Sei sulla pagina 1di 242

Hendry, l.b.

, kloep, m - "Lo
sviluppo nel ciclo di vita"
Psicologia Dello Sviluppo
Università degli Studi di Cagliari
62 pag.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
LO SVILUPPO NEL CICLO DI VITA
HENDRY, L.B., KLOEP, M.

Capitolo 1
LO SVILUPPO NEL CICLO DELLA VITA

Età cronologica – un marker insufficiente degli stadi della vita.

In alcune società la pubertà rappresenta il confine tra l’infanzia e l’età adulta.


Però ci sono notevoli difficoltà nel delimitare univocamente la condizione di
adulto, pertanto alcune culture hanno definito dei “riti di passaggio” che
ufficializzato la transizione vs. l’età adulta. Alcune società hanno definito:
- il 15° compleanno come data ufficiale (Paesi Latinoamericani),
- la “cresima” come cerimonia ufficiale dell’ingresso nella società adulta
(Scandinavia),
- il diploma di scuola superiore ingresso nella società adulta (Germania).
L’adolescenza è pertanto una transizione soprattutto “normativa” mentre la
pubertà indica una “maturazione”. Se si dovesse ritenere che l’adolescenza si
debba protrarre fino al raggiungimento dell’indipendenza piena e legale dai
genitori, le donne di alcuni paesi come il Marocco, non raggiungerebbero mai
la condizione adulta. Questi due processi interagiscono in modo tale che sono
sperimentati in modi diversi da ogni adolescente.
Quello che si vuole sottolineare è che nello sviluppo del ciclo di vita, le
definizioni di età non sono di nessun aiuto per capire le sfide ed i rischi che
siamo chiamati ad affrontare nel corso della vita.

Capitolo 2
TEORIE DELLO SVILUPPO – CLASSICHE

(Teoria Olistica = Teoria secondo la quale l'organismo non è la


semplice somma delle parti che lo compongono, ma una totalità a
essa superiore.
MODELLO OLISTICO: esamina le somiglianze tra le varie teorie dello
sviluppo per fornire un “quadro di elementi comuni” che permetta di
presentare un modello integrato, esplicativo dello sviluppo del ciclo di
vita: il modello di sfida dello sviluppo)
Quasi tutte le teorie dello sviluppo contengono un elemento di sfida che si
presenta nel momento in cui l’individuo cerca di far fronte alle esigenze della
vita, lo sviluppo avviene se la sfida è superata con successo. Allo stesso modo
quasi tutte queste teorie suggeriscono che se l’individuo non è in grado di
affrontare le sfide sorgono problemi. Il tipo di sfida, la sua origine e il modo in
cui viene descritta variano da teoria a teoria, ma il meccanismo sembra essere
lo stesso in tutte le analisi.

FREUD, 1905 – fasi di sviluppo psicosessuale


Descrive il modo in cui il bambino, nel corso del suo sviluppo, attraversa quelle
che definisce “fasi di sviluppo psicosessuale”. (5 fasi: orale – anale – fallica –
periodo di latenza – fase genitale)
Le sfide sono caratterizzate da conflitti tra desideri personali e richieste sociali.
Se questi sono risolti adeguatamente lo sviluppo procede vs. conflitti
successivi. Se tutte le fasi sono padroneggiate, si avrà uno sviluppo sano,

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
altrimenti avvengono delle “fissazioni” che provocheranno successivi problemi
di nevrosi.
L’individuo sano risolve i conflitti tra bisogni personali e costrizioni sociali,
sublimandoli in modo produttivo, mentre l’individuo nevrotico è costretto a
mettere in atto meccanismi di difesa che possono esser in parte efficaci per
poter andare avanti in qualche modo.
1 – fase orale – 1°anno di vita
bisogni incentrati sulla bocca – mangiare, succhiare, masticare, mordere;
conflitti collegati allo svezzamento – tempi alimentazione – tipo di cibo
2 – fase anale – da 1 a 3 anni
bisogni incentrati sull’urinare e defecare;
conflitti nascono nell’insegnare al bambino ad usare il gabinetto
3 – fase fallica – da 3 a 6 anni
bisogni si sviluppano in relazione agli stimoli sessuali. Maschio, desiderio
incestuoso per la propria madre (complesso di Edipo) – femmine per il padre
(complesso di Elettra). Nel 1° è Edipo il fanciullo che detesta la presenza del
padre, nel 2° è la fanciulla che ama il padre ed è gelosa della madre;
conflitti nascono dall’identificazione con il genitore dello stesso sesso
4 - periodo di latenza – da 6 a 11 anni
Gli impulsi sessuali sono repressi ed il bambino si concentra sull’educazione e
sull’interesse per gli altri
5 - fase genitale - oltre i 12 anni
Bisogni sessuali, amore altruistico ed egoistico raggiungono un equilibrio e lo
stimolo alla riproduzione della specie porta a formare relazioni mature.

ERIKSON, 1959 – serie di “crisi”


L’individuo nel corso della vita deve affrontare e risolvere delle “crisi”, queste
saranno risolte attraverso lo sviluppo di abilità psicosociali in stadi di età
differenti.
1) infanzia – fiducia/sfiducia – 1° anno
2) prima infanzia – autonomia/vergogna e dubbio – 1- 3 anni
3) età del gioco – iniziativa/colpa – 3 – 6 anni
4) età scolare – industriosità/inferiorità – 6 – 12 anni
5) adolescenza – identità/confusione – 12 – 20 anni
6) prima età adulta – intimità/isolamento 20 – 40 anni
7) età adulta media – generatività/stagnazione – 40 – 65 anni
8) vecchiaia – integrità/disperazione – oltre i 75 anni
il successo dell’evoluzione attraverso i vari stadi della vita è il pre-requisito
indispensabile per una vecchiaia soddisfacente.

LEVINSON, 1978 – sviluppo attraverso ampie fasi di età da lui definite


“ere”
Ipotesi che lo sviluppo avvenga attraverso il superamento di eventi specifici nel
corso delle “ere”. Il successo ottenuto dall’individuo nell’affrontare le sfide della
vita più importanti che caratterizzano un’era, è considerato la base per la
transizione all’era successiva.

HAVIGHURST, 1972 – Mostra come i vari compiti di sviluppo durante le fasi


della vita, costituiscano le sfide che guidano lo sviluppo.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
Questi autori sono concordi nel definire lo sviluppo come la capacità di far
fronte alle esigenze della vita. Tutti hanno scelto di descrivere le sfide dello
sviluppo presentandole come “compiti” o “crisi” che stimolano lo sviluppo.
Le sfide descritte sono però tutte relative alle società occidentali.
Una eccezione è rappresentata da VYGOTSKIJ – 1930 – proveniente da una
cultura diversa –
Zona di sviluppo prossimale e fasi critiche.
Egli pone l’accento non solo sulle sfide da affrontare, ma anche sulla quantità
e sul tipo di risorse che l’individuo ha a disposizione per superarle con
successo. Rileva l’importanza di strumenti intellettuali, simili ad abilità superiori
(meta-skills), come sostegni per la memorizzazione del linguaggio, sistemi
numerici o concetti scientifici utilizzati in diverse culture per superare certi
compiti dell’apprendimento e dello sviluppo.
Egli pone molta enfasi sull’interazione tra sfide intellettuali e risorse personali.
Per il suo pensiero è cruciale la: distanza tra il livello di sviluppo reale di
un individuo ed il livello di sviluppo potenziale, da lui definita “zona di
sviluppo prossimale”, distanza che può essere ridotta utilizzando le risorse
altrui all’interno di un rapporto di insegnamento/apprendimento.
Vygotskij prende in considerazione l’esistenza di un’interazione dinamica tra
sviluppo intrinseco e forze culturali, in grado di fornire nuove “trasformazioni”,
queste sono definite “fasi critiche” che segnano la transizione verso periodi più
stabili. Lo sviluppo è visto da Vygotskij come un processo dialettico. Come i
teorici occidentali anch’egli ritiene che le sfide siano necessarie per avviare il
processo di sviluppo.

PIAGET, 1964 – considera lo sviluppo un processo di costruzione attivo


e dialettico
Egli si concentra particolarmente sullo sviluppo cognitivo considerandolo un
processo di costruzione attivo e dialettico attraverso il quale gli individui
costruiscono strutture cognitive sempre più dettagliate, diversificate e
complete per cercare di capire l’ambiente che li circonda.
Se le strutture cognitive esistenti non sono sufficienti per la costruzione di un
compito, è necessario costruirne delle nuove per mantenere l’equilibrio
cognitivo.
Questo avviene sia attraverso:
- l’assimilazione: nuovi oggetti o informazioni sono aggiunti alle strutture
cognitive esistenti (aggiunte allo Schema);
- l’accomodamento: cambiamenti nelle nostre strutture cognitive, necessari
per l’assimilazione di nuove esperienze (modifica di schemi esistenti attraverso
l’incorporazione di nuove esperienze che non si adattano ai vecchi schemi,
causando di conseguenza uno squilibrio).
Piaget definisce questo modello di cambiamento dello sviluppo
“dell’equilibrazione”.
I bambini elaborano attivamente una loro comprensione del mondo
interagendo con esso.
La comprensione diventa sempre più complessa man mano che il bambino
attraversa le 4 fasi dello sviluppo cognitivo:
1 - lo stadio sensomotorio (fino ai 2 anni di età).
I bambini esplorano l’ambiente usando i sensi e le capacità psicomotorie in via
di sviluppo. Imparano che gli oggetti sono separati e permanenti e sviluppano
un senso di sé come essere indipendenti.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
2 – lo stadio preoperatorio (dai 2 ai 7 anni di età)
I bambini usano il simbolismo per comprendere l’ambiente, acquisiscono il
senso del presente, passato e futuro e la capacità di pianificare in anticipo le
azioni. La loro visione del mondo è ancora caratterizzata dall’egocentrismo
infatti considerano le esperienze principalmente dalla loro prospettiva.
3 – stadio operatorio concreto (dai 7 agli 11 anni)
I bambini acquisiscono capacità cognitive che li rendono in grado di
comprendere i rapporti con gli oggetti e la visione del mondo degli altri.
Acquisiscono l’abilità di coordinare simultaneamente due prospettive
nell’esprimere i giudizi e cominciano a ragionare in maniera deduttiva.
4 – stadio operatorio formale (olte gli 11 anni)
In questo periodo vi è un’evoluzione di abilità cognitive superiori, rendendo
possibile la risoluzione di una molteplicità di problemi.

RIEGEL, 1969 – anche questo studioso formula l’idea che per


promuovere lo sviluppo è necessaria una crisi.
Nella sua psicologia dialettica teorizza che lo “sviluppo consiste in continui
cambiamenti lungo diverse dimensioni in progressione simultanee”. I
cambiamenti critici avvengono ogni volta che due sequenze non sono in
sintonia, quando in pratica manca il coordinamento e s’interrompe la sincronia.
Queste contraddizioni costituiscono la base delle progressioni dello sviluppo.
Livelli solidi di equilibrio e stabilità sono il risultato del completamento di un
compito di sviluppo o di un compito storico, anche se poi questi compiti non si
completano mai.

In sintesi tutti questi modelli considerano lo sviluppo il prodotto di una


interazione dinamica tra le varie sfide e le risorse che l’individuo ha a
disposizione.
Nell’ambito della psicologia dello sviluppo, una delle questioni più comuni e
quella di determinare se il processo di sviluppo sia innato e determinato dalla
maturazione oppure se l’individuo sceglie attivamente di confrontarsi con delle
sfide da superare.
Psicologi umanisti come ROGERS (1961) e MASLOW (1970), all’interno di
questo dibattito sostengono con forza il concetto di libero arbitrio.

MASLOW, 1970 – descrive come l’individuo cerca attivamente e


progressivamente di soddisfare i suoi bisogni.
Piramide di Maslow:
1) alla base – bisogni fisiologici – sfamarsi, riprodursi
2) nel 1° scalino – bisogni di sicurezza
3) nel 2° scalino - bisogni di amore/appartenenza
4) nel 3° scalino – bisogni di stima
5) in cima ci sono i bisogni di realizzazione di sé.
L’idea che una molteplicità di risorse sia vitale per progredire nello sviluppo.

SKINNER, 1938 – fisiologo rappresentante del comportamentismo


Egli concepisce lo “sviluppo” simile all’“apprendimento”, definito come un
cambiamento permanente del comportamento. L’individuo incontra nuove
situazioni e nuovi stimoli ogni giorno, ed elabora nuovi modi di affrontare le

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
sfide (tentativi ed errori; imitazione attraverso l’apprendimento; pura fortuna o
coincidenza).
Se la sua risposta ha successo – viene cioè “rinforzata” – il nuovo
comportamento va ad aggiungersi al suo repertorio di comportamenti, dando
luogo ad un apprendimento e quindi ad uno sviluppo.
La teoria di Skinner è anche interattiva infatti egli scrisse che gli uomini
agiscono sul mondo e, cambiandolo, vengono a loro volta cambiati dalle
conseguenze delle proprie azioni.
La teoria dell’apprendimento formulata da Skinner, concepisce lo sviluppo
come il risultato di esperienze di apprendimento che continuano per tutta la
vita.
Grazie al condizionamento operante l’individuo continua a ripetere quelle
azioni che lo hanno portato a risultati favorevoli - generalizzazione, ad
abbandonare quelle azioni che invece lo hanno portato a risultati sfavorevoli -
discriminazione.
I risultati che hanno prodotto un miglioramento del comportamento sono
chiamati rinforzi. Questi possono essere:
- primari perché hanno la qualità di rinforzo naturale es. cibo, calore, ecc
- secondari perché hanno acquisito questa qualità di rinforzo attraverso
l’associazione ad altri rinforzi es. denaro, adulazioni, attenzione. Le nozioni di
generalizzazione e discriminazione sono simili alle nozioni di Piaget di
assimilazione ed accomodamento.
TEORIE DELLO SVILUPPO – ATTUALI

BRONFENBRENNER, 1979 – (uno dei più competenti teorici attuali)


considera l’insieme dell’ambiente sociale dell’individuo come il
“contesto dello sviluppo”
• microsistemi: i contesti immediati dove l’individuo vive, come la
famiglia o il gruppo dei pari;
• mesosistemi: le interazioni tra i membri di due o più microsistemi (es.
genitori e insegnanti) avvengono all’interno del mesosistema;
• ecosistemi: inoltre le persone all’interno dei propri microsistemi sono
soggette all’influenza di coloro che non né fanno parte (es. genitori e loro
colleghi di lavoro) questa è definita: esosistema. Queste interazioni
hanno effetti indiretti sull’individuo in via di sviluppo;
• macrosistema: più ampio contesto culturale, le leggi, le norme che
caratterizzano la società di cui l’individuo fa parte e che esercitano una
forte influenza a tutti i livelli.
Per Bronfenbrenner la chiave ecologica è l’affermazione che le influenze
interattive sono multidirezionali. Infatti gli individui influenzano i sistemi che li
circondano ma a loro volta ne sono influenzati per cui: le caratteristiche di una
persona oltre ad essere il prodotto dello sviluppo ne sono anche indirettamente
i produttori.
Nello stesso tempo i vari sistemi sono anche interdipendenti tra loro perché si
influenzano a vicenda. Infatti lo sviluppo è un processo dinamico, interattivo
che coinvolge tutti i livelli dei sistemi di una società. Se ad esempio si
considera un bambino appena nato, egli influenzerà il comportamento dei
genitori nella stessa misura in cui ne è influenzato.
Si andrà così incontro ad un processo di sviluppo che non interessa solo il
bambino e tutto il suo microsistema, ma anche tutti i microsistemi con esso
interagenti come il luogo di lavoro dei genitori, l loro legami sociali, ecc.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
La visione ecologica di Bronfenbrenner pone l’accento su un’interazione a più
livelli dei vari microsistemi, approfondendo alcune teorie già discusse che
vedono l’individuo concentrarsi su alcuni importanti compiti di sviluppo,
all’interno di una interazione posta su basi individuali.

MAGNUSSON E STATTIN, 1998 – nella loro “teoria persona-contesto”


ribadiscono questa idea ecologica che mette in evidenza i processi
interattivi che si evolvono all’interno dell’individuo.
Secondo la moderna prospettiva interattiva, indicata come interazionismo
olistico, gli eventi psicologici riflettono gli aspetti di 2 tipi di processi interattivi:
1. il processo bidirezionale continuo di interazione tra l’individuo e
l’ambiente;
2. il processo continuo di interazione reciproca tra fattori mentali,
biologici, comportamentali all’interno dell’individuo.

VALSINER, 1997 – basandosi sulla teoria del sistema dinamico


considera lo sviluppo come un processo dinamico interattivo

I sistemi Biologico, Psicologico e Sociale, sono sistemi aperti e quindi in grado


di svilupparsi. Questo importante aspetto caratterizza i fenomeni dello sviluppo
e comporta quindi che tutte le ricerche sullo sviluppo siano strutturali ed
ecologiche, devono cioè studiare l’oggetto di riferimento in un rapporto di
reciproca dipendenza con l’ambiente cui appartiene.
All’interno della struttura proposta da Valsiner ci sono 4 tipi principali di
cambiamenti ambientali che interagiscono con il processo di sviluppo:
a. Quelli prodotti dall’azione dell’individuo
b. Quelli creati dalle persone che circondano l’individuo
c. Quelli provocati da gruppi sociali ad un livello sociale più alto
d. Quelli causati da eventi incontrollabili (es. disastri naturali)
Pertanto poiché l’ambiente passa attraverso continui cambiamenti è dinamico,
ed altrettanto dinamico è il processo di sviluppo dell’individuo al suo interno.
Valsiner evidenzia il ruolo giocato dal conflitto nello sviluppo, suggerendo il
concetto di bontà del mancato adattamento, definendo 2 diversi tipi di
conflitto:
- un conflitto che porta alla comparsa di nuovi stati quindi conflitti positivi –
cioè relazioni conflittuali tra le componenti di un sistema di sviluppo che
portano alla costituzione di nuovi stati di quel sistema;
- un altro conflitto che porta alla rottura quindi conflitti negativi – cioè il
contrasto o la guerra tra opposti che si distruggono a vicenda in modo
esclusivamente competitivo causando l’estinzione dell’intero di cui
fanno parte.

APPROCCI TEORICI ALLO SVILUPPO NEL CICLO DELLA VITA

Uno dei pionieri moderni della teoria del corso della vita è GLEN ELDER JR.
(1974) che concepì una nuova visione dei cambiamenti sociali, dei percorsi di
vita e dello sviluppo individuale intendendoli come modi di continuità e
cambiamento del comportamento.
Propose 4 principi della teoria del corso della vita:

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
1. il principio del tempo e del luogo nella storia: il corso della vita
negli individui è radicato nel e formato dal “tempo” e dal “luogo storico”
in cui si sviluppa la loro esperienza;
2. il principio della tempestività nelle vite: l’impatto dello sviluppo di
una successione di transizioni o eventi della vita, dipende dal particolare
momento in cui si verificano nella vita di una persona;
3. il principio delle vite collegate: le vite sono vissute in modo
interdipendente e le influenze storiche e sociali si esprimono attraverso
una rete di rapporti condivisi;
4. Il principio dell’agire umano: gli individui costruiscono la loro vita
attraverso scelte ed azioni compiute all’interno delle opportunità e delle
costrizioni provocate dalla situazione storica e dalle circostanze sociali.
In sintesi Elder riconosce l’importanza delle transizioni della vita cioè delle
sfide nel determinare lo sviluppo, tuttavia in contrasto con precedenti studiosi
non ritiene che certi eventi siano caratteristici di determinati stadi evolutivi, ma
li considera funzione di un determinato periodo, luogo e tempo storico del ciclo
della vita. In accordo con il modello ecologico di Bronfenbrenner mette in
risalto l’interdipendenza dei cicli di vita degli individui appartenenti agli stessi
microsistemi.

BALTES e Coll., 1974 – in Germania quasi contemporaneamente ad


Elder
Impostarono lo studio della psicologia dello sviluppo della vita sulla base di 4
principi centrali:
1. Fornire una base per la comprensione delle strutture complessive e della
successione dello sviluppo attraverso il ciclo di vita;
2. Incoraggiare la ricerca sulle interconnessioni tra eventi e processi dello
sviluppo avvenuti all’inizio del ciclo di vita e quelli avvenuti
successivamente;
3. Identificare i meccanismi alla base delle traiettorie del corso della vita
(età);
4. Specificare i fattori biologici e culturali che facilitano e limitano lo
sviluppo nel ciclo di vita ed il processo di invecchiamento degli individui.

La teoria del ciclo di vita postula che:


lo sviluppo si estende all’intera durata della vita dell’individuo e che vi siano
coinvolti i processi di adattamento messi in atto dall’individuo nel corso della
vita i cambiamenti possono avere lo stesso forte impatto sullo sviluppo nel
corso di tutta la vita. Ogni età è caratterizzata da certe priorità di sviluppo e si
verificano processi di sviluppo:
· Sia continui – cumulativi
· Sia discontinui – innovativi
Anche Baltes e coll. Concordano con Elder nell’affermare che lo sviluppo è
radicato in contesti storici e culturali più ampi. Distinguono 3 cause – origini – di
influenze contestuali:
▲ Influenze normative a seconda dell’età
▲ Influenze normative a seconda della storia
▲ Influenze non normative

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
Baltes introduce il concetto di mulitidirezionalità
Egli mette in risalto che lo sviluppo da una parte:
▲ implica sempre delle perdite oltre che delle acquisizioni dall’altra
▲ I cambiamenti dello sviluppo non devono necessariamente procedere in
sincronia attraverso o all’interno di ambiti di funzionamento.
Uno sviluppo riuscito viene definito come il massimo aumento di acquisizioni ed
il minimo di perdite.

Baltes introduce il concetto base di plasticità


Esso è riferito ad una variabilità all’interno dell’individuo, indica le sue
potenzialità latenti nei diversi livelli di funzionamento. Viene fatta una
distinzione tra:
▲ Capacità di riserva di base: identifica il livello corrente di plasticità a
disposizione dell’individuo;
▲ Capacità di riserva di sviluppo: Il cui scopo è specificare ciò che è
possibile – in principio – se vengono impiegati interventi di
ottimizzazione.
Queste idee che sostengono un processo di sviluppo continuo sembrano simili
all’idea di “Zona di Sviluppo Prossimale” teorizzata da Vygotskij.

Per Baltes (1997) le risorse sono distribuite in modo diverso lungo il ciclo della
vita:
✓ Nei primi anni sono distribuite in modo da funzionare in collegamento
con la crescita – raggiungendo livelli più alti di funzionamento;
✓ Nell’età adulta sono dirette verso il mantenimento – sostenendo livelli di
funzionamento normale nell’affrontare sfide contestuali o perdite di
potenziale.
✓ Nell’età matura vengono distribuite in modo da regolare le perdite
quando mantenimenti o recuperi non sono più possibili. In questo ambito
gli individui sono più orientati a preferire di evitare una perdita piuttosto
che a ricercare un miglioramento.
Attualmente Baltes, Lindernberger e Staudinger -1997- suggeriscono un
modello di sviluppo che implichi:
✓ Una selezione di obiettivi di sviluppo;
✓ Un’ottimizzazione che generi e metta in atto risorse in relazione agli
obiettivi che si intendono raggiungere;
✓ Una compensazione con risposte funzionali verso una diminuzione delle
risorse impiegate per il raggiungimento degli obiettivi, causate
dall’ambiente o dall’età.

Per riassumere: secondo Baltes lo sviluppo è il risultato di un confronto


vittorioso tra sfide del contesto della vita e/o perdite o mancanze. La natura di
queste sfide ed il loro impatto sull’individuo variano a seconda del cotesto,
dell’età e della cultura. Riuscire ad affrontarle con successo dipende dalla sua
capacità di adattamento. In concordanza con altri studiosi Baltes considera la
sfida come la causa scatenante dello sviluppo.
Sviluppo = processo dinamico che dura tutta la vita.

CONCLUSIONE
1. Lo sviluppo per essere stimolato ha sempre bisogno di una sfida –
compito, crisi. Stimolo, perdita;
8

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
2. Lo sviluppo avviene attraverso la capacita di risolvere con successo una
sfida;
3. L’insuccesso del tentativo di superare una sfida comporta l’insorgenza di
alcuni tipi di problemi nell’affrontare le sfide successive;
4. Risolvere le sfide è un processo dialettico, d’interazione che provoca
cambiamenti nell’ambiente, nell’individuo, oppure in entrambi, di
conseguenza stimola lo sviluppo;
5. Gli individui posseggono quantità diverse di risorse per affrontare le sfide.

Capitolo 3
IL MODELLO DI SFIDA DELLO SVILUPPO DEL CICLO DI VITA

Le sfide che si affrontano nella vita allo scopo di sopravvivere e progredire


posso essere rappresentate da:
• un episodio importante come per esempio: il contrasto tra bisogni
individuali e le esigenze psicosociali di adattamento alle norme di una
particolare società, che almeno temporaneamente provoca una crisi
(Erikson);
• una sfida molto piccola rappresentata ad esempio da un nuovo stimolo
che non è ancora presente nello schema dell’individuo (Piaget): come
per esempio un bambino che vede la neve per la prima volta;
• uno stimolo al quale l’individuo non sa ancora come rispondere
appropriatamente (Skinner): come per esempio il caso di una persona
che riceve in regalo un computer ma non sa come usarlo.
In ogni caso l’individuo dovrà rispondere alla sfida che si presenta e nel fare
questo cambierà il suo modo di essere. Il modo in cui portiamo a termine i
nostri compiti mentre cresciamo e maturiamo, influenzerà in una certa misura
il modo in cui affronteremo gli anni futuri e con l’andare avanti con l’età creerà
differenze sempre più grandi tra gli individui. Queste implicazioni variano a
seconda del successo/insuccesso ottenuto nel misurarsi con le sfide, e questa
capacità di superare o meno le sfide dipende dalle risorse individuali di ognuno.
Sviluppo significa pertanto avere a che fare con le piccole e grandi
sfide che affrontiamo giornalmente nel corso della vita, e con il tipo di
insegnamento che traiamo da queste esperienze. Se il numero delle sfide
che affrontiamo è limitato, o se cerchiamo di evitarle, corriamo il rischio di
limitare il nostro sviluppo potenziale e di esaurire le risorse che ci permettono
di sopravvivere.
Il MODELLO DI SFIDA DELLO SVILUPPO si sviluppa intorno ai concetti di:
• sfida
• risorse
• sviluppo
• stagnazione
• deterioramento
DIFFERENZE INDIVIDUALI NELLE RISORSE POTENZIALI: COMPONENTI
DEL BAGAGLIO DI RISORSE PERSONALI

RISORSE POTENZIALI: Il bambino alla nascita dispone di un bagaglio di


risorse potenziali per affrontare le sfide della vita. Molte di queste risorse sono
innate (come certi riflessi), mentre altre sono apprese sin dalle prime ore di
vita e continuano fino alla morte. Altre risorse sono determinate
strutturalmente come la nazionalità, la classe sociale di appartenenza.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
Sin da neonati gli individui si differenziano tra di loro nella quantità e qualità
delle risorse che hanno a disposizione per affrontare le sfide e queste
differenze potranno aumentare o diminuire a seconda delle esperienze di vita
dell’individuo.

▲ DISPOSIZIONI BIOLOGICHE
Sono quelle che la natura mette a disposizione dei bambini: talenti naturali,
potenzialità per lo sviluppo di attitudini diverse, caratteristiche di personalità
ecc. Queste risorse predispongono i bambini ad apprendere più facilmente e
determinano anche in che misura lo faranno. Le risorse possedute
determineranno anche le reazioni degli altri nei loro confronti.
Nel caso di bambini irritabili si avrà un minor coinvolgimento delle madri nei
loro confronti, minori contati visivi e fisici che determineranno una minor
capacità da parte di queste di tranquillizzarli. Una sindrome più generalizzata
legata al bambino che soffre di coliche può essere generalmente definita
difficoltà persistente tra madre e neonato. Altre caratteristiche personali
influenzano il modo in cui i bambini affrontano le loro esperienze quotidiane.
Con il passare del tempo queste predisposizioni interagiranno sempre di più
con i comportamenti appresi e con l’ambiente sociale, subendo una
trasformazione. Ad es. lo stato di buona salute che pare sia una delle risorse
più importanti e determinanti della vita, è fortemente influenzato dallo stile di
vita e dall’ambiente.

