti prevedono un Oblio diretto e un’Interferenza proattiva
Restrizione: controllo dell'interferenza causata da stimoli in competizione che richiedono
l'inibizione di informazioni dominanti attraverso i compiti di Stroop colore e Hayling test o
completamento di frasi. Riguarda anche l'inibizione comportamentale, quindi la soppressione
controllata di una risposta motoria automatica pronta per essere eseguita esaminabile attraverso i
compiti Go/no go. Infine riguarda l'inibizione oculo-motoria quindi l'inibizione controllata di un
movimento di riflesso il compito per valutarla e l’Antisaccade.
Un'altra misura dell'efficienza dell'inibizione sono gli errori di intrusione. De Beni e colleghi, in vari studi
sulle differenze dipendenti dall'età nella memoria di lavoro verbale, hanno notato come gli anziani in prove
di memoria di lavoro ricordino molte informazioni che erano state effettivamente presentate ma non erano
da ricordare, commettendo gli errori di memoria o di intrusione. Tali evidenze hanno portato gli autori a
ipotizzare che la bassa prestazione degli anziani in prove di memoria di lavoro sia dovuta alla difficoltà di
sopprimere item precedentemente attivati, per eseguire la prova, ma non rilevanti per gli obiettivi del
compito. Analizzando gli errori di intrusione, in uno studio è risultato che gli anziani facevano più errori di
intrusione di item appartenenti alla lista di stimoli che avevano appena elaborato, quindi più attivati,
rispetto a stimoli di liste precedenti, meno attivati.
Robert e colleghi [2009] hanno confrontato i diversi tipi di errori di intrusione che possono essere fatti
distinguendoli in
- intrusioni di liste precedenti (parole ricordate-target o non target-di liste precedenti),
- intrusioni non finali (parole non finali dello stesso trial)
- invenzioni (parole non presenti nella prova).
I risultati di questo studio hanno mostrato differenze dipendenti dall'età tra giovani, giovani anziani e
grandi-vecchi solo per gli errori di intrusioni non finali.
Cornoldi e colleghi [2006] hanno mostrato che l'effetto compare anche in un compito di memoria di lavoro
visuo-spaziale in cui i vuoti di memoria potrebbero essere colmati sia da informazioni già presentate, sia da
informazioni nuove. Questi risultati confermano la diminuzione dell'efficacia dell'inibizione legata all'età, e
la maggior sensibilità degli anziani a sopprimere informazioni recentemente attivate rispetto a informazioni
meno attivate.
Si è visto che gli anziani non solo producono un maggior numero di intrusioni, in un compito sperimentale
di memoria di lavoro, ma si caratterizzano anche per una maggior frequenza di pensieri intrusivi in
situazioni della quotidianità [Borella).
Critiche all'ipotesi inibitoria:
Verhaeghen e De Meersman [1998b], prima di interpretare i risultati in termini di declino dell'inibizione con
l'invecchiamento, è necessario considerare altri fattori come la velocità di elaborazione. La metanalisi da
loro condotta mostra come la differenza dipendente dall'età tra giovani e anziani in alcune prove di
inibizione, come lo Stroop colore o il negative priming, si annulli quando si tiene conto (controlla per) della
velocità di elaborazione. Altri aspetti da considerare sono le caratteristiche psicometriche delle prove di
inibizione utilizzate (affidabilità) e della popolazione esaminata.
Sempre più studi mostrano come le correlazioni tra le diverse misure di inibizione siano spesso molto basse
se non nulle. Questo implica che probabilmente esistono specifici processi di inibizione che sono sollecitati
a seconda delle richieste del compito e della situazione sperimentale.
Friedman e Miyake [2004], sulla base della somministrazione di diverse prove di inibizione a un campione
di soli giovani, confermano la specificità di queste funzioni e concludono dicendo che «<le teorie che
concepiscono l'inibizione come un meccanismo unitario sono probabilmente troppo ambiziose».
Sembrerebbe infine che gli anziani siano più suscettibili alle informazioni irrilevanti, ma che non abbiano
meccanismi inibitori meno efficienti.
Borella, Carretti e De Beni [2008] adottando la prospettiva dell'arco di vita. A partecipanti di età compresa
tra i 20 e gli 86 anni, divisi per decadi, sono state somministrate più prove di inibizione e di memoria di
lavoro. Le prove di inibizione erano volte a valutare sia l'abilità a resistere a informazioni dominanti ma non
rilevanti (Hayling Test), sia la capacità di sopprimere informazioni non più rilevanti (errori di intrusione).
Inoltre è stata raccolta una misura soggettiva, relativa alla autopercezione e alla frequenza dei fallimenti
cognitivi nella quotidianità, utilizzando un questionario sui fallimenti cognitivi (QFC). L'andamento
dell'inibizione nell'arco della vita è emerso non essere lineare ma quadratico: l'efficacia dell'inibizione non
ha un declino lineare in quanto rimane stabile dai 20 ai 60 anni per poi subire una diminuzione, che appare
più pronunciata per il gruppo di età con più di 70 anni. È quindi probabile che l'impatto, più importante, dei
fattori biologici dopo i 70 anni porti a un declino cognitivo maggiore e a una conseguente riduzione di
questo meccanismo base della cognizione. La ricerca ha evidenziato modeste correlazioni tra le varie
misure di inibizione, dato che risulta quindi a favore della multidimensionalità di tale meccanismo e a
sfavore della sua generalità.
L'inibizione è uno dei fattori proposti che spiegherebbe la diminuzione delle risorse nell'invecchiamento
normale. Hasher e Zacks [1988] propongono l'ipotesi del declino dell'inibizione nell'invecchiamento come
fattore responsabile della bassa prestazione che gli anziani ottengono in varie prove cognitive.
4 LA MEMORIA DI LAVORO
Il costrutto di memoria di lavoro (MdL), sistematizzato da Baddeley e Hitch [1974], si riferisce alle
operazioni utilizzate per immagazzinare temporaneamente le informazioni anche al fine di elaborarle per
l'esecuzione di altri compiti.
La definizione strutturale e funzionale della MdL varia notevolmente a seconda dell'approccio teorico.
1. La memoria di lavoro è un sistema unitario che può implicare l'attivazione temporanea di
sottocomponenti della memoria a lungo termine per mantenere ed elaborare le informazioni
attraverso l'attenzione controllata o esecutiva. Per Engle, Kane e Tuholski riguarda l'abilità di
utilizzare una componente attentiva/esecutiva che mantiene attive in memoria solo le in
formazioni rilevanti per raggiungere un obiettivo, sopprimendo quelle irrilevanti e/o interferenti.
L'attenzione controllata/esecutiva è una risorsa cognitiva generale che non dipende dalla natura
del materiale e determina la differenza fra la memoria a breve termine (ove essa non è presente in
maniera significativa) e la memoria di lavoro vera e propria. Le differenze individuali relative alla
memoria di lavoro sono legate alle capacità attentive: più queste sono efficienti, maggiore è il
numero di elementi che possono essere mantenuti attivi in memoria determinando il successo in
prove di MdL o che la implicano.
2. Visione frazionata: la memoria di lavoro è scomponibile in sottosistemi, alcuni dei quali vengono
definiti dalla natura del materiale da ricordare. Nel modello di Baddeley è composta dai seguenti
sistemi:
a. il loop fonologico: responsabile di mantenimento ed elaborazione delle informazioni di
natura acustica e verbale, coinvolto nella comprensione del linguaggio;
b. il taccuino visuo-spaziale (memoria di lavoro visuo-spaziale) deputato a mantenere le
informazioni spaziali-visive e implicato in prove di immaginazione ecc.;
c. il buffer episodico, introdotto recentemente, legato al recupero delle informazioni dalla
memoria a lungo termine e all'associazione delle informazioni tra loro per formare episodi
integrati;
d. l'esecutivo centrale, sistema di controllo attentivo che svolge gran parte delle operazioni
ascritte alle già citate funzioni esecutive. Ha la funzione di supervisionare i sistemi
periferici, selezionando le strategie e coordinando le attività in modo da elaborare gli
stimoli immagazzinati dai due servosistemi. Le differenze individuali sarebbero legate ai
processi esecutivi che implicano la coordinazione dei due sistemi o la gestione delle risorse
attentive che varia da individuo a individuo.
