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ADOLESCENZA, COSTRUZIONE DELL’IDENTITA’ NEI CONTESTI


DI CRESCITA
L’adolescenza è quella fase del ciclo di vita umano in cui si verifica la
transizione dallo stato di bambino a quello di
adulto.
Copre quindi un periodo piuttosto lungo, mutevole da individuo a individuo e
da cultura a cultura, in cui a fronte
delle numerose trasformazioni fisico-corporee si assiste a profondi cambiamenti
psicologici, che investono le
capacità cognitive, la sfera emotivo-affettiva, e le competenze sociali della
persona.
Il percorso di crescita che coinvolge l’adolescente può essere ben illustrato dalla
metafora del labirinto, inteso
come luogo al cui interno si cerca la strada giusta che porti all’uscita, ma in cui
è anche molto facile perdersi per
poi ritrovarsi, spesso grazie all’aiuto di altri significativi.
La nota e condivisa definizione psicologica di adolescenza come fase di
transizione, di passaggio, non deve
tuttavia comportare una svalutazione del contributo sociale e culturale da essa
rappresentato.
Essa è infatti un preciso momento evolutivo con caratteristiche specifiche che lo
rendono fase o stadio
autonomo.
Gli adolescenti esprimono una vera e propria cultura, condividendo nel rispetto
delle differenze individuali, un
certo linguaggio, un modo di vestirsi, preferenze per certi
scrittori/cantanti/influencer, messi a disposizione dalla
cultura di appartenenza di cui essi sono artefici e creatori.
Adolescenza come percorso/processo di costruzione dell’identità all’interno del
ciclo di vita.
Percorso che si realizza affrontando (coping) e in qualche modo risolvendo
specifici compiti di sviluppo che
trovano nel contesto e nella cultura di appartenenza del singolo adolescente la
loro esplicitazione.
Se è vero che tutti gli adolescenti per diventare adulti devono affrontare una
molteplicità di compiti di sviluppo
investendovi energie elevate, è anche vero che tali compiti non costituiscono
delle invarianti, ma risultano dal
rapporto tra individuo e il suo ambiente.
Cattelino e Bonino
L’adolescenza si configura come una fase importante quanto l’infanzia e la
fanciullezza che l’hanno preceduta, e
quella dell’emerging adulthood che la segue.
È uno stadio del processo di crescita in cui il soggetto è chiamato ad affrontare
con impegno alcuni compiti
evolutivi il cui esito sarà funzione di diversi fattori, per esempio la storia
personale dell’individuo con le risorse di
cui dispone al momento dell’ingresso in adolescenza, le richieste che
provengono dall’ambiente e dalla cultura, le
relazioni.
Il traghettamento verso l’età adulta ricordiamo come non termina con la fine
dell’adolescenza, ma continua,
almeno per alcune dimensioni, anche nell’età del giovane adulto, età che
condivide con l’adolescente il compito
di sviluppo rappresentato dalla ristrutturazione del concetto di sé e dalla
costruzione dell’identità.

ADOLESCENZA, IDENTITA’ E COMPITI DI SVILUPPO


All’interno del gruppo di studiosi che con approcci differenti si sono occupati
dell’adolescenza, ci sembra che la
visione di Erikson dello sviluppo come ‘ciclo di vita’ costellato di eventi critici,
rappresenti uno snodo teorico
cruciale a cui non è possibile non rifarsi.
Quella proposta da Erikson non è più una visione strettamente psico-sessuale
dello sviluppo (come quella di
Freud). L’orizzonte entro cui egli colloca il suo modello evolutivo è psico-
sociale, nel tentativo di comprendere
non solo le dimensioni psichiche dello sviluppo, ma anche quelle sociali e
culturali.
Emerge quindi una visione complessa dell’individuo che si definisce in base a
tre dimensioni fondamentali: soma,
psiche ed ethos.
I processi biologici, psichici e sociali sono ugualmente rilevanti nello sviluppo
dell’individuo.
Un elemento centrale nel modello eriksonsiano è quello del principio
dell’EPIGENESI, per cui nell’organismo sono
presenti delle potenzialità che con il passare del tempo e le esperienze vissute
diventano attuali, fornendo
dinamicità e continuità allo sviluppo.
L’aspetto multidimensionale della sua concezione tiene conto non solo del
presente vissuto dalla persona, ma
anche del suo passato e del suo futuro.
Dall’articolato impianto di questo autore, ci interessa sottolineare il concetto di
IDENTITA’, sulla cui funzione
unificatrice egli costruisce il suo modello in stadi (vedi quadro 2 a pagina 19).
Il ciclo di vita prende avvio e si consuma nella costruzione dell’identità,
consentendo all’individuo di
sperimentare dimensioni apparentemente dissonanti quali continuità e
mutamento e garantendo integrità e
unitarietà della persona anche di fronte ai cambiamenti che le condizioni socio-
culturali pongono in essere e
l’individuo sarà chiamato ad affrontare.
Erikson ha individuato per ciascuno stadio del ciclo di vita un particolare
compito di sviluppo che a seconda di
come vinee affrontato e risolto, condurrà a esiti evolutivi positivi o negativi.
Ogni stadio di sviluppo è caratterizzato da un DILEMMA PSICOSOCIALE che
nasce all’interno della relazione
soggetto-ambiente e che deve essere superato perché la crescita possa procedere
in senso maturativo.
