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, kloep, m - "Lo
sviluppo nel ciclo di vita"
Psicologia Dello Sviluppo
Università degli Studi di Cagliari
62 pag.
Capitolo 1
LO SVILUPPO NEL CICLO DELLA VITA
Capitolo 2
TEORIE DELLO SVILUPPO – CLASSICHE
Uno dei pionieri moderni della teoria del corso della vita è GLEN ELDER JR.
(1974) che concepì una nuova visione dei cambiamenti sociali, dei percorsi di
vita e dello sviluppo individuale intendendoli come modi di continuità e
cambiamento del comportamento.
Propose 4 principi della teoria del corso della vita:
Per Baltes (1997) le risorse sono distribuite in modo diverso lungo il ciclo della
vita:
✓ Nei primi anni sono distribuite in modo da funzionare in collegamento
con la crescita – raggiungendo livelli più alti di funzionamento;
✓ Nell’età adulta sono dirette verso il mantenimento – sostenendo livelli di
funzionamento normale nell’affrontare sfide contestuali o perdite di
potenziale.
✓ Nell’età matura vengono distribuite in modo da regolare le perdite
quando mantenimenti o recuperi non sono più possibili. In questo ambito
gli individui sono più orientati a preferire di evitare una perdita piuttosto
che a ricercare un miglioramento.
Attualmente Baltes, Lindernberger e Staudinger -1997- suggeriscono un
modello di sviluppo che implichi:
✓ Una selezione di obiettivi di sviluppo;
✓ Un’ottimizzazione che generi e metta in atto risorse in relazione agli
obiettivi che si intendono raggiungere;
✓ Una compensazione con risposte funzionali verso una diminuzione delle
risorse impiegate per il raggiungimento degli obiettivi, causate
dall’ambiente o dall’età.
CONCLUSIONE
1. Lo sviluppo per essere stimolato ha sempre bisogno di una sfida –
compito, crisi. Stimolo, perdita;
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Capitolo 3
IL MODELLO DI SFIDA DELLO SVILUPPO DEL CICLO DI VITA
▲ DISPOSIZIONI BIOLOGICHE
Sono quelle che la natura mette a disposizione dei bambini: talenti naturali,
potenzialità per lo sviluppo di attitudini diverse, caratteristiche di personalità
ecc. Queste risorse predispongono i bambini ad apprendere più facilmente e
determinano anche in che misura lo faranno. Le risorse possedute
determineranno anche le reazioni degli altri nei loro confronti.
Nel caso di bambini irritabili si avrà un minor coinvolgimento delle madri nei
loro confronti, minori contati visivi e fisici che determineranno una minor
capacità da parte di queste di tranquillizzarli. Una sindrome più generalizzata
legata al bambino che soffre di coliche può essere generalmente definita
difficoltà persistente tra madre e neonato. Altre caratteristiche personali
influenzano il modo in cui i bambini affrontano le loro esperienze quotidiane.
Con il passare del tempo queste predisposizioni interagiranno sempre di più
con i comportamenti appresi e con l’ambiente sociale, subendo una
trasformazione. Ad es. lo stato di buona salute che pare sia una delle risorse
più importanti e determinanti della vita, è fortemente influenzato dallo stile di
vita e dall’ambiente.
▲ RISORSE SOCIALI
L’interazione con altre persone è sempre presente nella vita e queste persone
possono aiutarci ad affrontare le sfide che incontriamo. La nostra rete di
rapporti sociali e la qualità delle relazioni che instauriamo sono considerate
risorse importanti.
La qualità delle relazioni dipende da 2 fattori:
· la disponibilità di una rete di rapporti sociali
· le abilità sociali individuali
Più è alto il numero delle persone con cui interagiamo, più probabilità abbiamo
di arricchire le risorse individuali assicurandoci un sostegno emotivo,
informativo, pratico quando si presenta la necessità di superare una sfida. Per
instaurare e mantenere relazioni sociali è necessario possedere abilità sociali a
partire da quelle più semplici come rispondere agli altri, sostenere un contatto
visivo, fino a quelle più complesse ed elaborate come risolvere conflitti.
