ADOLESCENZA, COSTRUZIONE DELL’IDENTITA’ NEI CONTESTI
DI CRESCITA L’adolescenza è quella fase del ciclo di vita umano in cui si verifica la transizione dallo stato di bambino a quello di adulto. Copre quindi un periodo piuttosto lungo, mutevole da individuo a individuo e da cultura a cultura, in cui a fronte delle numerose trasformazioni fisico-corporee si assiste a profondi cambiamenti psicologici, che investono le capacità cognitive, la sfera emotivo-affettiva, e le competenze sociali della persona. Il percorso di crescita che coinvolge l’adolescente può essere ben illustrato dalla metafora del labirinto, inteso come luogo al cui interno si cerca la strada giusta che porti all’uscita, ma in cui è anche molto facile perdersi per poi ritrovarsi, spesso grazie all’aiuto di altri significativi. La nota e condivisa definizione psicologica di adolescenza come fase di transizione, di passaggio, non deve tuttavia comportare una svalutazione del contributo sociale e culturale da essa rappresentato. Essa è infatti un preciso momento evolutivo con caratteristiche specifiche che lo rendono fase o stadio autonomo. Gli adolescenti esprimono una vera e propria cultura, condividendo nel rispetto delle differenze individuali, un certo linguaggio, un modo di vestirsi, preferenze per certi scrittori/cantanti/influencer, messi a disposizione dalla cultura di appartenenza di cui essi sono artefici e creatori. Adolescenza come percorso/processo di costruzione dell’identità all’interno del ciclo di vita. Percorso che si realizza affrontando (coping) e in qualche modo risolvendo specifici compiti di sviluppo che trovano nel contesto e nella cultura di appartenenza del singolo adolescente la loro esplicitazione. Se è vero che tutti gli adolescenti per diventare adulti devono affrontare una molteplicità di compiti di sviluppo investendovi energie elevate, è anche vero che tali compiti non costituiscono delle invarianti, ma risultano dal rapporto tra individuo e il suo ambiente. Cattelino e Bonino L’adolescenza si configura come una fase importante quanto l’infanzia e la fanciullezza che l’hanno preceduta, e quella dell’emerging adulthood che la segue. È uno stadio del processo di crescita in cui il soggetto è chiamato ad affrontare con impegno alcuni compiti evolutivi il cui esito sarà funzione di diversi fattori, per esempio la storia personale dell’individuo con le risorse di cui dispone al momento dell’ingresso in adolescenza, le richieste che provengono dall’ambiente e dalla cultura, le relazioni. Il traghettamento verso l’età adulta ricordiamo come non termina con la fine dell’adolescenza, ma continua, almeno per alcune dimensioni, anche nell’età del giovane adulto, età che condivide con l’adolescente il compito di sviluppo rappresentato dalla ristrutturazione del concetto di sé e dalla costruzione dell’identità.
ADOLESCENZA, IDENTITA’ E COMPITI DI SVILUPPO
All’interno del gruppo di studiosi che con approcci differenti si sono occupati dell’adolescenza, ci sembra che la visione di Erikson dello sviluppo come ‘ciclo di vita’ costellato di eventi critici, rappresenti uno snodo teorico cruciale a cui non è possibile non rifarsi. Quella proposta da Erikson non è più una visione strettamente psico-sessuale dello sviluppo (come quella di Freud). L’orizzonte entro cui egli colloca il suo modello evolutivo è psico- sociale, nel tentativo di comprendere non solo le dimensioni psichiche dello sviluppo, ma anche quelle sociali e culturali. Emerge quindi una visione complessa dell’individuo che si definisce in base a tre dimensioni fondamentali: soma, psiche ed ethos. I processi biologici, psichici e sociali sono ugualmente rilevanti nello sviluppo dell’individuo. Un elemento centrale nel modello eriksonsiano è quello del principio dell’EPIGENESI, per cui nell’organismo sono presenti delle potenzialità che con il passare del tempo e le esperienze vissute diventano attuali, fornendo dinamicità e continuità allo sviluppo. L’aspetto multidimensionale della sua concezione tiene conto non solo del presente vissuto dalla persona, ma anche del suo passato e del suo futuro. Dall’articolato impianto di questo autore, ci interessa sottolineare il concetto di IDENTITA’, sulla cui funzione unificatrice egli costruisce il suo modello in stadi (vedi quadro 2 a pagina 19). Il ciclo di vita prende avvio e si consuma nella costruzione dell’identità, consentendo all’individuo di sperimentare dimensioni apparentemente dissonanti quali continuità e mutamento e garantendo integrità e unitarietà della persona anche di fronte ai cambiamenti che le condizioni socio- culturali pongono in essere e l’individuo sarà chiamato ad affrontare. Erikson ha individuato per ciascuno stadio del ciclo di vita un particolare compito di sviluppo che a seconda di come vinee affrontato e risolto, condurrà a esiti evolutivi positivi o negativi. Ogni stadio di sviluppo è caratterizzato da un DILEMMA PSICOSOCIALE che nasce all’interno della relazione soggetto-ambiente e che deve essere superato perché la crescita