Ogni fase conosce uno specifico potenziale sintonico e uno distonico che sono
alla ricerca di un equilibrio
dinamico con la parte positiva prevalente.
Il dilemma che l’adolescente deve affrontare è legato all’antitesi tra identità e
confusione d’identità e può portare
a raggiungere la forza psicosociale positiva della fedeltà, ovvero della capacità
di essere coerenti e leali rispetto
all’impegno assunto, sia verso se stessi sia verso gli altri.
Caratteristica di questo stadio è la dimensione della sperimentazione: in questa
direzione egli parla del periodo
adolescenziale come di una ‘moratoria psicosociale’: un periodo di maturazione
sessuale e cognitiva che tuttavia
è sanzionato dal rinvio di un definitivo impegno. Da un lato il ragazzo è
chiamato a ripudiare le identificazioni
della fanciullezza rintracciando un diverso e personale modo di relazionarsi agli
altri, dall’altro ad assumere un
ruolo che gli consenta di essere riconosciuto dalla comunità.
Identificazione e sperimentazione vengono ad essere i due processi cruciali per
la costruzione dell’identità in tale
fase: attraverso il primo l’adolescente abbandona le identificazioni precedenti
scegliendo nuovi modelli
identificativi presenti nell’ambiente. Egli si sperimenta nell’adesione
consapevole ai gruppi sociali che gli
consentono di assumere diversi ruoli, favorendo il confronto, autoriflessione e
conoscenza di sé.
Al termine dell’adolescenza il ragazzo dovrebbe possedere una maggiore e
articolata consapevolezza della
propria identità e delle sue caratteristiche:
continuità e coerenza: l’adolescente percepisce pur nella discontinuità delle sue
esperienze e vicende,
una continuità e consistenza interna eciprocità: consapevolezza di una
corrispondenza fra immagine che abbiamo di noi e quella percepita
dagli altri con cui entriamo in relazione libertà ed accettazione dei limiti:
comprensione dei propri limiti fisici e capacità non intacca la
consapevolezza e la libertà di scegliere
avvertire una destinazione: aver costruito delle rappresentazioni realistiche di sé
e del proprio percorso
di vita
nel caso in cui l’adolescente non riesca a superare le ambiguità e scelte che
incontra, andrà incontro ad una
identità confusa e in qualche modo negativa.
Tale lavoro di costruzione (anche nel caso di un esito felice) non termina con
l’uscita dallo stadio adolescenziale:
la costruzione dell’identità continuerà ad essere componente essenziale nella
vita della persona.
CONCEZIONI DELL’IDENTITA’ NELLA RICERCA ATTUALE
Kroger individua tre linee di ricerca che si sono sviluppate in seguito alle
riflessioni di Erikson:
1. Ricerche focalizzate a studiare la collocazione che la dicotomia identità vs
confusione di identità ha nello
schema eriksoniano a 8 stadi.
2. Ricerche focalizzate solo sul quinto stadio e sulla sua concettualizzazione in
termini bipolari.
3. Ricerche fondate su un approccio più generale che studiamo una o più
dimensioni dell’identità.
Diversi sono stati gli studi volti a cogliere meglio il processo di costruzione
identitaria in adolescenza.
Fra i vari autori ricordiamo James Marcia che, cercando di rintracciare
un’evidenza sperimentale, fonda il suo
studio sulla nozione di IMPEGNO, con attenzione agli esiti che l’identità
dell’adolescenza può conoscere.
Nel corso dell’adolescenza, il ragazzo assumerà impegni diversi e affronterà il
problema dell’identità in modi
diversi: individua 4 modalità di fronteggiare quello che Erikson aveva definito il
dilemma psico-sociale
dell’adolescenza, il dilemma di identità confusione, e li chiama STATI DEL
SE’ o dell’identità.
Ogni stato del sé viene a definirsi a partire da due dimensioni: esplorazione
delle possibili alternative o scelte e
l’impegno che mette per intraprendere e perseguire l’alternativa individuata.
Identità realizzata: quando la persona ha attuato esplorazioni significative
all’interno delle alternative alternative
incontrate, impegnandosi in modo valido nelle scelte effettuate.
Blocco d’identità: quando la persona non ha sfruttato il tempo dell’esplorazione
fino in fondo,
assumendo impegni gravosi troppo presto e ancorandoli a identificazioni
caratteristici di stadi
precedenti.
Diffusione dell’identità: quando la persona ha occupato il suo tempo in
esplorazioni superficiali senza
realmente impegnarsi in alcuna scelta o alternativa.
Moratoria dell’identità: quando la persona è in uno stato di sospensione rispetto
all’impegno, nell’attesa
di meglio definire gli esiti delle esplorazioni effettuate.
L’evento critico che spinge l’adolescente ad avviare processi di esplorazione è
la serie di cambiamenti che
caratterizzano l’avvio del periodo adolescenziale e che obbligano il ragazzo a
riorganizzare in nuovi equilibri gli
elementi precedenti, integrandone di nuovi e costruendo un equilibrio più
avanzato.
Soltanto se il processo di esplorazione si conclude con la integrazione tra
elementi nuovi e caratteristiche
precedenti della persona e l’attore sa assumere un impegno preciso nei confronti
dei significati e valori che
caratterizzano il nuovo equilibrio, si può parlare di acquisizione dell’identità.