▲ RISORSE SOCIALI
L’interazione con altre persone è sempre presente nella vita e queste persone
possono aiutarci ad affrontare le sfide che incontriamo. La nostra rete di
rapporti sociali e la qualità delle relazioni che instauriamo sono considerate
risorse importanti.
La qualità delle relazioni dipende da 2 fattori:
· la disponibilità di una rete di rapporti sociali
· le abilità sociali individuali
Più è alto il numero delle persone con cui interagiamo, più probabilità abbiamo
di arricchire le risorse individuali assicurandoci un sostegno emotivo,
informativo, pratico quando si presenta la necessità di superare una sfida. Per
instaurare e mantenere relazioni sociali è necessario possedere abilità sociali a
partire da quelle più semplici come rispondere agli altri, sostenere un contatto
visivo, fino a quelle più complesse ed elaborate come risolvere conflitti.
Erikson (1959) sottolinea l’importanza di imparare ad avere fiducia negli altri
durante il 1° anno di vita, Bowlby (1969) richiama l’attenzione
sull’importanza della capacità di instaurare legami nei primi giorni di vita ai fini
della formazione delle successive relazioni. Un attaccamento sicuro non
sempre garantisce un adattamento positivo più avanti nel tempo, come del
resto attaccamenti insicuri nel primo anno di vita non sono predittori di un
successivo adattamento mediocre (Ainsworth, 1979).

▲ ABILITÀ IN AMBITI DIVERSI


Il principio di base sembra essere che il possesso di abilità diverse in vari
settori, rappresenti una risorsa più efficace rispetto al possesso di abilità
altamente specializzate in campi limitati.
Per i generalisti – persone versatili – la soglia di rischio è maggiore perché
possono compensare più facilmente la mancanza di abilità, utilizzando altre
10

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
risorse all’interno di un’ampia scelta di abilità sviluppate portando a temine con
successo compiti precedentemente affrontati. Una delle chiavi del successo
nell’affrontare le sfide della vita è l’adattabilità anche se in alcuni casi un’alta
specializzazione in un’area può compensare la mancanza in un’altra.
Le abilità di base per la sopravvivenza particolarmente importanti per
l’individuo sono:
_ le abilità psicomotorie;
_ la capacità di leggere e scrivere;
_ la capacità di pianificare a livello economico;
_ la conoscenza e l’osservanza delle norme igieniche;
_ la capacità di mantenersi economicamente.
A queste si aggiungono le abilità superiori – meta skills – cioè tutte quelle
abilità che migliorano l’apprendimento di nuovi comportamenti e la capacità di
portare a termine nuove sfide.
Per Furntratt e Moller – 1982 – l’essere umano ideale dovrebbe essere l’homo
excercens, un individuo che esplora ed apprende continuamente in modo attivo
e con un vasto repertorio di abilità.

▲ SELF-EFFICACY – AUTOEFFICACIA
Il confronto con le sfide per essere sicuro ha bisogno di una certa quantità di
self efficacy e di autostima, ha bisogno cioè della convinzione dell’individuo di
essere in grado di affrontare e risolvere le sfide contando sulle proprie risorse.
Questo aspetto è simile al locus of control interno descritto da Rotter nel 1966.
La consapevolezza del nostro self-efficacy ci è comunicata da un feed back
sociale (critiche o lodi che ci rivolgono altri) e in parte attraverso l’esperienza, il
successo/insuccesso nel portare a termine i vari compiti.
Bandura (1986) definisce il nostro comportamento autovalutativo sulle nostre
prestazioni, sulla base dei nostri standard ed obiettivi, “valutazione sulla
self-efficacy” e ritiene che questi giudizi esercitino effetti notevoli sul grado di
motivazione.
La valutazione sulla self-efficacy si basa su 4 fonti di informazione:
1. risultati della prestazione (più importanti). Se si riesce a portare a
termine un compito ripetutamente, il senso della nostra efficacia
aumenta ed eventuali fallimenti temporanei non ci preoccupano molto;
2. esperienze vissute per interposta persona. Attraverso
l’osservazione di successi e fallimenti vissuti da altri nello svolgimento di
certi compiti;
3. la persuasione verbale. Conversazioni stimolanti, affermazioni da
parte di altri sulle abilità di qualcuno, costituisce un’altra fonte di
aspettative di alta efficacia personale;
4. indizi psicologici. Es. saper interpretare la stanchezza come un segnale
che mostra che il compito intrapreso si sta rivelando troppo difficile.
Valutazioni realistiche della nostra self-efficacy rappresentano dei validi
requisiti per decidere se un compito può essere intrapreso e quanta energia è
necessario investirci. Soprattutto in presenza di risorse limitate questa è una
buona strategia per selezionare i compiti più adeguati ad esse e concentrarci
per la loro realizzazione.

▲ RISORSE STRUTTURALI
Sono le risorse che derivano dall’ambiente culturale, quali risorse materiali,
nazionalità, genere, razza, status sociale, ecc

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
INTERAZIONE DINAMICA ALL’INTERNO DELLE RISORSE POTENZIALI E
TRA POTENZIALI E COMPITI DA AFFRONTARE

All’interno delle risorse potenziali nessuna variabile può essere considerata


singolarmente, anzi esse sono fortemente interagenti. Ad esempio variabili
biologiche o socio-strutturali interagiscono con le abilità acquisite ed insieme
formano la base del self-efficacy che facilita l’apprendimento di nuove
abilità. Le qualità e la quantità delle abilità possedute da una persona
esercitano un’influenza sul proprio senso di self-efficacy. E’ stato dimostrato
che le persone con un alto senso di autostima sono più attraenti ed hanno più
contatti sociali, quindi più opportunità di imparare e di mettere alla prova le
proprie abilità sociali.
Le risorse potenziali oltre ad essere ecologicamente intrecciate tra di loro sono
altamente dinamiche, possono essere perse, conquistate o cambiate ed
ognuno di questi cambiamenti influisce sulle altre variabili del bagaglio di
risorse dell’individuo.
Oltre ad essere ecologicamente intrecciate le risorse potenziali sono
altamente dinamiche.
Le risorse potenziali possono essere perse, conquistate o cambiate e ognuno di
questi cambiamenti influisce sulle altre variabili del bagaglio di risorse
dell’individuo. Gli elementi del bagaglio di risorse personali non sono mai statici
ma soggetti a continui mutamenti nel corso di tutto il ciclo di vita. Importante
è il fatto che in qualunque momento della vita il numero e la natura di queste
risorse permette di prevedere i traguardi futuri e l’andamento negli anni
successivi. Si deve inoltre osservare che nessuna risorsa potenziale può essere
isolata dal contesto ed inoltre a volte qualunque caratteristica personale può
rappresentare una risorsa, essere irrilevante oppure rappresentare uno
svantaggio.
In pratica, ognuna di queste risorse potenziali diventa una risorsa effettiva solo
attraverso l’interazione con il tipo di compito da portare a termine.
La quantità ed il tipo di risorse potenziali presenti nel bagaglio delle risorse
personali dell’individuo, determinano se il compito che si deve affrontare è una
impegno di routine oppure se rappresenta una “sfida” (Compito realisticamente
impegnativo - Bandura, 1986) o un rischio.

Il buon adattamento tra compiti e risorse potenziali e l’influenza dei


fattori situazionali
Il buon adattamento tra risorse potenziali da un lato e difficoltà del compito
dall’altro è determinato da una serie di variabili tra queste il tipo e la quantità
di risorse potenziali presenti nel bagaglio dell’individuo. Inoltre le
caratteristiche situazionali influenzano sia il tipo di impegno richiesto dal
compito sia l’efficacia delle risorse potenziali e l’interazione tra compiti e
risorse.
Altri fattori di influenza possono alterare alcune risorse potenziali dell’individuo,
questi fattori sono: stanchezza, scarsa motivazione, obiettivi in competizione
tra loro, Presenza di altre persone ed ulteriori compiti che possono influire sulla
difficoltà del compito.
Altri variabile importante è rappresentata dalle diverse sfide che l’individuo si
trova ad affrontare contemporaneamente.
12

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
Il buon adattamento tra risorse potenziali personali e tipi di sfide varia da
individuo ad individuo, ma anche all’interno dello stesso individuo a causa dei
fattori situazionali: a volte ciò che è più facile per una persona non lo è
necessariamente per un’altra e, allo stesso modo, quello che era difficile ieri
può essere facile domani. Le risorse potenziali sono quindi relative, collegate
tra di loro e determinate dal tipo di compito che l’individuo si trova ad
affrontare. Le risorse sono dinamiche nella loro interazione con i compiti e
possono variare nel tempo. Esistono inoltre differenze individuali nella quantità
e qualità delle risorse potenziali a disposizione: alcune persone possono
affrontare senza problemi molte sfide diverse e persino andarsele a cercare,
mentre altri si spaventano e stanno male se chiamati ad affrontare compiti che
appaiono di routine per la maggior parte della gente.
In sintesi: le proprietà di un compito determinano – insieme alle caratteristiche
situazionali – il tipo di qualità individuali che possono essere utilizzate come
risorse ed evidenziano se le richieste del compito superano queste risorse.
Pertanto si definiranno sfide i compiti che corrispondono esattamente o
eccedono di poco le risorse individuali; compiti di routine quelli meno
impegnativi; rischi i compiti più impegnativi.

Risorse potenziali e senso di sicurezza


Il senso di sicurezza è il segnale della presenza di un numero di risorse
sufficienti per affrontare le sfide, soltanto se si può contare su un livello
sufficiente di sicurezza l’individuo sceglie di affrontare nuove sfide. Se invece il
senso di sicurezza non esiste, egli cercherà di evitare nuove sfide. Questa è
una scelta intelligente perché l’ansia riduce il livello di competenza necessaria
alla maggior parte dei compiti. Proprio perché la quantità di risorse potenziali,
all’interno del patrimonio di risorse personali, cambiano ed interagiscono tra di
loro e con le sfide potenziali, la quantità di sicurezza ed ansia provata è molto
variabile, a seconda delle situazioni e durante il ciclo di vita.
Il sentimento di insicurezza si rivela ogniqualvolta il livello delle risorse a
disposizione diminuisce rispetto alle richieste del compito. Se invece il livello di
abilità dell’individuo è perfettamente equilibrato con il livello di sfida
rappresentato dal compito che ha obiettivi chiari e fornisce un feed-back
immediato, si può arrivare ad uno STATO DI “FLOW” (Csikszentmihalyi,
1975).
Le persone entrano in uno stato di Flow quando sono pienamente assorbite da
un’attività tanto da perderne il senso del tempo e provano sentimenti di grande
soddisfazione, si tratta di uno stato senza noia e senza ansia. Questa è
un’esperienza così gratificante che le persone investono grandi quantità di
tempo ed energia per raggiungerla e rimane in questo stato.
La sicurezza può essere considerata sia il punto di partenza che il risultato di
una serie di risorse che l’individuo ha a disposizione per affrontare le sfide. Più
risorse sono percepite, più aumenta il livello di sicurezza ed è più facile che un
individuo affronti una sfida e la porti a termine con successo, aggiungendo
quindi altre risorse al suo bagaglio personale. Questo grado di sicurezza
determinato da un bagaglio di risorse personali relativamente pieno, è
considerato una caratteristica di personalità variamente definita (coraggio,
vigore, persistenza, capacità di recupero) che richiamano presenza di qualità
collegate alla capacità di resistere agli stress.

Percezione della sicurezza e sviluppo

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
Il senso di sicurezza, oppure la sua mancanza può avere cause diverse.
La sicurezza può essere influenzata da variabili biologiche, sociali, cognitive e
strutturali.
Per gli psicologi della personalità vi sono delle differenze presenti fin dalla
nascita nei livelli di ansia con cui le persone reagiscono al mondo che le
circonda:
• persone introverse sembrano maggiormente sensibili al condizionamento
di stimoli che generano paura;
• persone ansiogene si sentono meno sicure in qualsiasi situazione;
• mentre al contrario gli estroversi si sentono più a loro agio in situazioni
nuove e stimolanti, rispetto a tutti gli altri tipi di personalità.
A prescindere dalle disposizioni biologico-genetiche all’insicurezza, alla paura
o alla sicurezza, le reazioni possono anche essere facilmente apprese.
I comportamentisti hanno sperimentalmente dimostrato che:
• gli stimoli associati ad esempio a dolore e disagio hanno la capacità di
suscitare disagio in situazioni simili – diventano così “stimoli
condizionati alla paura”;
• gli stimoli associati a situazioni confortevoli, prive di ansia – diventano
stimoli condizionati alla sicurezza”
Il punto centrale nell’apprendimento di abilità è che i tentativi di chi apprende
abbiano successo. Se i compiti da svolgere sono troppo difficili, l’individuo deve
confrontarsi con il fallimento, che provoca sempre un senso di paura più o
meno elevato: ripetuti fallimenti portano ad un calo di motivazione e alla paura
del fallimento, generano una valutazione di scarsa self-efficacy e un
comportamento che tende ad evitare quel compito specifico o simili.
Ci sono due visioni nel fallimento in un compito:
• I comportamenti sostengono che l’incapacità di portare a termine un
compito generi ansia ed effetti nocivi che influiscono negativamente
sulla capacità di ulteriori apprendimenti;
• Psicologi d’orientamento psicodinamico vanno oltre sostenendo che
l’insuccesso nel risolvere i conflitti caratteristici di una fase, provoca
nevrosi ansiose che durano tutta la vita o che comunque hanno un
impatto negativo sul modo di affrontare le crisi di vita future. Maslow
ritiene che “il senso di sicurezza” sia uno dei bisogni di base che deve
essere soddisfatto perché possa esserci una realizzazione di sé.

QUANDO SI AFFRONTA UNA SFIDA CON SUCCESSO?

· Per sfida si intende qualsiasi nuovo compito che l’individuo affronta e che sia
pari o leggermente superiore alle sue risorse, presenti in quel momento.
· Per compito si intende un problema la cui soluzione può richiedere pochi
istanti, oppure uno più complesso, formato da diversi piccoli sotto-compiti,
paragonabili ad una serie di processi che richiedono diversi anni per essere
risolti. Può trattarsi di un compito completamente nuovo o di un compito di
routine da risolvere in condizioni diverse. Il compito può avere connotazioni
positive o può contenere elementi negativi ma che portano comunque ad una
crescita. In particolare fonti di stress che sconvolgono la continuità della vita
possono agire da catalizzatori al cambiamento. Pertanto una certa dose di
stress può anche essere considerata positiva dal punto di vista dello sviluppo,
perché può portare all’acquisizione di nuove abilità.

14

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
È importante sottolineare che non è l’evento in sé ad essere positivo o negativo
ma il processo ed il risultato dell’interazione tra risorse individuali e compito,
questa interazione determina se il risultato sarà più orientato allo sviluppo o
porterà al deterioramento.

Soluzione riuscita di un problema


Facendo riferimento al concetto di coping riuscito – Gore e Eckenrode,
1996 – si ritiene che una sfida sia affrontata con successo quando il processo
per risolverla non esaurisce le risorse individuali anzi le arricchisce. Se al
contrario il compito esaurisce le risorse personali si corrono dei rischi. Lo
sviluppo di ferma e diventa deterioramento quando l’individuo che deve
misurarsi continuamente con delle sfide va incontro ad un esaurimento di
risorse, con la conseguenza che poi non sarà più in grado di affrontarle.
Anche scegliere di confrontarsi con un compito che si rivela troppo difficile e
che comporta un fallimento, può avere effetti negativi che si ripercuotono sulla
self-efficacy, nello stesso tempo questa condizione può avere degli effetti
positivi che si presentano con una maggiore capacità di valutare le proprie
abilità nello scegliere in futuro compiti della propria portata.
Fino a quando l’incontro con le sfide consente all’individuo di “accumulare
profitti”, quindi aggiungendo risorse potenziali, si può parlare di sviluppo. Si
ribadisce che un compito diventa “sfida” o “rischio” solo in relazione alle
caratteristiche individuali, cioè alle risorse potenziali. Nell’interagire con un
compito un individuo subisce una trasformazione che lo lascia con un aumento,
una perdita o con lo stesso numero di risorse precedenti a quella sfida.
In base al risultato del processo di trasformazione si potrà dire che l’individuo
è andato incontro ad uno sviluppo, un deterioramento oppure è rimasto
all’incirca lo stesso (stagnazione).
Se c’è stato un aumento di risorse, vi sarà anche la probabilità che sia possibile
risolvere nuovi compiti in futuro, avviando così un processo di accumulo di
vantaggi. Se invece c’è stato un prosciugamento di risorse, diminuiscono le
probabilità di affrontare con successo compiti futuri, si dà l’avvio ad un
processo di accumulo di svantaggi.

RICERCA DI SFIDE

L’insieme delle risorse potenziali che costituiscono il “bagaglio” dell’individuo


può esser riempito o prosciugato. Se questo bagaglio è relativamente pieno
l’individuo prova sentimenti di sicurezza e soddisfazione che però alla lunga
possono portare a sentimenti di noia, l’individuo non si sente sufficientemente
sfidato. Questa situazione può avere una spiegazione di tipo biologico: tutti gli
animali di ordine superiore sembrano annoiarsi se l’ambiente in cui vivono è
statico, questo dovrebbe indicare un impulso innato verso la stimolazione.
Un’altra spiegazione e che si tratti di un fenomeno socialmente condizionato,
tipico delle società occidentali, dove i desiderio di sperimentare nuove
esperienze è la ragione determinante per spiegare il successo raggiunto da
industrie quali quelle della moda e dello spettacolo. Uno stato di soddisfazione
e sicurezza che duri troppo a lungo, spinge l’individuo a cercare nuove sfide.
Più aumentano e migliorano le risorse potenziali, più l’individuo sperimenta un
senso di sicurezza in relazione a nuove sfide, pertanto è molto probabile che si
metta alla ricerca di nuovi compiti che se portati a termine con successo,
aggiungeranno nuove risorse al suo bagaglio personale.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
SVILUPPO – STAGNAZIONE – DETERIORAMENTO

1. Lo sviluppo avviene ogni volta che il bagaglio di risorse potenziali si


riempie e le risorse contenute si rinforzano. Consiste in una serie di
cambiamenti continui che avvengono nel corso del ciclo di vita, non in una
serie di transizioni attraverso determinati stadi.
Nell’adolescenza quello che determina il cambiamento non è il cambiamento
fisico, ma le sfide che questo cambiamento provoca all’individuo nei vari
ambiti: sociale, emotivo, cognitivo, fisico. Il modo in cui l’individuo affronta i
cambiamenti di maturazione, determina se la direzione della maturazione va
verso lo sviluppo (rafforzamento ed integrazione di risorse) o verso la
stagnazione o il deterioramento.
Concetto di multidirezionalità di Smith e Baltes - non importa se la
maturazione porta con sé i cambiamenti comunemente considerati di crescita
o di perdita: qualunque cambiamento è una sfida. Lo sviluppo progressivo
è come un’assicurazione sulla vita, tutela l’individuo dalle possibili prove che
potrebbero presentarsi.

2. Stagnazione
Concetto di stagnazione simile alla descrizione dei due stili di identità
adulta di Whitbourne, Sneed, Skultety (2001). È stato teorizzato che gli
identity assimilators posseggono identità forti all’esterno ma deboli
internamente. Quando si trovano a confrontarsi con esperienze che minacciano
la loro identità fanno affidamento sull’assimilazione di identità per distorcere
l’informazione così da non dover essere costretti a porre in discussione la loro
abilità o importanza per gli altri.
Gli identity accomodators hanno identità deboli ed instabili basate
fortemente sulla valutazione degli altri. Cambiano rapidamente di fronte alle
esperienze perché mancano di coerenza interna.
Secondo il modello di Whitbourne, Sneed, Skultety solo coloro in possesso di
una identità equilibrata sono in grado di alternarsi flessibilmente tra processi
di identità mantenendo uno stabile senso di sé, mentre nello stesso tempo
cambiano per reagire agli eventi che sfidano il loro senso di sé.
Il concetto di stagnazione è simile al pensiero di Maslow sulla motivazione di
mancanza un stato in cui gli individui sono impegnati esclusivamente nel
soddisfacimento dei loro bisogni primari e non possono impegnarsi in
un ulteriore sviluppo. Si tratta di una condizione opposta alla motivazione
di sviluppo in cui i bisogni primari sono soddisfatti e gli individui
posseggono risorse sufficienti per impegnarsi nella realizzazione di se
stessi.
È corretto precisare che non tutti gli stagnators sono in uno stato di
stagnazione involontaria ed insoddisfatta, a volte le persone possono decidere
di non affrontare nuove sfide perché sono soddisfatti delle risorse presenti e del
loro stile di vita.
La stagnazione è uno stato in cui non vi è aggiunta di nuove risorse.
Un modo per porsi al riparo da sfide è quello di evitarle, questo è sicuramente
possibile per un certo periodo di tempo, anche se secondo il modello della sfida
dello sviluppo, conduce a stagnazione. Questo accade anche per intere culture.
Gli individui e le nazioni che cercano di evitare qualunque cambiamento, sono
comunque a rischio semplicemente perché una vita senza cambiamenti e sfide
16

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
non può portare allo sviluppo, si diventa vulnerabili ai cambiamenti indotti
dall’esterno.
Chi si trova in uno stato di stagnazione non appagante è costretto ad evitare i
compiti che non riesce ad affrontare, mentre chi si trova in uno stato di
stagnazione appagante non è interessato a ne3ssun compito che esula dal
contesto del gruppo ristretto di cui fa parte, diventando così specialista nello
svilupparsi solo in un numero ristretto di aree della vita.
Il concetto di specializzazione è analogo a quello di stagnazione perché
comporta il rischio di restringere le abilità individuali. Le risorse che
accumulano gli specialisti, pur continuando ad affrontare sfide, sono molto
spesso unilaterali e concentrate, per cui una perdita improvvisa può risultare
catastrofica per lo sviluppo complessivo dell’individuo.

3. Deterioramento.
Avviene quando l’individuo nel corso della vita affronta sfide che superano
sempre le sue risorse potenziali prosciugando continuamente il suo bagaglio.
Questo stadio può essere raggiunto in qualsiasi momento del ciclo della vita
come può non esserlo mai.
Le sfide che portano ad un miglior sviluppo sono quelle che si cercano in uno
stato di sicurezza perché si possiedono risorse sufficienti per affrontarle. Può
accadere che un ambito della vita di un individuo sia in uno stato di
stagnazione mentre in un altro continua a svilupparsi, ma se la stagnazione si
verifica in diversi ambiti il rischio si accumula, ed il bagaglio di risorse personali
si prosciuga in modo esponenziale. Le risorse individuali possono prosciugarsi
quasi completamente in un ambito della vita, essere appena sufficienti in altra
area e continuare a svilupparsi in un altro campo. Così è possibile che un’area
possa compensare parzialmente le altre aree in cui si è meno dotati. Il
meccanismo che si genera non è facile da capire, probabilmente avviene che il
successo in un’area generi sentimenti di autostima e di self efficacy nelle
persone che così acquistano più fiducia per affrontare le sfide che si
presentano in altri ambiti della vita. Probabilmente l’esperienza positiva del
successo è d’aiuto nel rinforzare quegli aspetti dell’opinione di sé – self concept
– che promuovono una capacità di ripresa (Rutter, 1996).
L’elemento cruciale per affrontare le sfide della vita è possedere il
potenziale per cambiare. Questo potenziale è raggiunto grazie alla capacità
di adattamento in un maggior numero di aree possibili, possedendo cioè molte
risorse in una varietà di aree. Se le risorse vengono continuamente prosciugate
perché si affrontano troppe sfide concomitanti o perché mancano le risorse
potenziali, la stagnazione può passare nel tempo alla fase di deterioramento.
C’è da evidenziare che anche il deterioramento non è irreversibile, i momenti di
svolta che portano un flusso di nuove risorse, possono ancora trasformare il
processo rendendolo nuovamente positivo. Nel flusso e riflusso della vita non è
mai troppo presto o tardi per rinnovare il bagaglio di risorse personali.

CONCLUSIONE

Principi-chiave del modello di sfida dello sviluppo nel ciclo di vita:


1. Esistono differenze individuali nelle risorse potenziali. Queste
risorse interagiscono sia quando si affrontano i problemi quotidiani sia di
fronte ad eventi importanti della vita. Lo sviluppo avviene ogni volta che

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
le sfide della vita sono affrontate con successo e nuove risorse vengono
aggiunte a quello che definiamo “bagaglio di risorse personali”.
2. Uno stato di sicurezza dinamica viene raggiunto grazie ad un
bagaglio di risorse relativamente pieno. Questo stato provoca
nell’individuo inizialmente un senso di soddisfazione, successivamente
una sensazione di noia. Per superare questi sentimenti è necessario
affrontare nuove sfide che presentano difficoltà pari o leggermente
superiori alle competenze o risorse possedute dall’individuo. Il livello del
bagaglio di risorse personali e sempre in uno stato dinamico.
3. Una sfida è superata con successo quando il processo del suo
superamento non prosciuga le risorse personali ma le aumenta.
Nel caso contrario le risorse dell’individuo vengono impoverite e lo
sviluppo di ferma. Questo processo può trasformarsi in deterioramento
quando l’incontro con nuove sfide prosciuga sempre più le risorse,
l’individuo non è in grado di affrontarle ed il suo livello di competenza si
abbassa.
4. Evitare le sfide può portare ad una situazione di stagnazione o
perlomeno a limitare il potenziale di sviluppo. La stagnazione può
essere di due tipi: appagante (gli individui sono soddisfatti della loro
vita e non intendono misurarsi con nuove sfide) e non appagante (gli
individui non posseggono le risorse necessarie per affrontare nuove sfide
e quindi le evitano). Se lo sviluppo avviene solo in poche aree si ha una
specializzazione.
5. Se le nostre abilità non sono messe alla prova e quindi le nostre
risorse non vengono rinforzate, possiamo trovarci in uno stato di
stagnazione ed il nostro sviluppo può diventare deterioramento.
Anche questo processo non è irreversibile perché siamo in grado di
aggiungere risorse in qualunque momento della nostra vita. Lo sviluppo
è un processo dinamico che dura tutta la vita.
6. Il modello di sfida dello sviluppo è utile per capire il processo
dello sviluppo umano attraverso il ciclo di vita. Ed è anche rilevante
per un approccio interculturale allo studio dello sviluppo. I meccanismi
dello sviluppo sono gli stessi a prescindere dal tempo o luogo in cui si
verificano.

Capitolo 4
SFIDE ASSOCIATE A MUTAMENTI NORMATIVI E A MUTAMENTI NON
NORMATIVI

MUTAMENTI DELLO SVILUPPO

18

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
Baltes, Reese e Lipsitt – 1980 – distinguono 3 forme di mutamenti dello
sviluppo:
• Quelle normative classificate per età
• Quelle storiche
• Le influenze sullo sviluppo non normative
Per evidenziare le differenze culturali si sono divisi i mutamenti classificati per
età in:
• Cambiamenti di maturazione
• Cambiamenti sociali normativi
Importante inoltre è considerare un'altra categoria costituita da eventi più o
meno prevedibili: Mutamenti quasi normativi.
Le influenze storiche sono considerate come una delle diverse forme di
mutamenti non normativi, visto che sono meno prevedibili delle normali
traiettorie di vita, rispetto ai mutamenti normativi.

Classificazione dei mutamenti nel corso della vita, collegati al modello di


sviluppo del ciclo di vita:

1) Mutamenti di maturazione
Sono rappresentati dai mutamenti biologici comuni a tutti gli individui sani, i
processi implicati e gli obiettivi biologici sono piuttosto simili per gli esseri
umani. Poiché non è possibile sottrarsi a questi mutamenti essi sono facilmente
prevedibili e questo permette a tutti gli individui di prepararsi ad affrontarli.
L’individuo che affronta questi cambiamenti può contare su un sostegno sociale
e su vari modelli di comportamento. I cambiamenti di maturazione hanno delle
implicazioni sociali che variano da cultura a cultura.
2) Mutamenti sociali normativi
Comuni alla maggior parte degli individui all’interno di certi contesti sociali e
culturali, spesso collegati all’età e ai mutamenti di maturazione. Si tratta di
eventi sociali regolati da leggi che influenzano l’individuo in vari modi, presenti
in ogni società nonostante i contenuti siano molto diversi tra culture diverse.
Inoltre perfino nello stesso paese possono esistere differenze tra gruppi sociali,
rispetto a quali eventi debbano essere considerati normativi e quali invece non
lo sono.
Elemento comune a tutti questi mutamenti normativi è la prevedibilità, visto
che i membri di un gruppo sociale sanno quando e come avvengono e pertanto
non li affrontano impreparati.
Questi mutamenti accadono a tutti i membri del gruppo nello stesso tempo, gli
individui possono pertanto contare su un sostegno sociale e possono basarsi su
precedenti esperienze degli anziani del gruppo. In culture diverse le esperienze
dello sviluppo dei membri appartenenti a certi gruppi socioculturali sono
piuttosto simili, regolando lo sviluppo in modo normativo per tutti i membri.
3) Mutamenti quasi normativi
Sono simili a quelli normativi, sono legati all’età, comuni alla maggior parte
degli individui appartenenti a gruppi sociali o culturali. A differenza di quelli
normativi, non sono regolati da leggi, anche se spesso sono regolati da norme
e regole non scritte. Pertanto all’interno di un gruppo sociale c’è sempre una
minoranza che non sperimenta questi mutamenti.
I mutamenti normativi e quasi normativi somigliano molto:
- ai compiti di sviluppo di Havighurst – 1972
- Alle crisi psicosociali di Erikson – 1959

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
- Alle transizioni dello sviluppo di Levinson e coll. – 1978
Tutti questi mutamenti variano a seconda delle culture e delle coorti di età,
mentre i meccanismi per affrontare gli eventi normativi e quasi normativi
restano invariati. Questi cambiamenti contribuiscono a creare i cosidetti effetti
coorte: eventi considerati normativi per una generazione, smettono di esserlo
per la generazione successiva, con la conseguenza che i loro effetti sullo
sviluppo sono completamente diversi nelle due coorti di età.

