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INFANZIA E FAMIGLIA SIGNIFICATI E FORME DELL’EDUCARE:

CAPITOLO.1 PER UNA CULTURA PEDAGOGICA DELL’INFANZIA TRA IMMAGINI


SOCIALI E ISTANZE ESISTENZIALI:

Per concepire una cultura dell’infanzia è importante una considerazione particolare


da parte dell’uomo nei confronti della propria stessa esistenza, in quanto l’infanzia è
parte costitutiva del nostro esistere quindi i bambini non sono una parte distinta
degli adulti, ma parte di essi. Dentro il concetto di infanzia non vi è solo una
molteplicità di caratteristiche psico-fisiche, ma una stagione della vita che ci
appartiene, e che si avvale di una propria forma autonoma di esistenza, e come tale
deve essere riconosciuta e promossa.
I volti complessi dell’infanzia si pongono oggi sotto lo sguardo adulto in modo spesso
indecifrabile, lo scopo della pedagogia è quello di promuovere un’educazione come:
-progetto-conquista e costruzione, tenendo in considerazione che ogni bambino in
quanto persona vive e cresce in un contesto formato anche da altre persone.
Analizzare il contesto e le culture che lo pervadono è fondamentale per capire il
modo in cui una società fa crescere i bambini, in quanto è proprio attraverso il
mondo degli adulti che si sviluppa il divenire formativo del bambino, dunque è
importante considerare i fattori endogeni e i fattori esogeni del contesto, e bisogna
cogliere il modo in cui ogni cultura attribuisce una gamma di ruoli e compiti ad ogni
stadio della vita.

In relazione all’età si configurano dei compiti di sviluppo costituiti da una


combinazione dinamica di aspetti riguardanti la maturazione fisica, le richieste
culturali e le aspirazioni personali, ed è su tali aspetti che il sapere pedagogico ha
rivolto un’attenzione particolare ai contesti di vita, formando dei modelli educativi
che tengano conto dei dinamismi che l’essere umano instaura tra il dentro e il fuori,
le relazioni con l’esterno e con gli altri sistemi è vitale per la mente umana, che
funziona costruendo quelle che Bateson definisce mappe per il territorio, e proprio
attraverso queste relazioni che il bambino si trova a vivere in un ambiente che
subisce varie trasformazioni, di conseguenza è proprio in questo assetto storico-
culturale che prende forma l’impegno educativo di tutelare l’infanzia da angosce
ambientali che rischiano di condizionare lo sviluppo, infatti la pedagogia trova il
proprio statuto epistemologico nella possibilità di elaborare una teoresi e una prassi
capaci di cogliere e di esprimere l’istanza educativa insita negli assetti socio-culturali
odierni. Il primo impegno da assumere è quello di imparare a conoscere l’infanzia
che abita il nostro tempo e i nostri spazi, di riconoscere i bisogni, di leggerne le ferite
ma anche le risorse, di ascoltarla e di ascoltarsi attraverso essa.

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Una delle maggiori carenze nell’empatia per i bambini è l’incapacità di molti adulti di
cogliere la scala su cui è dimensionato il mondo infantile, tempo dimensioni e potere
sono diversi per i bambini, e il mondo è generalmente costruito a misura degli
adulti, inoltre fenomeni come quello dell’urbanizzazione selvaggia, metamorfosi
strutturali delle componenti sociali e impatti penetranti dei nuovi mezzi di
comunicazione, ed inoltre la crisi economica, hanno conseguenze spesso
drammatiche sui bambini, il fenomeno della povertà infantile è cresciuto a livello
internazionale, in quanto aumentano i fattori come lo sfruttamento lavorativo dei
minori, l’utilizzo dei bambini soldato. Inoltre non va trascurato il fenomeno del
maltrattamento e dell’abuso ai danni dell’infanzia, studi clinici dimostrano che le
condizioni di abuso, maltrattamento, abbandono interferiscono in maniera
significativa con lo sviluppo delle capacità integrative e metacognitive.

Nel corso degli anni le convenzioni come quella dei diritti del fanciullo e le
dichiarazioni come quella dei diritti del bambino, e la dichiarazione mondiale sulla
sopravvivenza, protezione e sviluppo dei bambini, hanno ritenuto che l’infanzia oltre
ad essere un oggetto di tutela e cura, debba essere anche un soggetto di diritto, a
cui è riconosciuta la possibilità di esercitarli e rivendicarli attivamente.
Il 1° diritto inalienabile è il diritto alla vita, in quanto a troppi bambini nel mondo
non è dato il diritto di nascere, perché troppi adulti non danno forma a questo senso
di responsabilità.

Inoltre in un clima di relazioni sempre più numerose e diversificate con le figure


adulte non solo di per sé indice di ricchezza relazionale, anzi veicolano spesso
frammentazione o povertà relazionale, e troppi bambini disperdono le proprie
energie psico-affettive per gestire e sopravvivere ad un confuso mondo relazionale,
inibendo a volte le normali competenze di sviluppo.

