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Sociologia della giovinezza: cosa si intende e come viene studiata

L'età è una caratteristica ascritta dell'individuo, quindi determina ciò che i soggetti possono o devono fare
indipendentemente dalla loro volontà.
"In un dato momento storico, l'età è il risultato dell'incrocio tra i processi legati agli anni di una persona e i
processi sociali" (Merico, 2004)
 
Età frutto di costruzione sociale → in quanto in ogni società le diverse età (substrato anagrafico) vengono
utilizzate per collocare l'individuo all'interno di una delle fasi che compongono il corso di vita (infanzia,
giovinezza, adultità, vecchiaia), che sono legate a significati, aspettative di comportamento, norme e ruoli
specifici a seconda della società che si indaga: lo stesso comportamento posto in essere da persone di età
diverse può ottenere giudizi diversi → attribuendo funzioni sociali all'età, l'età anagrafica diventa la
potenzialità biologica su cui opera un sistema di norme di età e graduazione di età socialmente e
storicamente connotato.
In quanto costrutto sociale, l'età è ancorata a una specifica realtà spazio-temporale e determina:
 Esistenza di diverse età della vita
 I loro confini
 I loro contenuti
 

Storia della giovinezza


Si distinguono due posizioni, riguardo alla nascita della giovinezza;
1. Nella 1° posizione rientra il pensiero di Aries, il quale sostiene che sia nata a fine XVII secolo e in
concomitanza con l'avvento dell'epoca moderna (prima si aveva passaggio rapido infanzia-adultità;
es. lavoro dei bambini)
2. Nella 2° posizione rientrano Levi & Schmitt e Gillis, i quali sostengono che la giovinezza fosse già
distinguibile in epoca premoderna
 
Sono due posizioni solo parzialmente antitetiche: prima dell'avvento della modernità, il passaggio tra
infanzia-adultità era piuttosto diretto e rapido, tuttavia, per un ristretto numero di giovani, esisteva una
fase della vita in cui questi venivano preparati per l'ingresso al mondo degli adulti.
Esempi di questa esistenza:
 Schnapp parla di Paiedeia nell'antica Grecia: fase di educazione finalizzata a preparare i giovani a
diventare cittadini;
 Fraschetti parla della Cerimonia della toga virile e dei riti della dea Iuventa tipici dell'antica Roma;
 Grand tour inglese, a partire dal XVIII.
Sono esempi che dimostrano che la giovinezza non fosse esperienza universale: era riservata solo a certe
classi e dipendeva dal genere. È solo con la modernità che, nel contesto occidentale, la giovinezza diventa
una esperienza di massa.
 
La nascita della giovinezza
L'elemento catalizzatore della nascita della giovinezza viene individuato nelle differenti novità legate
all'avvento della modernità e, soprattutto, in tre fenomeni, che concorreranno a delineare la giovinezza
come fase distinta del ciclo di vita deputata alla sperimentazione identitaria e all’acquisizione delle
competenze necessarie ad accedere alla condizione adulta:
 Il passaggio famiglia estesa > famiglia nucleare : essendo la famiglia nucleare più ristretta, i genitori
cominciano ad investire maggiormente sui figli;
 L'avvento del lavoro salariato e specializzato : prima si aveva una trasmissione del lavoro che
prevedeva la successione padre-figlio. Con questa creazione si arriva alla necessità di una forza
lavoro formata, di seguito servirà un percorso di formazione professionale per averla;
 La diffusione del sistema universalistico di educazione: infonde la consapevolezza di fare parte di
una specifica età.
 
Ciò che avviene con la modernità non è quindi una nascita della giovinezza ma la sua democratizzazione:
diventa un'esperienza di massa. La giovinezza diventa così una fase di transizione formativa,
sperimentazione e esplorazione caratterizzata da incertezza, apertura. I giovani vengono simbolicamente e
concretamente separati da bambini e adulti: si ha distinzione chiara della giovinezza come età diversa e
distinguibile dalle altre. Si ha una differenziazione attraverso stili di vita e atteggiamenti. A partire dal
secondo dopoguerra, consolida definitivamente la sua posizione tra i segmenti del percorso di vita di ogni
individuo nel contesto occidentale, ma la sua natura non resta tuttavia immutata.

I confini della giovinezza


I confini della giovinezza sono i limiti che dovrebbero distinguere la giovinezza dall'adolescenza e dall'età
adulta. Come possono essere definiti?
- Anagraficamente
- Biologicamente
- Legalmente
- Socialmente
Levi & Schmitt affermano che la giovinezza si ponga "all'interno dei margini mobili tra la dipendenza
infantile e l'autonomia dell'età adulta" senza ritrovarsi pienamente in entrambe: sta nel mezzo tra due età
che sembrano essere invece più definite. Il tratto sociale che tradizionalmente viene attribuito all'età della
giovinezza è quello della sperimentazione, caoticità.
 