Miyake e Shah [1999], sintetizzando le differenti prospettive di memoria di lavoro:
1. La capacità della MdL è di natura limitata e tali limiti sono influenzati, dalla quantità di risorse
disponibili, dal de cadimento della traccia mnestica, dalla suscettibilità all'interferenza e dalla
velocità di elaborazione.
2. La gestione delle risorse attentive è una caratteristica centrale della MdL, che permette di spiegare
il ruolo della MdL nella cognizione complessa nell'intelligenza fluida.
3. Le conoscenze in memoria a lungo termine hanno un ruolo importante in prove di memoria di
lavoro, anche se il loro ruolo non è ancora chiaro.
4. La MdL non deve essere concepita come una entità specifica strutturalmente distinta dal sistema
cognitivo.
5. Il controllo e la regolazione della MdL dipendono dal monitoraggio e dall'aggiornamento del
contenuto della memoria di lavoro, dalla pianificazione e dall'inibizione attiva delle informazioni.
6. La MdL non è completamente unitaria, in quanto fattori specifici (strategie, tipi di materiali e
operazioni implicati, conoscenze specifiche nella memoria di lavoro) possono determinare la
prestazione in compiti diversi di memoria di lavoro.
Tutte le prove di MdL, sebbene si differenzino a livello di materiale utilizzato richiedono di mantenere delle
informazioni da rievocare, dopo aver completato processi attentivi di ela borazione sullo stesso materiale
proposto. Il mantenimento e l'elaborazione attiva delle informazioni richiesti differenziano tali prove da
quelle di memoria a breve termine.
La distinzione tra MdL e memoria a breve termine è stata empiricamente confermata da numerosi studi
che hanno mostrato come i punteggi siano differenziabili, si possano riscontrare deficit specifici
differenziati e i processi implicati siano diversi. Ricerche che hanno utilizzato tecniche di visualizzazione
cerebrale hanno mostrato come vi siano attivazioni di aree cerebrali diverse in compiti di MdL e in compiti
di memoria a breve termine. A differenza delle prove di span semplice, i compiti di MdL predicono la
prestazione in compiti cognitivi complessi come la comprensione del testo, l'intelligenza fluida ecc.
L'ipotesi che i cambiamenti nella memoria di lavoro spieghino i cambiamenti cognitivi nell'infanzia e nell'età
adulta avanzata è sostenuta dalla ricerca sullo sviluppo e sull'invecchiamento, Le prove di MdL sono inoltre
molto più sen sibili all'età rispetto alle prove di span semplice.
Vi è dibattito sul fatto che tale declino sia più accentuato in prove visuo-spaziali rispetto a prove verbali.
Secondo altri studi le differenze dipendenti dall'età nella MdL sono comparabili indipendentemente dalla
natura della prova e la supposta maggiore debolezza nelle prove visuo-spaziali sarebbe da imputare alla
minore familiarità dell'anziano con il materiale da ricordare. Manipolando la presentazione degli item delle
prove di MdL, iniziando i test con i set più lunghi - modalità discendente -(e non con i più corti come nelle
versioni classiche: modalità ascendente), la prestazione degli anziani (sia giovani-anziani sia grandi-vecchi)
non risulti più così deficitaria [Carretti, Mammarella e Borella 2012]. L'utilizzo di versioni di scendenti
ridurrebbe l'interferenza proattiva sulla prestazione in compiti di MdL, indipendentemente dalla natura del
materiale.
CAP 8
EMOZIONI, MOTIVAZIONI E PERSONALITÀ NELL'INVECCHIAMENTO ATTIVO
Rispetto ai giovani, gli anziani sono più proiettati verso gli affetti, assegnano una via preferenziale alle
emozioni, ricercano relazioni e affetti stabili come la famiglia, i nipoti ecc. e danno più importanza alla
connotazione emotiva di un evento. I processi di elaborazione emotiva non subiscano un declino e possano
persino migliorare «paradosso dell'invecchiamento»
1. L'approccio delle emozioni differenziali (Differential Emotions Theory, DET) sostiene che all'aumentare
dell'età le emozioni diventano sempre più complesse a causa di un maggior numero di rielaborazioni
cognitive che legano le diverse emozioni tra loro [Magai]. In particolare c'è un numero limitato di emozioni
umane di base o fondamentali, molte delle quali non cambiano per tutto l'arco di vita. Per esempio,
indipendentemente dall'età, la vergogna viene sempre vissuta come una maggior consapevolezza del sé e il
desiderio di nascondersi. Tuttavia, il sistema emotivo nel suo complesso è considerato plastico e si modifica
in risposta alle nostre capacità cognitive e alle richieste ambientali. Per questo possiamo assistere a un
miglioramento nella capacità di anticipare e gestire le risposte emotive proprie e altrui con l'avanzare
dell'età. Gli anziani diventano più bravi nella regolazione sociale delle proprie emozioni rispetto ai giovani.
Ciò avviene perché il non essere in grado di controllare le emozioni può mettere in pericolo le relazioni
intime, quelle relazioni sociali che vengono considerate fondamentali da un anziano. Dall'altra parte, il
cambiamento a carico delle funzioni esecutive, della pianificazione, dell'inibizione ecc. può rendere
l'inibizione delle espressioni emotive più difficoltosa per gli anziani e può portare all'utilizzo di strategie di
regolazione diverse rispetto a quelle utilizzate dai giovani. Si possono osservare, in età adulta avanzata, dei
cambiamenti negli aspetti dell'esperienza emotiva, nell'espressione e nella regolazione delle emozioni a
causa dell'interazione con le richieste sociali e le modificazioni a carico dei processi cognitivi, che rendono il
sistema emotivo più complesso.
2.L'approccio dell'integrazione dinamica (Dynamic Integration Theory, DIT [Labouvie-Vief). Come il DET
sostiene che con l'aumentare dell'elaborazione cognitiva, aumenta la complessità delle emozioni. Secondo
la DIT, durante tutto l'arco di vita gli individui possono evidenziare due percorsi di sviluppo emotivo:
- L'ottimizzazione: meccanismo di natura automatica, implicita, non richiede grandi risorse cognitive.
Spinge gli individui verso un numero maggiore di stati emotivi positivi e un numero minore di stati
emotivi negativi
- La differenziazione degli stati emotivi è un meccanismo che prevede maggior elaborazione
consapevole delle emozioni e maggiori risorse cognitive. Spinge verso la complessità cognitivo-
affettiva (tendenza a rielaborare, analizzare e comprendere maggiormente le proprie e altrui
emozioni).
Durante l'arco di vita, lo sviluppo emotivo avviene grazie a una continua integrazione dinamica e flessibile
di questi due meccanismi. Con l'aumentare dell'età, gli anziani evidenziano fanno affidamento soprattutto
su meccanismi di ottimizzazione per compensare la perdita della complessità cognitivo-affettiva.
3.La teoria della selettività socioemotiva (Socioemotional Selectivity Theory, SST) di Carstensen [1992]
prevede una selettività nelle scelte e nelle relazioni sociali all'aumentare dell'età finalizzata alla
soddisfazione emotiva. I punti principali sono tre.
I. Gli obiettivi che guidano le nostre azioni, e il nostro comportamento in generale, possono essere
classificati in due grandi gruppi.
a. Gli obiettivi conoscitivi: si basano sull'osservazione, l'esplorazione, la ricerca e l'acquisizione
di informazioni, definiti «di apprendimento» o “di preparazione”, in quanto spingono ad
acquisire nuove conoscenze per preparsi al futuro. Le relazioni sociali vengono considerate
il mezzo principale di acquisizione di nuove conoscenze
b. Gli obiettivi emotivi (o di soddisfazione emotiva): si riferiscono alla capacità di regolare i
propri stati emotivi nel presente. Rientrano in questi obiettivi il tentativo di evitare stati
emotivi negativi a vantaggio di quelli positivi, il desiderio di dare un significato alla propria
esistenza, la soddisfazione emotiva e il coltivare delle relazioni stabili e le più intime
possibili. Il contatto con gli altri viene ridotto e considerato lo strumento principale di
regolazione delle proprie emozioni (la qualità delle relazioni fa la differenza).
