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PARADOSSO DELL’INFANZIA E DELL’ADOLESCENZA

CAPITOLO 1
 COMPLESSITÀ SOCIALE – ASPETTI ETICI E POLITICI
Goffman sostiene che “la società stabilisce gli strumenti per categorizzare le persone”, gli schemi
mentali che vengono utilizzati per individuare le caratteristiche e le identità dipendono dalla cultura che
diventa concreta attraverso le rappresentazioni sociali che ci servono per stabilire ordine e assicurare
la comunicazione costituendo così informazioni che gli individui utilizzano per costruire le relazioni con
se stessi e con gli altri. Nel concetto di cultura ci sono quattro aspetti che dobbiamo tener presenti: la
cultura ideale, ovvero le rappresentazioni e le interpretazioni che ci fanno da guida e ci orientano dando
vita a valori e competenze; la cultura materiale, con elemento fondante la società dell’informazione
costituita dall’UE e che ci porta a parlare di Knowledge society e di Learning society; il sistema di
produzione dei beni che determina il tipo di economia delle società e anche il mondo del lavoro e infine
il sistema del potere che attraverso la democrazia garantisce il mantenimento dell’assetto della società.
Questi sistemi si costituiscono in maniera complessa e contrastante, questo a causa della
Globalizzazione che scontrandosi con i localismi nazionali ha portato nel mondo ambivalenza e flussi
migratori che a loro volta portano con se diversità di tipo religioso, etnico e ideologica che scontrandosi
con altri tipi di diversità come quelle di genere, individuali e sociali, danno vita a società che non
riescono a garantire lo stesso godimento dei diritti a tutti con il conseguente sviluppo di personalità,
identità e pensiero.
Nonostante queste diversità dovrebbero essere viste come arricchimento in realtà portano a scontri di
natura violenta portando la democrazia ad una crisi. Questo accade perché se andiamo oltre l’aspetto
giuridico e legislativo riscontriamo nell’etica politica dei paradossi, che sono riscontrabili nel fatto che i
diritti umani partono dal riconoscimento dell’altro come persona e quindi alla sua dignità e rispetto che
però non vengono riconosciuti nella stessa misura a tutti. Paradosso nel paradosso proprio il fatto che
riconoscimento e rispetto di fatto non coincidono. Proprio per questo motivo si chiede alla politica di
abbandonare l’idea di tipo assistenzialistico, che consiste nell’intervenire dando supporto solo in
situazioni di estrema difficoltà, per passare ad una di tipo integrativo.
Da qui nasce il concetto di etica che deve tener conto dell’interpretazione che l’uomo deve porsi della
realtà e che se quest’ultima viene condivisa da altri diviene norma morale. Proprio sulla base di questo
pensiero Ricoeur sosteneva l’importanza della regola “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto
a te”, proprio in vista di una vita compiuta con e per gli altri. Ma se dovessimo tener presente un’etica
che sia adatta ai nostri tempi dovremmo pensare ad una emancipazione dell’uomo senza processi
educativi adeguati.
 DISAGIO ESISTENZIALE COME SEGNALE
Le stesse dissonanze che riscontriamo con i diritti umani, le ritroviamo quando affrontiamo i diritti
dell’infanzia e dell’adolescenza, e anche qui ritroviamo dei paradossi. Nonostante la nostra società
riconosca un sentimento nei confronti di questi individui e vi siano delle leggi a tutela degli stessi,
ancora oggi rappresentano persone a cui non è riconosciuta la piena autonomia e quindi incapaci di
poter costruire la propria identità. Le cause di queste dissonanze le ritroviamo in quella che Bauman
definiva “società liquida”, una società caratterizzata dal presentismo, dalla provvisorietà e dalla perdita
di centro. Abbiamo quindi una caduta del riferimento valoriale da parte degli adulti che perdendo il
centro non riescono ad offrirsi come modelli per le nuove generazioni. Questo provoca in loro disagio
esistenziale che viene di conseguenza manifestato a livello personale e a livello collettivo. Per questo
motivo sono i primi a ritrovarsi nella necessità di aiuto per rivedere se stessi, i propri ruoli e le proprie
relazioni.
 OBBIETTIVI DI SVILUPPO + NUOVO CONCETTO DI SVILUPPO UMANO
Rispetto alle emergenze legate ai diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, gli Stati membri dell’ONU
hanno adottato gli 8 obiettivi di sviluppo del millennio (MDGs) dove ritroviamo l’obiettivo di dimezzare
la povertà entro il 2015, ridurre la mortalità infantile e materna e assicurare l’accesso all’istruzione
elementare. Questo per non lasciare nessuno indietro, per trasformare le economie in posti di lavoro
e crescita inclusiva, costruire pace ed istituzioni efficienti, responsabili e aperte. Riuscire a realizzare
una partnership globale che abbia al centro l’individuo. Il 25 settembre 2015 questi 8 obbiettivi sono
stati sostituiti da 17 nuovi obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) a loro volta suddivisi in 169 traguardi
, per assicurare una pianeta vivibile per tutte le nuove generazioni, con scadenza il 2030.
I nuovi obiettivi di sviluppo sostenibile basano le scelte sulla nozione di sviluppo che ha una concezione
che ingloba in sé aspetti di varia natura, sociali, politici, umani. Bisogni che devono soddisfare tutti i
soggetti e che sono disposti seguendo una scala di urgenza da quelli materiali a quelli istituzionali e
relazionali, per questo motivo sono complessi da soddisfare a causa dei cambiamenti che hanno
destabilizzato l’identità dei soggetti. Da un lato quindi è compito della politica e del welfare occuparsi
dei bisogni dei soggetti e affinché i soggetti siano forza motrice è qui che entra in gioco la pedagogia
per metterli nella condizione di sentirsi adeguati a poter compiere scelte sia individuali che a
partecipare a processi decisionali.

CAPITOLO 2
 EVOLUZIONE DEL SENTIMENTO DI INFANZIA E ADOLESCENZA + INFANZIA E FANCIULLEZZA
BAMBIN* OGGI E I SUOI PROCESSI DI SVILUPPO
Nel tempo attraverso i vari sistemi culturali la percezione del concetto di infanzia ha dato forma a
diverse immagini sociali dell’infanzia. Dobbiamo attendere l’800 per vedere però emanate le prime
leggi a tutela dei giovani lavoratori impiegati nelle fabbriche che però non interferiranno nella vita
familiare dove l’autorità del padre rimarrà impunita e assoluta. È con il ‘900 che abbiamo un primo
significativo cambiamento e in particolar modo con la Convenzione dei diritti dell’infanzia e
dell’adolescenza del 1989 che in Italia venne ratificata con la legge n.171 del 27 maggio 1991.
Convenzione che ha permesso il riconoscimento della dignità umana, della libertà, di un ambiente
familiare per ogni bambino e di una preparazione finalizzata all’autonomia.
L’infanzia diventa oggetto giuridico, psicologico e pedagogico dando vita ad una nuova sensibilità nei
suoi confronti, grazie alle opere di Rousseau, Pestalozzi, Frobel, le sorelle Agazzi, Maria Montessori e
da studiosi come Piaget, Vigotskji, Bruner, Gardner e Goleman.
 PREADOLESCENZA E ADOLESCENZA: HIKIKOMORI E RITIRO SOCIALE
La preadolescenza (10-15 anni) è l’età del mutamento che coinvolge il corpo, l’identità, le esperienze
e la sfera emotiva. Come tutte le fasi evolutive ci sono dei compiti specifici che il preadolescente deve
compiere per far si che avvenga lo sviluppo e ritroviamo infatti la relazione con i coetanei, l’accettazione
del cambiamento del proprio corpo, l’autonomia emotiva dai genitori, la scoperta dei valori,
l’acquisizione di un ruolo sociale di genere e la formazione di una coscienza etica. Ovviamente i
cambiamenti avvengono anche nella sfera cognitiva, infatti si va sviluppando il pensiero ipotetico-
deduttivo, l’empatia e il pensiero critico. Ed è in questo periodo che inizia a staccarsi dalle figure
genitoriali mettendole in dubbio, e portando questi ultimi a un disorientamento, che però non ha
funzione negativa ma è funzionale alla crescita.
L’adolescenza (15-18 anni) vera e propria, è un proseguimento delle fasi di crescita del periodo
preadolescenziale con l’aggiunta di altri compiti di sviluppo come i processi legati alle scelte. Si
contraddistingue per il bisogno di autonomia e indipendenza che porta i ragazzi a sperimentare
situazioni nuove che nello stesso tempo causano sbalzi umorali e di atteggiamento. Caratteristica
fondamentale di questa fase è il conflitto, che può essere interpersonale o intrapsichico, e difronte alle
pressioni che vengono dalla società possono manifestarsi atteggiamenti di chiusura e di instabilità
caratteriale che sfociano nella cosiddetta crisi adolescenziale.
La crisi adolescenziale può trasformarsi in perdita dell’identità se il soggetto reputa che i legami con
gli altri possano danneggiare l’immagine di sé, se è incapace di fare progetti, di concepire il tempo, se
rifiuta di impiegare il tempo, abilità e attitudini nello studio o nel lavoro, se ha comportamenti che
deviano dagli insegnamenti ricevuti. Così come la ricerca del sé può sfociare in aggressione verso se
stessi e in questo caso parliamo di disturbi del comportamento alimentare, disturbi da uso da sostanze,
cutting ecc; o verso gli altri e quindi parliamo di fenomeni quali bullismo, cyberbullismo, devianza,
criminalità ecc. Questa crisi va considerata come un evento latente e non come un sintomo nevrotico.
Un fenomeno che preoccupa è quello del ritiro sociale, che ha origine Giapponesi e prende il nome di
Hikikomori (ragazzi tartaruga), per cui le relazioni interpersonali vengono sostituite con attività
frenetiche e continuate nel tempo su internet. Questo fenomeno è un grido di aiuto, perché è la
manifestazione di un senso di solitudine e di inefficacia che ha ripercussioni nella vita sociale
dell’individuo e che causa abbandono scolastico e isolamento sociale, in cui il ragazzo vive nella
vergogna, nell’impotenza e nella confusione. Si manifesta con la chiusura nella stanza e verso il mondo
reale circostante che viene sostituito da quello virtuale il che provoca anche l’inversione dei ritmi
giorno-notte.