4) mutamenti non normativi


Sono cambiamenti che vengono sperimentati in modi particolari o in
determinati periodi da un numero ristretto di persone e possono assumere
forme diverse.

Mutamenti fuori tempo – off/time. La sperimentazione di un mutamento


normale, in un momento del ciclo di vita nettamente diverso rispetto a quello in
cui viene sperimentato dalla maggior parte delle persone, attribuisce a questo
evento un carattere non normativo “fuori tempo”. Le conseguenze sono
numerose, l’individuo si distacca dalla media, è bollato dagli altri, si ritrova
isolato privo di modelli di comportamento su cui basarsi, in una posizione di
conflitto con le altre transizioni della vita.
Mutamenti storici. Sono influenze dello sviluppo derivanti da eventi che
producono un cambiamento all’interno del macrosistema. Possono essere
incidenti o mutamenti di natura temporanea (es. disastri economici, naturali,
guerre, ecc) o eventi imprevisti (es. invenzione pillola anticoncezionale, rapido
sviluppo computer, ecc.) che cambiano la vita degli individui nella società in
modo permanente. Questo genere di cambiamenti, giunge inaspettato, ed
inizialmente solo gruppi ristretti di persone si preparano a essi, però poiché
“tutti si trovano nella stessa barca” spesso possono contare su un solido
sostegno sociale. Gli individui affrontano queste sfide e cambiamenti in modi
diversi, per cui lo stesso mutamento storico può avere impatti diversi nel loro
ciclo di vita.
Mutamenti provocati dall’individuo. L’individuo spesso pianifica e sceglie i
suoi percorsi di vita compatibilmente con i suoi doveri sociali e storici. Elder
(1998) considera queste alterazioni pianificate dall’individuo al suo ciclo di vita
come strettamente collegate alle percezioni di self-efficacy. Per quanto questi
mutamenti provocati sembrino più facili da affrontare, rappresentano in ogni
caso una sfida e richiedono le risorse necessarie. Ogni decisione impegnerà
l’individuo in una molteplicità di compiti differenti, con ostacoli da superare che
prosciugheranno o aumenteranno le sue risorse.
Mutamenti particolari. Comprendono tutti gli eventi della vita che succedono
solo ad un numero limitato di persone e per questo l’individuo che le affronta si
sente non solo stigmatizzato, ma spesso si trova isolato senza il sostegno di
altre persone che hanno affrontato situazioni simili – es. handicap
sopraggiunto. Questi eventi avvengono generalmente in modo inaspettato e
sono le sfide della vita più difficili che si possano incontrare. Come i mutamenti
normativi i cambiamenti non normativi ed i cambiamenti particolari non
devono per forza avere un impatto negativo sulle risorse, anche eventi
percepiti positivamente – es. una promozione, una grossa vincita – richiedono
un adattamento poiché mettono comunque alla prova le nostre reazioni.
Non eventi. Sono eventi che accadono “quasi a tutti “ ma non a noi. Poiché
tutto quello che “fa deviare” dalle norme sociali comporta uno stigma anche i
20

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
non eventi provocano questo perchè non ci consentono di condividere le stesse
esperienze degli altri. Gli “eventi desiderabili”, in particolare, che accadono
alla maggior parte delle persone ma non ad alcuni, possono rappresentare una
dura sfida da affrontare per coloro ai quali non accadono.

Tutti questi mutamenti possono rappresentare delle svolte dello sviluppo –


processi di svolta – e soprattutto se accadono presto nella vita, possono avere
conseguenze permanenti. Sono mutamenti di vita significativi perché
influiscono sulle transizioni successive, attraverso un processo cumulativo di
“vantaggi/svantaggi”. È importante tener presente che molte di queste
transizioni consistono in processi multifasici di lunga durata spesso formati da
una successione di diversi momenti di scelta e non da singoli eventi di breve
durata. Questi mutamenti presentano all’individuo molte sfide, che possono
essere affrontate ognuna in modo più o meno efficace.
Per questa ragione i singoli eventi che accadono nella vita dell’individuo non
sono sufficienti per fare delle previsioni sul suo benessere psicologico futuro,
mentre la quantità di “seccature quotidiane” e il grado di ostilità con cui
vengono percepite dall’individuo permettono di fare delle previsioni più
attendibili.

MUTAMENTI NORMATIVI E NON NORMATIVI – UN CONFRONTO

Se consideriamo il modo in cui i mutamenti normativi e non creano delle sfide


ed agiscono da stimolo per lo sviluppo, ci rendiamo contro che il loro tratto
comune è rappresentato dal fatto che avvengono in quasi tutti gli individui
appartenenti ad una società e all’interno di una certa fascia di età. Questo li
rende facilmente prevedibili facilitando il compito degli individui che si possono
preparare ad affrontarli. In alcuni paesi sono messi a punto programmi per
aiutare gruppi di persone ad adattarsi ai cambiamenti – es. per i bambini
l’accesso all’asilo – in altri contesti culturali questa preparazione avviene
all’interno della famiglia. Questi eventi organizzati forniscono una varietà di
modelli di comportamento ed un forte sostegno emotivo e sociale all’individuo
che li affronta per la prima volta non comportando alcuno stigma.
Si sottolinea che per quanto drammatici o interessanti possano apparire
all’individuo i mutamenti normativi questi non rappresentano una sfida
particolarmente impegnativa, infatti affrontare questi mutamenti è reso più
facile dalla loro prevedibilità e dal sostegno della rete di rapporti sociali e dai
vari sottosistemi della società.
Le sfide più difficili da affrontare sono quelle causate da eventi non normativi
perché sorprendono l’individuo che, non potendo contare su alcun sostegno,
diventa deviante delle norme della società. Questi mutamenti non normativi
contengono un potenziale di crescita più alto.

AFFRONTARE LE SFIDE

Imparare ad affrontare le sfide, in particolare quelle non normative, somiglia


notevolmente alla capacità di affrontare con successo le situazioni stressanti.
Questa capacità di coping è stata definita da Lazarus (1993) come “lo
sviluppo di sforzi cognitivi e comportamentali per far fronte a richieste

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
specifiche interne e/o esterne che sembrano mettere a dura prova, o eccedono
le risorse di un individuo”.
Aldwin (1992) descrive lo stress nell’affrontare situazioni legate all’età:
1. Gli eventi stressanti formano il contesto in cui può verificarsi lo sviluppo
degli adulti;
2. L’esperienza di stress è universale anche se può variare da cultura a
cultura;
3. Affrontare e superare lo stress, sviluppando nuove capacità e abilità,
sviluppa la conoscenza pratica;
4. Non esiste una sequenza universale di sviluppo, le scelte che facciamo
quando si presenta un problema influenzano i nostri processi di
adattamento.
Aldwin sostiene che lo stress, dal punto di vista dello sviluppo, può essere
considerato un fattore positivo perché può portare all’apprendimento ed al
miglioramento di nuove abilità. Sempre secondo Aldwin si possono verificare
3 importanti tipi di sviluppo di traiettorie dopo aver affrontato uno stress:
• L’individuo può diventare più fragile;
• può ritornare ad una fase di omeostasi (Proprietà degli organismi viventi
di conservare relativamente costanti alcune caratteristiche interne, quali
la temperatura);
• può andare incontro ad un deterioramento, una stagnazione o uno
sviluppo.
Affrontare una qualsiasi sfida significa avere a che fare con gradi diversi di
stress, situazione che rappresenta una parte vitale del processo di sviluppo.
Il successo delle strategie di coping – secondo il modello di sfida dello sviluppo
– dipende dalla disponibilità di risorse individuali.
Ruth e Coleman (1997) sottolineano che per affrontare le sfide bisogna
avere una varietà di capacità personali e strutturali che definiscono:
• Maturità;
• Ottimismo;
• Coerenza;
• Locus of control;
• Strategie di coping;
• Sostegno sociale;
• Istruzione superiore;
• Alto status socioeconomico
Indipendentemente dal modo in cui si affronta una sfida, i cambiamenti che ne
derivano trasformano l’individuo in una persona “nuova”.
Secondo Rutter (2000) questo avviene quando si ha un impatto maggiore per
la combinazione di una serie di rischi dove gli effetti cronici dello stress
causano conseguenze di lunga durata, inoltre sono soprattutto le prime
esperienze ad influenzare fortemente quelle successive. L’esperienza di una
vita nell’affrontare stress sociali, si manifesta attraverso una certa competenza
nel far fronte ai problemi.
Rutter paragona queste esperienze non normative che hanno un grado di
difficoltà sufficiente a sfidare le risorse individuali, ma non impossibili da
fronteggiare, agli effetti di un vaccino per le difese immunitarie. Definisce
queste sfide esperienze che “rinforzano” che preparano l’individuo ad
affrontare le varie sfide più difficili che si troveranno in futuro.
È importante ribadire che molte sfide non sono costituite da singoli eventi, ma
da processi composti da una varietà di sfide diverse. Le sfide non sono solo
22

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
formate da compiti diversi, ma sono il risultato di una serie di conseguenze
diverse.

CONCLUSIONE

1. Alcuni mutamenti normativi accadono agli individui in età diverse, alcuni


biologicamente determinati sono comuni a tutti le persone in buona
salute; altri socialmente determinati – spesso collegati all’età –
dipendono da leggi, regole e tradizioni di culture particolari ed in
determinati momenti storici.
2. i mutamenti normativi non rappresentano delle sfide eccezionali –
prevedibilità e sostegno sociale;
3. la capacità di affrontare le sfide ha molto in comune con le strategie
generali di coping;
4. la maggior marte delle sfide non sono rappresentate da eventi, ma da
processi costituiti da molte sfide diverse;
5. molte sfide diverse provocano una serie di conseguenze – positive o
negative – a breve e lunga scadenza nei vari ambiti di vita di un
individuo.
Capitolo 5
IN RICCHEZZA E IN POVERTÀ? DUE ESEMPI DI EVENTI NON NORMATIVI

Il numero dei possibili mutamenti non normativi che possono accadere è


infinito, si analizzano due esempi che mostrano l’impatto di questi mutamenti
sul bagaglio di risorse personali e sul microsistema a cui appartengono gli
individui.
• Il divorzio: si tratta di un evento particolare perché è considerato non
normativo e può avere ampie ripercussioni ed implicazioni su tutti i
membri delle famiglie coinvolte, oltre che sui protagonisti principali.
• Avvenimento storico negativo: per esempio una grave crisi
economica può mettere in evidenza gli eventuali fattori che favoriscono
una capacità di ripresa e la capacità di costruire nuove risorse nelle
persone che si trovano in una situazione molto svantaggiosa.

LE SFIDE DELLA SEPARAZIONE E DEL DIVORZIO

Il divorzio, all’interno di una cultura, è influenzato da più di un sistema


psicosociale, come altre sfide, è un processo e non un singolo evento. In
modello di sfida dello sviluppo mostra chiaramente la sua utilità per
descrivere e capire i diversi tipi di adattamenti delle persone che si trovano ad
affrontare una serie di sfide in un determinato momento del loro ciclo di vita.

Divorzio e macrosistema
Il divorzio è un evento non normativo perché non accade a tutti, le persone
hanno generalmente opinioni divergenti al riguardo visto che ritengono che
non possa questo evento accadere a loro.
Negli Usa ed in atri 6 paesi gli uomini disapprovano il divorzio più delle donne,
i religiosi praticanti sono più contrari dei non praticanti. In altre culture come
quella cinese il divorzio è considerato “anormale” e vi è un numero molto
basso di divorzi, questi risultati dimostrano che il significato dell’esperienza del
divorzio varia a seconda del genere e della cultura degli individui. Pertanto per

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
alcuni il divorzio continua a rappresentare un mutamento non normativo,
mentre per altri è considerato quasi normativo. In linea generale si può
comunque affermare che il divorzio rappresenta una sfida variabile e
contrastante per gli individui coinvolti. Molte decisioni prese a livello individuale
nel microsistema sono fortemente influenzate dal macrosistema ed il divorzio
non fa eccezione. Vari studi hanno dimostrato che lo sviluppo socioeconomico,
la condizione sociale delle donne, la proporzione numerica uomini/donne nella
società, la presenza delle donne nel mondo del lavoro, la mobilità geografica, la
presenza e il numero di partner alternativi disponibili al matrimonio, sono tutti
fattori che influiscono sulla percentuale di divorzi.
I paesi industrializzati mostrano un forte incremento del tasso di divorzio negli
ultimi 30 anni. Il fatto che il divorzio sia piuttosto diffuso in occidente, significa
che le persone divorziate non sono eccessivamente stigmatizzate dalla società
e non restano prive di modelli di comportamento. I divorziati ritengono molto
importante avere amici che si trovano nella stessa condizione, infatti questi
rapporti offrono un sostegno emotivo, la possibilità di condividere esperienze e
la certezza di essere reciprocamente accettati.

Risorse potenziali e sfide supplementari nell’esperienza del divorzio


Si esaminano le varie risorse che consentono agli individui di superare con
successo le sfide provocate dal divorzio. Come altri eventi il divorzio non è un
evento separato ma è un processo che comincia molto prima dell’inizio del
divorzio effettivo e che non termina con la firma dei documenti legali.
Chiriboga (1991) dopo lunghi studi longitudinali afferma che separazione e
divorzio non sono la soluzione dei problemi ma rappresentano l’inizio della
soluzione per tutti gli individui coinvolti esso rappresenta un sfida per
ricostruirsi una vita. Si tratta dell’inizio di una transizione che termina
felicemente soltanto con la costruzione di una nuova vita soddisfacente.
Ricerche sviluppate in conformità al modello di sfida dello sviluppo mostrano
che alcuni fattori si presentano ripetutamente sotto forma di risorse importanti
necessarie per affrontare le sfide provocate dal divorzio:
• Maggiore autostima;
• Coesione familiare;
• Sostegno sociale;
• Buona situazione economica
Il modello di sfida dello sviluppo è in grado di prevedere che coloro che hanno
una impostazione di vita più flessibile affrontano la separazione in modo più
positivo rispetto ad individui stagnanti.
Divorziare comporta una certa quantità di stress che mette a dura prova la
capacità dell’individuo di affrontare la situazione, sia a causa dell’impatto
cumulativo, sia per il verificarsi di numerosi cambiamenti simultanei che
coinvolgono vari ambiti della vita dell’individuo:
• Condizioni di vita;
• Situazione economica;
• Routine familiari;
• Residenza;
• Eventuale custodia dei figli.
Ognuna di queste situazioni rappresenta una difficile sfida di per se. Negli Usa
nella maggior parte delle donne divorziate o vedove il rischio di finire in
povertà aumenta notevolmente, con incidenza maggiore per le vedove.

24

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
La fine dei matrimoni più longevi comporta un maggior stress e difficoltà di
riadattamento. Queste copie hanno vissuto una maggiore situazione di
ristagno, senza la possibilità di apprendere modi di vivere alternativi. Chi
affronta il divorzio senza aver avuto prima il tempo per prepararsi al
cambiamento sperimenta una forte dose di stress. Le donne sembra vivano
una situazione di stress elevato prima di prendere la decisione, ma una volta
presa sembrano adattarsi meglio dopo il divorzio. Il partner che non ha scelto il
divorzio, che non ha percepito i segnali di avvertimento e pertanto sta
attraversando un mutamento non normativo particolare, sperimenta maggiori
conflitti che causano un deterioramento nel suo benessere mentale.

Tschann – Johnston – Wallerstein (1989) hanno elaborato un modello molto


simile a quello di sfida dello sviluppo nel ciclo di vita, si tratta del
modello del processo di divorzio. Questo modello analizza i fattori in grado
di prevedere le capacità di adattamento di fronte ad una crisi familiare,
mostrando gli effetti cumulativi dello stress e della tensione prima e dopo il
divorzio. Il modello indica i fattori che contribuiscono all’adattamento
dell’individuo sul punto di divorziare come risorse personali, familiari e sociali
o risorse sviluppate necessarie per affrontare la crisi e l’orientamento generale
della famiglia verso la situazione complessiva.
Le risorse necessarie ai partner che affrontano il divorzio comprendono:
• Fattori strutturali come istruzione ed occupazione;
• Qualità personali, caratteristiche psicologiche possedute prima della
separazione;
• Qualità sociali come le attività sociali, il sostegno sociale e la possibilità
di iniziare una nuova relazione sentimentale.
La mancanza di queste tre risorse rendere le persone più vulnerabili verso gli
stress tipici del divorzio, rende soprattutto difficile sviluppare ulteriormente le
risorse sociali che aumentano l’adattamento dei divorziati.
Hetherington – Law – O’Connor (1997) sostengono che le emozioni molto
negative provocate dal divorzio scompaiono dopo 2 anni. Ricerche però
dimostrano che madri divorziate dopo 3 anni mostrano ancora sintomi di stress
e depressione, la ragione potrebbe essere che sia lo stress delle madri a
causare ed accelerare la serie di eventi che affrettano il divorzio.

Influenza del divorzio sulle altre persone del microsistema


Punto di vista ecologico: nel processo di divorzio sono soprattutto i figli e i
suoceri ad essere coinvolti nel vortice di questo evento. Il modo in cui sono
influenzati dal divorzio dipende dal tipo di risorse a disposizione per affrontare
la situazione e dal numero di sfide diverse a cui devono far fronte. Si è
osservato che i bambini si adattano meglio in una famiglia che funziona bene
e composta da un solo genitore o da un genitore ed il suo nuovo compagno/a,
piuttosto che nella famiglia di origine dove sono presenti numerosi conflitti.
Hetherington (1989) completamente in linea con il modello di sfida dello
sviluppo afferma che i bambini alla lunga possono diventare dei sopravvissuti,
perdenti o vincenti del divorzio o del nuovo matrimonio dei genitori. Per i
genitori che divorziano i figli possono a loro volta rappresentare una risorsa, un
nuovo problema od entrambe le cose nel corso delle diverse fasi del processo.
Nella transizione verso la separazione anche i suoceri assumono un ruolo
decisivo, infatti chi divorzia trae enormi benefici dal sostegno dei propri genitori
in termini di aiuto emotivo e finanziario e da un alto grado di approvazione,

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
contemporaneamente questo effetto positivo si estende anche ai figli/nipoti
soprattutto perché la loro madre ne trae beneficio.
I suoceri possono sentirsi stimolati a recuperare il loro vecchio ruolo di genitori
in tutti i sensi, fisicamente, psicologicamente, finanziariamente e per un
numero crescente di nonni questo ruolo può diventare anche quello di
surrogato genitore dei propri nipoti. Sotto un altro aspetto c’è da osservare che
il ruolo di “nonno custode” è un ruolo debole, privo di regole formali e senza la
possibilità di punti di riferimento, inoltre diversi studi indicano che i nonni che si
prendono cura dei nipoti corrono più rischi di avere problemi di salute sia fisici
che emotivi, di essere isolati socialmente, di affrontare conflitti familiari ed
ostacoli finanziari e legali.
Questi studi evidenziano anche un aspetto positivo, infatti i nonni possono
ricevere ricompense tangibili sul piano emotivo nel prendersi cura dei nipoti,
sperimentare un rinnovato senso di utilità derivante dalla consapevolezza di
contribuire all’educazione della nuova generazione.
Al pari degli altri mutamenti non normativi le varie sfide possono accumularsi
rendendo il compito più difficile da portare avanti, mentre l’accumulo di risorse
può facilitare il processo di risoluzione della sfida. Per i nonni americani questa
è una sfida assai ardua soprattutto per i pochi mezzi finanziari a disposizione,
inoltre la maggior parte dei loro conoscenti non ha più bambini in casa e spesso
non sono entusiasti dell’idea di condividere le attività dei bambini, pertanto
questa situazione può portare all’isolamento sociale.
Pertanto il processo del divorzio può creare il rischio che i nonni esauriscano le
loro risorse, inoltre rischio e tensione possono estendersi a differenti membri
dei microsistemi connessi, e questa sfida composta da aspetti differenti possa
prosciugare le risorse di più individui collegati.
Nel caso del divorzio, il successo nell’affrontare la sfida è legato anche a come
il macrosistema – quindi opinione pubblica e comunità di appartenenza –
reagisce all’assunzione dei nonni del ruolo di nonni custodi, questo avviene
soprattutto nelle comunità afroamericane dove il sostegno dei membri è
tangibile ed i nonni si sentono meno intrappolati nei loro ruoli.
Il ruolo di nonni-custodi può essere scelto, ma più spesso è richiesto o
addirittura dato per scontato dagli altri membri della famiglia. In molti casi i
nonni si trovano impreparati e impiegato tempo ad adattarsi al nuovo ruolo.
Capita spesso anche il caso di nonni esclusi dal divorzio dei loro figli che si
ritrovano separati dai nipoti, dal momento che i genitori possono impedire loro
di mantenere i contatti con essi. Questo ha spinto molti nonni americani a
richiedere assistenza legale per ottenere il diritto di visita.

Potenziali conseguenze psicosociali del divorzio


Riuscire a superare una sfida con successo provoca un senso di crescita
personale, soprattutto nelle donne. Esse interpretano il loro divorzio come il
passaggio da una situazione di dipendenza ad una di indipendenza, un segno di
crescita personale ed un nuovo inizio che porta a maggiore autonomia e libertà
(Chiriboga, 1991). Pertanto in molte occasioni ed a seconda di un certo numero
di fattori l’esperienza del divorzio può essere considerata più una conquista che
non un fallimento, più fonte di gioia e di emozioni positive che non di
disperazione: una sfida ben superata.
Fattori essenziali per il raggiungimento di questo risultato sono:
• Attitudini personali verso il divorzio;
• Personalità – età – sesso;
26

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
• Livello di indipendenza raggiunto durante il matrimonio;
• Durata del periodo impiegato per raggiungere la decisione;
• Esistenza o meno di un rapporto con l’ex coniuge;
• Reddito e sostegno sociale.
Se il numero e il tipo di risorse di una persona corrisponde al numero e al tipo
di sfide provocate dal divorzio, si può verificare un processo di sviluppo riuscito.
Se al contrario il numero di risorse e l’adattamento sono insufficienti si può
verificare una esperienza contraddittoria e stressante.
Grazie al modello di sfida dello sviluppo è stato dimostrato che un processo
non normativo come il divorzio che visto dal di fuori può sembrare
un’esperienza negativa e dolorosa, può invece diventare un punto di svolta che
porta alla crescita individuale dei membri della coppia che si separa, oppure
alla condizione opposta.
I diversi fattori associati al divorzio come il legame tra i protagonisti e gli altri
membri del microsistema; le influenze derivanti dal macrosistema (opinione
pubblica e norme legali) – che entrano in azione ed interagiscono in modo
dinamico, determinano alla fine se questo evento porterà l’individuo verso lo
sviluppo, la stagnazione o il deterioramento.

ESEMPIO DI MUTAMENTO STORICO – LA CRISI ECONOMICA

Se per il divorzio è possibile capire che può trattarsi di un evento non


normativo che può portare a sviluppo e crescita, questo appare più difficile da
immaginare per un evento non normativo sfavorevole come una grave crisi
economica.
Elder e coll. (1974) hanno osservato nel corso degli anni diversi importanti
fattori emergenti dall’interazione tra un cambiamento economico esterno a
livello macrosociale e le esperienze familiari a livello micro sociale:
1. Le risorse materiali delle famiglie differiscono all’inizio di una crisi
economica così come varia il modo con cui ne sono influenzate. Per
alcune il reddito cala di poco per altre, il numero maggiore, i problemi
finanziari sono di grossa portata.
2. Per alcuni bambini vissuti nel periodo della Grande Depressione in
America, la crisi economica fu temprante, la salute mentale dei bambini
appartenenti alla classe media, che aveva subito pesanti diminuzioni del
reddito, si è rivelata migliore nel corso degli anni successivi rispetto a
quella di bambini dello stesso ceto sociale, le cui famiglie non avevano
subito ripercussioni importanti a causa della crisi. Questo indica che i
primi bambini avevano imparato ad affrontare le difficoltà e che questo
processo aveva rinforzato la loro determinazione. In generale la salute
mentale dei bambini di ceto medio si è rivelata migliore di quella dei
bambini di ceto più basso, per i quali la crisi economica si è rivelata
troppo difficile da superare a causa delle loro risorse già provate.
3. Non tutte le famiglie che soffrono di privazioni durante una crisi
economica reagiscono allo stesso modo, usano strategie di coping che
portano, nel lungo termine, a risultati diversi. Le strategie di
adattamento economico che implicano un elemento di perdita – come la
vendita di una proprietà – hanno un impatto psicologico più negativo
sulla famiglia, che non ad esempio organizzarsi per trovare un lavoro
part-time, fare dello straordinario, ecc.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
4. Il modo in cui la situazione è vissuta dai partecipanti, il fatto di percepire
un maggiore o minore controllo sulla propria vita, assume un ruolo
decisivo nell’affrontare la crisi con maggiore/minore competenza.
5. Il momento in cui avviene la crisi influisce sulla capacità di affrontarla.
Es. chi ha bambini piccoli ha più difficoltà di chi ha figli adolescenti che
possono in qualche modo contribuire con qualche lavoro allo stato
economico della famiglia.
6. Inoltre se la crisi economica di un paese è aggravata da una forte crisi
politica, la famiglia può trovarsi a dover affrontare anche dei “conflitti di
valori interni”.

Si sono analizzate le risposte del microsistema familiare alle sfide


macrosociali; però come sostiene il modello ecologico di Bronfenbrenner,
1979 – anche le interazioni a livello “meso” ed “eso” hanno un ruolo
importante.
Le difficoltà economiche della famiglia influiscono indirettamente sui figli
attraverso le reazioni dei genitori. Solitamente è il padre che reagisce alle
difficoltà economiche con un aumento di ostilità, comportandosi negativamente
verso la moglie, e questo atteggiamento – associato alle difficoltà economiche
– lo porta ad essere un genitore punitivo, arbitrario, ostile.
Gli atteggiamenti dei genitori possono aumentare il rischio i comportamento
aggressivo e provocare stati di depressione nei figli adolescenti. Al contrario se
il rapporto tra i genitori rimane invariato o si rafforza durante le crisi
economiche, questa spirale discendente non si verifica ed i figli non soffrono. Si
evidenzia inoltre che gli eventuali comportamenti dei figli possono influire in
modo ancora più negativo sul rapporto di coppia dei genitori e sull’economia
della famiglia.
Tutti questi esempi sono riferiti a paesi relativamente ricchi che hanno
attraversato un periodo limitato di crisi economica.

Il rischio di povertà cronica e le risorse di resilienza


La povertà cronica ha effetti ancora più negativi sulle persone perché prosciuga
progressivamente un numero sempre più alto di risorse e nega ai bambini la
possibilità di svilupparle.
La povertà nelle sue forme estreme non è certo rara nel mondo e può indicare:
• Malnutrizione;
• Deterioramento mentale:
• Lavoro minorile in condizioni dannose alla salute;
• Malattie;
• Mancanza di istruzione.
Queste condizioni prosciugano le risorse in modo permanente con la
conseguenza che anche compiti più piccoli diventano ostacoli insormontabili.
Un simile livello di povertà non può essere considerato una sfida, ma è un
rischio minaccioso che danneggia la maggior parte dello sviluppo.
Tuttavia, anche in condizioni così negative, alcuni individui riescono non solo a
sopravvivere ma addirittura ad utilizzare le risorse e svilupparsi.
Werner e Smith, 1982 – hanno osservato in uno studio longitudinale dalla
nascita all’adolescenza, una coorte di bambini hawaiani, scoprendo che un
numero sempre maggiore di bambini svantaggiati sotto diversi aspetti,
attraversava uno sviluppo relativamente normale.