II. La percezione del tempo influenza la natura degli obiettivi che perseguiamo. Quando il tempo viene
percepito come illimitato, gli individui sono proiettati verso il futuro e prevalgono gli obiettivi
conoscitivi. Quando si percepisce il tempo come limitato, gli individui sono orientati al presente e
gli obiettivi conoscitivi lasciano spazio a quelli emotivi. Quando la preoccupazione per il futuro
lascia spazio alla preoccupazione per il presente, gli aspetti emotivi diventano l'obiettivo principale
e gli anziani tendono a essere più selettivi nella costruzione e nel mantenimento di relazioni sociali.
Verranno mantenute soprattutto quelle relazioni sociali familiari, conosciute da tempo, e che
generano sicurezza e tranquillità. Secondo Carstensen la percezione del tempo influenza anche in
modo inconsapevole il comportamento di un anziano attraverso degli eventi o marker temporali
che spingono verso una direzione piuttosto che un'altra.
III. Essendo più orientati al presente e meno preoccupati per il futuro, la focalizzazione sugli aspetti
emotivi rappresenta per gli anziani una certezza. Questa forma di controllo emotivo viene definita
«regolazione emotiva focalizzata sull'antecedente», e si riferisce alla capacità di evitare
proattivamente gli stati emotivi negativi attraverso la regolazione delle relazioni sociali. Gli anziani
organizzano il loro mondo sociale prima che l'emozione emerga allo scopo di ottimizzare le
esperienze emotive gratificanti e significative ed evitare esperienze potenzialmente negative.
Interagiscono con un numero ridotto di persone, con le persone che conoscono bene, come vecchi
amici e membri della famiglia. Un numero ridotto e controllabile di interazioni di vecchia data
permette di provare più emozioni positive, e di dare un significato emotivo più profondo alla loro
vita. Si focalizzano di più sulla qualità emotiva degli scambi sociali. La sensazione che «questa
potrebbe essere l'ultima volta» spinge le reazioni emotive verso il polo della positività.
Un'altra modalità per regolare gli stati emotivi è quella della <<riduzione dell'anticipazione della
negatività», la tendenza a pensare meno alle conseguenze negative delle decisioni e, dunque, a sostenere
che le decisioni prese giungano, nella maggior parte dei casi, a buon esito.
2.3.2. Sostituirsi
Ogni persona esprime il bisogno di sentirsi competente in diversi ambiti e situazioni. L'eventuale
frustrazione di tale bisogno genera demotivazione e riduce la percezione di benessere.
A creare apprensione non è tanto l'insuccesso o la difficoltà, quanto la reazione. Fa la differenza se il
risultato è attribuito a un impegno precario che quindi può migliorare o a caratteristiche stabili che
spingono a credere di non poter riuscire mai. Il sostituirsi in taluni casi è mosso dal confronto con gli altri, di
solito con persone più competenti o più giovani, e quindi dal riferimento a standard normativi, anziché a
obiettivi personali, calibrati sulle capacità già possedute e da eventualmente migliorare. Ci si percepisce
competenti nell'affrontare compiti che rientrano nell'ambito della sfida ottimale, cioè che sono
leggermente più difficili di quelli già affrontati in precedenza (e quindi capaci di sfidare le proprie abilità).
Fra le condizioni ambientali potenzialmente demotivanti vi sono i feedback, ovvero quei messaggi che
volutamente o a volte anche spontaneamente vengono a rafforzare un risultato o un impegno. Fra questi
Dweck [2000] ha distinto quelli sulla persona e quelli sul compito. I feedback sulla persona, del tipo <<sei
bravo»> oppure <<sei negato: lascia stare», «<ormai sei vecchio: non hai più l'età», tendono a demotivare,
mentre i feedback sul compito, del tipo «ci stai riuscendo»>, <<va molto meglio»>, <<ancora un piccolo
sforzo e ci siamo»>, favoriscono la motivazione e riducono la tendenza a evitare compiti e situazioni.
Perché i caregivers sono a volte indotti a utilizzare i feedback meno efficaci? Perché nutrono una visione
entitaria delle abilità piuttosto che incrementale cui corrispondono rispettivamente obiettivi alla
dimostrazione o alla padronanza. A distinguere i due tipi di obiettivi non è il contenuto, ma l'orientamento:
per chi lo faccio.
Per sostenere la motivazione nell'anziano è im ortante prestare attenzione ai feedback, come anche
intervenire nel caso in cui si riscontrasse una tendenza a dare una lettura entitaria delle proprie abilità e
quindi a prediligere obiettivi di dimostrazione.
3. MOTIVARSI E MOTIVARE
Strategie Modalità
Diminuire il costo Rendere i compiti affrontabili suddividendoli in piccoli step o suggerendo
strategie
Aumentare il beneficio percepito Sostenere valori e obiettivi personali per eseguire l’attività
Valorizzare un ambiente supportivo Rispettare i tempi, accogliere il vissuto emotivo, rifiuto e rabbia, non
dell’autonomia giudicare
Sostenere una visione incremetale Promuovere una visione delle abilità come modificabili, migliorabili o che si
possono mantenere
Ridurre il confronto sociale e il Sviluppare la tendenza a pensare alla propria unicità e capacità personale
ricorso a stereotipi
Promuovere l’autoefficacia Mantenere e accrescere la percazione di farcela, di riuscire ed essere
capaci
Favorire la scelta Proporre o ricercare occasioni per esercitare la scelta e vivere compiti e
situazioni come proprie
4. LA PERSONALITÀ NELL'INVECCHIAMENTO
Personalità = complesso insieme dei sistemi psicologici che contribuiscono all'unità e alla continuità della
condotta e dell'esperienza individuali, sia come viene espresso sia come viene percepito dall'individuo e
dagli altri. È un costrutto complesso, che analizza come vediamo gli altri, come gli altri vedono noi stessi e
come noi vediamo noi stessi.
Lo studio dello sviluppo della personalità pone interrogativi sulla stabilità e sul cambiamento della
personalità con l'età. L'idea di stabilità implica un'assenza di cambiamento nel tempo, rifacendosi a
un'ottica psicometrica per la quale la personalità è stabile quando i risultati a un test non cambiano nel
tempo o non cambiano confrontando due o più gruppi.
Al concetto più rigido di stabilità si preferisce quello di continuità, che vede la persona come capace di
svilupparsi dinamicamente e di cambiare nel tempo, pur continuando a preservare determinate
caratteristiche salienti.
5. IL «COPING» NELL'INVECCHIAMENTO
Secondo Aldwin e colleghi [1996] in tarda età si assiste al passaggio da uno stress di tipo episodico, più
tipico dell'età adulta, a stress cronici che possono influenzare i processi di coping, ossia la capacità di
risolvere i problemi. Così come eventi stressanti comuni nell'invecchiamento possono essere molto
destrutturanti se capitano in giovane età, eventi meno comuni nell'invecchiamento possono essere vissuti
come particolarmente stressanti.
Diehl, Coyle e Labouvie-Vief [1996] hanno trovato che gli anziani usano una combinazione di strategie di
«coping» focalizzate sulla regolazione delle emozioni e sulla maggiore accettazione del proprio stato, come
controllo e soluzione degli eventi stressanti, naturale conseguenza dell'avanzare dell'età. In questa diversa
modalità di affrontare lo stress la persona anziana si mostra più resiliente, con maggiori capacità di
adattamento alle situazioni di avversità.
Secondo Rotter [1966] il locus of control è definito su un continuum che va da interno a esterno.
- Interno percepiscono di avere controllo su quello che gli accade e sentono che i loro risultati,
positivi o negativi che siano, dipendono dai loro sforzi, dalle loro azioni e dai loro comportamenti.
- Esterno percepiscono che i risultati poco dipendono dai loro sforzi e dalle loro azioni e
attribuiscono quello che gli succede al caso o a forze esterne.
Gatz e Karel [1993] dimostrarono che non c'è evidenza di un declino del locus of contol interno all'avanzare
dell'età, ma sono i giovani che credono che gli anziani abbiano un maggiore locus of control, percezione che
non corrisponde alle sensazioni riportate dagli anziani stessi.