Il concetto di desatellizzazione è stato utilizzato dal David Ausubel, psicologo statunitense che seguiva
la corrente di Piaget, per spiegare le modalità di emancipazione degli adolescenti dai genitori ovvero
l’itinerario che porta i figli a diventare adulti.
 IDENTITÀ E NUOVE IDENTITÀ: PREGIUDIZI, ACCETTAZIONE DELLE DIVERSITÀ.
L'identità di una persona è come una cassetta degli attrezzi con la quale l'individuo affronta la vita e si
protegge da eventuali attacchi esterni. Il concetto d'identità indica l’io in rapporto con se stesso, con
l'idea che ha di se stesso, di come si sente con se stesso e la cultura e l'ambiente di appartenenza.
L'identità di una persona può essere stabile o in continuo mutamento in quanto influenzato da fattori
biologici, sociali, ambientali, psicologici, modelli genitoriali, esperienze di istruzione/formazione,
relazioni. Fattori che possono portare al successo o all' insuccesso dell’individuo.
Per soddisfare i bisogni legati ai rapporti interpersonali che possono essere di natura affettiva ed
emozionali ecc. bisogna orientarli verso l'autorealizzazione che ha come scopo quello di vedere la
diversità come un valore, una risorsa, un diritto e non come scontro o discriminazione.
Purtroppo, la società di oggi tende ad omologare gli individui che perdono l'identità individuale a favore
di quella collettiva. L’alterità e la diversità sono caratteristiche che vengono attribuite a pochi soggetti
che hanno caratteristiche che li rendono non omologabili con il resto del gruppo e questo porta il
fomentare i pregiudizi ovvero giudizi negativi che regolano le relazioni interpersonali. La diversità
genera conflitti in quanto non viene vista sempre come ricchezza , ma pensare ad un conflitto come
solo negativo è errato in quanto è anche un aspetto necessario ed importante ma soprattutto
funzionale al processo di crescita. È qui che entra in gioco l'etica della convivenza che serve a far
sviluppare nelle persone la capacità di attraversare i conflitti senza demonizzarli imparando a
comunicare quando ci si trova davanti a sistemi diversi. L'economista Sen sostiene l'idea che la
molteplicità delle nostre identità può svolgere un ruolo importante nell’aiutare le persone a resistere
alla forza dell’omologazione di massa e alle istigazioni alla violenza che provocano conflitti. Ed è grazie
alle diverse identità presenti anche nelle differenze di etnia, di religione o idee politiche che è possibile
trovare nello scambio umano dei punti di contatto, e questo può permetterci di superare le linee di
confine che sembrano invalicabili riuscendo a creare legami basati sull’accettazione l'empatia e
l'amicizia.
 L’IDENTITÀ ADULTA TRA ADULTITÀ E ADULTESCENZA
Anche l'identità adulta è una tappa che fa parte del processo di crescita che oggi per poter svolgere il
proprio compito educativo ha bisogno di ripensarsi e di ricomprendersi. Questo perché è cambiata la
concezione di adulto come un modello stabile verso cui poter dirigere la formazione delle nuove
generazioni, oggi abbiamo una concezione di adulto come dinamico e in continua trasformazione.
Queste rivisitazioni che avvengono all'interno di uno stesso soggetto ci hanno fatto comprendere e
riconoscere che possono convivere degli stati della personalità adulta e altri stati non ancora tali;
proprio per questo motivo utilizziamo il termine adultità per riferirci a quei soggetti che raggiungono lo
stato di maturità socialmente accettato e definito ma che conservano dei tratti interni che possono
anche essere esternati in varie forme che ne contraddicono però l'età cronologica. Per marcare ancora
di più questa differenza tra età cronologica ed età mentale utilizza il termine adultescienza, proprio per
indicare quei soggetti che nonostante abbiano raggiunto un’età adulta si comportano mantenendo stili
di vita adolescenziali. Questo porta ovviamente ad una percezione di adulti che hanno identità fragili e
quindi non riescono ad adempiere ai compiti che l'età anagrafica richiede.
Oggi si riconosce che nell’adulto possono convivere più identità senza ritenerlo affetto da patologie,
ma lo si vede come soggetto che ha potenzialità, possibilità e necessità di crescita e di sviluppo.
Quindi l'identità adulta viene ritenuta come dimensione dinamica , capacità di trasformarsi, rappresenta
un momento esistenziale e illusione, che ha capacità creative e di rivedere il mondo e le esperienze.
Un' identità che richiede una specifica educazione che lo aiuti ad imparare ad auto educarsi.
 EDUCAZIONE DEGLI ADULTI E FORMAZIONE CONTINUA + AUTOBIOGRAFIA
La ricerca sull’apprendimento nell'età adulta punta ad un processo di educazione permanente o di
formazione continua che porta gli adulti attraverso il processo di apprendimento a rivedere i propri ruoli,
i propri compiti in relazione a se stessi gli altri. L'educazione degli adulti oggi è intesa come un campo
di studio che si occupa della ricerca degli ambiti teorico operativi dove i soggetti sono impegnati in
processi di apprendimento finalizzati a diversi obiettivi; e come pratica formativa orientata a
promuovere tutte le attività che possono facilitare l'acquisizione, lo sviluppo dei saperi e delle
competenze necessarie per assolvere alle responsabilità della vita adulta. L' intenzionalità è una
caratteristica fondamentale affinché il soggetto adulto possa avere un percorso di arricchimento o di
completamento della propria preparazione in vista del suo status di adulto e affinché questo avvenga
la strategia vincente è la sua partecipazione attiva.
Negli ultimi decenni si è formato un movimento di ricerca e di formazione che si occupa dei metodi
della ricognizione biografica e autobiografica come mezzi privilegiati per apprendere ed educare in
campo adultistico. Malcom Knowls l’ha denominata andragogia, ha cercato e di creare un ponte tra
teoria e pratica attraverso l'autobiografia. Il suo metodo è formato da una componente ermeneutica
che si occupa dell’attenzione e dell’ascolto dei vissuti personali, una componente emancipatoria che
si occupa dell’interpretazione dell’agire personale professionale e quindi di tutti quegli schemi che il
soggetto ha acquisito ed un eventuale smantellamento degli stessi, una componente esperienziale
che serve a mettere in primo piano la soggettività dei singoli soggetti.
L’autobiografia, pratica l'arte della distinzione e quindi dell'auto interrogazione che ci permette di
modificare le modalità educative. L'autobiografia è un viaggio formativo che attraverso il racconto di
sé porta ad intraprendere un inusuale percorso di autoformazione in quanto solo se l' adulto è in grado
di prendersi cura di sé potrà prendersi cura dell'altro.
Gli obiettivi educativi dell’autobiografia sono diversi abbiamo l'obiettivo metacognitivo, formativo,
motivazionale, euristico esplicativo e trasformativo. Offre un’opportunità di scelta e tocca varie aree
da quella personale a quella funzionale a quella rappresentazionale arrivando a quella desideri e delle
aspettative. Tutto ciò porta ad imparare dall'analisi della propria storia apprendendo da se stessi.
 PROCEDURE EDUCATIVE PER FACILITARE LO SVILUPPO DELL’IDENTITÀ DELL’INFANZIA E
DELL’ADOLESCENZA
Quali procedure educative gli adulti devono attuare per far sì che i diritti dell'infanzia insieme ai doveri
non siano solo proclamati ma anche attuati? La Convenzione del 1989 nell’art. 12 afferma: “Gli Stati
garantiscono al fanciullo e il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo
interessa e le opinioni del fanciullo devono essere debitamente prese in considerazione tenendo conto
della sua età e del suo grado di maturità”.
La prima procedura deve essere quella dell'ascolto. Saper ascoltare è uno degli aspetti più complessi
della relazione in quanto è difficile sospendere i giudizi di valore, osservare e ascoltare, mettersi nei
panni dell'altro, verificare la comprensione, scegliere con attenzione i luoghi, il tempo in cui ascoltare.
L'ascolto perché abbia una ricaduta efficace sulla formazione dei soggetti, deve prevedere anche il loro
coinvolgimento partecipativo. Partecipare e avere voce riguardo i propri diritti è un requisito
fondamentale per la realizzazione personale e sociale e per il riconoscimento di un’autonoma identità.
Solo incoraggiando bambini e adolescenti a esprimersi sarà possibile realizzare il naturale processo di
inclusione. Pertanto, se continueremo a percepire l'infanzia e l'adolescenza come età da dover solo
controllare continueremo sempre a vederle nella loro dimensione di marginalità con il continuo rischio
della loro esclusione. Quello che la convenzione sottintende è che gli adulti devono imparare a
collaborare più strettamente con loro, solo così potranno acquisire quello che gli adulti pretendono, ma
che loro per primi richiedono a se stessi: le competenze per imparare a riconoscere e a rispettare oltre
i loro diritti anche i loro doveri.

CAPITOLO 3
 PEDAGOGIA DELL’INFANZIA E DELL’ADOLESCENZA? AVER CURA, FORMAZIONE EDUCANTE,
BEN-ESSERE
Proporre una pedagogia dell'infanzia e dell'adolescenza significa saper rispondere alle nuove sfide
educative in un'ottica di Lifedeep learning e progettando un processo formativo educante che sia frutto
di riflessioni su finalità, oggetto e processi delle sue metodologie. Bisogna investire in una formazione
educante che sia capace di far applicare Il più profondo concetto di cultura intesa come l'aver cura
dell'altro e di sé, che porta specificarla come bildung, come cura educativa che all'interno dei quattro
sistemi culturali la rende una dimensione umana in grado di garantire a tutti sia il riconoscimento che
il rispetto.
 IL SOGGETTO COME PERSONA IN RELAZIONE.
