Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
CAPITOLO 1
COMPLESSITÀ SOCIALE – ASPETTI ETICI E POLITICI
Goffman sostiene che “la società stabilisce gli strumenti per categorizzare le persone”, gli schemi
mentali che vengono utilizzati per individuare le caratteristiche e le identità dipendono dalla cultura che
diventa concreta attraverso le rappresentazioni sociali che ci servono per stabilire ordine e assicurare
la comunicazione costituendo così informazioni che gli individui utilizzano per costruire le relazioni con
se stessi e con gli altri. Nel concetto di cultura ci sono quattro aspetti che dobbiamo tener presenti: la
cultura ideale, ovvero le rappresentazioni e le interpretazioni che ci fanno da guida e ci orientano dando
vita a valori e competenze; la cultura materiale, con elemento fondante la società dell’informazione
costituita dall’UE e che ci porta a parlare di Knowledge society e di Learning society; il sistema di
produzione dei beni che determina il tipo di economia delle società e anche il mondo del lavoro e infine
il sistema del potere che attraverso la democrazia garantisce il mantenimento dell’assetto della società.
Questi sistemi si costituiscono in maniera complessa e contrastante, questo a causa della
Globalizzazione che scontrandosi con i localismi nazionali ha portato nel mondo ambivalenza e flussi
migratori che a loro volta portano con se diversità di tipo religioso, etnico e ideologica che scontrandosi
con altri tipi di diversità come quelle di genere, individuali e sociali, danno vita a società che non
riescono a garantire lo stesso godimento dei diritti a tutti con il conseguente sviluppo di personalità,
identità e pensiero.
Nonostante queste diversità dovrebbero essere viste come arricchimento in realtà portano a scontri di
natura violenta portando la democrazia ad una crisi. Questo accade perché se andiamo oltre l’aspetto
giuridico e legislativo riscontriamo nell’etica politica dei paradossi, che sono riscontrabili nel fatto che i
diritti umani partono dal riconoscimento dell’altro come persona e quindi alla sua dignità e rispetto che
però non vengono riconosciuti nella stessa misura a tutti. Paradosso nel paradosso proprio il fatto che
riconoscimento e rispetto di fatto non coincidono. Proprio per questo motivo si chiede alla politica di
abbandonare l’idea di tipo assistenzialistico, che consiste nell’intervenire dando supporto solo in
situazioni di estrema difficoltà, per passare ad una di tipo integrativo.
Da qui nasce il concetto di etica che deve tener conto dell’interpretazione che l’uomo deve porsi della
realtà e che se quest’ultima viene condivisa da altri diviene norma morale. Proprio sulla base di questo
pensiero Ricoeur sosteneva l’importanza della regola “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto
a te”, proprio in vista di una vita compiuta con e per gli altri. Ma se dovessimo tener presente un’etica
che sia adatta ai nostri tempi dovremmo pensare ad una emancipazione dell’uomo senza processi
educativi adeguati.
DISAGIO ESISTENZIALE COME SEGNALE
Le stesse dissonanze che riscontriamo con i diritti umani, le ritroviamo quando affrontiamo i diritti
dell’infanzia e dell’adolescenza, e anche qui ritroviamo dei paradossi. Nonostante la nostra società
riconosca un sentimento nei confronti di questi individui e vi siano delle leggi a tutela degli stessi,
ancora oggi rappresentano persone a cui non è riconosciuta la piena autonomia e quindi incapaci di
poter costruire la propria identità. Le cause di queste dissonanze le ritroviamo in quella che Bauman
definiva “società liquida”, una società caratterizzata dal presentismo, dalla provvisorietà e dalla perdita
di centro. Abbiamo quindi una caduta del riferimento valoriale da parte degli adulti che perdendo il
centro non riescono ad offrirsi come modelli per le nuove generazioni. Questo provoca in loro disagio
esistenziale che viene di conseguenza manifestato a livello personale e a livello collettivo. Per questo
motivo sono i primi a ritrovarsi nella necessità di aiuto per rivedere se stessi, i propri ruoli e le proprie
relazioni.
OBBIETTIVI DI SVILUPPO + NUOVO CONCETTO DI SVILUPPO UMANO
Rispetto alle emergenze legate ai diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, gli Stati membri dell’ONU
hanno adottato gli 8 obiettivi di sviluppo del millennio (MDGs) dove ritroviamo l’obiettivo di dimezzare
la povertà entro il 2015, ridurre la mortalità infantile e materna e assicurare l’accesso all’istruzione
elementare. Questo per non lasciare nessuno indietro, per trasformare le economie in posti di lavoro
e crescita inclusiva, costruire pace ed istituzioni efficienti, responsabili e aperte. Riuscire a realizzare
una partnership globale che abbia al centro l’individuo. Il 25 settembre 2015 questi 8 obbiettivi sono
stati sostituiti da 17 nuovi obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) a loro volta suddivisi in 169 traguardi
, per assicurare una pianeta vivibile per tutte le nuove generazioni, con scadenza il 2030.
I nuovi obiettivi di sviluppo sostenibile basano le scelte sulla nozione di sviluppo che ha una concezione
che ingloba in sé aspetti di varia natura, sociali, politici, umani. Bisogni che devono soddisfare tutti i
soggetti e che sono disposti seguendo una scala di urgenza da quelli materiali a quelli istituzionali e
relazionali, per questo motivo sono complessi da soddisfare a causa dei cambiamenti che hanno
destabilizzato l’identità dei soggetti. Da un lato quindi è compito della politica e del welfare occuparsi
dei bisogni dei soggetti e affinché i soggetti siano forza motrice è qui che entra in gioco la pedagogia
per metterli nella condizione di sentirsi adeguati a poter compiere scelte sia individuali che a
partecipare a processi decisionali.