Si distinguono due limiti nel definire la giovinezza:
 Il limite inferiore: adolescenza → giovinezza
Nella maggior parte delle società il limite è collocato intorno ai 14/15 e 18 anni. Questo limite è
marcatore di maggior autonomia: si ha maggior grado di indipendenza dalle relazioni familiari e
graduale integrazione del fanciullo all'interno della società di riferimento.
I marcatori di transizione cambiano da contesto a contesto: es. in Italia possono essere il poter
cominciare a lavorare a 16 anni, la fine dell'obbligo scolastico a 16 anni, il poter votare a 18 anni.
Nella contemporaneità il limite inferiore è sempre più confuso: secondo Galland si è avviato un
processo di continua e reciproca ridefinizione dei limiti tra adolescenza e giovinezza (si ravvisano
dei tratti di una nell'altra e viceversa).
 Il limite superiore: giovinezza → adultità
Si hanno difficoltà a definire chiaramente questo confine ed è ancora più complicato tracciarlo
rispetto al confine inferiore. Galland afferma infatti sia difficile trovare il minimo appiglio biologico e
legale; proprio per questo ogni società definisce riti di passaggio più o meno simbolici.
 
I riti di passaggio
Quando si parla di riti di passaggio si fa riferimento alla prospettiva dell'antropologo Van Gennep, il quale
studiando i riti di passaggio all'interno della giovinezza in Nuova Guinea, elabora una teoria riguardo a tale
concetto, che verrà poi applicata in più ambiti.
Questa teoria parte dall'idea che si possa scomporre la vita umana come successione di tappe a cui
corrispondono cerimonie il cui fine è identico: far passare l'individuo da una determinata situazione a
un'altra, anch'essa determinata → affinché si realizzi un rito di passaggio è necessario transitare da uno
status chiaramente definito a uno ugualmente definito.
Nelle società premoderne questi riti erano associati a rituali veri e propri, che segnavano l'entrata nella
comunità adulta da parte del giovane. Si distinguono 3 fasi:
1. Separazione: soggetto viene separato dalla comunità cui apparteneva nello stato iniziale
2. Liminalità: il soggetto viene formato per il raggiungimento del terzo stadio
3. Reintegrazione: il soggetto è incorporato nel nuovo status
 
Es. riti che permangono ad oggi in contesti non occidentali:
- Bullet ant ritual - Sateré Mawe, Amazzonia
- Walkabout - aborigeni australiani
 
Es. marcatori dell'età adulta: termine studi, ingresso stabile nel mondo del lavoro, uscita dalla casa dei
genitori, matrimonio, convivenza, avere figli.
La maggior parte di questi marcatori però o non vengono raggiunti in modo stabile o non vengono raggiunti
proprio.
 

La prospettiva delle transizioni alla vita adulta


Il filone degli Youth studies che analizza i percorsi attraverso cui i giovani raggiungono lo status adulto:
 Si concentra sulla durata e linearità dei percorsi
 Discute la validità dei tradizionali marcatori del passaggio e evidenzia l'emergere di nuove soglie
 Riflette sulle intersezioni tra genere, classe, razza e altre variabili
 
Fino agli anni '70 si ha una fase di massimo sviluppo del modello fordista. In questa fase lo sviluppo
economico solido consente e richiede forte istituzionalizzazione delle carriere scolastiche, lavorative e
familiari. Queste transizioni da una fase all'altra del corso di vita si configuravano come rapide, lineari,
ordinate, effettivamente possibili per la maggior parte dei giovani uomini. La transizione si completava con
matrimonio e figli.
Dopo gli anni '70, si ha una deistituzionalizzazione del corso di vita in quanto entrano in crisi le istituzioni
della modernità e si hanno cambiamenti di ordine culturale:
 Crisi del modello fordista del mercato del lavoro (salariato, tempo indeterminato) → determinò
insicurezza lavorativa, necessità di competenze pluralizzate;
 Crisi del matrimonio e della famiglia tradizionale → determinò instabilità, incertezza, fluidità
relazionale;
 Pluralizzazione dei valori, delle identità, per es attraverso la secolarizzazione
Questo ebbe delle ricadute sui percorsi di transizione all'età adulta, che videro dei cambiamenti:
 Deistituzionalizzazione dei corsi di vita introduce elementi di differenziazione e disomogeneità nei
corsi di vita
 Si moltiplicano le identità e i percorsi possibili
 Perdono peso e si relativizzano gli ambiti collettivi di riferimento
 