CAP 9
INVECCHIAMENTO DI SUCCESSO, VIVERE A LUNGO, VIVERE BENE
In psicologia si fa riferimento spesso alla prospettiva dell'arco di vita. L'utilizzo del termine prospettiva
chiarisce che la psicologia dell'arco di vita non fa capo a una teoria unitaria, ma costituisce un orientamento
allo studio dello sviluppo [Baltes, Reese e Lipsitt] che spinge studiosi e ricercatori a formulare molteplici
modelli e ipotesi sulla crescita dell'individuo anche in età avanzata. Assunto di base di tale approccio è che
lo sviluppo caratterizzi tutta la vita; in ogni sua fase, operano in esso processi continui, o cumulativi, e
processi discontinui o innovativi. Gioca un ruolo fondamentale anche l'abilità individuale di adattarsi e far
fronte alle diverse condizioni di vita, nonché al proprio contesto storico-culturale e all'ambiente. Tra le varie
influenze sullo sviluppo individuale giocano un ruolo importante quelle dovute all'età, come la maturazione
biologica/fisica, quelle dovute agli eventi storici, riguardanti gruppi generazionali appartenenti a una
cultura e momento storico determinati, quelle dette <<non normative», che coinvolgono solo alcuni
individui, attraverso le vicende biografiche che caratterizzano ciascuno. Ogni individuo ha un ruolo attivo
nella costruzione del proprio sviluppo e del proprio invecchiamento.
È possibile «invecchiare bene» (succesful aging), individuando e utilizzando in modo flessibile il potenziale
personale costituito dalle riserve cognitive, emotive, fisiche, personali e di relazione nelle molteplici
circostanze della quotidianità. Parlare quindi di sviluppo in termini di successo può tradursi come la
massimizzazione dell'interazione tra le opportunità, che portano a un esito positivo, e la minimizzazione
degli esiti negativi incontrati nel corso della vita.
Nella sua metateoria dello sviluppo Baltes definisce e spiega tre componenti fondamentali che influiscono
in modo determinante nella crescita individuale:
1. Selezione scelta dell'individuo di definire obiettivi per raggiungere un alto livello di
funzionamento, nei limiti imposti dalle risorse biologiche e ambientali disponibili.
Nell'invecchiamento la selezione assume un ruolo estremamente importante, poiché in questa fase
dell'esistenza si va incontro a inevitabili modificazioni di alcune capacità fisiche o mentali, con
conseguente riduzione di ampiezza nella scelta delle attività che si possono svolgere.
2. Ottimizzazione le risorse personali e sociali disponibili vengono adoperate in modo ottimale, per
elaborare e perfezionare i mezzi a disposizione al fine di raggiungere gli obiettivi proposti. Risultano
importanti l'analisi e la scelta degli obiettivi, concentrando le risorse disponibili solo su alcuni ambiti
e dando meno importanza ad altri. Con l'avanzare dell'età, infatti, è possibile ottimizzare le proprie
risorse ricorrendo ad ausili e adeguate strategie di supporto. Ottimizzare le proprie risorse significa
adeguare il proprio comportamento attraverso scelte che siano in grado - rispetto ai propri limiti,
siano essi ambientali o biologici - di promuovere il miglior adattamento possibile alla situazione e al
contesto.
3. Compensazione lo sviluppo di adeguate strategie in grado di sopperire alle perdite, utilizzando
risorse residue, personali, cognitive, affettive o sociali. Il SOC (selezione, compensazione e
ottimizzazione) permette il mantenimento di adeguati livelli di funzionamento, accresce il livello di
benessere percepito, favorendo esperienze, sia affettive sia relazionali, positive e gratificanti, oltre
a valorizzare la capacità di ricerca nelle soluzioni dei problemi e a modificare le convinzioni relative
a una controllabilità degli eventi di vita.
Von Faber considera l'invecchiare con successo un continuum di adattamenti a molteplici situazioni.
All’interno di un modello di riferimento qualitativo l'invecchiamento di successo non può essere scisso dal
benessere; la chiave di congiunzione risiede nell'adattamento che le persone attuano nei confronti dei
cambiamenti, e che diviene motore principale per una costruzione positiva dell'invecchiamento stesso.
Nell'invecchiamento di successo la valutazione personale relativa alla percezione che si ha del proprio
vissuto e del proprio sviluppo sono elementi essenziali.
L'invecchiamento di successo o attivo (a seconda delle diverse definizioni e approcci) non è mera assenza di
malattia, o sinonimo di perdite, limitazioni, solitudine, quanto capacità di adattamento alle molteplici
circostanze che la vita pone.
2. BENESSERE E INVECCHIAMENTO
Lo studio del benessere psicologico è piuttosto recente. Esso trova spazio solo a partire dagli anni Novanta,
con l'emergere della psicologia positiva. Fino ad allora il campo d'indagine della psicologia era rivolto
esclusivamente alla cura della patologia, della disfunzionalità e del disagio psichico.
Prima della seconda guerra mondiale la psicologia era prevalentemente incentrata su tre ambiti:
1. curare il disagio mentale,
2. rendere le persone maggiormente produttive
3. identificare e indirizzare i talenti.
Anni 60 le opere di Maslow, Rogers, Allport e degli altri psicologi umanisti gettano le fondamenta per la
nascita della psicologia positiva, spostando l'attenzione su aspetti quali
1. la salute degli individui e i loro bisogni,
2. caratteristiche positive della personalità.
Anni 80 con le opere di Seligman (padre della psicologia positiva) che diventano oggetto di studio le forze e
le virtù degli individui, le loro qualità positive, la felicità e il benessere psicologico. Questi ultimi due aspetti
vengono intesi non solo come godere una vita piacevole o come semplici epifenomeni, ma come variabili
associate a determinati esiti positivi: persone più felici godono di un migliore stato di salute, hanno più
successo e sono socialmente più impegnate.
Seligman e Csikszentmihalyi prima degli anni Ottanta gli psicologi poco sapevano rispetto a come gli
individui si comportano in circostanze di vita benevole e come sia possibile «costruire» qualità positive
personali. La psicologia positiva è invece maggiormente interessata a come è possibile «amplificare» e
«nutrire» quegli aspetti che ci permettono di essere più forti dinanzi alle tempeste della vita e che possono
spingerci a cambiare in meglio. Essa rappresenta lo studio scientifico di ciò che rende la vita degna di essere
vissuta [Lopez e Snyder].
Il concetto di benessere psicologico non trova tuttora una definizione semplice e univoca, in quanto molte
variabili concorrono a determinarlo, poiché storicamente è stato spesso confuso con i termini felicità,
soddisfazione di vita o soddisfazione personale e a seconda del fatto che nei diversi studi sul benessere
vengano considerati indici
- oggettivi lo stato di salute reale, il reddito o il livello sociale
- soggettivile opinioni e le valutazioni espresse dagli individui relativamente a se stessi, alla propria
vita e ai propri obiettivi.
In psicologia positiva si distinguono:
- benessere soggettivo (subjective well-being)[Kahneman, Diener e Schwarz; Eid e Larsen] o edonico.
La prospettiva edonica affonda le sue radici in tempi molto lontani (Aristippo)il bene è
identificabile con il piacere, dal greco edoné, su quest'ultimo, inteso come godimento di tutti i beni
della vita, si basa la definizione di benessere soggettivo (subjective well-being). Il benessere
psicologico, l'autorealizzazione personale in termini di attualizzazione delle potenzialità, delle
risorse personali, la costruzione di significati e la condivisione di obiettivi, si inscrive nella
prospettiva eudaimonica. Possiamo considerarlo come la valutazione dello stato affettivo
quotidiano (bilancio tra emozioni positive e negative) e della soddisfazione di vita.
- benessere psicologico (psychological well-being)[Ryan e Deci; Ryff; e Keyes] o eudaimonico.
L'eudemonismo può essere definito come dottrina morale che ripone il bene nella felicità.
Aristotele affermava che la felicità consistesse proprio nell'azione compiuta secondo ragione e
coincidesse con la condizione di una vita virtuosa. Il benessere psicologico abbraccia la
soddisfazione personale e un percorso di sviluppo verso l'integrazione dell'individuo con il mondo
circostante [Nussbaum]. Implica inoltre un'interazione tra benessere personale e benessere
collettivo, creando tra il singolo e il mondo che lo circonda. Possiamo considerarlo come il risultato
del raggiungimento di obiettivi di vita significativi.
