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Pedagogia
Università degli Studi di Genova
12 pag.
Vi sono anche delle radici romane del concetto di legalità. Nelle fasi più antiche della storia
di Roma la religione e il diritto non sono distinti e vengono anche considerati concetti
equivalenti.
La trasmissione dei valori era di competenza della famiglia, in quanto la religione si
occupava esclusivamente del rapporto uomo-dei.
Tra le pietre miliari, che costituiscono le radici della cultura occidentale, dobbiamo
ricordare l’apporto del mondo ebraico che riconosceva nella storia della propria legge 3
tappe essenziali:
1. La legge naturale. Fin dalle origini l’uomo è posto di fronte alla necessità
dell’obbedienza alla legge di Dio, che ha come conseguenza la conquista nel
Paradiso.
Con il concetto di educazione alla legalità si vuole intendere l’atto di prevenzione e non di
soccorso di chi si trova in situazioni di fragilità, vulnerabilità e di marginalità e che ha diritto
ad essere sostenuto ed aiutato a raggiungere stili di vita dignitosi.
Educazione alla legalità in famiglia assume il senso di un progetto più ampio nei confronti
dei figli che riguarda sia il loro divenire umanamente uomini e donne, sia il loro senso
etico-politico per la comunità. Una pedagogia delle relazioni genitori-figli è chiamata a
sviluppare una epistemologia della legalità, che abbia presente la percezione che viene
offerta ai figli rispetto al senso della legalità, la quotidiana coerenza nel concreto vivere e il
rendere esplicito ai figli il proprio ethos di riferimento.
La legalità è una presenza percepibile come un atmosfera che abita la famiglia. La legalità
è un esperienza che si respira nel contesto familiare di origine, è uno dei codici che guida
e orienta il modo di essere delle figure genitoriali, è soprattutto un comportamento, un
modo di vivere che agisce in modo implicito. La prima educazione, in tal senso, passa
proprio attraverso l’atmosfera di legalità che viene generata nella famiglia, non solo come
conformità alle leggi, ma in risposta al sentirsi appartenenti alla propria comunità e alle sue
leggi fondamentali. La famiglia ha il compito fondamentale di creare e far respirare ai figli
un atmosfera di legalità.
La legalità, inoltre, è strettamente connessa alle relazioni primarie, alla regolazione
emotiva, al tipo di comunicazione familiare, agli stili educativi genitoriali, alle norme
intrinseche ed estrinseche di riferimento.
Nella pratica quotidiana è possibile dare alcune indicazioni operative sia ai genitori che
agli operatori professionali.
La prima indicazione riguarda le regole familiari, come comunicarle e come farle rispettare.
Le regole devono essere poche, chiare e valide per tutti i membri. Devono essere
comunicate apertamente e con amorevolezza. Nel comunicare dei no, degli stop, è
importante non sovracaricare la comunicazione con eccessiva ansia e nervosismo.
L’autorevolezza e l’empatia sono lo strumento principale che il genitore può utilizzare per
far rispettare le norme. A seconda del ciclo di vita della famiglia (infanzia, fanciullezza,
adolescenza) sarà importante lasciare uno spazio di revisione delle norme, attraverso il
dialogo. Quando i figli iniziano a mettere in discussione le regole, iniziano anche a
esprimere la loro intenzionalità nel differenziarsi per poter esprimere la propria unicità.
Anche in questo caso diventa fondamentale il dialogo. La democrazia si impara in famiglia,
proprio attraverso delle esperienze di reciproca partecipazione all’impostazione delle
norme fondamentali.
La legalità della quale si ha l’ambizione di trattare è quella che si incontra nei percorsi di
vita delle persone e negli spazi dove le stesse si incrociano; si tratta di spazi materiali e
mentali dove non mancano ostacoli e tra questi la paura svolge certamente un ruolo
fondamentale.
Gli spazi urbani risultano sempre più turbolenti e il contatto con le differenze culturali
contribuisce a generare, se vissuto nella prospettiva errata, una sensazione di rischio
continuo. Il rischio è rappresentato da forme di ansia e aggressività che aleggiano nella
vita delle nostre città e che possono trasformarsi in un continuum, formato in successione
da: pregiudizio, isolamento, ostilità e violenza.
Le motivazioni per cui una persona decide di emigrare possiamo ritrovarle, da un lato,
nell’aspetto economico-lavorativo o nel ricongiungimento familiare, dall’altro vediamo che i
fattori sono strettamente personali. Pensare di lasciare la propria famiglia, cambiare
completamente ambiente, rete di relazioni personali e amicali, lingua e abitudini, risulta un
grande atto di forza interiore e di coraggio. Le difficoltà che il migrante deve affrontare al
suo arrivo nel nuovo paese sono molteplici e complesse, da qui emerge il quesito relativo
al suo inserimento, per esempio, quali possono essere le modalità attraverso cui potrà
creare nuove relazioni di fiducia con gli abitanti del paese ospitante. Per il migrante tale
fattore è solo uno dei problemi: altre difficoltà riguardano l’apprendimento di una nuova
lingua e soprattutto di una nuova cultura. A tutto ciò si aggiunge l’assenza di riferimenti,
poiché la rete di relazioni familiari e amicali è ormai lontana. Al migrante viene quindi
richiesto un grande sforzo di adattamento: questa è una fase molto rischiosa, perché è qui
che l’illegalità e la devianza possono trovare terreno fertile per poterlo attirare a sé.
Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie ha avviato nel 2009 un percorso di
ricerca sulle rappresentazioni della mafia e dell’antimafia tra gli studenti delle scuole
superiori di alcune regioni d’Italia. L’indagine sulla percezione del fenomeno mafioso nelle
scuole svolge per Libera una funzione di ricerca-azione e ha una forte valenza mobilitante:
da un lato, consente all’associazione di esplorare e conoscere l’immagine della mafia tra i
giovani; dall’altro, rappresenta un utile strumento di sensibilizzazione che apre a nuove
domande e curiosità e spinge i ragazzi a interrogarsi su un fenomeno apparentemente
lontano da loro e, quindi, a impegnarsi per contrastarlo.
L’obiettivo della ricerca era, da un lato, capire se e in che misura l’esposizione dei ragazzi
ai mezzi di informazione e alle attività scolastiche antimafia influenzi le conoscenze e le
rappresentazioni del fenomeno mafioso; dall’altro, esplorare l’immaginario mafioso dei più
giovani, per evidenziare quanto le rappresentazioni siano più o meno stereotipate e
condizionate da mitologie ed eroismi della mafia e dell’antimafia. La rilevazione è stata
effettuata tramite la somministrazione di un questionario autocompilato online: a ciascuno
studente è stato chiesto prima di tutto di scrivere una narrazione su un fatto di mafia e poi
di rispondere a un questionario strutturato.
La metà degli studenti intervistati afferma che “la mafia in Liguria è un fenomeno presente
e la sua presenza è sempre più preoccupante”.
Nel questionario della Liguria è stata inserita una domanda sul condizionamento della
mafia sulla propria vita quotidiana: tenendo conto che si tratta di una regione in cui sono
da poco la cittadinanza inizia a essere consapevole delle infiltrazioni mafiose sul proprio
territorio, appare sorprendente che solo il 27% degli studenti intervistati ritiene che la mafia
non condizioni la propria vita quotidiana perché lontana o perché non riguarda la vita delle
persone per bene.
Come principale indicatore di conoscenza della mafia è stato utilizzato un indice costruito
sulla base della conoscenza dei personaggi della mafia e dell’antimafia rilevata nel
questionario. Nel questionario è stato chiesto agli studenti di indicare per ogni personaggio
se abbia lottato o se sia stato parte della mafia: tra i personaggi di mafia più conosciuti
troviamo Al Capone e Totò Riina; tra chi combatte la mafia, i più conosciuti sono Falcone e
Borsellino.
Un altro indicatore molto importante è quello relativo alla conoscenza del fatto di mafia
identificato come rilevante a livello regionale. Quando si passa da un piano generale
all’esperienza diretta più vicina ia ragazzi, si percepisce come nei territori analizzati sia
ancora carente la consapevolezza dellla penetrazione mafiosa anche sul proprio territorio.
Solo il 20% degli studenti intervistati in Liguria conosce il caso dello scioglimento
dell’amministrazione comunale di Bordighera.
È stata predisposta una batteria di domande tese a rilevare la partecipazione effettiva
degli studenti alle iniziative antimafia. Più di un terzo degli studenti ha partecipato a
iniziative antimafia attraverso assemblee studentesche, convegni e incontri con i familiari
delle vittime.
Uno dei risultati più rilevanti della ricerca di libera riguarda l’influenza dell’informazione,
dell’educazione e della partecipazione antimafia sulla conoscenza e consapevolezza del
Si ritiene che, soprattutto per i minori che hanno compiuto reati e che quindi hanno una
certa prossimità o maggiore facilità a entrare nel circuito penale, sia necessario un
intervento immediato, condotto da persone che risultino per loro autorevoli, in grado di
proporre una diversa ottica con la quale considerare il mondo, che a molti di loro risulta
avverso. La tempestività dell’attivazione di un intervento educativo peraltro risponde alla
considerazione in base alla quale il reato compiuto da un minore va considerato
soprattutto come richiesta di aiuto.
Le proposte di educazione alla legalità devono comportare un coinvolgimento più ampio,
in grado di comprendere anche le famiglie, proponendo una metodologia di tipo sistemico,
A medio termine:
- Osservazione, trattamento, sostegno dei minori presi in carico
- Implementazione/attivazione di reti tra le risorse del territorio
- Attivazione di un lavoro educativo con il minore e la famiglia
A lungo termine:
- Prevenzione del rischio di reiterazione di reati
- Aumentare la sicurezza dei cittadini
- Razionalizzare l’utilizzo delle risorse territoriali esistenti con una ricaduta positiva
sui servizi.