Erikson (1959) sottolinea l’importanza di imparare ad avere fiducia negli altri
durante il 1° anno di vita, Bowlby (1969) richiama l’attenzione
sull’importanza della capacità di instaurare legami nei primi giorni di vita ai fini
della formazione delle successive relazioni. Un attaccamento sicuro non
sempre garantisce un adattamento positivo più avanti nel tempo, come del
resto attaccamenti insicuri nel primo anno di vita non sono predittori di un
successivo adattamento mediocre (Ainsworth, 1979).
▲ SELF-EFFICACY – AUTOEFFICACIA
Il confronto con le sfide per essere sicuro ha bisogno di una certa quantità di
self efficacy e di autostima, ha bisogno cioè della convinzione dell’individuo di
essere in grado di affrontare e risolvere le sfide contando sulle proprie risorse.
Questo aspetto è simile al locus of control interno descritto da Rotter nel 1966.
La consapevolezza del nostro self-efficacy ci è comunicata da un feed back
sociale (critiche o lodi che ci rivolgono altri) e in parte attraverso l’esperienza, il
successo/insuccesso nel portare a termine i vari compiti.
Bandura (1986) definisce il nostro comportamento autovalutativo sulle nostre
prestazioni, sulla base dei nostri standard ed obiettivi, “valutazione sulla
self-efficacy” e ritiene che questi giudizi esercitino effetti notevoli sul grado di
motivazione.
La valutazione sulla self-efficacy si basa su 4 fonti di informazione:
1. risultati della prestazione (più importanti). Se si riesce a portare a
termine un compito ripetutamente, il senso della nostra efficacia
aumenta ed eventuali fallimenti temporanei non ci preoccupano molto;
2. esperienze vissute per interposta persona. Attraverso
l’osservazione di successi e fallimenti vissuti da altri nello svolgimento di
certi compiti;
3. la persuasione verbale. Conversazioni stimolanti, affermazioni da
parte di altri sulle abilità di qualcuno, costituisce un’altra fonte di
aspettative di alta efficacia personale;
4. indizi psicologici. Es. saper interpretare la stanchezza come un segnale
che mostra che il compito intrapreso si sta rivelando troppo difficile.
Valutazioni realistiche della nostra self-efficacy rappresentano dei validi
requisiti per decidere se un compito può essere intrapreso e quanta energia è
necessario investirci. Soprattutto in presenza di risorse limitate questa è una
buona strategia per selezionare i compiti più adeguati ad esse e concentrarci
per la loro realizzazione.
▲ RISORSE STRUTTURALI
Sono le risorse che derivano dall’ambiente culturale, quali risorse materiali,
nazionalità, genere, razza, status sociale, ecc
· Per sfida si intende qualsiasi nuovo compito che l’individuo affronta e che sia
pari o leggermente superiore alle sue risorse, presenti in quel momento.
· Per compito si intende un problema la cui soluzione può richiedere pochi
istanti, oppure uno più complesso, formato da diversi piccoli sotto-compiti,
paragonabili ad una serie di processi che richiedono diversi anni per essere
risolti. Può trattarsi di un compito completamente nuovo o di un compito di
routine da risolvere in condizioni diverse. Il compito può avere connotazioni
positive o può contenere elementi negativi ma che portano comunque ad una
crescita. In particolare fonti di stress che sconvolgono la continuità della vita
possono agire da catalizzatori al cambiamento. Pertanto una certa dose di
stress può anche essere considerata positiva dal punto di vista dello sviluppo,
perché può portare all’acquisizione di nuove abilità.
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RICERCA DI SFIDE
2. Stagnazione
Concetto di stagnazione simile alla descrizione dei due stili di identità
adulta di Whitbourne, Sneed, Skultety (2001). È stato teorizzato che gli
identity assimilators posseggono identità forti all’esterno ma deboli
internamente. Quando si trovano a confrontarsi con esperienze che minacciano
la loro identità fanno affidamento sull’assimilazione di identità per distorcere
l’informazione così da non dover essere costretti a porre in discussione la loro
abilità o importanza per gli altri.
Gli identity accomodators hanno identità deboli ed instabili basate
fortemente sulla valutazione degli altri. Cambiano rapidamente di fronte alle
esperienze perché mancano di coerenza interna.
Secondo il modello di Whitbourne, Sneed, Skultety solo coloro in possesso di
una identità equilibrata sono in grado di alternarsi flessibilmente tra processi
di identità mantenendo uno stabile senso di sé, mentre nello stesso tempo
cambiano per reagire agli eventi che sfidano il loro senso di sé.