28

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
Nell’intento di individuare le caratteristiche che rendevano questi giovani
particolarmente resilienti rispetto ai potenziali effetti negativi delle condizioni
sfavorevoli, hanno scoperto che tutti avevano cercato attivamente ed ottenuto
aiuto rivolgendosi a fondi diverse. Lo sviluppo positivo era maggiore per chi
possedeva un numero superiore di risorse personali e strutturali. Questi fattori
di protezione comprendevano:
• Essere stati educati da madri di cultura elevata;
• Aver ricevuto una buona assistenza di chi se ne prendeva cura nel primo
anno di vita;
• Essere cresciuti in ambienti familiari composti da parenti di età diverse
compresi i nonni
• Possedere abilità percettivo-motorie, di comunicazione e di ragionamento
appropriate alle età.
I bambini che hanno dimostrato un grado maggiore di resilienza (resiliency)
hanno dimostrato di avere una quantità più bassa di stress supplementari
come quelli causati da:
• Difficoltà nei rapporti familiari;
• Salute mentale delle loro madri;
• Assenza del padre;
• Problemi economici;
• Malattie;
• Incidenti seri;
• Gravidanze nell’adolescenza o matrimoni contratti in giovane età.
Altre caratteristiche possedute da questi bambini sono:
• buon orientamento sociale;
• buona educazione nella prima infanzia;
• Una salutare androginia
I risultati di questo studio rispecchiano le biografie di molti poeti, scrittori che
nella loro vita hanno superato deprivazione, povertà e persecuzione nei primi
anni di vita. È importante rilevare la capacità di sopportazione della specie
umana che permette di superare le avversità, le famiglie studiate erano povere
secondo tutti gli standard, ma erano caratterizzate da un legame molto forte
tra il bambino e chi si prendeva cura di lui durante il primo anno di
vita. Il forte legame creatosi sembra aver formato una solida base per lo
sviluppo di avanzate capacità di autosufficienza, autonomia che sono state
osservate in questi bambini nel 2° anno di vita. Per controbilanciare i rischi, con
l’aumentare delle condizioni sfavorevoli, i bambini avevano bisogno di nuovi
fattori di protezione.

Werner e Smith, 1982 – hanno studiato i giovani di questa ricerca fino al


compimento del 30° anno di età ed hanno rilevato che un terzo del campione
ad alto rischio di povertà ha continuato il proprio percorso di sviluppo fino a
diventare adulti fiduciosi di sé, determinati che possedevano una visione
positiva del proprio ciclo di vita; sembra inoltre che perfino gli adolescenti a
rischio e chi aveva avuto problemi di salute mentale si siano in gran parte
adattati alla vita da adulto.
Chiaramente non tutti si erano adattati un quarto degli uomini ed un 10% delle
donne aveva precedenti penali, sembra esserci una tendenza per chi ha avuto
problemi di attività criminali nell’adolescenza ad avere più probabilità ad
essere coinvolto in età adulta.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
Uno dei risultati più importanti di questo studio longitudinale è che esiste un
effetto cumulativo nel risolvere le sfide nel corso della vita. Werner e
Smith ritengono che lo sviluppo avvenga attraverso vari fattori di
protezione, che diventano operativi nelle sequenze di sviluppo,
rendendo così possibile un adattamento soddisfacente nell’età adulta:
1. Nell’infanzia alcune caratteristiche precoci del bambino provocano
risposte positive in chi se ne prende cura, determinando lo sviluppo di
autonomie e competenze sociali nel bambino che muove i primi passi.
2. Ruolo essenziale rappresentato dalla competenza e dalle cure dei
genitori – in particolare dalla madre – ed il possesso di una solida rete di
sostegno sia per l’individuo che per la sua famiglia.
3. Un buon rendimento scolastico ed un buon comportamento a
scuola – come quello di tenersi fuori dai guai – sembrano essere la
chiave del progresso nella media infanzia;
4. Nella tarda adolescenza il sapersi porre degli obiettivi educativi e
professionali realistici permette di subire meno stress nell’età adulta.
Questi risultati suggeriscono che gli individui con buone capacità di resilienza
selezionano attivamente gli ambienti sociali in grado di rinforzare l’acquisizione
di competenze culturalmente appropriate. Passando da uno stato di crescita ad
uno di stasi nel corso del ciclo della vita, gli individui attraversano “svolte”
importanti che possono avviare un processo accumulativo di sviluppo, oppure
al contrario di deterioramento a seconda del tipo di strategie usate nel portare
avanti compiti o nell’affrontare sfide di sviluppo.
Una delle risorse più importanti che contribuisce ad affrontare i problemi con
successo anche in età adulta sembra essere la fiducia nelle proprie capacità di
affrontare con successo le sfide. Alcuni bambini sviluppano molto presto questa
qualità positiva, grazie agli adulti che si prendono cura di loro, però anche
adolescenti inquieti possono avere una seconda possibilità attraverso incontri
con persone che offrono nuove opportunità, agendo da mentori e dando
significato alla loro vita.

Concludendo si può affermare che:


• I primi eventi della vita non sono i soli ad influire sul successivo
adattamento nel mondo del lavoro, dei rapporti sociali e sulla condizione
di genitori;
• si può sempre compensare la mancanza di alcune risorse sostituendola
con altre;
• in determinati casi le risorse rimanenti possono trasformare situazioni
estremamente stressanti e svantaggiose, in contesti che promuovono
nuove sfide ed occasioni di crescita per l’individuo.

30

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
Capitolo 6
PRIMI INCONTRI CON IL MONDO – LE SFIDE DELL’INFANZIA

Le abilità sociali rappresentano un altro esempio di coordinamento delle


modalità percettive, cognitive e motorie del bambino con riferimento ai
vari livelli dei sistemi sociali di Bronfenbrenner, 1979 – per mostrare
l’evoluzione dei primi apprendimenti.
Nella prima infanzia il microsistema della famiglia svolge un ruolo essenziale,
mentre in seguito acquistano importanza il gruppo dei pari, il sistema
scolastico, le altre istituzioni.
Nell’analisi di questo ciclo di vita si focalizzano 3 importanti cambiamenti di
maturazione e sfide sociali:
1. i cambiamenti di maturazione e l’apprendimento di abilità
psicomotorie
2. le abilità sociali coinvolte nelle relazioni verticali e orizzontali
3. il mutamento normativo che segna l’inizio dell’istruzione formale.

CAMBIAMENTI DI MATURAZIONE COME SFIDE PER L’APPRENDIMENTO


DI ABILITÀ PSICOMOTORIE

Le capacità apprese in seguito a cambiamenti fisici vengono definite abilità


motorie anche se sono molto più sofisticate. Infatti i movimenti corporei sono
parte di un sistema molto più complesso formato dall’interazione tra abilità
percettive, cognitive, emotive e/o sociali.
Per mettere in atto i suoi movimenti di gioco – es. suonare un sonaglio - il
bambino deve aver acquisito il controllo della testa e del busto, aver imparato
ad allungare le mani vs . oggetti lontani, senza considerare l’uso
dell’attenzione, della motivazione e della memoria. Abilità che richiedono
diversi mesi per esser apprese.
Se si usa la terminologia del modello di sfida dello sviluppo si dirà che:
1. Il desiderio di afferrare il sonaglio implica una sfida
2. Il modo di affrontarla comporta l’utilizzo interattivo di alcune componenti del
bagaglio di risorse personali, integrate a schemi di comportamento di diverse
categorie di abilità
3. Ogni acquisizione di nuove abilità – percettiva, motoria, sociale, cognitiva –
costituisce una nuova risorsa che può rivelarsi utile all’apprendimento di altre
abilità più complesse, che si aggiungono al bagaglio di risorse già esistenti.

La sfida del movimento


Il principale obiettivo di un bambino piccolo è quello di muoversi ed esplorare
l’ambiente, comportamento che lo conduce inevitabilmente vs. un ulteriore
sviluppo.
L’abilità di cambiare posizione nello spazio permette all’informazione percettiva
di arrivare fino al bambino da una varietà di punti dell’ambiente, aiutando così
l’apprendimento integrativo.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
I bambini piccoli che si muovono nell’ambiente hanno una maggiore capacità di
socializzazione rispetto a quelli che non si muovono o che lo fanno a pancia in
giù.
Si può affermare che i neonati mancano delle risorse iniziali per affrontare la
sfida del muoversi nell’ambiente fisico. Questo però non significa che i loro
movimenti siano perlopiù involontari, privi di scopo.
Van der Meer e coll., 1995 - in una serie di studi sperimentali hanno
dimostrato che se viene data la possibilità i neonati sono in grado di produrre
movimenti con le braccia molto complicati e precisi. Se riescono a vederle,
muovono di più le braccia, se lasciati in una stanza buia con un solo raggio di
luce in pochi minuti riescono a protendersi vs. la luce.
Questo dimostra che i bambini imparano molto presto e sono in grado di
combinare feed-backs visuali e cinetici per aiutare il loro apprendimento e per
ricordare schemi di movimento.
In movimento in un ambiente in trasformazione è una sfida molto diversa che
ha bisogno di nuovi apprendimenti, essi devono rivalutare lo stesso compito
percettivo motorio quando cominciano a camminare, essi “imparano ad
imparare” – da accomodare il loro equilibrio secondo la postura che assumono,
devono ripartire da zero ogni volta che si trovano a risolvere un compito che
prevede una postura diversa perché ogni attività prevede in coordinamento di
parti diverse del corpo e porta alla costruzione di uno schema cinestesico
generale.
Lo stepping - o marcia automatica - è un particolare tipo di riflesso che i primi
ricercatori erano convinti che il neonato possedesse, perché se mantenuti in
posizione eretta con i piedini a contatto con il suolo, mostravano dei movimenti
simili a quelli di quando si cammina, questo riflesso scompare per qualche
mese durante il primo anno di vita, ed i ricercatori ritenevano che fosse dovuto
ad una riorganizzazione del sistema nervoso che si verificava nel periodo in cui
il bambino imparava realmente a camminare.
Thelen (1983) ha fornito una interpretazione diversa per la “sparizione” di
questo fenomeno, infatti per un certo periodo i neonati aumentano molto di
peso da non avere la forza di mettere in atto il riflesso di stepping ma
recuperano questa abilità quando tornano ad avere proporzioni fisiche
appropriate.
Questo è stato provato da degli esperimenti dove artificialmente si rendevano
più leggeri o pesanti i neonati, si è potuto constatare che il riflesso di
stepping poteva essere provocato o rimosso semplicemente modificando le
proporzioni tra peso e corpo dei neonati.
Questi risultati mostrano che non è importante sono la maturazione ma anche
l’interazione tra il tipo di sfida che si presenta e le risorse – anche temporanee
– a disposizione del neonato.
Queste osservazioni valgono anche per:
- I bambini in crescita
- Gli adolescenti che si trovano ad affrontare una crescita improvvisa
- Una donna in gravidanza avanzata.
Tutte condizioni dove è necessario adattare le proprie abilità motorie per
superare le sfide provocate dal cambiamento di aspetto e di proporzioni del
corpo. Per poter avvenire, questi sviluppi hanno bisogno di una grande quantità
di apprendimento interattivo.
Il controllo della vescica che richiede dei muscoli molto specifici, è un altro
compito che le culture occidentali hanno considerato un mero processo di
32

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
maturazione. L’atteggiamento generale è che non si dovrebbe insegnare al
bambino ad utilizzare troppo presto in vasetto per non frustrarlo, con la
conseguenza che l’età in cui i bambini smettono di usare i pannolini sta
aumentando sempre più. In risposta a questa tendenza i produttori di pannolini
hanno inondato il mercato di una scelta vastissima di prodotti ultra assorbenti
e di svariati modelli. Pertanto la sfida rappresentata dall’apprendimento
dell’abilità del controllo della vescica smette di essere necessaria con la
conseguenza che sia il bambino che i genitori non si sforzano di provare. È
questo un esempio di come i meccanismi del macrosistema riescano
ad influenzare persino un’abilità così personale come quella del
controllo degli sfinteri. Nelle società africane ed asiatiche il bambino impara
ad usare il vasetto molto prima che compia l’anno, ai bambini è richiesto il
controllo diurno e notturno, in queste culture si ritiene che i bambini debbano
superare i principali traguardi psicomotori – compreso il controllo della vescica
e l’uso cucchiaio molto presto nella vita. Il risultato è che i bambini nati in
queste culture hanno uno sviluppo psicomotorio più avanzato di quello dei
coetanei appartenenti alle società industrializzate. Anche lo sviluppo fisico sano
può essere definito interamente di maturazione infatti è pesantemente
influenzato dalle risorse acquisite come la forma del corpo, la formazione di
abilità, l’apprendimento.

Abilità psicomotorie come risorse per la comprensione del mondo


Contemporaneamente ai cambiamenti fisici ed alle relative acquisizioni
psicomotorie, si verifica un aumento dell’esplorazione e dell’apprendimento
dell’ambiente. Le cose sono viste, toccate, ordinate in schemi mentali
attraverso un processo cognitivo secondo il significato e la funzione pratica che
assumono per il bambino. Presto impara ad ignorare gli oggetti irrilevanti ed a
rispondere a quelli che hanno un potenziale d’azione come una sedia per
sedersi, una matita per colorare. Le categorizzazioni percettive passano
attraverso varie classificazioni come:
- Commestibile/non commestibile;
- Piacevole/spiacevole;
- Utile/inutile.
L’apprendimento delle differenze ad es. tra la voce della madre ed altre, sulla
base della rilevanza per la loro esperienza quotidiana, non è solo un compito
cognitivo, ma è collegato come tutti gli altri, alle abilità psicomotorie.

Thelen e Smith, 1998 – sostengono che il movimento in sé per sé, dovrebbe


essere considerato come un sistema percettivo, inoltre quello che rientra in
uno schema comporta ben poco apprendimento o sviluppo. Persino compiti
molto semplici come la percezione di un stimolo visivo, i contorni, il colori, sono
collegati dall’attivazione precisa e sincronica dei detectors – rivelatori - del
movimento degli occhi. Il movimento deve essere considerato il mezzo di
comunicazione primaria dello sviluppo cognitivo, può anche essere il parametro
del controllo dinamico nell’emergere delle prime abilità. Se il movimento
prodotto dal bambino ha una connotazione tipica, La formazione dinamica della
categoria- cioè l’organizzazione fondamentale del mondo del bambino - deve
essere misurata e limitata alla capacità di produrre e controllare il movimento.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
I bambini devono imparare la corrispondenza tra le loro capacità e le qualità
del mondo al cui interno viene sostenuta l’azione. Il significato assunto da
diversi concetti nella vita quotidiana della ns. cultura, ha un forte impatto su
ciò che apprenderemo, sul modo di agire e di pensare.
Si è ritenuto per lungo tempo che se alcuni membri appartenenti ad altre
culture fossero meno intelligenti perché ottenevano un punteggio più basso nei
test di intelligenza occidentali, si è in seguito rilevato che non è una questione
di maggiore o minore intelligenza, ma di differenti categorie di pensiero
derivanti da bisogni culturali differenti.
Infatti le esigenze ed i percorsi di vita quotidiana all’interno di distinte culture
formano concetti e modi di pensare diversi. Persino all’interno della stessa
cultura si trovano concetti e modi di pensare differenti. Questi contesti culturali
differenti influiscono sulla percezione e sul ragionamento.

PIAGET riteneva che i bambini piccoli pensassero in modo qualitativamente


diverso, quelli più grandi fossero invece incapaci di formare alcuni tipi di
concetti o di imparare certe nozioni come quelle di conservazione ed inclusione
in classi prima di una certa età. Ricerche recenti hanno mostrato che
l’incapacità dei bambini piccoli di risolvere alcuni dei compiti di Piaget
dipendeva principalmente da una mancanza di motivazione. I bambini sono in
grado di risolvere problemi in una età molto più precoce di quella indicata da
Piaget. Questo dimostra che:
la motivazione determina ciò che è ritenuto significativo e pertanto identifica
i concetti necessari.
1. L’apprendimento di concetti diversi
2. La loro sistemazione in categorie
3. La comprensione delle interazioni ed interconnessioni
Richiedono al bambino la capacità di risolvere una moltitudine di compiti. Essi
sin dalla prima infanzia sono in grado di usare ed allenare le abilità superiori –
meta skill – imitare, sperimentare, ripetere.
- Valutano criticamente ogni nuova informazione
- né sperimentano mentalmente le diverse conseguenze o le varie ipotesi,
- chiariscono i concetti
- ed usano il pensiero creativo ed il ragionamento logico nel cercare di risolvere
i problemi.

IMPARARE AD AUMENTARE LE RISORSE SOCIALI

Un’altra sfida vitale dello sviluppo del bambino in crescita, è la formazione di


diversi tipi di relazioni sociali. Il rapporto con gli adulti è necessario per la sua
sopravvivenza. Il neonato deve imparare ad interagire con un'altra persona
all’interno di una relazione gerarchica e verticale partendo da una posizione di
impotenza.
Per facilitare questo rapporto ha bisogno di sviluppare una varietà di abilità
sociali:
1. Fiducia ed attaccamento
2. Intimità
3. Comunicazione
4. Negoziazione
5. Obbedienza

34

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
La qualità del legame affettivo ha un impatto rilevante sullo sviluppo di rapporti
sociali del bambino negli anni successivi ed influisce sulla decisione dei
scegliere la persona che si prende cura di lui, come modello di comportamento
a cui fare riferimento per apprendere abilità differenti e che diventerà
successivamente sua confidente quando entrerà nell’adolescenza.
La comunicazione ed il calore che il bambino suscita nei genitori (child
disclosure) sono considerati i migliori indicatori per prevedere un adattamento
positivo negli anni dell’adolescenza nelle società occidentali. A prima vista gli
adulti autorevoli che soddisfano le esigenze del bambino, trasmettono in senso
di fiducia sulla loro self efficacy e sulla loro capacità di controllare le situazioni
sociali, che rinforza e fortifica le loro capacità di autovalutazione.
Un feed-back positivo rende gratificante i rapporti con gli altri e stimola il
bambino a crearne dei nuovi, aggiungendo così nuove abilità sociali al bagaglio
di risorse personali.
La fiducia insieme all’assenza di tensioni sociali è la risorsa più importante
da conquistare nei primi anni dell’infanzia. Le differenze culturali portano tante
variazioni a questo rapporto che vengono apprese molte varietà di abilità:
1. I bambini crescono in nuclei familiari molto diversi all’interno di una stessa
società, pertanto la forma e lo schema delle abilità relazionali, il grado di
fiducia appreso saranno molto diversi a seconda delle condizioni sociali e
culturali esistenti.
2. Sistemi macrosociali diversi, contengono stili parentali differenti. Coloro che
si occupano dei bambini hanno metodi educativi diversi a seconda delle culture
di appartenenza. Di conseguenza la forma e lo schema delle abilità relazionali
ed il grado di fiducia appresi dai bambini saranno molto diversi a seconda delle
condizioni sociali e culturali esistenti.
Interazione con i coetanei
Una volta che il bambino ha imparato a gestire i rapporti partendo da una
posizione di scarso potere, è pronto ad interagire con i coetanei. Il rapporto tra
pari richiede lo sviluppo di abilità sociali diverse è quindi necessario
l’apprendimento di competenze quali:
1. Negoziare
2. Conversare a turno
3. Condividere
4. Provare empatia
5. Mantenere le promesse
6. Provare fiducia reciproca
Il bambino trascorre un po’ di tempo ad osservare gli altri ed a mettere in
pratica queste abilità orizzontali prima di affrontare la sfida cominciando a fare
nuove amicizie. Gli studi relativi allo studio delle sfide nello sviluppo ritengono
che i bambini si impegnino in giochi paralleli, giocando uno a fianco all’altro
senza interagire soltanto perché non hanno ancora sviluppato la capacità di
dare luogo ad una interazione, quindi non per una mancanza di interesse o per
un eccessivo coinvolgimento in quello che fanno. Già ad un anno i bambini si
servono di molti mezzi per comunicare non verbalmente, usando azioni basate
su significati condivisi. Una volta dimostrato di voler interagire con i coetanei i
bambini cominciano il nuovo processo di apprendimento delle abilità sociali,
all’interno delle stesse relazioni con i pari. Spesso devono imparare a loro
spese a concordare reciproci compromessi. Sembra infatti che i bambini che
non conseguono le abilità sociali necessarie ad instaurare una relazione tra
eguali quando sono molto piccoli, dovranno affrontare grosse difficoltà negli

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
anni successivi per cercare di rimediare a questa mancanza. Un certo numero
di bambini definiti già all’asilo “antisociali” manterranno questa caratteristica
per tutta la vita.

Patterson, 1996 – spiega questo processo nel seguente modo: se i genitori


hanno un numero ristretto di risorse - a causa di condizioni sociali sfavorevoli,
per la mancanza di un partner, per l’incapacità di essere genitori adeguati, ecc
– i bambini diventano sia irritabili che irritanti ed influiscono negativamente sul
comportamento dei genitori, in questo modo i loro atteggiamenti aperti verso il
sociale non vengono rinforzati, finiranno con il mettere in atto comportamenti
aggressivi ed antisociali. In questo caso apprende solo comportamenti sociali
che provocano un rifiuto da parte degli altri – compresi i genitori che si irritano
sempre più pensando di avere un figlio difficile – il risultato sarà che il bambino
cercherà amici altrettanto asociali con i quali rinforzare reciprocamente il
comportamento antisociale, percorso che può portare a condotte
delinquenziali. Non essendo capaci di creare le risorse essenziali per affrontare
le sfide sociali questi bambini possono perdere l’occasione di acquisirne di
nuove attraverso i rapporti sociali come riuscire nello sport o altre attività
sociali. I bambini che mancano di abilità sociali sono impopolari, tendono ad
essere esclusi dalle attività vengono più criticati che aiutati dagli altri. I feed-
back che ricevono impediscono di aumentare il proprio senso di self-efficacy.
Partire con risorse insufficienti può determinare il prosciugamento delle risorse
individuali dando inizio ad una spirale di sviluppo discendente dalla quale è
difficile anche se non impossibile riprendersi. In condizioni ambientali ideali,
potendo contare sul sostegno degli adulti, i bambini apprendono un numero
molto vario di abilità sociali che li mette in guardia da comportamenti sgarbati
e scorretti di bambini più grandi.
Dopo alcuni anni questi bambini sono in grado di affrontare le sfide successive
che consistono nell’integrarsi con gruppi più grandi e vari, quali i compagni di
scuola con i quali formare dei rapporti all’interno della comunità locale,
intraprendendo attività organizzate per il tempo libero.
Diventando sempre più esperti in queste nuove forme di socializzazione
cominciano a sentirsi sempre più competenti e sicuri di sé e quindi a cercare
sempre meno il sostegno, la sicurezza, l’assistenza e l’organizzazione degli
adulti.
Nelle società occidentali i ragazzi e le ragazze fin dalla tenera età preferiscono
interagire e giocare con i compagni dello stesso sesso. Nelle società più
improntate alla collettività i maschi preferiscono risolvere i conflitti in modo
armonico piuttosto che ricorrere alle norme legali – secondo lo stile delle donne
occidentali, mentre nelle culture individualistiche si attribuisce più valore
all’obbedienza delle leggi che all’osservanza di norme morali o all’instaurarsi di
rapporti basati sull’armonia e l’amicizia.

L’APPRENDIMENTO A SCUOLA E NEL TEMPO LIBERO

Una importante sfida dello sviluppo è la scuola, oggi si tratta di una sfida
normativa mentre prima i bambini potevano apprendere tutto quello di cui
avevano bisogno a casa. Questa condizione permane ancora in alcune società
rurali dove le donne in particolare si preparano ai ruoli futuri aiutando le loro
madri in casa e nei campi. Con l’industrializzazione il livello di competenze
36

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
richiesto ai lavoratori è diventato molto superiore a quello che si raggiungeva
lavorando come apprendisti presso artigiani adulti, la richiesta da parte delle
industrie di lavoratori sempre più specializzati ha reso necessaria ed
obbligatoria l’istruzione di massa che per alcuni si estende fino all’università.
Oggi quasi tutti i paesi posseggono un sistema scolastico formale le norme che
lo regolamentano sono molto diverse da una cultura all’altra a seconda anche
della struttura economica del paese.
✓ Nelle subculture, dove i genitori hanno bisogno dei figli per contribuire
all’economia familiare, i bambini non vengono mandati a scuola.
✓ Nelle culture tradizionali in cui i figli rappresentano per i genitori la
sicurezza per la vecchiaia, dove un alto livello di istruzione rappresenta
uno stipendio maggiore, i genitori sono più disposti ad investire
nell’istruzione dei figli.
✓ Nelle società moderne caratterizzate dal welfare che garantisce un
sostegno economico agli anziani, dove i genitori considerano i figli più in
termini di valore affettivo che economico, è il governo ad imporre
l’istruzione allo scopo di produrre un numero di lavoratori altamente
specializzati per concorrere sui mercati internazionali.
In base a queste evidenze è chiaro l’impatto che differenti macrosistemi hanno
sulla vita dei bambini.

Il curriculum scolastico in termini di sfida e di rischio.


La maggior parte delle scuole occidentali offre al bambino un curriculum
incentrato più sui bisogni del futuro datore di lavoro che sugli interessi del
bambino, questo si riflette anche sull’organizzazione sociale
dell’apprendimento il cosiddetto curriculum nascosto.
Il rilievo posto dagli insegnanti sulle capacità cognitive non tiene conto dei
diversi bisogni, abilità e risorse con i quali i bambini incominciano la scuola,
La formazione delle classi non avviene in base al livello di abilità acquisito dai
bambini ma sulla base delle età e non secondo il livello di abilità raggiunto dai
bambini.
I tentativi pedagogici di preparare programmi speciali per stimolare la
motivazione ad apprendere del bambino non hanno lo stesso effetto su tutti i
bambini.
Si può affermare che una sfida può portare sviluppo ad una persona piena di
risorse ma può ulteriormente prosciugare il bagaglio di risorse di una persona
che ne aveva già poche.
Il funzionamento del sistema scolastico attuale si basa su una conoscenza
cumulativa che – per coloro che non ne afferrano le basi – finisce con il
diventare una serie di svantaggi cumulativi. Infatti i bambini devono imparare
una serie di operazioni ma prima di essere in grado di afferrarne il concetto
sono spinti ad affrontare nuovi tipi di compiti che a loro volta non hanno la
possibilità di capire. Questo anziché aiutarli li porta ad aumentare le loro
debolezze iniziali classe dopo classe. Questo oltre a distruggere la loro
motivazione e non assicurare l’acquisizione delle abilità necessarie per il loro
avanzamento, determina una spirale discendente causata dall’accumularsi dei
fallimenti scolastici che prosciuga la loro autostima e le altre risorse del
bagaglio personale.
Per questa ragione il mutamento normativo costituito dall’istruzione formale è
un evento ad altro rischio per molti bambini. Utilizzando il modello di sfida
dello sviluppo è facile prevedere che alcuni bambini dovranno affrontare delle

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
sfide molto superiori alle loro risorse che saranno ulteriormente prosciugate,
altri non saranno sufficientemente stimolati da queste sfide e si annoieranno
tanto da andare a cercarsene altre più stimolanti altrove.
Andersson ha osservato che la scuola è positiva per molti studenti ma
negativa per troppi altri. Nonostante tutte questi studi ed osservazioni la
maggior parte delle società ha deciso che i bambini devono affrontare questa
sfida tra i 4 ed i 7 anni, segnando così la transizione tra la prima e la media
infanzia. In questo processo i bambini affrontano molte sfide rappresentate
dall’apprendimento di:
1. una nuova forma di comunicazione – il linguaggio scritto;
2. concetti numerici e procedimenti matematici;
3. pensiero scientifico sotto forma di verifica di ipotesi e di ragionamento
logico;
4. sviluppo di interessi in potenziali attività di svago futuri – arte, musica, sport;
5. rispondere in modo appropriato al curriculum nascosto sotto forma di
disciplina, gestione del tempo e conformismo.
Attualmente nei sistemi scolastici occidentali gli insegnanti cercano di creare
situazioni di apprendimento dove si insegni l’indipendenza e la capacità
decisionale individuale attraverso pianificazioni dei programmi di
apprendimento, progetti di lavoro e selezione di corsi facoltativi.
Questi piccoli adattamenti non sono in grado di assicurare a più bambini
esperienze di apprendimento che corrispondono realisticamente alle loro
capacità, mettendoli in grado di risolvere le sfide educative e sociali in modo da
assicurarsi un aumento di risorse.
Inoltre non sempre i comportamenti sociali appresi in famiglia e nel tempo
libero corrispondono a quelli richiesti a scuola. Il rispetto agli insegnanti deve
da questi ultimi essere guadagnato e le motivazioni all’apprendimento devono
essere create e non imposte.
Questo porta a uno scontro tra scuole, valori giovanili e comportamenti di
opposizione, tra aspettative dei genitori e richieste dei datori di lavoro.
Tutto questo ha delle conseguenze per i giovani in quanto la maggior parte del
contenuto di base del loro bagaglio di risorse si determina nel corso degli anni
scolastici, tra le abilità importanti che dovrebbero essere apprese a scuola ci
sono le abilità superiori o meta-skills cioè le capacità di “imparare ad
imparare”. In questo caso la scuola può educare i bambini a diventare parte di
una società che privilegia come valori il conformismo e in minima parte
l’individualismo e non garantisce le risorse necessarie per affrontare il
cambiamento.
Curriculum e strategie di insegnamento aumentano le differenze tra individui
“convenzionali” e “avventurieri”oppure tra stagnators e developers
(sviluppatori).
I prodotti dell’istruzione formale vanno dai conformisti perfettamente adattati,
ai geni ribelli, ai perdenti. Si può nuovamente osservare come gli ordinamenti
macrosociali – rappresentati dai curriculum nazionali – interagiscono con le
diverse condizioni microsociali (atteggiamento insegnanti – genitori – coetanei)
e con le risorse individuali degli studenti. Tutti questi fattori si uniscono per
creare una serie di sfide che possono portare allo sviluppo, alla stagnazione o
al deterioramento

La sfida dello sviluppo e del tempo libero

38

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
Nel tempo libero oltre che giocare si socializza con i coetanei e si possono
provare abilità sociali diverse:
• si può applicare il problem solving,
• si possono applicare le strategie di coping in situazioni di svago che non
rappresentano una minaccia
Negli ambienti sempre più artificiali delle società occidentali moderne i bambini
hanno sempre meno opportunità di fare nuove esperienze e di manipolare
l’ambiente naturale, infatti sono sempre più relegati in parchi giochi ideati dagli
adulti per proteggere i bambini dall’ambiente … oppure l’ambiente dai
bambini?