CAPITOLO 2
EVOLUZIONE DEL SENTIMENTO DI INFANZIA E ADOLESCENZA + INFANZIA E FANCIULLEZZA
BAMBIN* OGGI E I SUOI PROCESSI DI SVILUPPO
Nel tempo attraverso i vari sistemi culturali la percezione del concetto di infanzia ha dato forma a
diverse immagini sociali dell’infanzia. Dobbiamo attendere l’800 per vedere però emanate le prime
leggi a tutela dei giovani lavoratori impiegati nelle fabbriche che però non interferiranno nella vita
familiare dove l’autorità del padre rimarrà impunita e assoluta. È con il ‘900 che abbiamo un primo
significativo cambiamento e in particolar modo con la Convenzione dei diritti dell’infanzia e
dell’adolescenza del 1989 che in Italia venne ratificata con la legge n.171 del 27 maggio 1991.
Convenzione che ha permesso il riconoscimento della dignità umana, della libertà, di un ambiente
familiare per ogni bambino e di una preparazione finalizzata all’autonomia.
L’infanzia diventa oggetto giuridico, psicologico e pedagogico dando vita ad una nuova sensibilità nei
suoi confronti, grazie alle opere di Rousseau, Pestalozzi, Frobel, le sorelle Agazzi, Maria Montessori e
da studiosi come Piaget, Vigotskji, Bruner, Gardner e Goleman.
PREADOLESCENZA E ADOLESCENZA: HIKIKOMORI E RITIRO SOCIALE
La preadolescenza (10-15 anni) è l’età del mutamento che coinvolge il corpo, l’identità, le esperienze
e la sfera emotiva. Come tutte le fasi evolutive ci sono dei compiti specifici che il preadolescente deve
compiere per far si che avvenga lo sviluppo e ritroviamo infatti la relazione con i coetanei, l’accettazione
del cambiamento del proprio corpo, l’autonomia emotiva dai genitori, la scoperta dei valori,
l’acquisizione di un ruolo sociale di genere e la formazione di una coscienza etica. Ovviamente i
cambiamenti avvengono anche nella sfera cognitiva, infatti si va sviluppando il pensiero ipotetico-
deduttivo, l’empatia e il pensiero critico. Ed è in questo periodo che inizia a staccarsi dalle figure
genitoriali mettendole in dubbio, e portando questi ultimi a un disorientamento, che però non ha
funzione negativa ma è funzionale alla crescita.
L’adolescenza (15-18 anni) vera e propria, è un proseguimento delle fasi di crescita del periodo
preadolescenziale con l’aggiunta di altri compiti di sviluppo come i processi legati alle scelte. Si
contraddistingue per il bisogno di autonomia e indipendenza che porta i ragazzi a sperimentare
situazioni nuove che nello stesso tempo causano sbalzi umorali e di atteggiamento. Caratteristica
fondamentale di questa fase è il conflitto, che può essere interpersonale o intrapsichico, e difronte alle
pressioni che vengono dalla società possono manifestarsi atteggiamenti di chiusura e di instabilità
caratteriale che sfociano nella cosiddetta crisi adolescenziale.
La crisi adolescenziale può trasformarsi in perdita dell’identità se il soggetto reputa che i legami con
gli altri possano danneggiare l’immagine di sé, se è incapace di fare progetti, di concepire il tempo, se
rifiuta di impiegare il tempo, abilità e attitudini nello studio o nel lavoro, se ha comportamenti che
deviano dagli insegnamenti ricevuti. Così come la ricerca del sé può sfociare in aggressione verso se
stessi e in questo caso parliamo di disturbi del comportamento alimentare, disturbi da uso da sostanze,
cutting ecc; o verso gli altri e quindi parliamo di fenomeni quali bullismo, cyberbullismo, devianza,
criminalità ecc. Questa crisi va considerata come un evento latente e non come un sintomo nevrotico.
Un fenomeno che preoccupa è quello del ritiro sociale, che ha origine Giapponesi e prende il nome di
Hikikomori (ragazzi tartaruga), per cui le relazioni interpersonali vengono sostituite con attività
frenetiche e continuate nel tempo su internet. Questo fenomeno è un grido di aiuto, perché è la
manifestazione di un senso di solitudine e di inefficacia che ha ripercussioni nella vita sociale
dell’individuo e che causa abbandono scolastico e isolamento sociale, in cui il ragazzo vive nella
vergogna, nell’impotenza e nella confusione. Si manifesta con la chiusura nella stanza e verso il mondo
reale circostante che viene sostituito da quello virtuale il che provoca anche l’inversione dei ritmi
giorno-notte.
Il concetto di desatellizzazione è stato utilizzato dal David Ausubel, psicologo statunitense che seguiva
la corrente di Piaget, per spiegare le modalità di emancipazione degli adolescenti dai genitori ovvero
l’itinerario che porta i figli a diventare adulti.
IDENTITÀ E NUOVE IDENTITÀ: PREGIUDIZI, ACCETTAZIONE DELLE DIVERSITÀ.
L'identità di una persona è come una cassetta degli attrezzi con la quale l'individuo affronta la vita e si
protegge da eventuali attacchi esterni. Il concetto d'identità indica l’io in rapporto con se stesso, con
l'idea che ha di se stesso, di come si sente con se stesso e la cultura e l'ambiente di appartenenza.
L'identità di una persona può essere stabile o in continuo mutamento in quanto influenzato da fattori
biologici, sociali, ambientali, psicologici, modelli genitoriali, esperienze di istruzione/formazione,
relazioni. Fattori che possono portare al successo o all' insuccesso dell’individuo.