ADOLESCENZA E COMPITI DI SVILUPPO
Un aspetto che accomuna gli studi dell’adolescenza è quello relativo ai compiti
di sviluppo.
I compiti di sviluppo accompagnano e caratterizzano tutto il ciclo di vita
collocandosi come ambiti in cui la
persona è condotta ad impegnarsi in modo particolare al fine di raggiungere
quelle competenze che le
consentono di superare la fase che sta vivendo avviandosi in quella successiva.
Il compito di sviluppo adolescenziale ‘che può concretizzarsi in compiti più
specifici e differenziati a seconda delle
culture, è quello di costruire in modo autonomo la propria identità’.
Havighurst definisce i compiti di sviluppo come:
Anche lui descrive lo sviluppo in termini di
momenti o eventi critici, di sfide che costellano il
percorso di crescita e caratterizzati da componenti
sia biologiche, sia culturali e sociali, sia personali Una caratteristica
fondamentale dei compiti di sviluppo è la ricorrenza, i compiti di sviluppo
devono essere
affrontati in momenti specifici o fasi della vita.
Questa caratteristica riguarda i compiti definiti come ‘non ricorrenti’ , specifici
di un periodo o assimilabili a dei
turning points del ciclo di vita. Gli altri sono invece compiti ‘ricorrenti’, ovvero
non affrontati e risolti una sola
volta ma che si ripresentano in ogni fase e vengono affrontati diversamente a
partire dalle esperienze pregresse
e nuovi bisogni.
Sottolineiamo però come l’aspetto storico e culturale incide nell’individuazione
di tali compiti rendendoli per
certi aspetti ‘storicamente’ datati e quindi superati.
Palmonari parla di alcuni compiti di sviluppo che fanno riferimento a fenomeni
inquadrabili come universali
nell’adolescenza.
Una prima categoria comprende quei compiti legati allo sviluppo fisico e
sessuale e all’esperienza che di tali
aspetti viene fatta.
Altra è quella relativa allo sviluppo cognitivo e possibilità che l’acquisizione del
pensiero ipotetico-deduttivo
consente rispetto all’allargamento degli interessi personali e sociali.
Infine, troviamo quelli legati all’evoluzione identitaria e conseguente
riorganizzazione del sé Al di là dei vari compiti individuati, essi caratterizzano
l’adolescenza: sono problemi comuni a tutti gli adolescenti,
che devono essere affrontati e superati per poter costruire la propria identità e
raggiungere la propria
autonomia.
Quello che differenzia il percorso identitario è che tali compiti non vengono
vissuti in modo uguale da tutti:
l’intensità e la quantità con cui si presentano variano in base alla cultura di
riferimento, caratteristiche del gruppo
di appartenenza, tratti temperamentali e storia autobiografica.
COMPITI DI SVILUPPO NEI CONTESTI CULTURALI
La cultura di appartenenza, da un lato indirizza le condotte degli adolescenti con
gli strumenti, gli artefatti
tecnologici e l’insieme di regole e valori che offre, dall’altro lato si lascia
plasmare dalla creatività stessa degli
adolescenti e anche grazie al loro contributo e alle loro energie si trasforma e si
arricchisce continuamente.
Il primo compito evolutivo è quello relativo allo sviluppo fisico-corporeo e
sessuale.
Accanto alla sua dimensione biologica, il cambiamento fisico e sessuale vissuto
dall’adolescente ha assunto negli
ultimi anni caratteristiche interpretabili alla luce dei cambiamenti sociali e
culturali in atto che lo rendono
particolarmente significativo.
Un secondo compito evolutivo con cui l’adolescente è chiamato a confrontarsi è
quello connesso allo sviluppo
cognitivo e morale.
L’acquisizione di competenze mentali di tipo astratto rende l’adolescente in
grado di rappresentarsi il mondo e il
proprio percorso di vita, di ragionare per ipotesi, utilizzare processi di induzione
e deduzione
L’ADOLESCENTE E LO SVILUPPO FISICO-CORPOREO E
SESSUALE
Uno dei principali versanti in cui l’adolescente si trova impegnato è quello
relativo allo sviluppo fisico e sessuale,
versante che occupa le sue energie fisiche e psichiche soprattutto nei primi anni
di tale fase.
Diversi autori concordano nel collocare nella pre-adolescenza il momento di
maggiore intensità di tale sviluppo,
individuando anzi nei segnali di cambiamento corporeo l’avvio dell’adolescenza
stessa.
Negli anni è stata a questo proposito evidenziata una precisa tendenza o
spostamento secolare della crescita,
un’accelerazione nel ritmo di sviluppo dei bambini e degli adolescenti di questa
epoca rispetto a quelli di più di
un secolo fa. Tale aspetto di precocità riguarderebbe soprattutto altezza e
momento della prima mestruazione.
Le sempre più precoci trasformazioni biologiche vissute dall’adolescente
segnano dunque il suo ingresso nella
pubertà e costituiscono la principale fonte di preoccupazione e interesse. Spesso
tali cambiamenti per quanto
inattesi colgono di sorpresa il ragazzo/a, che per molti aspetti è ancora legato/a
ad una rappresentazione di sé di
tipo infantile, che comporta un’immagine corporea con connotazioni anch’esse
infantili e che quindi fatica a
comprendere ed accettare (almeno inizialmente) i cambiamenti di cui è
protagonista il proprio corpo e su cui
avverte di non avere alcun controllo.