possa procedere in senso maturativo. Ogni fase conosce uno specifico potenziale sintonico e uno distonico che sono alla ricerca di un equilibrio dinamico con la parte positiva prevalente. Il dilemma che l’adolescente deve affrontare è legato all’antitesi tra identità e confusione d’identità e può portare a raggiungere la forza psicosociale positiva della fedeltà, ovvero della capacità di essere coerenti e leali rispetto all’impegno assunto, sia verso se stessi sia verso gli altri. Caratteristica di questo stadio è la dimensione della sperimentazione: in questa direzione egli parla del periodo adolescenziale come di una ‘moratoria psicosociale’: un periodo di maturazione sessuale e cognitiva che tuttavia è sanzionato dal rinvio di un definitivo impegno. Da un lato il ragazzo è chiamato a ripudiare le identificazioni della fanciullezza rintracciando un diverso e personale modo di relazionarsi agli altri, dall’altro ad assumere un ruolo che gli consenta di essere riconosciuto dalla comunità. Identificazione e sperimentazione vengono ad essere i due processi cruciali per la costruzione dell’identità in tale fase: attraverso il primo l’adolescente abbandona le identificazioni precedenti scegliendo nuovi modelli identificativi presenti nell’ambiente. Egli si sperimenta nell’adesione consapevole ai gruppi sociali che gli consentono di assumere diversi ruoli, favorendo il confronto, autoriflessione e conoscenza di sé. Al termine dell’adolescenza il ragazzo dovrebbe possedere una maggiore e articolata consapevolezza della propria identità e delle sue caratteristiche: continuità e coerenza: l’adolescente percepisce pur nella discontinuità delle sue esperienze e vicende, una continuità e consistenza interna eciprocità: consapevolezza di una corrispondenza fra immagine che abbiamo di noi e quella percepita dagli altri con cui entriamo in relazione libertà ed accettazione dei limiti: comprensione dei propri limiti fisici e capacità non intacca la consapevolezza e la libertà di scegliere avvertire una destinazione: aver costruito delle rappresentazioni realistiche di sé e del proprio percorso di vita nel caso in cui l’adolescente non riesca a superare le ambiguità e scelte che incontra, andrà incontro ad una identità confusa e in qualche modo negativa. Tale lavoro di costruzione (anche nel caso di un esito felice) non termina con l’uscita dallo stadio adolescenziale: la costruzione dell’identità continuerà ad essere componente essenziale nella vita della persona. CONCEZIONI DELL’IDENTITA’ NELLA RICERCA ATTUALE Kroger individua tre linee di ricerca che si sono sviluppate in seguito alle riflessioni di Erikson: 1. Ricerche focalizzate a studiare la collocazione che la dicotomia identità vs confusione di identità ha nello schema eriksoniano a 8 stadi. 2. Ricerche focalizzate solo sul quinto stadio e sulla sua concettualizzazione in termini bipolari. 3. Ricerche fondate su un approccio più generale che studiamo una o più dimensioni dell’identità. Diversi sono stati gli studi volti a cogliere meglio il processo di costruzione identitaria in adolescenza. Fra i vari autori ricordiamo James Marcia che, cercando di rintracciare un’evidenza sperimentale, fonda il suo studio sulla nozione di IMPEGNO, con attenzione agli esiti che l’identità dell’adolescenza può conoscere. Nel corso dell’adolescenza, il ragazzo assumerà impegni diversi e affronterà il problema dell’identità in modi diversi: individua 4 modalità di fronteggiare quello che Erikson aveva definito il dilemma psico-sociale dell’adolescenza, il dilemma di identità confusione, e li chiama STATI DEL SE’ o dell’identità. Ogni stato del sé viene a definirsi a partire da due dimensioni: esplorazione delle possibili alternative o scelte e l’impegno che mette per intraprendere e perseguire l’alternativa individuata. Identità realizzata: quando la persona ha attuato esplorazioni significative all’interno delle alternative alternative incontrate, impegnandosi in modo valido nelle scelte effettuate. Blocco d’identità: quando la persona non ha sfruttato il tempo dell’esplorazione fino in fondo, assumendo impegni gravosi troppo presto e ancorandoli a identificazioni caratteristici di stadi precedenti. Diffusione dell’identità: quando la persona ha occupato il suo tempo in esplorazioni superficiali senza realmente impegnarsi in alcuna scelta o alternativa. Moratoria dell’identità: quando la persona è in uno stato di sospensione rispetto all’impegno, nell’attesa di meglio definire gli esiti delle esplorazioni effettuate. L’evento critico che spinge l’adolescente ad avviare processi di esplorazione è la serie di cambiamenti che caratterizzano l’avvio del periodo adolescenziale e che obbligano il ragazzo a riorganizzare in nuovi equilibri gli elementi precedenti, integrandone di nuovi e costruendo un equilibrio più avanzato. Soltanto se il processo di esplorazione si conclude con la integrazione tra elementi nuovi e caratteristiche precedenti della persona e l’attore sa assumere un impegno preciso nei confronti