Per far sì che l' adulto sia in grado di far fronte ai nuovi bisogni educativi la pedagogia dell'infanzia e
dell'adolescenza deve necessariamente rivedere il suo agire educativo. Come sosteneva l'economista
Sen, se le persone sono sia beneficiari sia la forza motrice dello sviluppo individuale e collettivo è dalla
persona che bisogna ripartire, per farlo l'adulto deve dichiarare la sua Weltanschauung, ossia Il suo
modo di percepire il mondo essendo quest'ultima a influenzare i processi di scelta e il conseguente
agire educativo. L'uomo non essendo solo materia vede riconosciuto il suo valore non per quello che
ha ma per quello che è, ed essendo un soggetto in continua trasformazione proprio per questo motivo
è importante l'educazione. La prima esperienza della persona è l'esperienza della seconda persona, il
tu e quindi noi viene prima dell'io. Buber affronta questo aspetto e sottolinea che solo l'io della coppia
io-tu e l’io della coppia io-esso producono relazione ed esperienza. Una relazione che produce un nuovo
modo di essere quello del tra e quindi della reciprocità. Ecco perché quando pensiamo ai concetti di
formazione e di educazione non possiamo non pensare alla persona come soggetto in relazione.
 AVER CURA : DIALOGO TRA CULTURE E DIVERSITÀ
Quando parliamo di cultura facciamo riferimento a un significato profondo del termine, solo una
formazione, che attraverso la cura dell'altro intesa come bildung, può permettere a tutti i soggetti di
trovare una dimensione identitaria propria nonostante la complessità sociale del nuovo millennio.
Bildung che indica il processo dialettico che avviene nella relazione tra gli uomini e che diventa
processo formativo attraverso la cura dell'altro, divenendo pratica educativa di chi ha consapevolezza
di se stesso degli altri. Se la pedagogia baserà il suo processo formativo sul building, facendosi carico
di specifici valori educativi, l'uomo riuscirà a trovare il significato della sua esistenza.
 FORMAZIONE EDUCANTE PER LO SVILUPPO DEL BEN-ESSERE
Abbiamo parlato di educazione come un processo ed un prodotto che si collega alla cultura e si realizza
nel corso dell'intera esistenza con riferimento alla Weltanschauung, quindi anche ad una ricerca dei
valori che accompagnano l’uomo durante l’intera esistenza. Facendo riferimento a questo concetto
dobbiamo parlare di educazione permanente in quanto accompagna l’uomo durante tutto il suo
percorso di vita. Inoltre, l’educazione è un processo che si svolge “qui ed ora” essendo fondamentale
il tener presente della collocazione spazio-temporale in cui l’educazione deve avvenire.
Quando parliamo invece di formazione pensiamo al traguardo definito e quindi a qualcosa che punti a
quel traguardo, vedendo così la formazione come quel processo che porta alla maturazione delle
potenzialità del soggetto attraverso la comunicazione di contenuti, l'interazione con l'ambiente e a tutte
quelle relazioni che il soggetto instaura. Possiamo definirla infatti come fecondazione
dell’apprendimento. Oggi però il concetto di formazione, per rispettare quelle che sono le richieste
della società fa riferimento alle sue due radici etimologiche quella greca, che indica un modo di essere,
e quella latina, che indica la forma, il modo in cui si esercita l’azione su qualcuno per raggiungere un
obbiettivo. Considerandola sotto questo aspetto, la formazione può essere definita come un percorso
evolutivo dove le relazioni interpersonali sono finalizzate a scopi di sviluppo della personalità tra coloro
che entrano in contatto; in quest’ottica così raggiunge l'obiettivo di dare forma sia ai formatori che i
soggetti in formazione. Educazione e formazione quindi sono complementari e possiamo considerare
l'azione formativa anche educativa perché le due azioni si identificano nell’ipotesi progettuale che è
quella del prendersi cura differenziandosi nel percorso. L'educazione nella sua dinamicità rende
possibile raggiungimento di uno scopo che a sua volta è reso possibile attraverso la progressione delle
tappe formative.
 FORMAZIONE EDUCANTE: CORRESPONSABILITÀ, LIBERTÀ E AUTORITÀ, SOLIDARIETÀ,
FELICITÀ
Per garantire un processo formativo la pedagogia deve cambiare logica riconoscendo la fase di
passaggio dell'uomo all' autoregolazione che comporta una vita pratica partecipata di atti di
responsabilità e ristabilendo i principi di gerarchia dei bisogni. Ma per attuare questo cambiamento
bisogna considerare l’ambito etico che implica responsabilità e partecipazione che portano
inevitabilmente al concetto del prendersi cura. Per responsabilità Intendiamo il rispondere a qualcuno
di qualcosa ma questa può avvenire solo se sorretta da altri due componenti: rispetto e solidarietà, in
quanto il primo garantisce lo sviluppo adeguato dell'altra persona di cui ci si prende cura e il secondo
garantisce la collaborazione tra membri di una stessa società. La responsabilità viene intesa come
istanza regolativa della libertà, quest’ultima non significa poter fare tutto ciò che si vuole ma significa
conquista. Rispettare la libertà del soggetto in formazione significa farlo in maniera solidale e cambiare
il concetto di autorità impregnando la di responsabilità.
Questo porta al benessere dell'individuo e alla felicità e quindi ha la capacità di controllo sulla propria
persona e sul proprio futuro da parte del soggetto. Questo benessere si può sviluppare attraverso atti
come l’uscire dal se, comprendere il punto di vista dell'altro, prendere su di sé l'altro e dare senza
dover per forza ricevere qualcosa in cambio. Questo porta alla realizzazione di una comunità sociale
dove l'integrazione è l'atto costitutivo, la cittadinanza attiva il fine sociale e il benessere l'obiettivo
comune.
 LIFELONG LEARNING – EDUCAZIONE PERMANENTE LIFEDEEP LEARNING
Abbiamo collegato il processo educativo alla concezione dell’uomo come persona questo ci ha spinto
ad una ricerca di una pedagogia proiettata al servizio alla persona, che necessita, di un apprendimento
che sia per tutta la vita, lifelong learning, una educazione che sia permanente e continua, per far si che
l’individuo dia il suo contributo alla vita sociale in maniera partecipativa e che sviluppi abilità e
competenze. Oggi parliamo non solo di lifelong learning o di lifewide learning ma anche di lifedeep
learning che indica l’apprendimento nel senso più profondo e letterale del termine. Ricapitolando
quindi parliamo di educazione permanente intesa come educazione totale che supera le barriere
istituzionali della formazione, come processo che vede le tappe della vita come fasi dello sviluppo,
come aiuto nella scoperta del valore del sé, come parametro educativo e come processo di sviluppo
acquisendo il senso profondo della vita.
 MODELLO FORMATIVO EDUCANTE SISTEMICO RELAZIONALE ORIENTATO AL BEN-ESSERE:
INTENZIONALITÀ, ASIMMETRIA, RELAZIONALITÀ, CONTESTUALITÀ
Il modello formativo educante deve essere in grado di considerare il prendere e l'agire educativo in
termine di complessità, in quanto quest'ultima, permette la trasmissione dei quattro sistemi culturali
in una prospettiva sistemico relazionale, che garantisce dinamicità, evolutività e continuità. Dobbiamo
ricordare sempre che in una prospettiva relazionale fondamentale è la relazione ma anche la
considerazione dell’individualità dei soggetti. Dobbiamo considerare anche lo sviluppo delle
competenze che costituiscono le potenzialità che se messe in relazione possono essere impiegate e
valorizzate, e per questo motivo le definiamo capability, essendo risultati di potenziali risorse cognitive,
affettive ed emozionali che interagiscono con il sociale , con il mondo professionale ed esistenziale.
Sulla base del concetto di relazione, l'ascolto e la partecipazione sono degli strumenti fondamentali
che influenzano la formazione. Questo modello è caratterizzato dall'intenzionalità che significa che non
ci può essere improvvisazione ma scelte, strategie e valori che sono determinate anche dal contesto
storico sociale in cui si vive e da un rapporto asimmetrico che garantisce la funzione educativa in
quanto considera le diversità dei ruoli che a loro volta garantisco una corretta relazione; un reale
processo educativo sostenuto ed incoraggiato dalla figura dell' educatore che favorisce il processo di
cambiamento dell'educando.

CAPITOLO 4
 QUANDO NASCE IL DISAGIO ESISTENZIALE? DIVERSITÀ E GRIDO D’AIUTO:
DISADATTAMENTO, DISPERSIONE SCOLASTICA, DEVIANZA, CRIMINALITÀ.
 DISAGIO ESISTENZIALE, BISOGNI SPECIALI: VULNERABILITÀ E AREE DI RESILIENZA DEI
SOGGETTI – GRIDO DI AIUTO E ASCOLTO DELL’ADULTO CONSAPEVOLE
Lo sviluppo di ogni persona è il risultato di un sistema regolato da due versanti uno interno di natura
biologica e l'altro esterno di natura sociale. Lo sviluppo umano quindi è dato dal rapporto che si instaura
tra i bisogni identitari e le aspettative sociali imposte, nel momento in cui questo rapporto viene meno
è in questa mancanza che possiamo avvertire la causa del disagio esistenziale. Il disagio è avvertito
dal soggetto come uno scarto tra l' eccesso delle risorse che vengono dall'esterno e dalla reale
possibilità di utilizzarle. Questo atteggiamento presenta tratti di fragilità e sofferenza che portano
l'individuo sentirsi inadeguato, rappresentano quello che Erickson chiamava identità negativa che può
generare comportamenti pericolosi, essendo i soggetti soprattutto in età evolutiva vulnerabili
psichicamente. Anthony divise la vulnerabilità dei soggetti in due gruppi: vulnerabilità primarie, che
derivano dalla nascita e sono di natura organica, e vulnerabilità secondarie, che sono date dal contesto
in quel soggetto vive. Questa divisione però non fu molto considerata in quanto veniva presa in
considerazione solo la prima aerea. Con l'avvento della psicopatologia dello sviluppo si è cambiato l'
approccio nei confronti del disagio psichico che viene inteso come un processo che si estende nel
tempo e che deve tener conto dei comportamenti adattivi e disadattivi dei soggetti.