Seppure storicamente studiati come aspetti se parati, benessere edonico ed eudaimonico, possono essere
integrati: Kashdan, Biswas-Diener e King [2008], per esempio, parlano di due distinte linee di ricerca
sull'argomento ma non di due tipi di benessere. Propongono infatti una visione globale e analizzano le aree
di convergenza tra le due concezioni.
Gallagher, Lopez e Preacher [2009], attraverso modelli gerarchici e il coinvolgimento di un campione di
circa 5.000 individui, arrivano a presentare un unico modello di benessere, che racchiude sia benessere
edonico (secondo le 3 componenti individuate da Diener), sia benessere eudaimonico (6 componenti della
Ryff), sia il benessere sociale (5 componenti del modello di Keyes), proponendo quindi un modello di
benessere psicologico a 14 componenti, aggregabili nei 3 fattori suddetti.
Il modello multicomponenziale di Carol Ryff identifica, nell'accezione eudaimonica del benessere
psicologico, 6 fattori principali che concorrono a determinarlo. Questi sono:
1. autoaccettazione: riconoscere e accettare le proprie qualità sia positive sia negative e avere
sentimenti positivi per la vita;
2. crescita personale: vedere sé stessi in continuo sviluppo, avere apertura nei confronti delle
esperienze, sentire di realizzare le proprie potenzialità;
3. relazioni positive con gli altri: avere relazioni interpersonali soddisfacenti e caratterizzate da fiducia
reciproca;
4. autonomia, autodeterminazione e indipendenza: capacità di resistere alle pressioni sociali, capacità
di valutare sé stessi mediante standard personali;
5. dominio sull'ambiente: senso di padronanza e competenza nel gestire l'ambiente, capacità di
controllare, scegliere e utilizzare contesti adeguati per i bisogni e i valori personali;
6. scopo di vita: avere un senso di direzionalità, sensazione che la propria vita passata e presente
abbia un significato.
Ryff e Keyes 1995 basandosi su tali dimensioni, proposero anche uno stru mento per valutare il benessere,
la Scala del benessere psicologico (Psycological well-being Scale) con 84 item.
I fattori individuati nel suo modello vanno ben oltre il semplice sentirsi «felici» o soddisfatti della propria
esistenza e permettono un'analisi più complessa e accurata dell'individuo, offrendo spunti di intervento.
Ciascun fattore succitati permette di porre quesiti rispetto alla stabilità e al cambiamento della percezione
del benessere nel ciclo di vita, in relazione alle perdite e guadagni presenti a ogni età.
Ryff [2014] riporta per esempio che alcune delle componenti del benessere psicologico correlano
positivamente con l'età, mentre altre hanno una correlazione negativa o nessuna associazione, e che alcune
di esse sono fondamentali per il mantenimento di un buon livello di benessere nell'invecchiamento.
Complessivamente, da studi trasversali e longitudinali emerge come vi sia un declino nella percezione del
benessere eudaimonico nell'invecchiamento, aspetto quest'ultimo influenzato dal contesto culturale e da
quello socioeconomico. Con l'andare del tempo sembra pesare molto la percezione che gli anziani hanno
rispetto all'invecchiamento stesso: elevati livelli di benessere psicologico sembrano relati al sentirsi
giovani» ma al «non voler essere» giovani, indicando quindi il ruolo preponderante giocato da aspetti quali
l'autoaccettazione e gli scopi di vita [Keyes e Westerhof]. Molto dipende anche da come gli individui
ridefiniscono sé stessi rispetto a cambiamenti globali salienti, quali per esempio il termine della vita
lavorativa e/o il trasferimento dalla propria abitazione ad altro contesto abitativo o a una residenza per
anziani.
Keyes [2005] estende il modello multidimensionale di Ryff all'ambito sociale identificando 5 fattori che
contribuiscono a determinare il benessere sociale:
1. integrazione: valutazione della qualità del proprio rapporto con la società in cui si vive, sentimento
di appartenenza a una cerchia più grande rispetto alla sola realtà familiare;
2. coerenza: percezione della qualità dell'organizzazione sociale;
3. contributo: valutazione del proprio valore sociale e del contributo apportato;
4. realizzazione: valutazione del proprio potenziale e di quello della società in cui si vive, sentimento
di poter cambiare in meglio attraverso modifiche nella società di appartenenza;
5. accettazione: sentimento di fiducia nei confronti degli altri e atteggiamenti positivi.
Questi 5 fattori, considerati congiuntamente, indicano se e quanto un individuo funziona bene nel contesto
sociale. Parimenti al modello della Ryff, da cui questo nasce, è possibile identificare per ogni fattore spunti
di intervento e di potenziamento delle abilità dell'individuo.
Cummins e Cahill [2000] propongono una definizione di benessere psicologico come risultato dalla
combinazione di processi cognitivi - valutazione della propria storia di vita e delle proprie risorse in diversi
ambiti - e processi affettivi (equilibrio tra affettività negativa e positiva).
Per altri autori, il benessere psicologico può essere definito anche come cluster di «sintomi di
funzionamento positivo» [Keyes 2002] che si collocano lungo un continuum che va dal:
- languishing polo negativo è caratterizzato dalla sensazione di «essere in trappola» o in una fase
di stagnazione, di svuotamento delle proprie energie fisiche e psichiche
- al flourishing. l'esperienza ottimale (dal verbo «fiorire»), permette all'individuo di essere produttivo
e di accrescere le proprie potenzialità, in un adattamento ideale con l'ambiente in cui vive.
Per Keyes [2007; 2010] gli individui «affetti da flourishing» sono contraddistinti da maggiore senso di
speranza, sono maggiormente in grado di stringere rapporti significativi con gli altri e più stabili dinanzi alle
circostanze avverse. Questo senso di stabilità viene definito resilienzastato motivazionale positivo che dà
luogo a tenacia e determinazione [De Beni]. Tale stato permetterebbe di comprendere come si affrontano
gli avvenimenti che caratterizzano la vita: coloro che di fronte a difficoltà e insuccessi sviluppano un
atteggiamento resiliente tendono a impegnarsi maggiormente nella loro risoluzione e nel loro
superamento, senza esserne sopraffatti, dimostrandosi quindi più aperti e flessibili alle sfide cui vanno
incontro.
I quattro pilastri della moderna psicologia positiva, definita anche <<psicologia positiva 2.0» [Wong 2011
1. La resilienza,
2. la virtù,
3. gli scopi di vita
4. il benessere psicologico
A differenza dei decenni precedenti, è maggiormente attenta a identificare anche quei parametri oggettivi
che possono influenzare le quattro componenti, determinando stabilità e cambiamenti sia all'interno dello
stesso individuo, al mutare delle circostanze di vita, sia all'interno di gruppi o culture differenti.
Molti studi si sono focalizzati sugli aspetti di personalità [Bryant et al. 2014; Friedman e Kern 2014], sociali o
ambientali che possono favorire il benessere psicologico; altri sugli outcomes del benessere: buoni livelli di
benessere sarebbero per esempio associati a riduzione dello stress, della depressione o di altri stati affettivi
negativi arrivando a influenzare lo stato di salute e la longevità, influenzando il metabolismo attraverso
modulazione del sistema cardiovascolare e immunitario.
Molte ricerche si sono occupate della percezione di benessere negli anziani, evidenziando come tale
percezione sia piuttosto stabile nell'invecchiamento; anche le fasce più longeve, come i centenari, riportano
infatti alti livelli di benessere percepito, nonostante la presenza di un evidente declino a livello della
funzionalità cognitiva e fisica. Circa l'85% della popolazione degli anziani mostra livelli consistenti, da buoni
a molto buoni, di benessere percepito [Smith e Baltes].