Gli adulti spesso non sanno intrattenersi in modo autentico con i bambini e non
hanno il tempo necessario sia mentale che affettivo, lo scambio dovrebbe invece
essere generatore di identità, dove il bambino attraverso le relazioni con gli altri
diviene se stesso e cresce custodendo l’integrità della propria personalità.
La società adulta si è appropriata delle parole dell’infanzia e le ha sostituite con i
propri, gusti e stili che hanno colonizzato anche i bambini, dunque il 1° impegno
educativo è quello di restituire voce e consistenza, parola e presenza ai bambini, e
alcune direzioni educative particolari possono indicarsi sottoforma di diritti come
quello alla significazione ad una vita emotiva, all’unicità, alla fantasia, al gioco e allo
star con sé stessi.

Diritto alla significazione: l’obiettivo dell’agire educativo è quello di aiutare i bambini


a dare significato a ciò che provano e osservano, a trasformare in discorso l’uso delle
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parole, ad assegnare significato alle cose, il bambino deve poter accedere al senso di
ciò che lo circonda, dando significato anche alla sua presenza nel mondo, non
rispettare il senso che egli conferisce alla realtà equivale a calpestare la sua fatica e
la sua gioia di costruire un mondo di significati, infatti tutti gli sforzi che i bambini
compiono per riflettere su chi sono, da dove vengono e dove vanno, sorgono dalla
loro capacità di cercare il senso della vita e di filosofare. Ed attraverso il filosofare, ai
bambini è dato accesso alla riflessione critica, prendendo al tempo stesso parte a
quanto accade nel contesto assumendo così comportamenti democratici. Dunque
inserire i bambini in comunità, di ricerca rappresenta in modo efficace per garantire
il diritto alla significazione, attraverso l’inclusione, la partecipazione, la cognizione
condivisa, la relazionalità faccia a faccia, la ricerca di significato, la solidarietà etc.

Diritto ad una vita emotiva: l’intervento educativo si colloca sull’ascolto e sulla


codifica dei bisogni, sulla capacità di coglierli e dare loro un nome. Veder
riconosciute le proprie emozioni significa sentirsi autorizzati ad essere così come si
è, a questo diritto si collega il diritto di poter vivere in modo adeguato i propri
sentimenti in quanto ai bambini va garantito un accesso a tutti i sentimenti naturali,
anche se dolorosi, perché insisti nel potenziale affettivo di ogni esperienza che la vita
propone. I bambini spesso adottano particolari modalità espressive del bisogno, non
sempre evidenti ed esplicite, in questo senso essi hanno bisogno della presenza. Di
un adulto che orienti, sostenga e aiuti a far emergere tali vissuti. E dinanzi a tale
diritto l’adulto è chiamato a non occultare la presenza della dimensione emotiva
nella relazione educativa, bensì a stare in ascolto delle emozioni e a lasciarle
emergere, in quanto i bambini hanno bisogno per crescere di esprimere le loro
emozioni, sentimenti, piaceri, frustrazioni, e opinioni, dunque si tratta di un diritto
atto a garantire un armonico sviluppo dell’identità.

Diritto all’unicità: un aspetto imprescindibile del divenire formativo del bambino, di


particolare valore nell’orizzonte pedagogico-educativo, è quello dell’unicità, in
quanto ogni persona possiede un nucleo originario ed originale che lo
contraddistingue rispetto a tutti gli altri, rendendolo unico ed irripetibile.
L’unicità del sé è oltre alle caratteristiche fisiche e psicologiche, è personale e si
manifesta nella partecipazione attiva all’edificazione del proprio percorso
esistenziale, attribuendo un particolare significato agli eventi che compongono la
storia personale. La definizione della propria originalità non tende tanto a una totale
differenziazione e separazione degli altri dal mondo delle cose, delle regole e dei
valori, ma mira all’affermazione della propria unicità in quanto persone che si
relazionano con un mondo di uomini e di significati, e nel rafforzamento del valore
di sé come persona, il bambino fortifica il senso della propria esistenza. Dunque
questo diritto si traduce come un dovere da parte dell’adulto a porsi in ascolto
dell’universo infantile, attraverso la possibilità di stabilire un dialogo autentico con la
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pazienza, e di seguire ritmi comunicativi dei bambini, facendo una personalizzazione
della conoscenza della vita del mondo.

Diritto alla fantasia: un particolare diritto, che va garantito affinché prendano forma
i processi di simbolizzazione dei bambini e trovi la loro ricerca di significato, è il
diritto alla fantasia in quanto il mondo della fantasia va protetto e coltivato, poiché è
in esso che i più piccoli esprimono la propria creatività ed elaborano le dinamiche
della vita.

Oggi il fenomeno dell’industrializzazione si è impadronito anche di questo prezioso


luogo simbolico, e la difesa di questo diritto si traduce nell’impegno educativo
dell’adulto di ricreare spazi autentici di narrazione, dove il narrare e l’ascoltare
aprono mondi interpretativi personali ed interpersonali. Infatti in ogni storia narrata
o letta è data la possibilità di andare oltre i confini del reale, in una dimensione che
apre alla meraviglia e alla curiosità, liberando la forza della fantasia. Dunque
coltivare la fantasia attraverso la narrazione significa promuovere la capacità di
adattamento del bambino al mondo che lo circonda, in quanto egli attraverso la
fantasia trova il modo di significare gli eventi, ovvero la gamma dei sentimenti e
delle paure che vivono nei pensieri infantili, garantendo un salutare e protettivo
distacco dal mondo reale.