Uno studio di ricerca sui sullo sviluppo di bambini che vivevano in ambienti familiari o sociali a rischio
ha evidenziato che questi ultimi riescono a raggiungere uno sviluppo normale, questo ha permesso di
individuare alcune variabili che sono capaci di sviluppare nel soggetto una capacità di adattamento
positivo all'ambiente. Questi bambini vengono chiamati i resilienti, in quanto riescono a resistere a
determinate situazioni sia grazie a fattori di natura biologica sia a fattori di natura psicologica e
preventiva. La ricerca ha inoltre individuato i fattori di rischio che favoriscono la nascita di una patologia
che combinandosi con eventi normali nel corso della vita e le condizioni personali di vulnerabilità
possono contribuire alla nascita del disagio mentale. Tutto questo genera delle situazioni che portano
il soggetto a sentirsi diverso e a voler essere diverso, dove diversità la intendiamo come il procedere
in un'altra direzione. Quando la diversità comportamentale entra nel campo dei valori viene identificata
come deviante.
Il compito della pedagogia è proprio quello di comprendere la vulnerabilità e attraverso educazione e
formazione dare gli strumenti per poterla affrontare seguendo la logica dell’empowerment.
Il disagio esistenziale rappresenta un modo di crescere dell'individuo che ha la necessità di esprimere
il suo bisogno di identità. La scelta educativa che dobbiamo fare è quella preventiva elaborando dei
percorsi intervento per aiutare i ragazzi che vivono una situazione di disagio a spingerli e diventare co-
protagonisti del loro sviluppo. Dobbiamo quindi interpretare questi comportamenti come un grido
d'aiuto per poter calibrare l'attività educativa. La pedagogia volendosi occupare d'infanzia e di
adolescenza non può trascurare la realtà infantile adolescenziale che vuole essere protagonista del
proprio sviluppo e uscire da uno stato di insignificanza. Possiamo facilitare lo sviluppo dell'identità in
queste fasi di vita ascoltando, sospendendo i giudizi di valore, osservando, facendo leva sulla nostra
empatia , verificando la comprensione , scegliere con attenzione luogo e contesto ma soprattutto farli
partecipare. I possibili interventi che si possono attuare sono il passaggio da una visione negativa della
diversità ad una positiva, educare a vivere il conflitto e ad aprirsi alla diversità vedendola come
opportunità di crescita.
 DISADATTAMENTO E DISPERSIONE SCOLASTICA
Quando ci troviamo davanti ad un soggetto che non percepisce il disagio sia che sia negativo che sia
positivo ci troviamo davanti ad una persona fredda e robotica e anche molto pericolosa in quanto un
soggetto alessitimico, ovvero un individuo chi ha un deficit della consapevolezza emotiva e quindi
incapace di percepire, riconoscere e descrivere verbalmente sia i propri stati emotivi che quelli degli
altri. Se il disagio del soggetto è percepito a livello socioeducativo come un grido d'aiuto, può
trasformarsi in energia positiva se guidato verso la risoluzione del problema. Il disagio il soggetto lo
può esprimere sia in forma silenziosa (disadattamento) o in forma gridata (devianza). Quando parliamo
di disadattamento parliamo di una persona che viene considerata potenzialmente normale ma che per
una serie di condizioni incontra delle difficoltà nei processi di adattamento all'ambiente familiare,
sociale o scolastico. Tutti possiamo incorrere nel disadattamento, una forma più comune e quella del
disadattamento scolastico Che può generare dispersione scolastica che si può presentare sotto forma
di ripetenza o abbandono. L'abbandono possiamo intenderlo come una manifestazione di sfiducia
verso se stessi e verso le proprie capacità infatti le motivazioni legate a questo fenomeno non sono
solo legate all’ambiente familiare, all’aspetto socioeconomico ma da ragioni di tipo soggettivo come
ad esempio la bassa autostima o un insufficiente socializzazione. L'abbandono scolastico comprende
una serie di fenomeni come ad esempio il pushout o il capable drop out o ancora lo stop out; così
come sono presenti anche forme implicite di abbandono come lo school drop o l’underachievement.
Potremmo definire la dispersione scolastica come un fenomeno per il quale intelligenze, energie,
occasioni di crescita, sono sprecate o non utilizzate al meglio. Le cause quindi sono da ricercare in un
sistema complesso scolastico che andrebbe semplificato e supportato in quanto il disadattamento sta
creando sempre di più nei soggetti gravi crisi depressive.
 DEVIANZA E CRIMINALITÀ
Quando parliamo di devianza ci riferiamo ad ogni atto o comportamento di una persona o di un gruppo
che viola le norme di una comunità e che per questo va incontro a sanzioni. Per parlare di devianza
dobbiamo considerare il soggetto che si comporta in maniera deviante, la norma che viene usata come
mezzo di paragone, un gruppo che reagisce al comportamento preso in esame.
Durkheim sosteneva che la devianza è un fatto sociale inevitabile e necessario in quanto a sia una
funzione adattiva, vista come forza innovatrice, e una di definizione dei confini, perché rende note le
norme sociali di una collettività.
Merton hai elaborato la teoria secondo cui la devianza è da individuare nel contrasto tra la struttura
culturale e la struttura sociale; in quanto la struttura culturale definisce i fini e i mezzi attraverso i quali
raggiungerli, mentre la seconda determina la distribuzione reale delle opportunità che servono per
raggiungere i fini con i relativi mezzi.
Esistono anche altre teorie della devianza come la teoria del controllo sociale, quella della subcultura
quella dell’etichettamento e quella della scelta razionale, che affrontano il fenomeno da un punto di
vista sociologico, ad oggi abbiamo anche teoria che seguono l'approccio biologico, quello teologico
quello psicologico.
La maggior parte di questi approcci tendono comunque a vedere alla base della devianza i conflitti non
risolti, conflitti dovuti ad atti violenti che possono essere di natura fisica, psicologica, sociale.
Soprattutto la violenza psicologica va tenuta sotto controllo e di riferimento in quanto essendo meno
evidente di quella fisica è più difficile da individuare. Questo significa che ci deve essere una rete di
controllo e dei modelli educativi validi che vanno dalla famiglia alla scuola per poter garantire dei piani
educativi che rispettino i diritti umani.
La devianza può essere positiva quando si cerca di avvicinarsi a dei modelli ideali, deviare diventa
l'azione che il soggetto compie sulla base idee proprie riguardo il progetto di vita come ad esempio gli
innovatori che apportano, anticipando, dei comportamenti diversi che verranno puoi accettati da tutti.
La devianza diventa negativa quando ci sono quei comportamenti che sono al di sotto delle aspettative
di ruolo e che sono considerati criminali.
La devianza positiva e la devianza negativa sono due estremi di un continuum che hanno caratteristiche
specifiche come la relatività, l'ambiguità e la mancanza del consenso.
Possiamo considerare il comportamento deviante come un forte grido d'aiuto soprattutto da parte
degli adolescenti, nel momento in cui però la devianza diventa criminalità bisogna intervenire attraverso
forme di rieducazione.

CAPITOLO 5
 COME AIUTARE GLI ADULTI? NUOVA ALLEANZA PER UN CORRESPONSABILE PROCESSO
EDUCATIVO E FORMATIVO.
 LA FAMIGLIA OGGI.
Oggi quando parliamo di famiglia dobbiamo pensare a questa istituzione come una costellazione di
famiglie che sono caratterizzate da una serie di novità rispetto al passato come ad esempio i separati,
i figli nati fuori dal matrimonio, gli omosessuali che fungono tutti da care-giver. Questi cambiamenti
avvenuti nei nuclei familiari hanno portato ad un mutamento delle strategie di socializzazione ed
educazione dei figli. Anche le relazioni all'interno della famiglia sono cambiate: è cambiata la posizione
materna e paterna, è cambiata la percezione della sessualità e si ritarda sempre di più l'ingresso dei
giovani nell’età adulta. Le modificazioni di ruolo hanno portato a richiedere una riorganizzazione
dell'identità familiare che passa da quella contrattuale a quella affettiva, facendo diventare la famiglia
un luogo che necessita di supporto educativo. I genitori mostrano una grande fragilità e anche un
disorientamento esistenziale questo a causa del contesto in cui viviamo che è molto più articolato e
che necessita di maggiore responsabilità. Proprio per questo motivo i genitori hanno bisogno di essere
educati per permettere di dar vita ad un nuovo progetto formativo della famiglia, per la famiglia e con
la famiglia.
Le aree di competenza tradizionali che devono essere sviluppate sono quella protettiva (risposte ai
bisogni primari), quella normativa (sostegno all’organizzazione e alla strutturazione dell’ambiente),
quella rappresentativa (comportamenti dei genitori per stimolare le relazioni dei figli) e quella regolativa
(attività dei genitori che stimolano e incoraggiano il problem solving).
Oltre queste competenze il nuovo progetto formativo deve aiutare la famiglia a sviluppare competenze
come il cogliere la propria fragilità, decidere quali obiettivi raggiungere e come educare i propri figli. I
genitori devono essere aiutati ad esercitare il loro diritto dovere di educare i figli, ad attuare una
relazione asimmetrica dove la guida, la responsabilità e le intenzionalità educative devono portare alla
ricerca di un linguaggio comune e di un codice dialogico; questo perché la cura genitoriale si esprime
e si deve sviluppare nell’aver cura con. La base di questo processo la troviamo nell’assunzione di un
dialogo come forza motrice della nuova identità familiare che deve essere sollecitato attraverso tre
livelli di approccio educativo, quello di coppia che mira al processo di autoeducazione, quello di mutua
responsabilità educativa delle copie tra loro, quello di famiglie che imparino e interagire tra loro, con la
società e con la scuola.