Per soddisfare i bisogni legati ai rapporti interpersonali che possono essere di natura affettiva ed
emozionali ecc. bisogna orientarli verso l'autorealizzazione che ha come scopo quello di vedere la
diversità come un valore, una risorsa, un diritto e non come scontro o discriminazione.
Purtroppo, la società di oggi tende ad omologare gli individui che perdono l'identità individuale a favore
di quella collettiva. L’alterità e la diversità sono caratteristiche che vengono attribuite a pochi soggetti
che hanno caratteristiche che li rendono non omologabili con il resto del gruppo e questo porta il
fomentare i pregiudizi ovvero giudizi negativi che regolano le relazioni interpersonali. La diversità
genera conflitti in quanto non viene vista sempre come ricchezza , ma pensare ad un conflitto come
solo negativo è errato in quanto è anche un aspetto necessario ed importante ma soprattutto
funzionale al processo di crescita. È qui che entra in gioco l'etica della convivenza che serve a far
sviluppare nelle persone la capacità di attraversare i conflitti senza demonizzarli imparando a
comunicare quando ci si trova davanti a sistemi diversi. L'economista Sen sostiene l'idea che la
molteplicità delle nostre identità può svolgere un ruolo importante nell’aiutare le persone a resistere
alla forza dell’omologazione di massa e alle istigazioni alla violenza che provocano conflitti. Ed è grazie
alle diverse identità presenti anche nelle differenze di etnia, di religione o idee politiche che è possibile
trovare nello scambio umano dei punti di contatto, e questo può permetterci di superare le linee di
confine che sembrano invalicabili riuscendo a creare legami basati sull’accettazione l'empatia e
l'amicizia.
L’IDENTITÀ ADULTA TRA ADULTITÀ E ADULTESCENZA
Anche l'identità adulta è una tappa che fa parte del processo di crescita che oggi per poter svolgere il
proprio compito educativo ha bisogno di ripensarsi e di ricomprendersi. Questo perché è cambiata la
concezione di adulto come un modello stabile verso cui poter dirigere la formazione delle nuove
generazioni, oggi abbiamo una concezione di adulto come dinamico e in continua trasformazione.
Queste rivisitazioni che avvengono all'interno di uno stesso soggetto ci hanno fatto comprendere e
riconoscere che possono convivere degli stati della personalità adulta e altri stati non ancora tali;
proprio per questo motivo utilizziamo il termine adultità per riferirci a quei soggetti che raggiungono lo
stato di maturità socialmente accettato e definito ma che conservano dei tratti interni che possono
anche essere esternati in varie forme che ne contraddicono però l'età cronologica. Per marcare ancora
di più questa differenza tra età cronologica ed età mentale utilizza il termine adultescienza, proprio per
indicare quei soggetti che nonostante abbiano raggiunto un’età adulta si comportano mantenendo stili
di vita adolescenziali. Questo porta ovviamente ad una percezione di adulti che hanno identità fragili e
quindi non riescono ad adempiere ai compiti che l'età anagrafica richiede.
Oggi si riconosce che nell’adulto possono convivere più identità senza ritenerlo affetto da patologie,
ma lo si vede come soggetto che ha potenzialità, possibilità e necessità di crescita e di sviluppo.
Quindi l'identità adulta viene ritenuta come dimensione dinamica , capacità di trasformarsi, rappresenta
un momento esistenziale e illusione, che ha capacità creative e di rivedere il mondo e le esperienze.
Un' identità che richiede una specifica educazione che lo aiuti ad imparare ad auto educarsi.
EDUCAZIONE DEGLI ADULTI E FORMAZIONE CONTINUA + AUTOBIOGRAFIA
La ricerca sull’apprendimento nell'età adulta punta ad un processo di educazione permanente o di
formazione continua che porta gli adulti attraverso il processo di apprendimento a rivedere i propri ruoli,
i propri compiti in relazione a se stessi gli altri. L'educazione degli adulti oggi è intesa come un campo
di studio che si occupa della ricerca degli ambiti teorico operativi dove i soggetti sono impegnati in
processi di apprendimento finalizzati a diversi obiettivi; e come pratica formativa orientata a
promuovere tutte le attività che possono facilitare l'acquisizione, lo sviluppo dei saperi e delle
competenze necessarie per assolvere alle responsabilità della vita adulta. L' intenzionalità è una
caratteristica fondamentale affinché il soggetto adulto possa avere un percorso di arricchimento o di
completamento della propria preparazione in vista del suo status di adulto e affinché questo avvenga
la strategia vincente è la sua partecipazione attiva.
Negli ultimi decenni si è formato un movimento di ricerca e di formazione che si occupa dei metodi
della ricognizione biografica e autobiografica come mezzi privilegiati per apprendere ed educare in
campo adultistico. Malcom Knowls l’ha denominata andragogia, ha cercato e di creare un ponte tra
teoria e pratica attraverso l'autobiografia. Il suo metodo è formato da una componente ermeneutica
che si occupa dell’attenzione e dell’ascolto dei vissuti personali, una componente emancipatoria che
si occupa dell’interpretazione dell’agire personale professionale e quindi di tutti quegli schemi che il
soggetto ha acquisito ed un eventuale smantellamento degli stessi, una componente esperienziale
che serve a mettere in primo piano la soggettività dei singoli soggetti.
L’autobiografia, pratica l'arte della distinzione e quindi dell'auto interrogazione che ci permette di
modificare le modalità educative. L'autobiografia è un viaggio formativo che attraverso il racconto di
sé porta ad intraprendere un inusuale percorso di autoformazione in quanto solo se l' adulto è in grado
di prendersi cura di sé potrà prendersi cura dell'altro.