Diritto al gioco: attraverso il gioco si mette in atto un processo di progressivo


adattamento alla realtà, dunque il gioco rappresenta una modalità di interazione
con la realtà, nei suoi studi Winnicott analizza in modo particolare il gioco simbolico
che si rivela essere esperienza fondamentale di liberazione da ansie e conflitti, e di
canalizzazione dell’aggressività. Quindi in una prospettiva educativa, gioco
simbolico, libero o altre forme di gioco devono trovare spazi e tempi adeguati per il
bambino, che ne è protagonista. La cultura del gioco viene spesso tramandata dai
bambini più grandi ai più piccoli, e il venir meno degli incontri tra generazioni di
bambini e la solitudine e la chiusura delle relazioni all’interno dell’universo infantile,
hanno fortemente impoverito la cultura ludica dell’infanzia. Inoltre oggi gli ambienti
del gioco sono fortemente strutturati e precodificati, in quanto risultano funzionali
più al bisogno dell’adulto ovvero quello di controllo, che a quello infantile del gioco
libero, ed inoltre le strade oggi risultano impercorribili da parte dei bambini perché
privi anche di spazi ad esempio cortili dove i bambini possono giocare.

Affrontando la questione del diritto al gioco non si può trascurare l’argomento


giocattoli, da intendersi come mezzi per arricchire lo sviluppo del bambino nelle sue
varie dimensioni: percettiva, motoria, affettiva, sociale e intellettiva. Per favorire in
modo autentico il diritto al gioco il giocattolo deve lasciar spazio alla creatività e
deve anche sollecitare lo sviluppo sociale occupando i bambini in attività comuni
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atte a sviluppare comportamenti cooperativi, dunque l’adulto è chiamato a fare una
selezione accurata ed intenzionale dei giochi in quanto giocattoli non devono
sopperire il valore del gioco, ma piuttosto il gioco deve diventare un’occasione
educativa attraverso cui i bambini possono esprimere e rivivere i loro rapporti nei
confronti di una realtà che si accingono a scoprire giorno dopo giorno.

Diritto a star con sé stessi: il bambino ha bisogno di poter godere di spazi propri per
coltivare una sana solitudine, non una solitudine abitata dalla noia o dalla presenza
della TV, ma di una solitudine educante, che si esercita già nella riflessività da
piccoli, infatti lo stare con sé stessi a seguito ad esempio di un rimprovero dei
genitori o un litigio con gli amici permette di ritrovarsi, in quanto il bambino prende
contatto con i propri errori e le proprie incertezze e assume la responsabilità dei
propri comportamenti, responsabilità che deve essere coltivata per tutta la vita.
Spesso manca una cultura del rispetto della loro intimità, è ciò che comporta una
violazione del nucleo del sé, dunque l’adulto ha il dovere di tutelare ciò che il
bambino sente, e di creare per lui momenti in cui sostare e comprendere
esperienze, sentimenti e pensieri. Si tratta di una forma di rispetto dei suoi tempi e
dei suoi dispositivi d’interiorizzazione, dunque rispettare ed assicurare al bambino
l’esperienza dello stupore, della meraviglia, del riserbo, della discrezione,
dell’accoglienza e quella dell’ascolto, fa si che nell’intimità del sé la persona possa
celebrare la propria libertà e i valori.

Per un riconoscimento dell’infanzia come età della vita: ogni cultura è caratterizzata
da valori, atteggiamenti, aspettative, proiezioni e immagini dell’infanzia difficili da
decodificare, pensare ad altre immagini di infanzia attraverso una prospettiva
pedagogica permette di considerare i bambini non come meri soggetti in evoluzione,
ma come cittadini del futuro, che diventeranno adulti, dunque la pedagogia valuta il
valore dell’infanzia come età della vita essenziale per il farsi dell’uomo e della
società, dunque bisogna mettere da parte la visione individualista centrata sul
singolo bambino e pensare invece ad una prospettiva umana, e questo tipo di
visione permette di riflettere sulle responsabilità della società odierna rispetto
all’infanzia, non solo in termini di denuncia ma anche nell’individuazione di processi
educativi di sostegno all’armonico sviluppo dei bambini.

Nella teoria di Erikson l’acquisizione dell’identità rappresenta la motivazione


centrale delle condotte umane, il fenomeno più rilevante dello sviluppo. Anche il
bambino è alla ricerca della propria individualità, e il bisogno di individuarsi trova
risposta nella possibilità di coniugare le proprie esperienze con quelle degli altri,
connettendo il passato con il presente e il futuro. Dunque il processo educativo pur
presentandosi come un cambiamento qualitativo globale, per il processo di sviluppo
vi sono alcune costanti che vanno tenute presenti in una prospettiva educativa:
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la continuità: lo sviluppo del bambino viene considerato come un continuum
dinamico, dove il bambino acquisisce nuovi modi di essere, che trascendono quelli
precedenti senza comunque annullarli

la direzione: perché il processo di sviluppo passa da un controllo più globale e


generico ad uno sempre più specifico

le variazioni del ritmo di crescita: designano il fatto che pur stabilendosi uno schema
generale di svolgimento dello sviluppo umano, va riconosciuta l’esistenza di
mutamenti nella modalità di accrescimento e maturazione.
I ritmi evolutivi sono personali e il bambino è comunque qualcosa di più di un
insieme di funzioni, è da considerarsi una persona con particolari forme di
significazione della realtà, diverse da quelle dell’uomo adulto. Se vissuta secondo le
proprie peculiarità e dimensioni di valore, l’età dell’infanzia già rende il bambino un
uomo, nel senso di umano.

