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IL MATRIMONIO SOLIDALE, LA CENTRALITA’ DEL BAMBINO: COME CAMBIANO GLI ASSETTI RELAZIONALI
TRA I SESSI E LE GENERAZIONI
I cambiamenti della famiglia hanno accompagnato i mutamenti delle realtà sociale a partire dalla fine degli
anni ’60.
PICCOLA GRANDE RIVOLUZIONE DEGLI ANNI ’70
Se alla fine della seconda guerra mondiale la famiglia era ancora di tipo rurale e tradizionale, fondata sulla
solidarietà e gerarchicamente ordinata, quella che si affaccia agli inizi degli anni ’70 mostra di aver
compiuto una prima rivoluzione copernicana. Televisione, frigorifero, lavatrice, telefono dimostrano
simbolicamente l’esistenza di un nucleo: la famiglia nucleare che svolge funzione riproduttiva senza più
legami di dipendenza con la parentela, il vicinato, la comunità.
La famiglia non è più vista come la sistemazione per eccellenza di uomini e donne, ma diventa una scelta
che ognuno fa quando ritiene sia arrivato il momento più giusto ed opportuno, il matrimonio non è più
l’unico canale di mobilità sociale per le donne, i livelli più elevati di benessere, la crescita della
scolarizzazione, la durata della formazione, l’aumento dei tassi di occupazione delle donne sposate, il
consolidamento della protezione sociale del cittadino e la rivoluzione sessuale ci portano a vedere una
famiglia come unità solidale tra due adulti che possono permettersi il “lusso” di curare le relazioni affettive
interne.
Il matrimonio è visto come l’unione affettiva e sessuale di due soggetti di pari dignità e valore, con regole
che devono essere quotidianamente costruite, corrette e riconfermate; due adulti che investono sui figli,
che sempre più spesso sono voluti e programmati. Il figlio diventa un valore, un bene che si sceglie in sé,
non per una sua utilità futura (bastone della vecchiaia). C’è un forte orientamento puerocentrico nella
coppia, che si impegna a curare ed allevare la prole nel rispetto delle inclinazioni, attitudini e vocazioni.
Questo è sostenuto da una rosa di servizi che nascono (nidi) o si rinnovano (scuola materna, elementare)
negli anni ’70, con l’obiettivo di creare un sistema di opportunità.
La famiglia quindi è ormai un’unita di soggetti che si scelgono per affetto e non per interesse materiale.
Questi lunghi processi di mutamento trovano legittimazione nelle leggi del 1970 sul divorzio e del 1975 sul
diritto di famiglia. Nella legge 151/1975 è bene ricordare:
Innalzamento ai 18 anni di età per contrarre il matrimonio ( conferma l’importanza di una scelta
che deve essere compiuta senza la mediazione di altri)
Trasferimento dal padre al magistrato la facoltà di concedere o meno l’autorizzazione a contrarre
matrimonio ai figli minori. (conferma del fatto che la tutela dei minori non può essere confinata
all’interno dell’ambito privato)
Attribuzione della patria potestà sui figli da ambedue i genitori
Possibilità per la coppia di scegliere tra il regime patrimoniale di unione o quello di separazione
Riconoscimento della centralità del lavoro casalingo
Riconoscimento del coniuge sulla linea di successione, posto prima dei figli
Allineamento dei figli naturali ai figli dentro il matrimonio nella linea successoria
Obbligo dei genitori di educare i figli nel rispetto delle loro inclinazioni
Queste norme sono state varate anche grazie ai movimenti degli ultimi anni 60 che hanno portati anche a
rendere libera la diffusione dei contraccettivi, il diritto della donna a mantenere il suo cognome dopo il
matrimonio ecc.
Il diritto di famiglia non prefigura ne impone un unico modello di famiglia, ma consente ai coniugi di
impostare con libertà la relazione ed il rapporto educativo dei figli.
L’ONDA LUNGA DEGLI ANNI ’90: SFIDA DELL’INCERTEZZA
L’uso del plurale – famiglie vs famiglia – sembra rimandare ad un’esperienza di vita quotidiana che sfugge
alle norme sociali. All’interno dei progetti di vita il “fare famiglia” diventa sempre più una scelta
procrastinata nel tempo. Bassissimi sono i tassi di nuzialità, l’età del matrimonio cresce, la percentuale di
giovani celibi che rimane in casa dei genitori aumenta.
Le relazioni di coppia diventano sempre più frequentemente instabili e anche per quanto riguarda la
relazione genitori-figli, gli adulti non sono in grado di fronteggiare la sfida della crescita delle nuove
generazioni. Queste difficoltà trovano il loro terreno di coltura in un affievolimento dell’etica della
responsabilità, in un’accentuazione delle spinte individualiste e narcisiste. Poi c’è stata un’esplosione del
privato, dei processi di individualizzazione, dell’indebolimento dei legami sociali. C’è il rischio però di
etichettare come crisi della famiglia quella che altro non è che trasformazione.
In questo tipo di società non si fanno più scelte dettate dalla tradizione, ma l’attore sociale è un attore che
deve divenire un esperto e quindi ogni sua scelta, anche quella che riguarda legami affettivi, deve essere
una scelta “consapevole” che richiede un elevato impegno personale. Un mancato quadro di riferimento
chiaro e condiviso crea delle relazioni fragili. Fragilità e debolezza diventano punti negativi per la famiglia
quando è difficile creare una biografia della famiglia, perché si creano biografie extra famigliari. I tempi
della famiglia sono tempi lunghi, almeno di 30 anni per prendersi cura del figlio, ma spesso il ciclo della
relazione non dura così a lungo, inoltre il lavoro nella nostra realtà è essenziale per costruirsi una famiglia,
ma diventa un punto di certezza solo in età avanzata.
I legami di famiglia sembrano inopportuni per un attore sociale che vive nel presente al quale viene sempre
chiesto di partire da zero.