ZINNECKER, 1990 – Definisce questa situazione “fabbricazione


dell’ambiente” una condizione che aumenta la reclusione domestica dei
bambini limitando lo svolgimento della loro vita prevalentemente al chiuso. Per
i bambini di città crescere nelle aree urbane si tratta di un ambiente totalmente
diverso da quello in cui vivono i coetanei di campagna, con la conseguenza che
il modo e le abilità impiegate nel tempo libero variano e enormemente.
Per i bambini di città i giochi artificiali sostituiscono sempre più le esperienze
reali, mentre i loro coetanei di altre società aiutano realmente i fratelli minori
ed i genitori nei campi. Il fornire giochi artificiali significa comunque dare le
abilità necessarie per interagire un domani in un mondo ancora più
tecnologicamente artificiale.

BUCHNER, 1990 – Osserva che oggi i bambini compiono la transizione tra


infanzia ed età adulta molto prima di quello che avveniva nel ‘900. La ragione
può essere che:
• interagiscono molto presto con lo stile di vita degli adulti e con diverse
aree della vita;
• le industrie della moda, della musica e del marketing lo incoraggiano in
tal senso
• sono obbligati a diventare più indipendenti dagli adulti perché questi
vedono i figli come un ostacolo al loro sviluppo
• le esigenze dei genitori di avere “una vita propria” ha un impatto sui
bambini che hanno a disposizione sempre più aree di vita da gestire in
modo indipendente, questo può richiedere la capacità e la personalità di
decidere e di agire attivamente, dimostrando di avere gusti personali,
organizzando il proprio tempo libero, selezionando le attività di svago,
quale tipo di moda adottare e quale informazione seguire.
Un numero sempre più alto di bambini è mandato in centri organizzati per lo
svolgimento di attività ricreative, separati dal mondo degli adulti ma condotti
ed organizzati da adulti, i bambini devono rispettare orari predefiniti e devono
essere accompagnati da un posto all’altro.
Spesso i bambini che vivono in città non hanno vero tempo libero fin da quando
erano piccoli. La maggior indipendenza che si era raggiunta nello svolgimento
di attività extrafamiliari autonome è persa a causa del prevalere di attività
ricreative pianificate professionalmente. I contatti sociali aumentano
enormemente ma sono contatti superficiali e di breve durata simili alle relazioni
“usa e getta” degli adulti. In questo modo si preparano i bambini al possibile
schema di vita futura.
I genitori hanno delegato gran parte dei loro compiti educativi alle istituzioni
sociali dentro e fuori della scuola, queste ultime privano i bambini della

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
possibilità di scegliere come impiegare il loro tempo libero. Questa situazione
descritta si riferisce ad un bambino occidentale benestante appartenente alle
culture industrializzate. Difficoltà economiche familiari costringono il bambino
a contribuire alle entrate ed ai lavori domestici impegnandoli in attività di vita
reale anziché in attività di giochi artificiali. I bambini in questo caso partecipano
alla vita quotidiana come membri della famiglia competenti e capaci,
condividono con gi adulti compiti e responsabilità, venendo spesso trattati da
adulti ma senza i diritti di questi.
Se in genere condannato, il lavoro minorile non ha sempre conseguenze
debilitanti, infatti aiuta il bambino ad:
• acquisire abilità molto utili
• rafforza la sua autostima impegnandolo in attività che hanno significato
e che rinforzano i legami sociali con la famiglia
• garantendogli a volte la condizione economica necessaria per andare a
scuola il lavoro minorile è deleterio sono se si svolge in condizioni
pericolose per la salute ed incorpora abuso per il bambino e gli impedisce
di accedere all’istruzione. In questo caso finisce per prosciugare più
risorse di quante nei crei. 120 milioni di bambini nel mondo in queste
condizioni.
Esempi di mutamenti normativi e quasi normativi nell’infanzia che
rappresentano una sfida per lo sviluppo di importanti risorse.
• Sviluppo delle abilità psicomotorie di base
• Comprensione dei concetti semplici e capacità di dividerli in categorie e
collegarli tra di loro
• Apprendimento della comunicazione – prima in forma orale e poi scritta
• Imparare a mettersi in relazione con gli adulti, fratelli sorelle, amici,
coetanei
• Affrontare le sfide rappresentate da scuola e tempo libero
• Sviluppare una responsabilità crescente della propria vita.

Capitolo 7
L’ADOLESCENZA E LA CONDIZIONE DELLA PRIMA ETÀ ADULTA

PUBERTÀ: IL CORPO DELL’ADOLESCENTE, IDILLIO ED IMMAGINI DELLA


SOCIETÀ

La pubertà rappresenta l’ingresso dell’individuo nell’adolescenza dove inizia la


transizione vs l’età adulta. Durante l’adolescenza i microsistemi, che
circondano l’individuo in crescita, espandono e modificano la loro struttura, i
rapporti interpersonali si trasformano da gerarchici in orizzontali. Si socializza
in modo diverso con genitori, amici, insegnanti anche se spesso questi rapporti
non sono sereni. Le interazioni tra i diversi sistemi sociali diventano più
complicati man mano che gli adolescenti interiorizzano e sperimentano le
norme ed i valori che fanno parte di quella particolare cultura della famiglia, dei
coetanei, della scuola e del tempo libero.
Una parte del processo di crescita comporta lo sviluppo di una identità sessuale
e collegata vi è la creazione di una immagine corporale personale. Sotto la
spinta dei mezzi di comunicazione che enfatizzano l’immagine ed i sacrifici fatti
soprattutto dalle modelle per rimanere snelle e leggere – per le ragazze sono
diventate modelli di comportamento tanto che si trovano davanti la sfida di
40

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
plasmare il loro corpo e di crearsi un’immagine fisica soddisfacente cercando di
avvicinarsi agli ideali della società moderna.
Lo stesso vale anche per le giovani donne delle società tradizionali, anche se
l’aspetto fisico desiderabile è differente rispetto all’ideale occidentale, il
bisogno di rientrare in una normalità o di avvicinarsi a quell’ideale è sempre
rilevante.
Questo vale anche per i ragazzi. Ci sono 3 possibili ragioni per spiegare la
maggiore attenzione che gli uomini dedicano al proprio aspetto:
_ I locali notturni hanno lanciato stili di ballo e moda che mettono in mostra il
corpo che cosi è ammirato, personaggi del cinema che fanno sfoggia di muscoli
stimolano la competizione maschile e le immagini proposte da palestre di body
building mettono i ragazzi sotto pressione.
_ La preoccupazione sull’aspetto fisico però è ancora soprattutto femminile, e
questo figura tra le maggior preoccupazioni delle donne.
_ L’accento posto sull’aspetto fisico e sul significato sociale che assume per gli
adolescenti può essere fonte di seri rischi per alcuni di loro. La bulimia e
l’anoressia sono tra i pericoli maggiori.

L’esperienza della pubertà: differenza nei sessi


I maschi aspettano con ansia di diventare uomini perché per loro la pubertà
assume il significato di aumento della forza, della libertà e della considerazione
sociale.
Le ragazze hanno della pubertà un concetto ambivalente anzi negativo, esso è
collegato all’idea che la società possa chiedere loro di identificarsi con i modelli
femminili adulti e di accettare una condizione sociale inferiore a quella degli
uomini. Inoltre i genitori limitano la loro libertà per preservarle dai pericoli quali
molestie sessuali, gravidanza e violenza carnale.
L’immagine corporea che hanno le ragazze a 15 anni prevede il grado di
depressione che raggiungeranno intorno ai 18 anni. Durante la pubertà le
ragazze sviluppano una serie di sintomi depressivi, che prima erano allo stesso
grado di quello dei ragazzi, che aumentano in modo rilevante e restano allo
stesso livello per il resto della vita.
Lo sviluppo dell’identità sessuale diventa importante nel corso delle prime
relazioni sentimentali degli adolescenti, anche se questo processo ha inizio
nell’infanzia con l’interazione tra caratteristiche innate, simboli sociali,
apprendimenti dei ruoli sessuali in famiglia, a scuola nei giochi. Le identità
sessuali separati incominciano ad emergere dalle reazioni degli adulti nei
confronti dei bambini piccoli.
I cambiamenti ormonali e le alterazioni delle forme corporee nell’adolescenza
portano con sé le sfide rappresentate dalla sperimentazione sessuale e dalla
successiva instaurazione di una identità sessuale. Nella media adolescenza gli
appuntamenti amorosi diventano complementari alle attività svolte con gli
amici ed i partner sentimentali rappresentano una fonte fondamentale del
sostegno sociale. Come tutte le abilità anche quella di sapersi relazionare in
modo romantico ha bisogno di essere esercitata.

TEMPO LIBERO E RISCHI CHE SI CORRONO

HENDRY (1983/1998) ha evidenziato l’esistenza di una serie di “transizioni


ricreative” che i giovani occidentali si trovano ad attraversare:

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
1. Inizio dell’adolescenza: affiliazione a varie organizzazioni gestite da adulti
dove imparano ad accettare valori e norme degli adulti, a stare in loro
compagnia. Col tempo essere perdono interesse.
2. Fase di svaghi informali: vissuta con i coetanei “bighellonando” per le
strade, i negozi, qua e là partecipando a feste con gli amici anche fino a tarda
notte. Emerge l’importante questione della fiducia e della riservatezza.
“Confidare informazioni personali e condividere segreti” è un rischio necessario
che però permette di consolidare i legami e le relazioni sociali. L’etica della
reciprocità è alla base dei rapporti improntati sulla fiducia.
Gli adulti sono presenti solo sullo sfondo. I giovani cominciano a discutere e
sperimentare comportamenti – strategie – abilità sociali necessari per essere
ammessi nei vari settori della società degli adulti.
Le transizioni ricreative incorporano idealmente 3 stadi di sviluppo dove
vengono apprese nuove abilità in contesto relativamente sicuro che
introducono i giovani nel mondo degli adulti.
a. 1° stadio. Preoccupazione di conformarsi allo stile di vita adulta e la
ricerca di un comportamento appropriato in loro presenza.
b. 2° stadio. Apparente rifiuto delle organizzazioni giovanili gestite da
adulti, apprendimento sociale nell’ambito dei coetanei.
c. 3° stadio. Le abilità sociali apprese sono sperimentate negli ambienti
adulti.

SHARP E LOWE – 1989 come anche PAPE E HAMMER – 1996 – e KLOEP e


coll. - 2001
Ritengono che cimentarsi in attività rischiose quali il bere alcolici, fumare
possano contenere elementi di sfida e di conseguenza una potenziale crescita.
Il desiderio di essere ammessi nella società degli adulti sembra essere alla
base di molti comportamenti criticati dagli adulti che sembrano non capire che
spesso si tratta di comportamenti i imitazione, dettati dal desiderio di
socializzare in modo convenzionale, affrontando la sfida rappresentata dal
mutamento normativo che segna il loro ingresso nel mondo degli adulti. I
giovani corrono rischi e valutano i divertimenti ed i vantaggi che traggono dalle
varie attività sociali e ricreative, in contrapposizione ai pericoli ed alle possibili
ricadute. Questo accertamento “dei costi-benefici-rischi” (Parker-Aldrige-
Measham) è un elaborato processo psicosociale in cui il giovane decide fino a
che punto sballarsi di droga o alcol. Questa valutazione del rischio è
un’importante abilità superiore generalizzabile – meta-skill - perché mette alla
prova il buon adattamento tra rischio e risorse cioè la capacità di stabilire quali
sfide si possono affrontare in relazione alle risorse di cui si dispone, e insegna
a decidere se una persona è in grado di far fronte ad una sfida permettendo
all’individuo di modificare le sue aspirazioni o di intensificare i suoi sforzi in
risposta ad un compito particolarmente impegnativo.
Questa capacità può diventare decisiva in alcune persone anziane quando la
selezione dei compiti, l’ottimizzazione degli sforzi, la compensazione delle
perdite è uno dei segreti per un invecchiamento sereno.

I rischi che si corrono nell’adolescenza


Correre rischi fa parte della crescita psicologica che caratterizza la giovinezza,
una ricerca di sensazioni forti nella transizione dello sviluppo oppure un gradino
necessario per l’acquisizione di comportamenti da adulto, abilità, autostima?

42

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
Arnett (1998) ritiene che le culture occidentali debbano trovare un
compromesso tra l’importanza di incoraggiare l’individualismo e l’espressione
di sé, e la necessità di mantenere l’ordine sociale.
Hendry e Kloep (1996) indicano 3 categorie di rischi:
1. Comportamenti di ricerca di sensazioni forti. Comportamenti
esaltanti che stimolano e mettono alla prova i limiti delle capacità
dell’individuo. La valutazione dei rischi che fanno gli adolescenti può non
essere esatta, ed in questo consiste uno degli obiettivi del
comportamento a rischio, cioè quello di mettere alla prova i propri limiti,
imparare la quantità e l’estensione delle risorse individuali. La loro
valutazione può però non essere esatta – in questo consiste uno degli
obiettivi dei comportamenti a rischio – cioè quello di mettere alla prova i
propri limiti ed imparare la quantità e l’estensione delle risorse
individuali. In sostanza correndo dei rischi si possono acquisire le abilità
superiori necessarie per valutare il buon adattamento tra le abilità
individuali e le richieste della situazione.
2. Comportamenti a rischio regolati da terzi. Per essere accettati e per
trovare la propria posizione all’interno di un gruppo di coetanei – per
assicurarsi le risorse provenienti dalla sicurezza sociale – l’individuo deve
dimostrare di possedere alcune abilità e qualità.
3. Comportamenti a rischio semplicemente irresponsabili.
Comportamenti messi in atto nonostante i rischi che comportano per
raggiungere obiettivi desiderabili. Sono condotte irresponsabili e
dimostrano l’incapacità degli individui di vedere le conseguenze a lungo
termine o la loro incapacità di astenersi da quelle attività per non
rinunciare a vantaggi immediati. Si tratta di rischi che gli adolescenti
condividono con gli adulti, ma per la mancanza di capacità di valutazione
e di controllo entrano nelle zone a rischio più spesso degli adulti. Si può
osservare che nonostante le differenze culturali i meccanismi di sviluppo
e sfida non cambiano.

I SIMBOLI DELL’ETÀ ADULTA: IL TOCCO FINALE DELLA


SOCIALIZZAZIONE?
Il senso di sicurezza è un elemento necessario dell’abilità di affrontare le sfide
future. La sicurezza proviene anche dalla consapevolezza di appartener ed
essere accettati da un gruppo protettivo. Il prezzo per essere accettati è quello
di conformarsi alle regole e di interiorizzare i valori del gruppo in misura più o
meno grande.
Le culture tradizionali sono fonte di sicurezza per i giovani perché in grado di
prevedere con sicurezza il lavoro che faranno, i ruoli sociali che ricopriranno dal
momento che la loro vita futura è in una certa misura stabilita. Nelle società
occidentali a causa dei grossi cambiamenti sociali e tecnologici degli ultimi
anni, si stanno attraversando diversi mutamenti e questo spiega perché molte
norme sono transitorie o in trasformazione ed i ruoli sociali ed occupazionali
tendono a variare. Questi cambiamenti hanno portato ad una destabilizzazione
delle autorità istituzionali tradizionali - scuola, stato, famiglia - portando alla
nascita di nuove autorità incentrate sull’individuo. Gli adolescenti adottano i
valori condivisi dal gruppo di loro scelta e cercano di crearsi delle norme che li
aiutino ad affrontare l’incertezza sociale.

BOURDIEU – 1973 – TEORIA DEL CAPITALE

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
Il concetto da lui inteso è come un insieme di risorse che dà l’opportunità a
certi gruppi di trarre profitto dall’istruzione, escludendone altri. Queste risorse
sono formate da un insieme di attitudini e di valori impliciti contenuti nel
curriculum scolastico.

COLEMAN (1988) considera questo capitale culturale un essenziale


completamento di quello finanziario, per aiutare i giovani ad avere successo
all’interno del sistema scolastico.

THORNTON (1997) estende questa idea fino ad includervi il “capitale


subculturale” definito come “la capacità di arrangiarsi” cioè un insieme di
abilità sociali che rende possibile ai giovani sopravvivere nelle moderne
subculture. Questo capitale subculturale rappresenta un mezzo di conoscenza
e controllo dei vari contesti sociali in cui vivono i giovani, che offrono
opportunità ma anche rischi. Il capitale subculturale è simile alle risorse con il
procedere dell’adolescenza la maggior parte dei giovani finisce per adottare
strategie più sicure che portano al conformismo ed alla convenzionalità.
Nelle società occidentali sotto un’apparenza di apertura e individualismo si
celano molti gruppi diversi, ognuno con i propri standard e le proprie norme
spesso in competizione. Il tentativo di far socializzare i giovani riflette il
desiderio degli adulti di preservarli dai rischi e minacce, desiderio che non ha
avuto mai una priorità così alta come nelle società industrializzate.
Infatti con l’aumentare dei cambiamenti, del senso di incertezza con strutture
normative poco affidabili queste società mostrano tendenze contradditorie:
· Le istituzioni sociali degli adulti compresi i genitori, tendono ad essere
iperprotettivi,
· Tutte le sfide rappresentate da attività non pianificate, sono minuziosamente
controllate ed organizzate da adulti che vogliono essere sicuri che nessuno si
faccia male con la conseguenza che i bambini si annoiano facilmente.
Questo modo di agire prosegue anche nell’adolescenza, dove giovani che
hanno un buon livello di sicurezza cercano delle sfide per combattere la noia –
comportamento che è in conflitto con le norme della società ed a volte anche
con le norme di legge.
Nel timore che lo smarrimento morale possa diffondersi le società adulte
mettono da parte “amore patriarcale” ed agiscono forti pressioni sociali che
spingono il giovane a conformarsi.

BECK (1992) TESI SULL’INDIVIDUAZIONE


Quanto detto è in contrasto con la tesi citata, Beck sostiene che le strutture
tradizionali sono diventate frammentarie (scuola-famiglia-ambiente lavorativo)
e ciò porta ad un offuscamento dei ruoli sociali. I giovani si trovano ad
affrontare una serie di scelte e rischi nei rapporti sociali dal momento che la
rete di sostegno tradizionale non garantisce più una guida sicura come nel
passato. Il rischio di stress ed incertezza che ne deriva supera le distinzioni di
classe, sesso e razza.
Comunque la tesi dell’individuazione presenta una serie di problemi:
· Le disuguaglianze strutturali – classe, razza, sesso – possono addirittura
aumentare
· L’accesso al mercato dei consumatori – che permette di raggiungere una
nuova indipendenza ed avere un numero maggiore di scelte – vale solo per i
giovani benestanti.
44

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
I giovani oggi si trovano ad affrontare una rete di programmi scolastici, il
problema della disoccupazione, spesso accettare il lavoro nero che non gli
consente di superare il livello di sopravvivenza. I giovani si trovano spesso
perduti, impotenti emarginati dalla serie di provvedimenti nazionali ed
internazionali che affrontano i problemi strutturali del mercato di lavoro.

Il modello di sfida dello sviluppo e lo sviluppo dell’identità


dell’adolescente
Nell’ambito di questo modello si ritiene che l’obbedienza precoce e totale alle
norme della società adulta – che all’interno del mod. di sfida dello sviluppo può
essere un segno di stagnazione precoce o prematura – sia molto simile al
fenomeno del blocco di identità descritto da Marcia (1980) e cioè
l’adattamento precoce e privo di conflitti dell’identità in via di
formazione in base ai desideri degli altri.
MARCIA pur ritenendo che questo blocco non sia positivo per lo sviluppo
d’identità nelle società occidentali, lo considera un segno di adattamento
positivo nelle società più tradizionali che attribuiscono un valore più alto
all’affermazione di una identità collettiva.
Estendendo lo sviluppo d’identità all’intero ciclo della vita, gli orientamenti più
recenti si sono allineati al modello di sfida dello sviluppo. La struttura
dell’identità dell’adolescente, non è più ritenuta permanente, ma è considerata
iniziale e preliminare e sarà sfidata in seguito, nell’età adulta, da eventi che
possono creare un potenziale disequilibrio del ciclo di vita, vs. il quale
l’individuo può reagire sia in maniera costruttiva che limitativa.
La conquista dell’identità è l’unica condizione che stimola
contemporaneamente l’esplorazione e l’impegno promuovendo una
riorganizzazione ed una trasformazione continua dell’identità che può essere
definita: crescita personale continua.
Se esplorazione ed impegno si interrompono – l’adulto che ha raggiunto
l’acquisizione della propria identità può regredire ad una condizione
precedente.

Le implicazioni delle transizioni adolescenziali

Erikson (1968) descrive l’adolescenza come una moratoria psicosociale dove


è data la licenza di sperimentare, esplorare le varie sfaccettature della vita, di
mettere alla prova i limiti del comportamento accettabile. Poiché la maggior
parte delle società ha preparato un sistema di premi/punizioni, è ragionevole
aspettarsi che la maggior parte degli adolescenti, abbia imparato a conformarsi
alle regole sociali scritte e non scritte. Così anche le società in rapido
cambiamento si assicurano che sia osservato un certo livello di convenzionalità
e conformità.
Nel diventare adulti, molti adolescenti interiorizzano queste regole e valori e li
mantengono per il resto della vita, anche in presenza di cambiamenti a livello
macro.

Mead (1934) descrisse l’apprendimento dei valori sociali – conformismo alle


regole sociali - servendosi dell’idea “dell’altro generalizzato” riferendosi alle
concezioni individuali delle attitudini e dei valori generali posseduti dalle
persone con cui si interagisce all’interno della società. Questo ha un’influenza
vincolante sul comportamento individuale che affiora attraverso i feed-back

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
che si riceve dagli altri, all’interno delle reti di rapporti micro-sociali, attraverso
l’interazione individuale e la sperimentazione dei diversi ruoli sociali, nel gioco
durante l’infanzia.
L’altro generalizzato è simili alla coscienza collettiva di DURKHEIM –
1893 - e riflette alcuni aspetti del macrosistema della teoria di
Bronfenbrenner – 1979.
Queste idee sono connesse al modello di sfida dello sviluppo. Si è
affermato che una delle sfide che si presenta negli anni dell’adolescenza è
costituita dalla risoluzione del conflitto tra l’accettazione immediata ed
indiscussa dei valori degli adulti ed il processo di formazione di un punto di
vista personale.
Questo processo di formazione dell’identità comporta delle sfide da
affrontare:
· L’esplorazione delle esperienze di vita
· La sperimentazione di stili di vita diversi
· La possibilità di commettere degli errori (apprendimento per tentativi ed
errori)
· L’occasione per mettere alla prova i limiti del proprio comportamento.

Alcune sfide normative e quasi normative dell’adolescenza


• Pubertà e cambiamenti fisici
• Sviluppo dei rapporti sentimentali
• Espansione e creazione di nuovi microsistemi
• Aumento dell’indipendenza dai genitori, scelta di andare a vivere da soli
• Aumento dei diritti legali
• Scelta della carriera scolastica e lavorativa
• Esplorazione dei percorsi che portano alla formazione dell’identità adulta.

LA TRANSIZIONE VERSO LA PRIMA ETÀ ADULTA

Prospettiva del modello di sfida dello sviluppo


I simboli e gli indicatori che caratterizzano l’avvicinarsi dell’età adulta analizzati
con il modello citato, nelle società occidentali sono contradditori e di difficile
interpretazione. I mutamenti normativi sono sempre meno legati all’età
cronologica. Sono più le trasformazioni a determinare il passaggio da una fase
all’altra. In seguito alla deregolamentazione del ciclo di vita, le decisioni, prese
vs. la fine dell’adolescenza, non costituiscono più scelte che durano tutta la
vita.
Questa instabilità è dovuta a fattori macrosociali:
• Cambiamento di abitudini ed usanze;
• Mercato del lavoro incerto e fluttuante;
• Richiesta di qualifiche più alte;
• Maggior bisogno di donne qualificate nel mondo del lavoro.
Inoltre lo STATO svolge diverse funzioni che prima erano proprie della famiglia.
In questa situazione di mutevolezza ci sono pochi se non vi sono per nulla,
mutamenti normativi richiesti ai giovani adulti. Il giovane adulto ha molte
scelte da compiere e gode di una relativa libertà di scelta su cosa fare nella
vita. Il vantaggio di poter scegliere in una vasta gamma di possibilità implica
una tensione poiché ogni scelta che si compie è scelta anche di qualcos’altro e
comporta il rischio che sia sbagliata con la possibilità di perdere altre
opportunità o di subire ripercussioni in stadi futuri del ciclo di vita. Nella prima
46

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
età adulta le sfide sono numerosissime in tutti gli ambiti. Non c’è un
mutamento di maturazione da evidenziare ma ci sono pressioni normative che
possono dimostrare al giovane adulto di non avere ben capito le conseguenze
della deregolamentazione delle moderne traiettorie di vita. L’abilità di
svilupparsi nelle relazioni amorose, anziché impegnarsi per una scelta per la
vita, e quindi quella di sperimentare una crescita personale che diventa misura
di valutazione per il successo di formazione di un’identità. L’attaccamento ad
una causa che dura tutta la vita, è sostituito dalla capacità di un adattamento
flessibile a nuove richieste e all’esplorazione di nuove esperienze. La
realizzazione di sé alla cui affermazione contribuisce la relazione amorosa, è
valutato più dalla realizzazione personale caratterizzata dal donare
altruisticamente al partner.
La prima età adulta, classi sociali e differenze culturali
L’individualizzazione da una parte porta ad una maggiore autonomia, offre un
numero sempre più alto di opzioni di vita, dall’altra è legata ad un rischio più
alto di fallimento, stress e senso di insicurezza.
Jones e Wallace (1990) osservano che le scelte dei giovani adulti non sono
tutte individualizzate, ma dipendono ancora molto dell’appartenenza sociale e
dal sesso. Ancora oggi i giovani agiati hanno maggiori risorse che gli
consentono di fare delle scelte con più facilità, mentre gli altri – dei ceti inferiori
– hanno più difficoltà soprattutto per le scelte lavorative dove i rischi sono
maggiori a causa del mercato instabile e delle basse retribuzioni.
La tesi della moderna individualizzazione è applicabile più agli uomini che
alle donne, la cui autonomia è ancora limitata. Nelle culture tradizionali gli
eventi che caratterizzano la vita, identificandoli come markers di transizione
verso l’età adulta accadono prima, sono più facilmente prevedibili e sono
considerati mutamenti normativi.
Lo stadio individualistico dell’indipendenza adulta, come concepito nelle
società occidentali, non può mai essere raggiunto e neppure perseguito in
società di questo tipo in cui sono le norme sociali, l’autorità dei genitori a
determinare gran parte della vita futura e delle responsabilità dei giovani
adulti. Agli adolescenti in queste culture sono affidate in età precoce
responsabilità, ci si aspetta che contribuiscano alle entrate familiari in vari
modi prima dell’ingresso nell’età adulta, lavorando nell’impresa di famiglia o
accudendo bambini più piccoli. Essi restano legati alla famiglia di origine anche
dopo aver lasciato la casa dei genitori.
Le società tradizionali creano sfide che consentono ai giovani di raggiungere i
loro potenziali di sviluppo, hanno un maggior numero di mutamenti normativi
da attraversare ma anche più modelli di comportamento su cui basarsi e
possono contare su un maggior sostegno e guida familiare.
Un mutamento transizionale che comporta nuove sfide da superare è la
sperimentazione del conflitto di valori tra i propri ideali tradizionali e quelli
occidentali.