dei significati e valori che caratterizzano il nuovo equilibrio, si può parlare di acquisizione dell’identità. ADOLESCENZA E COMPITI DI SVILUPPO Un aspetto che accomuna gli studi dell’adolescenza è quello relativo ai compiti di sviluppo. I compiti di sviluppo accompagnano e caratterizzano tutto il ciclo di vita collocandosi come ambiti in cui la persona è condotta ad impegnarsi in modo particolare al fine di raggiungere quelle competenze che le consentono di superare la fase che sta vivendo avviandosi in quella successiva. Il compito di sviluppo adolescenziale ‘che può concretizzarsi in compiti più specifici e differenziati a seconda delle culture, è quello di costruire in modo autonomo la propria identità’. Havighurst definisce i compiti di sviluppo come: Anche lui descrive lo sviluppo in termini di momenti o eventi critici, di sfide che costellano il percorso di crescita e caratterizzati da componenti sia biologiche, sia culturali e sociali, sia personali Una caratteristica fondamentale dei compiti di sviluppo è la ricorrenza, i compiti di sviluppo devono essere affrontati in momenti specifici o fasi della vita. Questa caratteristica riguarda i compiti definiti come ‘non ricorrenti’ , specifici di un periodo o assimilabili a dei turning points del ciclo di vita. Gli altri sono invece compiti ‘ricorrenti’, ovvero non affrontati e risolti una sola volta ma che si ripresentano in ogni fase e vengono affrontati diversamente a partire dalle esperienze pregresse e nuovi bisogni. Sottolineiamo però come l’aspetto storico e culturale incide nell’individuazione di tali compiti rendendoli per certi aspetti ‘storicamente’ datati e quindi superati. Palmonari parla di alcuni compiti di sviluppo che fanno riferimento a fenomeni inquadrabili come universali nell’adolescenza. Una prima categoria comprende quei compiti legati allo sviluppo fisico e sessuale e all’esperienza che di tali aspetti viene fatta. Altra è quella relativa allo sviluppo cognitivo e possibilità che l’acquisizione del pensiero ipotetico-deduttivo consente rispetto all’allargamento degli interessi personali e sociali. Infine, troviamo quelli legati all’evoluzione identitaria e conseguente riorganizzazione del sé Al di là dei vari compiti individuati, essi caratterizzano l’adolescenza: sono problemi comuni a tutti gli adolescenti, che devono essere affrontati e superati per poter costruire la propria identità e raggiungere la propria autonomia. Quello che differenzia il percorso identitario è che tali compiti non vengono vissuti in modo uguale da tutti: l’intensità e la quantità con cui si presentano variano in base alla cultura di riferimento, caratteristiche del gruppo di appartenenza, tratti temperamentali e storia autobiografica. COMPITI DI SVILUPPO NEI CONTESTI CULTURALI La cultura di appartenenza, da un lato indirizza le condotte degli adolescenti con gli strumenti, gli artefatti tecnologici e l’insieme di regole e valori che offre, dall’altro lato si lascia plasmare dalla creatività stessa degli adolescenti e anche grazie al loro contributo e alle loro energie si trasforma e si arricchisce continuamente. Il primo compito evolutivo è quello relativo allo sviluppo fisico-corporeo e sessuale. Accanto alla sua dimensione biologica, il cambiamento fisico e sessuale vissuto dall’adolescente ha assunto negli ultimi anni caratteristiche interpretabili alla luce dei cambiamenti sociali e culturali in atto che lo rendono particolarmente significativo. Un secondo compito evolutivo con cui l’adolescente è chiamato a confrontarsi è quello connesso allo sviluppo cognitivo e morale. L’acquisizione di competenze mentali di tipo astratto rende l’adolescente in grado di rappresentarsi il mondo e il proprio percorso di vita, di ragionare per ipotesi, utilizzare processi di induzione e deduzione L’ADOLESCENTE E LO SVILUPPO FISICO-CORPOREO E SESSUALE Uno dei principali versanti in cui l’adolescente si trova impegnato è quello relativo allo sviluppo fisico e sessuale, versante che occupa le sue energie fisiche e psichiche soprattutto nei primi anni di tale fase. Diversi autori concordano nel collocare nella pre-adolescenza il momento di maggiore intensità di tale sviluppo, individuando anzi nei segnali di cambiamento corporeo l’avvio dell’adolescenza stessa. Negli anni è stata a questo proposito evidenziata una precisa tendenza o spostamento secolare della crescita, un’accelerazione nel ritmo di sviluppo dei bambini e degli adolescenti di questa epoca rispetto a quelli di più di un secolo fa. Tale aspetto di precocità riguarderebbe soprattutto altezza e momento della prima mestruazione. Le sempre più precoci trasformazioni biologiche vissute dall’adolescente segnano dunque il suo ingresso nella pubertà e costituiscono la principale fonte di preoccupazione e interesse. Spesso tali cambiamenti per quanto inattesi colgono di sorpresa il ragazzo/a, che per molti aspetti è ancora legato/a ad una rappresentazione di sé di tipo infantile, che comporta un’immagine corporea con connotazioni anch’esse