Conseguenze:
 Si verifica un allungamento della giovinezza, cioè il passaggio da una soglia all'altra si fa più lento,
come per esempio viene testimoniato dall'innalzamento dell'età media al termine degli studi
(secondo dati ISTAT, nel 2019 l'età media è 22 anni, mentre era 16 anni per le coorti nate tra il ‘48 e
il ‘57 e 20 per quelle nate tra il ’68 e il ‘78), dell'età media in cui viene contratto il matrimonio e
ancora l'età media alla nascita del primo figlio.
 Si verifica inoltre una desincronizzazione del superamento delle soglie, che è meno sincronizzato,
avviene in tempi diversi, diversamente da prima quando venivano superate in modo ordinato
 Si verifica in ultimo reversibilità delle soglie, con l'eccezione della genitorialità: anche quando una
soglia è stata superata, non è certo che questa transizione possa dirsi definitiva → rif. Walther -
transizioni yoyo e boomerang generation (es. adulti che dal 2010 sono tornati a vivere con i
genitori perché non riuscivano a mantenersi).
= Tutto ciò si traduce in una perdita di valore simbolico delle soglie in quanto se la demarcazione tra
prima e dopo può venir meno in qualsiasi momento, si avrà un decremento dell'emblematicità che
aveva caratterizzato in passato tali eventi.
 
A seguito di tutto ciò alcuni studiosi si chiedono se abbia ancora senso parlare di transizione. A riguardo
esistono due prospettive: l'allungamento della giovinezza e new adulthood.
Secondo la prospettiva dell'allungamento della giovinezza, riprendendo De Luigi, se durante la prima metà
del '900 il concetto di giovinezza era usato per delimitare una fase della vita che perdurava solo per un
breve periodo di tempo, nella seconda metà la situazione è diversa. La prospettiva afferma quindi che la
giovinezza sia destinata a un'infinita estensione: non si parlerebbe più di transizione, ma di condizione.
La prospettiva della new adulthood si contrappone alla prima e afferma sia vero si verifichi un
allungamento, ma proprio perché la transizione è incerta, viene richiesto molto prima ai giovani di
compiere scelte da adulti, vengono sottoposti a una pressione ad anticipare e prendere il controllo della
propria vita, non potendo più sperimentare. Secondo Blatterer e Spanò, l'adultità si manifesterebbe sul
piano psicologico come processo di maturazione soggettivo che avviene in assenza di marcatori tradizionali
di status e a partire essenzialmente da una condizione mentale. L'allungamento della giovinezza, la
desincronizzazione e la reversibilità del superamento delle soglie indicanti il passaggio da giovinezza a vita
adulta, hanno contribuito a rendere la frontiera tra giovinezza e adultità meno chiaramente identificabile,
favorendo un processo di confusione tra la condizione giovanile e la condizione adulta. Rimangono quindi
interrogativi quali: è la giovinezza che si espande? È l’adultità che si giovanilizza? O è la giovinezza che si fa
sempre più “adulta”?.

La prospettiva generazionale
La prospettiva generazionale vuole riflettere sui contenuti della giovinezza collocandosi nella dimensiona
macro, quindi con approccio collettivo. La principale critica rivolta a tale prospettiva è che tenda a compiere
eccessive generalizzazioni tra generazioni.
Def. Generazione = concetto usato in una pluralità di scienze sociali e che assume significati leggermente
differenti / complementari nelle diverse discipline.
Questa prospettiva prende rilevanza negli Youth Studies, infatti le prime ricerche elaborate sui giovani si
basavano su una prospettiva generazionale in quanto ne indagavano il comportamento politico e la
trasformazione sociale politica (derivante dall'alternarsi delle coorti demografiche nella popolazione) da
loro apportata in USA e UK.
 
Il concetto di generazione ha una peculiarità, che consiste nel porsi su due assi di significato:
1. Individuo-famiglia: generazione genealogica → significato più antico attribuito al concetto di
generazione, serve a collocare il soggetto sulla linea genealogica che lo mette in relazione con i suoi
antenati e i suoi successori. Questo asse concepisce la generazione come rapporto di filiazione e
un insieme di persone classificate secondo questo rapporto.
2. Storico-sociale: generazione storica / politica → soggetto collocato all'interno di un insieme di
persone nate e vissute in un dato periodo storico e quindi sottoposte a specifiche influenze sociali
che determinano la personalità collettiva del gruppo stesso.
La personalità collettiva influenza la personalità individuale definendo un certo tipo di habitus
condiviso: come nascere in un contesto determina una precisa visione del mondo, valori etc.
 