 LA SCUOLA
La scuola è luogo caratteristico per eccellenza dell’incontro tra le generazioni ed è anche l'ambiente
più adatto per poter permettere agli infanti e agli adolescenti lo sviluppo quantitativo e qualitativo
dell'istruzione che garantisce sviluppare identità. Il rapporto dell'Unesco della commissione
internazionale sull'educazione per il ventunesimo secolo ha indicato quattro pilastri educativi
fondamentali sui quali la scuola deve porre attenzione: imparare a conoscere (cultura generale),
imparare ad essere(sviluppare autonomia e capacità critiche), imparare a fare (avere competenze
operative e professionali) e imparare a vivere con gli altri (alfabetizzazione emotiva e il rispetto della
diversità). Rapporti più recenti hanno evidenziato il compito della scuola e quello di riqualificare,
convertire le tradizionali conoscenze, di dare quindi strumenti che possano servire a realizzare una
forma mentis valida per sviluppare le diverse capacità nel tempo. Inoltre, vivendo in un mondo
globalizzato l'educazione ha un ruolo essenziale per garantire i diritti umani, l'accettazione della
diversità e lo sviluppo sostenibile.
Oggi la scuola quindi, deve portare i soggetti a realizzare la propria identità di uomini e donne, deve
promuovere la coscienza critica , favorire la consapevolezza delle risorse spirituali e fisiche.
Nonostante questi pilastri educativi la scuola italiana dedica maggior impegno più nell’imparare a
conoscere che nell’imparare ad essere e a fare, e nonostante i diversi progetti avviati nel tempo per
riuscire a modificare l'approccio educativo i successi ottenuti sono relativamente pochi. Questo causa
di un modo di fare scuola da parte di insegnanti italiani che hanno difficoltà a staccarsi dalle modalità
tradizionali, nonostante ciò i nuovi bisogni di sviluppo dell'infanzia e dell'adolescenza sono riusciti a
modificare l'approccio educativo della scuola italiana, lo notiamo con la grande attenzione che viene
data agli alunni con disabilità così come anche i BES o i DSA, questo rispecchia il carattere e l'aspetto
inclusivo che viene richiesto alla scuola.
Oltre alla richiesta di un cambiamento nella didattica grande attenzione è data anche ai processi
comunicativi relazionali che sono difficili da realizzare e che devono guidare gli insegnanti a favorire
l'autostima, a creare un clima positivo, a valorizzare le diversità, a rendere i soggetti protagonisti delle
proprie azioni. Questo cambiamento deve avvenire attraverso lo sviluppo di competenze quali: il sé
professionale e quindi la conoscenza e la consapevolezza del ruolo e del proprio sé; le conoscenze e
quindi essere in possesso di conoscenze pedagogiche, tecniche di ascolto, elementi di psicologia e
tecniche ludiche; le abilità nell’applicare le tecniche di ascolto di comunicazione e quelle pedagogiche,
metodologiche e di valutazione; le competenze quali la flessibilità , l'orientamento all'innovazione al
cambiamento e la creatività.
 COSTRUIRE NUOVE ALLEANZE EDUCATIVE IN MODO EDUCATIVO
Il disagio nasce come un’esperienza che riguarda la costruzione dell'identità del giovane e non delle
quantità delle risorse materiali culturali a sua disposizione. Per far sì che infanti e adolescenti imparino
ad affrontare i disagi bisogna sostenere il loro percorso evolutivo in maniera preventiva. Bisogna
fungere da loro guida per far sì che riescano a costruire il loro futuro e solo così l'intervento formativo
diventerà normalità. Gli educatori e gli adulti non devono più vedere l'infanzia e l'adolescenza come da
correggere ma da sostenere e coinvolgere. Bisogna utilizzare uno stile formativo innovatore basato
sulla ricerca che avviene insieme all'altro. L'apprendimento che viene richiesto non è soltanto da
imparare fare ma anche di imparare ad osservare riconoscere quando è necessario operare
cambiamenti durante il percorso. Bisogna apprendere ad apprendere a vivere. Per fare tutto ciò è
necessario che si sviluppi una logica educativa sistemica basata sulla collaborazione educativa che
tenga conto degli attori che sono implicati nella relazione. attraverso l'ascolto e la partecipazione
bisogno di dare un nuovo senso alla relazione tra adulti, bambini e adolescenti. La nuova alleanza
educativa mira al controllo delle condizioni di svolgimento del progetto educativo dove soggetti hanno
un margine di autonomia, tutto ciò si può realizzare attraverso una pedagogia dell'infanzia e
dell'adolescenza che deve spronare a imparare a dialogare, a fronteggiare la complessità, ad affermare
l'identità e le differenze, a combattere i disagi, ad organizzare percorsi educativi idonei.

COMPETENZE E CAPABILITIES

CAPITOLO 1 COMPETENZE PER UNA FORMAZIONE EDUCANTE


La pedagogia oggi parla di formazione continua come quel processo che avviene per tutto l’arco della
vita, in quanto legata ai processi di cambiamento non solo dei soggetti ma anche della società. Oggi si
richiede sempre più che i lavoratori siano motivati e abbiano capacità di adattamento e di problem
solving. L’adulto riesce a raggiungere questo tipo di performance se al sapere aggiunge il saper agire,
è quindi necessario orientare i processi formativi allo sviluppo della competenza che abbia come
protagonista l’individuo, rendendolo competente e consapevole delle sue abilità.
 COSA DOBBIAMO INTENDERE PER COMPETENZA?
Comunemente si definisce competenza la capacità di orientarsi in un determinato campo e di essere
capaci di padroneggiarlo. Numerose scienze però hanno apportato il loro intervento per dare una
definizione di competenza che diventa così non univoca. Fu però la Pedagogia degli anni’40 a dare una
prima definizione basata su una prospettiva comportamentista dove per competenza si indicava la
prestazione del soggetto osservabile e misurabile. In questo modo la competenza diveniva una serie
di prestazioni empiricamente osservabili la cui somma dava come risultato il livello della competenza.
Successivamente il concetto si è evoluto in tre direzioni: dal semplice al complesso, guardando alla
globalità della persona; dall’esterno all’interno, facendo una distinzione tra competenza e prestazione;
dall’astratto al situato, le capacità pratiche del soggetto nel rispondere a diversi contesti e situazioni.
Alcuni autori hanno paragonato le competenze ad un iceberg e quindi che possiedono una componente
visibile e una latente.
Nell’ottica però di competenza, adeguata al concetto di formazione continua, la definizione che più si
avvicina ad essa è quella di Pellerey che definisce la competenza come la capacità di far fronte a dei
compiti riuscendo ad organizzare le proprie risorse interne e a sfruttare in modo adeguato quelle
esterne.
 DECLINAZIONI DI COMPETENZA
Il concetto di competenza inserisce nel concetto di competenza tre piani: il sapere e quindi le
conoscenze, il saper fare e quindi le abilità e il saper essere e quindi le capacità.
La definizione pedagogica di competenza ha sottolineato il ruolo importante dell’intenzionalità del
soggetto e della sua capacità di dare un senso alle proprie azioni per sviluppare le competenze.
LeBoterf ha evidenziato altre tre dimensioni legate all’esercizio dell'agire intenzionale e responsabile:
il saper agire, inteso come una capacità di utilizzare il proprio sapere per rispondere ad un compito; Il
voler agire, inteso come disponibilità ad investire le proprie risorse; il poter agire inteso come la
sensibilità rapportarsi al contesto in cui ci si trova ad agire. La definizione di competenza come saper
agire oggi porta ad una necessità di modificare la formazione professionale prima dell'attività lavorativa
e quindi of the job e anche quella sull'attività lavorativa e quindi on the job. Il contesto diventa quindi
importante per la competenza professionale che deve essere considerata nel, attraverso e per il
contesto.
 CARATTERI COSTITUTIVI DEL CONCETTO DI COMPETENZA
Dare una definizione univoca e chiara di competenza non è facile in quanto entrano in gioco molte
variabili, dal contesto alle relazioni umane, all’identità professionale. Wittorski appunto sostiene che
entrino in gioco tre campi: quello del percorso di socializzazione, quello dell’esperienza personale e
quello formativo. Il soggetto diventa così protagonista del proprio percorso professionale e delle
proprie competenze utilizzando la biografia come spunto di riflessione e avendo come risultato del
rapporto tra formazione, biografia e curriculum esperienziale un' identità professionale chiara.
Secondo questo punto di vista pedagogico i caratteri fondamentali della competenza sono: dinamico,
perché è un’idea in movimento; processuale, perché è frutto di un processo di intervento pedagogico
e di elaborazione culturale; cognitivo, perché fa riferimento al sapere interiorizzato e condiviso;
contestuale e complesso.
Abbiamo inoltre tre assi dicotomici alla base del concetto di competenza: organizzazione e individuo,
che uniscono alle abilità del soggetto le core competence dell’impresa che sono alla base delle
conoscenze collettive dell’organizzazione insieme alle skills e alle tecnologie; soggettività e oggettività,
l’approccio è basato sulle qualità che valorizzano l’individuo e che tengono anche conto però di quelli
che sono i parametri oggettivi comuni alle diverse figure professionali; contestuale e universale, che
ci aiutano nella classificazione, nella valutazione e nella certificazione delle competenze.
 LO SVILUPPO DELLA METACOMPETENZA COME COMPITO PEDAGOGICO
Anche il concetto di metacompetenza ha svariate definizioni, Wittorski l’ha definita come la capacità
di riflettere sulle proprie capacità, quindi l’essere in possesso cosciente delle proprie capacità e su
come gestirle. La metacompetenza secondo l’autore si basa sulla riflessione sull’atto lavorativo e sul
contesto rendendo così le competenze trasformabili.
Le caratteristiche dell’agire in modo metacompetente sono l’intenzionalità (agire finalizzato), la
progettualità (capacità di andare oltre), la trasversalità (pensiero critico in relazione all’agire).
 COME APPRENDERE LE COMPETENZE?