Il concetto di stagnazione è simile al pensiero di Maslow sulla motivazione di
mancanza un stato in cui gli individui sono impegnati esclusivamente nel
soddisfacimento dei loro bisogni primari e non possono impegnarsi in
un ulteriore sviluppo. Si tratta di una condizione opposta alla motivazione
di sviluppo in cui i bisogni primari sono soddisfatti e gli individui
posseggono risorse sufficienti per impegnarsi nella realizzazione di se
stessi.
È corretto precisare che non tutti gli stagnators sono in uno stato di
stagnazione involontaria ed insoddisfatta, a volte le persone possono decidere
di non affrontare nuove sfide perché sono soddisfatti delle risorse presenti e del
loro stile di vita.
La stagnazione è uno stato in cui non vi è aggiunta di nuove risorse.
Un modo per porsi al riparo da sfide è quello di evitarle, questo è sicuramente
possibile per un certo periodo di tempo, anche se secondo il modello della sfida
dello sviluppo, conduce a stagnazione. Questo accade anche per intere culture.
Gli individui e le nazioni che cercano di evitare qualunque cambiamento, sono
comunque a rischio semplicemente perché una vita senza cambiamenti e sfide
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3. Deterioramento.
Avviene quando l’individuo nel corso della vita affronta sfide che superano
sempre le sue risorse potenziali prosciugando continuamente il suo bagaglio.
Questo stadio può essere raggiunto in qualsiasi momento del ciclo della vita
come può non esserlo mai.
Le sfide che portano ad un miglior sviluppo sono quelle che si cercano in uno
stato di sicurezza perché si possiedono risorse sufficienti per affrontarle. Può
accadere che un ambito della vita di un individuo sia in uno stato di
stagnazione mentre in un altro continua a svilupparsi, ma se la stagnazione si
verifica in diversi ambiti il rischio si accumula, ed il bagaglio di risorse personali
si prosciuga in modo esponenziale. Le risorse individuali possono prosciugarsi
quasi completamente in un ambito della vita, essere appena sufficienti in altra
area e continuare a svilupparsi in un altro campo. Così è possibile che un’area
possa compensare parzialmente le altre aree in cui si è meno dotati. Il
meccanismo che si genera non è facile da capire, probabilmente avviene che il
successo in un’area generi sentimenti di autostima e di self efficacy nelle
persone che così acquistano più fiducia per affrontare le sfide che si
presentano in altri ambiti della vita. Probabilmente l’esperienza positiva del
successo è d’aiuto nel rinforzare quegli aspetti dell’opinione di sé – self concept
– che promuovono una capacità di ripresa (Rutter, 1996).
L’elemento cruciale per affrontare le sfide della vita è possedere il
potenziale per cambiare. Questo potenziale è raggiunto grazie alla capacità
di adattamento in un maggior numero di aree possibili, possedendo cioè molte
risorse in una varietà di aree. Se le risorse vengono continuamente prosciugate
perché si affrontano troppe sfide concomitanti o perché mancano le risorse
potenziali, la stagnazione può passare nel tempo alla fase di deterioramento.
C’è da evidenziare che anche il deterioramento non è irreversibile, i momenti di
svolta che portano un flusso di nuove risorse, possono ancora trasformare il
processo rendendolo nuovamente positivo. Nel flusso e riflusso della vita non è
mai troppo presto o tardi per rinnovare il bagaglio di risorse personali.
CONCLUSIONE
Capitolo 4
SFIDE ASSOCIATE A MUTAMENTI NORMATIVI E A MUTAMENTI NON
NORMATIVI
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1) Mutamenti di maturazione
Sono rappresentati dai mutamenti biologici comuni a tutti gli individui sani, i
processi implicati e gli obiettivi biologici sono piuttosto simili per gli esseri
umani. Poiché non è possibile sottrarsi a questi mutamenti essi sono facilmente
prevedibili e questo permette a tutti gli individui di prepararsi ad affrontarli.
L’individuo che affronta questi cambiamenti può contare su un sostegno sociale
e su vari modelli di comportamento. I cambiamenti di maturazione hanno delle
implicazioni sociali che variano da cultura a cultura.