Per comprende il concetto di generazione politica va approfondita la prospettiva di Karl Mannheim - Il
problema delle generazioni (1928), il quale riflette sul concetto di generazione e in generale sul rapporto
individuo-società riferendosi ai processi di trasformazione politica. Distingue tre concetti fondamentali:
1. Affinità di collocazione: allude a una condizione storico-sociale oggettiva (essere nati) che
accomuna tutti coloro nati e vissuti in dato periodo x e data epoca y → focus sullo spazio tempo.
Un dato spazio tempo è solo un elemento potenziale per andare a creare una generazione: queste
potenzialità sono uno spazio limitato di esperienze accessibili e che non danno certezza
sull'emergere di un legame di generazione (generationszusammenhang). Es. non tutta la società
che ha vissuto il '68 ha effettivamente preso partecipazione ai moti.
2. Legame di generazione: implica un ulteriore livello di connessione tra individui e consiste nella
partecipazione al destino comune di una generazione, che andrebbe a sviluppare nei soggetti una
maggior consapevolezza d'esser parte di essa. Lattes afferma si basi "sull'affinità di collocazione, ma
va oltre e consiste nella possibilità che gli attori partecipino con piena coscienza e responsabilità ai
problemi del loro tempo".
Mannheim scrive il libro nel 1928, periodo in cui si stava avviando un'epoca di trasformazione
sociale tragica e rilevante che porterà alla IIWW: quando parla di legame di generazione fa
riferimento alla coscienza politica, che comporta consapevolezza e orienta l'azione.
Nella sociologia contemporanea si ha concezione meno chiara e un abuso del termine generazione.
Mannheim, nell'elaborare il rapporto tra affinità di collocazione e legame di generazione, riprende
Marx e il rapporto tra classe in sé (collocazione oggettiva = essere proletari o essere capitalisti) e
classe per sé (sviluppo della coscienza di classe) → vuole indicare la differenza esistente tra la
collocazione materiale e lo sviluppo (potenziale) di coscienza collettiva.
3. Unità di generazione: si riferisce a una specifica elaborazione del legame di generazione che si
origina a partire da: intenzioni di base + principi formativi = combinazione che da luogo a una
comune visione del mondo tra gli appartenenti alla stessa unità di generazione. Il concetto
permette di tenere conto di elementi quali:
o Differenze socio-economiche e culturali
o Socializzazione ed educazione
o Differenze territoriali (tradizioni politiche locali)
o Differenza derivanti da caratteristiche ascritte (genere)
o Differenze di ruolo (lavoro)
 
Es. Guerra fredda
- Affinità: nati e vissuti
- Legame: creato in paesi particolarmente legati agli USA o sottoposti al controllo dell'ex URSS
 
Es. Covid
- Affinità: globale
- Legame: in virtù delle unità di generazione (vivere diversamente il covid) ha fatto si che in alcuni
casi si siano creati movimenti politici forti, in altri casi no
 
Ad oggi l'idea di generazione è sempre meno politica e più storica.
 
 Che c'entra con la giovinezza?
Gli eventi cui siamo sottoposti in età giovanile sono fondamentali per l'emergere di una generazione in
senso storico-politico. Abrams afferma che il problema delle generazioni sia la sincronizzazione reciproca di
due calendari diversi: quello del ciclo vitale dell'individuo e quello dell'esperienza storica → serve che gli
eventi influenzino e trasformino fortemente la nostra personalità individuale e se avvengono in una fase di
trasformazione ancora abbastanza precoce faranno si che l'identità collettiva venga socializzata
maggiormente.
 
Gli effetti
Adottando la prospettiva generazionale si analizzano tre tipi di effetti:
 Effetti di età: i diversi fenomeni sociali sono vissuti e percepiti diversamente a seconda dell'età (se
si è bambini non si darà peso a certi eventi, come invece ci si darà peso se vissuti durante un'altra
fase di vita).
 Effetti di periodo: effetti distintivi di un dato periodo storico in grado di influenzare tutte le
generazioni (es. SPID)
 Effetti di coorte: si riferiscono all'influenza subita durante il processo di socializzazione, che
permane per tutta la vita e che inciderebbe sul modo di vivere e pensare anche da adulti.
Es. differenti stili di partecipazione politica: persone anziane che vivono la politica come dovere,
perché nati durante un periodo con istituzioni forti e rappresentanti un modello;
= la sincronizzazione produce effetti sull'identità collettiva e individuale, che si trascina per tutta
l'esistenza
 