Si è passato da un concetto di competenza che guardava solo all’oggettività a un concetto che si
interessa dell’aspetto soggettivo che viene implicato nella formazione di una competenza. Dobbiamo
tener conto tre attributi che ad oggi definiscono il processo di apprendimento delle competenze:
costruttivo: il soggetto rielabora gli schemi mentali e le conoscenze pregresse, dove per
apprendimento si intende il dare un senso al mondo ed elaborare le nuove esperienze; socioculturale:
si prende in considerazione il contesto di relazione e cultura che influenzano il soggetto. Bruner
sosteneva infatti la dinamica evolutiva tra contesto e pensiero individuale; situato: ancoraggio al
contesto e al contenuto creato dalle azioni.
Jonassen sulla base di questi attributi definì l’apprendimento come consapevole e legato alle influenze
esterne, infatti i tre poli da lui evidenziati sul processo conoscitivo sono: contesto, collaborazione e
costruzione. Anche in questo caso ritroviamo l’importanza della relazione dialogica tra processi interni
al soggetto ed esterni ad egli. I caratteri che definiscono il processo di apprendimento sono: riflessivo,
costruttivo, collaborativo, intenzionale, contestualizzato, costruttivo, conversazionale.
 QUALE VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE?
Per valutare le competenze Pellerey propone il principio di triangolazione che ha tre prospettive di
osservazione privilegiate per analizzare le competenze e i loro rispettivi strumenti. La dimensione
soggettiva che riguarda l’istanza autovalutativa e avviene attraverso diari di bordo o autobiografie; la
dimensione intersoggettiva che riguarda l’istanza sociale che avviene attraverso l’uso di questionari o
interviste; la dimensione oggettiva che riguarda l’istanza scientifica che avviene attraverso prove di
verifica più o meno strutturate.
 COMPETENZE SECONDO GLI STANDARD UE → EQF
In Italia l’Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori fu il primo nel 1997 ad
occuparsi della ricerca nel campo delle competenze e della formazione per capire quali fossero i risultati
che i lavoratori dovevano raggiungere. Anche in UE e in paesi non UE si è cercato di definire i profili
professionali e quelli formativi per definire sia le competenze trasversali che quelle specialistiche.
Questo proprio grazie anche all’avvento della globalizzazione che ha richiesto di avere a livello
comunitario delle definizioni precise per integrare sistemi diversi, per definire quindi degli standard,
comunemente riconosciuti nell’approccio formativo.
Nel 2006 durante il meeting di Bruxelles i Capi di Governo dell’Ue hanno chiesto la creazione di un
European Qualification Framework ovvero di un Quadro Europeo delle Qualifiche (EQF) proprio per
facilitare il trasferimento e il riconoscimento delle competenze dei cittadini europei, nell’ottica del
lifelong learning. EQF si basa sul concetto di competenza inteso come sapere, conoscenze apprese;
saper fare, capacità di applicazione delle conoscenze; saper essere, responsabilità e autonomia nel
loro utilizzo. Tre elementi caratterizzano questo quadro di riferimento e sono: 8 livelli progressivi di
riferimento legati ai titoli di studio in possesso; creazione di set di strumenti che favoriscono la
trasparenza e la spendibilità dei titoli (C.V. Europass); individuazione di principi e procedure che danno
agli Stati UE le linee guida per applicare l’EQF nel proprio sistema di riferimento. EQF è entrato in
vigore nel 2007 e ha portato ad una riformulazione delle competenze in ottica Europea.
EQF risolve il problema della libera circolazione delle persone su territorio EU, propone un sistema di
riferimento neutrale, basato su obbiettivi di apprendimento; è destinato ad una pluralità di soggetti; è
applicabile a tutti i contesti di formazione anche a quelli non formali e informali; si applica con l’adesione
degli Stati membri dell’UE.
 LA FORMAZIONE EDUCANTE PER UNA NUOVA COMPETENZA PROFESSIONALE
L’EQF nasce per individuare quali sono i saperi che un soggetto deve acquisire per sviluppare le
competenze professionali e personali. La formazione deve cambiare mentalità e basare il suo
intervento per sviluppare la competenza professionale che significa dare la possibilità ai lavoratori di
intervenire liberamente e creativamente raggiungendo così alti livelli di performances. Utilizzando un
termine coniato da Bocca la formazione dovrebbe puntare alla competenza di azione che consente di
acquisire competenze tecniche, sociali, metodologiche e gestionali.
All’interno dell’ambito lavorativo queste competenze professionali sono acquisibili solo se si cambia e
si amplia il modo di fare formazione che diventa come, per e oltre; per far si che i soggetti sviluppino
l’identità con un fine in prospettiva di sviluppo; la soluzione quindi è in una formazione di tipo educante.

CAPITOLO 2 LE CAPABILITIES PER LO SVILUPPO UMANO


Il primo ad utilizzare e coniare il termine capability fu l’economista americano Sen che indica con questo
termine la libertà concessa ad un soggetto di esprimersi e di agire in sintonia a quelli che sono i modelli
culturali ispirati da principi di valore, che gli consentono di raggiungere il benessere personale e di
conseguenza quello collettivo. La soddisfazione del soggetto dice Sen risiede proprio in ciò che gli
viene realmente concesso di fare, mettendolo in condizione di poter fare. Il termine capability significa
essere in grado di, ed è strettamente connesso al concetto di libertà che per Sen si collega con quello
di human development sulla base dell’idea che solo se si attribuisce maggiore libertà nell’azione
(capability) le persone possono sentirsi davvero attive e attivate nel miglioramento della propria
condizione esistenziale e umana. Quando parla di libertà intende la reale possibilità che crea di
conseguenza dei benefici. Ma accanto alla libertà accosta i concetti di responsabilità e autonomia, in
quanto, la libertà non deve ledere quella degli altri ma deve rispettare l’etica relazionale e quindi
responsabilità si deve permeare di rispetto diventando così istanza regolativa della libertà che diventa
conquista.
Altra studiosa che si è interessata al concetto di capability è la filosofa Nussbaum che sostiene che
tale concetto amplia il significato del lifelong learning che influenza lo sviluppo delle capabilities e le
suddivide in tre gruppi: capabilities fondamentali, potenzialità innate che fungono da base per le
successive; capabilities interne, abilità cognitive e di relazione con il contesto; capabilities combinate,
fattori esterni che influiscono nello sviluppo.
Sulla base di quanto detto la Pedagogia deve intervenire sulla nozione di libertà guardando a due suoi
aspetti quello della spontaneità del pensare e dell’agire e quello della capacità di scelta. L’etica
relazionale quindi può aiutare il soggetto a trovare la sua dimensione all’interno del sistema collettivo.
In relazione quindi a questa visione di capability possiamo affermare che essa è una naturale evoluzione
del concetto di competenza differenziandosi in questo modo: competenza è lo sviluppo individuale del
soggetto che migliora le performances intervenendo sul saper fare e saper agire; capability è lo
sviluppo interno che viene sviluppato solo se il soggetto è sollecitato a farlo e ad applicare nel contesto,
a cui è strettamente legato, la sua competenza.
 ELEMENTI COSTITUTIVI DEL CONCETTO CAPABILITY
La capability è formata da due elementi costitutivi individuati sempre dall’economista Sen e sono:
l’opportunità di agire e la modalità di agire. Questi due elementi, denominati anche functioning e
agency, rappresentano, la prima tutte quelle attività che portano le persone ad una situazione di
benessere e che i singoli soggetti ritengono opportuni perseguire, sempre se messi nella condizione
di poterlo fare (Sen paragona questo elemento ad una tasca piena di monete con le quali il soggetto
può acquistare una combinazione infinita di cose, quindi si basa sul criterio di scelta soggettiva che
determina il valore dato alla possibilità di usare o non usare un functioning) la seconda invece
rappresenta la capacità del soggetto di perseguire degli obbiettivi ai quali ha attribuito un certo valore
ed è caratterizzata dall’autodeterminazione, responsabilità e autonomia di un individuo. L’agency
inoltre è strettamente collegata al concetto di responsabilità e quindi di etica relazionale pedagogica.
 IL CAPABILITY APPROACH PER LO HUMAN DEVELOPMENT
Il concetto di Human development fu introdotto nel 1990 durante delle discussioni di politica
economica dell’ONU, che lo ha definito come il fine sociale corretto a cui deve tendere la società
globale e che di conseguenza porta alla crescita economica mondiale. L’approccio dello HD si basa
sulla rielaborazione dell’etica aristotelica applicata alla scienza economica applicata all’ambito
dell’approccio delle capacità o capability approach. Il CA si oppone alle teorie tradizionali dell’etica
sociale e ai conseguenti criteri di valutazione. Si oppone quindi all’utilitarismo e al libertarismo
economico.
Secondo il modello utilitarista Il benessere deve essere umani si identifica con il concetto di utilità chi
viene considerata lo stato mentale del soggetto che prova soddisfazione per il possesso di beni e
ricchezze e questo consente di formulare un giudizio sulla qualità complessiva della vita delle persone.
Sen critica a questo approccio l'incapacità di dare giudizi normativi obiettivi della vita delle persone e
sul fatto che l'utilità non vengono viste singolarmente ma in maniera complessiva.
Secondo il modello liberista il benessere delle persone è legato ai titoli e diritti che ogni soggetto ha a
disposizione in maniera legittima senza considerare le conseguenze negative che possono
sopraggiungere per il resto della collettività.
Sen critica a questo approccio il fatto che non garantisce la libertà effettiva delle persone.
Sen e Nussbaum scelgono uno spazio di valutazione differente che prende le distanze da questi due
modelli e che deve tener conto delle functioning e delle capabilities. Il benessere reale del soggetto
dipende dall’unione di questi due fattori.
Sen quindi propone l’approccio del Wellbeing Inteso come il benessere effettivo del soggetto come
esito del libero sviluppo di sé stessi, dove per libertà si intende un’espansione delle capabilities. Nel
CA il soggetto è valorizzato da due motivi uno morale che si riferisce al rispetto della dignità individuale
e uno strumentale che si riferisce al fatto che questa promozione il soggetto diventa proficua per la
collettività.
L’HD deve garantire la libertà di scegliere in maniera consapevole e permettere di raggiungere uno
stile di vita che corrisponde a ideali alle potenzialità dei soggetti e dare gli strumenti per far sì che i
soggetti acquisiscano in maniera attiva le modalità di essere e di fare a cui essi stessi danno valore.