2) Mutamenti sociali normativi
Comuni alla maggior parte degli individui all’interno di certi contesti sociali e
culturali, spesso collegati all’età e ai mutamenti di maturazione. Si tratta di
eventi sociali regolati da leggi che influenzano l’individuo in vari modi, presenti
in ogni società nonostante i contenuti siano molto diversi tra culture diverse.
Inoltre perfino nello stesso paese possono esistere differenze tra gruppi sociali,
rispetto a quali eventi debbano essere considerati normativi e quali invece non
lo sono.
Elemento comune a tutti questi mutamenti normativi è la prevedibilità, visto
che i membri di un gruppo sociale sanno quando e come avvengono e pertanto
non li affrontano impreparati.
Questi mutamenti accadono a tutti i membri del gruppo nello stesso tempo, gli
individui possono pertanto contare su un sostegno sociale e possono basarsi su
precedenti esperienze degli anziani del gruppo. In culture diverse le esperienze
dello sviluppo dei membri appartenenti a certi gruppi socioculturali sono
piuttosto simili, regolando lo sviluppo in modo normativo per tutti i membri.
3) Mutamenti quasi normativi
Sono simili a quelli normativi, sono legati all’età, comuni alla maggior parte
degli individui appartenenti a gruppi sociali o culturali. A differenza di quelli
normativi, non sono regolati da leggi, anche se spesso sono regolati da norme
e regole non scritte. Pertanto all’interno di un gruppo sociale c’è sempre una
minoranza che non sperimenta questi mutamenti.
I mutamenti normativi e quasi normativi somigliano molto:
- ai compiti di sviluppo di Havighurst – 1972
- Alle crisi psicosociali di Erikson – 1959
AFFRONTARE LE SFIDE
CONCLUSIONE
Divorzio e macrosistema
Il divorzio è un evento non normativo perché non accade a tutti, le persone
hanno generalmente opinioni divergenti al riguardo visto che ritengono che
non possa questo evento accadere a loro.
Negli Usa ed in atri 6 paesi gli uomini disapprovano il divorzio più delle donne,
i religiosi praticanti sono più contrari dei non praticanti. In altre culture come
quella cinese il divorzio è considerato “anormale” e vi è un numero molto
basso di divorzi, questi risultati dimostrano che il significato dell’esperienza del
divorzio varia a seconda del genere e della cultura degli individui. Pertanto per
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Una importante sfida dello sviluppo è la scuola, oggi si tratta di una sfida
normativa mentre prima i bambini potevano apprendere tutto quello di cui
avevano bisogno a casa. Questa condizione permane ancora in alcune società
rurali dove le donne in particolare si preparano ai ruoli futuri aiutando le loro
madri in casa e nei campi. Con l’industrializzazione il livello di competenze
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Capitolo 7
L’ADOLESCENZA E LA CONDIZIONE DELLA PRIMA ETÀ ADULTA
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Capitolo 8
LA MEDIA ETÀ ADULTA: STILI DI VITA CONVENZIONALI O NUOVE SFIDE
ESSERE GENITORI
Nelle società occidentali non c’è un’età normativa considerata appropriata per
diventare genitori. Il diventare genitore è un evento importante in qualunque
cultura.
Questo evento mette l’individuo in una condizione di potere all’interno di un
rapporto sociale gerarchico. Dopo la nascita di un bambino la riorganizzazione
dei ruoli familiari – quelli domestici in particolare - è molto importante. Tuttavia
la nascita di un figlio è ancora fortemente distinta da una divisione tradizionale
dei compiti. Le donne sentono di pagare maggiormente i “costi” personali
nell’avere un bambino, i nuovi padri tendono ad esigere le stesse priorità che
avevano prima della nascita del bambino, seppure in forma modificata, una
vita sociale intensa e la soddisfazione dei loro interessi personali. È difficile
prevedere in che modo la sfida di diventare genitori influirà sul rapporto
coniugale. Migliorerà la qualità del matrimonio di alcuni, indebolirà quello di
altri, lascerà invariati altri matrimoni.