Gli obiettivi educativi dell’autobiografia sono diversi abbiamo l'obiettivo metacognitivo, formativo,
motivazionale, euristico esplicativo e trasformativo. Offre un’opportunità di scelta e tocca varie aree
da quella personale a quella funzionale a quella rappresentazionale arrivando a quella desideri e delle
aspettative. Tutto ciò porta ad imparare dall'analisi della propria storia apprendendo da se stessi.
PROCEDURE EDUCATIVE PER FACILITARE LO SVILUPPO DELL’IDENTITÀ DELL’INFANZIA E
DELL’ADOLESCENZA
Quali procedure educative gli adulti devono attuare per far sì che i diritti dell'infanzia insieme ai doveri
non siano solo proclamati ma anche attuati? La Convenzione del 1989 nell’art. 12 afferma: “Gli Stati
garantiscono al fanciullo e il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo
interessa e le opinioni del fanciullo devono essere debitamente prese in considerazione tenendo conto
della sua età e del suo grado di maturità”.
La prima procedura deve essere quella dell'ascolto. Saper ascoltare è uno degli aspetti più complessi
della relazione in quanto è difficile sospendere i giudizi di valore, osservare e ascoltare, mettersi nei
panni dell'altro, verificare la comprensione, scegliere con attenzione i luoghi, il tempo in cui ascoltare.
L'ascolto perché abbia una ricaduta efficace sulla formazione dei soggetti, deve prevedere anche il loro
coinvolgimento partecipativo. Partecipare e avere voce riguardo i propri diritti è un requisito
fondamentale per la realizzazione personale e sociale e per il riconoscimento di un’autonoma identità.
Solo incoraggiando bambini e adolescenti a esprimersi sarà possibile realizzare il naturale processo di
inclusione. Pertanto, se continueremo a percepire l'infanzia e l'adolescenza come età da dover solo
controllare continueremo sempre a vederle nella loro dimensione di marginalità con il continuo rischio
della loro esclusione. Quello che la convenzione sottintende è che gli adulti devono imparare a
collaborare più strettamente con loro, solo così potranno acquisire quello che gli adulti pretendono, ma
che loro per primi richiedono a se stessi: le competenze per imparare a riconoscere e a rispettare oltre
i loro diritti anche i loro doveri.
CAPITOLO 3
PEDAGOGIA DELL’INFANZIA E DELL’ADOLESCENZA? AVER CURA, FORMAZIONE EDUCANTE,
BEN-ESSERE
Proporre una pedagogia dell'infanzia e dell'adolescenza significa saper rispondere alle nuove sfide
educative in un'ottica di Lifedeep learning e progettando un processo formativo educante che sia frutto
di riflessioni su finalità, oggetto e processi delle sue metodologie. Bisogna investire in una formazione
educante che sia capace di far applicare Il più profondo concetto di cultura intesa come l'aver cura
dell'altro e di sé, che porta specificarla come bildung, come cura educativa che all'interno dei quattro
sistemi culturali la rende una dimensione umana in grado di garantire a tutti sia il riconoscimento che
il rispetto.
IL SOGGETTO COME PERSONA IN RELAZIONE.
Per far sì che l' adulto sia in grado di far fronte ai nuovi bisogni educativi la pedagogia dell'infanzia e
dell'adolescenza deve necessariamente rivedere il suo agire educativo. Come sosteneva l'economista
Sen, se le persone sono sia beneficiari sia la forza motrice dello sviluppo individuale e collettivo è dalla
persona che bisogna ripartire, per farlo l'adulto deve dichiarare la sua Weltanschauung, ossia Il suo
modo di percepire il mondo essendo quest'ultima a influenzare i processi di scelta e il conseguente
agire educativo. L'uomo non essendo solo materia vede riconosciuto il suo valore non per quello che
ha ma per quello che è, ed essendo un soggetto in continua trasformazione proprio per questo motivo
è importante l'educazione. La prima esperienza della persona è l'esperienza della seconda persona, il
tu e quindi noi viene prima dell'io. Buber affronta questo aspetto e sottolinea che solo l'io della coppia
io-tu e l’io della coppia io-esso producono relazione ed esperienza. Una relazione che produce un nuovo
modo di essere quello del tra e quindi della reciprocità. Ecco perché quando pensiamo ai concetti di
formazione e di educazione non possiamo non pensare alla persona come soggetto in relazione.
AVER CURA : DIALOGO TRA CULTURE E DIVERSITÀ
Quando parliamo di cultura facciamo riferimento a un significato profondo del termine, solo una
formazione, che attraverso la cura dell'altro intesa come bildung, può permettere a tutti i soggetti di
trovare una dimensione identitaria propria nonostante la complessità sociale del nuovo millennio.
Bildung che indica il processo dialettico che avviene nella relazione tra gli uomini e che diventa
processo formativo attraverso la cura dell'altro, divenendo pratica educativa di chi ha consapevolezza
di se stesso degli altri. Se la pedagogia baserà il suo processo formativo sul building, facendosi carico
di specifici valori educativi, l'uomo riuscirà a trovare il significato della sua esistenza.
FORMAZIONE EDUCANTE PER LO SVILUPPO DEL BEN-ESSERE
Abbiamo parlato di educazione come un processo ed un prodotto che si collega alla cultura e si realizza
nel corso dell'intera esistenza con riferimento alla Weltanschauung, quindi anche ad una ricerca dei
valori che accompagnano l’uomo durante l’intera esistenza. Facendo riferimento a questo concetto
dobbiamo parlare di educazione permanente in quanto accompagna l’uomo durante tutto il suo
percorso di vita. Inoltre, l’educazione è un processo che si svolge “qui ed ora” essendo fondamentale
il tener presente della collocazione spazio-temporale in cui l’educazione deve avvenire.