 Quanto dura una generazione?
Normalmente si attribuiscono etichette a fasi storiche definite in termini matematici, ma la prospettiva
generazionale sottolinea l'idea che le generazioni non si creino con l'alternarsi delle coorti ma che si creino
da processi storico sociali che interagiscono con il corso di vita delle persone. Le generazioni inoltre non
emergono a ritmo regolare e variano nello spazio, emergono quando emerge una discontinuità rispetto al
passato (distinguendosi così rispetto le generazioni precedenti). Donati afferma che analizzare i giovani
generazionalmente implica comprenderli “in quanto soggetti che si definiscono in base alle relazioni che
hanno (o non hanno, e secondo quali modalità) con le altre generazioni, nella prospettiva di un tempo che
va da un passato a un futuro” → La prospettiva generazionale implica quindi sempre una analisi
intergenerazionale = il mutamento si può capire solo nella comparazione e nella relazione con altre gen.
 
La globalizzazione ha avvicinato le condizioni e stili di vita dei giovani di diverse parti del mondo, che hanno
a che fare con precarizzazione, elevati livelli di educazione, comunicazione digitale, nuove attitudini rispetto
le relazioni → poiché gli eventi storico sociali avrebbero un impatto sempre più globale, le vite dei giovani
si assomiglierebbero sempre più = global generation. In realtà persistono comunque forti disuguaglianze
sociali.

La prospettiva culturale
I concetti della prospettiva culturale vengono elaborati dall'Università di Birmingham.
Subcultura = sottoinsieme di elementi culturali materiali e immateriali (valori, conoscenze,
linguaggi, norme di comportamento, stili di vita, strumenti di lavoro) elaborato o utilizzato tipicamente da
un dato settore o segmento o strato di una società (una classe, una comunità, una minoranza,
un'associazione religiosa, un'azienda etc).
Es di subcultura politica: politiche utilizzate nelle zone rosse, gialle, bianche.
Per comprendere appieno la subcultura si deve riflettere sul rapporto subcultura - cultura dominante: il
concetto di subcultura fa riferimento a un sotto-gruppo culturale interno alla cultura mainstream, i membri
della subcultura quindi partecipano ad entrambe. La subcultura non mette in discussione la partecipazione
alla cultura dominante e anzi ne seleziona, adotta ed enfatizza alcuni elementi. È compresa come variante
differenziata e specializzata della cultura dominante, una nicchia culturale che non vi si pone in contrasto,
diversamente da quanto accade con le controculture.
Es. mafia: è subcultura in quanto si infiltra, non va a sostituirsi completamente alle strutture dominanti.
Es. hipster: cultura giovanile.

Le controculture possono emergere come evoluzione politica di una subcultura o nascono come
espressione culturale di un movimento politico o di protesta (es. blackpanther: la base esisteva già, si sono
poi associati elementi quali abbigliamento con le giacche di pelle e borchie e le acconciature particolari). Le
controculture rigettano esplicitamente e attivamente la cultura mainstream e vanno a creare un sistema
alternativo di norme, valori e istituzioni.
→ la differenza tra sub e contro cultura sta nell'adozione di un piano politico di azione.

In sociologia il concetto di subcultura è stato usato per studiare forme culturali di:
- Minoranze etniche e religiose
- Gruppi occupazionali
- Gruppi criminali
- Realtà sportivo ludiche
Nell'ambito del fenomeno migratorio: es. studi delle comunità cinesi di Prato.
 
Si ha particolare attenzione alle subculture emergenti tra la popolazione giovanile perché:
 Particolarmente visibili nello spazio pubblico: carattere "spettacolare", che fa si che la subcultura
venga notata;
 Sono spesso correlate a comportamenti devianti e criminali (uso di droghe, vandalismo), potenziali
problemi di ordine pubblico.
 
 
Gli studi del Centre for contemporary cultural studies (CCCS)
Centro di studi attivo all'università di Birmingham tra 1964 e 2002, ha conseguito studi sulla cultura di
massa e sulla cultura popolare come oggetto di analisi sociologicamente rilevante e come elemento
politico. Attraverso le loro analisi si ha un cambio di paradigma in quanto prima veniva studiata solo la
cultura alta.
Le analisi si sono concentrate su:
 Stile nelle subculture giovanile;
 L'influenza dei mezzi di comunicazione di massa sui giovani
 Influenza dei media nella interpretazione delle trasformazioni sociali (es. moral panic sulla presenza
delle comunità di colore in UK negli anni ‘70)
 
Gli elementi della subcultura:
Identità collettiva: distingue le subcultura dal semplice gruppo sociale, in quanto nella sensazione di
appartenenza e membership è più forte. La formazione di un'identità collettiva prevede il passaggio dalla
percezione di sé come persona unica alla percezione di sé come esemplare interscambiabile di una certa
categoria sociale: identità collettiva > identità individuale.
Definita da Snow come "a shared sense of we-ness" così intenso da apparire malsano a chi ne è esterno.
Le subculture non sviluppano semplici legami sociali (bonds) ma un senso di identità comune che non
richiede relazioni dirette e personali tra i membri, i quali esperiscono un senso di profonda appartenenza
che trascende la compresenza fisica e la conoscenza personale. Nella quotidianità, l'appartenenza alla
subcultura è segnalata da simboli, quindi si manifesta con lo stile, che rende facile distinguersi e
riconoscersi.
 