So-stare con l’infanzia, per adulti: l’adulto che utilizza un atteggiamento di ascolto
nell’accompagnare il bambino, compie lui stesso un percorso di crescita personale.
Così come il bambino ha bisogno dell’adulto per crescere, a sua volta l’adulto ha
bisogno del bambino, perché osservando il bambino, ci si osserva in quanto adulti, si
osserva il proprio modo di relazionarsi.

La presenza dell’adulto è fondamentale per il bambino, poiché è grazie alle azioni di


contenimento dell’adulto verso le esternazioni e gli stati emotivi dei bambini, che
questi ultimi riescono a crescere agendo secondo buone ragioni, liberi da ansie,
riuscendo quindi ad instaurare relazioni sane e equilibrate.
La crescita è una co-costruzione tra adulto e bambino, in cui l’adulto dà valore
all’iniziativa del bambino, la quale dà al bambino autonomia e si promuove così
anche un processo di umanizzazione della società adulta. Per far si che si sviluppi
una nuova cultura dell’infanzia, deve venir meno l’egocentrismo dell’adulto per fare
spazio alla comprensione autentica dell’infanzia con le sue relazioni.

CAPITOLO 2 :CRESCERE CON I BAMBINI, PER I BAMBINI

Lo sviluppo del bambino si svolge secondo un processo non lineare e complesso,


l’accompagnamento educativo del percorso di crescita dell’essere umano s’innesta
pertanto in una trama reticolare che deve prendere in considerazione i cambiamenti
fisici e psichici, in quanto lo sviluppo dell’essere umano si costituisce attraverso un
flusso continuo di esperienze e una pluralità di competenze che si intrecciano e
vengono rielaborate. Dunque in quest’ottica l’approccio educativo deve essere un
sostegno all’identità in costruzione, prestando anche attenzione alla promozione di
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competenze di tipo cognitive, emotive e comunicative per alimentare l’immagine di
sé che il bambino sta edificando sia dentro di sé che fuori di sé, in questo senso la
presenza dell’altro è fondamentale in quanto costituisce per il bambino una sorta di
ancoraggio indispensabile affinché egli riesca in modo graduale a dare forma alle
proprie sensazioni, in un clima relazionale basato su scambi comunicativi con gli
altri, che permettono anche di costruire sequenze di scambio future. Sin dal periodo
neonatale il bambino si trova coinvolto in un processo di identificazione di sé, ma
anche di differenziazione dell’altro (madre), dunque in termini educativi è utile
avere una risposta da parte dell’adulto, in quanto è attraverso le figure di
riferimento che il bambino costituisce l’immagine di sé, e ciò può essere strutturante
o destrutturante, armonizzante o deformante per il bambino.

STERN: individua 4 sensi del sé:


- Sé emergente: presente nei primi mesi di vita corrisponde all’organizzazione
percettiva e sensoriale attuata per orientarsi verso la madre
- Sé nucleare: scaturisce dal tipo di interazione con le figure di cura; e dal loro
modo di reagire
- Sé soggettivo: basato sulla sintonia a livello emotivo-affettivo, delle relazioni
con gli adulti
- Sé verbale: si struttura sulla base delle conferme che il bambino riceve a
livello verbale, durante azioni condivise con l’adulto
Dunque le relazioni con le persone che si prendono cura del bambino sono di vitale
importanza. In particolare la narrazione e il rapporto dialogico con gli adulti
permettono al bambino di costruire la propria autonomia. L’autonomia è correlata
ad un reale bisogno del soggetto di scoprirsi e manifestarsi, di conoscersi e
affermarsi, inoltre l’esercizio dell’autonomia permette al bambino di sviluppare
anche un sistema di auto-valutazione, imparando da ciò anche ad auto-organizzarsi,
dunque senza coscienza dei progressi ottenuti, senza un lavoro di ricerca di sé e
delle proprie possibilità, l’autonomia non può esistere e la realizzazione della
persona non può avvenire in modo autentico. Identità, autonomia e competenza
crescono insieme e insieme danno luogo alla libertà del bambino, alla sua capacità
di scegliere e di decidere, alla sua stessa possibilità di riconoscersi come persona.

REGOLE PER CRESCERE: L’autonomia è un valore e agire in modo autonomo significa


comportarsi secondo le proprie norme, Compiere scelte consegna al bambino la
possibilità di affermare la propria libertà ed egli si assume le proprie responsabilità.
Lo spazio della libertà e lo spazio delle responsabilità, insieme quello dei valori,
tutela l’integrità e lo strutturarsi dell’identità del bambino. Il tema delle relazioni si
connette con quello delle regole e l’appartenenza ad un gruppo comporta il
confronto di norme di comportamento prescritte dal gruppo stesso, dunque
accompagnare un’azione educativa per l’acquisizione delle regole, permette di
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raggiungere traguardi di responsabilità, per potersi confrontare con diversi contesti
relazionali.