Quando parliamo invece di formazione pensiamo al traguardo definito e quindi a qualcosa che punti a
quel traguardo, vedendo così la formazione come quel processo che porta alla maturazione delle
potenzialità del soggetto attraverso la comunicazione di contenuti, l'interazione con l'ambiente e a tutte
quelle relazioni che il soggetto instaura. Possiamo definirla infatti come fecondazione
dell’apprendimento. Oggi però il concetto di formazione, per rispettare quelle che sono le richieste
della società fa riferimento alle sue due radici etimologiche quella greca, che indica un modo di essere,
e quella latina, che indica la forma, il modo in cui si esercita l’azione su qualcuno per raggiungere un
obbiettivo. Considerandola sotto questo aspetto, la formazione può essere definita come un percorso
evolutivo dove le relazioni interpersonali sono finalizzate a scopi di sviluppo della personalità tra coloro
che entrano in contatto; in quest’ottica così raggiunge l'obiettivo di dare forma sia ai formatori che i
soggetti in formazione. Educazione e formazione quindi sono complementari e possiamo considerare
l'azione formativa anche educativa perché le due azioni si identificano nell’ipotesi progettuale che è
quella del prendersi cura differenziandosi nel percorso. L'educazione nella sua dinamicità rende
possibile raggiungimento di uno scopo che a sua volta è reso possibile attraverso la progressione delle
tappe formative.
FORMAZIONE EDUCANTE: CORRESPONSABILITÀ, LIBERTÀ E AUTORITÀ, SOLIDARIETÀ,
FELICITÀ
Per garantire un processo formativo la pedagogia deve cambiare logica riconoscendo la fase di
passaggio dell'uomo all' autoregolazione che comporta una vita pratica partecipata di atti di
responsabilità e ristabilendo i principi di gerarchia dei bisogni. Ma per attuare questo cambiamento
bisogna considerare l’ambito etico che implica responsabilità e partecipazione che portano
inevitabilmente al concetto del prendersi cura. Per responsabilità Intendiamo il rispondere a qualcuno
di qualcosa ma questa può avvenire solo se sorretta da altri due componenti: rispetto e solidarietà, in
quanto il primo garantisce lo sviluppo adeguato dell'altra persona di cui ci si prende cura e il secondo
garantisce la collaborazione tra membri di una stessa società. La responsabilità viene intesa come
istanza regolativa della libertà, quest’ultima non significa poter fare tutto ciò che si vuole ma significa
conquista. Rispettare la libertà del soggetto in formazione significa farlo in maniera solidale e cambiare
il concetto di autorità impregnando la di responsabilità.
Questo porta al benessere dell'individuo e alla felicità e quindi ha la capacità di controllo sulla propria
persona e sul proprio futuro da parte del soggetto. Questo benessere si può sviluppare attraverso atti
come l’uscire dal se, comprendere il punto di vista dell'altro, prendere su di sé l'altro e dare senza
dover per forza ricevere qualcosa in cambio. Questo porta alla realizzazione di una comunità sociale
dove l'integrazione è l'atto costitutivo, la cittadinanza attiva il fine sociale e il benessere l'obiettivo
comune.
LIFELONG LEARNING – EDUCAZIONE PERMANENTE LIFEDEEP LEARNING
Abbiamo collegato il processo educativo alla concezione dell’uomo come persona questo ci ha spinto
ad una ricerca di una pedagogia proiettata al servizio alla persona, che necessita, di un apprendimento
che sia per tutta la vita, lifelong learning, una educazione che sia permanente e continua, per far si che
l’individuo dia il suo contributo alla vita sociale in maniera partecipativa e che sviluppi abilità e
competenze. Oggi parliamo non solo di lifelong learning o di lifewide learning ma anche di lifedeep
learning che indica l’apprendimento nel senso più profondo e letterale del termine. Ricapitolando
quindi parliamo di educazione permanente intesa come educazione totale che supera le barriere
istituzionali della formazione, come processo che vede le tappe della vita come fasi dello sviluppo,
come aiuto nella scoperta del valore del sé, come parametro educativo e come processo di sviluppo
acquisendo il senso profondo della vita.
MODELLO FORMATIVO EDUCANTE SISTEMICO RELAZIONALE ORIENTATO AL BEN-ESSERE:
INTENZIONALITÀ, ASIMMETRIA, RELAZIONALITÀ, CONTESTUALITÀ
Il modello formativo educante deve essere in grado di considerare il prendere e l'agire educativo in
termine di complessità, in quanto quest'ultima, permette la trasmissione dei quattro sistemi culturali
in una prospettiva sistemico relazionale, che garantisce dinamicità, evolutività e continuità. Dobbiamo
ricordare sempre che in una prospettiva relazionale fondamentale è la relazione ma anche la
considerazione dell’individualità dei soggetti. Dobbiamo considerare anche lo sviluppo delle
competenze che costituiscono le potenzialità che se messe in relazione possono essere impiegate e
valorizzate, e per questo motivo le definiamo capability, essendo risultati di potenziali risorse cognitive,
affettive ed emozionali che interagiscono con il sociale , con il mondo professionale ed esistenziale.