Stile: insieme di elementi materiali e immateriali che distinguono la subcultura dalle altre subculture e dalla
cultura mainstream. Si tratta di oggetti, gusti (musicali, artistici etc), vestiti, trucco, comportamenti che Tall
afferma vadano a costituire la dimensioni simbolica di una "tessera di appartenenza". Grandi invece
definisce lo stile come "insieme di simboli di un esilio volontario", andando ad accentuare l'aspetto
dell'allontanamento dalla cultura mainstream.
Lo stile subculturale deve avere enorme impatto distintivo, così che si possa riconoscere subito a quale
subcultura si appartiene.
Lo stile può essere pensato come bricolage perché risultato di appropriazione di oggetti e simboli disparati
che vengono estratti dal loro contesto sociale e ricondotti in un nuovo insieme coerente, attraverso
processi di significazione e risignificazione di oggetti e pratiche → I processi di style-building sono possibili
perché ogni oggetto ed azione contiene significati multipli e nessun significato è innato o naturale.
In ogni contesto storico sociale ogni forma rilevante è già stata investita di uno specifico significato dalla
cultura dominante, la quale tende a reprimere altri potenziali significati così da far sembrare i significati
dominanti come fissi e naturali; in realtà qualsiasi forma sensorialmente percepibile è sempre aperta a
ridefinizioni e interpretazioni → stile come forma di resistenza simbolica.
Gli stili subculturali sono stati interpretati da De Certeau come forme di consumo produttivo: si basano su
elementi presi dalla cultura mainstream ma che non vengono accettati per i significati che questa gli da →
azione potenzialmente sovversiva, in quanto attribuendo un nuovo significato a oggetti ordinari, disvelano
la natura arbitraria della cultura dominante.
Sempre per questo Hebdige definisce le subculture come rumori o meccanismi di disordine semantico: la
violazione della cultura mainstream è una pratica di disturbo e quindi di resistenza sul piano simbolico (in
quanto non si passa al piano politico).
 
Omologia: introduce un rapporto di coerenza tra stile subculturale, identità collettiva e i valori all'interno
della subcultura. Si riferisce all'idea che gli elementi che vanno a comporre lo stile non debbano essere
casuali, ma abbiano significato per il gruppo. Ogni elemento dello stile riflette i particolari valori e le
specifiche preoccupazioni del gruppo e viceversa. Hebdige afferma che la struttura interna di ogni
subcultura è caratterizzata da estrema regolarità, ogni parte della subcultura è collegata alle altre.
I gruppi studiati dal CCCS:
Teddy boys
Costituiscono la prima vera e propria subcultura giovanile, sorta verso fine anni '50 in Gran Bretagna. Si
caratterizza per elementi del vestiario: blazer, jeans, ma anche l'acconciatura particolare. Il nome è
l'abbreviazione di Edward perché lo stile, in particolare i blazer in velluto di fattura artigianale, ricorda
quello edwardiano. È conosciuta come una subcultura violenta perché i partecipanti erano soliti partecipare
a scontri (utilizzo dei coltelli).
 
Mods
Subcultura originante da una divisione dei Teddy Boys e che nasce negli anni '60 in UK. Il nome deriva
dall'abbreviazione di "modernism", termine originariamente utilizzato per descrivere gli amanti del modern
jazz. Indossavano vestiti artigianali dai colori sgargianti, scarpe da lavoro e parka. L'uso di anfetamine, legali
al tempo, era molto diffuso in questo gruppo ed è andato configurandosi come pratica culturale condivisa.
 
Skinheads
Subcultura giovanile nata tra fine '60 e '70 come evoluzione dei Mods. Il nome deriva dal taglio dei capelli e
il loro vestiario era caratterizzato da stivali da lavoro, jeans stretti, polo o camicie bianche / a scacchi,
bretelle. Ascoltavano musica raggae e ska. All'inizio erano una realtà aggressiva ma apolitica (Trojan o
Original Skinhead); la loro politicizzazione verso destra risale agli anni '80.
 