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BRONFENBRENNER – 1979
L’ambiente lavorativo, con le sfide, gli stress e le opportunità che comporta non
solo rappresenta un microsistema molto importante per l’individuo, ma è
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Capitolo 9
LA TARDA ETÀ ADULTA – RITORNO AL FUTURO
I CAMBIAMENTI FISICI
Un aspetto importante che caratterizza i cambiamenti fisici e del metabolismo
nella tarda età adulta, è rappresentato dall’influenza negativa che la società
esercita sull’individuo di mezza età. Il mito della giovinezza è estremamente
diffuso nelle culture occidentali, caratterizzate anche da una minore
segregazione per età. Questi 2 fattori messi insieme costituiscono le principali
componenti del successo negli affari, nei rapporti interpersonali, esprimono
vitalità, salute aspetto fisico, giovinezza. Anche nelle culture non occidentali si
sta avendo questa influenza tanto che in Brasile si è coniato il concetto di
“adultescenza” cioè maturità adulta in un corpo giovane, molto popolare tra le
persone di mezza età. Questa situazione presenta 2 rischi:
a) Dal punto di vista sociale: trascurare le qualità di un individuo a causa
del fisico che invecchia significa perdere l’esperienza e la saggezza all’interno
di molti luoghi sociali: lavoro, org. Tempo libero, casa, comunità locali.
b) Dal punto di vista individuale: si può cercare di negare l’invecchiamento
ed andare avanti come prima con il rischio di prosciugare il bagaglio di risorse
personali, oppure si possono considerare sfide i cambiamenti fisici e sociali e
cercare con il problem solving di vedere gli aspetti positivi di questo
mutamento di maturazione.
DIVENTARE NONNI
Altro mutamento quasi normativo la trasformazione in nonni.
Con la deregolamentazione del ciclo della vita questo può avvenire in una arco
di tempo dai 30 anni in su, ma sembra sia più facile affrontare questa sfida se
avviene in una età ritenuta appropriata dalla società e dalla sub-cultura di
appartenenza. Il diventare nonni può essere una sfida che occorre
contemporaneamente ad altre, inoltre ci possono essere discrepanze sui
bisogni dei neo genitori e dei nonni, soprattutto in materia di indipendenza
perché impegnate sui loro hobby, amici, interessi ed autonomia dai vincoli dei
figli e nipoti. Accettano di occuparsi di questi per un breve tempo e
volontariamente. I nonni di tutti i paesi ricoprono più ruoli, possono essere
guardiani, genitori surrogati, educatori. Svolgono anche il ruolo di storici che
raccontano storie del passato e che trasmettono cultura, mentori che
trasmettono le loro conoscenze, influenzano le idee dei bambini sulla vecchiaia
rappresentando dei modelli di comportamento. Sono anche dei compagni di
gioco avendo più tempo a disposizione da trascorrere con i bambini.
Diventare nonni è una sfida che spesso porta ad uno sviluppo ed a una
crescita, come sempre c’è però il rischio che affrontando la sfida si
prosciughino troppe risorse. Nella maggior parte dei casi i nonni affrontano con
successo la sfida del nuovo arrivo.
IL PENSIONAMENTO
Ultimo mutamento normativo che l’individuo deve affrontare è il
pensionamento con relativo impatto sullo stile di vita. Questo è considerato un
marker psicosociale se segna l’inizio effettivo della vecchiaia. Il limite fissato
per il pensionamento è legato all’età e non sul tipo di prestazione e sulle
capacità. Ci sono però pochi segnali che indicano che la maggior parte delle
persone desideri ritirarsi completamente dalla scena lavorativa.
HAVIGHURST, NEUGARTEN, TOBIN (1968) concludono che né la teoria
dell’attività né quella del disimpegno dell’invecchiamento ottimale sono
sufficienti a spiegare le conclusioni di questa ricerca, alle persone dispiace
abbandonare le loro attività, ma lo accettano ritenendola una conseguenza
inevitabile dell’invecchiamento, mantenendo il senso del loro valore e di
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Capitolo 10
LA VECCHIAIA: LA SFIDA FINALE?
LUTTO
La morte di una persona cara diventa un evento sempre più normativo man
mano che avanzano gli anni. Il lutto è un processo a più dimensioni influisce
sulla persona psicologicamente, fisicamente, economicamente e
spiritualmente. Forse per il fatto che la morte diventa un evento più normativo
con il passare dell’età, i vedovi/e anziani si adattano meglio e soffrono meno di
depressione rispetto ai più giovani. Un evento triste come la perdita della
persona amata con il tempo può diventare tollerabile. La depressione ed i
problemi psicologici diminuiscono con il tempo (1 o 2 anni) fino a tornare
normali. Il dolore ed il senso di perdita invece hanno periodi di ripresa più
lunghi, in alcuni casi durano anche 15/20 anni.