Capitolo 8
LA MEDIA ETÀ ADULTA: STILI DI VITA CONVENZIONALI O NUOVE SFIDE

LA VALUTAZIONE DELLA VITA DELL’INDIVIDUO E LA “CRISI DI MEZZA


ETÀ”
In questa fase della vita è già stato preso un certo numero di decisioni
essenziali e bisogna scegliere se cambiarle o portarle avanti. Generalmente

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
non c’è niente che obblighi le persone a prendere ulteriori decisioni, inoltre la
società esercita in questa fase della vita una certa pressione sociale a vivere
una vita convenzionale. Molti reagiscono accettando un modello di vita
“comodo” e convenzionale non avendo interesse a produrre nuove sfide e
creando una stagnazione nella loro vita. Altri continuano a svilupparsi
modificando attivamente le aree della vita di cui non sono soddisfatti,
acquisendo nuove competenze e facendo nuove esperienze. Arrivati alla mezza
età bisogna decidere se orientarsi vs nuove sfide o vs il consolidamento. Non
tutti coloro che non sono soddisfatti del loro stile di vita possiedono le risorse
necessarie per cambiarlo: possono non avere le abilità, i soldi, la salute o il
coraggio di affrontarli entrambi.
La condizione di stagnazione non appagante può avvenire in un momento
qualsiasi della vita perché il bagaglio delle risorse personali può prosciugarsi.
Chi possiede risorse sufficienti e valuta in modo negativo la sua vita attuale, è
sfidato a valutare possibili cambiamenti. Ci sono persone che nonostante
l’avanzare dell’età non ristagnano mai.
Le società che incoraggiano e valorizzano la stabilità per assicurare una certa
continuità e ordine sociale, spesso reagiscono negativamente ai processi di
sviluppo, in queste culture esistono forti pressioni per chi ha deciso di cambiare
e per chi fa scelte nuove, diventa un capro espiatorio.
La crisi di mezza età un’invenzione sociale, è un esempio di come le società
occidentali cercano di mantenere i propri membri all’interno delle convenzioni
sociali, di creare ruoli ben definiti.

Stewart e Ostrove (1998) hanno riscontrato nel campione di donne studiato


che le qualità più comuni sono:
• Il senso di identità personale
• La fiducia nella propria self-efficacy che deriva dal successo ottenuto
nell’affrontare le difficoltà della vita.
Le sfide della media età adulta presentano le stesse opportunità e gli stessi
rischi che caratterizzano le sfide di qualsiasi altro momento della vita.

ESSERE GENITORI
Nelle società occidentali non c’è un’età normativa considerata appropriata per
diventare genitori. Il diventare genitore è un evento importante in qualunque
cultura.
Questo evento mette l’individuo in una condizione di potere all’interno di un
rapporto sociale gerarchico. Dopo la nascita di un bambino la riorganizzazione
dei ruoli familiari – quelli domestici in particolare - è molto importante. Tuttavia
la nascita di un figlio è ancora fortemente distinta da una divisione tradizionale
dei compiti. Le donne sentono di pagare maggiormente i “costi” personali
nell’avere un bambino, i nuovi padri tendono ad esigere le stesse priorità che
avevano prima della nascita del bambino, seppure in forma modificata, una
vita sociale intensa e la soddisfazione dei loro interessi personali. È difficile
prevedere in che modo la sfida di diventare genitori influirà sul rapporto
coniugale. Migliorerà la qualità del matrimonio di alcuni, indebolirà quello di
altri, lascerà invariati altri matrimoni.

Essere genitori di adolescenti

48

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
Il rapporto con i figli cambia nel corso degli anni da uno di tipo verticale – in cui
i genitori hanno l’intera autorità – ad uno tra pari in cui l’adolescente in crescita
diventa partner quasi adulto all’interno della famiglia.
Hendry (1993) ha dimostrato che i dissidi tra genitori e figli adolescenti si
basano su questioni di vita quotidiana, disordine camera, orari uscite serali,
ecc.
Jackson, Cicognani, Charman (1993) in una ricerca più recente hanno
rilevato come i litigi più rilevanti riguardano:
• Questioni di rispetto reciproco e convivenza
• Quantità di indipendenza da concedere all’adolescente
• Responsabilità da esigere.

Sindrome del nido vuoto


Verso i 20 anni, prima che i genitori siano entrati nella tarda età adulta, molti
ragazzi lasciano la case dei genitori per andare all’università o per lavorare in
altra città. Questo mutamento è considerato quasi normativo nelle società
occidentali. Le potenziali reazioni depressive dei genitori causate dai figli che
vanno via sono state definite sindrome del nido vuoto
Chiriboga, 1991 – Afferma che la gamma delle reazioni delle madri va dal
senso di tristezza e di perdita iniziali alla percezione di aumentata opportunità
che sfocia in una riduzione della depressione e aumento del senso di orgoglio
e di benessere.
Nei padri non sono state riscontrate gli stessi cambiamenti. La sindrome del
nido vuoto sembra rappresentare Un effetto coorte per donne appartenenti a
generazioni precedenti, questo perché andare via di casa è diventato un
evento sempre più normativo negli ultimi 10 anni, sia perché le donne
occidentali non i identificano più il loro valore sociale e personale nel ruolo di
madre.
Se questa esperienza è aggravata da crisi concomitanti, quali un divorzio,
disoccupazione, ecc. è stato rilevato che uomini di mezza età sperimentano
stress a volte estremo. Altri studi hanno evidenziato che sei i figli adulti
giudicano superficiale e privo di intimità il rapporto con il padre, questi ne
soffre moltissimo sul piano psicologico.
Altro aspetto che caratterizza la transizione da nido vuoto è l’influenza
che può provocare sulla famiglia che corre il rischio di separarsi. Il
verificarsi del disaccordo dipende dalla durata del matrimonio, per unioni che
durano da più di 30 anni questo rischio decresce. Una spiegazione può essere
nella difficoltà dei genitori di affrontare le nuove e numerose sfide che questa
nuova condizione genera. Infatti devono trovarsi nuove attività con cui
impegnare la giornata, nuovi argomenti di cui parlare oltre il fatto che si
sentono in ansia per la sistemazione dei figli nella nuova vita indipendente
intrapresa. Bisogna inoltre vedere l’aspetto positivo che i figli andandosene,
danno l’opportunità ai genitori di cominciare una nuova vita, affrontare nuove
sfide dopo anni di attesa.

Essere genitori in culture non occidentali


Nelle società tradizionali si programmano più bambini perché sono considerati
un sostegno per la vecchiaia ed una risorsa per l’intera famiglia. La morte di un
bambino, considerata un evento non normativo nei paesi industrializzati,
diventa quasi normativo in quelli poveri. I cambiamenti che si stanno avendo
nelle culture tradizionali a causa della globalizzazione e delle forze di mercato,

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
stanno cominciando a minare l’organizzazione del ciclo di vita, provocando
cambiamenti nelle famiglie allargate. Si stanno smuovendo le solide
fondamenta del modo di vivere tradizionale.
Con il modello di sfida dello sviluppo si può capire come schemi di vita
tradizionali possono frantumarsi di fronte ad mutamento assai rapido. Infatti
con l’aumento dell’acculturazione e dell’emancipazione un numero sempre
maggiore di giovani lascia la casa dei genitori con la conseguenza che le madri
devono affrontare un modo diverso di vivere soffrendo di solitudine, infatti il
loro desiderio era quello di trascorrerla vecchiaia circondata dai figli e nipoti e
questo oramai può non avverarsi.

Paternità e maternità con eventi non normativi


Complicazioni supplementari del diventare genitori possono derivare da eventi
non normativi come diventare genitori in età adolescenziale oppure in tarda
età.
La giovane madre adolescente deve affrontare le diverse reazioni negative
all’interno della società e secondo il modello di sfida dello sviluppo corre il
rischio di esser sopraffatta da più compiti di quanti ne possa affrontare con le
sue risorse. È la madre che deve affrontare il peso del genitore singolo con le
relative implicazioni sociali ed economiche. Studi recenti hanno evidenziato
come molte adolescenti affrontino la maternità in modo positivo spesso
nonostante le enormi difficoltà, in contraddizione con pregiudizi e stereotipi,
molte di queste madri trovano il sostegno della propria madre, spesso restano
a casa dei genitori durante tutta la gravidanza ed anche in seguito. In questa
situazione anche la nonna può trovarsi ad essere forzata ad assumere il ruolo
di genitore non normativo. Comunque nel complesso le madri adolescenti e le
loro madri giudicano l’esperienza in modo positivo. Ancora una volta si è
dimostrato come un evento non normativo, una sfida di vita, apparentemente
rischiosa e negativa possa trasformarsi in una opportunità di sviluppo e crescita
se ci sono le circostanze giuste e se la madre e gli altri membri del
microsistema coinvolti hanno le risorse necessarie per affrontarla. Lo
stesso principio è valido per un'altra forma di maternità non normativa: quella
di avere un figlio con una minorazione mentale. Inizialmente si hanno le
reazioni tipiche delle risposte ad altri eventi negativi, nel tempo si sviluppano
strategie di coping che permettono loro di affrontare le sfide associate ai
bisogni particolari del bambino e spesso questo processo migliora la coesione
familiare.
CARRIERA E DISOCCUPAZIONE
Altro aspetto importante della media età adulta è il valore attribuito al lavoro. Il
lavoro è ritenuto la fonte di maggior stress per gli uomini di questa età mentre
solo per un quinto delle donne che lavorano si ha questa risposta. I risultati di
uno studio interculturali che analizza studenti di scienze sociali mostrano che
più è alto il PIL di una nazione, più è facile che il successo professionale sia
ritenuto il fattore che contribuisce maggiormente alla formazione
dell’autostima, prima anche delle caratteristiche e della situazione familiare.
Però solo gli uomini danno questo tipo di valutazione.

BRONFENBRENNER – 1979
L’ambiente lavorativo, con le sfide, gli stress e le opportunità che comporta non
solo rappresenta un microsistema molto importante per l’individuo, ma è

50

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
anche uno degli ecosistemi più importanti per i membri di quel
microsistema.
Il lavoro influisce sul coniuge, figli, amici sia con ripercussioni negative che
positive. Gli elementi del lavoro sono quelli che formano poi il contesto degli
altri settori della vita. Ne sono influenzati:
_ Il tempo libero
_ La quantità di energie che gli rimane da dedicare alla famiglia
_ Le energie per i rapporti sociali
_ Con il tempo anche il modo con cui sviluppa l’identità di sé.
Del resto un lavoro stimolante e soddisfacente si riflette positivamente in tutti
i campi citati.

KARASEK E THEORELL – 1990


Modello in grado di prevedere quale tipo di lavoro è più probabile che
produca tensioni e sintomi psicologici e fisici.
La combinazione di due caratteristiche influisce radicalmente sul benessere:
• Il controllo – cioè il livello di abilità e la libertà di decisione sul lavoro;
• Il grado di impegno richiesto dal lavoro.
I Lavori che richiedono molto impegno da parte di lavoratori molto qualificati,
portano all’apprendimento ed alla crescita cioè allo sviluppo
I Lavori meno impegnativi compiuti da persone qualificate – stagnazione
appagante ma non sviluppo
I Lavori che implicano un alto impegno – combinato ad una scarsa abilità
lavorativa e con poca autonomia portano ad un deterioramento (depressione,
esaurimento, abuso di farmaci, disturbi cardiaci ed insoddisfazione)
I Lavori passivi/poco impegnativi provocano un grado di atrofizzazione delle
abilità – stagnazione non appagante
Anche in questo caso è interessante notare come vi siano molte somiglianze
tra questo modello ed il modello di sfida dello sviluppo nel ciclo della
vita.

La sfida della disoccupazione


le società post-industrializzate hanno subito profonde trasformazioni del ciclo
produttivo passando dall’industria manifatturiera a quella dei servizi, è in atto
un forte calo della richiesta di lavoratori specializzati ed è fortemente
aumentata la competizione per la ricerca di un posto di lavoro. La
disoccupazione sta diventando un’esperienza normativa. Lo stigma di
anormalità associata alla condizione di disoccupato è fortemente diminuito,
soprattutto se i problemi economici sono alleggeriti dai sussidi di
disoccupazione e da una famiglia allargata.
Per le persone più anziane la condizione di disoccupato è sicuramente più
pesante psicologicamente in quanto l’identità di sé è strettamente legata al
ruolo professionale. Inoltre il rientro nel mondo del lavoro è molto più
problematico per persone di questa fascia di età.

HENDRY E RAYMOND – 1983 – INGHILTERRA


Hanno studiato i vari stili di vita dei disoccupati:
✓ chi non aveva esperienza lavorativa e non era orientato alla carriera
assimilava la condizione di disoccupato a quella dello studente, vivendo il
tempo libero come una vacanza e come una opportunità per vagliare le

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
possibilità di scelta lavorativa, non si trattava comunque di sviluppatori
attivi – significato positivo
✓ altri giovani trascorrevano il tempo al chiuso guardando la televisione,
avevano rinunciato a qualunque tentativo per cambiare la situazione,
ritirati in una condizione di vita solitaria e passiva -in una condizione di
stagnazione non appagante sull’orlo del deterioramento
✓ invece gli intraprendenti gli sviluppatori avevano la volontà di servirsi
delle loro abilità sociali per trovare un lavoro, cercando tutte le
opportunità alternative.
Questa ricerca ha fatto venire alla luce la conseguenza nascosta della
disoccupazione e cioè un ritorno alla divisione tradizionale e stereotipata dei
sessi.
Come per altri compiti di sviluppo per capire realmente la disoccupazione
non si deve considerare solo il modo in cui i fattori agiscono, ma anche
misurare le capacità individuali di far fronte ad aspetti positivi e negativi del
processo. La realtà del processo di disoccupazione può essere vista come
una sequenza di questioni psicologiche e sociali diverse che colpiscono
l’individuo. La combinazione di questi fattori produce gli elementi entro i quali
si sviluppano le strategie di coping oppure porta ad uno stato crescente di
angoscia di fronte alla prospettiva di un periodo di disoccupazione prolungato.
Come altre sfide la disoccupazione offre all’individuo una serie di esperienze
tempranti provocando una varietà di risposte che possono essere interpretate
come sviluppo, stagnazione appagante, stagnazione non appagante a seconda
delle risorse potenziali presenti nel bagaglio dell’individuo.

LA MORATORIA DELLA MEZZA ETÀ – L’IMPORTANZA DEL TEMPO LIBERO


In questo momento del ciclo della vita c’è la possibilità di una moratoria che dà
all’individuo la possibilità di rifinire ed ampliare le sue abilità e di specializzarsi
in diversi settori.
Questo momento ha la stessa importanza della moratoria psicosociale
nell’adolescenza descritto da Erikson (1978). Generalmente in questa fase
della vita non ci sono nuove abilità che devono essere apprese, una fonte di
sviluppo è data dalle attività del tempo libero. Nelle culture tradizionali, che
non cambiano tanto rapidamente gli individui di mezza età possiedono tutte le
competenze per gestire la vita ed il lavoro quotidiano, senza sentire la
necessità di affrontare nuove sfide. È questo il caso in cui si può giungere ad
uno stato di stagnazione appagante.
Però in entrambe le culture c’è il rischio che l’individuo smetta di interessarsi
alle possibilità e vantaggi offerti dal cambiamento e di fronte a mutamenti
sociali importanti si trovi improvvisamente senza abilità, privo di sicurezze ed
a rischio di stagnazione non appagante.
Per Havighurst (1972) l’organizzazione di attività di svago significative
è uno dei compiti di sviluppo più importanti della mezza età.
Ci sono 3 funzioni importanti derivanti dalle attività di svago:
a. Attività di svago indipendenti attraverso le quali ci si dedica ad un
hobby solitario;
b. Attività di svago parallele che offrono di incontrare nuove persone
mentre si svolge il proprio programma – es. body building, ginnastica,
ecc;
c. Attività di svago di collaborazione nelle quali si gioca/esercita
insieme ad altri come in una squadra sportiva o attività di teatro.
52

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
Queste 3 attività riflettono il concetto di sviluppo degli adulti perché
equilibrano le aspettative sociali ed i bisogni individuali, l’appartenenza e
l’autonomia. Gli svaghi svolgono la funzione della rappresentazione di sé.
Shaw (1994), descrive 3 aspetti diversi del tempo libero per le donne:
a. Caratterizza le restrizioni nella scelta delle attività;
b. Comprende le attività di svago vincolanti e limitative;
c. Quelle intraprese per resistere alle costrizioni
Queste 3 descrizioni corrispondono alla caratterizzazione dei tipi di
sviluppo forniti dal modello di sfida dello sviluppo nel ciclo di vita:
1. Chi ha una scelta limitata di attività nel tempo libero, è spesso una
persona a cui manca il denaro, il tempo, la capacità, salute o energia. Ha
poche possibilità di raggiungere una condizione di sviluppo nel tempo
libero – stagnazione non appagante
2. Ci sono persone che si impegnano in attività di svago vincolanti o
limitative che non offrono possibilità di sviluppo o cambiamento perché
rinforzano stereotipi sessuali, di classe o culturali. stagnazione non
appagante
3. Vi sono individui che possiedono sia le risorse che la volontà di
sperimentare nuove esperienze senza preoccuparsi dell’opinione degli
altri. Il tempo libero fornisce a queste persone un’ampia gamma di sfide
e di opportunità di crescita. Si definiscono sviluppatori queste persone.

Capitolo 9
LA TARDA ETÀ ADULTA – RITORNO AL FUTURO

Le sfide dell’età adulta sono:


· Di maturazione (cambiamenti fisici, menopausa);
· Quasi normativi (diventare nonni);
· Normativi (pensionamento).

I CAMBIAMENTI FISICI
Un aspetto importante che caratterizza i cambiamenti fisici e del metabolismo
nella tarda età adulta, è rappresentato dall’influenza negativa che la società
esercita sull’individuo di mezza età. Il mito della giovinezza è estremamente
diffuso nelle culture occidentali, caratterizzate anche da una minore
segregazione per età. Questi 2 fattori messi insieme costituiscono le principali
componenti del successo negli affari, nei rapporti interpersonali, esprimono
vitalità, salute aspetto fisico, giovinezza. Anche nelle culture non occidentali si
sta avendo questa influenza tanto che in Brasile si è coniato il concetto di
“adultescenza” cioè maturità adulta in un corpo giovane, molto popolare tra le
persone di mezza età. Questa situazione presenta 2 rischi:
a) Dal punto di vista sociale: trascurare le qualità di un individuo a causa
del fisico che invecchia significa perdere l’esperienza e la saggezza all’interno
di molti luoghi sociali: lavoro, org. Tempo libero, casa, comunità locali.
b) Dal punto di vista individuale: si può cercare di negare l’invecchiamento
ed andare avanti come prima con il rischio di prosciugare il bagaglio di risorse
personali, oppure si possono considerare sfide i cambiamenti fisici e sociali e
cercare con il problem solving di vedere gli aspetti positivi di questo
mutamento di maturazione.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
LA MENOPAUSA
Essa è un mutamento do fase di maturazione. Essa riveste un potente
simbolismo socio-culturale. essa è considerata in alcune culture occidentali un
mutamento non normativo una specie di malattia da trattare
farmacologicamente. È stato suggerito a questo punto, che la menopausa non
è un processo biologico ma un costrutto sociale. La menopausa può essere
vista come il marker di uno sviluppo più generale del ciclo di vita verso cui
reagire con dei cambiamenti nello stile, con la ricerca di nuovi significati.
KAISER, 1990 – Per le donne che vivono nelle società tradizionali la
menopausa le fa assistere ad un miglioramento della loro condizione, del
potere politico e del benessere psicologico che acquisiscono. Essa è
considerata una transizione naturale. Attribuzione di valori sociali positivi.
L’influenza dei macrosistemi ha un ruolo rilevante nel modo in cui le donne
affrontano le sfide legate alla menopausa. Essa è un processo di sfide diverse
che possono dare l’avvio ad un nuovo sviluppo. Una menopausa fuori tempo,
che avviene prima dei 40 anni rappresenta una sfida assai difficile e spesso
prosciuga un gran numero di risorse in particolare quelle legate all’autostima.

DIVENTARE NONNI
Altro mutamento quasi normativo la trasformazione in nonni.
Con la deregolamentazione del ciclo della vita questo può avvenire in una arco
di tempo dai 30 anni in su, ma sembra sia più facile affrontare questa sfida se
avviene in una età ritenuta appropriata dalla società e dalla sub-cultura di
appartenenza. Il diventare nonni può essere una sfida che occorre
contemporaneamente ad altre, inoltre ci possono essere discrepanze sui
bisogni dei neo genitori e dei nonni, soprattutto in materia di indipendenza
perché impegnate sui loro hobby, amici, interessi ed autonomia dai vincoli dei
figli e nipoti. Accettano di occuparsi di questi per un breve tempo e
volontariamente. I nonni di tutti i paesi ricoprono più ruoli, possono essere
guardiani, genitori surrogati, educatori. Svolgono anche il ruolo di storici che
raccontano storie del passato e che trasmettono cultura, mentori che
trasmettono le loro conoscenze, influenzano le idee dei bambini sulla vecchiaia
rappresentando dei modelli di comportamento. Sono anche dei compagni di
gioco avendo più tempo a disposizione da trascorrere con i bambini.
Diventare nonni è una sfida che spesso porta ad uno sviluppo ed a una
crescita, come sempre c’è però il rischio che affrontando la sfida si
prosciughino troppe risorse. Nella maggior parte dei casi i nonni affrontano con
successo la sfida del nuovo arrivo.

IL PENSIONAMENTO
Ultimo mutamento normativo che l’individuo deve affrontare è il
pensionamento con relativo impatto sullo stile di vita. Questo è considerato un
marker psicosociale se segna l’inizio effettivo della vecchiaia. Il limite fissato
per il pensionamento è legato all’età e non sul tipo di prestazione e sulle
capacità. Ci sono però pochi segnali che indicano che la maggior parte delle
persone desideri ritirarsi completamente dalla scena lavorativa.
HAVIGHURST, NEUGARTEN, TOBIN (1968) concludono che né la teoria
dell’attività né quella del disimpegno dell’invecchiamento ottimale sono
sufficienti a spiegare le conclusioni di questa ricerca, alle persone dispiace
abbandonare le loro attività, ma lo accettano ritenendola una conseguenza
inevitabile dell’invecchiamento, mantenendo il senso del loro valore e di
54

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
soddisfazione. Praticamente con l’aumentare dell’età le persone vengono
forzate ad essere meno attive. I pensionati cercano di fissare i loro
obiettivi in modo realistico più che in conformità a scelte personali.
Una volta accettato questo le persone anziane possono considerare questi
riadattamenti nella loro vita come sfide e cercano un modo soddisfacente per
affrontarle.

Quali sono alcuni compiti del pensionamento?


I pensionati devono ristrutturare le loro giornate e trovare attività sostitutive
soddisfacenti, perdendo i contatti con gli ex colleghi bisogna trovare nuove
amicizie. Può anche essere difficile riorganizzare i ruoli sociali e domestici per
una coppia dove solo uno va in pensione e l’altro continua a lavorare. I risultati
però dipendono più dalla qualità del matrimonio che dall’evento del
pensionamento in se. La sofferenza della vecchiaia non è determinata dal
processo di invecchiamento ma da circostanze psicosociali spesso derivante da
atteggiamenti e valori del macrosistema di una certa cultura.

Capitolo 10
LA VECCHIAIA: LA SFIDA FINALE?

Oltre allo stigma attribuito all’invecchiamento dalle società occidentali, è


probabile che accettare i segni ben definiti del processo di invecchiamento sia
la sfida più difficile che deve affrontare l’individuo durante questa fase della
vita. La sfida di adattarsi al declino delle proprie abilità fisiche, ha
implicazioni a livello fisico e sociale, con l’aumentare dell’età cambia anche la
rete dei rapporti sociali dell’individuo, spesso a causa della morte di amici e
parenti. Il lutto diventa sempre più normativo con l’aumentare dell’età.

ACCETTARE IL PROCESSO D’INVECCHIAMENTO E AFFRONTARE LE


INTERPRETAZIONI SOCIALI DELLA VECCHIAIA

Hogg e Abrams, 1988 – Con la loro teoria dell’identità sociale elaborata


per spiegare il comportamento dei gruppi svantaggiati della società – es.
minoranze etniche – può essere applicata efficacemente per spiegare le
strategie di coping attuate dagli anziani per reagire alle minacce alla loro
autostima ed alla loro identità sociale – dovute al fatto che, in quanto anziani,
sono entrati a far parte di un gruppo sociale svantaggiato:
• Un individuo può mettere in discussione i meccanismi che definiscono il
gruppo oppure cercare di cambiare questi atteggiamenti pregiudizievoli
(strategia della “competizione sociale”);
• Un individuo può negare di appartenere al gruppo degli anziani;
• Un individuo può ammettere di appartenere al gruppo attribuendo un
valore speciale ad esso – es. i vecchi sono saggi e meritano rispetto;
• Un individuo può aumentare l’autostima “usando” un gruppo di
condizione inferiore ed evidenziandone la differenza – cambiamento
sociale – es. ai miei tempi tutto funzionava meglio!
Le ultime 3 strategie sono di dubbia efficacia ed in generale gli anziani non
hanno una percezione di appartenere ad un gruppo svantaggiato. La negazione
dell’invecchiamento non è così diffusa né efficace. Sembra che coloro che

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
ammettono a se stessi di sentirsi esattamente gli anni che hanno abbiano più
soddisfazioni dalla vita, meno aspettative negative, meno paura di invecchiare
di coloro che mostrano discrepanza maggiore tra l’età reale e quella
soggettiva.

SFIDE NORMATIVE E QUASI NORMATIVE


Le costruzioni sociali sull’età, che hanno origine unicamente dai pregiudizi,
creano sfide normative per gli anziani. È un processo che tutti noi ci troveremo
a vivere e più negative sono le nostre aspettative sulla vecchiaia, più difficile
sarà affrontare le sfide quando si presenteranno.
La diffusione della discriminazione nei confronti degli anziani è una delle sfide
più dure da superare nel corso del processo di invecchiamento.
Levy, 1996 - In una serie di esperimenti ha dimostrato come l’esposizione
degli anziani a parole subliminali negative possa causare un effettivo
deterioramento delle prestazioni che si riflette nei punteggi ottenuti nei test
cognitivi. Si dimostra fino a che punto le prestazioni cognitive possano essere
danneggiate da immagini di sé negative derivanti dai generali stereotipi
sull’invecchiamento. Un modo per superare le sfide rappresentate dalla
discriminazione è l’adattamento di una strategia di competizione sociale che
consiste nel mettere in discussione i parametri che stabiliscono il livello sociale
di un gruppo, intervenendo sul piano politico per cercare di modificare gli
atteggiamenti in atto. Anche in questo caso la quantità e la qualità delle risorse
potenziali sono decisive per stabilire se le persone riusciranno a superare le
sfide con successo. Le risorse non sono egualmente distribuite tra tutti gli
individui.

CAMBIAMENTI NELLA RETE DI RAPPORTI SOCIALI


Il contesto sociale degli anziani è caratterizzato da un’alta densità di contatti
sociali con gli amici, che hanno un grande significato emotivo. Diminuisce sono
il n.ro dei contatti superficiali. Il sostegno sociale influisce positivamente sul
benessere dell’individuo. I fratelli e le sorelle hanno un ruolo speciale e
specifico nel sostegno e nel benessere dell’individuo. È la qualità del sostegno
ad aumentare le risorse nel bagaglio di risorse personali.

LUTTO
La morte di una persona cara diventa un evento sempre più normativo man
mano che avanzano gli anni. Il lutto è un processo a più dimensioni influisce
sulla persona psicologicamente, fisicamente, economicamente e
spiritualmente. Forse per il fatto che la morte diventa un evento più normativo
con il passare dell’età, i vedovi/e anziani si adattano meglio e soffrono meno di
depressione rispetto ai più giovani. Un evento triste come la perdita della
persona amata con il tempo può diventare tollerabile. La depressione ed i
problemi psicologici diminuiscono con il tempo (1 o 2 anni) fino a tornare
normali. Il dolore ed il senso di perdita invece hanno periodi di ripresa più
lunghi, in alcuni casi durano anche 15/20 anni.
Il lutto e la vedovanza, come gli altri eventi importanti della vita, pongono
l’individuo di fronte a una serie di sfide:
• Solitudine;
• Problemi quotidiani: per gli uomini attività domestiche, per le donne
riparazioni, questioni legali e finanziarie;

56

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
• Difficoltà di riconciliare il nuovo modo di vivere con le aspettative degli
altri
È in simili momenti che diventa evidente la condizione di stagnazione
appagante o l”’aver messo tutte le uova in un solo paniere”.
Se il lutto porta ad un modo attivo di affrontare la situazione,
all’apprendimento di nuove abilità e al rinforzo delle risorse personali, esso può
portare ad una crescita e ad uno sviluppo, nonostante il dolore che rimane.

SALUTE
il peggioramento della salute a causa dell’età avanzata non rappresenta un
mutamento normativo, anche se con il progredire del ciclo di vita aumenta il
numero delle persone con problemi di salute. La capacità di ritornare in salute
dopo una malattia può risultare da altri fattori di compensazione non fisici
come un senso di utilità, la presenza di un partner, buone relazioni sociali,
buona autostima sono di aiuto per preservare lo stato di salute.

LA PERCEZIONE SOGGETTIVA DELLA SALUTE


È il modo in cui gli individui sani percepiscono se stessi ad avere un’influenza
maggiore sul modo di affrontare le sfide. Un alto livello di self-efficacy è
predittore della capacità di condurre nel migliore dei modi le attività della vita
quotidiana permettendo di raggiungere un livello di funzionamento fisico e
sociale più alto. Il ciclo di vita della maggior parte delle persone mantiene un
buon livello di salute regolare e soddisfacente per un buon numero di anni
prima della morte.