 CRITICHE AL CAPABILITY APPROACH
Le critiche al CA di Sen sono rivolte dalla Nussbaum che sostiene alcuni punti importanti che secondo
lei non sono stati presi in considerazione dall’economista. La Nussbaum sostiene che questa teoria sia
piena di relativismo soggettivo e culturale, in quanto l’importanza che viene data alla soggettività ha
portato l’economista a non tenere in considerazione le capacità minime che garantiscono l’universalità
della dignità umana. Secondo la filosofa non vi è possibilità di misurare in che modo e misura i soggetti
siano in grado effettivamente di realizzare gli obiettivi che ritengono importanti. Inoltre, mancano una
serie di criteri per riuscire ad essere obiettivi nel riconoscere lo sviluppo umano in maniera universale
e valido moralmente. La Nussbaum così ha stilato una lista minima di capacità universali che devono
essere tenute in considerazione: longevità, integrità fisica e corporea, emozioni, ragione pratica,
affiliazione, controllo sull’ambiente politico e materiale, altre specie, gioco e sensi, immaginazione e
pensiero. Questa lista è stata poi inserita dall’ONU nell’approccio dello HD. Queste modificazioni nella
visione del CA hanno portato alla nascita di un indice dello sviluppo umano HDI, che è stato affiancato
a quello del PIL. Questo indice ha tre dimensioni: livello di salute, istruzione, produzione economica;
dimensioni che sono capeggiate dal concetto di capability che viene riconosciuto così a livello
internazionale come modello per migliorare la qualità di vita delle persone.
Un'altra critica alla definizione di CA di Sen eh quella di una vita fra il concetto the capabilities i diritti
umani, secondo la filosofa il concetto di capability comprende quello di diritto. La Nussbaum ritiene
che i diritti umani possono essere concepiti come capacità che si individuano in tre gruppi: capabilities
fondamentali, potenzialità innate che fungono da base per le successive; capabilities interne, abilità
cognitive e di relazione con il contesto; capabilities combinate, fattori esterni che influiscono nello
sviluppo.
Il problema della relazione tra il concetto di capability e quello di diritto umano viene affrontato dall’Onu
nel rapporto sullo sviluppo dove si sostiene che questi due termini appartengono ad ambiti normativi
differenti anche se gli obiettivi e le finalità si avvicinano. Il concetto di diritto comporta una richiesta
che una persona ha nei confronti di altri individui mentre il termine di capabilities si riferisce una libertà
di azione del soggetto all'interno della società. La prospettiva dello HD ci permette di avere una
struttura dove ogni progresso per lo sviluppo umano e dato dall' attuazione dei vari diritti umani il
rispetto della dichiarazione universale dei diritti umani del 1948. Lo sviluppo umano è fondamentale
per realizzare i diritti umani e viceversa.
 CAPABILITY APPROACH E ECONOMIC DEVELOPMENT
Il capability approach si pone nella prospettiva di contribuire allo sviluppo umano utilizzando l'idea di
libertà che non permette interferenze che possano bloccare l'azione o obiettivi di sviluppo economico.
In riferimento a questa prospettiva bisogna capire il legame che esiste tra lo Human development e
l’Economic development.
L' economic development ritiene che le scelte giuste siano quelle che soddisfano le preferenze della
maggior parte delle persone e ritiene che il valore della persona possa essere misurato secondo la
produttività e il reddito vedendolo come capitale su cui investire. Lo Human development invece,
considera come giuste quelle che tutelano le minoranze e riconosce che il valore di un’economia deve
essere valutato nella capacità di dare ad ogni essere umano la possibilità di vivere in maniera dignitosa.
Per far si che obiettivi e scelte economiche garantiscano lo HD bisogna trovare un punto di incontro
che Sen individua nella educazione e nella formazione orientate allo sviluppo delle capabilities. Per
questo motivo dobbiamo agganciarci al pensiero di Freire che sostiene che l’intervento educativo deve
basarsi sull‘apprendere come sviluppare un pensiero critico per avere un controllo cosciente della
propria esistenza e per riuscire a porsi quesiti di natura morale. Il soggetto è un’entità unica ma sempre
in relazione con il resto del mondo. Freire sostiene infatti che gli individui possano riuscire a trasformare
il sistema di istruzione e formazione per renderli luoghi di cambiamento. Per fare questo l’istruzione
deve diventare pratica di libertà dove la pedagogia ha tre funzioni: rendere gli studenti partecipi,
rendere l’apprendimento pragmatico, motivare gli studenti a mettere in pratica quello che apprendono.
La pedagogia di Freire è vicina al CA in quanto svolge funzioni functioning nel momento in cui si pone
il problema di orientare ciò che si insegna il valore sociale e svolge funzioni di agency quando si pone
il problema di come si insegna , infatti per realizzare degli insegnamenti efficaci insegnante deve
scegliere gli argomenti che più ritiene opportuni e utile agli studenti per apprendere interiorizzare i
concetti e deve utilizzare tecniche didattiche di tipo collaborativo e partecipativo come giochi di ruolo
per realizzare apprendimenti in un clima democratico e di partecipazione. L'insegnante quindi deve
applicare nel rapporto con i ragazzi gli stessi principi che insegna così da far sviluppare ragazzi le
capabilities ovviamente per far questo l'insegnante per primo deve saper sviluppare le proprie
capabilities.
 CAPABILITY APPROACH PER NUOVE POLITICHE DEL WELLFARE
L'obiettivo etico e ugualitario deve essere raggiunto attraverso la massimizzazione delle capabilities
per trasformare i beni e servizi di ciascun soggetto in benessere personale e sociale Sen inserì il
concetto dei fattori di conversione facendo riferimento tutti quei fattori che sono in grado di aiutare il
soggetto a convertire il functioning in capabilities, tre sono i fattori di conversione che consentono
questo sviluppo e sono individuali sociali e ambientali. L'elemento individuale le rende il capability
approach educativo nell’impostazione della sua idea di benessere personale e sociale introducendo un
idea di welfare diversa dagli approcci utilitaristi che risultano spesso fallimentari; il capability approach
ha come obiettivo quello di poter formulare dei giudizi di valore sulla condizione oggettiva delle persone
con l'intento di migliorarle, possiamo intenderla come una strategia d'azione che consegna delle linee
guida da seguire per dar vita all' azione sociale. Nella concezione della Nussbaum il modello delle
capabilities serve sia come strumento che rileva il valore soggettivo che quello oggettivo per riuscire
a costruire una strategia di sviluppo efficace. La Nussbaum inoltre sostiene che necessario stabilire
ciò che è giusto e ciò che non lo è in termini di capability a prescindere da quelle che possono essere
le preferenze delle persone in quanto ci sono persone che potrebbero adattarsi ad un tenore di vita
bassissimo senza soffrirne particolarmente ma questo non sarebbe giusto. Il concetto di capability
quindi viene visto come la base di un’integrazione sociale e politica dove le istituzioni devono riuscire
una sintonia tra le azioni e gli intenti. Individua anche tre livelli di articolazione della partnership tra i
cittadini e le istituzioni: micro-livello ovvero come cittadino interpreta il suo ruolo; meso-livello ovvero
come avviene l'interazione tra soggetti istituzioni e il macro-livello ovvero il modo in cui il soggetto e
coinvolto dall' ambiente politico. Grazie capability approach si può intervenire per rendere questi livelli
realmente in grado di promuovere delle dinamiche di benessere sociale. Riguardo al mese livello il
concetto di capability si rivolge all’educazione dei giovani dove uno dei fattori che può rendere possibile
il successo del giovane e la capacità di stabilire degli obiettivi appropriati e di essere in grado di
proiettarsi verso il futuro , questo può avvenire se la famiglia e la scuola riescono a metterli in
condizione di accedere ad un numero ampio di opportunità e se insegnano a praticare nella vita
quotidiana i valori di natura pedagogica condivisi dalla società.
 DAL WELFARE AL WORKFARE AL LEARNFARE ATTRAVERSO IL CAPABILITY APPROACH
Oggi si cerca di ripensare le politiche di welfare per uscire realizzare nuove forme di sostegno alle
persone tenendo conto del loro benessere reale. Se il welfare è più attivo più dinamico e in grado di
rispondere ai bisogni della società che ad oggi è precaria multiculturale flessibile. Nonostante l'unione
europea nel 2010 ha richiesto agli Stati membri di riuscire a ridefinire il rapporto tra stato e cittadini
proprio per rendere I soggetti attivati nei confronti della vita dei cittadini, gli interventi degli stati si sono
rivelati frammentari nell’applicazione di questi principi. Il capability approach diventa così uno
strumento per incrementare politiche attive e democratiche che rispondono a quelle che sono le
richieste dell’Unione europea. Per poter garantire delle condizioni che portino all’utilizzo delle
capabilities di tutti i cittadini bisogna predisporre l'ambiente materiale istituzionale in maniera
funzionale. Il capability approach diventa così un modello di welfare attivo è abilitante diventando così
stato del fare o workfare, Intendendo con questo termine ad uno stato che sia in grado di stimolare i
cittadini ad agire attraverso le loro capacità di partecipare attivamente alla vita sociale e quindi di
conseguenza alla politica comune. Questo modello si può mettere in pratica attraverso delle occasioni
di incontro dove cittadini hanno l'opportunità di informarsi, di agire cooperativamente, di confrontarsi
e rendere tutto questo azioni concrete per se stessi e per la comunità. Questa è la base della
partecipazione politica e sociale che a sua volta è fondamentale per la vita il benessere dell'uomo che
riesce ad apprendere reciprocamente dalla relazione con le istituzioni e con gli altri introducendo un
nuovo concetto quello del learnfare, che fa riferimento ad un quadro istituzionale che abbia uno
scenario educativo e formativo dove si impara e si pratica la democrazia e dove si può promuovere l'
empowerment dei cittadini così come vuole il capability approach e la logica the Lifelong learning.