Il lutto e la vedovanza, come gli altri eventi importanti della vita, pongono
l’individuo di fronte a una serie di sfide:
• Solitudine;
• Problemi quotidiani: per gli uomini attività domestiche, per le donne
riparazioni, questioni legali e finanziarie;
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SALUTE
il peggioramento della salute a causa dell’età avanzata non rappresenta un
mutamento normativo, anche se con il progredire del ciclo di vita aumenta il
numero delle persone con problemi di salute. La capacità di ritornare in salute
dopo una malattia può risultare da altri fattori di compensazione non fisici
come un senso di utilità, la presenza di un partner, buone relazioni sociali,
buona autostima sono di aiuto per preservare lo stato di salute.
IL FUNZIONAMENTO COGNITIVO
Pregiudizio che le abilità cognitive di una persona calano con l’aumentare
dell’età. L’indebolimento della vista, dell’udito, del gusto e dell’olfatto, del
senso dell’equilibrio e del senso cinestetico non sono di per sé invalidanti e
possono essere ovviate con ausili esterni.
Ricerche recenti condotte sul deterioramento delle funzioni cerebrali indicano
che i cambiamenti strutturali variano da una persona all’altra in maniera
sensibile, esso inoltre è un processo molto specifico più che un deterioramento
globale.
Diminuiscono:
• l’attenzione selettiva e l’inibizione di informazioni non rilevanti;
• l’attenzione distribuita;
• l’attenzione sostenuta – concentrazione
Il decadimento interessa solo i processi controllati e non i processi
automatici.
Le facoltà che sembrano più colpite sono la velocità e l’accuratezza nel
processamento delle informazioni definite intelligenza fluida, mentre
l’intelligenza cristallizzata, riflessa nella conoscenza basata sulla cultura,
mostra uno schema stabile di sviluppo fino agli 80 anni di età.
Per quanto concerne il linguaggio:
• la memoria semantica non sembra risentire dell’età
• il lessico recettivo rimane inalterato;
• il lessico produttivo si riduce
• si può assistere alla difficoltà di recupero di una singola parola
• pianificazione in situazioni non automatiche
Capitolo 11
TEMI EMERGENTI DELLO SVILUPPO NEL CICLO DI VITA
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La fascia d’età che va dai 20 ai 30 anni è stata oggetto di specifico interesse per numerosi
studiosi del cambiamento evolutivo. Oggi, infatti, marcatori demografici (come il protrarsi della
durata degli studi, il ritardo nell’acquisizione dell’indipendenza economica dai genitori e nella
transizione al matrimonio e alla genitorialità) hanno evidenziato il progressivo dei tempi di
acquisizione dei ruoli adulti. Ciò ha indotto alcuni studiosi a identificare una nuova fase del ciclo
di vita: l’emerging adulthood (da collocarsi tra la fine dell’adolescenza e l’età adulta).
In primo luogo, le peculiari caratteristiche dei giovani in questa fase sono state identificate nella
società americana.
Gli studiosi ritengono che il principale compito evolutivo di questo periodo sia la definizione e il
relativo consolidamento dell’identità personale e professionale.
La società contemporanea sollecita infatti scelte tra alternative sempre più numerose riguardo a
scuola, lavoro, relazioni in un contesto che scarseggia di modelli definiti.
Tali scelte implicano l’attivazione di risposte e risorse individualizzate, focalizzate sulla propria
autobiografia e svincolate da modelli di riferimento normativi.
Due sono i fili conduttori dell’intero volume:
a. il riferimento al life span developmental psychology che enfatizza costrutti quali a plasticità,
la multi-direzionalità, la non-linearità dei percorsi evolutivi;
b. la convinzione che il processo del cambiamento evolutivo costituisca un percorso
complesso, delicato, impegnativo e creativo di consolidamento del sé.
Capitolo primo.
L’assunto che il cambiamento evolutivo riguardi più propriamente tutto il corso della vita
piuttosto che gli anni dell’infanzia, ha ricevuto un peculiare slancio dai cambiamenti demografici
inerenti all’allungamento di vita media della popolazione e dal conseguente emergere di studi
specializzati sui precursori dell’invecchiamento.