Negli ultimi anni poi i media e una certa pressione culturale propongono in
modo anticipato modelli di corpo
adulto, sollecitando l’attenzione anche nei più giovani al corpo stesso e alle sue
modificazioni.
I bambini ‘non ancora adolescenti’ sentono quindi che qualcosa sta cambiando,
e capiscono di dover affrontare
un processo di revisione dell’immagine corporea di sé, ma avvertono anche una
profonda inquietudine legata al
fatto di non conoscere l’esito di questo processo.
L’immagine corporea costituisce la rappresentazione mentale che un soggetto
ha del suo corpo, deriva
dall’interpretazione personale che la persona fa di se stesso ed essendo investita
di desideri, sogni e aspettative
di quello che si è stati, e di quello che si vorrebbe essere, presenta connotazioni
affettive, diventando talvolta
area di vulnerabilità e ansia per il pre-adolescente.
A tale proposito si definisce il compito legato allo sviluppo fisico e corporeo
come ‘mentalizzazione del corpo’,
sottolineandone la forte componente affettiva e l’ambivalenza di amore/odio
che accompagna i vissuti legati ad
esso provati dall’adolescente: obiettivo di tale processo è quello di rendere il
corpo ‘comprensibile, di riuscire a
dargli una forma, di addomesticarlo e renderlo coerente con valori interiori.
Il cambiamento corporeo è vissuto (con debite differenze) paragonabile per
intensità/rapidità/globalità a quanto
accade nei primi due anni di vita, quando lo sviluppo del bambino di fatto si
risolve in uno sviluppo psicomotorio,
legato all’evoluzione biologica in corso e competenze che tale evoluzione
consente di raggiungere al bambino. L’acquisizione di una diversa identità
corporea sarà l’esito non solo di mutamenti automatici, ma anche di
cambiamenti cognitivi, relazionali, affettivi che nel periodo pre-adolescenziale
sono ancora in fieri.
Finché il corpo non viene mentalizzato, l’adolescente coglie una distonia fra
esso e la mente, vivendo in modo
esagerato i suoi segnali, utilizzando categorie di lettura inadeguate per una
corretta percezione degli stati
corporei e fornendo risposte non adatte ai bisogni esperiti.
Portare a termine il compito di sviluppo relativo ai cambiamenti corporei
significa arrivare ad una buona
integrazione mente-corpo, superando l’esperienza di un corpo che imprigiona e
arrivando a costruire una
rappresentazione mentale che l’adolescente riesce a comprendere e controllare
proponendo. Diversa, ma non sufficiente a garantire un passaggio non critico e
non conflittuale, in quanto
l’immagine di sé del futuro adolescente è ancora incoerente e approssimativa e
mancante di una serie di
competenze cognitive e relazionali.
Ciò che caratterizza nei primi anni del periodo adolescenziale il vissuto relativo
a tali cambiamenti è uno
squilibrio tra maturità corporea conseguita o in via di conseguimento e una
ancora sostanziale immaturità
psichica.
L’acquisizione di una diversa identità corporea sarà l’esito non solo di
mutamenti automatici, ma anche di
cambiamenti cognitivi, relazionali, affettivi che nel periodo pre-adolescenziale
sono ancora in fieri.
Finché il corpo non viene mentalizzato, l’adolescente coglie una distonia fra
esso e la mente, vivendo in modo
esagerato i suoi segnali, utilizzando categorie di lettura inadeguate per una
corretta percezione degli stati
corporei e fornendo risposte non adatte ai bisogni esperiti.
Portare a termine il compito di sviluppo relativo ai cambiamenti corporei
significa arrivare ad una buona
integrazione mente-corpo, superando l’esperienza di un corpo che imprigiona e
arrivando a costruire una
rappresentazione mentale che l’adolescente riesce a comprendere e controllare.
SVILUPPO CORPOREO E MATURAZIONE SESSUALE:
Lo scatto di crescita (spurt of growth) che conosce il corpo di un pre-
adolescente suscita in lui la sensazione che
venga a mancare un importante punto di riferimento a lui noto e familiare e che
lo faceva sentire competente da
un punto di vista fisico, motorio e espressivo.
La durata di tale accelerazione è breve e conosce una rapida fase iniziale (due
anni) fino al raggiungimento di un
picco, a cui fa seguito una fase di decelerazione caratterizzata da una crescita
costante ma meno rapida.
Questa crescita inattesa può far nascere un’impressione di fisicità eccessiva,
diffusa, quasi che il limite corporeo
fino ad allora vissuto svanisse, portando paradossalmente ad una momentanea
perdita o sospensione
dell’identità corporea e ad un rifiuto dell’immagine di sé che il corpo in
cambiamento rimanda.
Possono essere individuati alcuni INDICATORI DELLO SVILUPPO FISICO
che danno ragione del consistente
cambiamento in atto.
Parliamo innanzitutto di uno sviluppo a livello dei tessuti:
nervosi: aumento rapido nei primi 4-5 anni di vita per poi aumentare più
gradualmente e raggiungere nel
periodo pre-adolescenziale il 95% del suo sviluppo complessivo.