IL FUNZIONAMENTO COGNITIVO
Pregiudizio che le abilità cognitive di una persona calano con l’aumentare
dell’età. L’indebolimento della vista, dell’udito, del gusto e dell’olfatto, del
senso dell’equilibrio e del senso cinestetico non sono di per sé invalidanti e
possono essere ovviate con ausili esterni.
Ricerche recenti condotte sul deterioramento delle funzioni cerebrali indicano
che i cambiamenti strutturali variano da una persona all’altra in maniera
sensibile, esso inoltre è un processo molto specifico più che un deterioramento
globale.
Diminuiscono:
• l’attenzione selettiva e l’inibizione di informazioni non rilevanti;
• l’attenzione distribuita;
• l’attenzione sostenuta – concentrazione
Il decadimento interessa solo i processi controllati e non i processi
automatici.
Le facoltà che sembrano più colpite sono la velocità e l’accuratezza nel
processamento delle informazioni definite intelligenza fluida, mentre
l’intelligenza cristallizzata, riflessa nella conoscenza basata sulla cultura,
mostra uno schema stabile di sviluppo fino agli 80 anni di età.
Per quanto concerne il linguaggio:
• la memoria semantica non sembra risentire dell’età
• il lessico recettivo rimane inalterato;
• il lessico produttivo si riduce
• si può assistere alla difficoltà di recupero di una singola parola
• pianificazione in situazioni non automatiche

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
• rallentamento nella decodifica in situazioni sintattiche che richiedono
molto carico di memoria.

ASPETTI DELLE SFIDE NELLA VECCHIAIA


Baltes e Baltes (1990) offrono un modello che include il concetto di
“ottimizzazione selettiva con compensazione”. All’interno del modello, il
successo è definito in termini di raggiungimento dell’obiettivo e
l’invecchiamento riuscito è quello rappresentato da un minimo di perdite e
da un massimo di conquiste. Le strategie per un invecchiamento riuscito sono:
a) Selezione: valutazione degli obiettivi che si sono posti ed abbandonarne
qualcuno a favore di quelli più importanti. Possono incanalare la loro energia in
pochi progetti e massimizzarli.
b) Ottimizzazione: comporta i mezzi per raggiungere gli obiettivi desiderati. Il
tempo e l’energia risparmiati selezionando un numero ristretto di obiettivi,
rendono liberi per concentrasi sui progetti rimanenti.
c) Compensazione: indica una risposta ad una perdita di risorse messa in atto
per mantenere gli obiettivi desiderati, controbilanciandoli con altre risorse.
Baltes e Baltes (1980) sostengono che un investimento di energie in troppe
aree diverse è associato ad un minore benessere soggettivo, pare sia meglio
concentrare l’energia in modo selettivo piuttosto che disperderle. Questi
studiosi spiegano inoltre che il modo in cui gli individui che invecchiano, e si
trovano di fronte ad una diminuzione di risorse ed un alto numero di sfide
(soprattutto il deterioramento della salute) devono utilizzare una serie di
strategie per riorganizzare in buon adattamento tra le sfide quotidiane e le
risorse da impegnare. Sulla base della terminologia del modello di sfida dello
sviluppo queste strategie includono soprattutto una riduzione intenzionale dei
compiti da svolgere, in modo da concentrare le risorse su quelli ritenuti più
importanti o necessari.

Brandtstadter e Wentura (1995), ripetono l’importanza dell’investimento


delle risorse fisiche e temporali in giusti fini, l’adattamento degli obiettivi
personali e delle ambizioni alle attuali circostanze vincolanti non può essere
evitato.
Essi distinguono 2 tipi di strategie:
• Strategie assimilative: sono quelle che alterano o modificano il corso
dello sviluppo personale a seconda delle aspirazioni dell’individuo;
• Strategie accomodanti: mirate ad adattare fini e mezzi di una persona
a circostanze realistiche ed alle limitazioni dello sviluppo.
Pertanto adattare gli obiettivi e riadattare le ambizioni possono essere tra
le più importanti strategie di coping per bilanciare le perdite delle funzioni della
vecchiaia.

Capitolo 11
TEMI EMERGENTI DELLO SVILUPPO NEL CICLO DI VITA

Lo sviluppo va inteso come una serie d’interazioni dinamiche tra l’individuo ed


i vari livelli di sistemi, istituzioni e contesti sociali. La prospettiva del ciclo di
vita quindi si collega a questioni che riguardano i rapporti tra evoluzione
culturale e sviluppo individuale e ha a che vedere con il ruolo che gli individui
giocano nel loro sviluppo e con la continuità e discontinuità del corso della vita
in relazione alle risorse, alle sfide e ai rischi. Oltre ai diversi sistemi sociali
58

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
(micro – meso – eso – e macrosistemi), anche il momento e i cambiamenti
storici creano una differenza all’interno dei sistemi ecologici che influenzano lo
sviluppo individuale.

IL CICLO DI VITA COME PROCESSO DI SFIDE CONTINUE

Brandtstadter e Greve (1992), sostengono che le attività di


assimilazione caratterizzano soprattutto la media età adulta. Le strategie di
assimilazione sono usate finché ci sono risorse sufficienti per assicurare una
ragionevole possibilità di successo. Mentre i processi di accomodamento
sono messi in atto alla fine dell’età adulta e nella vecchiaia. Le strategie di
accomodamento subentrano soltanto quando è chiaro che le risorse individuali
sono inadeguate o insufficienti per raggiunger gli obiettivi desiderati.
_ La determinazione degli obiettivi allo scopo di ottenere un buon grado di
adattamento tra le risorse e le aspirazioni dell’individuo è una strategia
efficace per l’intera durata della vita.
_ Le strategie di ottimizzazione e compensazione – perdite o mancanza di
risorse – possono esser compensate dall’utilizzo di nuove risorse,
dall’applicazione di nuove strategie, dalla mobilitazione di altre risorse. Queste
strategie possono servire ad aumentare le possibilità di raggiungere gli
obiettivi prescelti.
Greve (2000) definisce alta flessibilità la capacità di percepire un guadagno
anche dalle perdite e quindi la possibilità di rielaborare e ricreare la realtà.

LE ABILITÀ SUPERIORI – RISORSE IMPORTANTI


All’interno del modello di sfida dello sviluppo (selezione, ottimizzazione,
compensazione), sarebbero considerate come risorse formate da abilità
superiori – meta-skills.
Si tratta di abilità generali che possono essere usate per gestire con successo
molteplici situazioni.

Altre abilità che appartengono a questo gruppo sono:


- l’apprendimento di strategie
- la valutazione di sè
- le azioni creative ed innovative
- le abilità di pianificazione
Tra le abilità superiori quella ritenuta più importante è la capacità di
imparare ad imparare. È quindi importante insegnare agli studenti le
strategie di apprendimento per metterli in condizione di imparare qualsiasi
nozione o abilità di cui abbiano bisogno.
Alcuni esempi di abilità superiori:
A. abilità dell’apprendimento
- valutazione di sè
- pianificazione dei compiti
- capacità di assumere una prospettiva
- versatilità nella ricerca di soluzioni
- capacità di valutare le soluzioni
- capacità di perfezionamento
- capacità di modificare
- capacità di trovare e selezionare informazioni, incluso l’accesso a fonti virtuali
- capacità di mind-mapping

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
- capacità di memorizzare
- capacità di ripassare mentalmente
- cercare ambienti innovativi in cui mettere alla prova nuove abilità
- usare le abilità in una varietà di situazioni, per essere certi della loro
applicabilità generale
B. strategie per un approccio scientifico alla vita
- pensiero critico
- mettere alla prova ipotesi e supposizioni
- mettere in discussione le prove
- induzione e deduzione logica
- analisi e sintesi delle informazioni
C. capacità di pianificazione
- fissare gli obiettivi
- trovare percorsi per raggiungere gli obiettivi
- identificare e rimuovere ostacoli per raggiungere gli obiettivi
- aumentare attivamente la probabilità di successo mantenendo disponibili
diverse soluzioni
- avere persistenza e perseveranza

Vygotskij. Aveva definito “segni” i vari strumenti psicologici le strategie di cui


si servivano gli individui per aiutare il loro pensiero ed il loro comportamento,
affermando che non si può capire il pensiero umano senza esaminare i “diversi
segni” che ci forniscono le varie culture.
Rutter sostiene che è importante concentrarsi sui processi protettivi i quali
provocano cambiamenti di percorso nella vita che mettono al riparo dai rischi
gli individui più vulnerabili per indirizzarli verso l’adattamento e lo sviluppo. Tali
processi comprendono:
• Quelli che riducono l’impatto di rischio;
• Quelli che riducono la possibilità di una reazione a catena negativa
• Quelli che promuovono l’autostima e la self efficacy
• Quelli che aprono nuove opportunità.

Baltes e Staudinger (2000) descrivono una serie di abilità racchiuse nel


concetto di saggezza. Ritengono che le seguenti risorse siano essenziali per
“l’arte di vivere”:
1. Profonda conoscenza di fatti e procedure;
2. Contestualizzazione del ciclo di vita;
3. Relativismo di valori;
4. Riconoscimento e gestione dell’incertezza.
Altra importante abilità è la determinazione e la resistenza di fronte al
fallimento.
RUTTER sottolinea l’importanza delle esperienze tempranti per lo sviluppo
della resilienza nei momenti difficili.

CONSIDERAZIONI SUL MODELLO DI SFIDA DELLO SVILUPPO


il modello di sfida dello sviluppo è un modello ecologico dello sviluppo umano
e pertanto si devono tenere in considerazione gli ecosistemi e collegare le idee
al modello. I compiti che dobbiamo affrontare sono spesso determinati dai
macrosistemi (periodi storici in cui viviamo). Questi prescrivono le usanze, le
leggi i valori sociali che agiscono da filtro nei nostri processi decisionali. Il tipo
60

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
tradizionale di macrosistema sembra creare sicurezza, stabilità ed uno stato di
stagnazione appagante, fino a che ci sono pochi mutamenti nella società. Nelle
società individualistiche i membri sono posti davanti ad un’ampia gamma di
sfide diverse, ampia gamma di esperienze, rapido mutamento sociale e
tecnologico, tutto questo determina una diminuzione del senso di sicurezza. Il
modello di sfida dello sviluppo riconosce che il processo di sviluppo nel ciclo di
vita è basato:
- sul passato – risorse precedenti, attuali, potenziali
- sul presente – sfide e rischi che affrontiamo – risorse attuali e potenziali
- sul futuro – nostro sviluppo – stagnazione o deterioramento.

MODELLO DI SFIDA DELLO SVILUPPO E L’ANALISI DELLO SVILUPPO

Si analizzano ora i valori del modello e lo sviluppo a livello micro e macro.

Analisi macroculturale - con il modello di sfida dello sviluppo e con la


teoria ecologica di Bronfenbrenner (1979)
Caso: campione di cultura indiana Chamula
1. il mantenimento delle tradizioni e l’appartenenza ad un gruppo creano un
senso di sicurezza, questa coesione, per un certo periodo, ha aiutato la
tribù a sopravvivere, nel momento di cambiamento con una molto
limitata attività agricola e la vendita di prodotti artigianali, non riescono
più a garantire la sopravvivenza dei membri, la loro situazione è
diventata stagnazione non appagante
2. le abilità imprenditoriali per trovare spazio nel mercato necessitano di un
bagaglio di risorse pieno, non hanno sufficienti risorse per reagire ad un
mercato inflazionato. Si ha una scelta di stagnazione piuttosto che
correre il rischio di cambiare.
3. Non avendo frequentato le scuole da bambini, la decisione di cercare
un’istruzione o un lavoro altrove rappresenta una sfida molto superiore
alle risorse della maggior parte dei membri della tribù. Un cambiamento
radicale potrebbe distruggere le sicurezze derivanti dalla tradizione,
senza obbligatoriamente sostituirle con scelte valide. Le vite sono così
collegate tra loro ed i microsistemi interconnessi che non si può applicare
dall’esterno neppure il provvedimento più semplice, senza sconvolgere
l’intero ecosistema.

Analisi microculturale – apprendimento di un compito psicomotorio.


Caso: bravo nuotatore che deve migliorare la bracciata
1. Essendo bravo questo ragazzo possiede le risorse sufficienti per
affrontare la sfida rappresentata da un singolo cambiamento dei
movimenti appresi
2. Non possiede la capacità necessaria per interiorizzare un certo numero di
istruzioni supplementari, compreso il sovraccarico di nuove istruzioni in
una sola volta
3. Le sequenze specializzate di movimenti, anche quelle già acquisite si
interrompono. Il nuotatore ricade negli schemi psicomotori precedenti,
rifugiandosi nella sicurezza di movimenti già conosciuti, che
appartengono all’epoca in cui non conosceva la tecnica della respirazione
e nuotava con la testa fuori dall’acqua. L’intero sistema dei suoi

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
movimenti è disturbato tanto da renderlo incapace di continuare e da
dover interrompere l’allenamento.
4. Questa fase dura poco grazie al livello di abilità, all’esperienza, al senso
di autostima che ha riguardo alle proprie capacità di nuotare.
5. Una simile esperienza probabilmente avrebbe scoraggiato un principiante
per le insufficienti risorse possedute. Ogni richiesta che arriva in questa
fase sovraccarica il bagaglio di risorse personali e l’individuo non si sente
sicuro di riprovare. Un fallimento in questa fase può prosciugare la risorsa
“nuoto” al punto di portare ad una rinuncia.

BEE (1998) compatibilmente con il modello di sfida dello sviluppo, conclude


che:
1° concetto Lo sviluppo non avviene attraverso stadi ma in sequenza di
esperienze condivise da molti individui all’interno di un data cultura che
seguono percorsi simili ma diversi,
2° concetto Prevede periodi alterni di stabilità e transizione non collegati a
stadi di età universali spiegabili attraverso i concetti di sfide e di rischio del
ciclo di vita in cui il raggiungimento di un obiettivo desiderato può portare ad
un periodo di sicurezza dinamica, con il consolidamento delle abilità e lo
sviluppo di risorse.
Uno dei vantaggi del modello di sfida dello sviluppo è che evita di fare
supposizioni su stadi e sequenze, considera piuttosto le transizioni ed i percorsi
che avvengono nel corso della vita in relazione alle risorse potenziali
dell’individuo di fronte alle sfide che possono accadere in qualsiasi momento.
Questo modello inoltre descrive i meccanismi alla base dello sviluppo,
indicando metodologie applicabili a tutte le culture in qualunque momento
storico.
Questo modello intende lo sviluppo come un accumulo di abilità e di risorse
derivanti dal successo ottenuto nell’affrontare le sfide nel corso della vita. Nello
stesso tempo rende consapevoli della moltitudine di variabili che si possono
incontrare durante il ciclo della vita e che possono portare allo sviluppo, alla
stagnazione ed al deterioramento. Offre una struttura generale di analisi che
può essere adattata al ciclo della vita di ciascun individuo.
Esso può aiutare a rendere più forti gli individui:
• fornendo strategie di analisi dei meccanismi e dei processi di sfida e di
rischio attraverso il ciclo della vita;
• compiendo continui passi in avanti per rinforzare tutti i tipi di risorse;
• considerando l’influenza delle azioni degli individui sulla vita di persone
a loro collegate;
• incoraggiando l’azione per implementare i cambiamenti;
• aiutando a pianificare il ciclo di vita.

62

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
DOPO L'INFANZIA E
L'ADOLESCENZA - Sestito,
Sica (Riassunto completo)
Psicologia Dello Sviluppo
Università degli Studi di Napoli Federico II
24 pag.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
DOPO L’INFANZIA E L’ADOLESCENZA. Lo sviluppo psicologico negli anni della
transizione verso l’età adulta (Sestito - Sica)

La fascia d’età che va dai 20 ai 30 anni è stata oggetto di specifico interesse per numerosi
studiosi del cambiamento evolutivo. Oggi, infatti, marcatori demografici (come il protrarsi della
durata degli studi, il ritardo nell’acquisizione dell’indipendenza economica dai genitori e nella
transizione al matrimonio e alla genitorialità) hanno evidenziato il progressivo dei tempi di
acquisizione dei ruoli adulti. Ciò ha indotto alcuni studiosi a identificare una nuova fase del ciclo
di vita: l’emerging adulthood (da collocarsi tra la fine dell’adolescenza e l’età adulta).
In primo luogo, le peculiari caratteristiche dei giovani in questa fase sono state identificate nella
società americana.
Gli studiosi ritengono che il principale compito evolutivo di questo periodo sia la definizione e il
relativo consolidamento dell’identità personale e professionale.
La società contemporanea sollecita infatti scelte tra alternative sempre più numerose riguardo a
scuola, lavoro, relazioni in un contesto che scarseggia di modelli definiti.
Tali scelte implicano l’attivazione di risposte e risorse individualizzate, focalizzate sulla propria
autobiografia e svincolate da modelli di riferimento normativi.
Due sono i fili conduttori dell’intero volume:
a. il riferimento al life span developmental psychology che enfatizza costrutti quali a plasticità,
la multi-direzionalità, la non-linearità dei percorsi evolutivi;
b. la convinzione che il processo del cambiamento evolutivo costituisca un percorso
complesso, delicato, impegnativo e creativo di consolidamento del sé.

Capitolo primo.
L’assunto che il cambiamento evolutivo riguardi più propriamente tutto il corso della vita
piuttosto che gli anni dell’infanzia, ha ricevuto un peculiare slancio dai cambiamenti demografici
inerenti all’allungamento di vita media della popolazione e dal conseguente emergere di studi
specializzati sui precursori dell’invecchiamento.
Numerosi rilievi empirici hanno mostrato, ad esempio, che l’età adulta non è più
necessariamente caratterizzata da stabilità (come si riteneva un tempo) e può porre l’individuo
di fronte a esperienze che inducono rilevanti trasformazioni della persona e del suo modo di
rapportarsi al mondo.
Insieme, studi neurofiosologici hanno evidenziato la grande plasticità del cervello umano:
questo è capace di ristrutturazioni e nuove connessioni anche nella maturità e nella vecchiaia. Il
declino di alcune funzioni psichiche degli anziani è correlato a peculiari condizioni negative
personali, familiari, sociali e può essere prevenuto.
Chiariamo che la prospettiva life span developmental non costituisce un vero e proprio modello
teorico ma piuttosto un complesso di “convinzioni prototipiche” o proposizioni teoriche che, nel
loro insieme, caratterizzano in modo coerente la natura dei processi del cambiamento evolutivo.
Concezioni:
1. Life span development: lo sviluppo ontogenetico è un processo che dura tutta la vita.
Nessuna fase è più importante in termini di cambiamento. Durante lo sviluppo e in tutte le
fasi del ciclo di vita sono attivi sia processi continui (cumulativi) sia processi discontinui
(innovativi).
2. Multi-direzionalità: nei cambiamenti che costituiscono lo sviluppo ontogenetico si possono
rintracciare numerose direzioni anche nel medesimo ambito (ci può essere un incremento e
un decremento in ambiti appartenenti alla stessa categoria).
3. Lo sviluppo come sintesi di “guadagni e perdite”.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
4. Plasticità: il problema centrale è comprendere l’ampiezza di questa e i suoi limiti.
5. Integrazione tra sviluppo individuale e contesto storico: lo sviluppo può variare in modo
sostanziale in funzione del contesto storico-culturale.
6. Paradigma contestualista: il percorso dello sviluppo di ciascun individuo può essere
compreso come l’esito delle interazioni dialettiche tra 3 sistemi di fattori (il fattore legato
all’età, il livello dello sviluppo storico, il fattore non-normativo).
7. Lo sviluppo come ambito multidisciplinare.
In questa prospettiva si è riformulato il concetto di sviluppo: questo è un processo aperto,
multidimensionale, contraddistinto da percorsi pluridirezionali modellati dalla fusione di livelli di
organizzazione in interazione reciproca e dinamica.
Non è più un processo lineare, inteso nel senso della maturazione e dell’accrescimento.
Si è intrapreso quindi un processo di revisione critica delle cosiddette “teorie stadiali dello
sviluppo”, che postulano una traiettoria lineare, sostanzialmente identica per tutti in funzione di
una determinata età cronologica (es. la teoria dello s. cognitivo di Piaget).
A partire dagli anni 70, si è messa in luce l’esistenza di una grande variabilità interindividuale tra
soggetti della stessa età e appartenenti alla medesima coorte, oltre che il ruolo svolto da fattori
sociali e socio-culturali nel promuovere o inibire lo sviluppo.
Fattori individuali e contestuali agiscono e interagiscono in modo da rendere ciascuna persona
diversa da tutte le altre.
Per traiettorie evolutive, definite anche “percorsi di sviluppo” o “modelli del corso della vita”,
intendiamo i percorsi che le persone seguono nell’arco dello sviluppo e che comprendono gli
schemi di comportamento duraturi, i problemi incontrati e le modalità intraprese nell’affrontarli,
oltre che le implicazioni delle strade scelte hanno per l’adattamento a lungo termine. Questo
concetto pone l’accento sul fatto che lo sviluppo si configura come una serie di nessi tali per cui
esiste la probabilità (non la certezza) che le caratteristiche presenti in ciascuna fase siano
collegate con quelle della fase successiva.
La sovrapposizione della psicologia dello sviluppo con la psicologia dell’infanzia ha avuto
l’effetto di monopolizzare per molto tempo l’attenzione degli studiosi sulle prime fasi dello
sviluppo: l’approfondimento è stato fatto sull’infanzia (punto di partenza del percorso evolutivo)
e sull’età adulta (punto di arrivo).
L’impulso a esplorare le peculiari caratteristiche dell’adolescenza è da attribuirsi a Stanley Hall
(1904) il quale ha evidenziato come le radicali trasformazioni del tessuto sociale ed economico
del suo tempo (la scomparsa delle working families, il passaggio da una società agricola a una
industriale) avessero indotto rilevanti cambiamenti nella natura dello sviluppo umano e nel
passaggio dall’infanzia all’età adulta.
Piaget ha visto l’adolescenza come il momento della conquista del pensiero operatorio formale,
espressione più matura e evoluto del funzionamento cognitivo.
Da pochi decenni, l’adolescenza ha cominciato a essere concepita come una fase distinta dello
sviluppo umano. Nel rapportarsi alla complessità del mondo contemporaneo, gli adolescenti si
trovano a dover affrontare e risolvere una molteplicità di compiti e situazioni problematiche che
Palmonari (1991) riconduce a 3 obiettivi:
a. Ridefinire l’immagine del proprio corpo, cambiato e sessuato, sia rispetto a sé sia rispetto
agli altri;
b. pervenire a una nuova identità relativamente stabile rispetto al passato e proiettata sul
futuro;
c. ridefinire le proprie relazioni con gli altri significativi alla luce dei cambiamenti.
Le strategie peculiari che ciascuno adotta segnano dei punti di svolta, dei turning points, delle
vere e proprie deviazioni/transizioni nella traiettoria di ciascuno.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
La gran parte dei giovani contemporanei delle società post-industriali intorno ai 20 anni è
ancora ben lontana dall’avere assolto i compiti evolutivi che articolano l’ingresso all’età adulta. È
vero che la gran parte delle caratteristiche degli adulti trova fondamento nei processi di
sviluppo dell’infanzia e dell’adolescenza (stili di attaccamento, caratteristiche di personalità,
interessi e strategie di coping), tuttavia lo sviluppo non è mai statico.
È stato rilevato come la transizione si caratterizzi per una sempre maggiore eterogeneità. Con la
fine della scuola secondaria sembra che la diversità dei percorsi di vita diventi più ampia. Ai
giovani vengono poste nuove e impegnative sfide e vengono offerte numerose opportunità tra
le quali scendere, impegnandosi in prima persona e mettendo in gioco le proprie risorse
interne.
La fine della scuola superiore può assumere, secondo molti, un vero e proprio turning point che
implica una cesura con il passato e impone una nova direzione di vita.
La transizione verso l’adultità non solo è cambiata, ma è un processo sempre più lungo. Il tema
del ritardo è connesso a vari fattori: il prolungamento della coabitazione dei giovani con la
famiglia d’origine è uno dei più importanti.
Il numero di giovani che vivono con i genitori (24-29 anni) è tre volte maggiore rispetto ai paesi
del nord Europa. Il cosiddetto “modello mediterraneo” sembra supportato da caratteristiche
psicosociali che riguardano il ruolo centrale della famiglia e l’idea secondo cui l’esperienza del
matrimonio è il motivo principale dell’allontanamento.
A questi fattori, poi, si aggiungono quelli di natura socio-economica.
Livi Bacci ha messo a fuoco una specifica delay syndrome italiana: le difficoltà economiche
possono solo in parte spiegare questo fenomeno, infatti sono molti i giovani che, pur avendo le
risorse, di fatto continuano a vivere a lungo in famiglia.
Gli altri fattori sono: il prolungamento degli studi, il differimento dell’ingresso nel mercato del
lavoro, elevati livelli di disoccupazione, il posticipo del matrimonio.
La percezione dello status adulto è un costrutto multidimensionale.
I marcatori della transizione all’età adulta configurano un insieme di criteri, qualità e
caratteristiche che compongono la rappresentazione dell’adultità condivisa all’interno di un dato
contesto storico e culturale.
Prima Arnett nel 2001 e poi Nelson e Berry nel 2005 hanno raggruppato i cosiddetti criteria for
adulthood:
1. Indipendenza: economica/emotiva dai genitori, fine della coabitazione, ecc
2. Interdipendenza: stabilire relazioni sentimentali a lungo termine, assumere impegni duraturi
rispetto ad altri, avere controllo sulle emozioni ecc
3. Role transitions: completare gli studi, sposarsi, avere almeno un figlio ecc
4. Obbedienza alle norme
5. Transizioni biologiche
6. Transizioni cronologiche (maggiore età)
7. Capacità familiari
Anche per quanto concerne tali marcatori, è stata sottolineata una grande variabilità: questi
riguardano soprattutto “transizioni di ruolo”, segnalando l’importanza del raggiungimento di 5
obiettivi: completamento della formazione professionale, conseguimento di un lavoro a tempo
pieno, l’uscita dalla casa dei genitori, il matrimonio e la genitorialità.
Le traiettorie evolutive sono state negli ultimi decenni “frantumate” dai mutamenti strutturali e
culturali della società. La de-standardizzazione si è tradotta in termini di individualizzazione
delle traiettorie del corso di vita per effetto:
a. dei più elevati livelli di instabilità della famiglia;
b. della diffusione di rappresentazioni culturali del lavoro.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
Arnett nel 2000 scrive: “Ho proposto una nuova teoria dello sviluppo che si focalizza sul periodo
tra i 18 e i 25 anni. La mia ipotesi è che questo periodo, definito emerging adulthood, non sia da
intendersi né come adolescenza né come giovane età adulta ma sia da distinguersi da
entrambi.”
“Postponing marriage and parenthood untile the late twenties makes this period a time of
exploration and instability.”
Arnett individua cinque caratteristiche che contraddistinguono e caratterizzano l’e.a.
1. È l’età dell’esplorazione dell’identità, del provare e riprovare diverse possibilità
specialmente nel campo sentimentale e lavorativo;
2. È l’età dell’instabilità.
3. È l’età della vita in cui si è più concentrati su se stessi.
4. È l’età di mezzo, di transizione, dove non si è né adolescenti né adulti.
5. È l’età delle possibilità, in cui fioriscono le speranze.
Arnett prende le mosse dall’idea della teoria dell’identità di Erikson, il quale ha fatto ricorso a
costrutti come “la moratoria psicosociale” per chiarire i processi di formazione di identità nei
giovani delle società industrializzate.
La novità è che Arnett suggerisce che sia l’e.a. piuttosto che l’adolescenza il periodo di
maggiore focalizzazione sul lavoro identitario.
Quali sono i problemi di questa definizione? Arnett a notare che la definizione di “giovane età
adulta” risulta inappropriata perché contiene l’assunto implicito che l’età adulta sia stata in
qualche misura raggiunta.
Inoltre, caratterizzare questi anni solo in funzione della transizionalità può indurre a focalizzare
l’attenzione sul futuro. Infine, il termine “transizione” fa implicitamente riferimento a un periodo
di tempo breve.
Negli ultimi anni sono emerse concettualizzazioni che interpretano il periodo della vita qui
considerato in termini di processo anziché in termini di stadio.
Hendry e Kloep mettono in discussione l’ipotesi che l’e.a. possa configurare una nuova fase
dello sviluppo, ma attribuiscono ad Arnett il merito di aver richiamato l’attenzione di molti su
un’area di ricerca per lungo tempo trascurate.
Per H. e K., questa transizione non può essere rappresentata come un percorso lineare ma
piuttosto come un dominio-specifico, caratterizzato da variabilità e reversibilità.
Un ruolo importante è attribuito ai processi di formazione dell’identità.
H. e K. hanno avuto modo di rilevare che le caratteristiche attribuite agli e.a. appartengono solo
a una piccola parte del campione (ceto medio): per tutti gli altri emergono, invece, traiettorie
orientate all’acquisizione dell’adultità diverse da quelle indicate da Arnett.
Secondo Schoon e Schuldenberg il modello di Arnett non tiene nella dovuta considerazione le
condizioni sociali ed economiche che inducono i giovani contemporanei ad accedere con
considerevole ritardo all’età adulta.
Secondo Coté e Bynner, Arnett avrebbe sbagliato nell’intendere come primaria anziché
secondaria la risposta dei giovani alle difficoltà inerenti al processo di individuazione.
Come dire che i meccanismi di coping, mediante i quali i giovani fanno fronte agli ostacoli
strutturali e all’anomia sociale, sono confusi con processi di scelta volti a ritardare l’ingresso
nell’età adulta.
Coté suggerisce che il passaggio all’età adulta possa essere più attivamente affrontato se i
giovani investono un capitale di risorse, tangibili e intangibili, per accedere ai nuovi ruoli e stati
sociali. Con riferimento alle risorse intangibili, Coté considera queste ultime come componenti
dell’identità che i giovani possono utilizzare per negoziare con successo la partecipazione a
ruoli e attività sociali. Tali risorse, definite capitale di identità, configurano qualità agentive quali

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
self-esteem, internal locus of control, purpose in life e ego strength. In sostanza, il capitale di
identità rappresenta un fattore significativo di supporto nel fronteggiare le specifiche difficoltà
della transizione.
Per poter valutare questo capitale, Coté ha elaborato due specifici strumenti:
1. MAPS, valuta in quale misura i soggetti possiedono le qualità descritte
2. ISRI, valuta in quale misura i soggetti hanno accumulato il capitale di identità durante la
transizione.
Nella prospettiva di C., l’e.a. così come formulata da Arnett può rappresentare un dangerous
mith, in quanto può avere serie ripercussioni (sul piano emotivo ed economico) per quei giovani
che incontrano particolari difficoltà nella transizione all’età adulta.