Diener e Suh [1998] mostrarono come la soddisfazione di vita aumentasse lievemente passando dai 20 agli
80 anni, ponendo l'accento sulla capacità di adattamento dell'individuo. Le persone più anziane potrebbero
quindi adattare i loro obiettivi alle risorse a disposizione e al livello di competenza attuale, mantenendo
inalterato il livello di soddisfazione, coerentemente con il modello di selezione, ottimizzazione e
compensazione proposto da Baltes [1987
Le evidenze in letteratura sono però controverse e non mancano risultati opposti: va sottolineato
comunque che alcuni fattori come l'autoaccettazione e la visione che l'anziano ha dell'invecchiamento
possono influenzare questi risultati.
Kunzmann, Little e Smith [2000] evidenziarono come l'età fosse negativamente correlata all'affettività
positiva ma non associata all'affettività negativa.
Charles, Reynolds e Gatz [2001] evidenziarono che l'affettività positiva rimaneva stabile dalla giovinezza alla
mezza età, per poi declinare costantemente a partire dai 65 anni.
La discrepanza in questi risultati potrebbe derivare dal tipo di emozione considerata: sarebbe cioè presente
un declino età-relato solo nelle emozioni associate a un elevato livello di arousal, mentre quelle legate a
una bassa attivazione fisiologica rimarrebbero stabili nel corso della vita. Non vi sarebbe differenza nella
qualità di emozioni nel corso della vita e nella loro frequenza, piuttosto nell'intensità con cui queste
vengono esperite.
Livingstone e colleghi [2008] partendo dal presupposto che molte persone, pur in condizioni croniche di
salute precaria, con scarse probabilità di miglioramento o di regresso della malattia, possano ugualmente
valutare alta la loro qualità di vita, gli autori si sono spinti a indagare i predittori di un invecchiamento di
successo, inteso come raggiungimento di benessere nelle avversità, in un gruppo di pazienti con patologia
d'Alzheimer (AD). I risultati emersi hanno evidenziato che la valutazione del benessere nelle avversità resta
stabile; inoltre tale valutazione risulta direttamente predetta dalla salute mentale e dalle relazioni sociali,
piuttosto che dalla salute generale o dal grado di demenza dei partecipanti.
Vivere in istituto ha indubbiamente un'influenza sulla percezione di benessere; gli anziani istituzionalizzati,
rispetto ai loro coetanei che vivono autonomamente, pur percependo livelli inferiori di benessere, sono
comunque ugualmente in grado di trovare le risorse necessarie per valutarsi in modo positivo [Nava 2004].
L'alta percezione del benessere, vissuta, sperimentata ed espressa dagli anziani stessi, che si percepiscono
soddisfatti della loro vita, nonostante le difficoltà che l'età porta con sé, sia a livello cognitivo sia di salute
[Baltes e Mayer], è nota in letteratura come il <<paradosso del benessere nell'invecchiamento». Esso viene
spiegato riferendosi ai seguenti fattori psicologici: maggior senso di controllo, maggior creatività
nell'anziano, ma soprattutto maggiore capacità di adattamento ai cambiamenti che caratterizzano
l'invecchiamento stesso.
Con l'avanzare dell'età si passa infatti dall'utilizzo di strategie di «coping» rivolte alla soluzione dei problemi
a strategie più focalizzate sulle emozioni; si acquisisce quindi maggiore abilità nel gestirle, privilegiando
quelle positive ed evitando situazioni conflittuali; si passa da processi assimilativi a processi accomodativi,
dal controllo primario interpersonale a quello secondario intrapersonale, si concentrano le risorse a
disposizione in ambiti che si sa di poter gestire, pochi obiettivi ma importanti per il Sé, e si attiva una sorta
di adattamento cognitivo, sociale ed emotivo per assicurare benessere.
Il benessere psicologico percepito è il frutto di un lungo e profondo percorso individuale fatto di esperienza
e saggezza. Uno studio [Gerstorf] ha mostrato come il declino terminale negli ultimi anni di vita non sia solo
dovuto a una drastica diminuzione nel funzionamento sensoriale e cognitivo, ma anche a una drastica
diminuzione della percezione di benessere. Questo suggerisce che un'analisi della percezione e del vissuto
di benessere possa essere, oltre che un affidabile predittore del «voler vivere», anche un affidabile
predittore di voler andare incontro alla morte [Mroczek e Spiro]. Le valutazioni personali di benessere
rappresentano le percezioni che l'individuo ha del proprio funzionamento e dei cambiamenti cui va
incontro in vari ambiti, anche nel voler vivere.
Il modello SAVI (Strength and Vulne rability Integration; Charles [2010]) permette di comprendere bene la
letteratura sull'invecchiamento e le emozioni nonché di predire traiettorie diverse nel ciclo di vita. Spiega
come i processi regolativi delle emozioni si affinino nell'invecchiamento grazie a mutamenti che interessano
sia processi di elaborazione immediati - mediati da processi bottom-up quali quelli attentivi - sia di
elaborazione più profonda (meccanismi top-down). Tali cambiamenti sembrerebbero volti a minimizzare
l'impatto delle esperienze negative e a massimizzare quelle positive, attraverso un'attenzione maggiore
verso stimoli emotivi positivi e la selezione di obiettivi salienti in termini relazionali ed emotivi nonché
attraverso cambiamenti nelle strategie di coping. Questo modello è stato formulato a partire dalla Teoria
della selettività socioemotiva [Carstensen, Isaacowitz e Charles], che viene incorporata al suo interno. In
accordo con essa, i cambiamenti nella regolazione emotiva avverrebbero sotto la spinta del mutamento
nell'orizzonte temporale degli individui anziani: quando il tempo che si ha ancora a disposizione è percepito
come limitato divengono prioritari obiettivi e informazioni emotive. L'anziano diventa maggiormente
orientato al presente piuttosto che al raggiungimento di obiettivi futuri.
Gli studi mostrano che i livelli di benessere sono influenzati dalla società di appartenenza: analizzando
singole componenti del benessere psicologico, quali per esempio la soddisfazione di vita, è possibile
osservare come essa sia maggiormente legata al contesto in cui la persona è inserita, con punteggi più
elevati per gli abitanti di nazioni che forniscono maggiore qualità di vita in termini economici e culturali,
nonché ambienti più vivibili, accesso all'istruzione e libertà politica.
IL BEN-SSC
Un aspetto centrale nello studio del benessere consiste nella modalità con la quale esso viene misurato.
Adottando l'approccio teorico multidimensionale proposto da Carol Ryff, e aderendo alle prospettive di
invecchiamento come possibilità di continua crescita, apprendimento e miglioramento delle proprie
potenzialità [Baltes e Baltes], così come alla visione alternativa della psicologia positiva [Seligman; Gable e
Haidt], è stato standardizzato dal Lab-I¹ uno strumento di valutazione-comprensione del benessere
psicologico percepito.
Il Questionario del benessere percepito, Ben-SSC [De Beni], nasce come sfida positiva alternativa alla
valutazione della depressione misurata, con la Geriatric Depression Scale [Yesavage et al. 1983]. A
differenza di quest'ultimo, l'ottica positiva con cui è stato creato il Ben-SSC ha visto la scelta e la
formulazione di item interamente posti al positivo per evitare di descrivere in un'ottica negativa il proprio
stato².
Il Ben-SSC, come evidenziato da analisi fattoriale confermatoria, permette di esaminare i seguenti aspetti:
1. Soddisfazione personale; soddisfazione relativa alla propria vita passata, a ciò che si è realizzato,
includendo anche difficoltà e dispiaceri incontrati e alla propria vita attuale, relativa al «piacersi»>,
all'essere soddisfatti della stessa e alla possibilità della propria vita futura.
2. Strategie di «coping»: affrontare piccoli o grandi problemi quotidiani, la percezione di sapere di
saper fare, percezione positiva della propria autoefficacia, il senso di autonomia e di indipendenza,
non solo fisica ma anche nella capacità di gestire i propri pensieri.
3. Competenze emotive: riconoscere e comprendere le emozioni proprie e altrui e la soddisfazione di
avere e gestire soddisfacenti relazioni sociali.
L'importanza di valutare il benessere psicologico percepito con un tale strumento permette di cogliere
anche la complessità e la globalità di tutti i processi che caratterizzano la persona che invecchia: processi
<<freddi»>, includono il ragionamento e la memoria, e processi «caldi» che raccontano la persona nel suo
percorso.