Numerosi rilievi empirici hanno mostrato, ad esempio, che l’età adulta non è più
necessariamente caratterizzata da stabilità (come si riteneva un tempo) e può porre l’individuo
di fronte a esperienze che inducono rilevanti trasformazioni della persona e del suo modo di
rapportarsi al mondo.
Insieme, studi neurofiosologici hanno evidenziato la grande plasticità del cervello umano:
questo è capace di ristrutturazioni e nuove connessioni anche nella maturità e nella vecchiaia. Il
declino di alcune funzioni psichiche degli anziani è correlato a peculiari condizioni negative
personali, familiari, sociali e può essere prevenuto.
Chiariamo che la prospettiva life span developmental non costituisce un vero e proprio modello
teorico ma piuttosto un complesso di “convinzioni prototipiche” o proposizioni teoriche che, nel
loro insieme, caratterizzano in modo coerente la natura dei processi del cambiamento evolutivo.
Concezioni:
1. Life span development: lo sviluppo ontogenetico è un processo che dura tutta la vita.
Nessuna fase è più importante in termini di cambiamento. Durante lo sviluppo e in tutte le
fasi del ciclo di vita sono attivi sia processi continui (cumulativi) sia processi discontinui
(innovativi).
2. Multi-direzionalità: nei cambiamenti che costituiscono lo sviluppo ontogenetico si possono
rintracciare numerose direzioni anche nel medesimo ambito (ci può essere un incremento e
un decremento in ambiti appartenenti alla stessa categoria).
3. Lo sviluppo come sintesi di “guadagni e perdite”.
Capitolo secondo.
Vi è ampio consenso tra gli studiosi sul fatto che il principale compito evolutivo negli anni della
transizione consista nella definizione dell’identità. Si tratta di un compito complesso, in quanto la
natura stessa dell’identità è complessa.
Per quel che corne più vicino il contesto italiano, recenti studenti hanno messo in evidenza, nei
giovani adulti, configurazioni identitarie caratterizzate da stati di diffusion, ritardo nell’assunzione
di ruoli adulti e scarsa capacità di orientamento al futuro.
Uno studio condotto su studenti universitari del Sud Italia ha mostrato come nei giovani italiani
la sindrome del ritardo influenzi in maniera più evidente i processi di costruzione dell’identità
professionale rispetto all’identità globale.
Nella prospettiva della developmental line span psychology anche la formazione dell’identità,
come ogni altro aspetto dello sviluppo, è intesa come processo dinamico che si svolge lungo
l’intero percorso dell’esistenza.
Lo stesso Erikson (1968) fin dalle sue prime formulazioni concorda con tale prospettiva e
considera l’identità come una componente importante di tutti gli stadi del ciclo di vita, come
una dimensione che entra in gioco in tutti i conflitti vitali che costituiscono - nel suo modello -
altrettanti momenti di “crisi”. (Vedi 8 stadi di sviluppo p.42)
Anche il termine crisi è adoperato da Erikson in senso evolutivo e sta a indicare un punto di
svolta per lo sviluppo, un momento ricco di potenzialità evolutive per l’individuo.
Definizione di sviluppo per Erikson: è un processo epigenetico che si svolge lungo diversi stadi
che coprono tutta l’esistenza, ciascuno dei quali corrisponde a un peculiare conflitto o crisi che il
soggetto deve risolvere per poter accedere allo stadio successivo.
Erikson sottolinea che è lo stadio dell’adolescenza quello in cui diventa cruciale un particolare
conflitto, quello tra identità e confusione di ruoli.
Lo studioso fa notare come gli adolescenti hanno ormai acquisito nuove capacità socio-
cognitive legate al pensiero formale e anche nuove capacità relazionali e sociali.
Anche Marcia rileva che, a partire dall’adolescenza, sono ormai presenti gli ingredienti
individuali e sociali considerati necessari per affrontare la crisi identitaria:
“All’adolescente viene richiesto di rinunciare alla posizione “one-who-is-given-to” per passare ad
essere “one-who-is-to-give-to-others”. Insomma si tratta di un passaggio dall’essere “recipiente”
al produrre qualcosa”.