Capitolo secondo.
Vi è ampio consenso tra gli studiosi sul fatto che il principale compito evolutivo negli anni della
transizione consista nella definizione dell’identità. Si tratta di un compito complesso, in quanto la
natura stessa dell’identità è complessa.
Per quel che corne più vicino il contesto italiano, recenti studenti hanno messo in evidenza, nei
giovani adulti, configurazioni identitarie caratterizzate da stati di diffusion, ritardo nell’assunzione
di ruoli adulti e scarsa capacità di orientamento al futuro.
Uno studio condotto su studenti universitari del Sud Italia ha mostrato come nei giovani italiani
la sindrome del ritardo influenzi in maniera più evidente i processi di costruzione dell’identità
professionale rispetto all’identità globale.
Nella prospettiva della developmental line span psychology anche la formazione dell’identità,
come ogni altro aspetto dello sviluppo, è intesa come processo dinamico che si svolge lungo
l’intero percorso dell’esistenza.
Lo stesso Erikson (1968) fin dalle sue prime formulazioni concorda con tale prospettiva e
considera l’identità come una componente importante di tutti gli stadi del ciclo di vita, come
una dimensione che entra in gioco in tutti i conflitti vitali che costituiscono - nel suo modello -
altrettanti momenti di “crisi”. (Vedi 8 stadi di sviluppo p.42)
Anche il termine crisi è adoperato da Erikson in senso evolutivo e sta a indicare un punto di
svolta per lo sviluppo, un momento ricco di potenzialità evolutive per l’individuo.
Definizione di sviluppo per Erikson: è un processo epigenetico che si svolge lungo diversi stadi
che coprono tutta l’esistenza, ciascuno dei quali corrisponde a un peculiare conflitto o crisi che il
soggetto deve risolvere per poter accedere allo stadio successivo.
Erikson sottolinea che è lo stadio dell’adolescenza quello in cui diventa cruciale un particolare
conflitto, quello tra identità e confusione di ruoli.
Lo studioso fa notare come gli adolescenti hanno ormai acquisito nuove capacità socio-
cognitive legate al pensiero formale e anche nuove capacità relazionali e sociali.
Anche Marcia rileva che, a partire dall’adolescenza, sono ormai presenti gli ingredienti
individuali e sociali considerati necessari per affrontare la crisi identitaria: 

“All’adolescente viene richiesto di rinunciare alla posizione “one-who-is-given-to” per passare ad
essere “one-who-is-to-give-to-others”. Insomma si tratta di un passaggio dall’essere “recipiente”
al produrre qualcosa”.
Pur prendendo le mosse da costrutti teorici di matrice psicoanalitica, Erikson colloca il suo
modello nell’ambito di un’interpretazione psicosociale dello sviluppo e sottolinea come
l’identità si esprima e si formi in due contesti:
a. Nel contesto di processi intra-individuali di auto-definizione;
b. Nel contesto degli scambi reciproci tra l’individuo e gli altri significativi.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
Per Erikson quindi l’identità è un costrutto sia dinamico che multidimensionale che contiene un
versante soggettivo (costituito dalla sensazione che ciascuno prova di essere sempre la
medesima persona nel corso del tempo e nei diversi contesti) e un versante oggetto (legato a
dimensioni più psicosociali).
Tuttavia riconosce che è soprattutto nella tarda adolescenza che i giovani sono impegnati nel
conflitto identity vs confusion, ribadendo che “identity formation is a lifelong developmental
process”. L’essenza stessa dell’identità è insieme consistency e continuity.
“La società offre all’individuo un periodo intermedio tra l’infanzia e l’età adulta, “moratoria
psicosociale”, durante il quale poter completare lo sviluppo dell’identità”.
Si è incrementato il numero di stili di vita e, con il passaggio della società da industriale a tardo-
moderna, si sono ristrutturati i sistemi sociali, si è accentuata la relatività dei valori e si sono
ulteriormente incrementati i processi di individualizzazione.
La moratoria, considerata da Erikson come normativa fino ai 24/25 anni, si è estesa anche agli
anni successivi, in particolare per i giovani appartenenti a famiglie agiate.
All’interno di tale moratoria i giovani hanno la licenza di sperimentare, se lo desiderano, ruoli
diversi senza dover ancora farsi carico di impegni e responsabilità adulte.
Solo 1/2 dei giovani contemporanei alla fine della tarda adolescenza ha definito la propria
identità, raggiungendo lo stato di “achievement” (come lo chiama Marcia). Anche questo stadio
in realtà può assumere configurazioni diverse e risultare flessibile a ulteriori cambiamenti.
L’identità, una volta definita, può ancora cambiare sia in intensità che rispetto al contenuto.
Esistono due tipi di cambiamento identitario:
1. evolutivo o a lungo termine, caratterizzato da relativa stabilità;
2. fluido e di breve durata, caratterizzato da fluttuazioni legate al contesto.
Il primo, quello a lungo termine, è ampiamente condiviso tra gli psicologi dello sviluppo:
credono insomma che l’identità, una volta definita, tenda a rimanere relativamente stabile.
L’approccio psicosociale invece focalizza le fluttuazioni dell’identità a breve termine, associate a
una molteplicità di fattori contestuali.
Erikson è il primo ad aver stabilito una tradizione di ricerca sul tema dell’identità orientata nel
senso della psicologia dello sviluppo. Le sue ipotesi rappresentano solo il punto di partenza di
numerose ricerche.
Il conflitto rappresenta una tensione all’interno di una medesima dimensione bipolare:
1. il polo ego-sintonico è rappresentato dalla “sintesi dell’identità”;
2. il polo ego-distonico è legato alla “confusione identitaria”.
Le due polarità sono concepite come forze contrapposte operanti in uno stesso individuo.
La sintesi emerge dalla rielaborazione e dall’integrazione delle identificazioni infantili; la
confusione coincide con l’incapacità di individuare e sviluppare tali ideali e obiettivi sui quali
basare la propria identità adulta.
EPSI: strumento self-report nel quale la crisi di ciascuno stato (E.) è valutato tramite 12 item.
L’identità è vista come un quadro coerente e unitario di ciò che ciascuno mostra a se stesso e al
mondo che lo circonda, un mosaico del quale fanno parte numerosi aspetti tra i quali scelte
lavorative e sentimentali, ideologie religiose, preferenze politiche. Quanto più il mosaico è
coerente e completo, tanto più il soggetto è vicino alla sintesi.
I processi fondamentali mediante i quali adolescenti e giovani adulti possono giungere alla
risoluzione della crisi sono due:
a. esplorazione, cioè ricerca attiva delle possibili alternative identitarie e valutazione di quelle
più adatte al proprio senso di sé;
b. assunzione di impegni, che implica la decisione di aderire a un certo insieme di obiettivi e
valori.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
Marcia definisce l’identità come
una “struttura mentale sottostante
a gruppi di risposte a soluzioni di
problemi, questi ultimi invece
osservabili”.
Il suo paradigma propone che
l’identità si sviluppi attraverso
quattro stati distinti che
costituiscono le possibili
combinazioni tra le due
dimensioni fondamentali
postulate da Erikson
(esplorazione e assunzione di
impegni).
Bosma ha individuato una
distinzione del commitment in due ulteriori articolazioni:
1. committment making, la misura in cui i giovani hanno compiuto scelte rilevanti per il proprio
sé;
2. identification with committment, cioè la misura in cui i giovani si identificano con le scelte
compiute e al grado in cui sentono che queste sono davvero importanti per loro.
Il paradigma di Marcia è stato validato e numerosi studi condotti, mediante la somministrazione
dell’Identity Status Interview da lui proposta, ne hanno confermato i pattern ipotizzati.
Si è dimostrato che il modello degli stati di identità non è adeguato per descrivere e spiegare lo
sviluppo; sembra piuttosto catturare una fotografia dello stato identitario nel quale il soggetto si
trova attualmente piuttosto che i processi attraverso i quali ciascuno forma la propria identità.
Lo sviluppo dell’identità è in realtà un processo più complesso, poiché al suo interno gli
individui possono muoversi “in and out of identity statuses” ipotizzati da Marcia.
Inoltre, questa identità può essere modificata senza che ciò comporti un cambiamento di status.
Lo sviluppo dell’identità è, in breve, il risultato di continue interazioni (o meglio, transizioni) tra la
persona e il contesto.
Sono emersi approcci che hanno rilevato diversi fenomeni:
1. Kerpelman, Pittman e Lamke ritengono che la formazione e lo sviluppo dell’identità
scaturiscono anche dalle valutazioni dell’identità di ciascuno da parte di altri significativi nel
corso delle interazioni quotidiane;
2. Coté si occupò delle risorse personali, tangibile e intangibili;
3. Berzonsky, nel suo approccio socio-cognitivo, ha elaborato il modello degli stili di identità,
evidenziando come ciascun soggetto possa adoperare differenti strategie socio-cognitive.
Queste caratterizzano il suo peculiare modo di assumere ed elaborare informazioni rilevanti
per il Sé, di prendere decisioni e negoziare.
Berzonsky individua tre differenti “orientamenti personali” che corrispondono a diversi stili:
a. orientato all’informazione: tipico dei soggetti che svolgono un ruolo attivo nella costruzione
della propria identità e nella ricerca e valutazione delle informazioni utili ad assumere
decisioni. Questi soggetti hanno livelli più elevati di complessità cognitiva e strategie di
coping focalizzate sul problema. Inoltre, sono aperti alle nuove informazioni.
b. normativo: i soggetti orientati verso questo stile fanno soprattutto riferimento alle
aspettative e alle prescrizioni degli altri significativi (genitori ad esempio). Sono in genere
chiusi alle nuove informazioni, soprattutto qualora possano costituire una minaccia per il Sé.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
c. diffuso-evitante: questi individui tendono a tenere lontani i conflitti e i problemi inerenti alla
definizione dell’identità, procrastinando l’assunzione di impegni. Sono più propensi ad
adattare il proprio comportamento valutando soprattutto le conseguenze che ne
potrebbero derivare.
B. ha definito gli stili come “modalità che caratterizzano il maniera relativamente stabile
l’orientamento di ciascuno”, ma in realtà alcuni autori recenti ritengono che si possano
individuare, negli stili, anche elementi di cambiamento evolutivo (oltre che di stabilità).
Kunnen fornisce dati che confermano che gli stili di identità possano cambiare nel corso del
tempo in funzione di differenti tipi di traiettorie di sviluppo dell’identità: nei momenti di crisi
(vedi transizione all’università) i soggetti che sperimentano periodi di elevata esplorazione
manifestano un decremento dei livelli di stile diffuso-evitante (e viceversa).
[p.52-54]
Qualora il soggetto abbia assunto degli impegni, questi ultimi possono essere sottoposti a un
nuovo processo di valutazione. L’adolescente, così come il giovane adulto, non può essere
considerato come una tabula rasa su cui nessun impegno sia stato inscritto prima
dell’esplorazione individuale. In questa prospettiva, Meeus e colleghi hanno elaborato un
modello tridimensionale del processo di formazione dell’identità, definito anche
“parsimonioso”, che interpreta la dinamica processuale come fondata su tre dimensioni:
a. assunzione di impegni: riguarda il processo di scelta compiuto negli ambiti rilevanti per
l’identità e la misura in cui gli individui si identificano con le scelte fatte -> indicatore di
sviluppo positivo;
b. esplorazione in profondità, rappresenta un modo attivo d’interpretare l’impegno assunto
(es. riflettendo su di esso, cercando nuove info, valutando l’efficacia) -> dimensione adattiva;
c. riconsiderazione degli impegni assunti, si riferisce ai tentativi dell’individuo di confrontare i
propri impegni con altre alternative disponibili e, eventualmente di modificarli -> crisi.
Secondo Luyckx e colleghi vi era la possibilità di integrare i modelli proposti da Bosma e Meuus
grazie alla loro complementarietà. La proposta di un contributo sulla formazione dell’identità
che tenesse conto di quattro dimensioni è nata dal tentativo di integrare e superare i limiti della
proposta da Marcia, basata su due dimensioni: l’esplorazione e l’impegno.
Le quattro dimensioni sono:
a. commitment making (assunzione dell’impegno);
b. identification with commitment (identificazione con l’impegno);
c. exploration in depth (esplorazione in profondità);
d. exploration in breadth (esplorazione ampia).
Nel dettaglio, la prima e l’ultima si riferiscono ai processi che riguardano la formazione vera e
propria dell’identità. I processi che attendono, invece, il processo di valutazione dell’identità
sono gli altri due. L’obiettivo principale del contributo di Luyckx è stato quello di identificare le
dimensioni generali per ottenere un framework di riferimento dello sviluppo dell’identità che
tenesse conto dei differenti domini: il modello risulta relato a variabili intra-individuali e
contestuali.
L’espansione dell’approccio degli stati d’identità proposta da Meeus e Luyckx ha consentito di
sviluppare una serie di indagini empiriche che hanno individuato stati d’identità aggiuntivi.
Luyckx ha definito due nuovi tipi di diffusion:
1. troubled diffusion: quando un giovane si sforza di esplorare le alternative identitarie ma
elementi di ansia e preoccupazione prendono il sopravvento;
2. carefree diffusion: quando un giovane si mostra del tutto indifferente ai compiti inerenti
all’identità.
Meeus ha individuato due tipi di moratorium:

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
1. il primo somiglia alla forma classica: è caratterizzato da esplorazione e assenza di impegni,
associandolo a elementi di ansia e bassi livelli di benessere;
2. searching moratorium: quando un giovane prende in esami nuovi impegni identitari senza
aver ancora abbandonato quelli attuali.
Queste ultime formazioni implementano l’originaria formulazione di Erikson e sottolineano
come l’identità sia soggetta a cambiamenti sia endogeni (dovuti a caratteristiche interne) sia
esogeni (dovuti al contesto).
Poche le ricerche che mettono al centro la relazione tra adultità e identità. Un esempio è lo
studio condotto su giovani americani tra i 18 e i 25 anni da Nelson e Barry (2005) che esplorano
la percezione di adultità allo scopo di cogliere eventuali differenze tra giovani che si
percepiscono come adulti e quelli che non.
Nell’insieme emerge un quadro complessivo di vulnerabilità che mostra come i rischi evolutivi
(tradizionalmente ascritti all’adolescenza) possano intendersi come estesi anche agli anni
successivi.
Una ricerca del 2011 (Sestito, Sica, Ragozini) si proponeva come ipotesi di fondo che gli studenti
universitari attraversino un periodo caratterizzato dalla sperimentazione di nuove forme di
crescita intellettuale ed emotiva ma siano, al contempo, indotti a eludere i compiti relativi a una
progettualità a lungo termini e all’assunzione di impegni stabili. La permanenza in uno stato di
indefinitezza li renderebbe particolarmente vulnerabili allo stress. I risultati emersi confermano
la complessa valenza dei processi di esplorazione dell’identità nella fase di passaggio tra la
tarda adolescenza e la prima età adulta. Solo una piccola parte di studenti universitari manifesta
caratteristiche di identità raggiunta o preclusa: la maggior parte si riconoscono negli altri due
profili: identità diffusa e moratoria.
[Altre ricerche p.61-65]

Capitolo terzo.
Tra gli approcci proposti per la valutazione del cambiamento identitario nel periodo di
transizione all’età adulta, uno dei più promettenti è l’approccio narrativo all’identità.
Il racconto della propria vita è un processo attivo di costruzione, qui e ora, della propria identità
attraverso un testo (la storia) il cui soggetto è il proprio Sé (Bruner). In tal senso, la narrazione
non pre-esiste ma viene creata nel corso delle interazioni, all’intero dello scambio comunicativo
nel quale l’individuo negozia con l’altro i significati da attribuire alla propria esperienza.
La narrazione autobiografica può considerarsi come un racconto interiorizzato e in evoluzione
del Sé che incorpora il passato ricostruito, il presente percepito e il futuro anticipato: il narratore
deve condurre il protagonista del passato al presente in modo tale che possano fondersi
entrambi e diventare la stessa persona con una comune consapevolezza.
La narrative identity consente di mettere a fuoco il prodotto del processo di formazione
dell’identità. Per molto tempo i due principali approcci all’identità (identity status model e
narrative identity) hanno proceduto separatamente laddove potrebbero implementarsi.
I due differenti approcci infatti approfondiscono sia il processo che il contenuto della
formazione identitaria.
Un tentativo di integrazione è stato proposto da McLean e Syed: il loro punto di partenza è la
teoria di Erikson, in particolare l’ipotesi secondo la quale lo sviluppo dell’identità implica
l’impegno dell’individuo a tre livelli diversi:
1. l’ego identity: focalizza il senso di continuità personale che ciascuno realizza quando riesce a
integrare le proprie convinzioni e a definire la propria identità nel tempo. Trova la sua
modalità di espressione privilegiata nella riflessione che ciascun soggetto fa su di sé.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
2. personal identity: mette a fuoco più propriamente l’individuazione di obiettivi e convinzioni
personali che emergono dalla negoziazione dei propri ruoli con il contesto sociale.
3. social identity: considera non solo gli aspetti individuali del sé ma anche quelli condivisi col
proprio gruppo sociale e culturale.
L’identity sinthesys, intesa come rielaborazione delle identificazioni infantili all’interno di una
rappresentazione del sé attuale, coerente attraverso il tempo e i contesti di riferimento,
scaturisce da processi che riguardano tutti e tre i livelli presi in esame.
L’approccio narrativo:
Lo strumento che l’individuo utilizza per creare la propria autobiografia è il ragionamento
autobiografico, inteso da Habermas e Bluck (2000) come “riflessione attiva sul proprio passato
per individuare i collegamenti significativi tra passati e presente”. Questo tipo di ragionamento
evidenzia quindi un’attività di esplorazione. La narrazione può mostrare in che misura ciascuno…
a. senta di aver conseguito un nuovo insight su di sé e sul mondo circostante;
b. abbia realizzato collegamenti espliciti tra sé e gli eventi passati.
Una delle principali caratteristiche della narrazione consiste dunque nella ricerca di significato.
L’approccio della narrative identity trova solido fondamento in una tradizione di ricerca che fa
capo alla psicologia narrativa, per la quale la produzione narrativa rappresenta un punto di
osservazione privilegiato per lo studio dell’individualità. Tale orientamento si basa sul
presupposto che le persone siano naturalmente orientate a dare significato e coerenza alla vita.
Narrazione e memoria autobiografica, secondo Smorti, interagiscono e si influenzano a vicenda.
Anche McAdams elabora la sua ipotesi sulla narrative identity ispirandosi alle prime
formulazioni eriksoniane. Secondo lo studioso, le autobiografie sono costruzioni in continuo
mutamento (lifelong process) che inseriscono la vita in un determinato contesto (hic et nunc).
Si è formulata quindi l’ipotesi che gli individui siano naturalmente orientati a organizzare le
proprie esperienze e i propri ricordi sotto forma di narrazioni.
Per far ciò, utilizzano il pensiero narrativo che consente di interconnettere quello che Bruner
definisce “scenario dell’azione” con lo “scenario della coscienza”.
Il pensiero narrativo, secondo Bruner (1986), è quello che presiede alla creazione narrativa della
realtà (è diverso dal pensiero paradigmatico). Tende a fornire interpretazioni basate sulla
soggettività, sull’intenzionalità, sulla sensibilità al contesto.
Le caratteristiche del pensiero narrativo sono: a) sequenzialità, b) riferimento a stati intenzionali,
persone ed eventi specifici, c) prevedere sviluppi imprevisti; d) composizione pentadica; e)
interconnessione tra eventi.
La narrazione autobiografica è, pertanto, in grado di coordinare tre diverse esigenze:
1) coerenza (mettere d’accordo le diverse voci e dare continuità alla storia)
2) plausibilità (rendere la storia comprensibile in quanto canonica e normativa)
3) eccezionalità (rendere la storia in quanto specifica, idiosincratica e discordante dalla
canonicità).
La narrazione autobiografica ha come oggetto privilegiato la spiegazione delle deviazioni. In
questo processo assumono uno specifico rilievo i “turning point”, ossia i punti di svolta,
liberamente collocati da ciascuno in momenti percepiti come strategici. In questi momenti è
come se la vita di ciascuno assumesse una prospettiva unica, originale, che gli permette di
uscire dalla banalità di un percorso convenzionale.
Smorti considera la narrazione autobiografica come uno specchio attraverso il quale l’individuo
possa riflettere sulla propria vita.
Brockmeier (2004) dice che ogni storia nasce da un’organizzazione temporale degli eventi che
attinge a tre tipi di memorie: autobiografica, episodica e semantica.
La dimensione temporale diviene dunque centrale nella costruzione dell’identità narrativa.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
Secondo Williams, Conway e Cohen (2008), tre sono le funzioni della memoria autobiografica:
a) Direttiva: usare la memoria degli eventi passati per guidare i comportamenti futuri;
b) Sociale: condividere la memoria di eventi passati per facilitare l’interazione sociale;
c) Identitaria: gli eventi personali ricordati rappresentano il database attraverso cui il soggetto
costruisce il proprio sé.
Da qui si sviluppa il cosiddetto mental time travel, ossia il senso di sé soggettivo che perdura
nel tempo. Si tratta della consapevolezza di una personale cronologia in cui collocare gli eventi.
Il risultato della sintesi tra passato, presente e futuro costituisce il “tempo autobiografico”, cioè la
ricostruzione temporale della storia di vita di ciascuno. Gli eventi infatti non sono mai raccontati
nell’ordine in cui sono avvenuti naturalmente, ma vengono ricostruiti in funzione della
valutazione presente (“coniugati al congiuntivo”, come dice Bruner).
Le dimensioni temporali seguono due movimenti: della narrazione vera e propria e della
riorganizzazione narrativa (teleologia retrospettiva, ossia il ricostruire a partire dalla fine).
Brockmeider ha individuato inoltre sei principali modelli temporali: lineare, ciclico, circolare, a
spirale, statico e frammentario. I primi quattro sono definiti “modelli evolutivi” poiché descrivono
la vita come un processo, un movimento, mentre gli ultimi due mancano di una traiettoria di
sviluppo e sembrano “senza tempo”.
Nonostante che il pensiero narrativo compaia fin dalla prima infanzia, la capacità di costruire una
storia coerente inizia solo nella tarda adolescenza. La produzione di storia comincia a emergere
in coincidenza dello sviluppo delle operazioni formali (pensiero logico-formale, Piaget), della
maturità fisiologica e dall’esigenza di dare senso alla propria vita.
Habermas e Bluck (2000) dicono che a partire dall’adolescenza si aggiunge, alla coerenza di
tipo tematico (quali sono le traiettorie intorno alle quali organizzare la propria storia?), una
coerenza di tipo causale (come gli eventi passati influenzano gli altri eventi e aspetti di sé?).
Nell’ambito di un’interpretazione che si rifà a Vygotskij, McLean, Papupathi e Pals (2007)
propongono un modello socioculturale di sviluppo dell’identità narrativa: gli individui
costruiscono lentamente la propria identità narrativa man mano che raccontano storie sulle
proprie esperienze per gli altri e con gli altri. Si sottolinea il ruolo delle nuove capacità sociali e
relazionali acquisite dall’adolescenza in poi.
Sembra inoltre che quando i genitori utilizzano stili di conversazione elaborati (concentrandosi
su cause ed emozioni), questo determini una più elevata competenza narrativa nei propri figli.
Nell’ambito delle indagini empiriche sulla narrative identity, numerosi ricercatori hanno
sviluppato un ampio range di sistemi volti a esplorare e valutare le sotire di vita.
I dispositivi sperimentali utilizzati per la raccolta delle produzioni narrative fanno tutti riferimento
a una “domanda generativa”, volta ad attivare l’autoriflessione e a favorire il processo di
produzione narrativa su eventi o episodi della propria vita. I ricercatori hanno elaborato una
serie di proposte di interpretazione e codifica degli account narrativi così ottenuti.
McAdams e McLean (2013) hanno elencato alcuni dei costrutti teorici più salienti, utilizzati ai fini
della codifica degli account narrativi:
1. Agency: la capacità di influenzare il corso della propria e altrui vita;
2. Communion: la capacità di sperimentare relazioni interpersonali, dialogare con gli altri ecc;
3. Redemption: storie di in cui lo stato negativo iniziale si capovolge in positivo;
4. Contamination: gli effetti negativi schiacciano, distruggono e cancellano gli effetti positivi;
5. Meaning making: la capacità di imparare qualcosa da un evento (punteggi da 0 a 1);
6. Exploratory narrative processing: la capacità di esplorazione del sé;
7. Coherent positive resolution: la capacità di risolvere le tensioni per giungere a una
conclusione positiva.

Document shared on www.docsity.com


Downloaded by: simona-fusco-1 (simy25-fusco@live.it)
Si è ipotizzato che gli account narrativi possano essere letti in funzione dei temi di sviluppo e di
crescita personale che ciascuno sente di aver raggiunto. La narrazione sottolinea i contenuti cui
ciascuno dà maggiore importanza. Sono stati distinti diversi temi:
1. intrinsechi (dimensione socio-emotiva, abilità di adattamento alle richieste emotivo-affettive)
2. integrativi (dimensione socio-cognitiva, comprensione del sé)
3. agentivi (individualità)
4. di communion (inter-soggettività)
[Altre ricerche p.82-88]

Capitolo quarto.
Il rapporto tra individuo e contesto potrebbe essere illustrato attraverso una delle leggi
percettive della gestalt: il principio del contrasto (o figura/sfondo).
Soltanto dalla loro comparazione e dall’attenzione selettiva che si pone è possibile
comprendere la forma dell’uno o dell’altro. Individuo e contesto sono, dunque, elementi di un
unico sistema che possono essere descritti solo se considerati in continua interazione.
Ripercorrendo cronologicamente lo sviluppo individuale, sappiamo che l’evoluzione dei
contesti di riferimento può procedere per accrescimento o sostituzione.
Durante l’infanzia, il principale contesto di riferimento è quello familiare. Nel corso degli anni, si
amplia e ingloba parti sempre più ampie (scuola, gruppo dei pari, ambiente lavorativo).
Durante l’adolescenza, il ruolo del contesto diventa ancora più importante: questo diventa uno
stimolo continuo per la persona che, in esso, trova nuovi modelli da seguire.
Nel transizione all’età adulta, tre sono i sistemi di relazione fondamentale:
1. La famiglia d’origine;
2. I partner sentimentali e/o sessuali;
3. Gli ambienti virtuali (social network).
Famiglia d’origine. Durante l’adolescenza, l’individuo diventa sempre più autonomo. Per
raggiungere completamente questo traguardo, il giovane deve compiere continue transazioni
tra bisogno di indipendenza e bisogno di protezione. Il rapporto con le figure genitoriali diviene
perciò più conflittuale.
Il modello a quattro fattori di Beyers e colleghi (2003) prova a spiegare cos’è l’autonomia.
Gli autori partono dalla revisione critica delle principali teorie sullo sviluppo dell’autonomia, che
focalizzano due costrutti:
a. Separazione: in questo senso, il processo di acquisizione di autonomia è visto come un
progressivo percorso di distanziamento e distacco dai genitori,
b. Agency: fa riferimento alla capacità individuale di prendere decisioni da soli.
Secondo Beyers e colleghi, invece, sono quattro i fattori da considerare:
a. Connectedness: un tipo di relazione basato su empatia, fiducia, comunicazione;
b. Separazione: l’esperienz