infantili e che quindi fatica a comprendere ed accettare (almeno inizialmente) i cambiamenti di cui è protagonista il proprio corpo e su cui avverte di non avere alcun controllo. Negli ultimi anni poi i media e una certa pressione culturale propongono in modo anticipato modelli di corpo adulto, sollecitando l’attenzione anche nei più giovani al corpo stesso e alle sue modificazioni. I bambini ‘non ancora adolescenti’ sentono quindi che qualcosa sta cambiando, e capiscono di dover affrontare un processo di revisione dell’immagine corporea di sé, ma avvertono anche una profonda inquietudine legata al fatto di non conoscere l’esito di questo processo. L’immagine corporea costituisce la rappresentazione mentale che un soggetto ha del suo corpo, deriva dall’interpretazione personale che la persona fa di se stesso ed essendo investita di desideri, sogni e aspettative di quello che si è stati, e di quello che si vorrebbe essere, presenta connotazioni affettive, diventando talvolta area di vulnerabilità e ansia per il pre-adolescente. A tale proposito si definisce il compito legato allo sviluppo fisico e corporeo come ‘mentalizzazione del corpo’, sottolineandone la forte componente affettiva e l’ambivalenza di amore/odio che accompagna i vissuti legati ad esso provati dall’adolescente: obiettivo di tale processo è quello di rendere il corpo ‘comprensibile, di riuscire a dargli una forma, di addomesticarlo e renderlo coerente con valori interiori. Il cambiamento corporeo è vissuto (con debite differenze) paragonabile per intensità/rapidità/globalità a quanto accade nei primi due anni di vita, quando lo sviluppo del bambino di fatto si risolve in uno sviluppo psicomotorio, legato all’evoluzione biologica in corso e competenze che tale evoluzione consente di raggiungere al bambino. L’acquisizione di una diversa identità corporea sarà l’esito non solo di mutamenti automatici, ma anche di cambiamenti cognitivi, relazionali, affettivi che nel periodo pre-adolescenziale sono ancora in fieri. Finché il corpo non viene mentalizzato, l’adolescente coglie una distonia fra esso e la mente, vivendo in modo esagerato i suoi segnali, utilizzando categorie di lettura inadeguate per una corretta percezione degli stati corporei e fornendo risposte non adatte ai bisogni esperiti. Portare a termine il compito di sviluppo relativo ai cambiamenti corporei significa arrivare ad una buona integrazione mente-corpo, superando l’esperienza di un corpo che imprigiona e arrivando a costruire una rappresentazione mentale che l’adolescente riesce a comprendere e controllare proponendo. Diversa, ma non sufficiente a garantire un passaggio non critico e non conflittuale, in quanto l’immagine di sé del futuro adolescente è ancora incoerente e approssimativa e mancante di una serie di competenze cognitive e relazionali. Ciò che caratterizza nei primi anni del periodo adolescenziale il vissuto relativo a tali cambiamenti è uno squilibrio tra maturità corporea conseguita o in via di conseguimento e una ancora sostanziale immaturità psichica. L’acquisizione di una diversa identità corporea sarà l’esito non solo di mutamenti automatici, ma anche di cambiamenti cognitivi, relazionali, affettivi che nel periodo pre-adolescenziale sono ancora in fieri. Finché il corpo non viene mentalizzato, l’adolescente coglie una distonia fra esso e la mente, vivendo in modo esagerato i suoi segnali, utilizzando categorie di lettura inadeguate per una corretta percezione degli stati corporei e fornendo risposte non adatte ai bisogni esperiti. Portare a termine il compito di sviluppo relativo ai cambiamenti corporei significa arrivare ad una buona integrazione mente-corpo, superando l’esperienza di un corpo che imprigiona e arrivando a costruire una rappresentazione mentale che l’adolescente riesce a comprendere e controllare. SVILUPPO CORPOREO E MATURAZIONE SESSUALE: Lo scatto di crescita (spurt of growth) che conosce il corpo di un pre- adolescente suscita in lui la sensazione che venga a mancare un importante punto di riferimento a lui noto e familiare e che lo faceva sentire competente da un punto di vista fisico, motorio e espressivo. La durata di tale accelerazione è breve e conosce una rapida fase iniziale (due anni) fino al raggiungimento di un picco, a cui fa seguito una fase di decelerazione caratterizzata da una crescita costante ma meno rapida. Questa crescita inattesa può far nascere un’impressione di fisicità eccessiva, diffusa, quasi che il limite corporeo fino ad allora vissuto svanisse, portando paradossalmente ad una momentanea perdita o sospensione dell’identità corporea e ad un rifiuto dell’immagine di sé che il corpo in cambiamento rimanda. Possono essere individuati alcuni INDICATORI DELLO SVILUPPO FISICO che danno ragione del consistente cambiamento in atto. Parliamo innanzitutto di uno sviluppo a livello dei tessuti: nervosi: aumento rapido nei primi 4-5 anni di vita per poi aumentare più gradualmente e raggiungere nel periodo pre-adolescenziale il 95% del suo sviluppo