Linfatici: timo, nodi linfatici
Genitali: testicoli, prostata, ovaie, per i quali si può parlare di una vera ripresa
dopo un periodo di stasi
durato dai 4 ai 12-13 anni.
Scheletrico e muscolare, la cui crescita non avviene in modo uniforme per tutti i
settori del corpo: le gambe sono
le prime a raggiungere la loro lunghezza definitiva, seguite dalla larghezza del
corpo e per ultimo il tronco e
spalle. La testa, le mani e i piedi sono le parti che per prime raggiungono la
dimensione definitiva.
Poi è possibile parlare di un indice corporeo, che riguarda soprattutto altezza e
peso e che subisce consistenti
cambiamenti in questa fase provocando come per gli altri indici visibili,
momentanee disarmonie, fonti di
inevitabili preoccupazioni.
Infatti, lo sviluppo diseguale di diverse parti del corpo fa apparire l’adolescente
momentaneamente disarmonico
e maldestro in una serie di movimenti che invece nella fanciullezza lo vedevano
competente e ben coordinato.
Un ulteriore aspetto di differenziazione nell’accelerazione è quello legato al
genere: per le femmine,
l’accelerazione può iniziare già tra i 10 e i 13 anni, per terminare

I PRINCIPALI CAMBIAMENTI SESSUALI:


Segnale del processo di maturazione puberale e del connesso sviluppo sessuale
è lo sviluppo dei caratteri
sessuali secondari, ovvero del seno, pelo pubico dei genitali, prima
mestruazione e prima eiaculazione.
Tale maturazione può presentare consistenti variazioni riguardo l’età a cui
avviene e la durata del processo,
l’ordine in cui i diversi cambiamenti avvengono e la maturazione più precoce
delle ragazze di circa un paio di anni
sono elementi invece solitamente costanti.
Con la maturazione puberale, ricompaiono nella vita del ragazzo le pulsioni
sessuali, già presenti nei primi anni di
vita, ma fortemente rallentate nel periodo della fanciullezza (definito per questo
in chiave psicoanalitica periodo
di latenza).
Nella pre-adolescenza riemerge l’interesse per la sessualità e questo sia per la
maturazione fisiologica, sia per
motivi psicologici e socio-culturali (allontanamento progressivo dal punto di
vista emotivo dalla famiglia e
avvicinamento al gruppo dei pari) che concorrono ad aumentare l’interesse del
ragazzo/a per la sfera sessuale.
Il ripresentarsi di tali pulsioni sessuali può accompagnarsi con manifestazioni di
sessualità che possiamo definire
di tipo AUTOCENTRATO O ETEROCENTRATO.
La masturbazione rientra nel primo tipo di manifestazione e si presenta in modo
abbastanza generalizzato sia nei
ragazzi che nelle ragazze, suscitando reazioni diverse (il più delle volte
contrassegnate dai sensi di colpa,
arrivando anche a incidere sull’autostima del ragazzo che si avverte incapace di
smettere e vive con disagio il
fenomeno).
Accompagnare l’adolescente ad una consapevolezza di tale manifestazione
accogliendone il ‘carattere sostitutivo
e anticipatorio’ e quindi transitorio e introduttivo alla sessualità adulta, potrebbe
aiutarlo a vivere con minore
ansia e preoccupazione il fenomeno stesso.
La sessualità eterocentrata rimanda a quei comportamenti cui si accennava
prima, che portano i ragazzi a cercare
i coetanei e cercando situazioni di contatto fisico e intimità, preludio di rapporti
sessuali parziali o completi.
IDENTITA’ DI GENERE IN ADOLESCENZA
Ricordiamo come con il termine sesso si fa riferimento allo status maschile o
femminile, con il termine genere ci si riferisce alle
caratteristiche che vengono apprese come risultante dell’esperienza sociale
vissuta.
I cambiamenti fisici e puberali comportano necessariamente un lavoro di
ridefinizione del proprio ruolo in
termini maschili o femminili, anche in risposta ad attese sociali che ora si fanno
sentire in modo più evidente.
Quella che viene chiesta e su cui l’adolescente è chiamato ad impegnarsi è
l’adozione di un comportamento che
sia rivelatore di un’individualità maschile o femminile.
Il raggiungimento di un’identità di genere non confusiva è sicuramente un
compito evolutivo primario del
periodo adolescenziale.
Essere maschi ed essere femmine significa oggi confrontarsi con una realtà più
complessa, articolata e sfumata
rispetto ad alcuni anni fa, dove l’idea di femminilità e mascolinità era più
facilmente rintracciabile.
Quello che in passato era un processo lineare di adesione a un ruolo di genere
rigido e irreversibile, è stato
sostituito da interpretazioni discrezionali della mascolinità e della femminilità,
con connotazioni meno rigide e
meno differenziate.
La fluidità degli attuali percorsi di costruzione identitaria consente di uscire da
una concezione rigidamente
binaria (maschile o femminile), per adottare una logica dimensionale, in cui
l’identità di genere può essere intesa
come tipica o atipica rispetto alla congruenza con il sesso biologico.
Quella che si rintraccia in letteratura è l’esigenza di una definizione composita e
multifattoriale dell’identità di
genere.