SPEM attiva una rete di sostegno immediato per minori imputabili, italiani e stranieri, ai
primi reati, nel periodo che intercorre tra l’evento reato e la prima udienza, attraverso le
seguenti azioni:
- Segnalazione
- Avvio relazione
- Inizio presa in carico
- Avvio dei percorsi educativi individualizzati
- Verifiche in itinere.
In risposta agli obiettivi specifici del progetto forniamo, sulla base dei primi 36 percorsi
educativi che è stato possibile attivare durante i primi 4 anni di servizio, alcuni
parametri di valutazione dei risultati, che riteniamo significativi:
- Adesione al progetto: 100%: tutti i minori segnalati sono stati agganciati dal servizio
SPEM e tutti hanno in seguito aderito al progetto. Questo dato è particolarmente
rilevante poiché l’adesione al percorso SPEM rimane una libera scelta del minore e
della famiglia, non essendovi obblighi istituzionali
- Abbandono del progetto: 0%: nessun minore ha interrotto il progetto prima della
conclusione
- Recidiva durante il periodo della presa in carico: 0%: nessun minore ha commesso
reato nel periodo nel quale era in carico al servizio SPEM
- Recidiva negli anni seguenti la presa in carico: 13%: 5 casi su 36 sono stati
risegnalati all’autorità giudiziaria e possono quindi considerarsi recidivi.
Un’analisi approfondita dei dati, unita a una riflessione ampia e attenta sul fenomeno
migratorio degli ultimi due decenni, mostra come il binomio immigrazione-criminalità sia il
frutto di un atteggiamento diffuso, in Italia ma anche in tutta Europa, che considera
l’accoglienza allo straniero non un valore comune e condiviso, sul quale investire in
politiche, cultura, progetti, ma al massimo una specializzazione di alcuni settori
particolarmente attenti e sensibili del Paese.
Lavorare per l’integrazione significa dotare quanti sono entrati a far parte della nostra
società degli strumenti adeguati ed efficaci per affrontare quella che è ormai una grande
questione umana del nostro tempo. E se di prospettiva umana si tratta quale migliore
strumento può essere messo a disposizione di una lingua che possa consentire a uomini e
donne di culture diverse di comunicare e incontrarsi?
La scuola di lingua e cultura italiana ha avuto i suoi inizi a Roma nel 1982, diffondendosi
be presto in altre città italiane ed europee. A Genova i primi corsi hanno preso avvio nel
1986, in un contesto molto diverso dall’attuale. Allora le lezioni erano frequentate
soprattutto da donne capoverdiane o eritree, spesso lavoratrici domestiche. Oggi la scuola
di italiano della comunità di Sant’Egidio di Genova ha due sedi, nel centro storico e nel
quartiere di Sampierdarena, 15 classi di livelli diversi, sia per adulti che per ragazzi. Gli
attestati che vengono consegnati prevedono una valutazione delle competenze raggiunte
nella comprensione, nella conversazione e nella produzione scritta e orale, insieme a un
giudizio complessivo.
La scelta fatta dagli inizi fino a oggi, nella vita e nel lavoro sociale delle scuole di lingua
italiana a Sant’Egidio, è stata quella di considerare il bisogno di comunicare, quindi di
VOLONTARIATO E LEGALITA’
L’educazione alla legalità dal 1993 si avvale della formazione istituzionale (scuola,
università) ma e soprattutto di quella che possiamo definire informale, e cioè senza
certificati, obblighi di frequenza ecc, che si attua con la partecipazione attiva sul territorio,
organizzata da enti associativi singoli o in rete tra loro.
Pertanto vengono promosse tutte le iniziative che portano studenti di ogni ordine e grado
fuori dalla scuola, nel senso che essi devono misurarsi con la vita pubblica, conoscere e
vivere i vantaggi dell’associazione, dedicarsi ad attività di volontariato. Da qui l’importanza
di costruire una vasta rete di relazioni con altre scuole, con le associazioni che
contrastano ogni forma di negazione di diritti umani, che svolgono attività di volontariato,
che testimoniano il valore dell’impegno civile e sociale e della solidarietà.
Il volontariato, dunque, è soggetto riconosciuto del sistema educativo e formativo ufficiale
in grado di condurre lo studente in un percorso educativo di applicazione della solidarietà
in obiettivi concreti strutturando valori sociali importanti.
Concludiamo con l’auspicio che la nuove riforma sia in grado davvero di dare visibilità e
forza a quanto pubblicato sul sito del Governo al momento della sua proposta: “Esiste un
Italia generosa e laboriosa che tutti i giorni opera silenziosamente per migliorare la qualità
della vita delle persone. È l’Italia del volontariato, della cooperazione sociale,
dell’associazionismo no-profit, delle fondazioni e delle imprese sociali. Lo chiamano terzo
settore ma in realtà è il primo.