complessivo. Linfatici: timo, nodi linfatici Genitali: testicoli, prostata, ovaie, per i quali si può parlare di una vera ripresa dopo un periodo di stasi durato dai 4 ai 12-13 anni. Scheletrico e muscolare, la cui crescita non avviene in modo uniforme per tutti i settori del corpo: le gambe sono le prime a raggiungere la loro lunghezza definitiva, seguite dalla larghezza del corpo e per ultimo il tronco e spalle. La testa, le mani e i piedi sono le parti che per prime raggiungono la dimensione definitiva. Poi è possibile parlare di un indice corporeo, che riguarda soprattutto altezza e peso e che subisce consistenti cambiamenti in questa fase provocando come per gli altri indici visibili, momentanee disarmonie, fonti di inevitabili preoccupazioni. Infatti, lo sviluppo diseguale di diverse parti del corpo fa apparire l’adolescente momentaneamente disarmonico e maldestro in una serie di movimenti che invece nella fanciullezza lo vedevano competente e ben coordinato. Un ulteriore aspetto di differenziazione nell’accelerazione è quello legato al genere: per le femmine, l’accelerazione può iniziare già tra i 10 e i 13 anni, per terminare
I PRINCIPALI CAMBIAMENTI SESSUALI:
Segnale del processo di maturazione puberale e del connesso sviluppo sessuale è lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari, ovvero del seno, pelo pubico dei genitali, prima mestruazione e prima eiaculazione. Tale maturazione può presentare consistenti variazioni riguardo l’età a cui avviene e la durata del processo, l’ordine in cui i diversi cambiamenti avvengono e la maturazione più precoce delle ragazze di circa un paio di anni sono elementi invece solitamente costanti. Con la maturazione puberale, ricompaiono nella vita del ragazzo le pulsioni sessuali, già presenti nei primi anni di vita, ma fortemente rallentate nel periodo della fanciullezza (definito per questo in chiave psicoanalitica periodo di latenza). Nella pre-adolescenza riemerge l’interesse per la sessualità e questo sia per la maturazione fisiologica, sia per motivi psicologici e socio-culturali (allontanamento progressivo dal punto di vista emotivo dalla famiglia e avvicinamento al gruppo dei pari) che concorrono ad aumentare l’interesse del ragazzo/a per la sfera sessuale. Il ripresentarsi di tali pulsioni sessuali può accompagnarsi con manifestazioni di sessualità che possiamo definire di tipo AUTOCENTRATO O ETEROCENTRATO. La masturbazione rientra nel primo tipo di manifestazione e si presenta in modo abbastanza generalizzato sia nei ragazzi che nelle ragazze, suscitando reazioni diverse (il più delle volte contrassegnate dai sensi di colpa, arrivando anche a incidere sull’autostima del ragazzo che si avverte incapace di smettere e vive con disagio il fenomeno). Accompagnare l’adolescente ad una consapevolezza di tale manifestazione accogliendone il ‘carattere sostitutivo e anticipatorio’ e quindi transitorio e introduttivo alla sessualità adulta, potrebbe aiutarlo a vivere con minore ansia e preoccupazione il fenomeno stesso. La sessualità eterocentrata rimanda a quei comportamenti cui si accennava prima, che portano i ragazzi a cercare i coetanei e cercando situazioni di contatto fisico e intimità, preludio di rapporti sessuali parziali o completi. IDENTITA’ DI GENERE IN ADOLESCENZA Ricordiamo come con il termine sesso si fa riferimento allo status maschile o femminile, con il termine genere ci si riferisce alle caratteristiche che vengono apprese come risultante dell’esperienza sociale vissuta. I cambiamenti fisici e puberali comportano necessariamente un lavoro di ridefinizione del proprio ruolo in termini maschili o femminili, anche in risposta ad attese sociali che ora si fanno sentire in modo più evidente. Quella che viene chiesta e su cui l’adolescente è chiamato ad impegnarsi è l’adozione di un comportamento che sia rivelatore di un’individualità maschile o femminile. Il raggiungimento di un’identità di genere non confusiva è sicuramente un compito evolutivo primario del periodo adolescenziale. Essere maschi ed essere femmine significa oggi confrontarsi con una realtà più complessa, articolata e sfumata rispetto ad alcuni anni fa, dove l’idea di femminilità e mascolinità era più facilmente rintracciabile. Quello che in passato era un processo lineare di adesione a un ruolo di genere rigido e irreversibile, è stato sostituito da interpretazioni discrezionali della mascolinità e della femminilità, con connotazioni meno rigide e meno differenziate. La fluidità degli attuali percorsi di costruzione identitaria consente di uscire da una concezione rigidamente binaria (maschile o femminile), per adottare una logica dimensionale, in cui l’identità di genere può essere intesa come tipica o atipica rispetto alla congruenza con il sesso biologico. Quella che si rintraccia in letteratura è l’esigenza di una definizione composita e multifattoriale dell’identità di genere. Tre sono gli orientamenti classicamente noti tesi a spiegare lo sviluppo dell’identità di genere: 1) Orientamento biologico 2) Orientamento sociale 3) Orientamento cognitivo