Secondo Brown l’acquisizione delle norme morali implica 3 dimensioni:


1) Dimensione emotivo-affettiva: che riguarda il come ci si sente quando si
rispetta p si trasgredisce una norma (senso di colpa)
2) Dimensione della condotta: che riguarda il considerare la norma come guida
ai comportamenti socialmente desiderabili
3) Dimensione della conoscenza: che riguarda la comprensione dei significati
delle norme
Il compito dell’adulto è quello di essere un riferimento etico, perché rappresenta
l’incarnazione dei comportamenti positivi e deve per questo essere coerente. Le
regole vanno anche spiegate in modo da essere comprese, condivise e praticate.
Avere interiorizzato delle norme significa poter avere delle relazioni sociali sane, e
questo è possibile solo se l’ambiente familiare che circonda il bambino dia la
possibilità di sperimentare iniziative di autonomia, che devono essere apprezzate
dall’adulto, in modo tale che il bambino acquisisca sicurezza in se stesso e possa
diventare responsabile di se stesso.

Lo spazio per crescere: il progetto di crescita di un bambino avviene attraverso il


rapporto con la realtà spazio-temporale, in uno scambio continuo e fecondo con
l’ambiente e le sue regole, che diviene anche occasione per incontrare il proprio
mondo interiore. Lo spazio rappresenta per i bambini il contesto nel quale vivono e
crescono. I bambini hanno bisogno di crescere in spazi comunitari, incontrando
amici facendo pratica di autonomia e movimento. Oggi gli spazi extradomestici non
esistono più o sono vissuti come estranei e pericolosi, la privazione della vita
quotidiana del bambino comporta, insieme alla riduzione degli spazi di vita e di
gioco, un’atrofizzazione delle relazioni, le abitazioni rispetto al passato risultano
migliori e spesso ricche di giocattoli, ma povere di relazioni, dunque è importante
che gli adulti permettano ai bambini e a sé stessi di abitare lo spazio, sentendosi
ospitati avendo così la possibilità di caricare di senso i luoghi di vita.
Il sapere pedagogico pone una riflessione educativa sui luoghi del crescere
attraverso il concetto di partecipazione, il concetto alla base della partecipazione è
che l’ambiente di vita deve essere più ricco possibile di attività di contatto con la
natura, di interscambio, di incontri tra gruppi e culture, ciò impedisce
l’impoverimento dei singoli e della collettività stessa. Dunque i bambini hanno
bisogno di adulti, genitori in primis che ricostruiscano un patto di fiducia tra le
persone e con gli spazi di vita della città. La città educante si configura in questa
prospettiva come una vera e propria comunità educante, che rispetta e promuove i
diritti dei bambini, che li percepisce come soggetti attivi appartenenti a diversi
mondi relazionali che chiedono di entrare in contatto tra loro.
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Il tempo per crescere: è importante in quanto ha una funzione situante e
identificante. Il tempo della crescita, quello in cui l’infanzia affronta i propri compiti
di sviluppo, rappresenta un diritto nella sua pienezza, bruciare le tappe, rubare
tempo al gioco per sviluppare altre competenze significa privare questa stagione
della vita. Ogni cammino segue un proprio ritmo evolutivo, che pone la persona in
una condizione di divenire permanente, e il divenire esistenziale del bambino è in
costante movimento, dunque bisogna rispettare l’itinerario formativo dei bambini,
gli adulti spesso sottovalutano i modi con cui i bambini percepiscono e
concettualizzano il tempo, in quanto i bambini a differenza degli adulti che
controllano continuamente il tempo, sanno vivere a pieno il proprio spazio
esistenziale infatti la loro percezione del tempo non è lineare ma lenta.
Nella valorizzazione del tempo acquisisce importanza anche la narrazione, ogni
famiglia comincia a narrare e a vivere la propria storia nel tempo, quindi il procedere
familiare si alimenta da un tempo passato, per potersi aprire al presente ed iniziare
a scrivere ad un tempo futuro, ciò struttura la formazione del senso del sé del
bambino dando forma alla sua identità.

Le relazioni per crescere: le relazioni interpersonali sono la culla e il nutrimento dei


processi di crescita, già le teorie sull’attaccamento come quella di Bowlby ci
consegna un’immagine di bambino attivo e competente, che sin dall’inizio è in grado
di porsi efficacemente in relazione con gli altri, la madre prima e successivamente
con i familiari e anche con le altre persone, ciò dimostra che già il neonato possiede
gli strumenti per porre in essere processi relazionali, in quanto dotato di proprie
risposte, con le quali agisce sul mondo circostante, possiamo intendere la
dimensione delle relazioni come una prospettiva che ci permette d’interpretare il
divenire umano, infatti la formazione del sé avviene entro un universo relazionale in
quanto sono le relazioni con gli altri che danno forma all’identità personale. La
pedagogia sottolinea il fatto che il bambino è un essere autenticamente relazionale
ed interattivo, e al tempo stesso che lo sviluppo del bambino non va considerato
soltanto dalle relazioni di natura familiare, ma si devono prendere in considerazione
le relazioni che avvengono oltre le mura domestiche come quelle con i coetanei,
amici, nonni e educatori. Dunque la sfida educativa è quella di preparare i bambini a
vivere in un mondo di scambi e di convivenze complesse, in assetti relazionali
soggetti a repentini mutamenti.