Sulla base del concetto di relazione, l'ascolto e la partecipazione sono degli strumenti fondamentali
che influenzano la formazione. Questo modello è caratterizzato dall'intenzionalità che significa che non
ci può essere improvvisazione ma scelte, strategie e valori che sono determinate anche dal contesto
storico sociale in cui si vive e da un rapporto asimmetrico che garantisce la funzione educativa in
quanto considera le diversità dei ruoli che a loro volta garantisco una corretta relazione; un reale
processo educativo sostenuto ed incoraggiato dalla figura dell' educatore che favorisce il processo di
cambiamento dell'educando.
CAPITOLO 4
QUANDO NASCE IL DISAGIO ESISTENZIALE? DIVERSITÀ E GRIDO D’AIUTO:
DISADATTAMENTO, DISPERSIONE SCOLASTICA, DEVIANZA, CRIMINALITÀ.
DISAGIO ESISTENZIALE, BISOGNI SPECIALI: VULNERABILITÀ E AREE DI RESILIENZA DEI
SOGGETTI – GRIDO DI AIUTO E ASCOLTO DELL’ADULTO CONSAPEVOLE
Lo sviluppo di ogni persona è il risultato di un sistema regolato da due versanti uno interno di natura
biologica e l'altro esterno di natura sociale. Lo sviluppo umano quindi è dato dal rapporto che si instaura
tra i bisogni identitari e le aspettative sociali imposte, nel momento in cui questo rapporto viene meno
è in questa mancanza che possiamo avvertire la causa del disagio esistenziale. Il disagio è avvertito
dal soggetto come uno scarto tra l' eccesso delle risorse che vengono dall'esterno e dalla reale
possibilità di utilizzarle. Questo atteggiamento presenta tratti di fragilità e sofferenza che portano
l'individuo sentirsi inadeguato, rappresentano quello che Erickson chiamava identità negativa che può
generare comportamenti pericolosi, essendo i soggetti soprattutto in età evolutiva vulnerabili
psichicamente. Anthony divise la vulnerabilità dei soggetti in due gruppi: vulnerabilità primarie, che
derivano dalla nascita e sono di natura organica, e vulnerabilità secondarie, che sono date dal contesto
in quel soggetto vive. Questa divisione però non fu molto considerata in quanto veniva presa in
considerazione solo la prima aerea. Con l'avvento della psicopatologia dello sviluppo si è cambiato l'
approccio nei confronti del disagio psichico che viene inteso come un processo che si estende nel
tempo e che deve tener conto dei comportamenti adattivi e disadattivi dei soggetti.
Uno studio di ricerca sui sullo sviluppo di bambini che vivevano in ambienti familiari o sociali a rischio
ha evidenziato che questi ultimi riescono a raggiungere uno sviluppo normale, questo ha permesso di
individuare alcune variabili che sono capaci di sviluppare nel soggetto una capacità di adattamento
positivo all'ambiente. Questi bambini vengono chiamati i resilienti, in quanto riescono a resistere a
determinate situazioni sia grazie a fattori di natura biologica sia a fattori di natura psicologica e
preventiva. La ricerca ha inoltre individuato i fattori di rischio che favoriscono la nascita di una patologia
che combinandosi con eventi normali nel corso della vita e le condizioni personali di vulnerabilità
possono contribuire alla nascita del disagio mentale. Tutto questo genera delle situazioni che portano
il soggetto a sentirsi diverso e a voler essere diverso, dove diversità la intendiamo come il procedere
in un'altra direzione. Quando la diversità comportamentale entra nel campo dei valori viene identificata
come deviante.
Il compito della pedagogia è proprio quello di comprendere la vulnerabilità e attraverso educazione e
formazione dare gli strumenti per poterla affrontare seguendo la logica dell’empowerment.
Il disagio esistenziale rappresenta un modo di crescere dell'individuo che ha la necessità di esprimere
il suo bisogno di identità. La scelta educativa che dobbiamo fare è quella preventiva elaborando dei
percorsi intervento per aiutare i ragazzi che vivono una situazione di disagio a spingerli e diventare co-
protagonisti del loro sviluppo. Dobbiamo quindi interpretare questi comportamenti come un grido
d'aiuto per poter calibrare l'attività educativa. La pedagogia volendosi occupare d'infanzia e di
adolescenza non può trascurare la realtà infantile adolescenziale che vuole essere protagonista del
proprio sviluppo e uscire da uno stato di insignificanza. Possiamo facilitare lo sviluppo dell'identità in
queste fasi di vita ascoltando, sospendendo i giudizi di valore, osservando, facendo leva sulla nostra
empatia , verificando la comprensione , scegliere con attenzione luogo e contesto ma soprattutto farli
partecipare. I possibili interventi che si possono attuare sono il passaggio da una visione negativa della
diversità ad una positiva, educare a vivere il conflitto e ad aprirsi alla diversità vedendola come
opportunità di crescita.
DISADATTAMENTO E DISPERSIONE SCOLASTICA
Quando ci troviamo davanti ad un soggetto che non percepisce il disagio sia che sia negativo che sia
positivo ci troviamo davanti ad una persona fredda e robotica e anche molto pericolosa in quanto un
soggetto alessitimico, ovvero un individuo chi ha un deficit della consapevolezza emotiva e quindi
incapace di percepire, riconoscere e descrivere verbalmente sia i propri stati emotivi che quelli degli
altri. Se il disagio del soggetto è percepito a livello socioeducativo come un grido d'aiuto, può
trasformarsi in energia positiva se guidato verso la risoluzione del problema. Il disagio il soggetto lo
può esprimere sia in forma silenziosa (disadattamento) o in forma gridata (devianza). Quando parliamo
di disadattamento parliamo di una persona che viene considerata potenzialmente normale ma che per
una serie di condizioni incontra delle difficoltà nei processi di adattamento all'ambiente familiare,
sociale o scolastico. Tutti possiamo incorrere nel disadattamento, una forma più comune e quella del
disadattamento scolastico Che può generare dispersione scolastica che si può presentare sotto forma
di ripetenza o abbandono. L'abbandono possiamo intenderlo come una manifestazione di sfiducia
verso se stessi e verso le proprie capacità infatti le motivazioni legate a questo fenomeno non sono
solo legate all’ambiente familiare, all’aspetto socioeconomico ma da ragioni di tipo soggettivo come
ad esempio la bassa autostima o un insufficiente socializzazione. L'abbandono scolastico comprende
una serie di fenomeni come ad esempio il pushout o il capable drop out o ancora lo stop out; così
come sono presenti anche forme implicite di abbandono come lo school drop o l’underachievement.