Essere in anticipo sembra giocare un ruolo nelle ragazze che vivono in
solitudine tale esperienza e che possono presentare in relazione a tale anticipo segnali di disadattamento sia internalizzato che esternalizzato. Segnali analoghi sono riscontrabili anche in chi si sviluppa in ritardo. I ricercatori hanno rivisto anche la posizione che vedeva i maschi immuni da preoccupazioni e difficoltà ad accettare il proprio corpo in cambiamento, scoprendoli insoddisfatti al pari delle coetanee e con la messa in atto di comportamenti quali uso e abuso di steroidi e integratori alimentari. Due sembrano le teorie principali che hanno cercato di spiegare gli effetti della maturazione fisica sullo sviluppo psicologico. MATURATIONAL DEVIANCE HYPOTHESIS: sottolinea la presenza di livelli di stress più elevati negli adolescenti fuori tempo, tali livelli renderebbero l’adolescente più vulnerabile e meno in grado di affrontare i problemi die loro pari non fuori tempo. EARLY MATURATIONAL/TIMING HYPHOTESIS: la situazione di anticipo è particolarmente vera per le adolescenti femmine con una serie di conseguenze personali e sociali. Tali prospettive vanno integrate e arricchite cogliendone le interazioni con tre elementi che fanno parte dell’adolescenza e si fanno sentire sull’andamento e il modo di affrontare lo sviluppo puberale: Presenza di aspetti di vulnerabilità precedenti il periodo adolescenziale può rendere più emotivamente sensibili gli adolescenti nell’affrontare lo stress legato allo sviluppo puberale. L’influenza ormonale tipicamente adolescenziale dice di un’aumentata attività emotiva che può portare all’uso di sostanze e comportamenti problematici. Il contesto può essere amplificatore sia in senso adattivo, sia in senso disadattivo. FATTORE CULTURALE Fa riferimento al diverso significato che viene dato ai cambiamenti fisici e allo sviluppo puberale nelle diverse culture: una maggiore o minore accentuazione di tali cambiamenti da parte dei genitori o di altri adulti significativi nel mondo sociale dell’adolescente, il modo e la frequenza con cui si parla da un punto di vista educativo e sociale nella cultura di appartenenza e mezzi tecnologici dello sviluppo fisico e sessuale, comportano necessariamente un avvicinamento e un lavoro di comprensione di tale compito di sviluppo. Spesso i messaggi che investono a livello massmediale propongono un’immagine del corpo come luogo che rispecchia o dovrebbe rispecchiare l’identità della persona, che dice dei suoi valori e appartenenze. È possibile rintracciare tale componente culturale unita ad una psicologica in diversi fenomeni: la corporeità in adolescenza può essere diversamente vissuta e problematizzata fra dimensioni ambivalenti che vanno dall’annientamento, negazione alla sua esaltazione o tentativo di cambiamento e modificazione. In questa direzione è possibile rintracciare e collocare patologie quali anoressia e bulimia, e pratiche di modificazione momentanea come i piercing/tatuaggi e ricorso alla chirurgia estetica. L’anoressia e la bulimia rientrano nella più ampia categoria dei disturbi alimentari (negli ultimi anni in costante aumento, arrivando a interessare una parte significativa della popolazione, soprattutto giovanile e adolescenziale, e sostanzialmente femminile). L’anoressia comincia di solito con dimagrante avviata senza un controllo medico, accompagnata dalla percezione della ragazza di essere comunque troppo grassa: tale comportamento, influenzato da stereotipi pubblicitari e sociali, in realtà segnala disagi psichici profondi (in cui spesso sono coinvolti i legami familiari). Pietropolli Charmet parla a questo proposito di una sorta di IPER- MENTALIZZAZIONE del proprio corpo, che si traduce in una esagerata dedizione ad esso, alla sua cura, a quanto avviene al suo interno, attenzione eccessiva che arriva a invadere anche il livello psichico e a proporsi come unica modalità di attività mentale e affettiva. Si esiste a partire da quanto si pesa e da come gli altri lo notano e commentano il lavoro di dimagrimento, controllando il proprio corpo, l’adolescenza pensa di poter controllare anche il mondo che lo circonda. La bulimia, pur avendo caratteristiche specifiche, presenta il medesimo sintomo dell’anoressia, ovvero un ossessione verso il cibo e il proprio peso, usata in modo difensivo per evitare di affrontare temi e conflitti. L’ADOLESCENTE tra sviluppo cognitivo e sviluppo morale Tra i compiti evolutivi che spettano all’adolescente vi è quello di acquisire e mettere a frutto competenze mentali che permettano di sviluppare una nuova consapevolezza cognitiva ed emotiva di sé, del mondo fisico e dell’universo sociale in cui vive. Negli ultimi anni lo studio del cervello ha permesso di conoscere più a fondo i cambiamenti cerebrali che accompagnano lo sviluppo cognitivo e mentale. Grazie ai contributi provenienti dall’approccio neuro- costruttivista sappiamo che sia fattori biologici e genetici, sia fattori ambientali influenzando lo sviluppo