I nonni: la famiglia, nella pluralità delle generazioni che la compongono, rappresenta


il contesto relazionale primario di crescita dei bambini, e tale rimane per nei
mutamenti che investono gli schemi familiari nel contesto socio-culturale odierno.
Nell’analisi di Donati i legami con i nonni sono più intensi rispetto al passato in
quanto nel corso degli anni la famiglia era composta da più nipoti, oggi invece con il
calo delle nascite vi sono meno nipoti quindi i bambini possono godere della
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presenza dei nonni in modo più accurato, e la sicurezza che il bambino acquista in
queste prime esperienze relazionali, gli permette di vivere con minor angoscia il
coinvolgimento in altri ambiti di relazione estranei rispetto a quello genitoriale. La
relazione tra nonni e nipoti possiede una propria specificità, è infatti connotata da
un modo diverso di gestire la cura, infatti i nonni a differenza dei genitori che spesso
guardano i propri figli con lo sguardo esclusivamente proiettato al futuro, vivono con
gioia il calore e il presente del nipote.
Dunque è importante favorire le potenzialità educative dei nonni-nipoti, e tale
disponibilità deve essere coltivata dai genitori stessi, i quali devono promuovere
questo tipo di legame, ciò per permettere anche di arricchire il bambino della
propria storia familiare, in modo da formare il proprio sé di appartenenza.

Le relazioni tra i pari: per quanto fondamentali e strutturanti, le relazioni che il


bambino instaura con gli adulti non costituiscono l’unico modello relazionale con
fratelli e sorelle in famiglia, questa relazione fraterna possiede tutte le
caratteristiche di un’autentica relazione di attaccamento in quanto si condividono
aspetti importanti come la complicità, la coesione, l’umorismo e le fantasie.
Sotto l’aspetto pedagogico-educativo possiamo ricavare una preziosa sollecitazione
a coltivare in famiglia una disposizione al dialogo interpretante, ossia la capacità di
condividere riflessioni sui bisogni e gli interessi dell’altro, lo sforzo compiuto per
comprendere il comportamento altrui e le sue prospettive all’interno di una
relazione complessa come quella fraterna, costituisce al tempo stesso una preziosa
occasione educativa per sviluppare in senso lato disposizioni empatiche e capacità
riflessive da estendere a tutte le sfere relazionali del soggetto, dentro e fuori dalle
mura domestiche.
Di fondamentale importanza sono anche le relazioni fra i pari nei contesti extra-
familiari, tale tipo di relazione oggi viene sempre più riconosciuta ed avvalorata nella
sua specificità educativa, questa tipologia di relazioni, connotata da simmetria offre
ai bambini preziose occasioni di confronto con bisogni ed interessi spesso in
contrasto con i propri, ciò costringe i bambini stessi ad assumere il punto di vista
dell’altro in quanto nell’interazione fra i pari, i bambini non solo producono
conoscenze di tipo relazionale, ma ne fanno esercizio attivo. Nell’espressione
giochiamo insieme è racchiuso un mondo di significati, che esplicita la capacità dei
bambini di aprirsi agli altri, condividendo e negoziando interessi, sottoponendo i
propri desideri agli scopi del gioco, collaborando all’obiettivo comune, e gestendo
positivamente i momenti di disaccordo affinché non degenerino in rotture.
Inoltre le relazioni soprattutto quelle amicali che sono contraddistinte da stabilità
del legame e selettività nell’ordinamento relazionale, rendono il rapporto di amicizia
una preziosa occasione educativa dove il bambino impara a vedere sé stesso
attraverso gli occhi dell’altro, e sperimenta una positiva intimità, acquisisce
autoconsapevolezza, sviluppa al meglio i normali processi di socializzazione.
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Secondo Rubin l’amicizia tra bambini svolge 3 funzioni fondamentali:
1) Fornisce occasioni per l’apprendimento di abilità sociali: si pensi ad esempio
alla necessità d’imparare a comunicare in modo comprensibile ed efficace,
oppure di tener presente la risposta dell’interlocutore o di saper affrontare
conflitti e incomprensioni
2) Stimola i confronti sociali: dai coetanei si può prendere consapevolezza della
propria esistenza e consistenza al cospetto degli altri
3) Promuove il senso di appartenenza al gruppo: essere parte di un gruppo di
amici infonde al bambino un senso di sicurezza e di autostima diverso da
quello che può offrire un genitore o un adulto in generale.

La condivisione dei momenti di gioco o di stati d’animo incrementa lo sviluppo


infantile, in quanto ogni bambino rappresenta per gli altri un’insostituibile fonte di
esperienza e di conoscenza, e solo la socializzazione tra piccoli genera una cultura
dei bambini, questo tipo di cultura è diversa da quella prodotta con gli adulti, in
quanto è prodotta dai bambini stessi, l’esperienza condivisa con i pari ha un valore
in sé, in quanto occasione di elaborazione e rii-elaborazione culturale: ha quindi un
valore anche collettivo.
Per favorire questo tipo di socializzazione l’adulto deve svolgere un ruolo educativo
strategico, in quanto deve essere rassicurante e incoraggiante, questo
atteggiamento permette di generare fiducia in sé, che si rifletterà poi sull’immagine
che il bambino elabora degli altri.

CAPITOLO 4 FUNZIONE GENITORIALE E CURA:

Le relazioni familiari costituiscono un imprescindibile contesto esistenziale per


comprendere la formazione del bambino e il suo divenire, il bambino ha bisogno di
appropriarsi di una storia e per far ciò necessita di essere inscritto all’interno di una
narrazione, che lo comprende e gli parla di sé: la storia che per lui tessono il padre e
la madre. In prospettiva pedagogica, questa relazione genitore-bambino, intesa sul
piano relazionale va sostenuta affinché possa eccedere al piano educativo della
riflessione e della rielaborazione.