Tre sono gli orientamenti classicamente noti tesi a spiegare lo sviluppo
dell’identità di genere:
1) Orientamento biologico
2) Orientamento sociale
3) Orientamento cognitivo

Essere in anticipo sembra giocare un ruolo nelle ragazze che vivono in


solitudine tale esperienza e che possono
presentare in relazione a tale anticipo segnali di disadattamento sia
internalizzato che esternalizzato. Segnali
analoghi sono riscontrabili anche in chi si sviluppa in ritardo.
I ricercatori hanno rivisto anche la posizione che vedeva i maschi immuni da
preoccupazioni e difficoltà ad
accettare il proprio corpo in cambiamento, scoprendoli insoddisfatti al pari delle
coetanee e con la messa in atto
di comportamenti quali uso e abuso di steroidi e integratori alimentari.
Due sembrano le teorie principali che hanno cercato di spiegare gli effetti della
maturazione fisica sullo sviluppo
psicologico.
MATURATIONAL DEVIANCE HYPOTHESIS: sottolinea la presenza di
livelli di stress più elevati negli adolescenti
fuori tempo, tali livelli renderebbero l’adolescente più vulnerabile e meno in
grado di affrontare i problemi die
loro pari non fuori tempo.
EARLY MATURATIONAL/TIMING HYPHOTESIS: la situazione di anticipo
è particolarmente vera per le adolescenti
femmine con una serie di conseguenze personali e sociali.
Tali prospettive vanno integrate e arricchite cogliendone le interazioni con tre
elementi che fanno parte
dell’adolescenza e si fanno sentire sull’andamento e il modo di affrontare lo
sviluppo puberale:
Presenza di aspetti di vulnerabilità precedenti il periodo adolescenziale può
rendere più emotivamente
sensibili gli adolescenti nell’affrontare lo stress legato allo sviluppo puberale.
L’influenza ormonale tipicamente adolescenziale dice di un’aumentata attività
emotiva che può portare
all’uso di sostanze e comportamenti problematici.
Il contesto può essere amplificatore sia in senso adattivo, sia in senso
disadattivo.
FATTORE CULTURALE
Fa riferimento al diverso significato che viene dato ai cambiamenti fisici e allo
sviluppo puberale nelle diverse
culture: una maggiore o minore accentuazione di tali cambiamenti da parte dei
genitori o di altri adulti
significativi nel mondo sociale dell’adolescente, il modo e la frequenza con cui
si parla da un punto di vista
educativo e sociale nella cultura di appartenenza e mezzi tecnologici dello
sviluppo fisico e sessuale, comportano
necessariamente un avvicinamento e un lavoro di comprensione di tale compito
di sviluppo.
Spesso i messaggi che investono a livello massmediale propongono
un’immagine del corpo come luogo che
rispecchia o dovrebbe rispecchiare l’identità della persona, che dice dei suoi
valori e appartenenze.
È possibile rintracciare tale componente culturale unita ad una psicologica in
diversi fenomeni: la corporeità in
adolescenza può essere diversamente vissuta e problematizzata fra dimensioni
ambivalenti che vanno
dall’annientamento, negazione alla sua esaltazione o tentativo di cambiamento e
modificazione.
In questa direzione è possibile rintracciare e collocare patologie quali anoressia
e bulimia, e pratiche di
modificazione momentanea come i piercing/tatuaggi e ricorso alla chirurgia
estetica.
L’anoressia e la bulimia rientrano nella più ampia categoria dei disturbi
alimentari (negli ultimi anni in costante
aumento, arrivando a interessare una parte significativa della popolazione,
soprattutto giovanile e
adolescenziale, e sostanzialmente femminile).
L’anoressia comincia di solito con dimagrante avviata senza un controllo
medico, accompagnata dalla percezione
della ragazza di essere comunque troppo grassa: tale comportamento,
influenzato da stereotipi pubblicitari e
sociali, in realtà segnala disagi psichici profondi (in cui spesso sono coinvolti i
legami familiari).
Pietropolli Charmet parla a questo proposito di una sorta di IPER-
MENTALIZZAZIONE del proprio corpo, che si
traduce in una esagerata dedizione ad esso, alla sua cura, a quanto avviene al
suo interno, attenzione eccessiva
che arriva a invadere anche il livello psichico e a proporsi come unica modalità
di attività mentale e affettiva. Si
esiste a partire da quanto si pesa e da come gli altri lo notano e commentano il
lavoro di dimagrimento,
controllando il proprio corpo, l’adolescenza pensa di poter controllare anche il
mondo che lo circonda.
La bulimia, pur avendo caratteristiche specifiche, presenta il medesimo sintomo
dell’anoressia, ovvero un
ossessione verso il cibo e il proprio peso, usata in modo difensivo per evitare di
affrontare temi e conflitti.
L’ADOLESCENTE tra sviluppo cognitivo e sviluppo
morale
Tra i compiti evolutivi che spettano all’adolescente vi è quello di acquisire e
mettere a frutto competenze mentali
che permettano di sviluppare una nuova consapevolezza cognitiva ed emotiva di
sé, del mondo fisico e
dell’universo sociale in cui vive.