Gli studi del CCCS interpretano lo stile subculturale come reazione collettiva da parte della classe operaia ad
una serie di cambiamenti strutturali avvenuti in UK nel dopoguerra: esempio di stile NON separato dalla
società in cui si sviluppa.
Periodo in cui:
 Economia: boom economico
 Tecnologia: diffusione della TV
 Scienza: pillola contraccettiva
 Demografia: boom demografico, sia a seguito di un aumento delle nascite che come conseguenza
dei processi di immigrazione verso l'Inghilterra, in particolare di comunità nere.
 
Il contesto inglese
Le subculture originali nascono con l'obiettivo di esprimere e risolvere la situazione di anomia che si era
venuta a creare. Il concetto di anomia fa riferimento a Durkheim, il quale lo utilizza per indicare una
diminuzione di efficacia da parte delle regole esistenti; l'anomia venne esperita dai giovani delle classe
popolari nella Gran Bretagna del II dopo guerra, i quali provavano un disallineamento tra gli obiettivi
socialmente determinati e le loro reali possibilità di vita → invito mediatico a partecipare alla società
dell'opulenza ma impossibilità concreta di farlo.
La situazione si ricollegava anche al disallineamento che i giovani provavano tra la cultura mainstream e la
cultura genitoriale che li aveva cresciuti: si stava assistendo a un interruzione della tradizionale trasmissione
dei valori in quanto parlare ai giovani era la TV e i valori trasmessi spesso entravano in contraddizione con
quelli della famiglia di classe operaia.
Questa condizione venne inoltre spiegata come originante dalla frammentazione della classe operaia, parte
della quale aveva cominciato una crescita verso la classe media (si stava espandendo il capitalismo e quindi
le disuguaglianze, che vanno a perpetrarsi anche a seconda delle comunità).

Cohen affermò che le subculture servivano a esprimere e risolvere contraddizioni che rimanevano nascoste
e irrisolte:
- Contraddizione tra ciò che la società suggeriva e ciò che i giovani potevano effettivamente
permettersi di fare
- Contraddizione tra vecchi e nuovi valori
- Disagio legato allo svanire della propria comunità di classe
 
Lo stile dei Teddy Boys è stato indicato come esempio di gestione delle contraddizioni tra valori e stili di vita
proposti dalla cultura mainstream e reali possibilità di vita. Era come se si preparassero per fare serata fuori
ma, vivendo nei quartieri periferici, non avevano nessuna possibilità di parteciparvi realmente: attraverso i
vestiti (i cappotti edwardiani) comprano l'immagine della classe medio alta, combinandola però con
pratiche violente →
"all dressed up and nowhere to go" (Jefferson 1976).
 
Anche nello stile dei Mods si può leggere un tentativo di gestione delle contraddizioni tra valori e stili di vita
proposti dalla cultura mainstream e reali possibilità di vita; ne è esempio l'uso di anfetamine permetteva di:
passare il weekend a ballare e andare a lavorare in fabbrica il lunedì.
Hebdige inoltre spiega lo stile dei Mods come reazione alla prevedibilità della settimana lavorativa:
momento di svago all'interno della cronicità quotidiana.
 
Lo stile Skinheads viene letto come tentativo di negoziazione tra disallineamento tra cultura genitoriale e
cultura mainstream, attraverso l'appropriazione di elementi della cultura parentale e della working class,
risignificandoli in senso estetico e utilizzandoli in senso ludico.
 
Nel loro complesso queste comunità rappresentano tentativi di rigenerare un senso di appartenenza
collettivo, venuto meno con il declino e la segmentazione interna alla classe operaia. Queste subculture
permettevano ai giovani di ricreare una sensazione di appartenenza, omogeneità, protezione che si stava
perdendo: nascono quindi con un intento di “protezione” su cui si sono successivamente innestate istanze
razziste.

La prospettiva subculturale
La prospettiva subculturale muove delle critiche al CCCS, il quale affermava che le subculture si
caratterizzassero per identità collettiva, stile, omologia → elementi simbolici che marcano appartenenza
stabile, profonda, forte, costante.
Il CCCS interpreta le subculture come una forma di reazione collettiva a cambiamenti strutturali, per es
economici, ma anche sociali, infatti le subculture facilitano una risposta collettiva alla crisi delle comunità
working class e della cultura tradizionale.
Si configurano come strumenti attraverso cui i giovani di classe popolare rielaborano le loro condizioni di
vita, resistono ad esse, come affermato da Jefferson e Hebdige.
 