del cervello, il quale mostra notevole plasticità soprattutto nei primi anni di vita e presenta uno sviluppo fortemente intrecciato con quello cognitivo. Durante l’adolescenza il cervello è coinvolto in cambiamenti rilevanti. In rapporto alle connessioni neuronali, ad esempio, i ragazzi alla fine dell’adolescenza possiedono un numero di connessioni nettamente inferiore rispetto alle fasi precedenti, ma anche più efficace. Grazie a tecniche di studio del cervello come la fMRI sono stati approfonditi i cambiamenti che avvengono a livello della struttura cerebrale da fasci di fibre nervose che collegano i due emisferi e che in adolescenza si infittiscono, migliorando l’abilità di elaborazione di informazioni. Inoltre, lo sviluppo della corteccia prefrontale in adolescenza e giovane età adulta influisce sulla capacità di ragionamento e presa di decisioni. Infatti, all’inizio dell’adolescenza si assiste a un nuovo proliferare di sinapsi, aumento della sostanza grigia nella corteccia prefrontale, a un incremento di quella bianca. La corteccia cerebrale raggiunge la sua piena maturità dopo il 20esimo anno di vita. In seguito, i circuiti neuronali si strutturano in funzione del loro uso secondo una logica legata alla regola ‘use it or lose it’, che implica lo sfoltimento delle sinapsi inutilizzate (pruning) e diminuzione della materia grigia. Proprio in relazione a ciò migliorano il ragionamento logico, abilità di elaborazione di informazioni, capacità di inibire le risposte e considerare simultaneamente più dati. Il contributo più consistente circa le caratteristiche del pensiero dell’adolescente proviene da Jean Piaget, il quale ha proposto quello che è tutt’ora il modello più completo dello sviluppo cognitivo dall’infanzia all’adolescenza (da diversi anni la teoria piagetiana è stata sottoposta a diverse critiche e revisioni) Il problema da cui è partito Piaget riguarda la comprensione della genesi dell’intelligenza e delle strutture con cui essa opera; concerne la natura e il funzionamento del pensiero nel corso dello sviluppo umano. Influenzato dagli studi giovanili di biologica, Piaget concepisce l’intelligenza come ADATTAMENTO dell’individuo all’ambiente, che si realizza attraverso la complessa dinamica di due invarianti funzionali: i meccanismi di ASSIMILAZIONE E ACCOMODAMENTO
Per Case, ogni struttura di controllo possiede quattro sotto stadi:
consolidamento operazionale, coordinazione operazionale, coordinazione bifocale, coordinazione elaborata. Per il periodo adolescenziale, egli descrive un sotto stadio di consolidamento operazionale durante la quale i ragazzi ragionano in termini di comprensione di variabili, o proporzionalità. Nel sotto stadio della coordinazione operazionale, essi sono in grado di usare i due ragionamenti simultaneamente. Durante quello della coordinazione bifocale, divengono in grado di usare una proporzione per risolvere la relazione peso-distanza. Infine, con la coordinazione elaborata, gli adolescenti sanno risolvere proporzioni che implicano la nozione di MCM. Un contributo alla conoscenza del funzionamento mentale in adolescenza proviene dagli studiosi post-piagetiani. Essi hanno indagato sperimentalmente l’influenza dell’interazione sociale nella costruzione degli strumenti cognitivi. Le ricerche mostrano come tra gli 11 e i 15-16 anni i compiti che riguardano situazioni di problem-solving vengano più facilmente compresi e risolti quando i soggetti lavorano insieme per scoprire e applicare le regole, discutendone i punti di vista conflittuali, trovando soluzioni comuni e mettendosi d’accordo prima di fornire la risposta. Secondo questi autori il disaccordo tra i ragazzi attiverebbe un modo di funzionamento del pensiero di tipo dialettico intra-individuale, una sorta di dialogo cognitivo interno attivato dalla discussione con l’altro, questo a volte genera una intensificazione della discussione inter individuale all’esterno, e la ricerca di punti di accordo. Soprattutto in adolescenza, grazie alle caratteristiche del pensiero in questa fase, diventano fondamentali la discussione, il conflitto socio-cognitivo e il decentramento mentale del soggetto, per promuovere una costruzione condivisa della conoscenza. Infine, un ambito di ricerca piuttosto recente relativo allo sviluppo mentale in adolescenza riguarda l’acquisizione della teoria della mente o ToM (= la capacità umana di riconoscere in se stessi e negli altri la presenza di stati mentali che sono alla base delle azioni manifeste). È stato dimostrato che a partire dai 4 anni i bambini sanno attribuire ad altri false credenze sullo stato di realtà, e prevedere le azioni che derivano da queste credenze erronee; sono in grado quindi di risolvere compiti di falsa credenza di primo ordine. Con il passare degli anni, intorno ai 7-8, essi sanno poi risolvere prove più complesse, ovvero i compiti di falsa credenza di secondo ordine, che permettono di valutare lo stato di conoscenza di qualcuno rispetto alle conoscenze di un altro. In particolare, è stata