Negli ultimi anni lo studio del cervello ha permesso di conoscere più a fondo i
cambiamenti cerebrali che
accompagnano lo sviluppo cognitivo e mentale. Grazie ai contributi provenienti
dall’approccio neuro-
costruttivista sappiamo che sia fattori biologici e genetici, sia fattori ambientali
influenzando lo sviluppo del
cervello, il quale mostra notevole plasticità soprattutto nei primi anni di vita e
presenta uno sviluppo fortemente
intrecciato con quello cognitivo.
Durante l’adolescenza il cervello è coinvolto in cambiamenti rilevanti. In
rapporto alle connessioni neuronali, ad
esempio, i ragazzi alla fine dell’adolescenza possiedono un numero di
connessioni nettamente inferiore rispetto
alle fasi precedenti, ma anche più efficace.
Grazie a tecniche di studio del cervello come la fMRI sono stati approfonditi i
cambiamenti che avvengono a
livello della struttura cerebrale da fasci di fibre nervose che collegano i due
emisferi e che in adolescenza si
infittiscono, migliorando l’abilità di elaborazione di informazioni.
Inoltre, lo sviluppo della corteccia prefrontale in adolescenza e giovane età
adulta influisce sulla capacità di
ragionamento e presa di decisioni. Infatti, all’inizio dell’adolescenza si assiste a
un nuovo proliferare di sinapsi,
aumento della sostanza grigia nella corteccia prefrontale, a un incremento di
quella bianca.
La corteccia cerebrale raggiunge la sua piena maturità dopo il 20esimo anno di
vita. In seguito, i circuiti neuronali
si strutturano in funzione del loro uso secondo una logica legata alla regola ‘use
it or lose it’, che implica lo
sfoltimento delle sinapsi inutilizzate (pruning) e diminuzione della materia
grigia.
Proprio in relazione a ciò migliorano il ragionamento logico, abilità di
elaborazione di informazioni, capacità di
inibire le risposte e considerare simultaneamente più dati.
Il contributo più consistente circa le caratteristiche del pensiero dell’adolescente
proviene da Jean Piaget, il quale
ha proposto quello che è tutt’ora il modello più completo dello sviluppo
cognitivo dall’infanzia all’adolescenza (da
diversi anni la teoria piagetiana è stata sottoposta a diverse critiche e revisioni)
Il problema da cui è partito Piaget riguarda la comprensione della genesi
dell’intelligenza e delle strutture con cui essa opera; concerne la natura e il
funzionamento del pensiero nel corso dello sviluppo umano.
Influenzato dagli studi giovanili di biologica, Piaget concepisce l’intelligenza
come ADATTAMENTO dell’individuo
all’ambiente, che si realizza attraverso la complessa dinamica di due invarianti
funzionali: i meccanismi di
ASSIMILAZIONE E ACCOMODAMENTO

Per Case, ogni struttura di controllo possiede quattro sotto stadi:


consolidamento operazionale, coordinazione
operazionale, coordinazione bifocale, coordinazione elaborata.
Per il periodo adolescenziale, egli descrive un sotto stadio di consolidamento
operazionale durante la quale i
ragazzi ragionano in termini di comprensione di variabili, o proporzionalità.
Nel sotto stadio della coordinazione operazionale, essi sono in grado di usare i
due ragionamenti
simultaneamente.
Durante quello della coordinazione bifocale, divengono in grado di usare una
proporzione per risolvere la
relazione peso-distanza. Infine, con la coordinazione elaborata, gli adolescenti
sanno risolvere proporzioni che
implicano la nozione di MCM.
Un contributo alla conoscenza del funzionamento mentale in adolescenza
proviene dagli studiosi post-piagetiani.
Essi hanno indagato sperimentalmente l’influenza dell’interazione sociale nella
costruzione degli strumenti
cognitivi.
Le ricerche mostrano come tra gli 11 e i 15-16 anni i compiti che riguardano
situazioni di problem-solving
vengano più facilmente compresi e risolti quando i soggetti lavorano insieme
per scoprire e applicare le regole,
discutendone i punti di vista conflittuali, trovando soluzioni comuni e
mettendosi d’accordo prima di fornire la
risposta.
Secondo questi autori il disaccordo tra i ragazzi attiverebbe un modo di
funzionamento del pensiero di tipo
dialettico intra-individuale, una sorta di dialogo cognitivo interno attivato dalla
discussione con l’altro, questo a
volte genera una intensificazione della discussione inter individuale all’esterno,
e la ricerca di punti di accordo.
Soprattutto in adolescenza, grazie alle caratteristiche del pensiero in questa fase,
diventano fondamentali la
discussione, il conflitto socio-cognitivo e il decentramento mentale del soggetto,
per promuovere una
costruzione condivisa della conoscenza.
Infine, un ambito di ricerca piuttosto recente relativo allo sviluppo mentale in
adolescenza riguarda l’acquisizione
della teoria della mente o ToM (= la capacità umana di riconoscere in se stessi e
negli altri la presenza di stati
mentali che sono alla base delle azioni manifeste).
È stato dimostrato che a partire dai 4 anni i bambini sanno attribuire ad altri
false credenze sullo stato di realtà, e
prevedere le azioni che derivano da queste credenze erronee; sono in grado
quindi di risolvere compiti di falsa
credenza di primo ordine.
Con il passare degli anni, intorno ai 7-8, essi sanno poi risolvere prove più
complesse, ovvero i compiti di falsa
credenza di secondo ordine, che permettono di valutare lo stato di conoscenza di
qualcuno rispetto alle
conoscenze di un altro.