Le critiche rivolte dalla prospettiva subculturale si concentrano su:
 Scarso empirismo (critica metodologica): che ha comportato l'esclusione di categorie di giovani e di
determinate subculture (femminili per es), perché è stata focalizzata l'analisi solo su quelle
subculture che maggiormente corrispondevano alla prospettiva teorica marxista e gramsciana del
CCCS, risultando nell'esclusione delle forme di socialità giovanile che avrebbero scombinato i
risultati.
Per es Angela McRobbie, puntualizza non si parli mai di ragazze e giovani donne perché
partecipavano molto meno dei coetanei allo spazio pubblico a causa del maggiore e più rigido
controllo parentale sul loro tempo libero, in realtà costruivano comunque una propria (sub)cultura
nei “territori a loro disponibili: la casa e la stanza da letto", come descritti da Bopper.
Ma è da puntualizzare che non si era ancora sviluppato uno sguardo sociologico sulla vita
quotidiana e sulla sfera privata (che comincerà negli anni '70 con i gruppi femministi "il personale è
politico") - l'enfasi era tutta sugli aspetti più spettacolari della socialità giovanile; infatti, come
affermato da Cagle, con il CCCS avvenne l'esclusione di quei gruppi e subculture che manifestavano
minor conflittualità sociale (es. glitter rock fans, rollermania, considerate subculture troppo
mainstream e che quindi mancavano di potenziale controegemonico). La mancanza di empirismo
porta a una mancata verifica di una serie di assunti del CCCS e ad enfatizzare l’omogeneità delle
scelte del gruppo. Sicuramente i giovani della working class inglese del dopoguerra avevano
maggiore libertà nell’uso del proprio denaro (rispetto al passato e ai giovani di classe media) e
secondo Il CCCS, avrebbero omogeneamente usato la loro crescente libertà di spesa e scelta
orientando i loro consumi sulla base della loro appartenenza di classe, ma secondo Bennet è più
probabile che "the post-war consumerism offered young people the opportunity to break away
from their traditional class-based identities, the increased spending power of the young facilitating
and encouraging experimentation with new, self-constructed forms of identity" → meno
”resistenti” di quel che sembrano.
 La seconda critica è più radicale e relativa all'efficacia dei concetti elaborati per descrivere i
comportamenti giovanili. A fine anni '90 le critiche rivolte al CCCS avevano già ridimensionato il
peso della prospettiva subculturale, ma il concetto di subcultura era ancora diffuso nell'ambito
accademico e mediatico e permaneva l'idea che fosse una forma di appartenenza stabile e
costante, omogenea (simile ai gruppi degli anni '50 e '60).
Nel 1999 Andy Bennett pubblica l'articolo "Subcultures or Neo-Tribes? Rethinking the relationship
between youth, style and musical Taste" che stravolse la prospettiva subculturale e che porterà alla
svolta post subculturale: mette in discussione l'idea che oggi si possa ancora parlare di subculture
come espressione di identità forti e stabili. Nasce l'idea che le subculture fossero state create dai
teorici subculturali e che il termine subcultura fosse conveniente e usato per descrivere una gamma
di pratiche disparate e collettive la cui unica correlazione evidente è che coinvolgessero i giovani.

La prospettiva di Bennett è considerata da molti estrema ma ha elementi validi ed è giusto sostenere che a
partire dagli anni '80 è diventato sempre più difficile riconoscere delle vere e proprie subculture giovanili.
 
Tre processi interconnessi intervengono a minare i presupposti delle subculture:
 Individualizzazione: amplifica le apparenti possibilità di scelta degli individui in ogni sfera della vita.
I giovani hanno:
 più libertà di scegliere a quale subcultura appartenere (meno vincolati dal background di
classe);
 più libertà nel personalizzare lo stile della subcultura (meno omogeneità);
 più libertà di cambiare costantemente la subcultura di appartenenza (meno costanza)
 minore interesse ad identificarsi con un gruppo (spinta verso l’unicità)
= le idee cambiano più velocemente e le identità risultano meno omogenee e stabili
 Globalizzazione: le subculture tradizionali nascevano in un determinato contesto spaziale e socio-
economico, i loro elementi erano determinati da esso. I processi di globalizzazione invece fanno si
che si possa partecipare a subculture anche geograficamente e contestualmente lontane
= viene meno l'elemento dell'omologia.
 Mercificazione: trasformazione in bene di un prodotto che prima non lo era. Trasforma lo stile
subculturale in qualcosa che chiunque può comprare. Quando gli oggetti subculturali subiscono un
processo di mercificazione e commercializzazione, i confini tra una scena subculturale e ciò che
costituisce la cultura dominante svaniscono
= le scelte subculturali diventano più forme di consumismo e divertimento e sempre meno
forme di espressione di resistenza e identità collettiva.

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