Potremmo definire la dispersione scolastica come un fenomeno per il quale intelligenze, energie,
occasioni di crescita, sono sprecate o non utilizzate al meglio. Le cause quindi sono da ricercare in un
sistema complesso scolastico che andrebbe semplificato e supportato in quanto il disadattamento sta
creando sempre di più nei soggetti gravi crisi depressive.
DEVIANZA E CRIMINALITÀ
Quando parliamo di devianza ci riferiamo ad ogni atto o comportamento di una persona o di un gruppo
che viola le norme di una comunità e che per questo va incontro a sanzioni. Per parlare di devianza
dobbiamo considerare il soggetto che si comporta in maniera deviante, la norma che viene usata come
mezzo di paragone, un gruppo che reagisce al comportamento preso in esame.
Durkheim sosteneva che la devianza è un fatto sociale inevitabile e necessario in quanto a sia una
funzione adattiva, vista come forza innovatrice, e una di definizione dei confini, perché rende note le
norme sociali di una collettività.
Merton hai elaborato la teoria secondo cui la devianza è da individuare nel contrasto tra la struttura
culturale e la struttura sociale; in quanto la struttura culturale definisce i fini e i mezzi attraverso i quali
raggiungerli, mentre la seconda determina la distribuzione reale delle opportunità che servono per
raggiungere i fini con i relativi mezzi.
Esistono anche altre teorie della devianza come la teoria del controllo sociale, quella della subcultura
quella dell’etichettamento e quella della scelta razionale, che affrontano il fenomeno da un punto di
vista sociologico, ad oggi abbiamo anche teoria che seguono l'approccio biologico, quello teologico
quello psicologico.
La maggior parte di questi approcci tendono comunque a vedere alla base della devianza i conflitti non
risolti, conflitti dovuti ad atti violenti che possono essere di natura fisica, psicologica, sociale.
Soprattutto la violenza psicologica va tenuta sotto controllo e di riferimento in quanto essendo meno
evidente di quella fisica è più difficile da individuare. Questo significa che ci deve essere una rete di
controllo e dei modelli educativi validi che vanno dalla famiglia alla scuola per poter garantire dei piani
educativi che rispettino i diritti umani.
La devianza può essere positiva quando si cerca di avvicinarsi a dei modelli ideali, deviare diventa
l'azione che il soggetto compie sulla base idee proprie riguardo il progetto di vita come ad esempio gli
innovatori che apportano, anticipando, dei comportamenti diversi che verranno puoi accettati da tutti.
La devianza diventa negativa quando ci sono quei comportamenti che sono al di sotto delle aspettative
di ruolo e che sono considerati criminali.
La devianza positiva e la devianza negativa sono due estremi di un continuum che hanno caratteristiche
specifiche come la relatività, l'ambiguità e la mancanza del consenso.
Possiamo considerare il comportamento deviante come un forte grido d'aiuto soprattutto da parte
degli adolescenti, nel momento in cui però la devianza diventa criminalità bisogna intervenire attraverso
forme di rieducazione.
CAPITOLO 5
COME AIUTARE GLI ADULTI? NUOVA ALLEANZA PER UN CORRESPONSABILE PROCESSO
EDUCATIVO E FORMATIVO.
LA FAMIGLIA OGGI.
Oggi quando parliamo di famiglia dobbiamo pensare a questa istituzione come una costellazione di
famiglie che sono caratterizzate da una serie di novità rispetto al passato come ad esempio i separati,
i figli nati fuori dal matrimonio, gli omosessuali che fungono tutti da care-giver. Questi cambiamenti
avvenuti nei nuclei familiari hanno portato ad un mutamento delle strategie di socializzazione ed
educazione dei figli. Anche le relazioni all'interno della famiglia sono cambiate: è cambiata la posizione
materna e paterna, è cambiata la percezione della sessualità e si ritarda sempre di più l'ingresso dei
giovani nell’età adulta. Le modificazioni di ruolo hanno portato a richiedere una riorganizzazione
dell'identità familiare che passa da quella contrattuale a quella affettiva, facendo diventare la famiglia
un luogo che necessita di supporto educativo. I genitori mostrano una grande fragilità e anche un
disorientamento esistenziale questo a causa del contesto in cui viviamo che è molto più articolato e
che necessita di maggiore responsabilità. Proprio per questo motivo i genitori hanno bisogno di essere
educati per permettere di dar vita ad un nuovo progetto formativo della famiglia, per la famiglia e con
la famiglia.
Le aree di competenza tradizionali che devono essere sviluppate sono quella protettiva (risposte ai
bisogni primari), quella normativa (sostegno all’organizzazione e alla strutturazione dell’ambiente),
quella rappresentativa (comportamenti dei genitori per stimolare le relazioni dei figli) e quella regolativa
(attività dei genitori che stimolano e incoraggiano il problem solving).