studiata la capacità e tendenza dell’adolescente a mentalizzare (= riferirsi a stati mentali o interni e a collegarli con le azioni manifeste). LO SVILUPPO METACOGNITIVO: Il termine metacognizione viene usato per indicare la consapevolezza e il controllo che un individuo ha dei propri processi cognitivi. In modo più specifico, viene talvolta sostituito da termini che rimandano a tipi di processi su cui si esercitano consapevolezza e controllo. Secondo Moshman, la differenza principale tra funzionamento mentale del bambino e quello dell’adolescente è data dalla capacità di riflettere sul proprio stesso pensiero. Si tratta di un cambiamento importante che coinvolge le abilità metacognitive del soggetto, ovvero la capacità di riflettere sulla propria conoscenza e sulle modalità e strategie di conoscere, ricordare e apprendere. Byrnes sottolinea come i bambini sarebbero inizialmente ‘oggettivisti’ assumendo che tutto il sapere è certo e può essere appreso velocemente sulla base dell’osservazione. Successivamente (10-11 anni) comparirebbe un cambiamento nella direzione del ‘relativismo’ secondo cui la verità di ciascuno ha dignità pari a quella degli altri. 16 Nella tarda adolescenza e prima età adulta, si affermerebbe l’idea che a fronte di diverse ipotesi si può valutare l’accuratezza e validità di ciascuna in base alla raccolta dei dati o ragionamento. Lo sviluppo metacognitivo in adolescenza è stato studiato, più di recente, in riferimento al metodo di studio e capacità di apprendimento strategico. Sono stati rilevati cambiamenti rispetto alle fasi evolutive precedenti, nella consapevolezza del proprio funzionamento psicologico (auto-regolazione, strategie cognitive, stili di pensiero, auto-efficacia) e le differenze tra ragazzi con sviluppo tipico e coloro che presentano DSA. In quest’ultimo caso, le capacità metacognitive possono risultare carenti e richiedono di essere rafforzate attraverso specifici programmi di intervento. Pensiero e differenze individuali: Le variabili socio-demografiche tradizionali quali lo status socio-culturale, il livello di scolarizzazione (soprattutto tipologia scuola scelta), le opportunità di socializzazione e confronto con i pari influenzino lo sviluppo cognitivo e le capacità mentali dei soggetti adolescenti non diversamente da quanto succede con i bambini. Ragazzi che giungono alle soglie dell’adolescenza avendo usufruito di un contesto familiare stimolante, in grado di fornire supporto, e di esperienze scolastiche e culturali arricchenti presentano capacità mentali superiori rispetto ai ragazzi provenienti da ambienti economicamente e culturalmente svantaggiati. Interessante è il contributo offerto dalla teorie delle intelligenze multiple di Gardner. La teoria sostiene come ogni individuo possa presentare maggiori competenze rispetto ad alcune intelligenze piuttosto che altre. Così ci saranno adolescenti che sulla scorta di dotazioni di base e specifiche esperienze ambientali, avranno maggiormente sviluppato l’intelligenza linguistica piuttosto che quella matematica ecc. A fronte quindi del superamento dei compiti tradizionali (in grado di testare la presenza del pensiero formale), l’intelligenza assumerà coloriture diverse nei singoli adolescenti, consentendo a ciascuno di primeggiare in alcuni domini. Inoltre, le singole culture tendono a favorire lo sviluppo di alcune forme di intelligenza e a inibire lo sviluppo di altre, considerate secondarie all’interno della cultura di appartenenza. Un contributo al tema delle differenze individuali proviene anche dalla teoria dei due tipi di pensiero elaborata da Bruner. Egli ipotizza l’esistenza di due modalità complementari ma irriducibili di funzionamento della mente: il pensiero logico-scientifico e il pensiero narrativo. In breve, il pensiero logico-scientifico o paradigmatico è tipico del ragionamento scientifico, opera per costruire leggi generali, utilizza procedure di falsificazione dei fenomeni. Il pensiero narrativo o sintagmatico caratterizza il ragionamento quotidiano, si interessa ai casi particolari ovvero alle vicende umane fatte di opinioni, credenze, intenzioni e desideri; costruisce storie e utilizza processi di interpretazioni della realtà narrata. I due tipi di pensiero vengono sviluppati da ciascun individuo: come le capacità logiche si affinano consentendo di compiere nel periodo adolescenziale operazioni formali e processi di astrazione, così quello narrativo si trasforma e evolve nel corso dell’infanzia e adolescenza. Ora in base alle diverse ricerche è possibile distinguere tra soggetti logici e soggetti narrativi, ovvero tra soggetti che sembrano avere sviluppato un approccio più orientato all’uso del pensiero paradigmatico e soggetti più portati all’uso di quello narrativo. In una ricerca condotta da Salter a bambini e adolescenti è stato chiesto di raccontare episodi significativi della propria storia familiare e di rispondere alle seguenti domande: qual è l’idea più importante di questa storia? Cosa significa per te questa storia? 17