 RIFLESSIONI
Purtroppo, la situazione odierna che costellata da impossibilità di lavorare dalla perdita di lavoro può
portare alla decapacitazione, ovvero la perdita delle capacità di agire di muoversi in un contesto
complesso e quindi l'impossibilità di sviluppare capabilities. Per evitare questa situazione la pedagogia
deve farsi consapevole dello stretto legame di interdipendenza che c'è tra sviluppo economico sviluppo
umano, deve proporre l'idea di relazionalità della persona e utilizzare il valore della dignità per gestire
le politiche economiche e sociali, deve progettare dei percorsi formativi che siano in grado di
intervenire prevenendo la condizione di difficoltà attraverso nuove strategie
CAPITO 3 PROPOSTA PER UNA PEDAGOGIA DEL LAVORO
La formazione Sviluppo Capabilities (FSC) è un metodo che pone al centro le esigenze della formazione
e lo sviluppo delle organizzazioni lavorative. Gli obbiettivi sono quelli di investire sulle persone in
maniera da renderle autonome e sulle organizzazioni per renderle luogo di apprendimento utilizzando
le capabilities dei lavoratori. Questo metodo nato da una sperimentazione di Formazione Sviluppo è
stato creato per cercare di movimentare la situazione odierna di crisi e per cercare di favorire i processi
etici di sviluppo socioeconomico che rispettassero gli ideali europei.
 QUALI SONO LE TEORIE ORGANIZZATIVE DEL FS
L’ideologia della Formazione Sviluppo si basa su tre filoni di pensiero che ancora oggi influenzano i
comportamenti delle organizzazioni. Il primo è filone è quello dell’homo oeconomicus che riconosce
nell’uomo il perno base per raggiungere un tornaconto economico con il massimo piacere e il minimo
sforzo. Il secondo filone è quello dell’human resources che ha al centro della sua attenzione il
lavoratore che sviluppandosi automaticamente consente di fare lo stesso all’organizzazione. Il terzo
filone è quello dell’idea razionalistica del lavoro che non prende in considerazione l’uomo e le sue
caratteristiche in campo lavorativo.
Questi filoni però hanno un limite perché hanno considerato lavoratore e organizzazione come identità
indipendenti quando invece solo se il soggetto percepisce la sua utilità diventa funzionale allo sviluppo
dell’organizzazione e quindi sarà motivato. Per questo motivo è stato creato l’FSC che ha una
prospettiva costruttivista sociale che ritiene l’individuo il creatore delle sue conoscenze e per farlo deve
essere messo in condizione e avere un ambiente che sia favorevole. Questa è la base del learning
organization, Senge descrive l’apprendimento basandosi su cinque discipline che un soggetto che
viene inserito in ambito organizzativo deve possedere e sono la padronanza personale, visione
condivisa, apprendimento di gruppo, modelli mentale e pensiero sistemico. Secondo Senge solo la
conoscenza può portare innovazione. La learning organization rappresenta un impulso innovativo
insieme al lean thinking organization, che si basa sull’idea dell’organizzazione che deve avere una
struttura orizzontale; e al living organization che sostiene che l’organizzazione sia un network di
persone che interagiscono alla crescita comune. Ad oggi però nessuna di queste teorie è stata
applicata. Lievgoed ha individuato delle teorie di sviluppo organizzativo e individuale che sostengono
che se si pensa in maniera troppo tecnica ed economica il sistema si ammala e non utilizza le risorse
in maniera efficace ed efficiente, l’imprenditore deve considerare le fasi evolutive dell’organizzazione
che caratterizzano il sistema operativo: la fase pioneristica che si concentra sul fondatore; la fase della
differenziazione dove interviene la FS quando la situazione diventa ingestibile e la fase dell’integrazione
dove si deve tenere in considerazione il cliente e le sue esigenze e di conseguenza organizzare il lavoro.
Questa teoria è ispirata a quella di Lewin che già sosteneva l’importanza del considerare individuo e
organizzazione collegati, e che nel 1951 diede vita alla teoria del campo dimostrando come l’individuo
viene influenzato dai fattori ambientali. Anche Morin sosteneva l’importanza dell’interazione nei
processi organizzativi attraverso la teoria della complessità.
 CAPABILITY APPROACH DELLA FSC E DIMENSIONE PEDAGOGICA
La FSC ha come obiettivo quello di lavorare per realizzare una trasformazione che avvenga sia per i
processi organizzativi che per i comportamenti lavorativi. Individuo e organizzazione entrano in contatto
tramite il processo di lavoro dove più i soggetti sono attivi più si migliorano le performance per
soddisfare il cliente e in questo caso facciamo riferimento ai processi orizzontali che nel piano di
Formazione Sviluppo viene definito come processo personalistico di sviluppo perché tende a
valorizzare il soggetto e collegarlo al cambiamento.
L’FSC ha carattere strettamente pedagogico in quanto mette al centro l’individuo collegandosi al
processo di formazione educante attraverso il fare e alla relazione che permettono il cambiamento.
Obiettivo quindi della FSC è quello di educare l’organizzazione al promuovere i lavoratori allo sviluppo
di capacità sociali intese come capability attraverso un percorso formativo che prende il nome di
capabilities. Ecco perché l’organizzazione deve utilizzare il capability approach proprio per coinvolgere
tutti i soggetti dell’organizzazione e i formatori devono diventare dei facilitatori del cambiamento
collaborando con i responsabili dell’organizzazione.
 FASI E PROCEDURE DELL’FSC
La FSC E formata da due momenti: il primo prevede che formandi siano in grado di individuare i
processi sui quali lavorare per diventare proprietari del processo e quindi responsabili e il secondo che
I processi assegnati i formandi realizzino più cicli di rinnovamento . Questo percorso e suddiviso in 5
momenti che possiamo considerare come fasi o procedure del percorso di FSC. Durante questa fase
vi è una crescita della struttura organizzativa con una mancanza di coordinamento generale che provoca
una gestione fuori controllo. diventa così importante come primo passo di aiutare l' interlocutore
aziendale ad avere una visione d'insieme dell'organizzazione partendo dall’azione organizzativa core
business. La formazione sviluppo capabilities deve lavorare tenendo conto d tre fronti: la creazione
della comunità orizzontale dei manager , la creazione della comunità dei proprietari di processo , la
realizzazione di incontri di apprendimento. Questi tre fronti permettono di individuare i bisogni del
cliente e indirizzarli verso le proprie decisioni, di coinvolgere i dipendenti che vengono stimolati ad
affidare la responsabilità dei processi orizzontali e la realizzazione di incontri tra la comunità orizzontale
e manager che sono proprietari del processo che dà vita a un apprendimento reciproco che consente
di arrivare all' obiettivo finale. I processi orizzontali si basano sul processo personalistico di sviluppo
che avviene attraverso la stimolazione del cambiamento che individua i bisogni insoddisfatti del cliente
e le problematiche organizzative riuscendo a fare incontrare l' interlocutore aziendale con il cliente. Il
facilitatore deve essere in grado di riuscire ad utilizzare dei registri comunicativi comprensibili per
l’interlocutore aziendale come ad esempio il descrivere per immagini ho il dare suggerimenti e
feedback ho caratterizzando quello che si è ascoltato senza esprimere giudizi. La fase successiva è
quella di promuovere nei proprietari del processo un atteggiamento riflessivo per portarli ad effettuare
un processo personalistico di sviluppo organizzativo in maniera tale che le capacità delle persone
dell'organizzazione riescano a compiere un intervento metacognitivo sui propri comportamenti
organizzativi e su quello dei colleghi. Sei proprietari del processo riescono a mettere in discussione il
proprio operato il cambiamento sarà efficace. Le sperimentazioni che utilizzano il metodo del processo
personalistico di sviluppo devono essere sostenute dalla comunità dei responsabili da quelli dei
proprietari del processo in quella che chiamiamo infrastruttura del cambiamento per poter essere
efficaci. Questa infrastruttura permette di creare uno spazio di riflessione dove tutte le persone
dell'organizzazione possono dare dei consigli ai proprietari di processo e permette di creare una visione
unitaria del cambiamento. ed è proprio in questa infrastruttura che si realizza il capability approach.
Questo consente di conseguenza di trasformare le capability in capabilities e danno vita a un circolo
virtuoso che porta la produzione di nuove idee ed i processi lavorativi e quindi il cambiamento visto in
maniera positiva. Seguendo questo percorso si svilupperà una nuova realtà organizzativa che separa
chi ha il governo dell'organizzazione da chi si occupa della gestione in modo tale da eliminare il concetto
di divisione per piramidale per acquisire quella di comunità di leader orizzontale che diventa costituita
da soggetti nuovi. La comunità di leader orizzontale deve cercare di trasformare gli obiettivi, le linee
strategiche dell'organizzazione affinché arrivino input provenienti dall' ascolto del cliente. Il percorso
metacognitivo di riflessione sulle strategie comportamentali sulle azioni proprie che troviamo nella FSC
si chiama coaching biografico professionale che attua un percorso di riflessione sul passato e sulla
prospettiva futura e le reazioni delle persone che sono coinvolte nel cambiamento. Anche questo
metodo è un presupposto importante per lo sviluppo delle capabilities delle persone
dell'organizzazione. L’FSC per raggiungere i suoi obiettivi utilizza la metodologia della ricerca azione
che fu teorizzato da Dewey che considera le scelte progettuali come il risultato dell'interazione tra i
ricercatori e l'oggetto di studio in uno sviluppo di processi uniti. Di cui sosteneva che il compito
principale degli educatori dei formatori e quello di insegnare a pensare facendo diventare così
l'educazione un processo collaborativo. Descrisse anche il processo del pensiero suddividendo le 5
fasi: la suggestione c'è l'idea, l'intellettualizzazione che l'attività riflessiva, la creazione di ipotesi che la
trasformazione della suggestione, il ragionamento che è l'identificazione delle azioni concrete, e la
verifica delle ipotesi attraverso l'azione che è la fase conclusiva del processo. Inoltre, riteneva
importante coltivare delle persone le attitudini di apertura mentale virgola di entusiasmo e di
responsabilità intellettuale come base per l'apprendimento individuale e di gruppo

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