Secondo Galli la famiglia costituisce il 1° luogo dell’umanizzazione della persona,


infatti molte ricerche di matrice psicoanalitica pongono nei primi 5 anni di vita la
strutturazione della vita psichica del bambino, dunque la 1° infanzia assume
un’importanza fondamentale per il futuro della vita di ogni individuo, in quanto non
esiste altro periodo della vita nel quale sono concentrati in cos’ poco tempo, tante
acquisizioni e tanti mutamenti come nell’infanzia. La famiglia è il luogo dove si può
esprimere la comunicazione educativa fondamentale per la crescita equilibrata di

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ogni persona nei suoi aspetti molteplici: amore, autorità, responsabilità, libertà,
empatia e dialogo interiore.
Un atto fondamentale di amore è il generare che colloca la presenza del bambino in
una profonda dimensione relazionale, l’evento della nascita, pertanto così critico per
madre e figlio porta in sé il nucleo del processo relazionale, che impegnerà i due
soggetti nella loro reciproca relazione. Nel rapporto con la madre il bambino attinge
un fondamentale senso di fiducia verso il mondo esterno e una sicurezza che gli
permette di affrontare persone e situazioni che la vita pone innanzi, di adattarsi al
vivere sociale, nonché di apprendere senza paura e angoscia, dunque l’identità del
bambino si struttura in modo armonico solo entro una relazione avvalorante ricca di
cure e gesti quotidiani.

Da questo stato relazionale iniziale madre-bambino emerge il sé del bambino che


assume sfumature diverse con il precedere dello sviluppo, dunque l’adulto ha
bisogno di prendere consapevolezza della propria responsabilità, in quanto deve
saper intercettare i segnali del bambino e interpretarli, oltre alla figura materna il
padre rappresenta l’elemento di rottura, si inserisce nella coppia madre-bambino e
la ricolloca rispetto al contesto circostante. In ambito pedagogico, le prime
riflessioni sulla funzione educativa del padre, all’insegna della reciprocità, si sono
sviluppate negli anni 80. Le funzioni materna e paterna si prefigurano secondo
specifici orientamenti: l’una di nutrimento e di protezione sul piano fisico ed
affettivo, l’altra di accrescimento dell’autonomia del bambino stesso.

La funzione del padre è quella di avvicinare madre e figlio, proteggendoli dunque


svolge una funzione di holding, inoltre nella relazione madre-bambino avvengono
delle triangolazioni favorite dalla presenza paterna, che induce pian piano il
bambino a confrontarsi con la terzietà. Due genitori che si sanno coordinare
efficacemente nella relazione con il bambino creano per il figlio il contesto migliore
per intrattenere relazioni significative con più interlocutori, la qualità del legame
coniugale è fattore strutturante per il benessere relazionale del bambino, ogni
relazione che madre o padre instaurano con il bambino è sempre di tipo triadico, in
quanto non è svincolata dal rapporto che i genitori hanno instaurato tra di loro, la
genitorialità infatti scaturisce dal progetto di coppia.

Oltre al triangolo costituito da madre-padre-bambino, altri triangoli sono


fondamentali. Per esempio un, ruolo fondamentale è svolto dal triangolo madre-
bambino-nonna materna, si tratta di una rete relazionale strategica in quanto la
nonna funge da modello di identità genitoriale dunque conferisce un importante
accompagnamento educativo nei confronti della figlia e del nipote.

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Nuove strutture e processi educativi: l’analisi delle dinamiche interne al nucleo
familiare s’intreccia strettamente con le trasformazioni di natura sociale, nuove
forme familiari e copioni relazionali danno vita a un particolare modo di sentire la
presenza dei figli, i mutamenti sociali e le trasformazioni che investono le modalità
d’interazione familiare esercitano rilevanti influssi di natura simbolica, e quindi
anche educativa rispetto la crescita dei figli. In tal senso è fondamentale cogliere le
istanze pedagogico-educative soggiacenti ai cambiamenti in atto a livello familiare, e
conseguentemente nei confronti dell’educazione dei figli. La famiglia viene investita
dai cambiamenti sociali, ed ha subito e continua a subire il profondo travaglio
biologico, antropologico, culturale tipico del mondo contemporaneo, in questo
modo la famiglia dimostra di saper configurare il proprio modo di stare al mondo,
generando nuovi equilibri, elaborando strategie di soluzione dei problemi. Il modello
consolidato della famiglia nucleare, basata sulla convivenza dei genitori con i figli,
lascia oggi spazio ad una molteplicità di forme e relazioni, come i nuclei
monogenitoriali, famiglie ricostituite, ma anche famiglie costituite da un solo
membro, spesso anziano o giovani uomini e donne soli, inoltre un crescente numero
di persone attraverso crisi coniugali e separazioni, che vanno a creare tipi di
generatività difficile da definirsi. Anche gli aspetti socio-demografici come l’aumento
dell’età media in cui si costruisce la famiglia e si concepiscono i figli, e il calo della
natalità, modificano i contesti di vita familiare, tanto nell’aspetto strutturale quanto
nell’assetto delle relazioni.

Questi cambiamenti familiari scatenano una serie di conseguenze profonde


sul percorso di crescita dei figli, come fragilità identitaria, emotiva, cognitiva, inoltre
cambiamenti come i trasferimenti di residenza, e nuovi assetti organizzativi come un
nuovo padre o madre, nuovi fratelli etc. causano uno stravolgimento dei riferimenti
affettivi e normativi quotidiani.