Il Ben-SSC mostra infatti relazioni significative con aspetti di memoria quale la propensione al ricordo
(Questionario di sensibilità alla memoria intesa come atteggiamento che gli individui hanno di fronte ai loro
ricordi e alla gestione degli stessi, le abitudini a ripensare al passato e le implicazioni emotive a essi relate).
Vanno infine sottolineate le correlazioni positive che questo strumento ha anche con la soddisfazione e la
qualità di vita. Da un lavoro condotto mettendo a confronto i punteggi ottenuti dal Ben-SSC e il WHOQL [De
Girolamo et al. 2001], strumento che valuta la qualità della vita intesa come salute fisica, stato psicologico,
rapporti personali e credenze, è emerso infatti un forte legame. Indice ancora una volta di quanto la
percezione personale di benessere sia importante per la visione positiva di sé, per l'influenza della
valutazione personale sugli indici oggettivi e per la valuta zione rispetto al bilancio che si fa in merito alla
complessità della propria vita.
A proposito di stati identitari, è corretto affermare che – gli stati identitari non coincidono con gli stadi di
sviluppo
La strategia di competizione sociale viene attuata – dagli anziani per fronteggiare la discriminazione
La teoria del disimpegno afferma che – gli anziani desiderano liberarsi degli impegni lavorativi e sociali per
vivere la vecchiaia serenamente e in pace
La felicità eudaimonica è – investimento sul proprio vero sé
La paternità/maternità è un mutamento – non normativo se avviene fuori tempo
Il mental time travel – è la capacità di spostarsi cognitivamente su differenti livelli temporali
Quale tra le seguenti affermazioni di Arnett sull’emerging adulthood è vera – è l’età in cui si concentra il
lavoro identitario
Per accertamento di costi-benefici-rischi in adolescenza Hendry e Kloep nel loro modello intendono – un
processo psicosociale attraverso il quale l’adolescente testa i propri limiti
La vulnerabilità negli anziani – è una condizione dinamica
Secondo Comen il supporto sociale produce effetti benefici quando – c’è concordanza tra richiesta
specifica e disponibilità in quel tipo di supporto sociale
La stagnazione nel modello delle sfide per lo sviluppo è – una trasformazione individuale che lascia la
persona con lo stesso numero di risorse
Una grave malattia è - un mutamento particolare
La creatività nel modello di Williams è il prodotto di – dimensioni cognitivo divergenti e/o emotivo
divergenti
La teoria guadagni-perdite è stata sviluppata da – Baltes
Chi definisce il benessere sociale in 5 dimensioni -Keyes
Per goodness of fit (bontà di adattamento) si intende – adattamento tra risorse e difficoltà del compito
Una risorsa potenziale diventa effettiva – attraverso l’interazione con il tipo di compito
L’effetto caravan viene citato a proposito di – conservazione delle risorse
Tra le abilità superiori dell’apprendimento troviamo – capacità di trovare e selezionare le informazioni
Baltes e Lang identificarono 4 classi di risorse nell’invecchiamento positivo – sensomotorie, cognitive,
personalità e sociali
Nella psicologia dialettica di Riegel è possibile individuare un concetto-chiave per la psicologia dello
sviluppo – l’idea che per attuare lo sviluppo è necessaria una crisi
Riflettendo complessivamente sul modello delle sfide per lo sviluppo, quale di queste affermazioni è la
più corretta – le sfide possono attivare lo sviluppo
La teoria del comportamento pianificato è proposta da – Ajzen
Cos’è il detachment – distanziamento negativo dai genitori
Tra i seguenti sistemi di memoria, qual è quello che non è sensibile all’invecchiamento – memoria
procedurale
Il buon adattamento tra il grado di risorse possedute dall’individuo e la sfida che si affronta rappresenta
– goodness of fit
Con markers of adulthood intendiamo – turning points tipici dell’età adulta
Secondo il modello di Kahana e Kahana, le risorse emergenti fanno parte delle – risorse esterne
Per ottimizzazione si intende la strategia di – acquisire risorse da investire in obiettivi significativi
Lamport Common e Ross si sono occupati di – pensiero post-formale
La disponibilità ad assumersi rischi è una componente di – creatività nel modello di williams
La “moratoria della mezza età” fa riferimento a – la possibilità di ridefinire e ampliare le proprie
potenzialità
Quando parliamo dell’importanza di identificare sia i fattori biologici che quelli culturali nel
limitare/facilitare lo sviluppo nel ciclo di vita, stiamo facendo riferimento all’approccio del ciclo di vita
definito da – Smith e Baltes
Conoscere le pragmatiche fondamentali della vita è uno dei cinque criteri da soddisfare perché si possa
parlare di – saggezza
Le abilità superiori sono risorse importanti per lo sviluppo; tra gli esempi riportati di seguito quale fa
riferimento alle “strategie per un approccio scientifico alla vita” – analisi e sintesi delle informazioni
Orientamento al futuro e Obiettivi sono due componenti di cosa – futuring function
Quale tra le seguenti affermazioni relative alla teoria guadagni – perdite di Baltes è sbagliata – è un
processo che copre la terza e quarta età
In accordo con la teoria di Stevernik, il benessere sociale viene raggiunto attraverso tre bisogni
fondamentali – affetto, conferma, status
Il capitale d’identità nel modello Cotè fa riferimento a – risorse tangibili e intangibili
Secondo il modello di Kahana l’esercizio fisico è – forma di adattamento proattivo
Cosa sono i non-eventi nella teoria di Hendry e Kloep – eventi che capitano a quasi tutti ma non a noi
L’effetto maschera è stato individuato in quale contesto di ricerca – identità online
Con l’avanzare dell’età, le persone sono indotte automaticamente alla “stagnazione” – no
//
Componenti dell’autonomia che caratterizzano il diventare adulti - A. emotiva e comportamentale
Selezione, Ottimizzazione e Compensazione sono - componenti fondamentali dello sviluppo per Baltes
Stili d’identità quale più correlato al benessere individuale - stile informativo
Per Psychology of age si intende - Psicologia delle differenze di età
Psicologia positiva si occupa di - funzionamento umano ottimale
Psicologia positiva dello sviluppo ha un approccio - di ricerca e prevenzione (?)
Gli effetti dell’età sono evidenti sulla memoria dichiarativa episodica perchè - implica un processo
consapevole e controllato
Life-span model of developmental change studia - cambiamento umano
Effetto cumulativo di sequenza di vincoli nel tempo di Lewis - Cascading Traits
Cosa si intende per età funzionale nell’invecchiamento - competenze svolgimento di compiti specifici
Nel modello delle sfide per lo sviluppo, quali sono più semplici da gestire - c. normativi e maturativi
La teoria dei sistemi dinamici dà importanza a - interazioni tra sistemi in cambiamento
Proposta teoria Emerging Adulthood si occupa di - proporre una nuova fase di sviluppo
Gerontologia - comportamenti non patologici
Psychology of age - psicologia differenze età
Feeling in between - Emerging Adulthood
Lifespan model - Hendry e Kloep
Nel modello a quattro stati dell'identità di Marcia, quale è caratterizzato da presenza di exploration e
assenza di commitment? - Moratorium
Born ha individuato quattro tipologie di un particolare stato identitario etichettate come disturbed,
carefree, developmental, culturally adaptive. Di quale stato si tratta? - Diffusion
Cos'è che rende per ciascun individuo una risorsa reale? - L'interazione tra risorse positive e compiti di
routine
La plasticità del cervello nell'anziano è - una ipotesi che possiede prove documentate (forse)
Il Berlin Aging Study (BASE) si è occupato di - valutare le abilità intelletive nell'invecchiamento
Nel modello delle sfide per lo sviluppo uno dei seguenti è un periodo in cui non vengono acquisite
nuove risorse - stagnazione
Coherent positive resolution e Communion sono - costrutti teorici utilizzabili per l'analisi degli account
narrativi
Quale di queste dimensioni NON è una funzione dell'identità? – Equilibrio
Waterman studia la felicità in ambito psicologico facendo riferimento a quale concetto filosico –
eudaimonia
Nella proposta teorica di Berzonski quando un individuo è orientato alla conoscenza di sé, alla
sperimentazione e all'esplorazione in profondità come si definisce? - Con stile informativo
Nello studio dell'identità virtuale di Sica e colleghi hanno individuato 4 profili; uno di questi è definito
come - sé potenziale
Quale tra le seguenti è la sequenza corretta degli stadi del pensiero post-formale di Lamport Commons e
Ross?