Pur prendendo le mosse da costrutti teorici di matrice psicoanalitica, Erikson colloca il suo
modello nell’ambito di un’interpretazione psicosociale dello sviluppo e sottolinea come
l’identità si esprima e si formi in due contesti:
a. Nel contesto di processi intra-individuali di auto-definizione;
b. Nel contesto degli scambi reciproci tra l’individuo e gli altri significativi.
Capitolo terzo.
Tra gli approcci proposti per la valutazione del cambiamento identitario nel periodo di
transizione all’età adulta, uno dei più promettenti è l’approccio narrativo all’identità.
Il racconto della propria vita è un processo attivo di costruzione, qui e ora, della propria identità
attraverso un testo (la storia) il cui soggetto è il proprio Sé (Bruner). In tal senso, la narrazione
non pre-esiste ma viene creata nel corso delle interazioni, all’intero dello scambio comunicativo
nel quale l’individuo negozia con l’altro i significati da attribuire alla propria esperienza.
La narrazione autobiografica può considerarsi come un racconto interiorizzato e in evoluzione
del Sé che incorpora il passato ricostruito, il presente percepito e il futuro anticipato: il narratore
deve condurre il protagonista del passato al presente in modo tale che possano fondersi
entrambi e diventare la stessa persona con una comune consapevolezza.
La narrative identity consente di mettere a fuoco il prodotto del processo di formazione
dell’identità. Per molto tempo i due principali approcci all’identità (identity status model e
narrative identity) hanno proceduto separatamente laddove potrebbero implementarsi.
I due differenti approcci infatti approfondiscono sia il processo che il contenuto della
formazione identitaria.
Un tentativo di integrazione è stato proposto da McLean e Syed: il loro punto di partenza è la
teoria di Erikson, in particolare l’ipotesi secondo la quale lo sviluppo dell’identità implica
l’impegno dell’individuo a tre livelli diversi:
1. l’ego identity: focalizza il senso di continuità personale che ciascuno realizza quando riesce a
integrare le proprie convinzioni e a definire la propria identità nel tempo. Trova la sua
modalità di espressione privilegiata nella riflessione che ciascun soggetto fa su di sé.
Capitolo quarto.
Il rapporto tra individuo e contesto potrebbe essere illustrato attraverso una delle leggi
percettive della gestalt: il principio del contrasto (o figura/sfondo).
Soltanto dalla loro comparazione e dall’attenzione selettiva che si pone è possibile
comprendere la forma dell’uno o dell’altro. Individuo e contesto sono, dunque, elementi di un
unico sistema che possono essere descritti solo se considerati in continua interazione.
Ripercorrendo cronologicamente lo sviluppo individuale, sappiamo che l’evoluzione dei
contesti di riferimento può procedere per accrescimento o sostituzione.
Durante l’infanzia, il principale contesto di riferimento è quello familiare. Nel corso degli anni, si
amplia e ingloba parti sempre più ampie (scuola, gruppo dei pari, ambiente lavorativo).
Durante l’adolescenza, il ruolo del contesto diventa ancora più importante: questo diventa uno
stimolo continuo per la persona che, in esso, trova nuovi modelli da seguire.
Nel transizione all’età adulta, tre sono i sistemi di relazione fondamentale:
1. La famiglia d’origine;
2. I partner sentimentali e/o sessuali;
3. Gli ambienti virtuali (social network).
Famiglia d’origine. Durante l’adolescenza, l’individuo diventa sempre più autonomo. Per
raggiungere completamente questo traguardo, il giovane deve compiere continue transazioni
tra bisogno di indipendenza e bisogno di protezione. Il rapporto con le figure genitoriali diviene
perciò più conflittuale.
Il modello a quattro fattori di Beyers e colleghi (2003) prova a spiegare cos’è l’autonomia.
Gli autori partono dalla revisione critica delle principali teorie sullo sviluppo dell’autonomia, che
focalizzano due costrutti:
a. Separazione: in questo senso, il processo di acquisizione di autonomia è visto come un
progressivo percorso di distanziamento e distacco dai genitori,
b. Agency: fa riferimento alla capacità individuale di prendere decisioni da soli.
Secondo Beyers e colleghi, invece, sono quattro i fattori da considerare:
a. Connectedness: un tipo di relazione basato su empatia, fiducia, comunicazione;
b. Separazione: l’esperienz