Oltre queste competenze il nuovo progetto formativo deve aiutare la famiglia a sviluppare competenze
come il cogliere la propria fragilità, decidere quali obiettivi raggiungere e come educare i propri figli. I
genitori devono essere aiutati ad esercitare il loro diritto dovere di educare i figli, ad attuare una
relazione asimmetrica dove la guida, la responsabilità e le intenzionalità educative devono portare alla
ricerca di un linguaggio comune e di un codice dialogico; questo perché la cura genitoriale si esprime
e si deve sviluppare nell’aver cura con. La base di questo processo la troviamo nell’assunzione di un
dialogo come forza motrice della nuova identità familiare che deve essere sollecitato attraverso tre
livelli di approccio educativo, quello di coppia che mira al processo di autoeducazione, quello di mutua
responsabilità educativa delle copie tra loro, quello di famiglie che imparino e interagire tra loro, con la
società e con la scuola.
LA SCUOLA
La scuola è luogo caratteristico per eccellenza dell’incontro tra le generazioni ed è anche l'ambiente
più adatto per poter permettere agli infanti e agli adolescenti lo sviluppo quantitativo e qualitativo
dell'istruzione che garantisce sviluppare identità. Il rapporto dell'Unesco della commissione
internazionale sull'educazione per il ventunesimo secolo ha indicato quattro pilastri educativi
fondamentali sui quali la scuola deve porre attenzione: imparare a conoscere (cultura generale),
imparare ad essere(sviluppare autonomia e capacità critiche), imparare a fare (avere competenze
operative e professionali) e imparare a vivere con gli altri (alfabetizzazione emotiva e il rispetto della
diversità). Rapporti più recenti hanno evidenziato il compito della scuola e quello di riqualificare,
convertire le tradizionali conoscenze, di dare quindi strumenti che possano servire a realizzare una
forma mentis valida per sviluppare le diverse capacità nel tempo. Inoltre, vivendo in un mondo
globalizzato l'educazione ha un ruolo essenziale per garantire i diritti umani, l'accettazione della
diversità e lo sviluppo sostenibile.
Oggi la scuola quindi, deve portare i soggetti a realizzare la propria identità di uomini e donne, deve
promuovere la coscienza critica , favorire la consapevolezza delle risorse spirituali e fisiche.
Nonostante questi pilastri educativi la scuola italiana dedica maggior impegno più nell’imparare a
conoscere che nell’imparare ad essere e a fare, e nonostante i diversi progetti avviati nel tempo per
riuscire a modificare l'approccio educativo i successi ottenuti sono relativamente pochi. Questo causa
di un modo di fare scuola da parte di insegnanti italiani che hanno difficoltà a staccarsi dalle modalità
tradizionali, nonostante ciò i nuovi bisogni di sviluppo dell'infanzia e dell'adolescenza sono riusciti a
modificare l'approccio educativo della scuola italiana, lo notiamo con la grande attenzione che viene
data agli alunni con disabilità così come anche i BES o i DSA, questo rispecchia il carattere e l'aspetto
inclusivo che viene richiesto alla scuola.
Oltre alla richiesta di un cambiamento nella didattica grande attenzione è data anche ai processi
comunicativi relazionali che sono difficili da realizzare e che devono guidare gli insegnanti a favorire
l'autostima, a creare un clima positivo, a valorizzare le diversità, a rendere i soggetti protagonisti delle
proprie azioni. Questo cambiamento deve avvenire attraverso lo sviluppo di competenze quali: il sé
professionale e quindi la conoscenza e la consapevolezza del ruolo e del proprio sé; le conoscenze e
quindi essere in possesso di conoscenze pedagogiche, tecniche di ascolto, elementi di psicologia e
tecniche ludiche; le abilità nell’applicare le tecniche di ascolto di comunicazione e quelle pedagogiche,
metodologiche e di valutazione; le competenze quali la flessibilità , l'orientamento all'innovazione al
cambiamento e la creatività.
COSTRUIRE NUOVE ALLEANZE EDUCATIVE IN MODO EDUCATIVO
Il disagio nasce come un’esperienza che riguarda la costruzione dell'identità del giovane e non delle
quantità delle risorse materiali culturali a sua disposizione. Per far sì che infanti e adolescenti imparino
ad affrontare i disagi bisogna sostenere il loro percorso evolutivo in maniera preventiva. Bisogna
fungere da loro guida per far sì che riescano a costruire il loro futuro e solo così l'intervento formativo
diventerà normalità. Gli educatori e gli adulti non devono più vedere l'infanzia e l'adolescenza come da
correggere ma da sostenere e coinvolgere. Bisogna utilizzare uno stile formativo innovatore basato
sulla ricerca che avviene insieme all'altro. L'apprendimento che viene richiesto non è soltanto da
imparare fare ma anche di imparare ad osservare riconoscere quando è necessario operare
cambiamenti durante il percorso. Bisogna apprendere ad apprendere a vivere. Per fare tutto ciò è
necessario che si sviluppi una logica educativa sistemica basata sulla collaborazione educativa che
tenga conto degli attori che sono implicati nella relazione. attraverso l'ascolto e la partecipazione
bisogno di dare un nuovo senso alla relazione tra adulti, bambini e adolescenti. La nuova alleanza
educativa mira al controllo delle condizioni di svolgimento del progetto educativo dove soggetti hanno
un margine di autonomia, tutto ciò si può realizzare attraverso una pedagogia dell'infanzia e
dell'adolescenza che deve spronare a imparare a dialogare, a fronteggiare la complessità, ad affermare
l'identità e le differenze, a combattere i disagi, ad organizzare percorsi educativi idonei.
COMPETENZE E CAPABILITIES