In particolare, è stata studiata la capacità e tendenza dell’adolescente a
mentalizzare (= riferirsi a stati mentali o
interni e a collegarli con le azioni manifeste).
LO SVILUPPO METACOGNITIVO:
Il termine metacognizione viene usato per indicare la consapevolezza e il
controllo che un individuo ha dei propri
processi cognitivi.
In modo più specifico, viene talvolta sostituito da termini che rimandano a tipi
di processi su cui si esercitano
consapevolezza e controllo.
Secondo Moshman, la differenza principale tra funzionamento mentale del
bambino e quello dell’adolescente è
data dalla capacità di riflettere sul proprio stesso pensiero. Si tratta di un
cambiamento importante che coinvolge
le abilità metacognitive del soggetto, ovvero la capacità di riflettere sulla
propria conoscenza e sulle modalità e
strategie di conoscere, ricordare e apprendere.
Byrnes sottolinea come i bambini sarebbero inizialmente ‘oggettivisti’
assumendo che tutto il sapere è certo e
può essere appreso velocemente sulla base dell’osservazione. Successivamente
(10-11 anni) comparirebbe un
cambiamento nella direzione del ‘relativismo’ secondo cui la verità di ciascuno
ha dignità pari a quella degli altri.
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Nella tarda adolescenza e prima età adulta, si affermerebbe l’idea che a fronte di
diverse ipotesi si può valutare
l’accuratezza e validità di ciascuna in base alla raccolta dei dati o ragionamento.
Lo sviluppo metacognitivo in adolescenza è stato studiato, più di recente, in
riferimento al metodo di studio e
capacità di apprendimento strategico.
Sono stati rilevati cambiamenti rispetto alle fasi evolutive precedenti, nella
consapevolezza del proprio
funzionamento psicologico (auto-regolazione, strategie cognitive, stili di
pensiero, auto-efficacia) e le differenze
tra ragazzi con sviluppo tipico e coloro che presentano DSA.
In quest’ultimo caso, le capacità metacognitive possono risultare carenti e
richiedono di essere rafforzate
attraverso specifici programmi di intervento.
Pensiero e differenze individuali:
Le variabili socio-demografiche tradizionali quali lo status socio-culturale, il
livello di scolarizzazione (soprattutto
tipologia scuola scelta), le opportunità di socializzazione e confronto con i pari
influenzino lo sviluppo cognitivo e
le capacità mentali dei soggetti adolescenti non diversamente da quanto succede
con i bambini.
Ragazzi che giungono alle soglie dell’adolescenza avendo usufruito di un
contesto familiare stimolante, in grado
di fornire supporto, e di esperienze scolastiche e culturali arricchenti presentano
capacità mentali superiori
rispetto ai ragazzi provenienti da ambienti economicamente e culturalmente
svantaggiati.
Interessante è il contributo offerto dalla teorie delle intelligenze multiple di
Gardner. La teoria sostiene come
ogni individuo possa presentare maggiori competenze rispetto ad alcune
intelligenze piuttosto che altre.
Così ci saranno adolescenti che sulla scorta di dotazioni di base e specifiche
esperienze ambientali, avranno
maggiormente sviluppato l’intelligenza linguistica piuttosto che quella
matematica ecc.
A fronte quindi del superamento dei compiti tradizionali (in grado di testare la
presenza del pensiero formale),
l’intelligenza assumerà coloriture diverse nei singoli adolescenti, consentendo a
ciascuno di primeggiare in alcuni
domini.
Inoltre, le singole culture tendono a favorire lo sviluppo di alcune forme di
intelligenza e a inibire lo sviluppo di
altre, considerate secondarie all’interno della cultura di appartenenza.
Un contributo al tema delle differenze individuali proviene anche dalla teoria
dei due tipi di pensiero elaborata
da Bruner.
Egli ipotizza l’esistenza di due modalità complementari ma irriducibili di
funzionamento della mente: il pensiero
logico-scientifico e il pensiero narrativo.
In breve, il pensiero logico-scientifico o paradigmatico è tipico del
ragionamento scientifico, opera per costruire
leggi generali, utilizza procedure di falsificazione dei fenomeni.
Il pensiero narrativo o sintagmatico caratterizza il ragionamento quotidiano, si
interessa ai casi particolari ovvero
alle vicende umane fatte di opinioni, credenze, intenzioni e desideri; costruisce
storie e utilizza processi di
interpretazioni della realtà narrata.
I due tipi di pensiero vengono sviluppati da ciascun individuo: come le capacità
logiche si affinano consentendo
di compiere nel periodo adolescenziale operazioni formali e processi di
astrazione, così quello narrativo si
trasforma e evolve nel corso dell’infanzia e adolescenza.
Ora in base alle diverse ricerche è possibile distinguere tra soggetti logici e
soggetti narrativi, ovvero tra soggetti
che sembrano avere sviluppato un approccio più orientato all’uso del pensiero
paradigmatico e soggetti più
portati all’uso di quello narrativo.
In una ricerca condotta da Salter a bambini e adolescenti è stato chiesto di
raccontare episodi significativi della
propria storia familiare e di rispondere alle seguenti domande: qual è l’idea più
importante di questa storia? Cosa
significa per te questa storia?
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