Operazioni sistematiche / operazioni meta-sistematiche / paradigmatico / cross-paradigmatico
Shulman e Connolly ha fornito un tentativo di spiegazione complessa di cosa? - Dei modelli relazionali
Usare la memoria degli eventi per passato per guidare i comportamenti futuri è una funzione della
memoria autobiografica. Quale dei seguenti? - Direttiva
L'occupational identity status model è stato formulato da: - Skorikov e Vondraceck
Le dimensioni emotivo-divergenti della creatività nel modello di Williams sono: - curiosità,
immaginazione, complessità, disponibilità ad assumersi rischi
Gli individui costruiscono il proprio percorso di vita attraverso scelte e azioni individuate tra opportunità
e vincoli posti dalla storia e dalle circostanze sociali. Questa affermazione descrive - il principio
dell'agentività umana di Elder
Nel diventare adulti le relazioni sentimentali hanno un ruolo importante. Dhariwale e colleghi hanno
individuato due stili di convivenza, quali? - Romantico consolidato e Esplorativo
Nel Life-span model of developmental change, i cambiamenti che riguardano tutti gli individui e hanno
una matrice biologica sono definiti come: - Maturazionali
Il metodo di campionamento dell'esperienza utilizzato da Csikszentmihalyi e Larson in una loro ricerca
sulla vita quotidiana degli adolescenti in cosa consiste? - Narrazione indotte da cicalino
E' corretto affermare che - le reazioni potenzialmente depressive alla vita senza figli configurano come
la sindrome del Nido Vuoto
Tra le risorse per lo sviluppo possiamo annoverare - lifelong learning
Le interazioni tra i membri di diversi microsistemi costituiscono un - mesosistema
Quale tra queste definizioni NON rientra nella classificazione dei centenari di Gondo? Centenari creativi
La creatività nell'invecchiamento - può aumentare
Selezione, Ottimizzazione e Compensazione nel modello di Baltes sono - componenti fondamentali dello
sviluppo
La memoria prospettica - il ricordare di ricordare
Cosa si intende per contamination nel modello di McAdams e McLean del 2013: - il passaggio di un
evento da positivo a negativo (?)
La teoria dell’ Emerging Adulthood ha –
Le transizioni ricreative vengono descritte come caratteristiche di – adolescenti
L’ Erikson Psychosocial Stage Inventory cosa misura? – il grado di risoluzione delle crisi caratterizzanti
ciascuno stadio dello sviluppo
Il modello delle sfide per lo sviluppo può essere considerato come? –
Il processo di cheating caos cosa descrive – Eventi negativi possono condurre ad una trasformazione, perché
costringono l’individuo a focalizzarsi sul coping (Csikszentmihalyi, 1990)
Baltes, Reese e Lipsitt descrivono tre forme di mutamenti dello sviluppo (normative, storiche e non-
normative). Hendry e Kloep nel loro modello delle sfide per lo sviluppo che posizione assumono nei
confronti di questa proposta – insufficienti per Hendry e Kloep
L’ esplorazione ruminativa è un processo identitario di che tipo –
Risk-taking esplorativo e ricerca di sensazioni forti caratterizzano-
1) Chi è l’autore che parla di capitale subculturale? THORNTON
2) Chi parla di modelli alimentari nell’analisi dello stile alimentare nell’invecchiamento? POULAIN
3) La dimensione della Carefree Diffusion è stata individuata da: BORN
4) Quali sono gli autori che parlano di job e career perspective? SKORIKOV e VONDRACEK
5) Nella concettualizzazione di Zuckerman (2007) la sensation seeking è correlata a: ricerca della felicità simile alla
concezione edonica
6) Tra le abilità superiori il pensiero critico rientra tra: strategie per un approccio scientifico alla vita
Se sto incanalando le mie energie in pochi progetti, che tipo di strategia sto utilizzando secondo il modello
di Baltes e Baltes? Ottimizzazione (Questa capacità può diventare decisiva in alcune persone anziane
quando la selezione dei compiti, l’ottimizzazione degli sforzi, la compensazione delle perdite è uno dei
segreti per un invecchiamento sereno. (Baltes e Baltes)
7) Uno stato di flow è caratterizzato da: alto impegno di energie per raggiungerlo
8) Per criterio di interdipendenza nella transizione all’adultità si intende: La capacità di impegnarsi da un
punto di vista relazionale
9) Quale autore parla di “bontà del mancato adattamento” ? VALSINER
10) Nel modello di Kahana e Kahana le tecnologie informatiche sono definite: adattamenti emergenti a scopo
correttivo e preventivo ? *
11) Secondo Staudinger e Baltes quali tra le seguenti abilità si riferisce al concetto di saggezza? Relativismo dei
valori
12) Quali tra i seguenti tipi di mutamento sono prevedibli, anticipabili, condivisibili? Di maturazione (?) *
13) I comportamenti messi in atto dagli adolescenti, nonostante i rischi che comportano, sono: ricerca di sensazioni
forti
14) La tassonomia messa a punto da Skorikov e Vondraceck considera: OCCUPATIONAL IDENTITY STATUS MODEL:
PROCESSI DI OCCUPATIONAL COMMITMENT E OCCUPATIONAL SELF EXPLORATION GRADUATI IN BASE AL
PROCESSO (quindi suppongo IN CORSO) *
15) Quale tra le seguenti dimensioni non viene considerata da Keyes nel suo modello: status sociale
16) Nella teoria guadagni-perdite di Baltes quali sono i sistemi che contribuiscono a determinare l’intreccio tra
sviluppo umano e contesto storico-sociale: sistemi normativi, storici e non normativi
17) Secondo il modello di Cotè l’agency è? Le risorse intangibili sono rappresentate dall’agentività (agency).
18) Per effetto traccia si intende: l’utilizzo del passato nella costruzione del sé
19) Rutter e Rutter introducono il concetto di catene longitudinali di eventi per spiegare: gli effetti che producono a
lungo termine i comportamenti di rischio e salutari
20) Warmth e Conflict sono due macro-aree di uno studio relativo a: Relazione tra fratelli
21) Quali sono, secondo Elder i mutamenti strettamente collegati alla self-efficacy: mutamenti provocati
dall’individuo? *
22) La strategia che consiste nell’individuare sotto-obiettivi intermedi favorisce: stile di vita attivo +
23) Il modello del processo di divorzio evidenzia: effetti cumulativi dello stress prima e dopo il divorzio +
24) La Self determination theory è incentrata su: motivazione intrinseca (‘) autodet. Di sé
25) L’invulnerabilità nell’ambito dell’egocentrismo in adolescenza configura? Per Elkind esistono due ideazioni,
la FAVOLA PERSONALE (personal fable) e il PUBBLICO IMMAGINARIO (immaginary
audience) che configurandosi come una diretta conseguenza dell’egocentrismo adolescenziale,
rappresentano delle distorsioni del ragionamento sociale. (quindi suppongo favola personale
insieme al senso di unicità personale)
26) Tra i temi dello sviluppo: i temi integrativi si riferiscono a: I temi integrativi riguardano soprattutto la
comprensione del sé (quindi suppongo socio emotiva) *
27) Secondo quale autore organizzare attività di svago significative è un compito di sviluppo importante
nella mezza età? HAVINGHURST
28) Secondo il modello di Karasek e Theorell quale combinazione di controllo e grado di impegno è
maggiormente collegata ai disturbi da stress: alto impegno basso controllo
29) Le 4 dimensioni di senso di appartenenza, influenza, integrazione e soddisfazione dei bisogni e
connessione emotiva condivsa defininscono: McMillan e Chavis
30) Nel modello di Williams i fattori che si riferiscono alle dimensioni emotivo-divergenti: riferiti alle
dimensioni emotivo-divergenti (disponibilità ad assumersi rischi, complessità, curiosità e
immaginazione).
31) Secondo Rowe e Khan quando si parla di invecchiamento si considerano diversi esiti quali: invecchiamento
patologico, usuale, di successo