Un sostegno pedagogico-educativo rivolto ai genitori risulta fondamentale per


salvare l’equilibrio dei figli, proprio perché la rottura dei legami familiari li priva delle
funzioni fondamentali che in precedenza la famiglia garantiva loro: stabilità,
protezione e integrazione sociale. Dunque la pedagogia deve saper elaborare
discorsi prospettici ed educativi anche per i genitori che falliscono l’impresa
familiare, salvandoli dalla spirale del conflitto, solo in questo modo si possono
tutelare i bambini rispetto a possibili strumentazioni.

La pedagogia della famiglia è andata incontro negli ultimi anni ad una sofferenza
concettuale e metodologica, proprio in relazione al venir meno di precedenti modelli
di riferimento, dunque le ricerche considerano la molteplicità delle configurazioni
familiari, sapendo cogliere significati strutturali dell’essere famiglia, con le sue
specificità culturali e relazionali.
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Le relazioni familiari sono tali perché scaturiscono e si fondano su un legame di tipo
generativo, nel senso del generare e dell’essere generati, vi sono 3 vincoli che
uniscono i membri di una famiglia:
1) Di appartenenza (ad una storia familiare, ad un clan)
2) Di alleanza (tra coniugi)
3) Di filiazione (tra genitore e figlio)
La relazione fra adulto e bambino avviene sotto forma di controllo, ma il fine è
quello di promuovere l’autonomia del bambino, l’autorità adulta tuttavia deve
essere accompagnata da un forte legame affettivo, in quanto infonde nel bambino
fiducia in sé stesso necessaria a sviluppare autocontrollo.

La formazione della funzione genitoriale: dinanzi a fenomeni di mutamento dei


modelli e dei ruoli genitoriali l’elemento sostanziale ed universale si trova nella
comunicazione e nell’ascolto autentici di sé, degli altri, dei figli. In quanto ambito
primario di sviluppo dei legami la famiglia nonostante i vari mutamenti rimane il
luogo della generatività, ovvero il legame tra genitore-figli è il prototipo della cura
generante, atto a dar vita ad una reciprocità che ha le caratteristiche del dono e
della gratuità, i legami familiari infatti diventano disfunzionali nel momento in cui
non si dà la giusta cura: per difetto (carenza di cure, trascuratezza e violenza) o per
eccesso (legami simbiotici ed invischianti).

Erikson definisce lo stadio della generatività come l’aspetto evolutivo più rilevante,
poiché in esso convergono tutti gli sviluppi che l’hanno reso l’uomo un essere che si
prende cura. Da oggetti di cura si diventa oggetti che si prendono cura,
particolarmente nell’atto del dare origine ad un’altra vita.

Il processo di assunzione di genitorialità richiede opportune attenzioni pedagogico-


educative, in quanto è una fase evolutiva di tipo sociale, culturale, identitario,
affettivo e psichico. L’arrivo di un figlio modifica irreversibilmente la struttura
familiare e introduce una forte spinta evolutiva, la coppia infatti si trova dinanzi ad
una necessaria transizione, che comporta l’assunzione d’inediti compiti educativi, i
valori come cura, sostegno, identità, dono, amore, autorità diventano elementi
quotidiani con i quali misurarsi, e che a loro volta esigono valori morali assunti dai
coniugi.

L’accoglienza del bambino in famiglia impegna la coppia in un’impresa difficile, che


non si limita alle incombenze legate alla riorganizzazione familiare, ma soprattutto
non è transitoria, l’assetto mentale che progressivamente prende forma nell’adulto
che sta per diventare genitore è una vera e propria esperienza interiore, il
mutamento è di tipo identitario in quanto non si tratta di una semplice
riorganizzazione della vita mentale, ma di un’organizzazione del tutto nuova.
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La genitorialità prende forma con il presente del figlio ma anche da un filtro passato
che riguarda l’eredità familiare, la personalità e il carattere incidono sullo stile
genitoriale ma anche gli episodi che hanno segnato la vita, il tipo di legame
instaurato con la famiglia di origine, i vissuti della propria infanzia, la
rappresentazione che ci si è fatti del rapporto con i propri genitori, dunque il
genitore cerca nel proprio repertorio passato le tracce delle cure ricevute e vissute
in 1a persona, per poter attuarle, revisionarle e anche criticarle, dunque possiamo
affermare che la definizione dell’identità genitoriale è connessa non tanto con le
esperienze del passato, quanto piuttosto con il lavoro messo in atto per
comprendere il passato.

In una prospettiva pedagogica, possiamo prefigurare l’importanza dello sviluppo di


capacità riflessive nei genitori rispetto alle proprie esperienze infantili, al fine di
elaborare una storia della propria vita, poiché le storie rappresentano uno
strumento formativo attraverso il quale diamo senso agli eventi della nostra vita, i
processi narrativi autobiografici rappresentano un fondamentale sostegno educativo
alla genitorialità, di tutto ciò può giovare anche il bambino: l’intelligenza
emozionale, l’autostima, le capacità cognitive e sociali, infatti gettano precocemente
le basi nel tipo d’interazione instaurata on i genitori e della capacità di questi ultimi
di riflettere sui loro copioni relazionali.

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